IL RAZZISMO NELLO SPORT

I.S.I.S. “Giulio Natta” Bergamo
Anno scolastico 2013-14
IL RAZZISMO NELLO
SPORT
di Carlo Curnis
classe 5c lst
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INDICE
1. PREMESSA__________________________________________________________ pagina 3
2. INTRODUZIONE______________________________________________________ pagina 3
3. UN MONDO VARIEGATO______________________________________________ pagina 6
3.1 Le origini del razzismo
3.2 Imperialismo e colonialismo
3.3 Joseph Conrad and the ‘Heart of Darkness’
3.1 Themes
3.2 Irony, symbolism and imagery
3.3 Narrative technique
3.4 The plot
4. VANTAGGIO O SVANTAGGIO?_______________________________________ pagina 12
4.1 Il successo arriva prima del sudore solo sul vocabolario
4.2 Predisposizione fisica
4.3 Considerazioni finali
5. EROI DELL’ ANTIRAZZISMO__________________________________________ pagina 17
5.1 Lo sport contro la guerra
5.2 Icone sportive
6. CONCLUSIONI______________________________________________________ pagina 19
7. BIBLIOGRAFIA______________________________________________________ pagina 20
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1. PREMESSA
Ho deciso di analizzare ed esporre il tema del razzismo nello sport perché io amo lo sport
e non trovo giusto che esistano degli atteggiamenti razzisti che spesso vanno a rovinare l’
atmosfera di una sana competizione sportiva.
Oltre al fatto che amo lo sport, voglio focalizzare la mia attenzione sul razzismo perché io
ho degli amici che provengono dall’ Africa e non capisco il motivo per cui certe persone
debbano pensare di sentirsi superiori solo perché hanno un colore della pelle o una cultura
diversa dalla nostra. Mi sento a pari livello con i miei amici e anche loro la pensano come
me, perché tutti noi facciamo parte dello stesso pianeta in cui nessuno è straniero.
Mi sono interessato di questo tema anche perché seguo molto il basket americano della
NBA, dove la maggior parte degli atleti è ‘di colore’, e perché praticamente tutti i miei idoli
sportivi sono di colore.
2. INTRODUZIONE
Il razzismo è la credenza secondo la quale delle persone sono ritenute inferiori a causa
della loro appartenenza a etnie diverse o a culture differenti. Abbastanza spesso il
razzismo è un pregiudizio promosso dal potere politico, questo è chiamato “razzismo
istituzionale”.
In Italia l’art. 3 della Costituzione riconosce la pari dignità sociale di tutti i cittadini, senza
distinzioni di sesso, razza, lingua, religione.
Questo concetto è stato più volte ribadito da successive disposizioni contro la
discriminazione razziale, etnica o religiosa (i cosiddetti “crimini d’odio”) come la Legge 25
giugno 1993, n. 205 o il D. lgs. 286/98 il cui art. 42 cita che: “Ogni comportamento che,
direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o
preferenza basata sulla razza, il colore, l'ascendenza, l'origine o la convinzione religiosa è
considerato dalla legge italiana discriminatorio”, in qualsiasi luogo o contesto esso venga
commesso.
L’articolo 21, nell’ambito del Capitolo sull’uguaglianza della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea, vieta qualsiasi forma di discriminazione basata, fra l’altro, sulla razza,
il colore della pelle, l’origine etnica o sociale e l’appartenenza ad una minoranza
nazionale.
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Lo sport è competizione leale e giocosa in cui chi vince stimola il vinto al miglioramento
personale se si tratta di uno sport individuale (corsa, salto, lanci) oppure a un
miglioramento di gioco di intesa se si tratta di un gioco di squadra. L’atteggiamento del
vincitore che mortifica il vinto non appartiene allo sport. Gli atteggiamenti di rivalsa nel
vinto o di superiorità nel vincitore originano contrasti, repulsioni, violenze perché si da
allo sport un’importanza vitale che questo non ha. Lo sport non considera la razza o il
sesso dei partecipanti ne esalta le uguali capacità dando a tutti indifferentemente pari
opportunità di esprimersi nella competizione. E’ un veicolo importante di integrazione, di
rispetto e di solidarietà fra gli uomini.
I media riportano spesso incidenti di natura razzista fra gli spettatori prima, durante e
molto spesso anche dopo manifestazioni sportive. Nel calcio maschile, per esempio, i tifosi
sono spesso i principali responsabili di tali incidenti.
Nondimeno, episodi e scontri di natura razzista si verificano anche fra giocatori, in
particolare fra i dilettanti.
Possono anche essere coinvolti in incidenti di ordine razzista gli arbitri e i dirigenti sportivi.
Inoltre, un considerevole numero di incidentisi verifica nell’ambito delle manifestazioni
sportive giovanili.
