Diario di Viaggio in Namibia

Diario di Viaggio in Namibia
Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
“E’ molto bello sognare uno spazio immenso
nel quale viaggiare o dirsi che un giorno
partiremo. Il sogno rallegra, giacché ci
regala una infinità di prospettive che non
appartengono alla quotidianità” ha scritto
Paulo Coelo..
...ed è un pensiero che io ho sempre
condiviso.. per cui sto continuando a
sognare e, per fortuna, anche a viaggiare!
La Namibia era dunque uno dei tanti miei
sogni e, dopo una miriade di progetti,
valutazioni, era diventata una realtà..
Diario di Viaggio in Namibia
Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
...una regione bellissima che racchiudeva
aspre
montagne
rocciose,
savane
alberate, immense estensioni di sabbia e
dune.. inoltre c’erano le praterie vaste e
selvagge, abitate da una miriade di animali
tanto da dare “l’impressione di perdersi in
un ambiente primordiale fatto di infiniti
spazi”.
Era dunque un luogo che amavo già senza
esserci ancora andata.. era un mondo che
mi aspettava e che già mi emozionava…
volevo vedere quel deserto con le sue
dune di sabbia bianche e rosa che
sconfinavano nell’oceano, le lagune, le
genti, un mosaico di popolazioni diverse
per lingua e cultura..
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
E non sono rimasta delusa… la Namibia mi ha accolto con i suoi km e km di dune cespugliose,
aride, semidesertiche.. ero all’altro capo del mondo e in quel luogo, che mi è apparso in un primo
momento veramente disabitato, avevo l’impressione di respirare un’aria di pace quasi selvaggia,
primordiale.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Durante il percorso dall’aeroporto verso la
capitale, mi sembrava che la natura si volesse
divertire a giocare con le immagini: vedevo
catene di colline in lontananza, strade sterrate,
alberi contorti che, lottando contro l’arsura di
un terreno arido, erano cresciuti con fatica nei
luoghi più disparati e poi vedevo anche alcune
oasi
probabilmente
vicino
a
sorgenti
sotterranee.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Poi l’impatto con la capitale Windhoek mi ha disorientato… era una città occidentale, pulsante di
vita, ordinata, pulita, moderna, con ville a schiera circondate da giardini, chiese moderne, pochi
uomini di colore… ma mi trovavo veramente in Africa?
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Windhoek era situata nel cuore geografico
del paese, ad un’altitudine di 1720 metri,
nel bel mezzo di una vallata degli altopiani
centrali, circondata dunque, da ogni lato, da
monti. La sua nascita si faceva risalire al
1890 quando vi si era installata una
guarnigione della Germania imperiale.. poi
piano piano fu trasformata in municipio e
infine nel 1965 fu elevata al rango di città!
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L’edificio più caratteristico e storico era la
chiesa luterana di Gesù Cristo, progettata
all’inizio del XX secolo.. definirla era difficile
in quanto presentava un insieme di stili che
oscillavano tra il neogotico e l’art nouveau. I
muri poi erano realizzati in pietra saponaria
tipica della zona.
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Insieme ad un piccolo gruppo che pareva già affiatato, nel pomeriggio mi sono diretta verso il
deserto del Kalahari e finalmente ho assaporato il piacere di un assaggio dell’Africa vera.. ho
costeggiato i caratteristici alberi di acacia che spiccavano nella brulla savana.. e in lontananza
finalmente mi sono apparse le tanto attese dune rossastre.
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Abbiamo attraversato poi il tropico del Capricorno e l’entusiasmo di trovarci immersi in quel
paesaggio solitario ed unico è stato grande, soprattutto perché avevamo trovato alloggio in un
lodge abbracciato dalle acacie e allora la sera, seduta sulla veranda del mio bungalow, insieme ai
nuovi amici, potevo godere del silenzio rotto dal canto dei grilli o dal verso di qualche animale
del deserto.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Il giorno dopo è iniziato il suggestivo
viaggio in jeep per esplorare la grande
conca centrale del deserto del Kalahari
con la sua rossa sabbia, un deserto in
parte arido e in parte semiarido,
profondamente inciso dall’azione erosiva
dei corsi d’acqua..
