NewsLetter mensile della Camera di Commercio Internazionale Le novità contenute nel Regolamento (UE) n. 1215/2012 in vigore dal 10 gennaio 2015 La nuova disciplina europea della competenza giurisdizionale e della efficacia delle decisioni in materia civile e commerciale La disciplina europea della competenza giurisdizionale e della efficacia delle decisioni in materia civile e commerciale deve oramai rintracciarsi, a partire del 10 gennaio 2015, nel Regolamento (UE) n. 1215/2012 del 12 dicembre 2012 (Bruxelles I bis). Il nuovo testo, che sostituisce il Regolamento (CE) n. 44/2001, introduce numerosi elementi di novità, di sicuro interesse per giuristi ed imprese. 1. Le innovazioni concernenti la competenza giurisdizionale Il Regolamento Bruxelles I bis mantiene inalterato l’impianto generale delle norme relative alla competenza giurisdizionale, che continuano a ruotare attorno al principio in base al quale le persone domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti ai giudici di tale Stato. Permangono, accanto al foro generale ora ricordato, una serie di competenze speciali, volte a consentire all’attore di instaurare il giudizio in uno Stato membro diverso da quello in cui è stabilita l’altra parte (per i convenuti domiciliati in uno Stato terzo, contrariamente a quanto ipotizzato dalla Commissione nella proposta di revisione del regolamento n. 44/2001, il nuovo regime continua a rinviare alle norme attributive della giurisdizione dell’ordinamento del foro e dunque, in Italia, all’art. 3 della legge 31 maggio 1995 n. 218). di Pietro Franzina e Claudio Perrella Approfondimenti Il “Quantitative easing” della BCE: un’opportunità per l’Italia Il “Quantitative easing”, il programma di allentamento monetario quantitativo approvato a gennaio dalla Banca Centrale Europea (Bce), molto probabilmente avrà bisogno di parecchio tempo per veder dispiegare i suoi effetti. Sicuramente ha sollevato dubbi e dibattiti, ancor prima che vedesse la luce il 22 gennaio scorso nel corso della conferenza stampa per la presentazione degli esiti della riunione del Consiglio Direttivo della Bce. Dubbi relativi alla portata, ai rischi per i singoli Paesi membri, all’efficacia dell’operazione. segue a pagina 7 segue a pagina 2 Notizie ICC Italia: Presentata la “Guida pratica ICC alla compliance antitrust” Il 27 gennaio, alla presenza di un nutrito gruppo di esperti antitrust, in-house counsel, professionisti e dei rappresentanti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), ICC Italia ha presentato la versione italiana dell’ICC Antitrust Compliance Toolkit: il manuale di pronto utilizzo predisposto da ICC per le PMI e per le imprese di grandi dimensioni che vogliano adottare programmi di compliance in materia antitrust. segue a pagina 10 n. 1 - Gennaio 2015 COMMISSIONI ICC Anticorruzione e Responsabilità Sociale d’Impresa “Laboratori 231” Diritto e Pratiche del Commercio Internazionale Lo studio ICC sul ricorso a norme a-nazionali per la disciplina dei contratti transfrontalieri Calendario Commissioni ICC APPUNTAMENTI SEMINARIO ICC italia IN EVIDENZA Vendere su internet: opportunità e limiti (con approfondimento sulla normativa europea) Roma, 24 marzo 2015 SAVE THE DATE 7th ICC Roundtable on Competition Policy Sidney, Australia 27 aprile 2015 Approfondimenti Environment & Energy Il crollo del prezzo del petrolio e le ripercussioni sulle nostre economie. Cause e conseguenze della crisi dell’oro nero Notizie Il Fondo Italy Export Credit Le online travel agencies nel mirino delle Autorità Antitrust europee Voluntary Disclosure - II Edizione Cartier Women’s Initiative Awards 2015 Pubblicazioni ICC Dispute Resolution Bulletin La nuova disciplina europea della competenza giurisdizionale e della efficacia delle decisioni in materia civile e commerciale di Pietro Franzina e Claudio Perrella continua da pagina 1 In particolare, per le liti in materia contrattuale, viene confermata all’art. 7 n. 1 la possibilità di agire “davanti all’autorità giurisdizionale del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio”, con la precisazione - già presente nel testo anteriore - che in caso di vendita di merci tale luogo si avrà riguardo al luogo in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto e, in caso di prestazione di servizi, al luogo, sempre situato in uno Stato membro, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto. Dato il rapporto di continuità che lega il regolamento n. 44/2001 al nuovo strumento, rimane pertinente, per le controversie in tema di compravendita di beni mobili, l’indicazione fornita dalla Corte di Giustizia nel 2010 nella sentenza relativa al caso Car Trim: ove non sia possibile determinare il luogo di consegna in base alle pattuizioni delle parti, occorrerà fare riferimento al luogo in cui l’acquirente ha conseguito la disponibilità materiale dei beni, non avendo rilievo, ai fini della giurisdizione, il luogo in cui si è perfezionata - tipicamente per effetto della rimessione delle merci al vettore - la consegna in senso giuridico. Come chiarito dalla stessa Corte nel successivo caso Electrosteel, possono peraltro assumere rilievo i termini di resa convenuti fra le parti anche mediante il semplice riferimento a formule d’uso, quali gli Incoterms®. Il foro generale del domicilio del convenuto e i fori speciali continuano a poter essere soppiantati da una proroga espressa della competenza giurisdizionale, convenuta dalle parti nelle forme - corrispondenti a quelle contemplate dal regime previgente - dall’art. 25 del nuovo regolamento. La disciplina riformata della electio fori, peraltro, è ormai applicabile - quando la competenza sia attribuita ai giudici di uno Stato membro - a prescindere dalla circostanza che le parti siano domiciliate nell’Unione europea, o fuori di essa, mentre prima era necessario che almeno una di esse fosse stabilita in uno Stato membro. Per accrescere la tenuta degli accordi di elezione del foro e metterli al riparo da pratiche opportunistiche (segnatamente quelle note come torpedo actions) il regolamento n. 1215/2012 prevede che, in caso di litispendenza (quando, cioè, la stessa causa penda fra le stesse parti di fronte a giudici di Stati membri diversi), il giudice adito per secondo - che normalmente dovrebbe cedere il passo al primo per scongiurare il rischio di pronunce contrastanti - possa conservare la cognizione della causa quando a lui, e non all’altro giudice, le parti hanno concordemente attribuito la competenza a pronunciarsi sulla lite. Di fatto, il criterio della prevenzione temporale, che il testo precedente applicava in modo rigoroso, conosce oramai un temperamento allorché i giudici parallelamente investiti del 2 ICC Italia Newsletter contenzioso comprendano quello che le parti, a suo tempo, avevano designato come esclusivamente competente a dirimere il contenzioso. In questa eventualità, in attesa che il giudice scelto dalle parti accerti la propria giurisdizione, ogni altro giudice - compreso quello adito per primo - dovrà sospendere il procedimento, per poi declinare la propria competenza allorché il giudice designato affermi la propria giurisdizione. Il nuovo regolamento, per contro, non fa venir meno alcuni dei dubbi ricostruttivi emersi nella giurisprudenza degli Stati membri circa i requisiti di validità delle clausole di electio fori, e su cui si sono registrati in vari casi approcci assai diversi da un paese all’altro. È questo il caso, ad esempio, delle c.d. unilaterali o asimmetriche, la cui validità è stata di recente riaffermata dalla Cassazione ma esclusa dalla Cassazione francese. 