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For Rational Drug Use & Disease Management
Therapy Perspectives
Anno XVII, N. 1, gennaio 2014
Trattamento
continuativo
del mieloma
multiplo
con lenalidomide
a cura di
Mario Boccadoro
Annamaria Brioli
Michele Cavo
Francesca Gay
Antonio Palumbo
Trattamento continuativo del mieloma multiplo
con lenalidomide
a cura di
Mario Boccadoro
Dipartimento di Oncologia ed Ematologia, A.O. Città della Salute e della Scienza - P.O. Molinette, Torino
Annamaria Brioli
Istituto di Ematologia “Seràgnoli”, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Università degli Studi di Bologna.
Centre for Myeloma Research, Molecular Haematology, Division of Molecular Pathology, The Institute of Cancer Research,
Londra.
Michele Cavo
Istituto di Ematologia “Seràgnoli”, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Università degli Studi di Bologna
Francesca Gay
Dipartimento di Oncologia ed Ematologia, A.O. Città della Salute e della Scienza - P.O. Molinette, Torino
Antonio Palumbo
Dipartimento di Oncologia ed Ematologia, A.O. Città della Salute e della Scienza - P.O. Molinette, Torino
IndIce
Review
Trattamento continuativo del mieloma multiplo con lenalidomide
Obiettivo della terapia del mieloma multiplo:
controllo della malattia o cura? .................................................................................................. 3
nuovi concetti nella biologia del mieloma multiplo:
la teoria evoluzionista di darwin e le “maree clonali” ............................................................. 3
nuovi parametri per valutare la risposta:
scR e malattia minima residua .................................................................................................. 5
Lenalidomide e terapia continuativa ......................................................................................... 6
Strategie per migliorare la compliance dei pazienti
e mantenerli in trattamento continuativo ................................................................................. 7
Seconde neoplasie (second primary malignancies, SPM) ..................................................... 8
conclusioni ................................................................................................................................... 8
Bibliografia .................................................................................................................................... 8
Raccolta di casi clinici
Trattamento continuativo con lenalidomide nel mieloma multiplo
recidivato refrattario: gestione clinica pratica
caso clinico 1 .............................................................................................................................. 11
caso clinico 2 .............................................................................................................................. 13
caso clinico 3 .............................................................................................................................. 14
Bibliografia .................................................................................................................................. 16
Therapy Perspectives
Trattamento continuativo del mieloma multiplo con lenalidomide
Anno XVII, N. 1, gennaio 2014
ISSN 1974-6679
ISBN 978 88 6756 064 6
Comitato Editoriale
Denis Bilotta
Claudio Oliveri
Redazione
Rosy Bajetti
Produzione
Loredana Biscardi
Via Decembrio, 28
20137 Milano
www.springerhealthcare.it
© 2013 Springer Healthcare Italia S.r.l.
Therapy Perspectives. Registrazione del Tribunale di Milano n. 128 del 10 marzo 1997
Direttore responsabile: Giuliana Gerardo
Finito di stampare nel mese di dicembre 2013 da Geca S.p.A. (San Giuliano Milanese - MI)
Tutti i diritti sono riservati, compresi quelli di traduzione in altre lingue. Nessuna parte di questa pubblicazione potrà essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o per mezzo di apparecchiature elettroniche o meccaniche, compresi fotocopiatura, registrazione o sistemi di archiviazione di informazioni, senza il permesso scritto da parte dell’Editore. L’Editore è disponibile al riconoscimento dei diritti di copyright per qualsiasi immagine utilizzata della quale non si sia riusciti a ottenere l’autorizzazione alla riproduzione. Nota dell’Editore: nonostante la grande cura posta nel compilare e controllare il contenuto di
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Journals.
Si ringrazia Celgene s.r.l. per il contributo bibliografico fornito.
CGNCZZ5599
Trattamento continuativo del mieloma multiplo con lenalidomide
Review
Trattamento continuativo
del mieloma multiplo con lenalidomide
Obiettivo della terapia del mieloma multiplo:
controllo della malattia o cura?
Il mieloma multiplo (MM) è il secondo tumore ematologico per frequenza dopo i linfomi non Hodgkin e ha
un’incidenza che aumenta con l’età. Caratteristica principale del MM è l’accumulo nel midollo osseo di un clone maligno di plasmacellule secernenti tutte il medesimo
anticorpo (chiamato componente monoclonale o componente M). L’accumulo della componente M è la causa
del danno d’organo tipico del MM conclamato, le cui
principali caratteristiche sono l’anemia, la patologia scheletrica (con perdita di massa ossea e conseguenti fratture)
e l’insufficienza renale.
La storia naturale del MM è caratterizzata da fasi
successive di remissione e ricaduta; a ogni ripresa di malattia è sempre più difficile ottenere la remissione e la
sua durata è progressivamente più breve. A questo accorciamento della durata di risposta fa seguito l’emergenza di resistenza e refrattarietà ai trattamenti, che
conduce, in ultimo, al decesso del paziente.
La moderna strategia di trattamento del MM si sviluppa attorno al concetto chiave di una terapia sequenziale, composta da un’induzione, un consolidamento e
un mantenimento. Obiettivo e scopo principale di questa
strategia è ridurre la taglia (bulk) tumorale e ritardare o
prevenire la ricaduta e la progressione, possibilmente conducendo all’estinzione del clone neoplastico e quindi alla
cura (Figura 1). Tuttavia, nonostante l’introduzione nella
pratica clinica di nuovi ed efficaci strategie di trattamento, a tutt’oggi il MM viene ancora considerato una patologia incurabile. In quest’ottica la domanda che il clinico
deve porsi è quale sia l’obiettivo principale della terapia
del MM: la cura, con l’eradicazione completa del clone
neoplastico, o il controllo a lungo termine della malattia
tramite la selezione di cloni “favorevoli”.
