Il Sole 24 Ore Mercoledì 15 Ottobre 2014 - N. 283 24 Politica e società Giustizia. Va ricalcolata la pena inflitta in base a una norma poi dichiarata incostituzionale anche se la condanna è irrevocabile I danni prodotti da norme incostituzionali Cassazione, cade il tabù del giudicato Quegli «errori» della politica senza un rimedio Storica pronuncia delle Sezioni unite: previsto un forte impatto sulla popolazione carceraria IMAGOECONOMICA ROMA Cade il «tabù del giudicato», il «mito» dellasua intangibilità,retaggio dellaculturaautoritaria dello Stato fascista. Cade per mano delle sezioni unite della Cassazione, con una sentenza storica che archivia la mitologia della «cosa giudicata», intollerabile in uno Stato democratico in cui è preminente la tutela dei diritti della persona.Cade con riferimentoallamisuradellapenainflittadalgiudicesullabasedinormepoidichiarateincostituzionali, e che dunque mai avrebbero dovuto essere introdotte nel nostro ordinamento, com’è invece avvenuto con una serie di «irragionevoli previsioni sanzionatorie» nei confronti di clandestini, recidivi, tossicodipendenti, non a caso diventati i "clienti abituali" del carcere proprio per quel «sovrappiù» di pena «illegale». Spetteràalgiudicedell’esecuzione rimuovere quelle illegalità e aprire le porte del carcere a chi stia ancora scontando una pena ingiusta. Ma, soprattutto, spetterà al pubblico ministero attivare il giudice per l’eventuale ricalcolo della pena, sia se deve ancora essere emesso l’ordine di esecuzione sia se la detenzione è già in corso. E questo specifico dovere del Pm è un punto centrale della decisione,destinataaincideresignificativamente sulla popolazione carceraria, più di quanto abbiano fatto tante recenti misure "svuota-carceri". Nelle 43 pagine della sentenza n. 42.858 delle sezioni unite, presiedute dal primo presidente Giorgio Santacroce, il relatore FrancoIppolitoricostruiscestoricamente il «mito del giudicato» e il suo definitivo tramonto anchegrazieagiuristicomeGiovanni Leone (negli anni ’50) e Franco Coppi (anni ’60). Il principio di diritto ora affermato è chiaro: se, dopo una sentenza irrevocabile di condanna, la Con- sulta dichiara illegittima una norma che ha aggravato l’entità della pena, quest’ultima va ricalcolata qualora non sia già stata scontata interamente. Ed è il pm che ha l’obbligo di chiedere al giudice dell’esecuzione l’eventuale ricalcolo. Nella fattispecie, un imputato per detenzione e spaccio di stupefacenti era stato condannato nel 2012 a 6 anni di carcere a causa del divieto, introdotto nel 2005dalla leggeex Cirielli, di dare prevalenza all’attenuante del «fatto di lieve entità» (la dose modesta di droga detenuta) rispetto alla recidiva. Divieto cancellato dalla Consulta nel 2012. «Nei confronti del condannato - LA PAROLA AL PM Spetterà al pubblico ministero attivare il giudice dell’esecuzione per l’eventuale ricalcolo della pena OK COMMISSIONE SENATO Magistrati in ferie per 30 giorni Via libera della commissione Giustizia al Senato alla riduzionea30 giorni delleferiedeimagistrati.Lacommissione ha approvato l’articolo 16 del dl Processo civile. Le toghe potranno andare in ferie dal 1 al 31 agosto. La norma è passata modificata, rispetto al testo del governo, dal senatore Psi Enrico Buemi. Sono stati bocciati tutti gli altri emendamenti. © RIPRODUZIONE RISERVATA scrive la Cassazione - è pertanto in atto l’esecuzione di pena potenzialmente illegittima e ingiusta, in quanto parzialmente determinata dall’applicazione di una norma di diritto penale sostanziale dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale dopo lasentenzairrevocabileecontrastante con la finalità rieducativa prevista dall’articolo 27, terzo comma, della Costituzione». In sostanza,l’esecuzione diuna pena determinata anche in base a unanormaincostituzionaleèoggettivamenteillegittima. Ma lo è anche soggettivamente perché, almeno per una parte, «sarà inevitabilmente avvertita come ingiustadachilastasubendo»poiché «imposta da un legislatore che ha violato la Costituzione», e dunque non potrà essere neppure funzionale alla rieducazione del condannato. «Il diritto fondamentale alla libertà personale - si legge - deve prevalere sul valore dell’intangibilità del giudicato»rimuovendoneglieffetti perduranti. Il principio non si applica, ovviamente,sedopolasentenzainterviene una legge che introduce una sanzione più favorevole, sulla base di una diversa valutazione del disvalore penale di un fatto. Qui il giudicato resta un limiteinvalicabile. Diverso ilcaso dell’incostituzionalità di una norma che, pur essendo stata in vigorefino allapronuncia di illegittimità,erasostanzialmenteinvalida perché «mai