Rem Koolhaas/OMA

Capitolo 7
Stabilit`
a
7.1
Introduzione
La definizione di configurazione di equilibrio formulata in chiusura del capitolo
precedente `e molto generale. Consideriamo un anellino, assimilato ad un punto
materiale P mobile su una parabola fissa disposta in un piano verticale e con
asse verticale. Supponiamo trascurabili gli attriti e che la sola forza attiva presente sia la forza peso. Se l’anellino viene posto all’istante t = 0 nel vertice della
parabola e questa `e rivolta come in figura 7.1 (sinistra) oppure come in figura
7.1 (destra) con velocit`a nulla esso vi permarr`a anche a tutti gli istanti successivi. Entrambe queste configurazioni sono di equilibrio. Se per`o immaginiamo
g
b
P
b
P
Figura 7.1: Illustrazione dei concetti di configurazioni stabile o instabile secondo
Ljapunov.
che all’istante iniziale P subisca un piccolo scostamento dalla configurazione di
equilibrio ovvero gli venga impartita una velocit`a non nulla, `e intuitivamente
chiaro–ed un calcolo pu`o confermarlo–che il comportamento di P `e sensibilmente
diverso a seconda che esso parta dalla prima o dalla seconda configurazione: nel
primo caso, a seguito di una piccola perturbazione P esso si muover`a in un intorno della configurazione di equilibrio mentre nel secondo caso si allontaner`a dalla
configurazione di equilibrio. Occorre dunque precisare ulteriormente la nozione
di equilibrio per permettere di discriminare questi due diversi tipi di comportamento e per questo occorre un’opportuna definizione di stabilit`
a del movimento:
adotteremo quella di Ljapunov che permette di formalizzare direttamente il di107
108
`
CAPITOLO 7. STABILITA
verso comportamento esemplificato sopra. La definizione di stabilit`a nel senso
di Ljapunov non `e la sola possibile ma `e l’unica che esamineremo in queste note.
7.2
Stabilit`
a nel senso di Ljapunov
Iniziamo dalla definizione di stabilit`a dell’equilibrio nel senso di Ljapunov applicandola per semplicit`a ad un sistema soggetto a vincoli olonomi.
Definizione 7.1 Dato un sistema olonomo descritto da un insieme q = {q1 , ...qn }
(e)
(e)
di coordinate lagrangiane, la configurazione qe ≡ {q1 , ...qn } `e di equilibrio
stabile nel senso di Ljapunov se ∀ε > 0 ∃δ > 0 e ∀ε′ > 0 ∃δ ′ > 0tale che, se
|q(0) − qe | < δ e |q(0)|
˙
< δ ′ allora |q(t) − qe | < ε e |q(t)|
˙
< ε′ ∀t > 0.
Il significato di questa definizione `e il seguente. Chiamiamo stabili quelle
configurazioni tali che, se il dato iniziale (q(0), q(0))
˙
`e prossimo al valore di equilibrio (qe , 0), allora la soluzione delle equazioni del moto rimane in prossimit`
a
di (q0 , 0) anche a tutti gli istanti successivi.
Osservazione Notiamo che una configurazione di equilibrio pu`o essere solo stabile
od instabile nel senso di Ljapunov. Non esistono configurazioni di equilibrio
indifferente. Inoltre, non `e detto che la perturbazione si smorzi in modo che,
per t → +∞, si abbia che la configurazione q(t) tenda a confondersi con quella
di equilibrio qe . Ci`o non succede, in particolare, se il sistema `e soggetto solo a
forze attive conservative e vincoli perfetti.
Formulata in questi termini, la definizione ha un’utilit`a pratica molto limitata: infatti per verificarla occorrerebbe conoscere il comportamento del sistema
almeno quando viene sollecitato a partire da un intorno della configurazione
di equilibrio che si desidera studiare. Se ci`o fosse possibile, vorrebbe dire che
si possederebbe una conoscenza dettagliata del moto di un sistema. In verit`
a,
solo per pochi sistemi si `e in grado di integrare le equazioni di moto in forma
chiusa e, anche in quei casi, la soluzione pu`o presentarsi sotto una veste piuttosto complicata cosicch´e risulta difficile evidenziare le propriet`a essenziali del
moto. Per questo sono importanti dei criteri di stabilit`a e di instabilit`a che,
basati sulla definizione di stabilit`a nel senso di Ljapunov, permettano di decidere o meno della stabilit`a di una configurazione di equilibrio senza conoscere la
soluzione generale del problema di moto del sistema. La principale condizione
sufficiente per la stabilit`a di una configurazione di equilibrio ordinaria `e fornita
dal seguente teorema di Dirichlet-Lagrange.