Non in tutti gli Stati membri dell’Unione europea esistono sistemi per monitorare gli
incidenti di origine razzista nello sport. Alcuni sono più avanzati e registrano più incidenti di
natura razzista di altri; la maggior parte dei dati disponibili, tuttavia, riguardano il calcio.
A tal proposito il presidente della Fifa Joseph Blatter ha proposto di interrompere le partite
in caso di episodi di discriminazione razziale particolarmente gravi. Intenzioni che
dovranno al più presto tradursi in norme, leggi e azioni verosimilmente concrete. Il
razzismo nello sport (calcio in primis) è un problema di vecchia data.
Da Olimpia 1896, anno della prima Olimpiade fino alla nascita delle paralimpiadi per
disabili, molte persone hanno guardato allo sport per migliorare almeno un po’ il nostro
mondo e diffondere principi come tolleranza, rispetto, uguaglianza e integrazione.
Tantissime sono le storie individuali di uomini e donne, famosi e non, che grazie
all’impegno agonistico hanno vinto vere e proprie battaglie personali. Ma da sempre c’è
anche qualcuno che non la pensa così. A volte questo qualcuno può essere definito e
etichettato come “razzista”.
Molteplici sono gli episodi e i protagonisti che si sono susseguiti in tutto questo. Partiamo
nel segno delle Olimpiadi di Berlino del 1936.
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I campioni nello sport per altri versi assumono valore simbolico per l’intera
popolazione che rappresentano (es. Michael Jordan e Jesse Owens).
E’ vero invece che lo sport correttamente inteso può essere utile per avvicinare popoli in
conflitto, come nel caso sudafricano dei gloriosi Springboks.
Chi non partecipa, ma è spettatore, a volte trasferisce le sue frustrazioni e la sua
aggressività sui giocatori, oppure su altri spettatori sostenitori della squadra avversaria
arrivando anche a violenze, ferimenti e quando sono organizzati (gli ultras) a veri e propri
combattimenti. In questi casi il nero o il diverso è facile bersaglio e il razzismo che è
sopito, ma mai vinto, si manifesta esplodendo nella sua forma peggiore.
Lo sport (e il calcio in particolare) sembra essere uno dei palcoscenici preferiti da violenti e
razzisti. Il fenomeno degli ultrà è stato ormai studiato e descritto sotto ogni angolazione.
L’estrema destra xenofoba ha nelle curve degli stadi le sue roccaforti: l’esposizione di
svastiche e croci celtiche, gli ululati di scherno verso gli atleti di colore (l’ormai tristemente
famoso “verso della scimmia”) sono la pessima cornice di tante partite. Sport e razzismo,
purtroppo non hanno ancora smesso di incrociarsi. E sono quasi sempre incroci
pericolosi.
Gli organismi di parità e gli istituti nazionali dei diritti dell’uomo (NHRI) devono essere
maggiormente coinvolti nella questione della discriminazione razziale nello sport. Questi
organismi potrebbero aiutare le società e le federazioni sportive ad organizzare attività
volte ad aumentare la consapevolezza del problema. Potrebbero fornire aiuto alle vittime
potenziali e, dove ciò è consentito, costituirsi parti attive nelle azioni legali contro i
responsabili.
Bisogna saper rendere più severe le regole e perseguire con maggiore rigore gli incidenti
di natura razzista nello sport e inoltre bisogna saper intraprendere e portare avanti tante
piccole, ma importanti iniziative che sappiano esprimere la voglia di non abbassare la
guardia nella battaglia contro questo grave problema che è anche e soprattutto una
battaglia contro l’ignoranza.
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3. UN MONDO VARIEGATO
3.1 LE ORIGINI DEL RAZZISMO
Oggi la popolazione di tutto il mondo, in particolare quella degli Stati europei e del Nord
America, è molto variegata in quanto si possono trovare moltissime comunità di immigrati.
Questa varietà di etnie e culture è dovuta soprattutto all’ evoluzione della mentalità
tollerante o meno dell’ uomo bianco rispetto alle minoranze straniere e alla colonizzazione.
Spesso nel mondo dello sport si verificano atti di discriminazione razziale dove si trova
uno “straniero” in mezzo a molti bianchi.
Le teorie razziste nacquero nel Medioevo allorché i sovrani cristiani vollero impadronirsi
dei beni dei banchieri ebrei; si svilupparono poi nel XVI secolo,
quando Spagna e Portogallo impiegarono schiavi Africani per le loro colonie. Esse
assunsero un'importanza politica nel XIX secolo quando cominciò a diffondersi il mito della
razza ariana.
Il 1492 è la data dell’ inizio della storia moderna, e anche le radici del razzismo moderno
si legano a questa data.
