Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino¶20 ottobre 2014¶N. 43 39 Cultura e Spettacoli Dalla realtà al sogno Mostra Alla Galleria d’Arte La Colomba di Viganello Lezioni per lettori e scrittori le opere di Ernesto Tavernari Editoria Esce da Fandango l’ultimo libro di Edoardo Albinati, Oro Colato Alessia Brughera Mariarosa Mancuso Case dalle forme strambe e dai tetti sgangherati, con finestrelle tonde e porticine ad arco appena accennate. Piazze come sghembe figure geometriche che delimitano superfici incerte. E poi automobili stravaganti dalle ruote minuscole che percorrono strade fatte di sottili linee ingarbugliate. Tutto fluttua in uno spazio senza regole, subordinato solo a un’amabile instabilità: sono le Città magiche di Ernesto Tavernari, luoghi affrancati da qualsiasi vincolo logico ma intrisi di colore e fantasia, dove la tridimensionalità non esiste e il tempo sembra essersi fermato. Questo ciclo di opere, ora esposto alla Galleria La Colomba di Viganello, ha preso vita negli anni Ottanta e Novanta, periodo in cui il pittore, di origini toscane ma milanese d’adozione, aveva già alle spalle una lunga carriera artistica. Nato nel 1911 a Lucca, Tavernari si era spostato ben presto nel capoluogo lombardo, dove aveva studiato all’Accademia di Brera seguendo le lezioni di Achille Funi. Dopo aver lavorato come scenografo per il Teatro alla Scala, aveva realizzato interventi pittorici per importanti edifici pubblici in tutta Italia ed era stato molto apprezzato e richiesto come autore di affreschi per numerose ville private in Ticino. Seppur vicino alle correnti avanguardistiche e ai fermenti culturali del Novecento (era amico di Lucio Fontana, Renato Birolli, Aligi Sassu, Arturo Martini e Giacomo Manzù), Tavernari aveva sempre mantenuto un certo distacco, una posizione appartata e individualista che si riscontra anche nella sua produzione. Perché ciò che lo interessava di più non era tanto la ricerca della modernità a tutti i costi o di strategie espressive riformatrici, bensì la sfera intimistica, il valore dato all’interiorità. Cosicché anche la sua arte, sebbene percorsa da molteplici spunti, ribadisce con forza la sua autonomia e non si fa etichettare con molta facilità. Per rappresentare la sua pittura che scaturisce dall’animo, Tavernari si è affidato a un linguaggio in cui la realtà si fonde con l’immaginazione, dimostrando come nel fantastico si possano trovare molte affinità con il vissuto. Basta aprire la mente e varcare la soglia che separa questi due mondi solo apparentemente inconciliabili. Un altro? Sì, un altro. Un altro che spiega come i libri nascono e come i libri crescono. Un altro che si interroga su cosa leggono (o dovrebbero leggere) gli scrittori e come leggono (o come dovrebbero leggere) i lettori. Un altro che va a curiosare nelle biblioteche altrui e che racconta la sua. Un altro, ma non un altro qualunque. Conosciamo Edoardo Albinati, che ha appena pubblicato da Fandango Oro colato – Otto lezioni sulla materia della scrittura, per un bellissimo libro intitolato Orti di guerra. Perfetto titolo per un libro di frammenti: gli orti di guerra erano i piccoli appezzamenti di terreno coltivati tra le case (e oggi, con la loro economia di sussistenza, sono un modello per tutti gli attivisti verdi). Lo conosciamo per Tutt’al più muoio scritto nel 2006 con Filippo Timi (che nel frattempo è diventato attore di successo, allora era un giovanotto con poca arte e poca parte). Lo conosciamo per il romanzo in versi La comunione dei beni. E abbiamo letto il suo ultimo libro, piuttosto autobiografico, giacché l’ingegnere era suo padre: Morte di un ingegnere. Abbastanza per aver voglia di sapere cosa ha da dire «sulla materia della scrittura». Abbastanza per prevedere che non saranno i soliti luoghi comuni. Abbastanza per prevedere che non saremo d’accordo su tutto, e che anzi certe prese di posizione sembreranno un semplice ribaltamento dei luoghi Particolare da Dimensione irreale, 1990. Tavernari ci spinge allora a entrare in una dimensione dove il sensibile non è più subordinato alla contingenza ma trasfigurato e ripresentato nelle seducenti vesti del sogno. Non è un caso che in molti dei titoli delle opere esposte in galleria la parola realtà venga spesso affiancata da termini o aggettivi che sembrano contrastarne il significato: ne nascono ossimori lessicali che trovano riscontro nello spazio della tela, luogo in cui Tavernari ci prende per mano per condurci lentamente Dalla realtà al sogno attraverso Immaginifiche Visualità, Fantasticherie e Visioni metafisiche. Tavernari dipinge lo scorrere della vita, con i suoi simboli, le sue presenze, e compone un vocabolario di immagini sempre aggrappate al mondo concreto, mai avulse dall’esperienza vissuta. Per questo la sua pittura non è mai ermetica, ma