2. Il coordinamento fra procedimenti paralleli pendenti, rispettivamente, in uno Stato membro e in uno Stato terzo Un ulteriore elemento di novità è costituito dalle previsioni contenute negli articoli 33 e 34 del Regolamento n. 1215/2012. Vi viene contemplata l’eventualità, non considerata dalla disciplina precedente, che si verifica allorché una lite identica o connessa a quella pendente in uno Stato membro risulti essere stata avviata, prima di quella, in uno Stato non membro dell’Unione europea. Ove ciò accada, il giudice europeo prevenuto ha ora la facoltà di sospendere il giudizio davanti a sé, ove ricorrano le condizioni previste dalla nuova normativa, dovendo poi dichiarare l’estinzione del processo ove il procedimento instaurato nello Stato terzo si concluda con una decisione riconoscibile. Il coordinamento così realizzato fra l’esercizio della giurisdizione in Europa e fuori di essa riflette la circostanza che, come già ai sensi del Regolamento n. 44/2001, la circolazione di una decisione da uno Stato membro a un altro può risultare ostacolata dal fatto che tale decisione risulti essere in contrasto con una decisione resa in uno Stato non membro, ma efficace nello Stato membro richiesto. La nuova disciplina della litispendenza “extraeuropea” mira di fatto a prevenire il prodursi di un tale scenario, consentendo un raccordo fra i procedimenti parallelamente pendenti prima che questi vengano definiti e diano luogo a un contrasto fra giudicati. La sospensione facoltativa prefigurata dal Regolamento Bruxelles I bis presuppone un apprezzamento delle circostanze del caso di specie caratterizzato da un margine di discrezionalità piuttosto ampio, che richiama alla mente il genere di valutazioni proprie della dottrina del forum non conveniens nei paesi di common law. Al fine di decidere se sospendere o meno il processo, il giudice, infatti, dovrà non solo operare una prognosi circa la riconoscibilità della decisione che ci si attende venga resa nel Paese terzo, ma dovrà anche stabilire se la sospensione sia “necessaria per una corretta ammini- >> n. 1 - Gennaio 2015 strazione della giustizia”. 3. Le novità introdotte in materia di esecutività delle decisioni provenienti da uno Stato membro L’innovazione più vistosa introdotta dal Regolamento n. 1215/2012 consiste nella soppressione dell’exequatur: le decisioni rese in uno Stato membro, oltre ad essere riconosciute nel resto dello spazio giudiziario europeo senza che si renda necessaria alcuna procedura, sono ormai idonee a spiegare in tale spazio, senza bisogno d’altro, anche la loro efficacia esecutiva. Il Regolamento n. 44/2001, come è noto, aveva tenuto ferma l’esigenza di una dichiarazione di esecutività, pur semplificandone il rilascio. Gli sviluppi successivi, conseguenti in particolare all’adozione del regolamento n. 805/2004 sul titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati e del regolamento n. 1896/2006 istitutivo del procedimento europeo di ingiunzione di pagamento, hanno aperto una strada che ora il Regolamento Bruxelles I bis percorre con convinzione, stabilendo che “la decisione emessa in uno Stato membro che è esecutiva in tale Stato membro è altresì esecutiva negli altri Stati membri senza che sia richiesta una dichiarazione di esecutività”. La semplificazione è notevole: sotto il nuovo regime è oramai possibile procedere all’esecuzione in uno Stato membro di decisioni giudiziali esecutive nel territorio di uno degli altri Stati membri dell’UE dopo aver semplicemente notificato al debitore la decisione giudiziale ottenuta e l’attestato standard di cui all’art. 53 del Regolamento n. 1215/2012. Come il riconoscimento, anche l’esecutività, per quanto “automatica”, non diventa per ciò solo incondizionata. L’efficacia delle decisioni straniere è infatti esclusa quando ricorra una delle condizioni ostative contemplate dalla normativa europea (l’elencazione, tassativa, rispecchia quanto stabilito in proposito dal Regolamento n. 44/2001). La parte contro cui l’esecuzione è richiesta potrà, così, presentare istanza ai sensi dell’art. 46 del Regolamento 1215/2012 all’autorità giudiziaria competente affinché, laddove ne ricorrano i presupposti, venga negata l’esecuzione della decisione. Beneficiano della soppressione dell’exequatur solo le decisioni rese all’esito di procedimenti promossi successivamente al 10 gennaio 2015. Per le decisioni pronunciate dopo tale data ma che costituiscono l’epilogo di procedimenti promossi anteriormente all’entrata in vigore del Regolamento 1215 continuerà, quindi, a trovare applicazione il sistema delineato dal Regolamento n. 44/2001. 4. Il rapporto fra giurisdizione ordinaria e arbitrato Un aspetto in relazione al quale la revisione del Regolamento 44/2001 ha condotto a modifiche meno rilevanti di quanto fosse stato auspicato da alcuni (e temuto da altri) è quello relativo al rapporto fra giurisdizione e arbitrato. Il tema è dibattuto, ed i profili problematici del rapporto tra arbitrato e giurisdizione sono emersi con particolare evidenza nel caso West Tankers, concernente un’anti-suit injunction emessa per contrastare un’azione giudiziaria promossa in Italia in base al Regolamento n. 44/2001 in presenza di una clausola compromissoria a favore di un collegio arbitrale inglese. Il Regolamento 1215/2012 conferma di non volersi occupare dell’arbitrato, reiterando l’esclusione che già si rinveniva nei testi precedenti. La nuova disciplina ha però chiarito la portata e le implicazioni di tale esclusione nel considerando n. 12, facendo esplicitamente salva la Convenzione di New York del 10 giugno 1958 sul riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere (art. 73, par. 2). Il Regolamento Bruxelles I bis sotto questo profilo riflette il dibattito sorto a margine del caso West Tankers, laddove “rammenta”, da un lato, che esso non impedisce al foro dello Stato membro “investito di un’azione in una materia per la quale le parti hanno stipulato una convenzione arbitrale … di esaminare l’eventuale nullità, inoperatività o inapplicabilità della convenzione” e, dall’altro, che la sentenza di merito resa dopo tale esame può circolare nello spazio comunitario in base allo stesso regolamento. Resta dunque sostanzialmente invariato lo scenario di possibili procedimenti paralleli (e conflitti di giudicato) tra fori statali (in particolare con riguardo alla operatività - esistenza, validità ed efficacia - della clausola compromissoria, al sostegno del procedimento arbitrale, alla validità e alla esecuzione dei lodi) oppure tra procedimenti giudiziari ed arbitrati. Pietro Franzina è Professore Associato di diritto internazionale nell’Università di Ferrara Claudio Perrella è Partner dello Sudio LS LexJus Sinacta di Bologna e componente della Commissione Diritto e Pratiche del Commercio Internazionale di ICC 3 ICC Italia Newsletter n. 1 - Gennaio 2015 Commissioni ICC Anticorruzione e Responsabilità Sociale delle Imprese “Laboratori 231” La Commissione Anticorruzione e Responsabilità Sociale delle Imprese di ICC Italia – Comitato Nazionale Italiano della International Chamber of Commerce organizza, con il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Perugia e con Hook 231 Srl, spin-off del medesimo Ateneo, la terza edizione dei “Laboratori 231”. Il ciclo di seminari, destinati al mondo dell’impresa, ha per oggetto l’analisi delle più recenti implicazioni della normativa di cui al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in tema di responsabilità degli enti, e delle ricadute del relativo regime sanzionatorio all’interno dei diversi settori merceologici (siderurgico-meccanico, edile, agricolo-alimentare, tessile, ecc.) lambiti dalle disposizioni del decreto. Il format prevede per ciascun seminario l’intervento di un moderatore, di un imprenditore e di un magistrato, con il seguente calendario: Febbraio 2015 Venerdì 20 febbraio Responsabilità degli enti e processo de societate Venerdì 27 febbraio Responsabilità degli enti e sicurezza alimentare Marzo 2015 Venerdì 6 marzo Responsabilità degli enti e sicurezza sul lavoro Venerdì 13 marzo Responsabilità degli enti e tutela dei segni distintivi Venerdì 20 marzo Responsabilità degli enti ed illeciti sportivi I singoli seminari si svolgeranno (ore 16.00) nell’Aula XI del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università (Via A. Pascoli, 33 - Perugia). La partecipazione è gratuita 4 ICC Italia Newsletter n. 1 - Gennaio 2015 Commissioni ICC Diritto e Pratiche del Commercio Internazionale Nuove tendenze e soluzioni nella scelta della legge applicabile ai contratti internazionali Lo studio ICC sul ricorso a norme a-nazionali per la disciplina dei contratti transfrontalieri di Fabio Bortolotti Quando, nel corso della negoziazione di un contratto internazionale, si tratta di scegliere la legge applicabile, le parti si trovano spesso davanti all’alternativa della scelta della legge nazionale di una di esse. Se una delle parti dispone di una maggiore forza contrattuale, essa potrà cercare di imporre l’applicazione della propria legge nazionale. Tuttavia quando ciò non avviene o quando le parti desiderano comunque giungere ad una soluzione equilibrata, si aprono essenzialmente due strade: • quella di optare per la legge di un paese terzo (Svizzera, Inghilterra, Svezia), oppure • quella di sottoporre il contratto ad un sistema alternativo di norme a-nazionali. La Camera di Commercio Internazionale (ICC) ha seguito questa seconda impostazione nella maggior parte dei modelli di contratto messi a punto dalla stessa, prevedendo - in alternativa alla scelta di una specifica legge nazionale - la sottoposizione del contratto ai principi di diritto generalmente riconosciuti nel commercio internazionale insieme ai Principi Unidroit sui contratti commerciali internazionali. Trattandosi di una scelta alquanto innovativa, che viene vista con notevole sospetto da una buona parte dei giuristi tradizionali, è parso opportuno spiegarne dettagliatamente le ragioni e, soprattutto le varie implicazioni, in modo da consentire ai negoziatori una scelta ragionata della soluzione oggettivamente più opportuna. A tal fine un gruppo di lavoro presieduto dal sottoscritto e dal prof. Franco Silvano Toni di Cigoli, ha elaborato lo studio inti- tolato “Developing neutral legal standards for international contracts. A-national rules as the applicable law in international commercial contracts with particular reference to the ICC Model Contracts”. Tale studio è reperibile gratuitamente presso la ICC, al seguente link: http://store.iccwbo.org/content/uploaded/pdf/Developing%20neutral%20legal%20standards%20 for%20Intl%20contracts.pdf Il documento in questione spiega dettagliatamente l’approccio seguito nelle clausole dei modelli di contratto dell’ICC, che comunque costituisce una possibile alternativa, rimanendo in ogni modo aperta la possibilità di sottoporre il contratto ad una specifica legge nazionale scelta dalle parti. La scelta a-nazionale consiste nel sottoporre il contratto ai principi generali del diritto (la cosiddetta lex mercatoria) escludendo le leggi nazionali, ed integrando questi principi estremamente generici con una normativa specifica sui contratti, costituita dai Principi Unidroit. Questo abbinamento tra i principi piuttosto generici della lex mercatoria ed un sistema dettagliato di norme sui contratti, che tiene conto delle specifiche esigenze dei rapporti commerciali internazionali, permette - secondo i redattori dello studio - di “costruire” un sistema normativo capace di offrire un grado di certezza e prevedibilità non inferiore ad una legge nazionale, soprattutto riguardo ai contratti atipici, che costituiscono la maggior parte dei contratti utilizzati nel commercio internazionale (come ad es. concessione di vendita, licenza di marchio e brevetto, subfornitura, franchising, ecc.). Lo studio affronta dettagliatamente le questioni relative all’efficacia di un’eventuale scelta di norme a-nazionali, chiarendo che essa è raccomandabile solo a condizione che eventuali controversie vengano sottoposte ad arbitrato, essendo improbabile che tale scelta possa essere riconosciuta dai tribunali ordinari. E’ importante sottolineare che la task force della Camera di Commercio Internazionale