A seguito dell'unificazione delle corone spagnole, il 31 marzo 1492 Ferdinando II
d'Aragona ed Isabella di Castiglia firmano il decreto che espelle tutti gli Ebrei dalla
Spagna. . L'inquisizione spagnola
diventa il braccio attivo della politica della corona nell'attuazione della epurazione.
Si crea il concetto di purezza del sangue, base ideologica degli statuti di limpieza de
sangre promulgati alla fine del secolo.
Nello spirito questi statuti, tesi a analizzare la stirpe originaria della persona, non il suo
credo religioso attuale, si riconoscono infine quelli promulgati nel 1496 da Papa
Alessandro VI dove si approva un codice di purezza anche per gli ordini monastici.
Questi sono primi esempi classici di razzismo ideologico con profonde radici utilitaristiche.
Un fattore da considerare in una prospettiva storica, è che il razzismo è un fenomeno
connesso all'età coloniale, quando le grandi potenze europee svilupparono ideologie
razziste per risolvere la dissonanza tra valori cristiani di eguaglianza e carità e lo
sfruttamento delle popolazioni indigene in America come in Africa.
Prima di quest'epoca la xenofobia può spesso esprimersi direttamente come tale: l'altro è
inferiore in quanto "non è come noi" e ci è "quindi" ostile, perché parla una lingua diversa
dalla nostra, perché non professa la nostra religione, perché non si veste come noi.
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la società antica preferisce stratificare l'umanità in base a concetti castali, più che razziali:
il nobile è ovviamente superiore al plebeo, e il plebeo libero è superiore allo schiavo. Ed
ovviamente le caratteristiche dell'individuo inferiore (il suo modo di parlare, di vestire, di
comportarsi) "giustificano" pienamente la sua condizione sociale inferiore. Le società
premoderne (come ancora molte delle società moderne) sono sessiste, ritenendo cioè che
tutti i maschi della razza umana siano biologicamente superiori (più forti, più intelligenti,
più morali...), per il solo fatto di essere tali, a tutte le femmine della razza umana.
La mentalità premoderna in generale non avrebbe giudicato uno schiavo bianco superiore
a un nobile - ad esempio - arabo in base alla sua sola appartenenza a una presunta
"razza". Se si cercava una superiorità, essa veniva trovata nella cultura, nell'etnia, nella
religione: ogni cristiano è superiore ad ogni infedele, dunque anche uno schiavo cristiano
è, "moralmente", ma non socialmente, superiore a un principe musulmano. Ma se il
principe musulmano si converte al Cristianesimo, viene meno tale inferiorità e prevale
nuovamente la superiorità sociale di casta.
La società premoderna considera insomma la "razza" non come un dato immutabile e di
primo piano, ma come un dato transitorio e secondario, destinato ad annacquarsi col
passare delle generazioni.
il razzismo in quanto ideologia pseudoscientifica sorge nel momento in cui questo antico
criterio di valutazione è ormai in piena crisi dopo la Rivoluzione francese, e non è un caso
che uno dei suoi fondatori, de Gobineau, sostenga la superiorità della razza germanica
solo per giustificare la superiorità della classe sociale che secondo lui ne discende in
Francia.
A questa generalizzazione si oppone la già citata "limpieza de sangre" "purezza di
sangue" che la nobiltà iberica propone nel tardo Rinascimento per respingere l'ascesa
degli ebrei e dei moriscos convertiti al cristianesimo.
Quindi il razzismo quattro-cinquecentesco è un'ideologia escogitata da una
casta endogama, e non da una "razza", intesa in senso biologico.
Il concetto di "limpieza de sangre" sarebbe stato applicato anche ai danni delle popolazioni
indigene dell'America prima, ed agli schiavi neri ivi importati poi, nonché degli iberici
spagnoli che si erano mescolati con essi, creando una società in cui la stratificazione
sociale era legata anche al gruppo etnico di appartenenza.
Una società estremamente conscia dell'appartenenza razziale, al punto da conoscere non
solo concetti come quello di "mulatto" o "meticcio", ma anche quelli di quarteron e octavon,
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cioè di persona con solo un quarto o un ottavo di sangue nero, o di zambo, cioè meticcio
metà nero e metà indio, e via via con ulteriori sottodivisioni.
Paradossalmente, però, tale acuta coscienza delle differenze "razziali", che certo non è
sbagliato definire "razzista", fu la reazione a un diffusissimo fenomeno di "mescolamento"
delle razze da parte degli iberici non appartenenti alla nobiltà, i cui effetti si osservano
agevolmente ancora oggi in tutta l'America Latina.