...era bello percorrere quelle ampie
distese accarezzate dal vento alla
ricerca di animali.. eravamo stregati da
quella bellezza dolce e selvaggia nello
stesso tempo, e soddisfatti, anche se
gli animali, in questa prima uscita, erano
veramente rari e molto lontani per
poterli fotografare.
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Entusiasmante per la sua bellezza è stata
invece la Quiver Tree Forest, costituita da
circa 250 esemplari di Aloe Dicotoma, una
pianta tropicale tipicamente namibiana,
chiamata anche “Albero Faretra” perché i
suoi rami, cavi al centro e leggerissimi,
erano usati dai Boscimani per costruire
appunto le faretre.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Accanto a loro grossi sassi di basalto ammucchiati
per terra, in modo quasi artistico, mi avevano
fatto pensare ad un sito archeologico.. poi, ad uno
sguardo più approfondito, ho capito di essere in
una strana foresta dove gli Aloe con i loro grossi
tronchi chiari, i rami che apparivano rinsecchiti,
protesi verso l’alto quasi a pregare il cielo di
mandare loro un po’ d’acqua, erano, in fondo,
immagini di un quadro di Salvator Dalì, ed io mi
sentivo immersa, parte viva di quel paesaggio
surreale…
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Più avanti verso sud, percorrendo una
strada sterrata in una zona arida e
stepposa vedevamo in lontananza
alcune
montagne,
frutto
degli
sconvolgimenti tettonici antichi.
Alcune di queste montagne erano
percorse longitudinalmente da strisce
nere di basalto e venivano per questo
simpaticamente chiamate “montagne
che piangono”.. infatti la doralite o il
basalto, da lontano, dava vita a
particolari miraggi simili a rivoli di
lacrime che una leggenda diceva anche
fossero
le
stesse
lacrime
di
disperazione del viandante assetato!
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Siamo poi arrivati al Fish River Canyon, il
secondo più grande canyon del mondo, dopo
quello del Colorado.. un paesaggio che mi ha
lasciato davvero senza parole… dove
imponenti pareti rocciose, che raggiungevano
anche i 600 metri di altezza, e profonde gole,
si erano formate e modellate nel tempo non
solo per l’erosione dell’acqua, ma anche per il
crollo della valle a causa dei movimenti
tellurici della crosta terrestre, avvenuti oltre
500 milioni di anni fa.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
E pensare che una antica leggenda San, raccontataci dalla nostra guida contrastava con quella
“verità geologica”.. si narrava infatti che i meandri del Fish River Canyon fossero stati scavati
dal serpente Koutein Kooru, mentre cercava di sfuggire ai cacciatori che lo stavano inseguendo.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Al di là di queste notizie reali o
leggendarie, devo confessare che mai
come in quel luogo ho avvertito tutta
l’inconsistenza, la fragilità del nostro
essere umano.. in quello spazio
sconfinato, caldo ed assolato, mi sono
sentita una briciola nel tutto.
Poi scendendo verso il piccolo e
apparentemente quasi insignificante
Fish River, un affluente temporaneo
dell’Orange, mi sono oltremodo
stupita per la sua capacità di erosione
della roccia… 160 km di canyon era
riuscito a creare quel rivolo d’acqua,
un vero e proprio monumento naturale!
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Stendendo poi lo sguardo sulle varie
stratificazioni rocciose mi è parso
pittoresco e fantastico l’insieme delle
varie
tonalità
dei
monti,
che
attestavano la diversità dei sedimenti
delle varie epoche.. mancava il
rossiccio, ma abbondavano i colori del
grigio e del nero che poi, al tramonto,
si sarebbero trasformati in indaco e
violetto.
In lontananza il fiume, unica nota viva
tra tante rocce, scorreva tranquillo..
qua e là spuntavano piante spinose,
qualche ciuffo d’erba inaridito e
qualche insetto che al nostro
passaggio fuggiva spaventato.. tutto
era così lontano dal mio mondo
quotidiano..
eppure
lo
sentivo
familiare e vicino al mio spirito.
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Ripreso il viaggio verso Luderitz abbiamo vissuto una vera e propria avventura.. eravamo
finalmente circondati dalle dune rosa in un paesaggio a dir poco suggestivo, quando ad un certo
punto si è preannunciata una tempesta di sabbia. “Che bello!” ho pensato impulsivamente fino a
quando la forza del vento a 130 km all’ora ha cominciato a spaventarmi… eppure le immagini che
vedevo dal finestrino dell’auto erano favolose.