(e)
(e)
(e)
Teorema 7.1 Se nella configurazione di equilibrio ordinaria qe = {q1 , q2 , ..., qn }
l’energia potenziale di un sistema conservativo soggetto a vincoli olonomi e perfetti ha un minimo relativo isolato, allora qe `e una configurazione di equilibrio
stabile nel senso di Ljapunov.
Dim. Senza perdere in generalit`a, possiamo scegliere l’origine delle coordinate
(e)
in modo che qi = 0 , i = 1, ..., n. Poich´e l’origine `e un punto di minimo isolato
` NEL SENSO DI LJAPUNOV
7.2. STABILITA
109
per l’energia potenziale V (q) esiste δ0 > 0 tale che
V (q) > V (0) ∀q 6= 0 tali che |q| < δ0
p
dove |q| := q12 + q22 + ... + qn2 . L’energia meccanica del sistema `e definita da
E(q, q)
˙ := T (q, q)
˙ + V (q) ,
dove T (q, q)
˙ `e l’energia cinetica del sistema. La funzione E(q, q)
˙ `e continua e,
poich´e T (q, q)
˙ `e strettamente positiva su tutti i punti della forma (q, q)
˙ 6= (q, 0)
e si annulla sull’insieme dei punti (q, 0) possiamo concludere che
E(q) > E(0) ∀(q, q)
˙ 6= (0, 0) e tali che |q| < δ0 .
Consideriamo ora l’insieme aperto
Uε := {(q, q)
˙ ∈ Rn × Rn ||q| < ε ,
|q|
˙ < ε′ }
con ε < δ0 . La frontiera ∂Uε di Uε `e un insieme compatto e dunque la restrizione E ∂Uε della funzione continua E a ∂Uε ammette massimo e minimo. In
particolare il minimo E ∗ `e strettamente positivo dal momento che l’origine dello
spazio (q, q)
˙ `e punto interno di Uε . D’altra parte, proprio perch´e E `e continua
ed E(0, 0) = 0 devono esistere due numeri δ ∈ (0, ε] e δ ′ ∈ (0, ε′ ] tali che
E(q, q)
˙ < E∗
∀(q, q)
˙ ∈ Uδ ,
dove
Uδ := {(q, q)
˙ ∈ Rn × Rn | |q| < δ ,
|q|
˙ < δ′} .
Poich´e l’energia meccanica si conserva, ad ogni istante deve essere
E(q(t), q(t))
˙
= E(q(0), q(0))
˙
e dunque se prendiamo (q(0), q(0))
˙
∈ Uδ deve essere
E(q(t), q(t))
˙
= E(q(0), q(0))
˙
< E∗
cosicch´e (q(t), q(t))
˙
non pu`o mai appartenere a ∂Uε dove l’energia meccanica `e
sempre maggiore o uguale a E ∗ . Quindi (q(t), q(t))
˙
∈ Uε ∀t ≥ 0 e ci`o completa
la dimostrazione.
Osservazione Nella dimostrazione del teorema di Dirichlet-Lagrange abbiamo
usato esplicitamente la continuit`a dell’energia cinetica e dell’energia meccanica.
In quel che segue supporremo che queste funzioni siano regolari, almeno di classe
C 2 in tutti i loro argomenti.
Tra i molti criteri di instabilit`a proposti, enunciamo il primo criterio di
instabilit`a di Ljapunov
`
CAPITOLO 7. STABILITA
110
Teorema 7.2 Sia dato un sistema soggetto a vincoli olonomi, scleronomi e
a forze attive conservative e supponiamo che l’energia cinetica T e l’energia
potenziale V siano funzioni almeno di classe C 2 nei rispettivi argomenti. Se
(e) (e)
(e)
qe = {q1 , q2 , ..., qn } `e una configurazione di equilibrio ordinaria del sistema,
se V non ha in qe un punto di minimo relativo isolato e se questa propriet`
a
`e messa in evidenza dallo studio della forma hessiana in qe , allora qe `e una
configurazione di equilibrio instabile nel senso di Ljapunov.