non ha inteso imporre la soluzione a-nazionale rispetto ad altre possibili opzioni. In molti casi la scelta di una legge nazionale, se del caso di un paese terzo, potrà costituire la soluzione preferibile. Ciò che importa è che coloro che negoziano e redigono contratti internazionali possano disporre di uno strumento aggiuntivo per trovare soluzioni accettabili ad ambedue le parti e che siano messi in grado di valutare con obiettività se ed in che misura tale strumento può rispondere alle loro esigenze. Considerando tutto ciò, credo che lo studio in questione costituisca un contributo importante per lo sviluppo della contrattualistica internazionale. Fabio Bortolotti è Partner dello Studio Buffa, Bortolotti & Mathis di Torino, arbitro internazionale e Presidente della Commissione Diritto e Pratiche del Commercio Internazionale di ICC 5 ICC Italia Newsletter n. 1 - Gennaio 2015 Calendario Commissioni ICC FEBBRAIO 24 - 25 Customs and Trade Facilitation Commission Miami, Florida MARZO 5-6 Intellectual Property Commission Parigi 16 Commission on Taxation Parigi 17 - 18 Commission on Digital Economy Parigi 30 - 31 Commission on Environment and Energy Parigi Appuntamenti IN EVIDENZA SEMINARI ICC ITALIA VENDERE SU INTERNET: OPPORTUNITA’ E LIMITI Save the date 7th ICC Roundtable on Competition Policy (con approfondimento sulla normativa europea) 27 aprile 2015, Sidney – Australia Roma, 24 marzo 2015 Si terrà il 27 aprile prossimo a Sidney in Australia la VII Edizione della Tavola Rotonda ICC sulla Concorrenza, che anche quest’anno affronterà i temi chiave a livello internazionale della politica di concorrenza. La Tavola Rotonda, che vedrà riuniti alti funzionari delle autorità garanti di tutto il mondo e dirigenti d’azienda, è infatti un’opportunità unica per i partecipanti per confrontarsi direttamente sulle questioni più attuali in materia di concorrenza. L’evento, che si svolgerà il giorno prima dell’avvio della 14° edizione della Conferenza annuale dell’International Competition Network (ICN), è rivolto a rappresentanti di Autorità nazionali garanti della concorrenza, a funzionari di governo, dirigenti d’azienda, accademici e a chiunque sia interessato ad uno scambio di opinioni con le autorità garanti ed esperti del settore privato. Il programma sarà a breve reso disponibile all’indirizzo http://www.iccwbo. org/Training-and-Events/All-events/ Events/2015/7th-ICC-Roundtable-onCompetition-Policy/ Per molti produttori è ormai diventato essenziale disporre di un sito internet che permetta di vendere i propri prodotti direttamente ai consumatori, se non altro per non trovarsi in ritardo rispetto ai propri concorrenti. Una simile scelta richiede un coordinamento con la rete esistente, sia sotto il profilo commerciale (in quanto si dovrà fare in modo che questa patisca il meno possibile la concorrenza con le vendite dirette del produttore), sia sotto il profilo contrattuale, modificando i contratti in modo che le vendite su Internet non siano considerate come violazione dell’esclusiva dei membri della rete. Un’altra problematica importante, che si presenta indipendentemente dalla scelta del produttore di vendere egli stesso su Internet, riguarda i limiti che si possono imporre ai propri distributori/rivenditori che desiderino promuovere e vendere i prodotti su Internet, aspetto sul quale incide fortemente la normativa antitrust europea. Programma Docenti Prof. Avv. Fabio BORTOLOTTI Partner Fondatore degli Studi Legali Associati BBM Buffa, Bortolotti & Mathis, Presidente della Commissione Commercial Law and Practice di ICC Avv. Mariaelena GIORCELLI Partner Fondatore degli Studi Legali Associati BBM Buffa, Bortolotti & Mathis Prossimi eventi ICC Italia 27 marzo LE SANZIONI INTERNAZIONALI: COSA ACCADRA’ NEL 2015? (da confermare) 10 aprile EFFECTIVE MANAGEMENT OF ARBITRATION. A GUIDE FOR IN-HOUSE COUNSELS AND OTHER PARTY REPRESENTATIVES 6 ICC Italia Newsletter n. 1 - Gennaio 2015 Approfondimenti Il “Quantitative easing” della BCE: un’opportunità per l’Italia continua da pagina 1 Se i dubbi sulla portata sono stati sciolti con l’illustrazione della manovra da parte del Presidente della Bce Mario Draghi, occorrerà avere pazienza per rispondere agli interrogativi sull’efficacia e sui rischi e vedere come reagiranno i mercati e i vari attori, istituzionali e non, chiamati a fare la loro parte. Il programma di Qe europeo segue, con molto ritardo, quello attuato da altre grandi banche centrali come la Federal Reserve statunitense e la Banca centrale del Giappone. Anche nel caso di questi illustri esempi, e con le dovute differenze, i risultati sono stati controversi: se da un lato, è ampiamente riconosciuto il successo dell’operazione americana, non altrettanto può dirsi di quello giapponese. Come strutturato da Draghi, il Qe europeo, che verrà avviato a marzo, prevede l’acquisto di titoli di Stato per 60 miliardi al mese fino a settembre 2016 per un totale di 1140 miliardi di euro, al fine di immettere liquidità e raggiungere, anche a costo di proseguire con l’operazione oltre la data stabilita, un’inflazione che si avvicini, ma non superi, il 2%, perseguendo uno degli obiettivi prioritari come da statuto Bce. La portata è stata da tutti ritenuta ben al di sopra delle aspettative. La maggior parte degli economisti si aspettava una misura pari all’incirca alla metà, tanto che i mercati hanno salutato questa inattesa “generosità” con immediate reazioni euforiche, smorzatesi in un secondo momento ad una più attenta analisi delle condizioni poste. Condizioni che potrebbero rivelare delle sorprese nei prossimi mesi. Tra queste condizioni, particolare attenzione va riservata alla soluzione individuata da Draghi per la suddivisione dei rischi tra banche centrali dei singoli Paesi e Bce. Per superare la resistenza alla manovra opposta da alcuni Paesi, e in particolare dalla Germania - dovuta al timore di una ricaduta su tutti i membri UE di eventuali default di singoli Stati ritenuti più deboli - Draghi ha stabilito che solo il 20% del rischio sia attribuito alla Bce, mentre il restante 80% sia a carico delle banche centrali nazionali. Se questo compromesso ha consentito che la manovra incassasse l’approvazione da parte dei Paesi riluttanti, esso accende nuove incognite nelle ipotesi più pessimistiche: come può un Paese in crisi essere in grado di ricapitalizzare la propria banca centrale in perdita per l’acquisto dei suoi stessi titoli di Stato? La risposta la dà la stessa Bce, con altri tipi di paracadute a disposizione degli Stati membri, come ad esempio il programma OMT (Outright Monetary Transactions). Elaborato