Programma

INTRODUZIONE AL N.T.
ATTI DEGLI APOSTOLI
PRIMA LEZIONE
Introduzione generale agli Atti
Nei nostri incontri leggeremo insieme un libro del Nuovo Testamento molto importante
per la comunità cristiana, perché è il libro della vita primitiva della Chiesa; è il libro
delle radici cristiane, è un po’ l’album di famiglia della nostra comunità più antica.
Leggere gli Atti degli Apostoli è un po’ come tornare a casa, scoprire gli antenati e
riscoprire un po’ anche la nostra fisionomia spirituale, andare alle radici della nostra
vita di Chiesa oggi. Non leggiamo semplicemente un testo dal punto di vista culturale,
ma vogliamo fare insieme una esperienza di vita cristiana attraverso l’ascolto della
Parola di Dio. E questo è particolarmente significativo quest’anno nella nostra Diocesi,
che ha adottato gli Atti come libro biblico di riferimento per l’anno pastorale.
Noi leggeremo gli Atti degli Apostoli come comunità cristiana, come Chiesa: Chiesa di
oggi, in cammino in questo tempo, Chiesa molto diversa da quella delle origini.
Duemila anni non sono passati invano e hanno lasciato il loro segno ed è giusto che sia
cosi. Perché noi, cristiani del 2000, leggiamo un testo di venti secoli fa? Non per gusto
di arcaicità, non perché amiamo le cose vecchie e neanche perché vogliamo tornare a
usi e costumi che erano di quei tempi. Non leggiamo un libro antico per rimpianto della
bella epoca passata e neanche perché vorremmo in tutto adeguarci a quei modi, non
possiamo tornare bambini, anche come Chiesa; come corpo ecclesiale non siamo
chiamati a tornare indietro negli anni, siamo chiamati piuttosto ad andare avanti. Ed
allora, perché leggiamo un libro antico, che ci presenta una comunità antica?
Il terzo Vangelo e il libro degli Atti in principio costituivano un’unica opera: gli Atti
degli Apostoli, infatti, continuano la narrazione evangelica e mostrano come si è giunti
dalla predicazione del Cristo alla realtà storica della Chiesa. Il finale aperto del Vangelo
di Matteo non racconta la reazione dei discepoli al mandato missionario; il finale di
Marco offre una formula di esecuzione molto generale e sintetica. Per conoscere i primi
passi della comunità cristiana ed il difficile inizio della missione apostolica dobbiamo
dunque rivolgerci a Luca e leggere la sua opera storico-teologica. Lo facciamo per
trovare in quella comunità gli elementi essenziali e fondamentali della nostra vita
cristiana di oggi. Non cerchiamo dei quadretti di Chiesa da ripetere alla lettera nel
nostro mondo di oggi: sarebbe assurdo e improponibile; quindi non abbiamo nessuna
intenzione di farlo. Negli Atti degli Apostoli noi cerchiamo una esperienza di Chiesa,
capace di aiutare la nostra Chiesa di oggi. Vogliamo scoprire le radici e gli elementi
essenziali della comunità cristiana; tutto il resto è parte della storia e noi, come Chiesa,
siamo radicati in questa storia di oggi. Non leggiamo il testo da curiosi in cerca di
informazioni, ma meditiamo il testo da credenti, desiderosi di formazione!
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ATTI DEGLI APOSTOLI
La comunità dell’autore
Le informazioni desunte dalla tradizione patristica dicono che Luca scrisse in Grecia;
Origene precisa che il suo Vangelo fu scritto per coloro che provenivano dalle genti,
cioè per i greci pagani convertiti. L’analisi della seconda opera lucana conferma
senz’altro questa opinione: Luca scrive per una comunità di lingua e cultura greca, in
grandissima arte proveniente dal paganesimo.
Luogo e data di composizione
Sul luogo della composizione degli Atti la tradizione è divergente. Il maggior numero di
testi antichi parla genericamente della regione Acaia (cioè la Grecia meridionale, per
distinguerla dalla Macedonia); qualcuno indica la Beozia, che è una parte dell’Acaia;
Girolamo propende per Roma in quanto meta del racconto. La critica interna può dire
solo che Luca ha presente dei cristiani di origine pagana e non palestinese. Il luogo
preciso della composizione non era tanto importante da passare alla storia: il testo si è
imposto da sé, senza l’autorità della Chiesa in cui era nato. I moderni hanno proposto
anche Efeso o Cesarea; il luogo più accreditato, però, almeno per la prima fase di
abbozzo del materiale sarebbe Antiochia, la chiesa madre di Luca e della cristianità
greca legata a Paolo.