Osservazione Ad una lettura affrettata, il I criterio di instabilit`a di Ljapunov
appare come l’inversione del teorema di Dirichlet-Lagrange: ma non `e cos`ı.
Senza entrare nel dettaglio sulla regolarit`a delle funzioni T e V , il punto cruciale
`e che la propriet`a del punto di equilibrio di non essere un minimo relativo isolato
deve essere verificata ricorrendo alla forma hessiana dell’energia potenziale. Se
questa in qe ha un autovalore nullo, l’analisi non `e conclusiva e dunque nulla si
pu`o dire circa la stabilit`a di questa configurazione di equilibrio. In questi casi
occorre usare altri criteri di instabilit`a ma non `e stato dimostrato ancora un
criterio che, da solo, sia in grado di rappresentare l’inversione del teorema di
Dirichlet-Lagrange.
7.3
Modi normali di oscillazione
Ci poniamo come obiettivo lo studio del moto in un intorno di una configurazione
di equilibrio di un sistema soggetto a vincoli olonomi, scleronomi e perfetti, in
presenza di forze attive conservative. Per semplicit`a di notazione la teoria verr`
a
esposta per sistemi dotati di due gradi di libert`a, descritti tramite le coordinate
lagrangiane q1 e q2 : il passaggio ad un numero n > 2 generico di gradi di
libert`a non comporta difficolt`a concettuali rispetto a quello presentato qui. Al
contrario, il caso di sistemi a 2 gradi di libert`a presenta aspetti nuovi rispetto
al caso di un solo grado di libert`a.
Supponiamo che la configurazione di equilibrio che ci interessa corrisponda
ai valori q1e e q2e delle coordinate q1 e q2 . Poich´e vogliamo studiare l’evoluzione
del sistema solo in un intorno di q1e e q2e , possiamo porre
q1 (t) = q1e + ε u1 (t)
e q2 (t) = q2e + ε u2 (t)
dove ε `e un numero che supporremo molto minore di 1, a ribadire il fatto
che ci concentriamo sullo studio approssimato del moto, mentre u1 (t), u2 (t)
sono funzioni del tempo che esprimono gli scostamenti di q1 (t) e q2 (t) dai loro
valori all’equilibrio. Nel seguito, utilizzeremo u1 (t) ed u2 (t) come coordinate
lagrangiane nella descrizione del sistema.
Il primo passo per studiare il moto approssimato `e quello di procurarsi un’espressione semplificata della lagrangiana L = T −V . A questo scopo sviluppiamo
111
7.3. MODI NORMALI DI OSCILLAZIONE
V e T in un intorno di q1e e q2e . Poich´e V = V (q1 (t), q2 (t)) possiamo scrivere
∂V ∂V e
e
V (q1 (t), q2 (t)) = V (q1e , q2e ) + ∂q
(q
(t)
−
q
)
+
1
1
∂q2 (q2 (t) − q2 )+
1
e
h 2 + 21 ∂∂qV2 (q1 (t) − q1e )2 +
1
e
e
∂2V (q2 (t) − q2e )2 +
∂q2 2
e
i
∂2V e
e
+2 ∂q
(q
(t)
−
q
)(q
(t)
−
q
)
,
1
2
1
2
1 q2
e
dove il simbolo |e indica che le derivate sono calcolate nella configurazione di
equilibrio q1 = q1e e q2 = q2e . Ora, dal momento che
`e di
questa configurazione
∂V ∂V equilibrio, deve essere ∇V = 0 e dunque anche ∂q1 = 0 e ∂q2 = 0, per cui il
e
e
primo termine non banale dello sviluppo `e quello quadratico. Se utilizziamo la
definizione di u1 ed u2 in termini di q1 e q2 ed introduciamo le costanti
∂ 2 V ∂ 2 V ∂ 2 V B11 :=
, B22 :=
, B12 :=
,
∂q12 e
∂q22 e
∂q1 q2 e
possiamo riscrivere lo sviluppo di V come
ε2 B11 u21 (t) + B22 u22 (t) + 2B12 u1 (t)u2 (t) + o(ε2 ) .