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La sabbia volava sull’asfalto prima coprendolo, poi liberandolo di nuovo finché alla fine fu
trasformata in una serie di dune mobili trasportate qua e là dal vento. La nostra auto
sobbalzava attraversandole, ma di fronte ad una duna più estesa delle altre si è miseramente
impantanata.. era impossibile procedere. Fermi tra la sabbia che vorticava in mulinelli ed
aumentava a vista d’occhio, osservavamo quello spettacolo che ci avvolgeva, eravamo un po’
intimoriti da quel folle vento bizzarro che spazzava via tutto e sembrava divertirsi un mondo!
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Finalmente arrivarono i soccorsi.. due grosse Jeep trasportarono persone e bagagli e così
arrivammo tutti sani e salvi a Luderitz, la “Monaco del deserto”, una cittadina stretta tra
il desolato deserto del Namib e la costa atlantica battuta dal vento.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Per la sua architettura coloniale tipicamente
bavarese, Luderitz sembrava essersi un po’
fermata nel tempo.. ma era proprio quella sua
mancanza ordinata di modernità e di frenesia,
caratteristica delle grandi città, a conferirle
un’atmosfera particolare di “vecchio mondo
europeo”… inoltre si trovava in una posizione
veramente panoramica, affacciata su una
delle più belle baie della Namibia!
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Il giorno dopo ci dedicammo all’esplorazione di alcune di queste baie… quella più vicina alla città
era piccola, ma pittoresca, con stormi di fenicotteri rosa che se ne stavano tranquilli in acqua, a
godere del pallido sole.. disposti in una lunga fila, si muovevano sincronicamente, ordinati, e
quella massa colorata di colori pastello spiccava decisa in contrasto con l’azzurro del mare.
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Poi ci siamo spostati alla Shearwater
Bay dove qualche folle, nonostante il
vento e il clima non proprio
benevolo, aveva deciso di fare un
bagno nell’oceano.
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Le onde, sospinte dal vento incessante parevano infuriare, sembravano inghiottire ogni
rumore… io ne ascoltavo con piacere la voce che si propagava sull’acqua creando uno
sciabordio particolare, quasi musicale. Le onde si rincorrevano allegramente buttandosi sulla
riva forse volevano comunicarci qualcosa.. il piacere di essere libere, forti, vive, forse
volevano comunicarci anche la voce di mondi lontani!
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Costeggiando l’oceano siamo poi arrivati fino alla Baia Grande, la Grosse Bucht, una splendida
spiaggia selvaggia abitata anche questa da stormi di fenicotteri abituati a nutrirsi nelle pozze
di marea.
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Di baia in baia siamo arrivati al Diaz Point, un promontorio ventoso ed arido dove si trovava un
faro e una copia della croce eretta nel luglio del 1488 dal navigatore Bartolomeo Diaz,
durante il viaggio di ritorno dal Capo di Buona Speranza. I frammenti, ancora esistenti, della
famosa croce erano sparsi in altre città come Lisbona, Berlino e Cape Town. Dal promontorio
il panorama che riuscivamo a vedere in quell’estensione rocciosa battuta dalla furia del vento
era impressionante per la suggestiva aridità di quegli orizzonti sconfinati!
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Nel pomeriggio a chiusura di quella giornata di mare e vento siamo andati ad Agate Beach
un’altra spiaggia lunga e deserta caratteristica per la profusione di rose del deserto e
sassolini di agata.. Abbiamo rovistato tra la sabbia cercando di non essere trascinati via dal
vento e devo confessare che i reperti trovati, pur non essendo di grande importanza, ci hanno
soddisfatto, dato che ci siamo divertiti un mondo a cercarli!
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Il giorno dopo ci aspettava la bella avventura
legata alla visita della città di Kolmanskop, un
tempo fulcro della prospera industria
diamantifera, oggi solo una città fantasma….
