Gennaio 2015

NewsLetter
mensile della Camera di Commercio Internazionale
Le novità contenute nel Regolamento (UE) n. 1215/2012 in vigore dal 10 gennaio 2015
La nuova disciplina europea della competenza
giurisdizionale e della efficacia delle decisioni
in materia civile e commerciale
La disciplina europea della competenza giurisdizionale e della efficacia delle
decisioni in materia civile e commerciale deve oramai rintracciarsi, a partire
del 10 gennaio 2015, nel Regolamento
(UE) n. 1215/2012 del 12 dicembre 2012
(Bruxelles I bis).
Il nuovo testo, che sostituisce il Regolamento (CE) n. 44/2001, introduce
numerosi elementi di novità, di sicuro
interesse per giuristi ed imprese.
1. Le innovazioni concernenti la
competenza giurisdizionale
Il Regolamento Bruxelles I bis mantiene
inalterato l’impianto generale delle norme relative alla competenza giurisdizionale, che continuano a ruotare attorno
al principio in base al quale le persone
domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a
prescindere dalla loro nazionalità, davanti ai giudici di tale Stato.
Permangono, accanto al foro generale
ora ricordato, una serie di competenze
speciali, volte a consentire all’attore di
instaurare il giudizio in uno Stato membro diverso da quello in cui è stabilita
l’altra parte (per i convenuti domiciliati in uno Stato terzo, contrariamente a
quanto ipotizzato dalla Commissione
nella proposta di revisione del regolamento n. 44/2001, il nuovo regime continua a rinviare alle norme attributive
della giurisdizione dell’ordinamento del
foro e dunque, in Italia, all’art. 3 della
legge 31 maggio 1995 n. 218).
di Pietro Franzina e Claudio Perrella Approfondimenti
Il “Quantitative easing”
della BCE:
un’opportunità per l’Italia
Il
“Quantitative
easing”, il programma di allentamento
monetario quantitativo
approvato a gennaio dalla Banca
Centrale Europea (Bce), molto probabilmente avrà bisogno di parecchio
tempo per veder dispiegare i suoi effetti. Sicuramente ha sollevato dubbi
e dibattiti, ancor prima che vedesse
la luce il 22 gennaio scorso nel corso
della conferenza stampa per la presentazione degli esiti della riunione
del Consiglio Direttivo della Bce. Dubbi
relativi alla portata, ai rischi per i singoli Paesi membri, all’efficacia dell’operazione.
segue a pagina 7
segue a pagina 2
Notizie
ICC Italia: Presentata la
“Guida pratica ICC alla
compliance antitrust”
Il 27 gennaio,
alla presenza
di un nutrito gruppo di
esperti antitrust, in-house
counsel, professionisti e
dei rappresentanti dell’Autorità Garante
della Concorrenza e del Mercato (AGCM),
ICC Italia ha presentato la versione italiana dell’ICC Antitrust Compliance Toolkit: il
manuale di pronto utilizzo predisposto da
ICC per le PMI e per le imprese di grandi dimensioni che vogliano adottare programmi
di compliance in materia antitrust.
segue a pagina 10
n. 1 - Gennaio 2015
COMMISSIONI ICC
Anticorruzione e Responsabilità Sociale
d’Impresa
“Laboratori 231”
Diritto e Pratiche del Commercio
Internazionale
Lo studio ICC sul ricorso a norme a-nazionali
per la disciplina dei contratti transfrontalieri
Calendario Commissioni ICC
APPUNTAMENTI
SEMINARIO ICC italia
IN
EVIDENZA
Vendere su internet: opportunità e limiti
(con approfondimento sulla normativa europea)
Roma, 24 marzo 2015
SAVE THE DATE
7th ICC Roundtable on Competition Policy
Sidney, Australia 27 aprile 2015
Approfondimenti
Environment & Energy
Il crollo del prezzo del petrolio e le ripercussioni sulle nostre economie. Cause e conseguenze della crisi dell’oro nero
Notizie
Il Fondo Italy Export Credit
Le online travel agencies nel mirino delle
Autorità Antitrust europee
Voluntary Disclosure - II Edizione
Cartier Women’s Initiative Awards 2015
Pubblicazioni
ICC Dispute Resolution Bulletin
La nuova disciplina europea della competenza giurisdizionale
e della efficacia delle decisioni in materia civile e commerciale
di Pietro Franzina e Claudio Perrella continua da pagina 1
In particolare, per le liti in materia contrattuale, viene confermata all’art. 7 n. 1 la possibilità di agire “davanti all’autorità
giurisdizionale del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio”, con la precisazione - già presente nel testo
anteriore - che in caso di vendita di merci tale luogo si avrà
riguardo al luogo in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto
essere consegnati in base al contratto e, in caso di prestazione
di servizi, al luogo, sempre situato in uno Stato membro, in cui
i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base
al contratto.
Dato il rapporto di continuità che lega il regolamento n.
44/2001 al nuovo strumento, rimane pertinente, per le controversie in tema di compravendita di beni mobili, l’indicazione fornita dalla Corte di Giustizia nel 2010 nella sentenza
relativa al caso Car Trim: ove non sia possibile determinare il
luogo di consegna in base alle pattuizioni delle parti, occorrerà
fare riferimento al luogo in cui l’acquirente ha conseguito la disponibilità materiale dei beni, non avendo rilievo, ai fini della
giurisdizione, il luogo in cui si è perfezionata - tipicamente per
effetto della rimessione delle merci al vettore - la consegna in
senso giuridico.
Come chiarito dalla stessa Corte nel successivo caso Electrosteel, possono peraltro assumere rilievo i termini di resa convenuti fra le parti anche mediante il semplice riferimento a
formule d’uso, quali gli Incoterms®.
Il foro generale del domicilio del convenuto e i fori speciali
continuano a poter essere soppiantati da una proroga espressa della competenza giurisdizionale, convenuta dalle parti
nelle forme - corrispondenti a quelle contemplate dal regime
previgente - dall’art. 25 del nuovo regolamento. La disciplina riformata della electio fori, peraltro, è ormai applicabile
- quando la competenza sia attribuita ai giudici di uno Stato
membro - a prescindere dalla circostanza che le parti siano
domiciliate nell’Unione europea, o fuori di essa, mentre prima
era necessario che almeno una di esse fosse stabilita in uno
Stato membro.
Per accrescere la tenuta degli accordi di elezione del foro
e metterli al riparo da pratiche opportunistiche (segnatamente quelle note come torpedo actions) il regolamento n.
1215/2012 prevede che, in caso di litispendenza (quando,
cioè, la stessa causa penda fra le stesse parti di fronte a giudici di Stati membri diversi), il giudice adito per secondo - che
normalmente dovrebbe cedere il passo al primo per scongiurare il rischio di pronunce contrastanti - possa conservare la
cognizione della causa quando a lui, e non all’altro giudice, le
parti hanno concordemente attribuito la competenza a pronunciarsi sulla lite.