2
(7.1)
Occorre ora ripetere la stessa procedura per l’energia cinetica T definita da
V (q1 (t), q2 (t)) = V (q10 , q20 ) +
N
T =
1X
mi v i · v i ,
2 i=1
dove l’indice i denota l’i-esimo punto materiale di massa mi e velocit`a v i . Poich´e
trattiamo sistemi olonomi, scleronomi a due gradi di libert`a, possiamo esprimere
i vettori posizione r i dei punti che compongono il sistema come funzioni di q1 e
q2 , vale a dire
ri = ri (q1 (t), q2 (t))
∀i = i, ..., N .
Le velocit`a v i si ottengono dalla definizione
v i = r˙ i =
∂r i
∂ri
q˙1 +
q˙2
∂q1
∂q2
da cui segue che
vi · vi =
2
N X
∂ri
i=1
∂q1
q˙12
+
2
N X
∂r i
i=1
∂q2
q˙22
+2
N X
∂ri
i=1
∂r i
·
∂q1 ∂q2
PN
mi
q˙1 q˙2 .
Se definiamo le funzioni
a11 (q1 (t), q2 (t)) :=
a12 (q1 (t), q2 (t)) :=
PN
i=1
PN
i=1
∂ri
∂q1
mi ∂∂qr1i
mi
2
, a22 (q1 (t), q2 (t)) :=
∂ri
· ∂q2 ,
i=1
∂ ri
∂q2
2
,
`
CAPITOLO 7. STABILITA
112
l’energia cinetica si pu`o porre nella forma
T =
1
a11 (q1 (t), q2 (t))q˙12 + a22 (q1 (t), q2 (t))q˙22 + 2a12 (q1 (t), q2 (t))q˙1 q˙2 .
2
Osserviamo che `e possibile definire i coefficienti aij come
a11 :=
∂2T
,
∂ q˙12
a22 :=
∂2T
,
∂ q˙22
a12 :=
∂2T
.
∂ q˙1 q˙2
Per procedere, occorre esprimere T in termini di u1 (t) ed u2 (t), sviluppare in
serie di Taylor e limitarsi a termini di ordine non superiore al secondo in ε. Per
definizione,
q˙1 = ε u˙ 1 (t)
q˙2 = ε u˙ 2 (t)
e dunque
T =
ε2 a11 (q1 (t), q2 (t))u˙ 21 + a22 (q1 (t), q2 (t))u˙ 22 + 2a12 (q1 (t), q2 (t))u˙ 1 u˙ 2 +o(ε2 ) .
2
A questo stadio osserviamo che, prima ancora di procedere allo sviluppo in serie
di Taylor dei coefficienti aij , T `e gi`a quadratica in ε. Pertanto, l’approssimazione
richiesta consiste nel prendere, al posto di aij (q1 (t), q2 (t)) i rispettivi valori
calcolati nella configurazione di equilibrio:
A11 := a11 (q1e , q2e ) ,
A22 := a22 (q1e , q2e ) ,
A12 := a12 (q1e , q2e )
ed scrivere T come
T =
ε2 A11 u˙ 21 + A22 u˙ 22 + 2A12 u˙ 1 u˙ 2 .
2
Per definizione, abbiamo
∂ 2 T ,
∂ q˙12 e
A11 :=
A22 :=
∂ 2 T ,
∂ q˙22 e
A12 :=
∂ 2 T ∂ q˙1 q˙2 e
che conferisce loro un aspetto analogo ai coefficienti Bij . Notiamo infine che,
come i coefficienti Bij , anche i coefficienti Aij sono costanti.
Abbiamo ora a disposizione la lagrangiana approssimata
L=
ε2
2
A11 u˙ 21 + A22 u˙ 22 + 2A12 u˙ 1 u˙ 2 −
2 − ε2 B11 u21 (t) + B22 u22 (t) + 2B12 u1 (t)u2 (t) + O(ε3 )
da cui possiamo ottenere le equazioni di Lagrange nelle variabili u1 ed u2 :
A11 u
¨1 + A12 u¨2 + B11 u1 + B12 u2 = 0
(7.2)
A12 u
¨1 + A22 u¨2 + B12 u1 + B22 u2 = 0 .