Arrivare non è stato difficile anche se, le
grandi dune di sabbia trasportate dal vento in
cumuli, erano sempre pronte ad ostruire il
passaggio.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il desertofronteggia il mare
La gloria passata, la ricchezza, le attrezzature più elaborate, le abitazioni, erano state
abbandonate, il deserto piano piano aveva preso il sopravvento e si era insinuato lentamente e
subdolamente nelle case, negli orti, nelle baracche, nelle finestre rotte, nelle porte ormai
divelte, si era insinuato proprio dove un tempo fervevano tutte le intense attività.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il desertofronteggia il mare
Rimanevano soltanto i ricordi … le vecchie abitazioni di dirigenti e pionieri erano diventate dei
musei e ci attestavano la vita di allora, di un mondo di usi e costumi europei, trasportati con
minuziosa pignoleria ed una buona dose di nostalgia.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il desertofronteggia il mare
Eravamo timorosi e un po’ impressionati da
quell’abbandono.. vedevamo utensili abbandonati
sul tavolo, delle ceramiche decorate, mobili in
stile, ambienti caldi e confortevoli, addirittura
una palestra ginnica, un teatro, e per il
divertimento anche un casinò, molti luoghi di
ricreazione tra cui un angolo adibito al gioco del
bowling.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il desertofronteggia il mare
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La gente era ricca e felice in quel luogo, l’euforia regnava sovrana e la ricchezza poteva
scorrere come un fiume in piena, alimentata dalla febbre dell’oro e dei diamanti. Tutta la zona
di Luderitz bay era infatti stata invasa da impiegati, doganieri, magistrati, oltre ai veri e
propri cercatori che volevano delle concessioni. Era un nuovo Eldorado e richiamava ogni
avventuriero, ma soprattutto fomentava speranze, alimentava sogni impossibili!
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Attraverso una terra varia, completa, dove il desertofronteggia il mare
Oggi la città fantasma, evacuata definitivamente nel 1956, era davanti a noi con il suo
abbandono, il suo triste squallore di incompiutezza, di qualcosa che era finito perché forse gli
uomini avevano desiderato troppo… i filoni di diamanti si erano esauriti e i sognatori erano
usciti dalla loro illusione!
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Attraverso una terra varia, completa, dove il desertofronteggia il mare
Eppure quell’ammasso di case
sopraffatte dalla sabbia era quasi
bello a vedersi, le antiche
abitazioni apparivano stagliate tra
il giallo ocra di quella sabbia
assassina ed il cielo senza nubi,
nitido, trasparente, di un blu
intenso come possono esserlo solo
i cieli africani.
A noi turisti non restava che
ascoltare quei vecchi muri che ci
parlavano,
non
restava
che
fotografare, cogliere scorci ed
immagini caratteristiche o magari
ricostruire con un pizzico di
fantasia quel mondo di pionieri che
avevano avuto il coraggio di
lasciare la casa avita, magari
anche la famiglia e la patria per
inseguire una chimera... erano
arrivati in cerca di fortuna e di
avventura.. e forse l’avevano
anche trovata!
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Attraverso una terra varia, completa, dove il desertofronteggia il mare
Ripreso il percorso, il panorama non cambiava.. distese steppose, montagne e savana di
una incredibile bellezza.. ma luoghi assolutamente disabitati, senza case, senza uomini
in vista, tanto che ci chiedevamo tutti dove fossero finiti gli abitanti della Namibia…
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Attraverso una terra varia, completa, dove il desertofronteggia il mare
Finalmente siamo arrivati, dopo un viaggio abbastanza faticoso, al nostro lodge nel deserto del
Namib e subito la bellezza delle dune rosate ha cancellato ogni traccia di stanchezza e poi più
tardi il tramonto di quel paradiso africano ha trasformato il cielo in un trionfo di colori
purpurei che mi ha letteralmente incantato. Dopo cena, dato il caldo afoso, mi sono seduta nella
veranda del mio bungalow e mi sono persa a contemplare la volta del cielo.. là dove un momento
prima c’era una sola stella solitaria, forse Venere, una miriade di piccole luci hanno preso a
brillare… ora ce n’erano un’infinità, tutte enormi e belle, un manto stellato che incantava e
faceva pensare a mondi lontani, all’universo sconosciuto, a vite possibili in altri luoghi, in altri
pianeti!
