FISICA DELLE BASSE TEMPERATURE A cura del Dott. Roberto Giardelli Sommario L'ESPERIMENTO DI JOULE-THOMSON 1 CALCOLO DEL COEFFICIENTE DI JOULE-THOMSON 7 EQUAZIONE DI STATO DI VAN DER WAALS 8 PROCEDURA SPERIMENTALE 10 CALCOLI 11 ENTALPIA 13 L'ESPERIMENTO DI JOULE-THOMSON L’effetto Joule-Thomson è un fenomeno fisico che viene utilizzato negli strumenti di criochirurgia moderni ma anche in molti altri apparati criogenici quali le macchine per la liquefazione dei gas (Linde) ecc… E’ importante conoscere l’evoluzione di questo strumento fisico-matematico per le sue conseguenze costruttive in particolar modo nella criochirurgia. In questa breve rassegna cercheremo di essere estremamente semplici senza compromettere il discorso scientifico su cui poggia la struttura di questo effetto fondamentale. Per coloro i quali desiderano qualche approfondimento ulteriore abbiamo inserito in appendice una descrizione dell’entalpia che è una grandezza fisica ricorrente ed importante nel dicorso generale dell’effetto J-T. Durante la prima metà del diciannovesimo secolo, Joule tentò di misurare la variazione di temperatura che si ha quando un gas si espande nel vuoto. Joule progettò un esperimento per scoprire se i gas si raffreddano in espansione ed in caso affermativo quanto. L'apparecchiatura Joule consisteva di due bulbi di vetro collegati da un rubinetto. pag. 1 Fig1. Apparato di Joule Un bulbo di rame, quello A alla sinistra, veniva riempito con gas ad un certa pressione P e temperatura T ed isolato da un altro bulbo B contiguo, preventivamente svuotato, mediante una valvola V di regolazione. Ambedue i bulbi erano immersi in un bagno di acqua dotato di un termometro sensibile. Dopo che l'equilibrio termico era stato raggiunto, previo opportuno rimescolamento (vedi mulinello sulla destra), la valvola V veniva aperta consentendo al gas in A di espandersi nel bulbo B adiacente. Joule non rilevò nessun cambio in temperatura e pertanto q = 0 ossia l'esperimento avveniva in condizioni adiabatiche. Poiché il gas si espandeva contro pressione nulla non veniva eseguito nessun lavoro ossia w = 0. Essendo, quindi, q = 0 e w = 0 è chiaro che, allora, ΔU = q + w = 0. Il processo avviene ad energia interna U costante. Chiaramente, ΔV ≠ 0 perché il gas espandendosi ha riempito entrambi i bulbi. La domanda era: la temperatura T cambia? Il cambio ΔT venne misurato pari a zero ovvero nessun cambio termico. (In effetti l'esperienza di Joule era sufficientemente rozza in modo da non poter rilevare la differenza tra un gas ideale e gas reale cosicché le conclusioni che si traggono da questo esperimento si applicano solo ad un gas ideale.) In effetti Joule cercava di misurare la variazione di T rispetto a V mantenendo l'energia interna U costante ossia si prefiggeva di conoscere sperimentalmente la derivata parziale ( ) ed il risultato fu che ( ) = 0 implicante come conseguenza, data la relazione ( ) = ( ) ( ) , che ( ) = 0 ossia che l'energia interna U è indipendente dal volume (e perciò dalla pressione) a temperatura costante. Il suo apparato di misura non era molto sensibile avendo una capacità termica grande rispetto a quella dell'aria e non fu in condizione di rilevare, come s'è detto, nessun cambiamento di temperatura T all'interno dell'intervallo di errore delle misure. In realtà ( ) 0 dato che pag. 2 il gas nel bulbo A si scaldava leggermente e quello che veniva espanso in B era in qualche modo più freddo e quando l'equilibrio termico era finalmente raggiunto il gas si trovava ad una temperatura leggermente differente rispetto a quella anteriore all'espansione. Risultando, pertanto, ( ) si ha, conseguentemente, che ( ) 0. È soltanto quando la pressione gassosa viene progressivamente ridotta che il cambio di temperatura diminuisce progressivamente fino a diventare nullo quando la pressione, al limite della sua fase di riduzione, si annullasse. In tal caso U sarebbe indipendente dal volume