3.2 IMPERIALISMO E COLONIALISMO
La prima forma di colonialismo si ebbe con gli antichi greci che fondarono colonie in Italia
(Magna Grecia). In questo caso gruppi di uomini per necessità (scarsità di risorse) se ne
andarono dalla Grecia per andare in Italia (ricca di risorse) mantenendo gli stessi rapporti
con la città d’ origine.
Un altro tipo di colonialismo si ebbe invece con i conquistadores iberici in America, dove
questi ultimi schiavizzarono e sterminarono le popolazioni locali.
Colonialismo e imperialismo sono simili, ma il colonialismo indica il mantenimento della
dominazione di un popolo su un altro di “razza” diversa. Quindi il colonialismo comporta la
divisione del mondo in dominatori e dominati, con il prevalere di una società sull’ altra e
con la conseguente distruzione della società sottomessa.
L’ imperialismo è la spinta di una popolazione ad espandersi conquistando un territorio
non suo, quindi comporta lo scontro armato tra nazioni dominanti per il possesso di un
territorio.
Da questi due fenomeni, alla fine del 1800, nasce il razzismo ossia la considerazione della
superiorità della “razza” bianca.
La colonizzazione venne fatta in Africa e in Asia e si divide in tre momenti:
1. Iniziativa dei missionari che raggiungono l’ Africa e portano il messaggio
occidentale, arrivando nel cuore del continente grazie ai fiumi. Portano soccorso e
in un secondo momento si ha anche un fenomeno religioso;
2. Iniziativa commerciale, gli Stati non si attivano direttamente, ma utilizzano le colonie
per avere nuove materie prime (es. gomma);
3. Intervento diretto degli Stati per motivi di prestigio e di potenza. La sfida è su
quante colonie uno Stato possiede.
Nel 1885 c’è il Congresso di Berlino (Bismarkunità della Germania).
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La Germania cresce sempre di più e ciò la porta a reclamare più colonie. Queste colonie
le cerca in territori extraeuropei.
Gli Stati si anno interpreti di una politica caratterizzata da un forte patriottismo e
nazionalismo.
Si ha un forte desiderio di grandezza per la propria nazione. Ci sono paesi come l’ Italia
che non avevano mai proclamato possedimenti extraeuropei, che in questo momento
cercano di espandersi con colonie all’ esterno dell’ Europa.
All’ interno degli Stati europei ci sono forti tensioni, c’è una forte industrializzazione, scontri
sociali e portare la propria politica anche nelle colonie serviva a sedare appunto queste
tensioni.
“L’ imperialismo non è una scelta delle nazioni, ma è una necessità perché la capacità
produttiva del paese è cresciuta molto di più del consumointerno richiesto.” (John Hobson)
Quindi c’è una necessità di nuovi sbocchi per merci e capitali.
3.3 JOSEPH CONRAD AND THE ‘HEART OF DARKNESS’
Joseph Conrad (1857-1924) is unique amongst English writers in that he was writing in a
language was not his own and which he did not learn until he was twenty. His style is
poetic and rich but also complex, containing much symbolism and psychological depth. His
language is also technically unconventional, resulting in a rather complicated from and a
more demanding read.
“Heart of Darkness” is often regarded as the first modern novel for the controversial image
it presents of western civilization. Unlike other adventure stories of the previous century,
Conrad’ s novel is much more pessimistic and critical of man’s progress, especially in the
role of colonizer, and casts doubt on the whole meaning of the term ‘civilisation’.
1. Themes
The most important and dominant theme in the novel is that of colonialism. The novel
clearly depicts it as a source of exploitation and evil (darkness) and question the countries
who have taken part in colonizing others. With ‘Heart of Darkness’ and the image it
portrays of colonialism Conrad is bravely questioning the values of western societies.
Another important theme in the novel is that of discovery, not only seeing new lands but
also discovery the self. This was Conrad’s own experience in the Congo as his journey
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there had a profound effect on him. The inner message of the novel seems to say that the
environment man makes for himself is the direct result of his own inner state, the things
that most dominate the individual- greed, indifference or compassion.
2. Irony, symbolism and imagery
Conrad uses irony throughout the novel, above all with reference to the colonisers, and
their attitude to the natives.
This novel is full of symbolism, much of which stems from the title inself since the world
‘darkness’ has infinite symbolic connotations in the text.
On a more obvious level, the darkness is that of the jungle as the protagonist, Marlow,
must go into the ‘inner station’, to the heart of the jungle, in order to find Kurtz. However,
he soon becomes aware of the darkness at the heart of man, his evil, which is often a
consequence of man’s greed for power and wealth.
Interesting, as the novel develops Conrad plays with the usual associations we make with
the colours ‘black’ and ‘white’. It is the ‘white’ man who brings ‘darkness’ into the African
world with his exploitation of the natives for their ‘white gold’ or ivory. It is the so-called
civilized countries which will become tarnished, or blackened, with crimes of colonialism.