nuovi concetti nella biologia del mieloma
multiplo: la teoria evoluzionista di darwin e le
“maree clonali”
L’ultimo decennio ha visto la terapia del MM arricchirsi
di nuove classi farmacologiche, chiamate comunemente
“nuovi farmaci”. Tali farmaci non agiscono soltanto sul
clone neoplastico, ma hanno un importante effetto anche
sul microambiente in cui il clone risiede. Le principali
classi di “nuovi farmaci” disponibili nella pratica clinica
sono gli inibitori del proteasoma (il cui capostipite è bortezomib) e i farmaci immunomodulanti (IMiDs), tra cui
spiccano talidomide e lenalidomide. Per utilizzare al me-
Figura 1. Modello della storia naturale del mieloma multiplo e possibile impatto di una terapia continuativa
su di esso. CR, risposta completa; PR, risposta parziale; sCR, remissione completa stringente; VGPR, risposta parziale molto buona (elaborata graficamente da[1,2]).
3
Therapy Perspectives
For Rational Drug Use & Disease Management
glio le potenzialità dei “nuovi farmaci” bisogna capire e
identificare i meccanismi biologici che sottendono alla
proliferazione del clone mielomatoso; questo approccio
permetterà di sfruttare la biologia del MM a nostro favore, con l’obiettivo di prolungare la sopravvivenza dei
pazienti. Tuttavia, la consapevolezza che non esista una
singola mutazione associata al MM e che le alterazioni
genetiche caratteristiche del MM sono polimorfe e interessano diversi aspetti della biologia della cellula rende
difficoltoso questo compito.
Le neoplasie evolvono e prendono origine da una cellula trasformata che agisce come cellula staminale tumorale; queste cellule, fenotipicamente e genotipicamente
differenti tra loro, hanno come caratteristica fondamentale la capacità proliferativa e di autorinnovamento (self
renewing). È la biologia delle cellule staminali mielomatose, chiamate anche cellule propagatrici del mieloma
(myeloma propagating cells, MPC)[1], che occorre capire e
“attaccare” se si vuole curare il MM.
La classica visione della progressione delle patologie
tumorali è quella di neoplasie che si sviluppano attraverso un meccanismo basato sull’acquisizione sequenziale di alterazioni genetiche; in contrasto con questa
ipotesi, recenti evidenze biologiche suggeriscono, invece,
che i tumori siano costituiti da multipli cloni neoplastici,
coesistenti in uno stesso momento nel medesimo paziente. Tali cloni, pur essendo tra loro correlati, hanno
solo alcune caratteristiche biologiche in comune (eterogeneità intra-clonale)[3-10]. Secondo questo modello la
progressione neoplastica avviene attraverso un’evoluzione
“ramificata”, simile a quella utilizzata da Darwin per
Linfocita B
Post-GC
Eventi primari
spiegare l’evoluzione della specie (Figura 2). Il meccanismo critico per la progressione tumorale è quindi la
competizione di più cloni neoplastici per lo stesso microambiente e per le stesse risorse, con un meccanismo
analogo a quello della selezione naturale darwiniana[7].
L’abilità delle cellule di adattarsi alle nuove condizioni e
di sfruttare le risorse del microambiente in cui si trovano
è pertanto una caratteristica chiave della progressione
tumorale. In aggiunta al microambiente, anche la terapia
esercita una pressione selettiva, potendo favorire sia la
morte sia la sopravvivenza dei diversi cloni; risultato di
questa pressione è che differenti cloni possono diventare
dominanti in differenti momenti della storia della malattia, seguendo vere e proprie “maree clonali” (clonal
tide) [Figura 3][10].
Come per altre neoplasie[4,5,8], anche nel MM è stata
dimostrata la presenza di più cloni cellulari presenti simultaneamente[9-11]. Analisi di next generation sequencing
e di single cell analysis (analisi di singole cellule) hanno
dimostrato come, nei pazienti con MM, vi siano in media
dai 3 ai 6 cloni al momento dell’esordio della malattia[8].
Questa eterogeneità clonale non è solo una caratteristica
del MM conclamato, ma è presente fin dallo stadio di
gammapatia monoclonale di significato non determinato
(monoclonal gammopathy of undetermined significance,
MGUS)[12].
In questo contesto, la duplice azione tumoricida e di
stimolazione del sistema immunitario di lenalidomide
rende questo farmaco un eccellente candidato per quella
terapia a lungo termine che sembra essere necessaria per
la cura e il controllo del MM.
Mieloma
asintomatico
MGUS
Mieloma
Leucemia
plasmacellulare
Traslocazioni del locus IgH
Iperdiploidia
Competizione e pressione selettiva
Vantaggio clonale
Alterazioni del numero dei cromosomi
Ipometilazione del DNA
Mutazioni secondarie
Diversità tumorale
Induzione
Lesioni genetiche
Figura 2. Dalla classica visione della progressione lineare del mieloma secondo un meccanismo di acquisizione sequenziale di alterazioni genetiche si è recentemente passati a un modello di evoluzione “ramificata”, basata sulla competizione di più cloni neoplastici per lo stesso microambiente e per le stesse risorse.
Caratteristica chiave della progressione tumorale è l’abilità delle cellule di adattarsi alle nuove condizioni e
di sfruttare le risorse del microambiente circostante (modificata graficamente da[1]).