ossia U = U(T) ma questo è il caso del gas ideale e non del gas reale con U = U(T,V) per il quale il risultato dell'esperimento di Joule non risulta valido. Lo studio della dipendenza dell'energia e dell'entalpia di gas reali dal volume (pressione) fu fatto da Joule in collaborazione con Thomson seguendo una procedura differente. Essi consentirono al gas di espandere liberamente attraverso un setto poroso. Questo è un processo irreversibile ma le considerazioni termodinamiche si applicano a questo sistema semplicemente considerando lo stato di equilibrio iniziale e finale prima e dopo l'effettuazione del processo. Per studiare l'espansione gassosa attraverso il filtro costituito dal setto poroso ci focalizzeremo su una determinata massa di gas. Si può considerare questa massa di gas come racchiusa tra due pistoni mobili immaginari (infatti sono tratteggiati in figura) tali da mantenere le pressioni P1 e P2 costanti. Fig 2. Principio dell'apparato di Joule-Thomson Come si mostra in Fig 2 il gas si espande dalla pressione P1 alla pressione P2 mediante l'azione di strozzamento dovuta al setto poroso. L'intero sistema è termicamente isolato ossia cilindro e pistoni sono supposti impermeabili al calore; in tal modo non si permette al sistema di ricevere o perdere calore cosicché l'espansione avviene eseguendo una trasformazione adiabatica, a cui corrisponde q=0 Al gas viene consentito di fluire con continuità attraverso il setto poroso, e quando si raggiungono le condizioni di stazionarietà le temperature gassose, prima e dopo l'espansione, T1 e T2, vengono misurate con termocoppie sensibili. Si verificherà che l'espansione del gas avviene ad entalpia costante. Si consideri l'espansione d'una massa determinata di gas attraverso il setto poroso. Nell'esperimento realizzato da Thomson e da Joule (1852) le porosità del setto erano di dimensioni abbastanza grandi rispetto al libero cammino medio molecolare, da poter considerare il passaggio del gas un normale flusso, anziché un processo di diffusione, nello stesso pag. 3 tempo però erano sufficientemente piccole da far sì che l'elevata resistenza viscosa incontrata dal gas ne riducesse l'energia cinetica a valori trascurabili. Il gas occupa un volume V1 a pressione P1 ed a temperatura T1 prima dell'espansione ed un volume V2 a P2,T2 dopo l'espansione. Qual è il lavoro fatto durante questo processo? La compressione del pistone immaginario a lato sinistro fornisce un lavoro (eseguito dall'area circostante del sistema) equivalente a ─ P1 dove = - V1 o wSX = + P2 · V2 Similmente, l'espansione del pistone immaginario a lato destro fornisce un lavoro sull'ambiente circostante da parte del sistema pari a ─ P2 dove = V2 ─ 0 = V2 o w DX = ─ P2 · V2 Il lavoro fatto sul sistema gassoso durante l'espansione è allora w = wSX + wDX = + P1·V1 ─ P2·V2 Essendo il gas separato da qualunque fonte di calore non può assorbirne nessuna quantità per convertirlo in lavoro. Questo deve provenire dall'energia interna del gas U cosicché questa diminuisce e dato che U è funzione di T ciò significa che la temperatura del gas deve diminuire. Il cambio complessivo in energia interna del gas durante l'espansione adiabatica è allora ΔU = q+w = 0 + w = + w o ΔU = P1·V1 ─ P2V2 = U2 ─ U1 0 pag. 4 Il processo non avviene ad energia interna U costante. Riordinando si ottiene U2 + P2V2 = U1 + P1V1 ma ricordando la definizione di entalpia (vedi appendice) H = U + PV si ha H2 = H1 Questa è perciò un'espansione isoentalpica e l'esperimento misura direttamente il cambio in temperatura d'un gas con la pressione ad entalpia costante che è denominato il coefficiente di Joule-Thomson µJT µJT = ( H = Per un gas ideale dato che il processo è isoentalpico si può scrivere ma ( ) =( ) ( ) ( ) = + P·V))/ / =( = ─ Cp µJT ) + quindi ( ) = ( ) = 0 dato che per un gas ideale, come s'è detto, H ed U sono funzione di T soltanto. Essendo la capacità termica Cp non nulla