Images of death are numerous in the novel, the most grotesque being the macabre
description of Kurtz’s hut, which is ‘decorated’ outside with the black skulls of the dead
men on poles. The image of the jungle itself is also extremely powerful. Marlow is
surrounded by its physical presence, ‘like a rioting invasion of soundless life’.
3. Narrative technique
Conrad adopts the narrative technique known as ‘the frame’, in which one narrator
introduces another. The frame is provided by the anonymous narrator on board the Nellie,
who then introduces Marlow, who then in turn tells his story. At the end of Marlow’s tale
the final words go back to the original narrator. The effect is one of a chain; Marlow tell his
story which is then passed onto the reader by another narrator (unnamed). The other
minor characters also tell their own stories.
The narrative is divided into three chapters, each chapter reflecting the different phases in
Marlow’s relationship with the character Kurtz, the meeting of whom becomes central to
the plot. In the first chapter Marlow beings to hear about Kurtz, in the second chapter his
curiosity has become almost unbearable until finally, in the third chapter, they meet.
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However, Conrad’s, and consequently Marlow’s, use of time past, present and future interrelating, means that the reader has already been told a lot about Kurtz before Marlow
describes their actual meeting.
4. The plot
The story begins with a group of men on a ship, Nellie, in the Thames estuary. They are
waiting for the tide to turn so the ship can leave port. The first narrator introduces the other
men. One of them is the sailor, Marlow. To help pass time Marlow begins to tell the others
about an experience he had in Africa, employed by European trading company on an
African river (the Congo). He first arrived at the Outer Trading Station and witnessed the
cruelty of western men who exploited the African workers to the point of death. It is here
that Marlow first hears of the ivory trader known as Kurtz, a remarkable person, successful
in his trade but also an idealist, in charge of the furthest trading post in the heart of the
jungle. Marlow’s ship is damaged and he is forced to spend two months repairing it. He
hears more about Kurtz and also that he is seriously ill. His curiosity is such that meeting
Kurtz becomes his aim and he journeys up river to the heart of the jungle to bring him back
to the Central Station. Suspense increases as Marlow’s meeting with Kurtz becomes the
climax of the novel. When they eventually do meet Marlow is shocked to find, instead of a
successful example of western civilization, a man who has become a god-like leader for
the natives, one who is completely integrated but who has also adopted a certain
savagery, decorating the entrance to his jut with the skulls of dead men. However,
Marlow’s continuous contacts with other westerners, intent only on accumulating wealth
and indifferent to the suffering of natives, result in his reserving more admiration for Kurtz
than for any other westerner. Marlow does not manage to take Kurtz back as he dies on
the return journey and, after suffering himself from disease, Marlow returns to Europe a
changed man.
Marlow has ended his story, the ship is now ready to sail out of the Thames and the novel
returns to the original narrator who concludes. His final words describe the Thames,
opening up to the sea in the evening sky, and it seems to lead ‘into the heart of an
immense darkness’.
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4. VANTAGGIO O SVANTAGGIO?
4.1 IL SUCCESSO ARRIVA PRIMA DEL SUDORE SOLO NEL VOCABOLARIO
Spesso un giocatore straniero può essere preso di mira perché eccelle nel suo sport e
quindi i tifosi avversari, che temono le sue spiccate doti atletiche, ricorrono a insulti razziali
per cercare di influenzare in negativo la prestazione sportiva al talento straniero.
Perché i neri corrono più veloci dei bianchi?
Purtroppo, dietro gli “studi” su base razziale c’è una storia molto brutta, e ripetuta, di abusi
della “scienza” da parte di chi ha voluto e vuole portare avanti le sue teorie razziali. Si
finisce sempre con il cercare di classificare quale razza sia meglio dell’altra, e da questo
alle discriminazioni il passo è troppo breve per non mettere dei paletti molto alti, che tutte
le teorie in argomento devono essere capaci di superare prima di poter essere accettate.
(es. Il libro di Stephen Jay Gould “The Mismeasure of Man” è pieno zeppo di esempi di
teorie che oggi troviamo razziste o sessiste, ma alla loro epoca erano accettate quasi
come verità rivelate, come la capacità cranica, la forma della faccia e infine il quoziente
intellettivo.)
Non va trascurato il fatto che studi “razziali” o “sessisti” saranno fatti soprattutto da coloro
che hanno già idee “razziali” o “sessiste”, che altrimenti non si porrebbero neanche il
problema.
Gli afro-americani sono originari di una larga fetta dell’Africa occidentale. Ora, è proprio in
Africa che esiste di gran lunga la più grande variabilità genetica, per cui c’è da aspettarsi
che ci sia una grandissima variabilità anche fra gli afro-americani.