nel 2012, l’OMT consente alla Bce di andare in soccorso dei Paesi in difficoltà di bi- 7 ICC Italia Newsletter lancio comprando i loro titoli - e, di fatto, ripartendo il debito tra tutti i Membri - a condizione che essi si impegnino ad attuare incisive riforme interne e sempre che sia assolutamente indispensabile per la stabilità dell’eurozona. Non a caso, la Germania è stata una strenua oppositrice anche di questo programma di salvataggio, arrendendosi solo di fronte alla sentenza della Corte Costituzionale tedesca del 18 marzo scorso. Come per l’OMT, anche nel caso del Qe, Draghi ha sottolineato come la politica monetaria dell’Unione Europea da sola non possa essere sufficiente se non accompagnata dalle riforme strutturali, e in particolare fiscali, dei singoli Paesi membri. Ed è questo infatti uno dei motivi per cui la Germania si era opposta tenacemente: il timore che gli Stati più deboli, tra cui l’Italia, possano prendere il Qe quale alibi per non dare più piena attuazione alle indispensabili riforme cui sono chiamati. L’efficacia della manovra europea, soprattutto per i Paesi più “deboli” dell’eurozona, ossia quelli che ne avrebbero maggiormente bisogno, è tutta da dimostrare. L’obiettivo di Draghi è quello di dare respiro ai mercati, alle banche e, auspicabilmente, alle imprese e alle famiglie. Insomma, all’economia europea, attanagliata dal rischio di deflazione. Occorre però appurare come e con quale velocità l’immissione di questa ingente liquidità si riverserà dalla Bce e dalle banche centrali al mercato, producendo un effetto a catena positivo sull’economia. Secondo le prime stime avanzate dal Centro Studi di Confidustria, una qualche ricaduta positiva è attesa già dal 2015, con un rafforzamento degli effetti a partire dal 2016. L’auspicio di Draghi è che immettendo liquidità nel sistema bancario, questo sia incentivato a riaprire le maglie del credito nei confronti delle imprese che negli ultimi anni si sono ristrette notevolmente. Un circolo virtuoso, insomma, che l’operazione della Bce dovrebbe essere in grado di avviare, grazie anche ad altre circostanze concomitanti, quali il prezzo del petrolio ai minimi e il deprezzamento dell’euro, con il loro effetto spinta sulle esportazioni. E’ fondamentale, ha ribadito Draghi, che all’iniezione di liquidità si affianchino misure a favore della crescita, della domanda, dei consumi e degli investimenti. L’intervento della Bce è dunque un’opportunità per il rilancio dell’economia dell’eurozona che non ci si deve lasciar sfuggire. Questo vale in particolare per l’Italia, per non veder aumentare il divario tra sé e le altre economie europee. n. 1 - Gennaio 2015 Approfondimenti Environment & Energy Il crollo del prezzo del petrolio e le ripercussioni sulle nostre economie. Cause e conseguenze della crisi dell’oro nero Dietro al collasso del prezzo del petrolio si nascondono lungimiranti strategie energetiche dei principali Paesi esportatori, membri dell’OPEC, o semplicemente una serie di fattori che sconvolgono gli equilibri di mercato tra domanda e offerta? E’ probabilmente da questa riflessione che deve cominciare la nostra analisi di uno dei fenomeni che hanno maggiormente colpito i mercati e che, inconsapevolmente, ci riporta ad un passo da quel Venerdì Nero del 19 ottobre 1987 che ha devastato le più importanti economie mondiali. Il declino del prezzo del greggio è stato inesorabile sin dallo scorso luglio 2014, con una percentuale che ha toccato il 55% del suo valore, arrivando a perdere il 28 novembre, dopo il meeting dell’OPEC, il 10% in un solo giorno. Sicuramente i 2 principali players mondiali del settore, Stati Uniti e Arabia Saudita, hanno un ruolo determinante in tale situazione: l’OPEC, di cui solo lo stato arabo è membro, “dimostra di essere ancora il cartello per eccellenza del petrolio mondiale”, come riporta il Presidente di FederPetroli Italia, Michele Marsiglia, in una recente intervista. Da questo punto di vista si può, infatti, parlare di una strategia geopolitica di quote di mercato. Il crollo delle quotazioni di riferimento del greggio europeo ed americano (BRENT e WTI) ne è un evidente segnale. A Vienna, durante l’ultimo meeting dell’OPEC, l’organizzazione che riunisce i Paesi esportatori di petrolio, si è verificato un acceso dibattito tra i membri sulle 8 ICC Italia Newsletter possibili strategie per fronteggiare il calo del prezzo del greggio. Se da un lato Paesi come il Venezuela e l’Iran hanno proposto che il cartello - principalmente l’Arabia Saudita, dotato delle più grandi riserve di petrolio al mondo - riducesse la produzione in modo tale da ristabilire un equilibrio tra domanda e offerta, ripristinando quindi un maggiore prezzo del petrolio, obiettivo ritenuto necessario al fine di pareggiare il loro bilancio e risanare le notevoli spese che i governi hanno sostenuto nell’ultimo periodo, dall’altro si è contrapposta la posizione dell’Arabia Saudita. Quest’ultima, secondo produttore di petrolio mondiale dopo la Russia, ha difeso strenuamente la sua scelta di non ridurre la produzione di greggio e, conseguentemente, la decisione di lasciare che i prezzi scendano, probabilmente memore della crisi degli anni ’80 in cui, cercando di far fronte ad un analogo crollo, aveva invece tentato di ridurre la produzione. Tale scelta si era, al tempo, rivelata notevolmente svantaggiosa dato che non solo il valore del greggio sul mercato era continuato a scendere, ma la stessa Arabia Saudita aveva anche perso notevoli quote di mercato. Oggi, invece, grazie alle lungimiranti politiche del governo saudita degli ultimi anni, attraverso l’accumulo di grandi riserve valutarie per finanziare possibili disavanzi, il Paese è in grado di sostenere, a breve termine, una tale situazione. Basandosi sui recenti studi dell’OPEC, infatti, si dovrebbe >> n. 1 - Gennaio 2015 Approfondimenti assistere ad un rimbalzo dei prezzi del petrolio verso la fine della seconda metà del 2015. Tuttavia, analizzando il fenomeno da un diverso punto di vista, c’è anche chi sostiene che alla base vi sia un strategia creata dagli USA, sull’onda dello shale boom per divenire il maggiore produttore di greggio, rubando il primato proprio all’Arabia Saudita e, al tempo stesso, prendendo il posto di maggior fornitore di energia dell’UE, ruolo fino ad ora rivestito dalla Russia. Ma la situazione americana non può essere delineata così facilmente. Secondo il Wall Street Journal, ad esempio, le società americane del settore energetico starebbero continuando a pompare petrolio per ripianare gli ingenti debiti (vedasi il caso della WBH Energy di pochi giorni