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Attraverso una terra varia, completa, dove il desertofronteggia il mare
Una bella alzataccia ha poi dato inizio al giorno successivo dedicato interamente all’escursione
nel deserto del Namib, che nella lingua della gente locale, significava “ampia pianura arida”…
una giornata stupenda tra dune color ocra, nella zona di Sussusvlei, dune che parevano
muoversi e danzare sotto i riflessi del sole cocente… tutto dunque continuava a conquistarci.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il desertofronteggia il mare
La luce era un fattore determinante per
creare magia e spettacolo in quel
paesaggio
tutto
uguale,
arido,
diversificato solo dal colore e dai giochi
d’ombra. Ne stavo cogliendo l’aspetto
estetico, la bellezza, ma la guida ci ha
chiarito anche qualche notizia legata
all’aspetto scientifico.. per esempio che la
loro intensa colorazione era da attribuirsi
ad un deposito superficiale di ossido di
ferro, accumulatosi nel corso dei secoli.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il desertofronteggia il mare
Mentre arrancavo con fatica, insieme ad alcuni
amici, su una di quelle dune, vedevo con stupore
che cambiavano man mano colore passando dal
giallo ocra, al rosa, al rossiccio, al marrone
bruciato, erano abbellite da contorni rotondi e
smussati… in lontananza sembrava addirittura
che toccassero il cielo, in un contrasto violento
di colori, dune dolci e morbide a vedersi, ma, me
ne stavo rendendo conto, difficili per una
qualsiasi salita!
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Attraverso una terra varia, completa, dove il desertofronteggia il mare
Osservando gli scorci delle dune di
sabbia del Namib, quel grande mare di
sabbia che tutto abbracciava e
nascondeva, mi sentivo sopraffatta da
quella immensa spazialità..
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Dicono i Tuareg che “Dio creò il deserto affinché gli uomini vi potessero conoscere la loro
anima”.. e devo confessare che io ho sempre amato la sconfinata essenza del paesaggio
desertico e il suo cielo azzurro, unico, reso più limpido dalla totale assenza di inquinamento,
un cielo che si estendeva infinito, suggestivo, proprio come infinito e suggestivo era il
deserto sottostante.
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Sossusvlei che significava “Luogo di non ritorno” era una depressione del Namib creata dal fiume
Tsauchab, asciutto per gran parte dell’anno, che scorreva attraverso il Sesriem Canyon, lungo
circa un chilometro e proprio in quella gola, scavata nella roccia sedimentaria nell’arco di un
periodo di circa 15 milioni di anni, ci siamo spinti dopo la faticosa scalata delle dune.
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In Afrikaans, Sesriem significava “sei cinghie” e il nome derivava dal fatto che i primi coloni
dovevano usare un sistema di sei corregge per estrarre l’acqua dal fondo della gola. In alcuni
punti il canyon diventava molto stretto e si formavano delle pittoresche pozze d’acqua perenni
dove gli animali potevano andare a bere.
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Abbiamo attraversato poi la parte meridionale della catena dei monti Naukluft, un paesaggio
lunare indescrivibilmente bello che era intersecato da una serie di pittoreschi piccoli canyon..
tutti da esplorare se avessimo avuto tempo!
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Il giorno dopo altri paesaggi lungo la costa atlantica…
siamo arrivati a Walvis Bay una baia scoperta nel 1487 da
Bartolomeo Diaz che, in queste terre, era quasi di casa…
la zona, alquanto calda ed umida, mi è apparsa come
un’ampia laguna, con innumerevoli uccelli marini, pellicani
e fenicotteri rosa, un vero paradiso per gli uccelli.. ne
abbiamo visti a migliaia, fermi in acqua a godersi il
fresco, e così colorati e fitti, parevano confondersi con
l’orizzonte.
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Più avanti Cape Cross su un roccioso promontorio era famoso per ospitare colonie di foche, a
volte più di 100.000, per tutto l’anno, in quanto arrivava la corrente oceanica di acqua fredda
del Benguela che dava loro la possibilità di sopravvivere.
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La colonia è stata proclamata una riserva
naturale
da
parte
del
Ministero
dell'Ambiente e del Turismo della Namibia
e nonostante le proteste dei sostenitori di
protezione degli animali, migliaia di questi
animali venivano ancora brutalmente uccisi
per la loro pelliccia o per le saporite carni.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
E’ stato interessante vedere come le agili foche a gruppi si buttavano in acqua vincendo la forza
delle onde che tentavano di respingerle verso la riva sassosa.. loro resistevano e alla fine
recuperavano il mare aperto.. e noi vedevamo una miriade di puntini neri che galleggiavano tra le
onde di quelle gelide acque. Quelle rimaste a riva, ammassate le une alle altre, facevano un chiasso
infernale lanciando stridii acuti quasi umani.