E’ vero che dal tempo della schiavitù ad ora c’è stato del “rimescolamento” visto che la
maggior parte di loro faceva figli con altri afro-americani, ma il numero di generazioni è
così piccolo da non far ritenere che tale rimescolamento abbia inciso sulla variabilità
genetica.
E’ vero anche che hanno in genere la pelle di colore più scuro, gli afro-americani, ma
questo, in Africa, è dovuto a una convergenza evolutiva fra popolazioni geneticamente
diverse ma che vivono sotto lo stesso Sole. In pratica, il colore della pelle non è una
indicazione di vicinanza o somiglianza genetica, così come nessuno dirà che Etiopi e
Cingalesi sono da considerare “una razza” solo perché il colore della pelle è
straordinariamente simile.
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Quindi parlare di “neri” come distinti dai “bianchi” come se ci fossero dei tratti genetici tipici
dei “neri” e non dei “bianchi” appunto, distinguendo quindi due “razze”, è assolutamente
improprio.
Come mai allora tanti sprinters sono neri? Come detto precedentemente, non esiste “il
nero”, e quindi non ci si può chiedere perché “i neri” facciano questo o quello; Quindi,
giusto per rifarci alle zone dell’Africa e delle Americhe dove “geneticamente” dovrebbero
essere più simili agli afro-americani…dove sono tutti i corridori (sprinters, stiamo parlando
di corse brevi) brasiliani, nigeriani, ghanesi, toghesi, beniniani, senegalesi, gambiani,
cubani etc etc etc?
Il problema di fondo è ovviamente che in Ghana come in Camerun, come a Cuba, lo sprint
non è lo sport nazionale. I potenziali talenti nella corsa non vengono scoperti
semplicemente perché non corrono.
Questo discorso su base sociale e culturale basta e avanza per spiegare perché i
Giamaicani corrono in fretta, e i Finlandesi no (quelli, fanno l’hockey su ghiaccio e il
giavellotto). Perché infilarci su delle ipotesi razziali che come detto sopra non hanno base
genetica, non lo so.
Ma qualcuno dirà: e i Kenyani che vincono le corse di fondo e mezzofondo? I kenyani,
appunto. Non i “neri”. I kenyani che vincono sono poi quelli degli altipiani, ed è
relativamente semplice verificare che hanno più globuli rossi/emoglobina degli altri,
abituati a vivere dove c’è meno ossigeno.
Un ottimo esempio dell’effetto delle convenzioni sociali riguarda il nuoto. E’ da più di
quaranta anni che i neri d’America possono fare il bagno in piscina con i bianchi. Nella
pratica è un’altra faccenda. Prima devono avere l’idea di andare in piscina; poi devono
trovare una piscina che li accetti senza tante storie o boicottaggi; poi devono avere l’idea
che si può gareggiare; poi devono trovare un allenatore che li accetti senza tante storie o
boicottaggi o pregiudizi; poi devono praticare lo sport in maniera massiccia, al punto da
poter individuare i campioni. Ci vuole molto tempo perché qualcosa del genere accada in
pratica.
Un esempio è Usain Bolt che non sarebbe l’ uomo più veloce della Terra se non avesse
trovato un allenatore coraggioso che lo ha accettato come corridore quando tutti dicevano
che era troppo alto per lo sport.
Insomma: se uno non impara, non impara. E quindi non ci sono campioni del cricket
francesi o spagnoli o italiani. Magari io o tu saremmo potuti essere dei recordmen assoluti
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in quello sport, ma non lo sapremo mai, perché non ci sono ne’ le infrastrutture, ne’ le
esperienze, ne’ la voglia di giocare a cricket.
4.2 PREDISPOSIZIONE FISICA
Molti scienziati ritengono che la superiorità degli atleti di colore abbia origini biologiche
mentre altri pensano che sia solo una questione psicologica. La dominazione degli atleti
neri è impressionante. Nel 1960, il tedesco Armin Hary stabilì il nuovo record del mondo
sui 100 metri, correndo in 10,0 secondi. Da allora, la soglia dei 10 secondi è stata infranta
centinaia di volte. Mai da un bianco.
Se consideriamo i migliori venti di tutti i tempi nelle distanze dagli 800 metri alla maratona,
più della metà viene dal Kenya.
Bengt Saltin e i suoi colleghi del Centro di ricerca muscolare di Copenhagen hanno
scoperto che nel sangue dei keniani si accumula meno acido lattico che negli atleti bianchi
nel corso di uno sforzo prolungato.
Questo risultato può spiegare perché i keniani riescano a resistere meglio allo sfinimento,
ma non è chiaro se dipenda dall’allenamento o dal patrimonio genetico.