fa). Prendendo in considerazione tutti i fattori, quella a cui stiamo assistendo può essere così definita una vera e propria guerra dei prezzi con gli Stati Uniti. La notevole spesa sostenuta da questi ultimi nell’estrazione di olio e gas di scisto, derivante in particolare dai giacimenti in Texas e North Dakota, ha creato un vero e proprio disastro per i players impegnati nell’offerta di idrocarburi sul mercato statunitense - che, ricordiamo, è un mercato chiuso in base alla normativa vigente. Ciò di cui stiamo parlando è il cosiddetto rischio di bolla speculativa relativa al fenomeno shale gas&oil (che avevamo già analizzato nella Newsletter n. 6 - giugno 2014). Se osserviamo, infatti, il costo del greggio e il breakeven price per gli oil-drilling projects, uno dei principali parametri per analizzare il settore, non è così difficile prevedere un possibile collasso dell’industria del fracking in Nord America. Tale tecnica, infatti, comporta una costante fratturazione idraulica della roccia tramite l’iniezione nel suolo di fluidi saturi di sostanze chimiche ad alta pressione. Le vacuità di particolari tipi di rocce porose di origine argillosa, “scisti”, racchiudono quantitativi di idrocarburi che possono essere estratti esclusivamente tramite processi non convenzionali quali il fracking. Tuttavia, tali pozzi si esauriscono molto velocemente e questo comporta ulteriori e più intense trivellazioni, con costose tecnologie: è evidente che da ciò deriva una notevole crescita dei costi per i produttori. Le quotazioni del WTI (West Texas Intermediate), benchmark americano di riferimento, rivelano che il default è uno scena- 9 ICC Italia Newsletter rio non così lontano dalla realtà. Tutto ciò ha importanti conseguenze anche per l’Unione Europea, che necessita fortemente di una diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico, non essendo minimamente autosufficiente. Dal sogno della indipendenza energetica ci si è così presto - e bruscamente - risvegliati: quella che poteva apparire come la soluzione alla guerra civile e conseguente instabilità della Libia, ai pessimi rapporti con la Russia a seguito della crisi ucraina e alle oil sanctions di Unione Europea e USA nei confronti dell’Iran, si sta invece rivelando una grande bolla speculativa, o almeno così appare. A livello globale, l’analisi dei mercati rischia di sembrare ancor più complicata: ad una crescente offerta di petrolio in Nord America si è contrapposta, nel resto del mondo, in particolare in Asia ed Europa, un improvviso e progressivo indebolimento della domanda, soprattutto nel corso del secondo semestre del 2014, probabilmente maggiormente acuita delle nuove politiche di Cina, Germania, Indonesia e Iran nel settore. Inoltre, in questo complesso panorama, non si deve assolutamente sottovalutare il ruolo della Russia, primo produttore di petrolio mondiale, che, in base alle stime degli economisti, rischia di subire una riduzione del proprio PIL di almeno il 4,5% nel 2015. Putin, a capo di un Paese in cui l’export di petrolio rappresenta più del 70% dell’economia interna, già in guerra più o meno aperta - con l’Ucraina e indirettamente anche con l’UE e gli Stati Uniti a forza di sanzioni economiche, sta cercando di fronteggiare questa crisi aumentando i tassi di interesse fino al 17% per evitare la svendita di rubli e il conseguente ulteriore indebolimento dell’economia russa. Tuttavia, come qualsiasi studioso di storia o di economia ben sa, abitualmente i trends sono ciclici. Tralasciando il fatto che qualsiasi potenziale avvenimento - una guerra ad esempio, scenario non difficile da immaginare soprattutto in questo momento - può sconvolgere nuovamente gli equilibri dei mercati mondiali e la riduzione dei prezzi può divenire fonte di nuove prospettive di crescita per differenti business e politiche energetiche. Per citare lo stesso Marsiglia, “il rimbalzo ci sarà, ma graduale. Viviamo in un periodo storico diverso, condizionato da fattori che non dipendono principalmente dalle quotazioni del greggio, ma che ne condizionano la volatilità”. In attesa della prossima riunione dell’OPEC di giugno 2015, in cui si potrà avere un quadro reale della situazione, ciò che però risulta evidente è che la tanto agognata indipendenza energetica dell’Unione Europea appare, ancora una volta, sempre più lontana, stretta nella morsa dell’Arabia Saudita e degli Stati Uniti e calpestata da una “guerra” che, purtroppo, in questi ultimi tempi divide il mondo non solo sul piano ideologico e culturale, ma, oggi più che mai, anche economico. n. 1 - Gennaio 2015 Notizie ICC Italia Presentata la “Guida Pratica ICC alla compliance antitrust” continua da pagina 1 Come ricordato in apertura dei lavori dal Segretario generale di ICC Italia prof.ssa Maria Beatrice Deli e dal Presidente della Commissione concorrenza dott. Luca Sanfilippo, la Guida Pratica ICC alla Compliance Antitrust giunge in un momento particolarmente significativo, atteso che proprio lo scorso ottobre, in sede di pubblicazione delle nuove Linee guida sulle sanzioni antitrust, l’AGCM ha esplicitamente riconosciuto la valenza attenuante, ai fini dell’applicazione delle sanzioni antitrust, dell’adozione e del rispetto da parte di ciascuna impresa di “uno specifico programma di compliance, adeguato e in linea con le best practice europee e nazionali”. Da qui la grande rilevanza anche in Italia della Guida Pratica ICC che si colloca al vertice delle best practice europee in materia, avendo già ricevuto un riconoscimento in tal senso dalla Commissione europea che ha da tempo pubblicato sul proprio sito internet l’ICC Antitrust Compliance Toolkit. I contenuti specifici della Guida Pratica ICC sono stati illustrati dal Presidente Luca Sanfilippo e da Silvia Zarpellon di Unilever, che hanno evidenziato come sia importante e necessario, da parte delle imprese, un costante impegno nell’adattare i programmi di compliance antitrust alle proprie caratteristiche specifiche e a quelle dei particolari mercati in cui operano. L’utilità pratica della Guida è stata quindi immediatamente testata nel corso di un case study, nel quale i presenti (suddivisi in gruppi coordinati da Silvia Zarpellon, Simone Pieri di Barclays e Jacques Moscianese di Intesa Sanpaolo) sono stati chiamati a confrontarsi dando applicazione ai principi della compliance ad un caso concreto. Gli intervenuti hanno particolarmente apprezzato il carattere pratico e seminariale della presentazione, delle esercitazioni e dei confronti che ne sono seguiti. Il lavoro dei gruppi è stato poi spunto per riflessioni approfondite nel corso della successiva Tavola