4
Trattamento continuativo del mieloma multiplo con lenalidomide
Figura 3. La terapia esercita una pressione selettiva, potendo favorire sia la morte sia la sopravvivenza
dei diversi cloni, permettendo a differenti cloni di diventare dominanti in momenti distinti della storia della
malattia, con un meccanismo simile a vere e proprie “maree clonali” (clonal tide). A seconda dello stadio
della malattia e della terapia eseguita si può notare come la percentuale dei cloni dominanti vari nei diversi
momenti della storia del paziente, con il riemergere al secondo relapse del clone 1.2, presente in un terzo
delle cellule al momento della remissione, ma in percentuale minima durante il primo relapse. Dex, desametasone; Len, lenalidomide; MPV, bortezomib (modificata graficamente da[10]).
nuovi parametri per valutare la risposta:
scR e malattia minima residua
Necessario per la cura del MM è l’ottenimento di una
risposta di elevata qualità, caratterizzata dalla scomparsa della componente M (complete response, CR); una
risposta ottimale si traduce in una più lunga progressione libera da malattia e, in alcuni studi, anche in una
più lunga sopravvivenza globale[13-23]. Lo sviluppo di
tecniche sempre migliori per il monitoraggio della risposta comporta la possibilità di identificare risposte
sempre più profonde; ciò ha portato alla recente definizione di una nuova categoria di risposta, la remissio-
ne completa stringente (stringent complete remission,
sCR), caratterizzata non solo dalla scomparsa della
componente M, ma anche dalla normalizzazione delle
catene leggere libere sieriche. Particolare importanza
sta assumendo anche la determinazione della malattia
minima residua (minimal residual disease, MRD) mediante metodiche di biologia molecolare o immunofenotipiche[24,25].
Tuttavia, nonostante l’importanza dell’ottenimento di
una CR, è altrettanto chiaro che risposta e fattori di rischio biologici sono due variabili aventi un impatto indipendente sulla prognosi[2].
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Therapy Perspectives
For Rational Drug Use & Disease Management
Lenalidomide e terapia continuativa
Nell’ambito di una patologia caratterizzata fin dall’esordio da diversi cloni è importante utilizzare i “nuovi farmaci” per modificare la biologia delle MPC, selezionando
per i cloni più indolenti.
Lenalidomide ha la particolarità di avere un profilo
di tossicità maneggevole (mancando della neurotossicità
tipica del suo predecessore talidomide) e una modalità
di somministrazione orale. La sua azione sulla patogenesi
del MM è caratterizzata da diversi meccanismi d’azione;
in primo luogo lenalidomide ha un’azione citotossica diretta sul clone mielomatoso grazie all’attivazione di geni
oncosoppressori che inducono arresto del ciclo cellulare[26-28], all’induzione dell’apoptosi direttamente nelle cellule di MM[26-28] e all’alterazione dello stroma cellulare
supportante tali cellule[29]. In aggiunta a questa azione
tumoricida diretta, lenalidomide potenzia la risposta immune umorale e cellulo-mediata con la stimolazione dei
linfociti T e natural killer (Figura 4)[30-36].
100
vvivenza (%)
Sopravvivenza
Sopra
80
60
40
CR/VGPR
PR
20
0
0
12
24
36
48
60
72
Mesi
Figura 5. Migliore sopravvivenza globale in base
alla qualità della risposta nei pazienti trattati con
lenalidomide e desametasone (follow-up mediano
48 mesi). CR, risposta completa; PR, risposta parziale; VGPR, risposta parziale molto buona (modificata graficamente da[41]).
100
80
Cellule mielomatose
Pazienti (%)
Pazienti
Stimolazione
del sistema
immunitario
Effetto antiproliferativo
Terapia con IMiDs
60
40
Le
PPazienti
azienti che hanno proseguito Len/Dex
discontinuato Len/Dex
Pazienti che hanno discontinuato
Pazienti
20
p = 0,0594
Chemioterapia
Fase di riduzione
della taglia tumorale
0
Tempo
Fase di
soppressione tumorale
0
10
20
30
40
50
60
Mesi
Figura 4. Meccanismo d’azione di una terapia
continuativa versus una chemioterapia convenzionale. IMiDs, farmaci immunomodulanti (modificata
graficamente da[36]).
Figura 6. Migliore sopravvivenza globale di una
terapia continuativa con lenalidomide e desametasone (Len/Dex; modificata graficamente da[40]).
Tre studi in pazienti di nuova diagnosi, sia giovani candidati a ricevere un trapianto autologo, sia anziani non eleggibili per tale terapia, hanno dimostrato come una terapia
di mantenimento con lenalidomide sia in grado di prolungare la sopravvivenza libera da malattia, e, in uno di essi,
anche la sopravvivenza globale[37-39].
Due subanalisi dei principali studi con lenalidomide nei
pazienti con MM ricaduto/refrattario (MM-009 e MM010) hanno dimostrato che una terapia continuativa con
lenalidomide è in grado di migliorare la risposta ottenuta e
che il proseguimento della terapia con lenalidomide fino a
progressione, anche quando è già stata ottenuta una CR, è
associato a una migliore sopravvivenza (Figure 5 e 6)[40,41].
Una più profonda risposta di malattia e una più lunga sopravvivenza libera da progressione si traducono anche in
un significativo miglioramento della qualità di vita[42].
In virtù di quanto appena detto (miglioramento della risposta e della sopravvivenza con l’aumento del
tempo in trattamento), lenalidomide ben si presta a
una terapia continuativa, che, proprio in quanto tale,
va proseguita indefinitamente fino a progressione di
malattia.
6
Trattamento continuativo del mieloma multiplo con lenalidomide
Strategie per migliorare la compliance dei
pazienti e mantenerli in trattamento continuativo
Fondamentale per una terapia continuativa è una corretta gestione degli eventi avversi. La terapia ottimale
deve essere maneggevole, con una somministrazione
orale e un basso profilo di tossicità. I potenziali eventi
avversi di lenalidomide non vanno pertanto trascurati
né sottovalutati. Le principali tossicità associate alla
terapia con lenalidomide sono la citopenia e soprattutto la neutropenia. Altri eventi avversi sono l’aumen-
tata incidenza di trombosi venose profonde (TVP),
rash cutanei e diarrea, mentre, come detto in precedenza, rara è la neuropatia periferica. È pertanto fondamentale un corretto aggiustamento posologico in caso
di citopenia iatrogena. Altrettanto importanti sono un
corretto adeguamento della dose in caso di insufficienza renale (lenalidomide è un farmaco a escrezione prevalentemente renale), e il controllo e un’adeguata
profilassi delle complicanze tromboemboliche[43,44]
(Tabelle 1, 2 e 3).