a pressione costante, il coefficiente di Joule-Thomson dev'essere nullo per un gas ideale. Essendo µJT = 0 per un gas ideale dove non esistono interazioni molecolari a differenza che nel gas reale non c'è alcun effetto di Joule-Thomson. Si conclude, quindi, che suddetto effetto dipende dall'interazione molecolare. Il coefficiente µJT per un gas reale è diverso da zero. L'espansione gassosa implica un cambio di temperatura ΔT dipendente dai cambi in energia cinetica direttamente influenzati dalle condizioni di strozzamento ossia dalla struttura porosa del setto ma anche dalla natura non ideale del gas ossia dalle interazioni molecolari come già evidenziato. Un gas reale può riscaldarsi o raffreddarsi. Facendo riferimento alla Fig.2 T2 T1 ed, in certe condizioni, è più alta ed in altre è più bassa. Ricordando la relazione pag. 5 µJT = ( nella fase di espansione ΔP è negativa e perciò un valore positivo per µJT corrisponde a raffreddamento in espansione e viceversa. Si fa notare, fatto non sempre sottolineato in letteratura, che mentre l'entalpia H rimane invariata nell'espansione di Joule-Thomson, per sua natura processo isoentalpico, non si può dire lo stesso per l'entropia S: la variazione di entropia associata all'espansione del gas dev'essere maggiore di quella associata alla riduzione della sua temperatura, altrimenti il gas non fluirebbe attraverso il setto poroso. Esaminiamo, ora, suddetto comportamento fisico per i gas reali. Se viene eseguito un esperimento di Joule-Thomson, le coppie corrispondenti di valori di pressione e temperatura, cioè P1 e T1, P2 e T2, P3 e T3, ecc determinano un numero di punti sul diagramma pressione-temperatura come nella figura 3a e dato che H1 = H2 = H3 ecc., l'entalpia è la stessa in tutti questi punti. Si noti che questa curva non rappresenta il processo eseguito dal gas nel passaggio attraverso il setto poroso, dato che il processo è irreversibile ed il gas non passa attraverso una serie di stati in equilibrio. La temperatura e pressione finale vanno misurate ad una certa distanza dal setto poroso in modo da consentire l'annullamento di disomogeneità presenti nel flusso, ed il gas passa da un punto presente sulla curva ad un altro mediante un processo irreversibile. Eseguendo altre serie di esperimenti, mantenendo invariate la pressione e temperatura iniziale in ciascuna serie, ma variandole da una serie all'altra, si può ottenere una famiglia di curve corrispondenti a diversi valori di H. Una tale famiglia viene mostrata in Fig. 3b che è tipica di tutti i gas reali. pag. 6 Se la temperatura non è troppo elevata le curve passano attraverso un massimo detto punto d'inversione. La pendenza d'una curva isoentalpica in qualsiasi punto è ( H e nel massimo della curva, o punto d'inversione, vale µJT = 0. Quando si utilizza l'effetto Joule-Thomson nella liquefazione dei gas per espansione, è evidente che devono scegliersi condizioni tali da portare alla diminuzione della temperatura. Ciò è possibile soltanto se temperatura e pressione iniziale si trovano all'interno della curva d'inversione. Allora una caduta di temperatura sarebbe prodotta nell'espansione dal punto a al b e poi a quello c, ma un rialzo di temperatura avverrebbe nell'espansione da d a e, punti esterni alla curva d'inversione. Non è scontato che qualsiasi gas con µJT = 0 sia ideale; da quanto detto prima risulta ovvio che i gas reali hanno molte temperature a cui µJT = 0. Tanti gas a temperatura ambiente e pressioni moderate si trovano all'interno dell'area di "raffreddamento" della Fig. 3b; va notato che idrogeno ed elio presentano un comportamento anomalo avendo una temperatura d'inversione ben al di sotto della temperatura ambiente, ed a quella ambiente si comportano come nella trasformazione da d ad e, cioè nell'espansione si riscaldano. Vediamo di comprendere i meccanismi fisici in gioco. Quando un gas si espande la distanza media tra le sue molecole