mantiene sempre un alto grado di spontaneità e di schiettezza. Imbocca sì tragitti eccentrici, surreali, ma si affida prima di tutto a ricordi e sensibilità che sono semplici metafore dell’esistenza. Utilizza memorie, situazioni e stati d’animo come punto di partenza per creare delicate fiabe che solleticano lo stupore e regalano il piacere dell’inatteso. Le città di Tavernari sono scenari fantastici raccontati con dolce ironia attraverso colori brillanti e scelte compositive inaspettate. Qui troviamo edifici che affiorano isolati in un punto della superficie pittorica o che si accavallano e si sovrappongono, fuoriuscendo l’uno dall’altro come fossero estratti da una scatola magica. Palazzi slanciati si addossano a corpulente costruzioni dalle forme mistilinee, qua e là compaiono torri, gallerie o archi sbilenchi nella più totale assenza delle norme prospettiche. Ogni cosa sembra sfidare la logica disponendosi sulla tela come se stesse svolazzando liberamente in un universo privo di coordinate. Case e macchine sono i simboli dell’uomo nella città, ma nei dipinti di Tavernari è raro trovare un essere umano e, quando lo si trova, compare alla guida di un’automobile, come fosse sempre in movimento, intento a spostarsi senza tregua da un punto all’altro di uno spazio senza mete. Nelle sue narrazioni Tavernari mescola l’ironia a una poetica malinconia. L’accumulazione immaginifica è vivace ilarità, è visione onirica, è libertà, ma è anche silenziosa riflessione sull’esistenza che nasce dalle emozioni più autentiche. Il pittore così scriveva: «amo raccontare, fantasticare, sognare. Amo la poesia; mi addolcisce l’orecchio e la percezione sensoriale. Amo la pittura, che con i suoi accordi colorati mi trasporta nell’affascinante mondo della gioia emotiva». Dove e quando Ernesto Tavernari. Città magiche. Galleria d’Arte La Colomba, Lugano - Viganello. Fino al 26 ottobre 2014. Orari: da martedì a sabato dalle 14.00 alle 18.00, domenica e giorni festivi dalle 14.30 alle 17.30. Catalogo a cura di Rudy Chiappini. www.lacolomba.ch Lo scrittore, nato a Roma nel 1956, è insegnante nel carcere di Rebibbia. comuni, senza un pensiero forte che li regga. Da questa dispettosità, la voglia – qualche anno fa, quando gli scrittori italiani erano spesso accusati di «guardarsi l’ombelico» – di scrivere un saggio in difesa del buchetto sul pancino. Per esempio, il fatto che i romantici non siano a favore – come sembrerebbe e come sta scritto nei libri – ma contro il sentimento. Gli scrittori del romanticismo – sostiene Edoardo Albinati – fanno la parodia non solo del sentimentalismo, ma del sentimento tout court. Sul banco degli imputati c’è lo scrittore svizzero Gottfried Keller e il suo Romeo e Giulietta al villaggio, trasposizione contadina della tragica storia d’amore tra adolescenti. A Keller dobbiamo pure un ritratto dello scrittore realista, quello che si guarda in giro e prende appunti come faceva Emile Zola prima di scrivere «la sinfonia dei formaggi» nel Ventre di Parigi (o le sete, i taffetà, il gabardine, i pizzi in Il paradiso delle signore). Basta per essere un grande scrittore? Non basta, come per diventare un grande scrittore non basta – in tempi di auto fiction – parlare di sé e dei propri familiari, amici conoscenti. E non basta neppure saccheggiare le ricchezze della lingua italiana: non tutti sono Carlo Emilio Gadda, altri si limitano a spargere a caso parole desuete sulla pagina. Non bastasse, Edoardo Albinati imputa ai «nipotini di Gadda» un’altra colpa: sperpereranno il tesoretto ereditato dagli antenati, ottenuto senza particolare merito, e invece dovrebbero sforzarsi in proprio. Altre osservazioni sono più eccentriche e interessanti. «Chi compra libri sembra la persona meno adatta a leggerli», sostiene Edoardo Albinati. E subito spiega: l’acquirente sceglie con baldanza, mentre nella lettura dobbiamo lasciarci andare, passivamente. Il lettore ideale è uno a letto con la febbre. Ma guarda. C’erano venuti in mente, a sentire la parola passività, i videogiochi e tutte le diavolerie che adesso rovinano le nuove generazioni. Mentre noi, che fummo adolescenti imbesuiti da una montagna di romanzi che proprio non riuscivamo a mettere giù, e che ci impedivano di andare a tavola quando era giunta l’ora, siamo convinti di essere stati ragazzini particolarmente svegli. Grazie a questo libro di Albinati, abbiamo capito che si trattava di un’illusione narcisista. Annuncio pubblicitario Fondoschiena da urlo: ora a soli 590 franchi. La Cooperativa Migros Ticino inaugura il 31 ottobre 2014 a Losone il primo centro ACTIV FITNESS del Ticino. Un evento che festeggiamo con una straordinaria offerta di lancio valida fino al 30 novembre 2014: l’abbonamento annuale a soli CHF 590.– anziché CHF 740.–. 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