Per la data di composizione degli Atti degli Apostoli bisogna far riferimento al Terzo
Vangelo, giacché gli sono posteriori. Le tradizioni antiche non sono precise; ponendo la
stesura del Vangelo in stretta relazione con l’apostolo Paolo e non precisando la data,
permettono due differenti opinioni: durante la vita di Paolo, cioè prima del 67, oppure
dopo la sua morte. Le opinioni dei moderni sono alquanto diverse e si basano
esclusivamente su osservazioni di critica letteraria: la data significativa che può essere
presa come riferimento ? l'anno 70 con la caduta di Gerusalemme.
Chi sostiene che Luca ha scritto prima del 70, si basa soprattutto sul brusco finale degli
Atti, che si interrompono con l’arrivo di Paolo a Roma nell’anno 61 e non raccontano
nemmeno l’esito del processo e la liberazione dell'apostolo. Dato che il Vangelo sembra
scritto prima degli Atti, la sua composizione deve essere fissata intorno agli anni 60.
Chi, invece, sostiene una datazione posteriore al 70, fra il 70 e il 90, si basa su
impressioni che emergono dal testo: soprattutto sembra che Luca descriva realmente
l'assedio di Gerusalemme ad opera dei romani nel 70 (cfr. Lc 19, 43-44; 21, 20). Come
si vede, ogni conclusione è ipotetica: possiamo solo dire che gli Atti degli Apostoli
furono scritti da Luca dopo il Vangelo, fra il 70 e l’80.
La situazione ecclesiale per cui Luca scrive
Luca non è uno scrittore di professione che compone un’opera per motivi personali; egli
vive in una Chiesa, è un uomo di Chiesa, è un pastore, è un responsabile della comunità.
E quando scrive il Vangelo e gli Atti lo fa per la sua Chiesa; non sta pensando a tutto il
mondo, ma si rivolge particolarmente alla sua comunità. Quindi la struttura della sua
opera ed i temi che privilegia sono determinati dalla situazione ecclesiale in cui Luca si
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trova; il Terzo Vangelo, quindi, e gli Atti degli Apostoli nascono come una catechesi
mirata e, dalla loro lettura, noi possiamo ricostruire i lineamenti della Chiesa di Luca.
Anzitutto si nota un desiderio nell’evangelista di creare un collegamento con gli inizi: la
sua opera serve proprio per ancorare la vita cristiana della sua gente all’origine del
cristianesimo. Evidentemente c’è un allontanamento dalle sorgenti ed anche una perdita
di entusiasmo. Soprattutto la comunità di Luca deve vivere un indebolimento dell’attesa
escatologica: ormai la comunità non attende più come imminente la venuta gloriosa del
Cristo e quindi rischia di lasciarsi andare; sembra aver perso la spinta verso l’ideale ed il
coraggio di tendere con coraggio alla meta. Luca, quindi, vuole dare alla sua comunità
fiducia per il futuro sulla base del passato: il suo racconto tende a dimostrare che le
promesse dell’Antico Testamento si sono realizzate in Gesù Cristo e la sua parola si è
compiuta nella missione degli apostoli; contemporaneamente egli vuole rassicurare
sull’attendibilità della predicazione e confermare il legame della tradizione con gli
eventi originali. Ciò che risulta importante è quindi la testimonianza degli apostoli ed il
modo con cui essi hanno “piantato” la Chiesa. Mentre gli interessa l’aggancio col
passato, Luca dà poca importanza al problema del compimento escatologico: egli
ribadisce che alla comunità deve interessare non la scienza dei tempi e dei momenti
futuri, ma piuttosto l'impegno presente di evangelizzazione e di testimonianza.
Se la Chiesa ha uno spazio importante nel progetto salvifico di Dio, significa che ad
essa Dio ha affidato un impegno e una missione: Luca scrive per la sua comunità
proprio con l’intento di evidenziare tale impegno e tale missione; ed anche con lo scopo
di incitare ed incoraggiare i suoi cristiani ad una realizzazione generosa di tali compiti,
probabilmente perché l’azione pastorale stava vivendo stancamente, senza slancio ed in
modo confuso. Un altro elemento fondamentale che caratterizza la comunità di Luca è
l'esperienza del peccato fra i cristiani stessi: deve essere stata una esperienza amara
dover constatare che i “salvati”, dopo un po’, si comportavano come prima e come gli
altri. Luca reagisce a questo stato di cose e vuole far reagire la sua comunità: scrive,
quindi, per scuotere la sua Chiesa dal torpore e dal conformismo, soprattutto
dall’abitudine al peccato. Inoltre, Luca intende difendere la missione e la teologia
paolina: con chiarezza ed insistenza egli vuole mostrare che tutta l’opera di Paolo si è
svolta in piena comunione con le autorità della Chiesa di Gerusalemme; la sua teologia
non è un’opinione personale, ma l’autentica rivelazione di Gesù Cristo.