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Cape Cross fu scoperta dal portoghese Diego Cao che stava cercando una rotta breve per le Indie
nella corsa alle spezie.. egli eresse una delle croci in pietra chiamata “Padraos” che aveva portato
con sé, sulla nave, per segnare l’affermazione del Portogallo su quelle terre scoperte. Nel 1890 la
croce fu portata a Berlino da un generale tedesco.. ma due anni dopo il governo namibiano mise una
seconda croce esattamente nella stessa posizione in cui era stata quella originale.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Durante la perlustrazione del deserto ci siamo anche
imbattuti in uno dei fiori più fantastici e particolari
del mondo, la famosa Welwitschia Mirabilis, una
pianta grassa simile ad un polipo che cresceva nelle
dune di sabbia e nasceva per l’impollinazione portata
dal vento… la guardavamo affascinati.. sembrava
quasi mostruosa, eppure aveva la capacità di crescere
nella sabbia senza quasi bisogno di acqua!
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Proseguendo il viaggio verso l’Etosha
National Park il panorama del
deserto mi dava l’idea di una valle
sulla luna, tanto era arido e
desolato, sassoso, brullo.
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In quel luogo si erano stanziate le varie tribù dei Boscimani, un popolo che ha
sempre vissuto una vita errante, dura, di una fatica unica, una vita di
tribolazioni sopportata con incredibile serenità e sopravvivenza, in totale
sinergia con la natura. La guida ci ha raccontato alcune particolari strategie,
alcuni metodi di sussistenza di cui quegli indigeni si servivano per cercare e
poi conservare l’acqua nel deserto. Si procurano l'acqua succhiandola dal terreno con una cannuccia munita di
filtro confezionato con una piuma di struzzo, inoltre poi, per non rimanere
completamente a secco durante le varie migrazioni, i piccoli uomini dalla
pelle rugosa sotterravano delle “borracce” lungo i sentieri della boscaglia.
L’originalità consisteva nel fatto che tali borracce erano gusci di uova di
struzzo riempiti d’acqua e sigillati con un tappo ermetico di erba! Per
distinguere poi le proprie uova e non appropriarsi di altre, i Boscimani le
contrassegnavano ciascuno con dei segni particolari che potevano essere
figure geometriche o disegni di uccelli, serpenti, animali, tutto a seconda
della tribù a cui appartenevano. Erano tutti dei segnali simbolici per
rispettare civilmente la proprietà in quel difficile mondo di sassi e sabbia!
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E così siamo arrivati all’Etosha National Park… nella lingua locale il nome Etosha significava
“Grande Luogo Bianco” con riferimento al colore della sabbia della depressione centrale
salina chiamata Pan, che costituiva il 25% dell’area del parco.
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Questa era una superficie di argilla e sale che si rifletteva abbagliando come uno specchio,
all’interno di una natura arida e selvaggia.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Il luogo ci ha subito affascinato con la sua abbondanza di animali, di vegetazione.. di alberi
di Matabele, alla cui ombra Wilbur Smith faceva riposare e rinfrescare i suoi personaggi nei
vari romanzi ambientati in Sud Africa.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Era un piacere fotografare quegli
animali che potevano scorazzare liberi
in un’estensione complessiva di 22.900
Kq… era un piacere penetrare nel
cuore dell’Africa degli spazi e degli
animali!
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Quasi immediatamente mi sono apparsi
gli orici, deliziosi ed agili, poi branchi di
selvaggi Gnu, i Kudu, dalle lunghe
ondulate corna, i brutti facoceri, gli
springbok chiamati anche antilopi
saltanti, i dik dik, e poi zebre e
giraffe… insomma un paradiso per le
fotografie!
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Verso sera quella ricca fauna selvatica si
riuniva attorno alle grandi pozze
d’acqua, alcune artificiali.. una creata
appositamente vicino al nostro lodge…
gli animali andavano per abbeverarsi e
allora era un vero spettacolo.