Tabella 1. Riduzioni di dose raccomandate per lenalidomide in base alla tossicità ematologica (modificata da[44])
Primo ciclo
Cicli successivi
• Neutrofili < 500/µl è raccomandata • Neutrofili < 500/µl e/o piastrine < 30.000/µl
la sospensione della terapia con
è raccomandata la sospensione
ripresa alla stessa dose
della terapia con ripresa a livello più basso
(–1, –2, –3)
• Neutrofili < 500/µl e/o piastrine
< 30.000/µl è raccomandata
la sospensione della terapia
con ripresa a livello –1
Livello di dose
Dose di lenalidomide
Dose iniziale
Livello –1
Livello –2
Livello –3
25 mg
15 mg
10 mg
5 mg
Tabella 2. Riduzioni di dose raccomandate (modificata da[44])
Funzione renale (ClCr)
Dose di lenalidomide
Neutrofili > 1000/µl
Piastrine > 50.000/µl
30 ≤ ClCr < 50 ml/min
ClCr < 30 ml/min
Dialisi
10 mg/die
15 mg a giorni alterni
5 mg/die
Neutrofili < 1000/µl
Piastrine < 50.000/µl
30 ≤ ClCr < 50 ml/min
ClCr < 30 ml/min
Dialisi
15 mg a giorni alterni
5 mg/die
5 mg a giorni alterni
ClCr, clearance della creatinina.
Tabella 3. Profilassi del rischio trombotico (modificata da[44])
Rischio trombotico
Profilassi
Rischio di TVP standard
Profilassi continuativa con acido acetilsalicilico
per tutta la durata della terapia con lenalidomide
Rischio di TVP elevato (immobilizzazione,
precedente storia di TVP o EP)
Profilassi con eparina a basso peso molecolare
per i primi 4 cicli di terapia
Profilassi con acido acetilsalicilico dal 4° ciclo in poi
EP, embolia polmonare; TVP, trombosi venosa profonda.
7
Therapy Perspectives
For Rational Drug Use & Disease Management
Seconde neoplasie (second
primary malignancies, SPM)
Tra le possibili tossicità legate a lenalidomide, particolare
preoccupazione hanno destato i dati derivati dai 3 studi
in pazienti di nuova diagnosi, in cui la terapia con lenalidomide, somministrata dopo o in combinazione con
melfalan, è risultata associata a un aumentato rischio di
sviluppo di seconde neoplasie[37-39]. Per meglio investigare
questo aspetto, è stata recentemente condotta una metanalisi di 11 trials clinici in pazienti con MM ricaduto/refrattario. Tale analisi ha identificato un incidence rate di
SPM pari a 2,08/100 pazienti-anno, tasso comparabile
al rate della popolazione generale di età superiore ai 65
anni. La subanalisi degli studi MM-009 e MM-010 ha
evidenziato come l’aumentata incidenza di SPM fosse
dovuta a un aumento di tumori cutanei non invasivi diversi dal melanoma (carcinomi spino- e basocellulari) e
non a un aumento di neoplasie invasive[45]. In aggiunta a
questi dati, un’analisi preliminare del protocollo inglese
Myeloma XI non ha dimostrato, con un follow-up mediano di 1,3 anni dall’inizio della terapia, un aumento
significativo dell’incidenza di seconde neoplasie nei pazienti trattati con lenalidomide[46].
Sebbene sia necessaria cautela nel proporre e trattare
i pazienti continuativamente con lenalidomide, a tutt’oggi
il rapporto rischio/beneficio rimane a favore di un trattamento continuativo.
conclusioni
Il trattamento del MM beneficia di una terapia somministrata in maniera sequenziale, volta a modificare e mantenere una pressione selettiva sui cloni neoplastici. È
importante, alla luce di un possibile aumento del rischio
di secondi tumori, evitare, per quanto possibile, associazioni con terapia ad azione mutagenica e utilizzare per
la terapia continuativa “nuovi farmaci” che, in base alle
loro caratteristiche, possono selezionare cloni di malattia
a “buona performance”. Nell’ottica di una patologia caratterizzata da eterogeneità intra-clonale, altrettanto importante sarà l’utilizzo dei farmaci in combinazione o in
maniera alternata, analogamente a quanto avviene nel
trattamento delle malattie infettive, per prevenire l’emergere di cloni resistenti.
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10
Trattamento continuativo con lenalidomide nel mieloma multiplo recidivato refrattario:
gestione clinica pratica
Raccolta di casi clinici
Trattamento continuativo con lenalidomide
nel mieloma multiplo recidivato refrattario:
gestione clinica pratica
caso clinico 1
La signora M. giunge alla nostra osservazione nell’aprile del 2001, all’età di 63 anni. La signora aveva sempre
goduto di buona salute; da segnalare come unici dati
anamnestici di rilievo, un episodio di eclampsia postparto e un intervento di isterectomia per fibroma uterino. Nel 1999, in occasione di un controllo di routine,
era stata riscontrata una gammopatia monoclonale di
significato indeterminato, caratterizzata dalla presenza
di una componente monoclonale IgGK[1].
Ad aprile 2001, la paziente giungeva alla nostra osservazione per comparsa di anemia con emoglobina
(Hb) pari a 9,8 g/dl, evidenziata in uno dei controlli
periodici per la MGUS. Gli esami ematochimici mostravano valori di calcemia e creatinina nei limiti di
norma; la componente monoclonale IgGK era pari a
3570 mg/dl e la BJ assente. Non erano presenti lesioni
ossee alla radiografia dello scheletro e alla risonanza
magnetica della colonna vertebrale. L’aspirato midollare
evidenziava la presenza del 30% di plasmacellule monoclonali (delezione del cromosoma 13 positiva all’analisi FISH) e la biopsia ossea mostrava un’infiltrazione
pari al 40%. Sulla base di tali accertamenti, era stata
posta diagnosi di mieloma multiplo IgGK sintomatico
per anemia[1] e iniziata terapia specifica.