113
7.3. MODI NORMALI DI OSCILLAZIONE
Le equazioni (7.2) formano un sistema di equazioni differenziali di secondo ordine, lineari, a coefficienti costanti. Per risolverle, conviene scriverle in forma
vettoriale introducendo il vettore
u1 (t)
u(t) :=
u2 (t)
e le matrici simmetriche
A11
A12
A12
A22
B11
B12
B12
B22
A :=
e
B :=
.
In questo modo (7.2) si scrivono come
A¨
u + Bu = 0 .
(7.3)
Osserviamo ora che la matrice A deve essere definita positiva. Infatti, l’energia
cinetica T `e sempre non negativa e si annulla se e solo se q˙1 = 0 e q˙2 = 0. Poich´e
`e sempre possibile scrivere
1
T = q˙ · aq˙ ,
2
dove
q1 (t)
q(t) :=
q2 (t)
ed
a(q1 (t), q2 (t)) :=
a11 (q1 (t), q2 (t))
a12 (q1 (t), q2 (t))
a12 (q1 (t), q2 (t))
a22 (q1 (t), q2 (t))
,
dalla definizione di matrice definita positiva si ha che T > 0 ∀q˙ 6= 0 se e solo
se a(q1 (t), q2 (t)) `e definita positiva. Questa propriet`a deve valere anche per
A che `e solo un caso particolare di a(q1 (t), q2 (t)). Come conseguenza, A deve
essere invertibile. Possiamo pertanto moltiplicare le (7.3) a sinistra per A−1 e
riscrivere le equazioni del moto approssimato nella forma
¨ + Cu = 0
u
(7.4)
dove
C := A−1 B .
` possibile dimostrare il seguente teorema:
E
Teorema. Date due matrici simmetriche A e B, con A definita positiva, la
matrice C := A−1 B `e diagonalizzabile in campo reale. Esiste pertanto una
base, non necessariamente ortonormale, composta di autovettori per C.
Ci`o che rende non ovvio il teorema `e che non `e affatto detto che C sia
simmetrica e dunque non c’`e a priori una garanzia della diagonalizzabilit`a di C
in campo reale. Ad esempio, le matrici
0 1
2 0
A = A−1 =
e
B=
1 0
0 1
`
CAPITOLO 7. STABILITA
114
sono entrambe simmetriche ma il loro prodotto
0 1
−1
A B=
2 0
non lo `e.
Nel caso in esame, dove le matrici coinvolte sono 2 × 2, chiamiamo v 1 e v 2
gli autovettori di C. Esistono allora due numeri reali λ1 e λ2 tali che
Cv 1 = λ1 v 1
e
Cv 2 = λ2 v 2 .
(7.5)
Al pari di C, anche λ1 , λ2 , v 1 e v 2 sono indipendenti dal tempo.
Poich´e i λi sono autovalori di C, essi sono le radici dell’equazione
det(C − λi I) = 0
e, essendo C = A−1 B ed I = A−1 A, abbiamo
det(C − λi I) = det[A−1 (B − λi A)] = 0 .
Infine, visto che detA−1 6= 0, possiamo riscrivere l’equazione cui debbono soddisfare i λi nella forma
det(B − λi A) = 0
che esime dal calcolo esplicito di A−1 . Determinati in questo modo gli autovalori
λi , i corrispondenti autovettori v i si ottengono moltiplicando le equazioni (7.5)
a sinistra per A, ottenendo
Bv 1 = λ1 Av 1
e
Bv 2 = λ2 Av 2 .
(7.6)
Inoltre, poich´e v 1 e v 2 formano una base, possiamo sempre trovare dei coefficienti c1 (t) e c2 (t) tali che
u(t) = c1 (t)v 1 + c2 (t)v 2 .
Sostituendo questa espressione in (7.4) abbiamo
c¨1 (t)v 1 + c¨2 (t)v 2 + λ1 c1 (t)v 1 + λ2 c2 (t)v 2 = 0 .