La situazione di fine secolo richiedeva anche di precisare il rapporto fra giudaismo e
cristianesimo: in questo senso Luca sembra ricordare con insistenza che i problemi alla
predicazione cristiana sono sempre venuti dai giudei e non dai romani. Con la sinagoga
ormai la rottura è quasi definitiva e incolmabile, mentre nei confronti dell’autorità
romana l’autore sembra a più riprese incoraggiare un corretto rapporto di stima e
rispetto vicendevole. Per quanto riguarda i destinatari possiamo dire che Luca destina
l’opera innanzi tutto alla comunità cristiana, con un intento di edificazione. Non è poi
escluso che egli pensi anche di indirizzarsi a dei simpatizzanti, i cosiddetti timorati di
Dio, per un’opera di convincimento, e magari anche ai pagani per propagandare la fede
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in Gesù Cristo e difendere i cristiani da false opinioni o calunnie che cominciavano a
circolare fra la gente.
La duplice opera lucana
Proprio per formare queste persone Luca utilizza tutte le informazioni che era riuscito
ad avere nei lunghi anni di ministero con Paolo, e ad un certo momento decide di
metterle per iscritto: ritiene che sia venuto il momento di organizzare letterariamente
tutto il patrimonio della fede, che ha predicato per lunghi anni. Cosi compone una
grande e bella opera in due volumi: il primo volume noi lo chiamiamo il Vangelo
secondo Luca, il secondo volume lo intitoliamo gli Atti degli Apostoli . Oggi gli studiosi
preferiscono utilizzare una parola unica e chiamano questi due testi “l’opera lucana”,
proprio per sottolineare l’unitarietà degli scritti di Luca. Quando, infatti, i cristiani del II
secolo raccolsero insieme i libri apostolici per compilare il canone del Nuovo
Testamento, separarono la prima parte dalla seconda per raccogliere insieme i quattro
vangeli e, quindi, fra il Vangelo di Luca e gli Atti venne inserito il Vangelo di Giovanni.
Ma Terzo Vangelo e Atti degli Apostoli sono un’unica opera, nata in un momento
unitario e con un unico intento.
L’insegnamento che Luca vuole trasmettere alla Chiesa
Gli Atti degli Apostoli hanno la forma di una storia composta da tante storie, un lungo
racconto che segue un filo cronologico e narra le vicende di personaggi e situazioni
diverse, legate insieme dalla missione affidata da Gesù Cristo ai suoi discepoli dopo la
risurrezione.
Una Storia fatta di storie
Per la lingua e lo stile le convergenze con il terzo vangelo sono notevoli. Dal momento
che Luca compone insieme fonti diverse, anche la lingua e lo stile risentono di queste
differenze: quando l’autore scrive liberamente secondo le proprie capacità il suo greco
risulta di qualità eccellente, il migliore del Nuovo Testamento insieme a quello della
Lettera agli Ebrei; laddove, invece, Luca adopera fonti più antiche, il greco diventa
semitizzante, con un procedimento stentato e talvolta anche scorretto. In confronto al
Vangelo, però, Luca si sente più libero di ritoccare le proprie fonti e quindi il risultato
stilistico finale è di qualità superiore: infatti la lingua in cui sono scritti gli Atti degli
Apostoli è ricercata ed elaborata, anche se si tratta della forma koiné parlata
comunemente dal popolo.
Nella composizione degli Atti Luca ha dato prova di una notevole arte letteraria,
dimostrandosi un eccellente scrittore secondo gli schemi ellenistici. L’abilità è
dimostrata soprattutto nella sapiente combinazione di diversi elementi stilistici, ben
orchestrati e fusi insieme, in grado di dare all’insieme un tono unitario senza monotonia.
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L’impressione di armonia nasce soprattutto dal fatto che l’autore ha bilanciato i vari
racconti e gli interventi dei vari personaggi: Luca, infatti, ama presentare le sue
narrazioni in modo che si corrispondano a due a due, bilanciando soprattutto le gesta di
Pietro e di Paolo. Ad entrambi, infatti, attribuisce un importante discorso inaugurale; i
loro miracoli sono descritti in modo simile e corrispondente: entrambi si scontrano con
un mago, risanano uno storpio e risuscitano un morto; entrambi sono incarcerati e
miracolosamente liberati da un intervento divino.
Un altro tipo di parallelismo letterario è pensato da Luca fra gli Atti e il suo Vangelo:
alcuni racconti, infatti, che riguardano la prima comunità cristiana sono narrati in modo
strettamente simile ad episodi corrispondenti della vita di Gesù. L’inaugurazione del
ministero di Gesù nella sinagoga di Nazaret richiama da vicino la prassi apostolica della
predicazione sinagogale; la morte di Stefano richiama con forza il modo stesso in cui è
morto Gesù; i miracoli di guarigione del paralitico Enea e di risurrezione di Tabita
corrispondono in pieno agli analoghi racconti del Vangelo. L’intento di Luca, a questo
proposito, sembra evidente: far riflettere il lettore sul legame stretto che intercorre fra il
ministero di Gesù e la continuazione nell’opera apostolica.
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