Considerata l’età della paziente (inferiore a 65 anni,
età limite per un trapianto di midollo osseo) e le buone
condizioni generali, la paziente era stata avviata a chemioterapia di prima linea (induzione con vincristinaadriamicina-desametasone), successiva chemioterapia
con ciclofosfamide e raccolta di cellule staminali periferiche e, infine, doppio trapianto autologo di cellule
staminali ematopoietiche, con ottenimento di una risposta parziale. La signora M. aveva poi proseguito periodici controlli ematologici fino a febbraio 2004,
quando gli esami di controllo evidenziavano nuovamente la comparsa di anemia e lesioni ossee. In considerazione della lunga remissione di malattia successiva
alla terapia precedente (superiore a 24 mesi) e del persistere di un buon performance status[2], la paziente era
stata nuovamente sottoposta a chemioterapia con successivo trapianto autologo di cellule staminali emato-
poietiche, senza però significativa diminuzione dei valori della componente monoclonale; pertanto era stata
trattata con talidomide in associazione a desametasone.
La paziente aveva nuovamente ottenuto una risposta
parziale, ma la terapia era stata sospesa dopo un anno
per neuropatia sensitiva di grado 3.
La signora M. aveva in seguito proseguito con soli
controlli periodici, con una malattia stabile fino all’aprile del 2009, quando si evidenziava una nuova
progressione clinica e sierologica di malattia, con valori di emoglobina pari a 9,3 g/dl. I restanti esami
ematochimici erano nella norma, in particolare la clearence della creatinina (pari a 60 ml/min) e la calcemia.
La paziente non riferiva algie ossee e gli esami strumentali confermavano l’assenza di nuove localizzazioni ossee. L’aspirato midollare confermava la ripresa di
malattia (30% di plasmacellule monoclonali), e la
componente monoclonale IgGK era pari a 3140
mg/dl con BJ assente.
Considerata l’età della paziente al momento della recidiva (71 anni) e la lunga durata della remissione successiva alla terapia con talidomide, indicativa
verosimilmente di una chemio-sensibilità ai farmaci immunomodulanti, si decideva di iniziare terapia con lenalidomide e desametasone. La lenalidomide era stata
somministrata a dose standard (25 mg/die per 21 giorni
consecutivi ogni 28 giorni) non essendo necessarie riduzioni di dose in considerazione della buona funzionalità renale; il desametasone veniva somministrato a
dose ridotta (40 mg alla settimana) per una precedente
intolleranza allo steroide ad alte dosi, manifestatasi con
agitazione e ritenzione idrica (tale dose è comunque attualmente la dose scelta per il pazienti di età compresa
tra i 65 e 75 anni[3]). A tale terapia era stata associata
cardioaspirina per la profilassi della trombosi, in quanto
la paziente era considerata a basso rischio trombotico[4]
(non lesioni ossee, si mobilizzava autonomamente e
svolgeva una vita attiva, non nota diatesi trombofilica,
non precedenti eventi trombotici durante terapia con
talidomide), terapia antibiotica con trimetoprim-sulfametossazolo profilattico (considerata l’età e la prevista
terapia continuativa steroidea) e gastroprotezione.
11
Therapy Perspectives
For Rational Drug Use & Disease Management
Sei giorni dopo l’inizio della terapia, la paziente si
presentava alla visita di controllo per comparsa di eritema pruriginoso di grado 3 diffuso al tronco, al cuoio
cappelluto, agli arti; segnalava inoltre faringodinia di
grado 1 e epigastralgia di grado 2. L’esame obiettivo evidenziava iperemia faringea, lieve edema palpebrale e lievi
edemi declivi. Data la verosimile correlazione tra il rash
cutaneo e la lenalidomide, si decideva di sospendere
temporaneamente il farmaco e aggiungere un antistaminico. Dopo una settimana, la paziente giungeva a visita di controllo in condizioni generali nettamente
migliorate, con completa risoluzione del rash cutaneo.
La paziente pertanto riprendeva la terapia con lenalidomide a dose ridotta (15 mg/die in considerazione della
precedente tossicità di grado 3; Tabella 1) in associazione
ad antistaminico. A 28 giorni dall’inizio del primo ciclo
di terapia, la componente monoclonale era pari a 2577
mg/dl e i valori di emoglobina erano in miglioramento
(10,3 g/dl). Al 6° ciclo di terapia si decideva di ridurre il
dosaggio di desametasone a 20 mg/settimana, per intolleranza allo steroide, caratterizzata da insonnia e alterazioni dell’umore, con iniziale miglioramento soggettivo.
Dopo altri 2 cicli, per ritenzione idrica ingravescente
(grado 3), si sospendeva lo steroide, considerato anche
il quadro di buona risposta alla terapia (Figura 1).
In seguito non sono più stati segnalati eventi avversi
di rilievo, eccetto la comparsa di algie crampiformi agli
arti inferiori, inizialmente saltuarie, poi sempre più frequenti e ingravescenti, per cui, dal 17° ciclo di terapia,
si riduceva la lenalidomide a 10 mg/die, con beneficio
(Tabella 1). Gli esami evidenziavano inoltre un miglioramento progressivo dei valori di Hb (Figura 2) e la diminuzione costante della componente monoclonale, con
raggiungimento di una risposta completa (Figura 1). Al
21° ciclo di terapia, per comparsa di nuova eruzione
cutanea di grado 3 estesa al tronco, volto e cuoio cappelluto, insorta nonostante assunzione contemporanea
di antistaminico, si riduceva nuovamente la lenalidomide a 5 mg/die (Tabella 1), con beneficio. A partire
dal 25° ciclo, gli esami evidenziavano però ricomparsa
della componente monoclonale sierica, con valori iniziali che oscillavano tra i 200 mg/dl e i 400 mg/dl, ma
senza segni di danno d’organo, per cui si decideva di
proseguire la terapia invariata. Dopo ulteriori 10 cicli
di terapia, per comparsa di lesioni ossee alla colonna
vertebrale (e quindi presenza di danno d’organo associato a ripresa sierologica di malattia) si sospendeva la
lenalidomide e si iniziava una nuova terapia.