aumenta. Data la presenza di forze attrattive intermolecolari, l'espansione causa un aumento di energia potenziale del gas. Se non viene estratto lavoro dal sistema durante il processo di espansione ("espansione libera") e non viene trasferito calore, l'energia totale del gas rimane la stessa per la conservazione dell'energia. L'aumento di energia potenziale produce quindi una diminuzione dell'energia cinetica e quindi una diminuzione di temperatura del gas. Un altro meccanismo ha invece effetti opposti: durante le collisioni tra le molecole del gas, l'energia cinetica viene temporaneamente convertita in energia potenziale. Mentre la distanza intermolecolare media aumenta, c'è una diminuzione del numero di collisioni per unità di tempo, che causa a sua volta una diminuzione dell'energia potenziale media. Dato che l'energia totale viene conservata questo comporta un aumento dell'energia cinetica (e quindi della temperatura). Dentro la curva di inversione Joule-Thomson, il primo effetto (lavoro interno fatto contro le forze attrattive intermolecolari) domina e l'espansione libera causa una diminuzione della temperatura. Fuori dalla curva di inversione, il secondo effetto (diminuzione dell'energia potenziale associata alle collisioni) domina, l'espansione libera provoca un aumento di temperatura. CALCOLO DEL COEFFICIENTE DI JOULETHOMSON E' spesso necessario esprimere il coefficiente di Joule – Thomson in termini di altre derivate parziali. Essendo l'entalpia una funzione dipendente dallo stato del sistema ossia dalla temperatura e dalla pressione cioè H = H(T, P), possiamo scrivere il differenziale totale come pag. 7 Nell'esperimento di Joule -Thomson H = Cost cioè dH = 0 e, quindi, riordinando l'espressione precedente uguagliata a zero si ottiene ma (∂H/∂T)P, derivata parziale entalpica, costituisce Cp, capacità termica a pressione costante. Tenendo presente che in un sistema chiuso dU = dQ – dw dove dw è il lavoro fatto dal sistema ed, inoltre, facendo il differenziale dell'entalpia H = U +PV, si ricava dH = dU + d(PV) ma dU = dQ – dw = Tds –PdV essendo un processo reversibile e quindi dH = dU + d(PV) = Tds –PdV + PdV +VdP = TdS +VdP da cui (∂H/∂P)T = T (∂S/∂P)P + V ma per la relazione di Maxwell applicata al differenziale dell'energia libera di Gibbs dG = d(U-TS +PV) = VdP - SdT si ottiene (∂S/∂P)T = (∂V/∂T) P . Sostituendo questo risultato nell'espressione equivalente dell'entalpia H rispetto alla pressione con T costante si ottiene del differenziale =V─ ( Allora µJT = Per un gas reale può ottenersi da qualsiasi equazione di stato come si mostra qui di seguito con l'equazione di van der Waals. EQUAZIONE DI STATO DI VAN DER WAALS L'equazione di stato di Van der Waals per una mole di gas reale è la seguente (P + ) (V – b) = RT dove le costanti a e b, sempre positive, dipendono dalla natura del gas. Il termine correttivo tiene conto delle forze di attrazione tra le molecole il che tende a tenerle più lontane dalle pareti facendo diminuire la pressione sulle stesse, diminuzione proporzionale al numero di coppie di particelle presenti ossia ∝ n2 mentre b fa riferimento al volume materialmente occupato dalle molecole di una mole di gas (covolume), ossia (V-b) è il volume "libero" e questo parametro la fa aumentare. A basse temperature le interazioni tra le molecole possono risultare significative rispetto all’energia termica e pertanto il termine a diviene importante mentre ad alte pag. 8 temperature, invece, diventa significativo il termine b in quanto l’energia termica diviene più grande rispetto ad ogni interazione. Suddetta equazione per i gas reali nella forma standard può essere riscritta, dopo aver moltiplicato i termini tra parentesi e riordinando, in modo da ottenere PV in funzione delle altre grandezze PV = RT bP Il tutto può riscriversi trascurando il termine sostituendo il termine con dato che a e b sono piccoli e nella forma indicata sotto V= – b