I podisti keniani di punta, inoltre, bruciano meno ossigeno degli europei per compiere lo
stesso sforzo.
Sono più efficienti nella corsa. La ragione non risiede nella loro struttura muscolare, ma in
quella corporea, secondo Henrik Larsen del Centro di ricerca muscolare di
Copenhagen. In effetti i keniani sono più leggeri dei bianchi, e le loro gambe sono più
lunghe e sottili. Il movimento delle gambe consuma molta energia, e se sono più leggere
sono anche più “economiche”. Gli esperti sono convinti che la dominazione dei keniani sia
dovuta a una combinazione di struttura corporea con una grande capacità di resistenza e
di prestazione.
Gli africani dell’ovest pesano in media 30 kg in più di quelli dell’est, grazie a una massa
muscolare più imponente. Inoltre, possiedono una proporzione maggiore di fibre veloci di
tipo II nei confronti dei keniani. Ci sono diversi tipi di fibre muscolari: quelle di tipo I sono
lente e resistenti e sono aerobiche, ossia hanno bisogno dell’ossigeno. Quelle di tipo II si
contraggono più velocemente e possono ricavare energia anche da processi non aerobici.
Le fibre di tipo IIa sono mediamente veloci, mentre le IIb sono superveloci.
Prevedibilmente, negli sprinter predominano le fibre di tipo II e negli sportivi di resistenza
quelle di tipo I. Ma la struttura delle fibre muscolari non riesce a spiegare le vittorie
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africane. Nonostante il dominio incontrastato degli sprinter neri, i loro muscoli non si
differenziano di molto da quelli dei bianchi, salvo per un lieve aumento delle fibre di tipo
IIa. La proporzione delle fibre IIb, quelle superveloci, è identica nei due gruppi. E mentre
prima si riteneva che i maratoneti avessero una percentuale di fibre lente vicina all’80 per
cento, nuovi studi dimostrano che le cose non stanno così. Secondo Kathryn Myburgh
dell’Università di Stellenbosch in Sudafrica, il motivo di tale contraddizione potrebbe
essere che «anche la maratona richiede una velocità elevata, se si vuole ottenere una
prestazione di alto livello». Il keniano Paul Tergat, nella sua maratona da record mondiale,
ha corso ogni chilometro dei 42,195 previsti in meno di tre minuti. Ultimamente i ricercatori
si sono buttati nell’analisi del genoma per scoprire il vantaggio decisivo, quello che
distingue il campione dal resto del gruppo. Attualmente non si conoscono ancora veri geni
“atletici”, ma scienziati australiani hanno identificato un gene, dell’alfa-actinina-3,
particolarmente attivo nelle fibre muscolari veloci. Una variante di questo gene si riscontra
spesso negli sprinter.
Esiste un solo studio comparativo su soggetti bianchi e neri di sesso femminile effettuato
nel 1988 da Mosner, Bryan, Stull e Shippee che andarono ad osservare le caratteristiche
anatomiche delle due “razze”, dal quale, nei due gruppi, risultano valori analoghi della
lordosi lombare misurata tra 2° e 5° vertebra lombare e tra 2° e sacro. Ma si può obiettare
che, se i neri avessero, costituzionalmente, una cifosi fisiologica che, per compenso,
arrivasse fino alla 2° o 3° lombare o oltre, il valore della loro lordosi risulterebbe nella
norma, pur avendo un sacro più inclinato.
Questa eventualità è illustrata nella figura
a lato in cui si vedono due lordosi lombari
misurate, seguendo il criterio di Mosner e
coll., tra 2° lombare e sacro, entrambe di
48° ma, con angoli lombo-sacrali molto
diversi. Infatti una, con una curva lordotica
estesa a tutte le vertebre lombari, ha un
angolo lombo-sacrale, misurato tra 4°
lombare e sacro, di 24° e l’altra, con un’
estensione della cifosi dorsale fino alla 3°
lombare, ha un angolo lombo-sacrale di 42°. Questa seconda tipologia avrebbe potuto
mascherare, nello studio di Mosner e coll., la presenza di una iperlordosi localizzata alle
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ultime vertebre lombari e al sacro. Tale possibilità è ipotizzata dalle affermazioni degli
stessi autori i quali hanno riscontrato una “clinica impressione che i neri abbiano una
lordosi più accentuata”. Tale impressione clinica ha trovato conferma nella misurazione,
effettuata sempre da Mosner e coll., della sporgenza dei glutei consistente nella distanza
tra il punto più saliente e un piano frontale passante per i grandi trocanteri, distanza che è
risultata maggiore nelle nere di cm. 5,2.
Questo è un dato statistico scientificamente provato e che dimostra come ci sia una
differenza anatomica tra le due razze.