Tabella 1. Livelli di riduzioni della dose[5]
Dose di partenza
25 mg/die dal giorno 1 al giorno 21 ogni 28 giorni
Dose-1
15 mg/die dal giorno 1 al giorno 21 ogni 28 giorni
Dose-2
10 mg/die dal giorno 1 al giorno 21 ogni 28 giorni
Dose-3
5 mg/die dal giorno 1 al giorno 21 ogni 28 giorni
Figura 1. Grafico relativo all’andamento dei valori
di emoglobina (Hb) durante la terapia
12
Figura 2. Grafico relativo all’andamento della
componente monoclonale durante la terapia
Trattamento continuativo con lenalidomide nel mieloma multiplo recidivato refrattario:
gestione clinica pratica
caso clinico 2
Nell’aprile del 2008, il signor S., 50 anni, veniva ricoverato presso il reparto di nefrologia del nostro Ospedale
per insufficienza renale (creatinina 3 mg/dl) e anemia
(emoglobina 7,5 g/l). Il paziente aveva sempre goduto di
buona salute, era portatore di un aneurisma dell’aorta
ascendente del diametro di 5 cm per il quale era stata
posta indicazione chirurgica differita e di uno struma tiroideo. Gli accertamenti eseguiti per indagare la causa
dell’insufficienza renale mostravano un’anemia macrocitica in assenza di deficit marziali o vitaminici e i restanti
parametri emocromocitometrici ed ematochimici erano
nella norma; l’elettroforesi delle proteine sieriche evidenziava una componente monoclonale di lieve entità (200
mg/dl) con immunofissazione positiva per IgDL e catene
leggere libere L; l’immunofissazione urinaria era positiva
per catene leggere L pari all’80% della proteinuria totale
(4,6 g/24 ore). Non erano presenti lesioni ossee alla radiografia dello scheletro e alla risonanza magnetica della
colonna vertebrale. L’aspirato midollare evidenziava la
presenza del 12% di plasmacellule monoclonali (analisi
FISH negativa per alterazioni cromosomiche) e la biopsia ossea mostrava un’infiltrazione pari all’80%.
È stata pertanto posta diagnosi di mieloma multiplo
IgDL + BJ, sintomatico per anemia e insufficienza renale[1], ed è stata iniziata la terapia specifica. Considerata
l’età e le buone condizioni generali, il paziente è stato avviato a chemioterapia di prima linea (induzione secondo
schema bortezomib-adriamicina-desametasone, successiva chemioterapia con ciclofosfamide e raccolta di cellule
staminali periferiche, doppio trapianto autologo di cellule
staminali ematopoietiche) con ottenimento di una risposta completa.
Nel febbraio del 2010, gli esami evidenziavano la nuova comparsa di proteinuria di BJ a bassi livelli (0,23 g/die)
in assenza di chiari segni di danno d’organo. Dal febbraio
2010 al settembre 2010, la proteinuria di BJ era progressivamente aumentata, inizialmente con un incremento
lento e graduale, e poi più rapido (aumento superiore al
50% da agosto a settembre 2010) (da 0,38 g/die a 1,05
g/die) e un iniziale anche se lieve incremento della creatinina (1,48 mg/dl, con valori di clearence pari a 65
ml/min); il paziente segnalava inoltre rachialgia ingravescente. Era stata pertanto eseguita una ristadiazione
completa. L’aspirato midollare evidenziava il 20% di plasmacellule monoclonali; la risonanza magnetica della colonna vertebrale e del bacino mostrava un interessamento
diffuso di tutti i metameri vertebrali e delle ossa del bacino (assenti lesioni litiche alla sistematica scheletrica).
Il rapido aumento della proteinuria di BJ, in associazione
a un iniziale peggioramento della funzionalità renale, determinavano la decisione di iniziare una terapia di seconda linea.
Considerata la breve durata della remissione post-secondo trapianto autologo (circa 8 mesi) la scelta terapeutica è stata di non ripetere nuovamente una
chemioterapia ad alte dosi, nonostante la giovane età
del paziente, ma di iniziare lenalidomide (25 mg/die per
21 giorni consecutivi ogni 28 giorni, dose standard visti
i valori di clearence superiori a 50 ml/min, Tabella 2) e
desametasone (40 mg a settimana, dose ridotta in considerazione di una precedente intolleranza allo steroide
ad alte dosi con agitazione e insonnia). A tale terapia
era stata associata cardioaspirina quale presidio antitrombotico[4], profilassi antibiotica con trimetoprim-sulfametossazolo e gastroprotezione.
Dopo il primo ciclo di terapia, la proteinuria di BJ si
era ridotta a 0,22 g/die e i valori di creatininemia erano
rientrati in range di normalità. La terapia era stata nel
complesso ben tollerata, il paziente ha segnalato solo
un’astenia di grado 2, ritenuta di possibile correlazione
con la lenalidomide. Durante il 2° ciclo di terapia, il signor S. ha segnalato un peggioramento dell’astenia (grado 3), per cui è stato dapprima rimandato di una
settimana l’inizio del 3° ciclo, con miglioramento clinico,
e poi ripresa la terapia con lenalidomide a dose ridotta
(15 mg/die).