Di fatto, il criterio della prevenzione temporale, che il testo
precedente applicava in modo rigoroso, conosce oramai un
temperamento allorché i giudici parallelamente investiti del
2 ICC Italia Newsletter
contenzioso comprendano quello che le parti, a suo tempo,
avevano designato come esclusivamente competente a dirimere il contenzioso. In questa eventualità, in attesa che il giudice scelto dalle parti accerti la propria giurisdizione, ogni altro
giudice - compreso quello adito per primo - dovrà sospendere
il procedimento, per poi declinare la propria competenza allorché il giudice designato affermi la propria giurisdizione.
Il nuovo regolamento, per contro, non fa venir meno alcuni
dei dubbi ricostruttivi emersi nella giurisprudenza degli Stati
membri circa i requisiti di validità delle clausole di electio fori,
e su cui si sono registrati in vari casi approcci assai diversi da
un paese all’altro. È questo il caso, ad esempio, delle c.d. unilaterali o asimmetriche, la cui validità è stata di recente riaffermata dalla Cassazione ma esclusa dalla Cassazione francese.
2. Il coordinamento fra procedimenti paralleli pendenti, rispettivamente, in uno Stato membro e in uno Stato terzo
Un ulteriore elemento di novità è costituito dalle previsioni
contenute negli articoli 33 e 34 del Regolamento n. 1215/2012.
Vi viene contemplata l’eventualità, non considerata dalla disciplina precedente, che si verifica allorché una lite identica
o connessa a quella pendente in uno Stato membro risulti essere stata avviata, prima di quella, in uno Stato non membro
dell’Unione europea.
Ove ciò accada, il giudice europeo prevenuto ha ora la facoltà
di sospendere il giudizio davanti a sé, ove ricorrano le condizioni previste dalla nuova normativa, dovendo poi dichiarare
l’estinzione del processo ove il procedimento instaurato nello
Stato terzo si concluda con una decisione riconoscibile.
Il coordinamento così realizzato fra l’esercizio della giurisdizione in Europa e fuori di essa riflette la circostanza che, come
già ai sensi del Regolamento n. 44/2001, la circolazione di una
decisione da uno Stato membro a un altro può risultare ostacolata dal fatto che tale decisione risulti essere in contrasto
con una decisione resa in uno Stato non membro, ma efficace
nello Stato membro richiesto.
La nuova disciplina della litispendenza “extraeuropea” mira di
fatto a prevenire il prodursi di un tale scenario, consentendo
un raccordo fra i procedimenti parallelamente pendenti prima
che questi vengano definiti e diano luogo a un contrasto fra
giudicati.
La sospensione facoltativa prefigurata dal Regolamento Bruxelles I bis presuppone un apprezzamento delle circostanze
del caso di specie caratterizzato da un margine di discrezionalità piuttosto ampio, che richiama alla mente il genere di
valutazioni proprie della dottrina del forum non conveniens
nei paesi di common law. Al fine di decidere se sospendere
o meno il processo, il giudice, infatti, dovrà non solo operare
una prognosi circa la riconoscibilità della decisione che ci si
attende venga resa nel Paese terzo, ma dovrà anche stabilire
se la sospensione sia “necessaria per una corretta ammini- >>
n. 1 - Gennaio 2015
strazione della giustizia”.
3. Le novità introdotte in materia di esecutività delle decisioni provenienti da uno Stato membro
L’innovazione più vistosa introdotta dal Regolamento n.
1215/2012 consiste nella soppressione dell’exequatur: le decisioni rese in uno Stato membro, oltre ad essere riconosciute
nel resto dello spazio giudiziario europeo senza che si renda
necessaria alcuna procedura, sono ormai idonee a spiegare in
tale spazio, senza bisogno d’altro, anche la loro efficacia esecutiva.
Il Regolamento n. 44/2001, come è noto, aveva tenuto ferma
l’esigenza di una dichiarazione di esecutività, pur semplificandone il rilascio. Gli sviluppi successivi, conseguenti in particolare all’adozione del regolamento n. 805/2004 sul titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati e del regolamento n.
1896/2006 istitutivo del procedimento europeo di ingiunzione di pagamento, hanno aperto una strada che ora il Regolamento Bruxelles I bis percorre con convinzione, stabilendo che
“la decisione emessa in uno Stato membro che è esecutiva in
tale Stato membro è altresì esecutiva negli altri Stati membri
senza che sia richiesta una dichiarazione di esecutività”.
La semplificazione è notevole: sotto il nuovo regime è oramai
possibile procedere all’esecuzione in uno Stato membro di decisioni giudiziali esecutive nel territorio di uno degli altri Stati
membri dell’UE dopo aver semplicemente notificato al debitore la decisione giudiziale ottenuta e l’attestato standard di
cui all’art. 53 del Regolamento n. 1215/2012.
Come il riconoscimento, anche l’esecutività, per quanto “automatica”, non diventa per ciò solo incondizionata. L’efficacia
delle decisioni straniere è infatti esclusa quando ricorra una
delle condizioni ostative contemplate dalla normativa europea (l’elencazione, tassativa, rispecchia quanto stabilito in
proposito dal Regolamento n. 44/2001).
La parte contro cui l’esecuzione è richiesta potrà, così, presentare istanza ai sensi dell’art. 46 del Regolamento 1215/2012
all’autorità giudiziaria competente affinché, laddove ne ricorrano i presupposti, venga negata l’esecuzione della decisione.
Beneficiano della soppressione dell’exequatur solo le decisioni rese all’esito di procedimenti promossi successivamente al
10 gennaio 2015.
Per le decisioni pronunciate dopo tale data ma che costituiscono l’epilogo di procedimenti promossi anteriormente
all’entrata in vigore del Regolamento 1215 continuerà, quindi,
a trovare applicazione il sistema delineato dal Regolamento
n. 44/2001.
4. Il rapporto fra giurisdizione ordinaria e arbitrato
Un aspetto in relazione al quale la revisione del Regolamento 44/2001 ha condotto a modifiche meno rilevanti di quanto
fosse stato auspicato da alcuni (e temuto da altri) è quello relativo al rapporto fra giurisdizione e arbitrato.
Il tema è dibattuto, ed i profili problematici del rapporto tra
arbitrato e giurisdizione sono emersi con particolare evidenza nel caso West Tankers, concernente un’anti-suit injunction
emessa per contrastare un’azione giudiziaria promossa in Italia in base al Regolamento n. 44/2001 in presenza di una clausola compromissoria a favore di un collegio arbitrale inglese.
Il Regolamento 1215/2012 conferma di non volersi occupare
dell’arbitrato, reiterando l’esclusione che già si rinveniva nei
testi precedenti. La nuova disciplina ha però chiarito la portata
e le implicazioni di tale esclusione nel considerando n. 12, facendo esplicitamente salva la Convenzione di New York del 10
giugno 1958 sul riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze
arbitrali straniere (art. 73, par. 2).