Poich´e v 1 e v 2 sono linearmente indipendenti, il solo modo per soddisfare queste
equazioni `e di annullare separatamente i coefficienti di v 1 e v 2 , ottenendo
c¨1 (t) + λ1 c1 (t) = 0
c¨2 (t) + λ2 c2 (t) = 0
che ammettono le soluzioni seguenti:

√
√
 α1 cos λ1 t + β1 sin λ1 t
α1 + β1 t√
c1 (t) =
√

α1 cosh −λ1 t + β1 sin −λ1 t
se λ1 > 0
se λ1 = 0
se λ1 < 0
115
7.4. ROTAZIONI PERMANENTI
e

√
√
 α2 cos λ2 t + β2 sin λ2 t
c2 (t) =
α2 + β2 √
t
√

α2 cosh −λ2 t + β1 sin −λ2 t
se λ2 > 0
se λ2 = 0
se λ2 < 0
dove le costanti αi e βi sono determinate dalle condizioni iniziali. Le coordinate
c1 (t) e c2 (t) che consentono di disaccoppiare le equazioni di Lagrange sono dette
coordinate normali. Dunque abbiamo scomposto
√
√ u nella combinazione lineare
di oscillazioni armoniche di pulsazioni λ1 e λ2 , se λ1 e λ2 sono entrambi
positivi. In questo caso la configurazione di equilibrio studiata `e stabile ed
abbiamo evidenziato come oscilla il sistema quando viene sollecitato a muoversi
in un suo intorno. Quando almeno uno dei λi `e negativo o nullo, u(t) ha almeno
una componente che non resta confinata in un intorno della configurazione di
equilibrio e quest’ultima dunque `e instabile.
` possibile scegliere le condizioni iniziali in modo che solo una coppia (αi , βi )
E
sia diversa da (0, 0). Il moto approssimato corrispondente `e detto modo normale
e, a seconda del segno di λi , si parla di modo oscillante, se λi > 0, modo lineare,
se λi = 0 e modo iperbolico, qualora λi < 0. In generale, il moto approssimato
pi`
u generale
`e una combinazione di modi normali. Quando λi > 0, la quantit`a
√
ωi := λi `e detta pulsazione della piccola oscillazione corrispondente al modo
normale oscillante. Talvolta, con abuso di linguaggio, ωi `e detta frequenza della
piccola oscillazione anche se in realt`a la frequenza νi `e legata alla pulsazione
dalla relazione ωi = 2πνi .
u di due l’analisi precedente
Osservazione Nel caso in cui i gradi di libert`a siano pi`
non `e modificata: esisteranno sempre n modi normali distinti grazie ai quali `e
possibile descrivere il pi`
u generale moto approssimato in un intorno di una
configurazione di equilibrio, sia essa stabile o meno. Nel caso n = 1 il calcolo
dell’unico autovettore v 1 `e superfluo, essendo le matrici coinvolte 1 × 1. La
pulsazione delle piccole oscillazioni si riduce ora a
r
B
ω=
A
dove
B :=
7.4
∂ 2 V ∂q12 e
e A :=
∂ 2 T .
∂ q˙12 e
Stabilit`
a delle rotazioni permanenti nei moti
alla Poinsot
Abbiamo visto al capitolo 5 che le equazioni di Eulero che reggono il moto alla Poinsot di un corpo rigido rispetto ad un punto fisso O ammettono come
soluzioni particolari le rotazioni permanenti attorno ad un asse principale di
inerzia del tensore IIO del corpo rigido. In questa sezione vogliamo studiarne la
stabilit`a nel senso di Ljapunov. Prenderemo in esame la rotazione permanente
`
CAPITOLO 7. STABILITA
116
ω p (t) = ω0 e1 (t) che avviene attorno alla direzione principale di inerzia e1 , solidale al moto rigido. Studieremo il comportamento nel tempo della perturbazione
descritta dalle funzioni scalari u1 (t), u2 (t) ed u3 (t) tali che
ω1 (t) = ω0 + εu1 (t)
ω2 (t) = εu2 (t)
ω3 (t) = εu3 (t)
(7.7)
dove ε ≪ 1 `e un parametro adimensionale. Se, nel corso del tempo, le funzioni
ui (t) resteranno limitate ∀i = 1, 2, 3, allora la rotazione permanente sar`a stabile
nel senso di Ljapunov; se anche una sola di queste funzioni non resta limitata nel
tempo, diremo la rotazione permanente instabile. Deduciamo ora la condizione
di stabilit`a per le rotazioni permanenti riscrivendo le equazioni di Eulero
I1 ω˙ 1 (t) + (I3 − I2 )ω2 (t)ω3 (t) = 0
I2 ω˙ 2 (t) + (I1 − I3 )ω1 (t)ω3 (t) = 0
I3 ω˙ 3 (t) + (I2 − I1 )ω1 (t)ω2 (t) = 0.