Ho avuto, con emozione, un incontro
ravvicinato con un branco di elefanti del
deserto che sono arrivati in massa…
grandi, lenti, accompagnati dai loro
piccoli che si sono messi subito a
giocare nell’acqua, a rotolarsi ed a
spruzzarsi. Era bello osservarli così
sereni e tranquilli, ignari di “fare
spettacolo”!
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Attraverso una terra varia, completa, dove il desertofronteggia il mare
Eravamo senza parole di fronte allo spettacolo che, come in un palcoscenico naturale, vedeva
avvicendarsi una serie di animali. Una giraffa apparentemente disarticolata, troppo lunga e
magra per riuscire a piegarsi, si è esibita in una sorta di simpatica, aggraziata e comica
acrobazia.. a zampe aperte!
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Ma lo spettacolo vero è cominciato quando la sera ha avvolto di ombre la pozza. A malapena
intrevedevamo le sagome dei tanti animali che in un totale silenzio venivano ad abbeverarsi.
Prima un gruppo di elefanti con i loro piccoli...
Diario di Viaggio in Namibia
Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
...dopo sono arrivati i rinoceronti, brutti con il loro muso preistorico… anch’essi, con cautela,
si sono avvicinati al laghetto per bere guardandosi intorno con fare diffidente e
circospetto.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Ogni occasione ci offriva uno spunto per ammirare la capacità di vivere degli animali in quella
terra un po’ arida ed inospitale.. eravamo immersi in una realtà lontana mille miglia dalle città
affollate e dall’umanità.. e il momento più magico poi era al tramonto, quando il sole si tuffava
all’orizzonte tingendo il cielo di caldi, intensi, magnifici colori e la sua luce rossastra
evidenziava i contorni dei pochi alberi che si stagliavano all’orizzonte.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Quello, come aveva ben affermato
Tiziano Terzani, “era un altro aspetto
rasserenante della natura: la sua
immensa bellezza era lì per tutti.
Nessuno poteva pensare di portarsi a
casa un tramonto!”
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Eravamo quasi al termine del nostro viaggio, un po’ tristi, come sempre quando qualcosa si
conclude… eppure volevamo ancora godere delle ultime immagini e allora la sosta al lago di
Otjikoto, ovvero “Buco Profondo”, perché ritenuto dai San addirittura senza fondo, è stata
quasi gustata come un ultimo dono di quella terra stupenda.
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Il lago, incassato tra ripide rocce, in realtà
era profondo circa 55 metri, ma si
assottigliava in un sistema di grotte laterali
che rendevano difficile determinarne
l’esatta profondità. Ora, davanti ai nostri
occhi, risplendeva sotto il sole che ne
evidenziava i colori limpidi e tersi… la guida
poi ci ha raccontato che per i tedeschi,
quello stupendo specchio azzurro era una
discarica.
Nel Giugno del 1915, prima di arrendersi agli
inglesi e lasciare il paese, vi avevano
buttato ogni sorta di armi e persino carri
armati! La maggior parte dei pezzi è stata
poi ripescata e può essere vista nel museo
Tsumed, ma purtroppo altri quantitativi di
munizioni e forse anche cannoni erano
ancora nel lago.
Secondo poi una leggenda i tedeschi, per non
farla cadere in mano al nemico, avevano
anche buttato una cassaforte contenente
sei milioni di oro.. ma la sua ricerca è ancora
in corso!
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Attraverso una terra varia, completa, dove il deserto fronteggia il mare
Ripreso il viaggio.. siamo arrivati a
Windhoek ed ho rivisto la bella moderna
cittadina dove ero stata una decina di
giorni prima.. il tempo era volato e non
mi sembrava quasi possibile. Le nostre
valigie
erano
tutte
ammucchiate
nell’atrio dell’Hotel, avevamo davanti il
lungo viaggio aereo di ritorno in Italia.
Tornata poi a casa sarei stata, come
sempre, ricca di immagini e di ricordi..
Henry Miller ha detto che “una
destinazione non è mai solo un luogo, ma
un modo di vedere le cose”: ci ero
riuscita?
Il mio spirito di avventura mi ha sempre
portato a voler scoprire la bellezza in
ogni cosa, in ogni ambiente che mi
circondava, nella sua diversità, nelle sue
meraviglie e mi ha portato anche al
desiderio di riviverle, di comunicarle
perché, in fondo, un viaggio vero non
deve finire mai!