Il Regolamento Bruxelles I bis sotto questo profilo riflette il dibattito sorto a margine del caso West Tankers, laddove “rammenta”, da un lato, che esso non impedisce al foro dello Stato
membro “investito di un’azione in una materia per la quale
le parti hanno stipulato una convenzione arbitrale … di esaminare l’eventuale nullità, inoperatività o inapplicabilità della
convenzione” e, dall’altro, che la sentenza di merito resa dopo
tale esame può circolare nello spazio comunitario in base allo
stesso regolamento.
Resta dunque sostanzialmente invariato lo scenario di possibili procedimenti paralleli (e conflitti di giudicato) tra fori statali
(in particolare con riguardo alla operatività - esistenza, validità
ed efficacia - della clausola compromissoria, al sostegno del
procedimento arbitrale, alla validità e alla esecuzione dei lodi)
oppure tra procedimenti giudiziari ed arbitrati.
Pietro Franzina è Professore Associato di diritto internazionale nell’Università di Ferrara
Claudio Perrella è Partner dello Sudio LS LexJus Sinacta di Bologna e componente della Commissione Diritto e Pratiche del
Commercio Internazionale di ICC
3 ICC Italia Newsletter
n. 1 - Gennaio 2015
Commissioni ICC
Anticorruzione e Responsabilità Sociale delle Imprese
“Laboratori 231”
La Commissione Anticorruzione e Responsabilità Sociale delle Imprese di ICC Italia – Comitato Nazionale Italiano della International Chamber of Commerce organizza, con il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Perugia e con Hook 231 Srl, spin-off del medesimo Ateneo, la terza
edizione dei “Laboratori 231”.
Il ciclo di seminari, destinati al mondo dell’impresa, ha per oggetto l’analisi delle più recenti implicazioni della normativa di cui al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in tema di responsabilità degli enti,
e delle ricadute del relativo regime sanzionatorio all’interno dei diversi settori merceologici (siderurgico-meccanico, edile, agricolo-alimentare, tessile, ecc.) lambiti dalle disposizioni del decreto.
Il format prevede per ciascun seminario l’intervento di un moderatore, di un imprenditore e di un
magistrato, con il seguente calendario:
Febbraio 2015
Venerdì 20 febbraio
Responsabilità degli enti e processo de societate
Venerdì 27 febbraio
Responsabilità degli enti e sicurezza alimentare
Marzo 2015
Venerdì 6 marzo
Responsabilità degli enti e sicurezza sul lavoro
Venerdì 13 marzo
Responsabilità degli enti e tutela dei segni distintivi
Venerdì 20 marzo
Responsabilità degli enti ed illeciti sportivi
I singoli seminari si svolgeranno (ore 16.00) nell’Aula XI del Dipartimento di Giurisprudenza
dell’Università (Via A. Pascoli, 33 - Perugia).
La partecipazione è gratuita
4 ICC Italia Newsletter
n. 1 - Gennaio 2015
Commissioni ICC
Diritto e Pratiche del Commercio Internazionale
Nuove tendenze e soluzioni nella scelta della legge applicabile ai contratti internazionali
Lo studio ICC sul ricorso a norme a-nazionali per la disciplina dei
contratti transfrontalieri
di Fabio Bortolotti
Quando, nel corso della negoziazione di un contratto internazionale, si tratta di scegliere la legge applicabile, le parti si trovano spesso davanti all’alternativa della scelta della legge nazionale di una di esse. Se una delle parti dispone di una maggiore
forza contrattuale, essa potrà cercare di imporre l’applicazione
della propria legge nazionale. Tuttavia quando ciò non avviene
o quando le parti desiderano comunque giungere ad una soluzione equilibrata, si aprono essenzialmente due strade:
•
quella di optare per la legge di un paese terzo (Svizzera, Inghilterra, Svezia), oppure
•
quella di sottoporre il contratto ad un sistema alternativo di norme a-nazionali.
La Camera di Commercio Internazionale (ICC) ha seguito questa
seconda impostazione nella maggior parte dei modelli di contratto messi a punto dalla stessa, prevedendo - in alternativa
alla scelta di una specifica legge nazionale - la sottoposizione
del contratto ai principi di diritto generalmente riconosciuti nel
commercio internazionale insieme ai Principi Unidroit sui contratti commerciali internazionali.
Trattandosi di una scelta alquanto innovativa, che viene vista
con notevole sospetto da una buona parte dei giuristi tradizionali, è parso opportuno spiegarne dettagliatamente le ragioni e,
soprattutto le varie implicazioni, in modo da consentire ai negoziatori una scelta ragionata della soluzione oggettivamente più
opportuna.
A tal fine un gruppo di lavoro presieduto dal sottoscritto e dal
prof. Franco Silvano Toni di Cigoli, ha elaborato lo studio inti-
tolato “Developing neutral legal standards for international
contracts. A-national rules as the applicable law in international commercial contracts with particular reference to the ICC
Model Contracts”. Tale studio è reperibile gratuitamente presso
la ICC, al seguente link: http://store.iccwbo.org/content/uploaded/pdf/Developing%20neutral%20legal%20standards%20
for%20Intl%20contracts.pdf
Il documento in questione spiega dettagliatamente l’approccio seguito nelle clausole dei modelli di contratto dell’ICC, che
comunque costituisce una possibile alternativa, rimanendo in
ogni modo aperta la possibilità di sottoporre il contratto ad una
specifica legge nazionale scelta dalle parti.
La scelta a-nazionale consiste nel sottoporre il contratto ai principi generali del diritto (la cosiddetta lex mercatoria) escludendo le leggi nazionali, ed integrando questi principi estremamente generici con una normativa specifica sui contratti, costituita
dai Principi Unidroit.
Questo abbinamento tra i principi piuttosto generici della lex
mercatoria ed un sistema dettagliato di norme sui contratti, che
tiene conto delle specifiche esigenze dei rapporti commerciali
internazionali, permette - secondo i redattori dello studio - di
“costruire” un sistema normativo capace di offrire un grado di
certezza e prevedibilità non inferiore ad una legge nazionale,
soprattutto riguardo ai contratti atipici, che costituiscono la
maggior parte dei contratti utilizzati nel commercio internazionale (come ad es. concessione di vendita, licenza di marchio e
brevetto, subfornitura, franchising, ecc.).
Lo studio affronta dettagliatamente le questioni relative all’efficacia di un’eventuale scelta di norme a-nazionali, chiarendo
che essa è raccomandabile solo a condizione che eventuali controversie vengano sottoposte ad arbitrato, essendo improbabile
che tale scelta possa essere riconosciuta dai tribunali ordinari.
E’ importante sottolineare che la task force della Camera di
Commercio Internazionale non ha inteso imporre la soluzione a-nazionale rispetto ad altre possibili opzioni. In molti casi
la scelta di una legge nazionale, se del caso di un paese terzo,
potrà costituire la soluzione preferibile. Ciò che importa è che
coloro che negoziano e redigono contratti internazionali possano disporre di uno strumento aggiuntivo per trovare soluzioni
accettabili ad ambedue le parti e che siano messi in grado di
valutare con obiettività se ed in che misura tale strumento può
rispondere alle loro esigenze.