4.3 CONSIDERAZIONI FINALI
Abbiamo analizzato alcuni principi meccanici della corsa veloce e abbiamo valutato la
possibilità che l’organismo umano attui delle strategie per ottenere prestazioni migliori,
concentrando la nostra attenzione su una zona anatomica che è l’articolazione coxofemorale con l’insieme di leve e muscoli che gravitano su di essa. Abbiamo dedotto che la
velocità può essere condizionata dalla posizione di questi muscoli e leve ed in particolare
del bacino che, con l’aumentare della propria inclinazione, può consentire di ottenere
prestazioni superiori.
E abbiamo trovato, attraverso l’analisi di documentazioni iconografiche e studi scientifici,
che questa è una peculiarità degli atleti di razza nera.
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5. EROI DELL’ ANTIRAZZISMO
5.1 LO SPORT CONTRO LA GUERRA
Lo sport è famoso nella storia anche per il fatto di essere riuscito ad avvicinare popoli in
conflitto come nel caso della celeberrima squadra di rugby sudafricana degli Springboks.
In Sudafrica il tramonto
dell’apartheid è passato
anche dallo sport: se un
tempo il calcio era
riservato ai neri e
il rugby ai bianchi, ora le
rispettive nazionali sono
decisamente “miste”. Nei
pacchetti di mischia dei
gloriosi Springboks sono
entrati i primi colossi
d’ebano, mentre la Coppa del Mondo di rugby contro gli All Blacks (Nuova Zelanda), vinta
davanti al tifoso speciale Nelson Mandela, è stata una festa popolare indimenticabile di
riconciliazione nazionale. (Impresa che è stata girata da nel film “Invictus” del 2009).
5.2 ICONE SPORTIVE
Le competizioni agonistiche hanno avuto, per la
piena integrazione degli afroamericani,
un’importanza paragonabile a quella delle
predicazioni di Martin Luther King e Malcolm X:
ad esempio un personaggio come Michael
Jordan, ex stella del basket americano, è un
autentico totem dell’unità nazionale, e il suo
ritorno sui campi di gioco alcuni anni fa fu visto e
vissuto dagli americani come uno dei primi
momenti di rinascita dopo la tragedia delle Torri
Gemelle occorsa l’11 settembre del 2001.
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Adolf Hitler organizzò le Olimpiadi di Berlino per
valorizzare e promuovere la superiorità della sua
Germania. L’evento organizzato nei minimi
particolari può diventare un’enorme cassa di
risonanza per propagandare la potenza della grande
Germania nazista e la superiorità della razza ariana
oltre che nella vita quotidiana anche nello sport. Un
uomo nero però rovina tutti i piani del Fùhrer. Si
tratta di Jesse Owens, l’uomo più veloce del mondo
che in quell’olimpiade vince e si porta a casa ben
quattro medaglie d’oro. Owens diventa così un vero
e proprio simbolo dell’antirazzismo e
la dimostrazione vivente della demenzialità di certe
teorie.
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6. CONCLUSIONI
Dopo aver compreso le nozioni esposte in questo testo, possiamo renderci conto di
quanto lo sport influisca non solo nell’ ambito dello svago e del divertimento, ma anche in
un ambito umanistico in cui ci possono essere esempi di correttezza e solidarietà, ma
anche esempi di estrema violenza e discriminazione.
Con questo lavoro voglio far capire quanto sia stupido il fatto di considerare una ‘razza’
superiore a un’ altra, perché tutti facciamo parte dello stesso pianeta, non importa se
abbiamo un colore della pelle o una cultura differente da quella di un’ altra comunità,
perché nessuno è straniero ma facciamo tutti parte della grande famiglia del pianeta Terra
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7. BIBLIOGRAFIA
Il materiale utilizzato per realizzare la tesi è stato preso dai seguenti siti internet:

http://it.scribd.com/doc/98018763/Tesi-EducazioneFisica-Il-Razzismo-Nello-Sport

http://digilander.libero.it/asti/razzismo%20nello%20sport.htm

http://www.diregiovani.it/istituzioni/integriamoci/integrazione-el-et/21900-razzismosport.dg

http://www.gazzetta.it/Calcio/Mondiali/10-06-2014/italia-mario-balotelli-razzismopersecuzione-80888573667.shtml

http://it.wikipedia.org/wiki/Razzismo

http://www.treccani.it/enciclopedia/razzismo/
Oltre a internet sono stati utilizzati i seguenti testi scolastici:

‘With Rhymes and Reason’ from the Origins to Modern Times di Cinzia Medaglia e
Beverley Anne Young

‘La Storia al presente 3’ di Giovanni De Luna, Marco Meriggi e Giuseppe Albertoni
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