Differenziando l'espressione rispetto alla temperatura T con P, pressione, mantenuta costante si ottiene −V= Sostituendolo nell'espressione µJT = –b si ottiene µJT = Questa equazione non si presenta in modo semplice ma viene trattata dai teorici guardando le condizioni estreme. A temperature T tendenti a zero il termine diventa molto più grande di b, il quale può, pertanto, essere trascurato Si ha, quindi, , il coefficiente di Joule-Thomson espressione positiva dato che ogni termine ivi presente è positivo. Ciò si accorda con l'esperimento. Un coefficiente di Joule-Thomson positivo significa raffreddamento a temperature molto basse. Ad alte temperature il termine contenente T a denominatore va a 0 e si ha pertanto µJT = Risultato che concorda con l'esperimento dato che è negativo, il che significa riscaldamento. Si noti che il termine con il coefficiente a è scomparso, rimanendo solo b. La misurazione del coefficiente di Joule-Thomson permette la ricostruzione della funzione di stato dei gas ed è essenziale nella progettazione delle pompe di calore. pag. 9 PROCEDURA SPERIMENTALE L'apparato di Joule-Thomson viene mostrato nella Fig3. Dato che il setto poroso abbisogna d'un tempo piuttosto lungo per arrivare ad uno stato termico stazionario, il gas sarà acceso circa due ore prima dell'inizio del laboratorio per garantire che la differenza di temperatura attraverso il setto poroso ha raggiunto un valore costante. Ciò è indicato dalla costanza della f.e.m. delle termocoppie. Fig3. Apparato di Joule-Thomson 1) Per usare e far funzionare il manometro digitale, c'è bisogno di circa 5 minuti. In primo luogo, bisogna attendere circa 90 secondi per andare a 780 Torr, poi azzerare premendo e tenendo premuto il tasto zero sul manometro per 2 secondi. I valori cambieranno per alcuni secondi, ma, in questo caso, non è un grosso problema. In secondo luogo, dopo l'azzeramento, ci sarà da regolare il valore desiderato di pressione MOLTO LENTAMENTE aprendo la valvola a spillo sulla bombola del gas ed operando un controllo della pressione ad un valore di circa 250 Torr e prendendo la lettura sul voltmetro. 2) Si prendano le letture come descritto sopra a intervalli di 5 min finché quattro letture (f.e.m., ∆P) non mostrano differenze significative (cioè senza derive sistematiche). pag. 10 3) Si faccia la media delle quattro letture e si assegni ad essa un intervallo di variabilità. 4) molto lentamente (per ca. 90 secondi) si aumenti la differenza di pressione, ∆P, di circa 100 Torr ai capi del setto poroso aprendo molto lentamente la valvola a spillo sulla bombola del gas. Si inizino a prendere dei valori 5 minuti dopo che è stato fatto il cambio di pressione e poi via via ad intervalli di 5 minuti fino a quando, come prima, quattro letture non mostrano una differenza significativa. In questo modo si ottengono 8 punti sperimentali. Utilizzando il grafico di taratura si calcola ∆T, il cambio di temperature attraverso il setto poroso. CALCOLI Per ciascun punto si determinino i valori medi di ∆P e ∆T. Si determinino le indeterminazioni nei valori di T e P e si tracci un grafico di T rispetto a P racchiudendo ciascun punto in una casella d'indeterminazione. Si tracci la linea che meglio si adatta ai suddetti punti sperimentali e se ne determini la pendenza. Si disegnino anche le righe di pendenze massima e minima. Si calcoli la pendenza m e l'intercetta b per la linea. Infine calcolare m e b e confrontare con l'analisi effettuata graficamente. Dalla pendenza si determini il coefficiente di Joule-Thomson, µJT, in °C/atm e l'indeterminazione ±µJT. Si calcoli il coefficiente di Joule-Thomson µJT per il gas dall'equazione di stato di van der Waals utilizzando l'equazione µJT = Sotto si riportano i valori delle costanti a e b relative a biossido di carbonio, elio ed azoto con l'equazione di van der Waals pag. 11 Valori delle costanti (in unità MKS) CO2 He N2 Van derWaals a(j m3mole-2) b(m3 