Considerando tutto ciò, credo che lo studio in questione costituisca un contributo importante per lo sviluppo della contrattualistica internazionale.
Fabio Bortolotti è Partner dello Studio Buffa, Bortolotti & Mathis di Torino, arbitro internazionale e Presidente della Commissione Diritto e Pratiche del Commercio Internazionale di ICC
5 ICC Italia Newsletter
n. 1 - Gennaio 2015
Calendario Commissioni ICC
FEBBRAIO 24 - 25
Customs and Trade Facilitation Commission
Miami, Florida
MARZO
5-6
Intellectual Property Commission
Parigi
16
Commission on Taxation
Parigi
17 - 18
Commission on Digital Economy
Parigi
30 - 31
Commission on Environment and Energy
Parigi
Appuntamenti
IN
EVIDENZA
SEMINARI ICC ITALIA
VENDERE SU INTERNET: OPPORTUNITA’ E LIMITI
Save the date
7th ICC Roundtable on
Competition Policy
(con approfondimento sulla normativa europea)
27 aprile 2015, Sidney – Australia
Roma, 24 marzo 2015
Si terrà il 27 aprile prossimo a Sidney
in Australia la VII Edizione della Tavola
Rotonda ICC sulla Concorrenza, che anche quest’anno affronterà i temi chiave
a livello internazionale della politica di
concorrenza. La Tavola Rotonda, che
vedrà riuniti alti funzionari delle autorità garanti di tutto il mondo e dirigenti
d’azienda, è infatti un’opportunità unica
per i partecipanti per confrontarsi direttamente sulle questioni più attuali in
materia di concorrenza. L’evento, che si
svolgerà il giorno prima dell’avvio della
14° edizione della Conferenza annuale
dell’International Competition Network
(ICN), è rivolto a rappresentanti di Autorità nazionali garanti della concorrenza, a funzionari di governo, dirigenti
d’azienda, accademici e a chiunque sia
interessato ad uno scambio di opinioni
con le autorità garanti ed esperti del settore privato.
Il programma sarà a breve reso disponibile all’indirizzo http://www.iccwbo.
org/Training-and-Events/All-events/
Events/2015/7th-ICC-Roundtable-onCompetition-Policy/
Per molti produttori è ormai diventato essenziale disporre di un sito internet
che permetta di vendere i propri prodotti direttamente ai consumatori, se non
altro per non trovarsi in ritardo rispetto ai propri concorrenti.
Una simile scelta richiede un coordinamento con la rete esistente, sia sotto il
profilo commerciale (in quanto si dovrà fare in modo che questa patisca il meno
possibile la concorrenza con le vendite dirette del produttore), sia sotto il profilo
contrattuale, modificando i contratti in modo che le vendite su Internet non siano considerate come violazione dell’esclusiva dei membri della rete.
Un’altra problematica importante, che si presenta indipendentemente dalla
scelta del produttore di vendere egli stesso su Internet, riguarda i limiti che si
possono imporre ai propri distributori/rivenditori che desiderino promuovere e
vendere i prodotti su Internet, aspetto sul quale incide fortemente la normativa
antitrust europea. Programma
Docenti
Prof. Avv. Fabio BORTOLOTTI
Partner Fondatore degli Studi Legali Associati BBM Buffa, Bortolotti & Mathis,
Presidente della Commissione Commercial Law and Practice di ICC
Avv. Mariaelena GIORCELLI
Partner Fondatore degli Studi Legali Associati BBM Buffa, Bortolotti & Mathis
Prossimi eventi ICC Italia
27 marzo
LE SANZIONI INTERNAZIONALI: COSA ACCADRA’ NEL 2015?
(da confermare)
10 aprile
EFFECTIVE MANAGEMENT OF ARBITRATION. A GUIDE FOR IN-HOUSE COUNSELS
AND OTHER PARTY REPRESENTATIVES
6 ICC Italia Newsletter
n. 1 - Gennaio 2015
Approfondimenti
Il “Quantitative easing” della BCE: un’opportunità per l’Italia
continua da pagina 1
Se i dubbi sulla portata sono stati sciolti con l’illustrazione della manovra da parte del Presidente della Bce Mario
Draghi, occorrerà avere pazienza per rispondere agli interrogativi sull’efficacia e sui rischi e vedere come reagiranno
i mercati e i vari attori, istituzionali e non, chiamati a fare
la loro parte.
Il programma di Qe europeo segue, con molto ritardo,
quello attuato da altre grandi banche centrali come la Federal Reserve statunitense e la Banca centrale del Giappone. Anche nel caso di questi illustri esempi, e con le
dovute differenze, i risultati sono stati controversi: se da
un lato, è ampiamente riconosciuto il successo dell’operazione americana, non altrettanto può dirsi di quello giapponese.
Come strutturato da Draghi, il Qe europeo, che verrà avviato a marzo, prevede l’acquisto di titoli di Stato per 60
miliardi al mese fino a settembre 2016 per un totale di
1140 miliardi di euro, al fine di immettere liquidità e raggiungere, anche a costo di proseguire con l’operazione oltre la data stabilita, un’inflazione che si avvicini, ma non
superi, il 2%, perseguendo uno degli obiettivi prioritari
come da statuto Bce.
La portata è stata da tutti ritenuta ben al di sopra delle
aspettative. La maggior parte degli economisti si aspettava una misura pari all’incirca alla metà, tanto che i mercati
hanno salutato questa inattesa “generosità” con immediate reazioni euforiche, smorzatesi in un secondo momento
ad una più attenta analisi delle condizioni poste. Condizioni che potrebbero rivelare delle sorprese nei prossimi
mesi.
Tra queste condizioni, particolare attenzione va riservata alla soluzione individuata da Draghi per la suddivisione
dei rischi tra banche centrali dei singoli Paesi e Bce. Per
superare la resistenza alla manovra opposta da alcuni Paesi, e in particolare dalla Germania - dovuta al timore di
una ricaduta su tutti i membri UE di eventuali default di
singoli Stati ritenuti più deboli - Draghi ha stabilito che
solo il 20% del rischio sia attribuito alla Bce, mentre il restante 80% sia a carico delle banche centrali nazionali.
Se questo compromesso ha consentito che la manovra incassasse l’approvazione da parte dei Paesi riluttanti, esso
accende nuove incognite nelle ipotesi più pessimistiche:
come può un Paese in crisi essere in grado di ricapitalizzare la propria banca centrale in perdita per l’acquisto dei
suoi stessi titoli di Stato? La risposta la dà la stessa Bce,
con altri tipi di paracadute a disposizione degli Stati membri, come ad esempio il programma OMT (Outright Monetary Transactions). Elaborato nel 2012, l’OMT consente
alla Bce di andare in soccorso dei Paesi in difficoltà di bi-
7 ICC Italia Newsletter
lancio comprando i loro titoli - e, di fatto, ripartendo il debito tra tutti i Membri - a condizione che essi si impegnino
ad attuare incisive riforme interne e sempre che sia assolutamente indispensabile per la stabilità dell’eurozona.