(7.8)
Se inseriamo le espressioni (7.7) nell’equazione (7.9), otteniamo
εI1 u˙ 1 (t) + ε2 (I3 − I2 )u2 (t)u3 (t) = 0
εI2 u˙ 2 (t) + ε(I1 − I3 )ω0 u3 (t) = 0
εI3 u˙ 3 (t) + ε(I2 − I1 )ω0 u2 (t) = 0 :
(7.9)
seguendo uno schema perturbativo, imponiamo che le equazioni precedenti siano
da soddisfare ad ogni potenza del parametro ε. Fermandosi all’ordine pi`
u basso,
abbiamo anzitutto u˙ 1 (t) = 0 da cui segue che la componente u1 (t) = u1 (0)
`e costante nel tempo e, in particolare, limitata. Le due equazioni restanti,
eliminando il fattore ε, formano il sistema di equazioni lineari accoppiate
I2 u˙ 2 (t) + (I1 − I3 )ω0 u3 (t) = 0
(7.10)
I3 u˙ 3 (t) + (I2 − I1 )ω0 u2 (t) = 0.
Per disaccoppiarle, deriviamo la prima equazione rispetto al tempo, ottenendo
I2 u
¨2 (t) + (I1 − I3 )ω0 u˙ 3 (t) = 0,
e sostituiamo il valore di u˙ 3 (t) che si ricava dall’ultima delle equazioni (7.10).
In questo modo si arriva a
u¨2 (t) + ω02
(I2 − I2 )(I1 − I3 )
u2 (t) = 0 :
I2 I3
scambiando i ruoli di u2 ed u3 si ottiene anche
u¨3 (t) + ω02
(I1 − I2 )(I1 − I3 )
u3 (t) = 0
I2 I3
per cui entrambe le equazioni sono del tipo
x
¨(t) + λx(t) = 0
7.4. ROTAZIONI PERMANENTI
117
dove la costante λ `e data da
λ := ω02
(I2 − I1 )(I3 − I1 )
.
I2 I3
Osserviamo che questa quantit`a non ha un segno definito perch´e si possono
presentare due casi, a seconda dell’ordinamento dei valori dei momenti di inerzia.
• Se I1 < I2 , I1 < I3 oppure I1 > I2 , I1 > I3 , λ > 0 e dunque si ha
√
ui (t) = αi cos ωt + βi sin ωt
dove ω = λ
i = 2, 3
cosicch´e anche le rimanenti componenti della perturbazione imposta alla velocit`a
angolare sono limitate nel tempo e, pertanto, la rotazione permanente `e stabile,
almeno a livello di approssimazione lineare.
• Se I1 < I2 , I1 > I3 oppure I1 > I2 , I1 < I3 , allora λ < 0 ed abbiamo
√
ui (t) = αi cosh ωt + βi sinh ωt
dove ω = −λ
i = 2, 3 :
le perturbazioni u2 (t) ed u3 (t) divergono qando t → ∞ e la corrispondente
rotazione permanente `e instabile linearmente. Possiamo concludere che, tra le
rotazioni permanenti in un moto alla Poinsot, sono stabili linearmente quelle
che avvengono attorno agli assi principali cui compete il momento di inerzia
minimo o massimo mentre sono instabili le altre.
Osservazione. Per semplicit`a abbiamo considerato solo la stabilit`a delle rotazioni permanenti nel regime lineare. Con considerazioni geometriche non troppo
sofisticate `e possibile dimostrare la stabilit`a delle rotazioni permanenti attorno
agli assi di minimo e massimo momento di inerzia in regime non lineare. Notiamo poi che lo schema perturbativo qui abbozzato andrebbe continuato ed
occorrerebbe mostrarne la convergenza.