I valori di BJ si mantenevano stabili fino al 6° ciclo
(Figura 3), quando si assisteva ad un nuovo aumento,
anche se in assenza di segni di danno d’organo. Si decideva pertanto, in accordo con il paziente, di aumentare
nuovamente il dosaggio della lenalidomide da 15 a 25
mg/die, con una discreta tollerabilità (il signor S. segnalava nuovamente astenia, ma di grado 2, non limitante le attività quotidiane, e diarrea di grado 2 durante
l’ultima settimana dei cicli di terapia). L’aumento del
dosaggio provocava una nuova diminuzione della proteinuria di BJ fino a 0,11 mg/die, mantenutasi poi stabile (Figura 3).
Durante il 12° ciclo, per comparsa di zoster toracico
associato a importante sintomatologia dolorosa (nevralgia), si sospendeva la terapia con lenalidomide e desametasone e si impostava terapia antivirale, con
l’intenzione di riprendere la terapia a dose nuovamente
ridotta (in considerazione dell’episodio infettivo) dopo
la risoluzione delle lesioni erpetiche. Durante il periodo
di sospensione, i valori di BJ si erano mantenuti stabili,
ma, a 2 mesi, la nevralgia post-erpetica persisteva e il paziente, in buone condizioni generali (se si eccettua la sintomatologia dolorosa), si rifiutava di riprendere la terapia.
13
Therapy Perspectives
For Rational Drug Use & Disease Management
Tabella 2. Funzionalità renale[5]
Clearence della creatinina ≥ 50 ml/min
25 mg/die dal giorno 1 al giorno 21 ogni 28 giorni
Clearence della creatinina 30-49 ml/min
10 mg/die dal giorno 1 al giorno 21 ogni 28 giorni*
Clearence della creatinina
< 30 senza necessità di dialisi
15 mg a giorni alterni dal giorno 1 al giorno 21 ogni 28 giorni^
Clearence della creatinina
< 30 con necessità di dialisi
5 mg/die dal giorno 1 al giorno 21 ogni 28 giorni,
nei giorni di dialisi somministrata dopo la dialisi
*aumentabile a 15 mg/die qualora in paziente non risponda al trattamento, ma tolleri il medicinale
^la dose puo’ essere aumentata a 10 mg se il paziente tollera il farmaco
Figura 3. Grafico relativo all’andamento della
componente monoclonale durante la terapia. Le
frecce indicano l’inizio della somministrazione della lenalidomide (con relativo dosaggio) e la sua sospensione.
In accordo con il paziente, si proseguiva con soli controlli periodici. Dopo 8 mesi dalla sospensione del farmaco, per un aumento superiore al 50% dei valori di
proteinuria di BJ in un periodo di un mese senza segni
di danno d’organo, si decideva di riprendere nuovamente
la terapia con lenalidomide (dose ridotta a 15 mg/die,
considerato il precedente episodio infettivo) in associazione a desametasone 40 mg/settimana. A 21 giorni dall’inizio del primo ciclo di terapia il paziente segnalava la
comparsa da alcuni giorni di arrossamento ed edema
dell’arto inferiore sinistro, associato a dolore. Si eseguiva
pertanto un ecodoppler degli arti inferiori con riscontro
di trombosi venosa profonda; si sospendeva pertanto la
cardioaspirina, e iniziava terapia anticoagulante con eparina a basso peso molecolare.
Il paziente presentava nuovamente una buona risposta
alla terapia per cui si decideva di riprendere la terapia
con lenalidomide, senza ulteriori riduzioni di dose o ritardi nell’inizio del ciclo successivo, proseguendo la terapia anticoagulante (una precoce sospensione/ulteriore
riduzione avrebbe potuto compromettere l’efficacia della
terapia). L’eparina a basso peso molecolare era poi stata
sostituita dal warfarin, considerando il basso rischio di
piastrinopenia con la lenalidomide a dose ridotta e l’assenza di piastrinopenia significativa (mai superiore al
grado 1) durante i cicli precedenti anche con dosaggi
maggiori. Tale terapia era poi stata ben tollerata e l’episodio trombotico si era risolto completamente. La terapia
anticoagulante era stata comunque mantenuta per tutta
la durata del trattamento. Dopo circa 8 mesi, per una ripresa rapida di malattia con nuovo e significativo peggioramento della funzionalità renale, si decideva di
sospendere la lenalidomide e iniziare una nuova terapia.
caso clinico 3
La signora O. giungeva alla nostra osservazione nel novembre del 2007, all’età di 75 anni, per recidiva di mieloma multiplo. La paziente, in precedenza seguita presso
altro Centro, era affetta da mieloma multiplo IgGK diagnosticato nel 2001, trattato alla diagnosi con 6 cicli di
melfalan e prednisone per via orale, ottenendo una remissione parziale. La signora aveva presentato una prima
recidiva di malattia nel 2003, trattata con talidomide e
desametasone, con ottenimento di una nuova remissione
parziale. Unici dati anamnestici di rilievo erano una pregressa colecistectomia e la presenza di anticorpi antiHCV, con buona funzionalità epatica.
A settembre del 2007 la paziente presentava una nuova
recidiva di malattia, caratterizzata dalla comparsa di nuove
lesioni ossee al rachide con multipli crolli vertebrali, per i
quali era stata sottoposta a vertebroplastica su D11, D12,
L1, L2 L3 e sacroplastica, ed era stata iniziata terapia con
bortezomib, con ottenimento di una risposta parziale.