Non a caso, la Germania è stata una strenua oppositrice
anche di questo programma di salvataggio, arrendendosi
solo di fronte alla sentenza della Corte Costituzionale tedesca del 18 marzo scorso.
Come per l’OMT, anche nel caso del Qe, Draghi ha sottolineato come la politica monetaria dell’Unione Europea da
sola non possa essere sufficiente se non accompagnata
dalle riforme strutturali, e in particolare fiscali, dei singoli Paesi membri. Ed è questo infatti uno dei motivi per
cui la Germania si era opposta tenacemente: il timore che
gli Stati più deboli, tra cui l’Italia, possano prendere il Qe
quale alibi per non dare più piena attuazione alle indispensabili riforme cui sono chiamati.
L’efficacia della manovra europea, soprattutto per i Paesi
più “deboli” dell’eurozona, ossia quelli che ne avrebbero
maggiormente bisogno, è tutta da dimostrare. L’obiettivo
di Draghi è quello di dare respiro ai mercati, alle banche
e, auspicabilmente, alle imprese e alle famiglie. Insomma,
all’economia europea, attanagliata dal rischio di deflazione.
Occorre però appurare come e con quale velocità l’immissione di questa ingente liquidità si riverserà dalla Bce e
dalle banche centrali al mercato, producendo un effetto
a catena positivo sull’economia. Secondo le prime stime
avanzate dal Centro Studi di Confidustria, una qualche ricaduta positiva è attesa già dal 2015, con un rafforzamento degli effetti a partire dal 2016. L’auspicio di Draghi è
che immettendo liquidità nel sistema bancario, questo sia
incentivato a riaprire le maglie del credito nei confronti
delle imprese che negli ultimi anni si sono ristrette notevolmente.
Un circolo virtuoso, insomma, che l’operazione della Bce
dovrebbe essere in grado di avviare, grazie anche ad altre
circostanze concomitanti, quali il prezzo del petrolio ai minimi e il deprezzamento dell’euro, con il loro effetto spinta
sulle esportazioni.
E’ fondamentale, ha ribadito Draghi, che all’iniezione di
liquidità si affianchino misure a favore della crescita, della
domanda, dei consumi e degli investimenti.
L’intervento della Bce è dunque un’opportunità per il rilancio dell’economia dell’eurozona che non ci si deve lasciar sfuggire. Questo vale in particolare per l’Italia, per
non veder aumentare il divario tra sé e le altre economie
europee.
n. 1 - Gennaio 2015
Approfondimenti
Environment & Energy
Il crollo del prezzo del petrolio e le ripercussioni sulle nostre
economie. Cause e conseguenze della crisi dell’oro nero
Dietro al collasso del prezzo del petrolio si nascondono lungimiranti strategie energetiche dei principali Paesi esportatori,
membri dell’OPEC, o semplicemente una serie di fattori che
sconvolgono gli equilibri di mercato tra domanda e offerta?
E’ probabilmente da questa riflessione che deve cominciare la
nostra analisi di uno dei fenomeni che hanno maggiormente
colpito i mercati e che, inconsapevolmente, ci riporta ad un
passo da quel Venerdì Nero del 19 ottobre 1987 che ha devastato le più importanti economie mondiali.
Il declino del prezzo del greggio è stato inesorabile sin dallo
scorso luglio 2014, con una percentuale che ha toccato il 55%
del suo valore, arrivando a perdere il 28 novembre, dopo il
meeting dell’OPEC, il 10% in un solo giorno.
Sicuramente i 2 principali players mondiali del settore, Stati
Uniti e Arabia Saudita, hanno un ruolo determinante in tale
situazione: l’OPEC, di cui solo lo stato arabo è membro, “dimostra di essere ancora il cartello per eccellenza del petrolio
mondiale”, come riporta il Presidente di FederPetroli Italia,
Michele Marsiglia, in una recente intervista.
Da questo punto di vista si può, infatti, parlare di una strategia
geopolitica di quote di mercato. Il crollo delle quotazioni di
riferimento del greggio europeo ed americano (BRENT e WTI)
ne è un evidente segnale. A Vienna, durante l’ultimo meeting
dell’OPEC, l’organizzazione che riunisce i Paesi esportatori di
petrolio, si è verificato un acceso dibattito tra i membri sulle
8 ICC Italia Newsletter
possibili strategie per fronteggiare il calo del prezzo del greggio. Se da un lato Paesi come il Venezuela e l’Iran hanno proposto che il cartello - principalmente l’Arabia Saudita, dotato
delle più grandi riserve di petrolio al mondo - riducesse la produzione in modo tale da ristabilire un equilibrio tra domanda
e offerta, ripristinando quindi un maggiore prezzo del petrolio,
obiettivo ritenuto necessario al fine di pareggiare il loro bilancio e risanare le notevoli spese che i governi hanno sostenuto
nell’ultimo periodo, dall’altro si è contrapposta la posizione
dell’Arabia Saudita.
Quest’ultima, secondo produttore di petrolio mondiale dopo
la Russia, ha difeso strenuamente la sua scelta di non ridurre
la produzione di greggio e, conseguentemente, la decisione di
lasciare che i prezzi scendano, probabilmente memore della
crisi degli anni ’80 in cui, cercando di far fronte ad un analogo
crollo, aveva invece tentato di ridurre la produzione.
Tale scelta si era, al tempo, rivelata notevolmente svantaggiosa dato che non solo il valore del greggio sul mercato era
continuato a scendere, ma la stessa Arabia Saudita aveva anche perso notevoli quote di mercato. Oggi, invece, grazie alle
lungimiranti politiche del governo saudita degli ultimi anni,
attraverso l’accumulo di grandi riserve valutarie per finanziare
possibili disavanzi, il Paese è in grado di sostenere, a breve
termine, una tale situazione.
Basandosi sui recenti studi dell’OPEC, infatti, si dovrebbe >>
n. 1 - Gennaio 2015
Approfondimenti
assistere ad un rimbalzo
dei prezzi del petrolio verso
la fine della seconda metà
del 2015.
Tuttavia, analizzando il
fenomeno da un diverso
punto di vista, c’è anche
chi sostiene che alla base vi
sia un strategia creata dagli
USA, sull’onda dello shale
boom per divenire il maggiore produttore di greggio,
rubando il primato proprio
all’Arabia Saudita e, al tempo stesso, prendendo il posto di maggior fornitore di
energia dell’UE, ruolo fino
ad ora rivestito dalla Russia. Ma la situazione americana non può essere delineata così
facilmente. Secondo il Wall Street Journal, ad esempio, le società americane del settore energetico starebbero continuando a pompare petrolio per ripianare gli ingenti debiti (vedasi il
caso della WBH Energy di pochi giorni fa).