mole-1) CP (joule mole-1deg-1) 0.364 3.457x 10-3 0.141 4.267 x 10-5 2.370 x 10-5 3.913 x 10-5 37.085 20.670 26.952 N.B. 1 atm / 760 mm Hg /760 Torr/ 101.32 kPa. pag. 12 ENTALPIA Praticamente tutti i trasferimenti di energia con cui abbiamo a che fare avvengono a pressione costante piuttosto che a volume costante ed inevitabilmente una certa quantità di lavoro viene scambiata con l'atmosfera circostante. Così la quantità di calore trasferito non è uguale in senso stretto alla variazione di energia termica (ΔU) quale viene definita dalla prima legge della Termodinamica. È per questa ragione che fu inventato il concetto di «entalpia»: esprime una nuova grandezza, legata all'energia, che è una funzione di stato e le cui variazioni sono rigorosamente uguali alla quantità di calore trasferito mantenendo costante la pressione piuttosto che il volume. In natura moltissimi processi avvengono a pressione P = cost. A seconda del processo, il calore scambiato prende il nome dal tipo di processo, ad es.: entalpia di transizione, di combustione,… Ad esempio, in una reazione chimica, l'entalpia scambiata dal sistema consiste nel calore assorbito o rilasciato nel corso della reazione. In un passaggio di stato, come la trasformazione di una sostanza dalla sua forma liquida a quella gassosa, l'entalpia del sistema è il calore latente di evaporazione. L'entalpia, che si rappresenta con la lettera H, mostra la variazione d'energia all'interno di un sistema: tra due reagenti posti in un sistema chiuso avviene una reazione e se questa per arrivare ai prodotti libera energia, quindi disperde calore nell'ambiente (questo processo è detto esotermico), l'entalpia, o meglio il ΔH sarà negativo (ΔH = Hfinale Hiniziale), al contrario, se il sistema acquista energia (processo endotermico) il ΔH sarà positivo. Si noti che se il sistema dissipa calore (Q < 0 trasformazioni esotermiche) allora l’entalpia diminuisce e viceversa. Si pensi all'idrogeno (H) ed all'ossigeno (O) che formano l'acqua; H2O presenta un'energia interna che è certamente inferiore a quella dei due gas dove l'energia cinetica è elevata, il che si concretizza in una cessione d'energia all'ambiente sotto forma calorica e, conseguentemente, ΔH<0. Siccome le trasformazioni esotermiche sono favorite rispetto a quelle endotermiche, non richiedendo calore dall’esterno, allora le trasformazioni spontanee avverranno con entalpia decrescente ossia ΔH negativo. Nelle reazioni chimiche si usa l'entalpia molare ossia quella riferita ad una mole di sostanza, la cui unità di misura è joule/mol. pag. 13 Definizione di mole. In base al Sistema Internazionale (SI) una mole (il suo simbolo si indica con mol) è la quantità di sostanza che contiene un numero di unità elementari (atomi, molecole, ioni, elettroni, particelle.., da definirsi di volta in volta a seconda del tipo di sostanza) uguali al numero di atomi di carbonio contenuti in 12 g (0,012 kg) di 12C. Affinché la mole risulti utile in laboratorio, è necessario che essa contenga un numero grandissimo di atomi o molecole: lo stesso per tutte le sostanze. Questo numero è chiamato numero di Avogadro (NA); rappresenta il fattore di conversione tra mole, e numero di unità elementari e corrisponde a 6.022 1023 . Una mole contiene sempre lo stesso numero di particelle indipendentemente da quale sia la sostanza. Per esempio, una mole di atomi di ferro contiene 6.022 1023 atomi di ferro, così come una mole di molecole di acqua contiene 6.022 1023 molecole di acqua. Non si devono dimenticare le relazioni seguenti: 1. 2. 3. 