Rotonda, moderata dall’avv. Luciano Di Via di Clifford Chance, nel corso della qua- 10 ICC Italia Newsletter le hanno fornito il loro contributo, frutto di anni di concreta esperienza sui temi della compliance aziendale, Alessandra Battaglia di Gtech, Domenico Durante di Eni, Raimondo Rinaldi di Esso Italiana e Francesca Valente di Enel. Tutti i rappresentanti delle aziende presenti hanno confermato la consolidata centralità che i temi della compliance e della formazione sui temi della legalità, anche antitrust, hanno acquisito in ciascuna realtà d’impresa. Nel corso dei lavori è anche emerso come la crescente complessità giuridica del contesto nel quale le aziende devono adottare le proprie scelte a livello globale richieda, tuttavia, un imprescindibile dialogo con le Autorità di concorrenza. Da qui l’auspicio a che l’AGCM possa essere in futuro un interlocutore importante per gli operatori, chiarendo sempre più in via preventiva i requisiti in presenza dei quali l’adozione dei programmi di compliance possa dare effettivamente luogo al riconoscimento di attenuanti in tutti quei casi nei quali, nonostante il preciso impegno delle imprese, non sia stato possibile evitare di incorrere in violazioni antitrust. Tale auspicio è stato autorevolmente raccolto dal dott. Filippo Arena (Capo di Gabinetto dell’AGCM), il quale ha salutato con favore l’iniziativa e le attività di ICC Italia, nonché l’impegno manifestato dalle imprese sui temi della compliance antitrust. Il dott. Arena ha avuto modo di confermare la rilevanza che il dialogo costruttivo tra imprese ed Autorità potrà avere nei prossimi anni ai fini della migliore implementazione di seri programmi di compliance in linea con le best practice europee, in considerazione del ruolo positivo e importante che essi possono svolgere per la diffusione capillare di una cultura della concorrenza nel nostro Paese e, in ultima analisi, per la migliore prevenzione degli illeciti antitrust. La Guida ICC è disponibile al link: http://www.iccitalia.org/ pdf/antitrust_compliance_toolkit.pdf n. 1 - Gennaio 2015 Notizie Il Fondo Italy Export Credit Il 20 gennaio si è tenuta a Roma la tavola rotonda “Piano nazionale per l’Export: nasce il nuovo fondo di sistema”, nel corso della quale è stato presentato Italy Export Credit, nuovo fondo di investimento specializzato di CO.MO.I Group, finalizzato a mettere a disposizione delle imprese esportatrici le risorse finanziarie degli investitori istituzionali. Il nuovo fondo è destinato ai grandi investitori istituzionali e il Direttore Generale di CO.MO.I Sim, Dott. Gerardo Stigliani, che ha coordinato i lavori, ha sottolineato come l’iniziativa sia rivolta al sostegno delle aziende italiane per le quali la componente finanziaria rappresenta una delle problematiche più rilevanti da affrontare quando si trovano a competere sui mer- cati esteri. Il fondo investirà in obbligazioni di pagamento rilasciate dalle banche dei paesi importatori che intervengono nelle transazioni commerciali con imprese italiane esportatrici. In tal modo gli esportatori potranno smobilizzare i loro crediti dismettendone il rischio. Agli investitori istituzionali viene offerta l’opportunità di effettuare investimenti finanziari interessanti per i loro portafogli e di dare nel contempo un loro sostegno al nostro sistema produttivo. All’evento hanno partecipato rappresentanti del MISE, SACE, BEI, Confindustria, Assoprevidenza, Assofondipensione, Ania, UCIMU, oltre al Prof. G. Vaciago, docente di economia monetaria. Il Prof. Vaciago é componente dell’Advisory Board di CO.MO.I, assieme al Prof. V. Uckmar (Vice Presente di ICC Italia) e ai Prof. M. Onado, G. Barone-Adesi e G. Corasaniti. Le online travel agencies nel mirino delle Autorità Antitrust europee Non è la prima volta che le online travel agencies finiscono nel mirino delle Autorità antitrust europee per le clausole di parity rate (o most favoured nation – MFN). L’ultima in ordine di tempo riguarda il procedimento che si è concluso il 9 gennaio 2015 in Germania con una sentenza dell’Alta Corte regionale di Düsseldorf, pronunciatasi in merito al ricorso presentato da HRS (Hotel Reservation Service) contro l’Autorità antitrust tedesca (Bundeskartellamt). La decisione dell’Autorità antitrust tedesca, del 20 dicembre 2013, chiudeva l’istruttoria nei confronti della società tedesca di prenotazione online, condannandola per l’utilizzo di queste clausole ritenute vessatorie. L’Alta Corte regionale di Düsseldorf il 9 gennaio 2015 ha confermato tale provvedimento, rigettando l’appello presentato da HRS e ribadendo le stesse motivazioni che avevano portato il Bundeskartellamt a sanzionare la società già più di un anno fa. In parallelo anche le Autorità antitrust svedese e francese hanno aperto procedimenti nei confronti di Booking, aventi per oggetto, anche in questo caso, le clausole “MFN”. Al riguardo la Commissione europea, interessatasi della questione, ha precisato la sua posizione di coordinatore esterno delle istruttorie, sottolineando di non averne avviata una propria, ma restando in attesa dei risultati di quelle dei singoli Stati. 11 ICC Italia Newsletter In Italia, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato italiano aveva avviato nel maggio 2014 un’istruttoria nei confronti di Booking ed Expedia, due tra le più utilizzate piattaforme di prenotazione online, a seguito delle segnalazioni di Federalberghi, del Nucleo Speciale Tutela Mercati della Guardia di Finanza e dell’AICA (Associazione Italiana Confindustria Alberghi). Al centro della questione (che avevamo già analizzato nella Newsletter n. 3 - marzo 2014) sono, come negli altri casi, le clausole vessatorie di parity rate o MFN. Tali clausole sono generalmente presenti nei contratti conclusi tra le piattaforme online e le imprese del settore e vietano di proporre prezzi inferiori a quelli offerti tramite i siti di Booking o Expedia. Nella segnalazione si sottolinea che questo tipo di clausola danneggia il mercato sotto vari aspetti: costringe gli hotel a pagare commissioni elevate, limita la concorrenza, impedendo il libero accesso al mercato di riferimento a nuovi soggetti, con l’effetto di consolidare le posizioni dei soggetti già forti nel settore delle online travel agencies. Queste pratiche finiscono, quindi, per danneggiare i consumatori, che non possono, ad esempio, ottenere condizioni migliori né rivolgendosi ad altre piattaforme online né contattando direttamente le strutture. L’istruttoria dell’Autorità italiana è stata aperta nei confronti di Booking.com B.V., con sede legale ad Amsterdam, della sua controllata italiana