Prendendo in considerazione tutti i fattori, quella a cui stiamo
assistendo può essere così definita una vera e propria guerra
dei prezzi con gli Stati Uniti. La notevole spesa sostenuta da
questi ultimi nell’estrazione di olio e gas di scisto, derivante in
particolare dai giacimenti in Texas e North Dakota, ha creato
un vero e proprio disastro per i players impegnati nell’offerta
di idrocarburi sul mercato statunitense - che, ricordiamo, è un
mercato chiuso in base alla normativa vigente. Ciò di cui stiamo parlando è il cosiddetto rischio di bolla speculativa relativa
al fenomeno shale gas&oil (che avevamo già analizzato nella
Newsletter n. 6 - giugno 2014). Se osserviamo, infatti, il costo del greggio e il breakeven price per gli oil-drilling projects,
uno dei principali parametri per analizzare il settore, non è
così difficile prevedere un possibile collasso dell’industria del
fracking in Nord America. Tale tecnica, infatti, comporta una
costante fratturazione idraulica della roccia tramite l’iniezione nel suolo di fluidi saturi di sostanze chimiche ad alta pressione. Le vacuità di particolari tipi di rocce porose di origine
argillosa, “scisti”, racchiudono quantitativi di idrocarburi che
possono essere estratti esclusivamente tramite processi non
convenzionali quali il fracking. Tuttavia, tali pozzi si esauriscono molto velocemente e questo comporta ulteriori e più
intense trivellazioni, con costose tecnologie: è evidente che
da ciò deriva una notevole crescita dei costi per i produttori.
Le quotazioni del WTI (West Texas Intermediate), benchmark
americano di riferimento, rivelano che il default è uno scena-
9 ICC Italia Newsletter
rio non così lontano dalla realtà.
Tutto ciò ha importanti conseguenze anche per l’Unione Europea, che necessita fortemente di una diversificazione delle
fonti di approvvigionamento energetico, non essendo minimamente autosufficiente. Dal sogno della indipendenza energetica ci si è così presto - e bruscamente - risvegliati: quella
che poteva apparire come la soluzione alla guerra civile e conseguente instabilità della Libia, ai pessimi rapporti con la Russia a seguito della crisi ucraina e alle oil sanctions di Unione
Europea e USA nei confronti dell’Iran, si sta invece rivelando
una grande bolla speculativa, o almeno così appare.
A livello globale, l’analisi dei mercati rischia di sembrare ancor
più complicata: ad una crescente offerta di petrolio in Nord
America si è contrapposta, nel resto del mondo, in particolare
in Asia ed Europa, un improvviso e progressivo indebolimento
della domanda, soprattutto nel corso del secondo semestre
del 2014, probabilmente maggiormente acuita delle nuove politiche di Cina, Germania, Indonesia e Iran nel settore.
Inoltre, in questo complesso panorama, non si deve assolutamente sottovalutare il ruolo della Russia, primo produttore di
petrolio mondiale, che, in base alle stime degli economisti, rischia di subire una riduzione del proprio PIL di almeno il 4,5%
nel 2015. Putin, a capo di un Paese in cui l’export di petrolio
rappresenta più del 70% dell’economia interna, già in guerra più o meno aperta - con l’Ucraina e indirettamente anche con
l’UE e gli Stati Uniti a forza di sanzioni economiche, sta cercando di fronteggiare questa crisi aumentando i tassi di interesse
fino al 17% per evitare la svendita di rubli e il conseguente
ulteriore indebolimento dell’economia russa.
Tuttavia, come qualsiasi studioso di storia o di economia ben
sa, abitualmente i trends sono ciclici. Tralasciando il fatto che
qualsiasi potenziale avvenimento - una guerra ad esempio,
scenario non difficile da immaginare soprattutto in questo
momento - può sconvolgere nuovamente gli equilibri dei mercati mondiali e la riduzione dei prezzi può divenire fonte di
nuove prospettive di crescita per differenti business e politiche energetiche. Per citare lo stesso Marsiglia, “il rimbalzo ci
sarà, ma graduale. Viviamo in un periodo storico diverso, condizionato da fattori che non dipendono principalmente dalle
quotazioni del greggio, ma che ne condizionano la volatilità”.
In attesa della prossima riunione dell’OPEC di giugno 2015,
in cui si potrà avere un quadro reale della situazione, ciò che
però risulta evidente è che la tanto agognata indipendenza
energetica dell’Unione Europea appare, ancora una volta,
sempre più lontana, stretta nella morsa dell’Arabia Saudita e
degli Stati Uniti e calpestata da una “guerra” che, purtroppo,
in questi ultimi tempi divide il mondo non solo sul piano ideologico e culturale, ma, oggi più che mai, anche economico.
n. 1 - Gennaio 2015
Notizie
ICC Italia
Presentata la “Guida Pratica ICC alla compliance antitrust”
continua da pagina 1
Come ricordato in apertura dei lavori dal Segretario generale
di ICC Italia prof.ssa Maria Beatrice Deli e dal Presidente della
Commissione concorrenza dott. Luca Sanfilippo, la Guida Pratica ICC alla Compliance Antitrust giunge in un momento particolarmente significativo, atteso che proprio lo scorso ottobre,
in sede di pubblicazione delle nuove Linee guida sulle sanzioni
antitrust, l’AGCM ha esplicitamente riconosciuto la valenza
attenuante, ai fini dell’applicazione delle sanzioni antitrust,
dell’adozione e del rispetto da parte di ciascuna impresa di
“uno specifico programma di compliance, adeguato e in linea
con le best practice europee e nazionali”.
Da qui la grande rilevanza anche in Italia della Guida Pratica
ICC che si colloca al vertice delle best practice europee in materia, avendo già ricevuto un riconoscimento in tal senso dalla
Commissione europea che ha da tempo pubblicato sul proprio
sito internet l’ICC Antitrust Compliance Toolkit.
I contenuti specifici della Guida Pratica ICC sono stati illustrati
dal Presidente Luca Sanfilippo e da Silvia Zarpellon di Unilever, che hanno evidenziato come sia importante e necessario,
da parte delle imprese, un costante impegno nell’adattare i
programmi di compliance antitrust alle proprie caratteristiche
specifiche e a quelle dei particolari mercati in cui operano.
L’utilità pratica della Guida è stata quindi immediatamente
testata nel corso di un case study, nel quale i presenti (suddivisi in gruppi coordinati da Silvia Zarpellon, Simone Pieri di
Barclays e Jacques Moscianese di Intesa Sanpaolo) sono stati
chiamati a confrontarsi dando applicazione ai principi della
compliance ad un caso concreto.
Gli intervenuti hanno particolarmente apprezzato il carattere
pratico e seminariale della presentazione, delle esercitazioni e
dei confronti che ne sono seguiti.