4. massa molare = massa atomica di un elemento espressa in grammi. una mole di atomi corrisponde a 6,022*1023 atomi. una mole di molecole corrisponde a 6,022*1023 molecole. una mole di molecole diatomiche contiene 2* 6,022*1023 atomi. Dalla legge di Avogadro volumi uguali di gas differenti, misurati nelle stesse condizioni di pressione e temperatura contengono lo stesso numero di molecole e dalla definizione di mole, si deduce che la mole di una qualsiasi sostanza allo stato gassoso, nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, occupa lo stesso volume. Questo volume in condizioni normali (1 atm e 273 K) è pari a 22,414 l e si chiama volume molare. La conoscenza dei valori di entalpia delle sostanze consente molte applicazioni pratiche, ma poiché l'entalpia dipende dalla pressione e dalla temperatura è necessario, per renderne confrontabili i valori, riferirsi alle entalpie determinate in condizioni standard. La variazione di entalpia che si ha quando una mole di un composto si forma in condizioni standard a partire dagli elementi costituenti viene chiamata entalpia molare standard di formazione e viene indicata col simbolo ΔHf (kJ · mol-1 ). Per reazione di formazione si intende una reazione che conduce alla sintesi della sostanza a partire dagli elementi che la compongono. Si badi che non è un valore entalpico assoluto ma la variazione di entalpia in condizioni standard per una particolare reazione. Lo stato STANDARD d'una pag. 14 sostanza è caratterizzato dalla pressione 1bar ≃ 105 Pa., una temperatura di 25 °C (298,15 K) e dallo stato di aggregazione in cui si trova normalmente la sostanza in tali condizioni, riferito ad una mole di sostanza. Ad esempio per il carbonio la forma più stabile a 25 °C e 1 bar è la grafite e non il diamante. Si ricorda che suddette condizioni standard per reagenti e prodotti sono diverse da quelle per i gas dove si ha p = 1bar e T = 273,16 K. Poiché non è possibile misurare l'entalpia molare standard di formazione degli elementi puri, entalpia assoluta, si è assunto per convenzione di assegnare a tutti gli elementi una entalpia standard, ΔHf ° = Hf °, uguale a zero. In un semplice processo di variazione della temperatura, l'entalpia scambiata dal sistema per variazioni unitarie di temperatura è data dalla capacità termica Cp a pressione costante. La definizione formale dell'entalpia è: H = U + p·V dove U rappresenta l'energia interna del sistema, mentre p·V rappresenta il lavoro fatto per creare lo spazio V occupato dal sistema dove p la pressione e V il volume. Anche per l'entalpia come pure per l'energia interna si fissa uno stato termodinamico di riferimento cui associare un valore convenzionale dell'entalpia stessa. Essendo H una forma di energia, l'unità di misura adottata nel Sistema Internazionale è il joule. Poiché sia U, come p e V dipendono unicamente dallo stato del sistema, anche H, la loro somma, dipende unicamente dallo stato ossia è una proprietà del sistema; essendo U e V grandezze estensive, ossia dipendenti dalle dimensioni del sistema, anche l’entalpia è una grandezza estensiva; si ha quindi, per un corpo omogeneo: H = Mh essendo M la massa del corpo ed h l’entalpia specifica, ossia quella riferita all'unità di massa, la cui unità di misura adottata nel Sistema Internazionale è il joule/Kgm. Si noti che quando si parla di variazione dell'energia interna ΔU in reazioni chimiche bisogna fare molta attenzione! Si consideri, ad esempio, la reazione di combustione H2 + 1/2O2 ---> H2O a temperatura ambiente; dal Handbook of Chemistry and Physics si trova che ΔH = ─ 70.6 kcal/mol: il contributo principale viene dalla variazione dell'energia interna ΔH = ΔU + L = ─ 69.7 kcal/mol, valore negativo dato che la reazione è esotermica ossia il sistema cede calore all'esterno ovvero all'ambiente e dato che il processo è anche isobaro (siamo all'aria aperta…) ciò corrisponde ad una diminuzione di entalpia del sistema (ΔH<0). ΔH e ΔU, nel nostro caso, differiscono dato che è cambiato il volume del sistema e quindi, dato che la reazione è avvenuta con temperatura e pressione pag. 15 uguali all'inizio ed alla fine, la quantità di gas presente nello stato iniziale e finale è variata. Dal Primo Principio si ha ΔH = ΔU + L = ΔU + R·T ·(nfin ─ nin) in cui L, lavoro fatto