Booking.com S.r.l., entrambe facenti parte dello statunitense Priceline Group, e nei confronti di Expedia Inc., con sede nello Stato di Washington(U.S.A.) e della controllata italiana Expedia Italy S.r.l. Le condotte messe sotto osservazione attengono all’utilizzo delle clausole descritte, con attenzione anche ai metodi poco chiari utilizzati per garantirne il rispetto, ossia attraverso penalizzazioni, nel ranking o nella visualizzazione sul sito, degli hotel “colpevoli” di aver violato la clausola. Nel mese di dicembre 2014, Booking ha depositato presso >> n. 1 - Gennaio 2015 >> Notizie l’Autorità italiana una dichiarazione con la quale propone di assumere una serie di impegni in relazione alle clausole “incriminate”, rendendosi disponibile a modificarne il contenuto. La società di origine olandese ha, infatti, offerto la possibilità per gli alberghi di offrire prezzi inferiori tramite gli altri fornitori di servizi di prenotazione, siano essi online o offline (“Canali Indiretti”), e la promessa di slegare la diminuzione delle percentuali di commissione alla condizione che le strutture offrano prezzi più bassi sulla piattaforma di Booking. La clausola “MFN” resterebbe però in vigore per i “Canali Diretti” (“MFN Ristretta”), non lasciando, dunque, la possibilità agli alberghi di proporre tariffe inferiori quando si sia contattati direttamente dal consumatore sia online che offline. L’Antitrust italiano ha invitato le controparti interessate a far pervenire eventuali osservazioni al riguardo entro il 31 gennaio 2015. Esaminati gli impegni presentati da Booking.com, Federalberghi li ha ritenuti insufficienti a ristabilire corrette condizioni di mercato e ha conseguentemente deciso di chiedere all’Autorità che le clausole di parity rate vengano comple- tamente bandite, anche in relazione alle offerte da pubblicare sui siti degli alberghi. Analoga valutazione è stata espressa dalle organizzazioni consorelle degli altri Paesi europei ed è stata ufficializzata con una nota di Hotrec, con la quale si sottolinea che gli albergatori non sono attualmente liberi di decidere autonomamente i prezzi delle camere e le condizioni da offrire ai diversi canali di distribuzione e che tali limitazioni impediscono ai clienti di godere dei vantaggi che possono derivare dalla concorrenza. In attesa, quindi, che l’intero procedimento di valutazione di fronte all’Autorità antitrust italiana termini entro il 1° Aprile 2015, il comparto alberghiero europeo porta a casa un risultato incoraggiante. L’auspicio è che la conferma, ottenuta con la sentenza tedesca, che le clausole imposte da HRS ed altri portali di prenotazioni online rappresentano una chiara limitazione della concorrenza sia il primo passo per porre fine a questa pratica scorretta, a beneficio del mercato concorrenziale europeo e dei suoi consumatori. Voluntary Disclosure - II Edizione Bologna, 16 febbraio 2015 La Fondazione Antonio Uckmar, in collaborazione con Milano Finanza e Diritto e Pratica Tributaria, organizza la II Edizione del Convegno sulla Voluntary Disclosure che si terrà a Bologna il prossimo 16 febbraio. Il Convegno ha lo scopo di approfondire gli aspetti operativi e procedurali della voluntary disclosure e le definizioni delle sanzioni amministrative. La partecipazione è gratuita e consentirà ai partecipanti l’acquisizione dei crediti formativi assegnati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili. Maggiori dettagli sul programma e le modalità di iscrizione sono reperibili al seguente link: http://www.studiouckmar.com/download/evoluzioneapplicativa.pdf Cartier Women’s Initiative Awards 2015 Fino al prossimo 15 febbraio 2015 sarà possibile presentare il proprio progetto per partecipare alla competizione internazionale dedicata a tutte le donne imprenditrici, la Cartier Women’s Initiative Awards nata nel 2006 dalla collaborazione tra Cartier, Women’s Forum, McKeinsey & Company e INSEAD Business School. Tre sono gli obiettivi di questa competizione: sostenere le donne imprenditrici nella fase iniziale del progetto attraverso finanziamento e formazione; far crescere lo spirito imprendi- 12 ICC Italia Newsletter toriale celebrandone il ruolo; incoraggiare i rapporti di networking fra le imprenditrici a livello internazionale. Sin dalla sua creazione, l’iniziativa ha accompagnato oltre 140 donne imprenditrici e riconosciuto i progetti di 44 neo laureate. La competizione annuale si sviluppa in due fasi. Nella prima, che si svolgerà a giugno, la Giuria selezionerà 18 finaliste e i tre progetti ritenuti più interessanti scelti tra quelli pervenuti dalle varie regioni del mondo come l’America Latina, il Nord America, l’Europa, l’Africa Sub Sahariana, il Medio e Nord Africa e l’Asia Pacifica. Nella seconda fase, le finaliste riceveranno fino ad ottobre una formazione da esperti di business. La selezione finale dei progetti da parte della giuria si baserà sulla qualità del progetto e sulla capacità persuasiva dell’esposizione dello stesso. Sarà inoltre selezionata una neo laureata che riceverà un finanziamento di 20.000 dollari, un anno di formazione e l’opportunità di pubblicizzare il suo progetto attraverso un network internazionale. Per maggiori informazioni consultare il sito: http://www.cartierwomensinitiative.com/ n. 1 - Gennaio 2015 ICC Dispute Resolution Bulletin Nel 2015, l’ICC International Court of Arbitration Bullettin assume un nuovo formato e un nuovo nome: ICC Dispute Resolution Bullettin. EDIZIONE 2015 Pubblicato due volte l’anno, a giugno e a dicembre, il Bollettino, che tradizionalmente contiene estratti di lodi arbitrali ICC, articoli sulle procedure di risoluzione delle controversie, indagini sulla legislazione arbitrale nel mondo, statistiche ed esercitazioni, si arricchisce nel 2015 di nuovi contenuti, approfondimenti e commenti degli esperti sulle procedure e sulle prassi ICC. E’ possibile ordinare i due numeri del Bollettino 2015 presso l’ufficio pubblicazioni di ICC Italia ([email protected]) entro il 28 febbraio al prezzo speciale di Euro 180 (più IVA 4% e spese di spedizione), cui ICC Italia applicherà un ulteriore sconto del 20% per i suoi Associati e gli Associati AIA. Camera di Commercio Internazionale Comitato Nazionale Italiano Via Barnaba Oriani, 34 00197 Roma Redazione Tel. +39 06 42034301 Segreteria +39 06 42034320/21 Fax. +39 06 4882677 email: [email protected] web: www.iccitalia.org ICC Italia Newsletter Lucio Maria Brunozzi, Tommaso Caterini, Monica Salvatore, Beatrice Settanni, Barbara Triggiani Progetto grafico Luca Ingrassia n. 1 - Gennaio 2015
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