Il lavoro dei gruppi è stato poi spunto per riflessioni approfondite nel corso della successiva Tavola Rotonda, moderata
dall’avv. Luciano Di Via di Clifford Chance, nel corso della qua-
10 ICC Italia Newsletter
le hanno fornito il loro contributo, frutto di anni di concreta
esperienza sui temi della compliance aziendale, Alessandra
Battaglia di Gtech, Domenico Durante di Eni, Raimondo Rinaldi di Esso Italiana e Francesca Valente di Enel.
Tutti i rappresentanti delle aziende presenti hanno confermato la consolidata centralità che i temi della compliance e della
formazione sui temi della legalità, anche antitrust, hanno acquisito in ciascuna realtà d’impresa. Nel corso dei lavori è anche emerso come la crescente complessità giuridica del contesto nel quale le aziende devono adottare le proprie scelte
a livello globale richieda, tuttavia, un imprescindibile dialogo
con le Autorità di concorrenza. Da qui l’auspicio a che l’AGCM
possa essere in futuro un interlocutore importante per gli
operatori, chiarendo sempre più in via preventiva i requisiti
in presenza dei quali l’adozione dei programmi di compliance possa dare effettivamente luogo al riconoscimento di attenuanti in tutti quei casi nei quali, nonostante il preciso impegno delle imprese, non sia stato possibile evitare di incorrere
in violazioni antitrust.
Tale auspicio è stato autorevolmente raccolto dal dott. Filippo
Arena (Capo di Gabinetto dell’AGCM), il quale ha salutato con
favore l’iniziativa e le attività di ICC Italia, nonché l’impegno
manifestato dalle imprese sui temi della compliance antitrust.
Il dott. Arena ha avuto modo di confermare la rilevanza che
il dialogo costruttivo tra imprese ed Autorità potrà avere nei
prossimi anni ai fini della migliore implementazione di seri
programmi di compliance in linea con le best practice europee, in considerazione del ruolo positivo e importante che
essi possono svolgere per la diffusione capillare di una cultura
della concorrenza nel nostro Paese e, in ultima analisi, per la
migliore prevenzione degli illeciti antitrust.
La Guida ICC è disponibile al link: http://www.iccitalia.org/
pdf/antitrust_compliance_toolkit.pdf
n. 1 - Gennaio 2015
Notizie
Il Fondo Italy Export Credit
Il 20 gennaio si è tenuta a Roma
la tavola rotonda “Piano nazionale per l’Export: nasce il nuovo fondo di sistema”, nel corso
della quale è stato presentato
Italy Export Credit, nuovo fondo di investimento specializzato di CO.MO.I Group, finalizzato
a mettere a disposizione delle
imprese esportatrici le risorse finanziarie degli investitori istituzionali.
Il nuovo fondo è destinato ai grandi investitori istituzionali e
il Direttore Generale di CO.MO.I Sim, Dott. Gerardo Stigliani,
che ha coordinato i lavori, ha sottolineato come l’iniziativa sia
rivolta al sostegno delle aziende italiane per le quali la componente finanziaria rappresenta una delle problematiche più
rilevanti da affrontare quando si trovano a competere sui mer-
cati esteri.
Il fondo investirà in obbligazioni di pagamento rilasciate dalle banche dei paesi importatori che intervengono nelle transazioni commerciali con imprese italiane esportatrici. In tal
modo gli esportatori potranno smobilizzare i loro crediti dismettendone il rischio.
Agli investitori istituzionali viene offerta l’opportunità di effettuare investimenti finanziari interessanti per i loro portafogli
e di dare nel contempo un loro sostegno al nostro sistema
produttivo.
All’evento hanno partecipato rappresentanti del MISE, SACE,
BEI, Confindustria, Assoprevidenza, Assofondipensione, Ania,
UCIMU, oltre al Prof. G. Vaciago, docente di economia monetaria. Il Prof. Vaciago é componente dell’Advisory Board di
CO.MO.I, assieme al Prof. V. Uckmar (Vice Presente di ICC Italia) e ai Prof. M. Onado, G. Barone-Adesi e G. Corasaniti.
Le online travel agencies nel mirino delle Autorità Antitrust europee
Non è la prima volta che le online travel agencies finiscono nel
mirino delle Autorità antitrust europee per le clausole di parity rate (o most favoured nation – MFN). L’ultima in ordine di
tempo riguarda il procedimento che si è concluso il 9 gennaio
2015 in Germania con una sentenza dell’Alta Corte regionale
di Düsseldorf, pronunciatasi in merito al ricorso presentato da
HRS (Hotel Reservation Service) contro l’Autorità antitrust tedesca (Bundeskartellamt).
La decisione dell’Autorità antitrust tedesca, del 20 dicembre
2013, chiudeva l’istruttoria nei confronti della società tedesca
di prenotazione online, condannandola per l’utilizzo di queste
clausole ritenute vessatorie.
L’Alta Corte regionale di Düsseldorf il 9 gennaio 2015 ha confermato tale provvedimento, rigettando l’appello presentato
da HRS e ribadendo le stesse motivazioni che avevano portato
il Bundeskartellamt a sanzionare la società già più di un anno
fa.
In parallelo anche le Autorità antitrust svedese e francese
hanno aperto procedimenti nei confronti di Booking, aventi
per oggetto, anche in questo caso, le clausole “MFN”. Al riguardo la Commissione europea, interessatasi della questione, ha precisato la sua posizione di coordinatore esterno delle
istruttorie, sottolineando di non averne avviata una propria,
ma restando in attesa dei risultati di quelle dei singoli Stati.
11 ICC Italia Newsletter
In Italia, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
italiano aveva avviato nel maggio 2014 un’istruttoria nei confronti di Booking ed Expedia, due tra le più utilizzate piattaforme di prenotazione online, a seguito delle segnalazioni di
Federalberghi, del Nucleo Speciale Tutela Mercati della Guardia di Finanza e dell’AICA (Associazione Italiana Confindustria
Alberghi). Al centro della questione (che avevamo già analizzato nella Newsletter n. 3 - marzo 2014) sono, come negli altri
casi, le clausole vessatorie di parity rate o MFN.
Tali clausole sono generalmente presenti nei contratti conclusi
tra le piattaforme online e le imprese del settore e vietano di
proporre prezzi inferiori a quelli offerti tramite i siti di Booking
o Expedia. Nella segnalazione si sottolinea che questo tipo di
clausola danneggia il mercato sotto vari aspetti: costringe gli
hotel a pagare commissioni elevate, limita la concorrenza, impedendo il libero accesso al mercato di riferimento a nuovi
soggetti, con l’effetto di consolidare le posizioni dei soggetti
già forti nel settore delle online travel agencies. Queste pratiche finiscono, quindi, per danneggiare i consumatori, che non
possono, ad esempio, ottenere condizioni migliori né rivolgendosi ad altre piattaforme online né contattando direttamente
le strutture.