dall'esterno sul sistema dove n sono le moli di gas mentre R = 8.31 J/K·mol è la costante dei gas, risulta pari a L = 0.86 kcal/mol. Pertanto la variazione dell'energia interna riceve un contributo positivo corrispondente all'energia necessaria per dissociare le molecole di ossigeno (119.1 kcal/mol ΔU1/2(O2---> 2O) = 59.6 kcal) ed un contributo negativo corrispondente all'energia di legame delle molecole d'acqua. Per capire meglio il concetto di entalpia e per tracciare le caratteristiche fondamentali di tale grandezza fisica si consideri il seguente esperimento: Supponiamo di avere una pentola, dotata di coperchio, al cui interno vi sia dell’aria alla temperatura di 20C ed alla pressione di 1 bar ( ricordo che 1bar = 105 Pa) ed ora di porre tale pentola sul fuoco bloccando il coperchio, tramite dei blocchi, mantenendo quindi al suo interno un volume costante (PROCESSO ISOCORO). Col passare del tempo il gas aumenterà di temperatura e, quindi, vi sarà un conseguente aumento di pressione: Figura 1 pag. 16 Per il primo principio, essendo il lavoro esterno nullo, si avrà: U2 – U1 = Q quindi M·cv ·(T2 - T1) = Q dove M è la massa del gas e cv la capacità termica specifica a volume costante. Quindi in una trasformazione a volume costante, detta ISOCORA, il calore scambiato è uguale alla variazione di energia interna. Supponiamo adesso di togliere i blocchi, cioè lasciamo il sistema libero di espandersi. A differenza di prima, la trasformazione si evolverà a pressione costante (PROCESSO ISOBARO), ma vi sarà un aumento di volume da parte del gas, e un conseguente lavoro esterno dato dall’area sottesa dalla linea di trasformazione: Figura 2 In seguito alla variazione di volume ΔV= V2 –V1 il lavoro svolto è: L = p·(V2 – V1) Dal Primo Principio si ha il seguente bilancio energetico: U2 – U1 = Q – L = Q – p·(V2 – V1) ed essendo, a pressione costante, la quantità di calore fornita per andare da T1 a T2 pari a: Q = M·cp·(T2 – T1) dove M è la massa del gas e cp il calore specifico a pressione costante. Sostituendo l'equivalente di Q nell'equazione di bilancio si ottiene pag. 17 U2 + p2·V2 – (U1 + p1·V1) = M·cp ·(T2 – T1) Dalla definizione di entalpia, segue che: ΔH= H2 – H1 = M·cp ·(T2 – T1) Quindi in una trasformazione a pressione costante, detta ISOBARA, il calore scambiato è uguale alla variazione di entalpia. Dall'esperimento fatto si deduce che l’energia interna e l’entalpia sono grandezze simmetriche che si utilizzano, rispettivamente, in caso di volume o pressione costante. Inoltre, grazie all’entalpia, è possibile riscrivere il Primo Principio della termodinamica in forma entalpica: du = dq – dl du = dq – p·dv dq = du + p·dv Si noti che si sono usate lettere minuscole per H,U,V, grandezze normalizzate rispetto all'unità di massa della sostanza considerata. h, entalpia specifica, è riferita all'unità di massa (J/kg nel S.I.) ma si usa anche hm, entalpia molare, riferita ad una mole di sostanza (J/mol nel S.I.). Scrivendo l’espressione dell’entalpia in forma differenziale osserviamo che: dh = du + p·dv + v·dp e sostituendola nella precedente otteniamo: dh = dq + v·dp Quest’espressione è utile per il calcolo diretto dell’entalpia conoscendo il calore specifico medio a pressione costante cP: infatti, se una trasformazione è isobara il termine v·dp si annulla e rimane dh = dq. Sapendo che il calore specifico a pressione costante vale: cp = dh/dT segue che, noto cP, si può ottenere h integrando l’espressione: dT Δh cp ·(T - T0 ) pag. 18 In questo caso dq è diventato un differenziale esatto quindi, dopo aver eseguito l'integrazione, h = q. Questa relazione indica che il calore scambiato dal sistema a pressione costante Q è la misura della variazione entalpica ΔH = M Δh . Per tale motivo a questa funzione termodinamica è stato dato da Kamerlingh-Onnes il nome di entalpia (dal greco enthalpos, cioè calore interno). pag. 19
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