Nel dicembre 2009, all’età di 77 anni, la paziente riferiva comparsa di dolore costale. La radiografia dello scheletro evidenziava fratture patologiche della 7°a e della 8°a
costa sinistra (sede del dolore), irregolarità del profilo
della 3°a, 4°a, 5°a e 6°a costa e piccole areole di radiotra-
14
Trattamento continuativo con lenalidomide nel mieloma multiplo recidivato refrattario:
gestione clinica pratica
sparenza ai femori bilateralmente. Inoltre, la risonanza
magnetica della colonna vertebrale mostrava una nuova
alterazione di segnale a livello L4 e diffuse alterazioni a
carico del bacino. Gli esami ematici mostravano un quadro di anemia (Hb 10,1 g/dl), con restanti parametri
emocromocitometrici ed ematochimici nella norma (in
particolare creatinina 0,66 mg/dl con clearence pari a 66
ml/min, calcemia e funzionalità epatica normali). La
componente monoclonale sierica era 3120 mg/dl, la proteinuria di BJ pari a 0,26 mg/die.
In considerazione della nota anamnesi positiva per
HCV, era stato eseguito un controllo dell’HCV-RNA
prima dell’inizio della terapia specifica, risultato negativo.
L’aspirato midollare evidenziava il 20% di plasmacellule
monoclonali. Si decideva pertanto di iniziare il trattamento specifico e si proponeva alla paziente una terapia
con lenalidomide (25 mg/die per 21 giorni consecutivi
ogni 28 giorni) e desametasone (20 mg a settimana, dose
ridotta in considerazione dell’età[3]); si associava cardioaspirina per la profilassi della trombosi (la paziente, avendo
dolori costali controllati dalla terapia antalgica con fentanil transdermico, si mobilizzava autonomamente, non
aveva diatesi trombotifilica nota e nemmeno precedenti
eventi trombotici durante terapia con talidomide, per cui
era stata considerata a basso rischio trombotico[4]), profilassi antibiotica con trimetoprim-sulfametossazolo e
gastroprotezione. Al controllo programmato al termine
del primo ciclo la paziente riferiva epigastralgie di grado
3 verosimilmente correlate allo steroide, per cui si riduceva la posologia del desametasone a 10 mg/die una volta
alla settimana, con beneficio.
La ristadiazione di malattia mostrava una riduzione
della componente monoclonale del 50% (risposta parziale). Dal ciclo 5, per peggioramento delle epigastralgie, si
sostituiva il desametasone con prednisone a basso dosaggio (25 mg 3 volte alla settimana), con netto miglioramento della tollerabilità; gli esami evidenziavano inoltre
una progressiva riduzione della componente monoclonale
(Figura 4). La paziente proseguiva pertanto la terapia invariata, senza ulteriori complicanze di rilievo (unica tossicità, una saltuaria neutropenia sempre di grado 1).
Figura 4. Grafico relativo all’andamento della
componente monoclonale durante la terapia.
Tabella 3. Valori di neutrofili[5]
< 0,5 x 109/l
Interruzione della lenalidomide
> 0,5 x 109/l, senza altre tossicità
Ripresa della lenalidomide senza riduzioni di dose
> 0,5 x 109/l, con altre tossicità
ematologiche dose dipendenti
Ripresa della lenalidomide a dose-1
Successive < 0,5 x 109/l
> 0,5 x 109/l
Interruzione della lenalidomide
Ripresa della lenalidomide a dosaggio
successivo più basso (minimo 5 mg/die)
Tabella 4. Valori delle piastrine [5]
< 30 x 109/l
Interruzione della lenalidomide
> 30 x 109/l
Ripresa della lenalidomide a dose -1
Calo successivo < 30 x 109/l
Interruzione della lenalidomide
> 30 x 109/l
Ripresa della lenalidomide a dosaggio successivo
più basso (minimo 5 mg/die)
15
Therapy Perspectives
For Rational Drug Use & Disease Management
A partire dal 10° ciclo, la signora O. segnalava diarrea
ricorrente, durante gli ultimi 7 giorni di assunzione di lenalidomide, che migliorava spontaneamente dopo la sospensione. Agli esami ematochimici si evidenziava
modesta alterazione elettrolitica (tendenza a ipocalcemia
e ipokaliemia), di verosimile correlazione con la diarrea.
A scopo diagnostico era stata eseguita una coprocoltura
con esame parassitologico delle feci, risultata negativa, e
veniva comunque iniziata una terapia con rifaximina
mensile e fermenti lattici, con solo parziale beneficio. Nel
sospetto di diarrea correlata a lenalidomide, si riduceva
quindi il dosaggio del farmaco a partire dal 13° ciclo (15
mg/die; Tabella 1), con miglioramento della tollerabilità.
Non si verificavano altre complicanze di rilievo, fino
al giorno +1 dall’inizio del 17° ciclo, quando gli esami di
controllo pre-terapia evidenziavano una neutropenia di
grado 3 (neutrofili 0,8 x 109/l). Il rinvio di una settimana
dell’inizio della terapia consentiva la risoluzione spontanea
della neutropenia. Un secondo episodio di neutropenia
di grado 3 si verificava al termine del 28° ciclo e al temine
del 36° ciclo, sempre con ripresa spontanea dei valori emocromocitometrici dopo il rinvio di circa una settimana
dell’inizio della lenalidomide, senza necessità di somministrare il fattore di crescita.
Il breve ritardo nell’inizio del ciclo inoltre non sembrava impattare negativamente sul controllo della malattia, in quanto la rivalutazione sierologica mostrava
un quadro di buona risposta parziale, stabile da mesi
(Figura 4). Pertanto non sono state effettuate ulteriori
riduzioni di dose del farmaco (neutropenia con valori
>0,5 x 109/l e risoluzione spontanea con lieve ritardo
nell’inizio del ciclo, senza necessità di aggiungere il
fattore di crescita; Tabella 3). Non si era inoltre mai
verificata piastrinopenia significativa (mai superiore al
grado 1), tale da determinare riduzioni della dose, interruzioni o ritardi nell’inizio del ciclo (Tabella 4). La
paziente prosegue tuttora la terapia con lenalidomide
15 mg/die e steroide a basse dosi.
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Prodotto
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Cod. CST-MM-0015/000
Depositato presso AIFA in data 15/11/2013