L’istruttoria dell’Autorità italiana è stata aperta nei confronti
di Booking.com B.V., con sede legale ad Amsterdam, della sua
controllata italiana Booking.com S.r.l., entrambe facenti parte
dello statunitense Priceline Group, e nei confronti di Expedia
Inc., con sede nello Stato di Washington(U.S.A.) e della controllata italiana Expedia Italy S.r.l. Le condotte messe sotto
osservazione attengono all’utilizzo delle clausole descritte,
con attenzione anche ai metodi poco chiari utilizzati per garantirne il rispetto, ossia attraverso penalizzazioni, nel ranking
o nella visualizzazione sul sito, degli hotel “colpevoli” di aver
violato la clausola.
Nel mese di dicembre 2014, Booking ha depositato presso >>
n. 1 - Gennaio 2015
>>
Notizie
l’Autorità italiana una dichiarazione con la quale propone di
assumere una serie di impegni in relazione alle clausole “incriminate”, rendendosi disponibile a modificarne il contenuto. La
società di origine olandese ha, infatti, offerto la possibilità per
gli alberghi di offrire prezzi inferiori tramite gli altri fornitori
di servizi di prenotazione, siano essi online o offline (“Canali
Indiretti”), e la promessa di slegare la diminuzione delle percentuali di commissione alla condizione che le strutture offrano prezzi più bassi sulla piattaforma di Booking. La clausola
“MFN” resterebbe però in vigore per i “Canali Diretti” (“MFN
Ristretta”), non lasciando, dunque, la possibilità agli alberghi
di proporre tariffe inferiori quando si sia contattati direttamente dal consumatore sia online che offline.
L’Antitrust italiano ha invitato le controparti interessate a far
pervenire eventuali osservazioni al riguardo entro il 31 gennaio 2015. Esaminati gli impegni presentati da Booking.com,
Federalberghi li ha ritenuti insufficienti a ristabilire corrette
condizioni di mercato e ha conseguentemente deciso di chiedere all’Autorità che le clausole di parity rate vengano comple-
tamente bandite, anche in relazione alle offerte da pubblicare
sui siti degli alberghi.
Analoga valutazione è stata espressa dalle organizzazioni consorelle degli altri Paesi europei ed è stata ufficializzata con una
nota di Hotrec, con la quale si sottolinea che gli albergatori
non sono attualmente liberi di decidere autonomamente i
prezzi delle camere e le condizioni da offrire ai diversi canali
di distribuzione e che tali limitazioni impediscono ai clienti di
godere dei vantaggi che possono derivare dalla concorrenza.
In attesa, quindi, che l’intero procedimento di valutazione di
fronte all’Autorità antitrust italiana termini entro il 1° Aprile
2015, il comparto alberghiero europeo porta a casa un risultato incoraggiante. L’auspicio è che la conferma, ottenuta con
la sentenza tedesca, che le clausole imposte da HRS ed altri
portali di prenotazioni online rappresentano una chiara limitazione della concorrenza sia il primo passo per porre fine a
questa pratica scorretta, a beneficio del mercato concorrenziale europeo e dei suoi consumatori.
Voluntary Disclosure - II Edizione
Bologna, 16 febbraio 2015
La Fondazione Antonio Uckmar, in collaborazione con Milano
Finanza e Diritto e Pratica Tributaria, organizza la II Edizione
del Convegno sulla Voluntary Disclosure che si terrà a Bologna
il prossimo 16 febbraio.
Il Convegno ha lo scopo di approfondire gli aspetti operativi
e procedurali della voluntary disclosure e le definizioni delle
sanzioni amministrative.
La partecipazione è gratuita e consentirà ai partecipanti l’acquisizione dei crediti formativi assegnati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili.
Maggiori dettagli sul programma e le modalità di iscrizione
sono reperibili al seguente link:
http://www.studiouckmar.com/download/evoluzioneapplicativa.pdf
Cartier Women’s Initiative Awards 2015
Fino al prossimo 15 febbraio 2015 sarà possibile presentare
il proprio progetto per partecipare alla competizione internazionale dedicata a tutte le donne imprenditrici, la Cartier
Women’s Initiative Awards nata nel 2006 dalla collaborazione
tra Cartier, Women’s Forum, McKeinsey & Company e INSEAD
Business School.
Tre sono gli obiettivi di questa competizione: sostenere le
donne imprenditrici nella fase iniziale del progetto attraverso
finanziamento e formazione; far crescere lo spirito imprendi-
12 ICC Italia Newsletter
toriale celebrandone il ruolo; incoraggiare i rapporti di networking fra le imprenditrici a livello internazionale.
Sin dalla sua creazione, l’iniziativa ha accompagnato oltre 140
donne imprenditrici e riconosciuto i progetti di 44 neo laureate.
La competizione annuale si sviluppa in due fasi. Nella prima,
che si svolgerà a giugno, la Giuria selezionerà 18 finaliste e i
tre progetti ritenuti più interessanti scelti tra quelli pervenuti
dalle varie regioni del mondo come l’America Latina, il Nord
America, l’Europa, l’Africa Sub Sahariana, il Medio e Nord Africa e l’Asia Pacifica. Nella seconda fase, le finaliste riceveranno
fino ad ottobre una formazione da esperti di business.
La selezione finale dei progetti da parte della giuria si baserà
sulla qualità del progetto e sulla capacità persuasiva dell’esposizione dello stesso. Sarà inoltre selezionata una neo laureata
che riceverà un finanziamento di 20.000 dollari, un anno di
formazione e l’opportunità di pubblicizzare il suo progetto attraverso un network internazionale.
Per maggiori informazioni consultare il sito:
http://www.cartierwomensinitiative.com/
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ICC Dispute Resolution Bulletin
Nel 2015, l’ICC International Court of Arbitration Bullettin assume un
nuovo formato e un nuovo nome: ICC Dispute Resolution Bullettin.
EDIZIONE 2015
Pubblicato due volte l’anno, a giugno e a dicembre, il Bollettino, che tradizionalmente contiene estratti di lodi arbitrali ICC, articoli sulle procedure di risoluzione delle controversie, indagini sulla legislazione arbitrale
nel mondo, statistiche ed esercitazioni, si arricchisce nel 2015 di nuovi
contenuti, approfondimenti e commenti degli esperti sulle procedure e
sulle prassi ICC.
E’ possibile ordinare i due numeri del Bollettino 2015 presso l’ufficio
pubblicazioni di ICC Italia ([email protected]) entro il 28 febbraio al prezzo speciale di Euro 180 (più IVA 4% e spese di spedizione),
cui ICC Italia applicherà un ulteriore sconto del 20% per i suoi Associati
e gli Associati AIA.
Camera di Commercio Internazionale
Comitato Nazionale Italiano
Via Barnaba Oriani, 34
00197 Roma
Redazione
Tel. +39 06 42034301
Segreteria +39 06 42034320/21
Fax. +39 06 4882677
email: [email protected]
web: www.iccitalia.org
ICC Italia Newsletter
Lucio Maria Brunozzi, Tommaso Caterini,
Monica Salvatore, Beatrice Settanni,
Barbara Triggiani
Progetto grafico
Luca Ingrassia
n. 1 - Gennaio 2015