avrebbe dovuto essere introdotta nell’ordinamento repubblicano, che è Stato costituzionale di diritto, ciò che implica il primato delle norme costituzionali, che non possono perciò essere violate dal legislatore ordinario». Qui la norma è «geneticamente nata morta» e quindi il giudicato non è invalicabile. D. St. © RIPRODUZIONE RISERVATA di Donatella Stasio V Decisione storica. Il primo presidente della Cassazione Giorgio Santacroce La vicenda INCOSTITUZIONALITÀ LA SENTENZA GLI EFFETTI Pene inflitte in base a norme poi dichiarate incostituzionali Unimputatoperdetenzionee spacciodistupefacentiera statocondannatonel2012a6 annidicarcereacausadel divieto,introdottonel2005 dallaleggeexCirielli,didare prevalenzaall’attenuantedel «fattodilieveentità»(ladose modestadidrogadetenuta) rispettoallarecidiva.Un divietocancellatodallaCorte costituzionalenel2012,in quantocontrastantecon l’articolo27,terzocomma, dellaCostituzione:«Lepene nonpossonoconsisterein trattamenticontrarialsensodi umanitàedevonotenderealla rieducazionedelcondannato» La libertà personale prevale su intangibilità del giudicato Nelle43paginedellasentenza, pubblicataieri,lacortedi Cassazioneaffermaunnuovo principio:se,dopouna sentenzairrevocabiledi condanna,laCorte Costituzionaledichiara illegittimaunanormacheha aggravatol’entitàdellapena, quest’ultimavaricalcolata qualoranonsiagiàstata scontatainteramente.In sostanza,l’esecuzionediuna penadeterminatainbaseauna normaincostituzionaleè illegittimaeil«diritto fondamentaleallalibertà personaleprevale sull’intangibilitàdelgiudicato» Il giudice dovrà ricalcolare la pena ingiusta Inbaseallasentenza pubblicataieridalla Cassazione,spetteràalgiudice dell’esecuzionerimuovere l’illegalitàdiunapenainflittain baseanormedichiaratepoi incostituzionali.Ma, soprattutto,spetteràal pubblicoministeroattivareil giudicedell’esecuzioneper l’eventualericalcolodellapena, siasedeveancoraessere emessol’ordinediesecuzione siaseladetenzioneègiàin corso.Equestospecificodovere delPmèunpuntocentraledella decisione,destinataaincidere significativamentesulla popolazionecarceraria isto che è tornato di moda lo slogan «chi sbaglia, paga», c’è da chiedersi chi paga per gli "errori" dellegislatoreche hannoleso il diritto fondamentale e inviolabile alla libertà personale. Chi paga per l’ingiusta detenzione subìta a causa di quegli eccessi di galera dispensati da maggioranze politiche di svariati colori e cavalcati demagogicamente in nome della sicurezza ma poi miseramente caduti, uno a uno,sottolascuredellaConsulta? Chi risarcirà la privazione della libertà derivante da norme «invalide», «geneticamente nate morte», con cui è stato «violato il principio di legalità»? Ovviamente non i magistrati,chelaleggesonochiamati ad applicare salvo ricorrere alla Corte costituzionale e attenderneilverdetto.Iltuttodopo anni. Nel frattempo, il virus di quelle norme fa i suoi danni, spesso irreparabili, senza alcuna vera resipiscenza della politica. Che preferisce aspettare e scaricare sui giudici (Consulta, Cassazione) la responsabilità di decisioni "obbligate", in uno Stato di diritto, ma impopolari perché considerate un attentatoalla«certezza dellapena»visto che restituiscono la libertà a migliaia di detenuti, ancorché "abusivi" dal momento che incarcerenondovevanoandarci o dovevano uscirne prima. È difficile sottrarsi a questi interrogativi e riflessioni dopo aver letto la storica sentenza delle sezioniunite della Cassazionesullanecessitàdisuperare il «mito» dell’intangibilità del giudicato quando, appunto,in gioco c’è ildiritto inviolabile alla libertà personale. Nel nostroordinamentononèprevisto un risarcimento per gli "errori" del legislatore, sanciti ex post dalla Corte costituzionale. Errori spesso ampiamentesegnalatidurantel’iterparlamentaremavolutamenteignorati dalle politiche securitarie degli ultimi quindici anni, che si sono accanite contro alcuni "tipid’autore":clandestini,tossicodipendenti, recidivi. L’idea che "tanto ci penserà la Consulta" oltre che furbetta è malsana,perchénontieneconto che per arrivare a dichiarare l’incostituzionalità di una norma ci vuole tempo e, prima ancora, ci vuole un giudice che sollevilaquestionedilegittimità in un processo. Cosicché, MODELLO FRANCESE Un vaglio preventivo di costituzionalità delle leggi eviterebbe aberrazioni e migliorerebbe la qualità delle norme nel frattempo, le patrie galere si riempiono dei soliti noti corrotti e corruttori si contano sulle dita di due mani, ha ricordatoieriRaffaeleCantone- anche oltre il tempo dovuto "grazie" a norme che mai avrebbero dovuto entrare a far parte dell’ordinamento. Certo, se, come in Francia, le leggi approvate dal Parlamento(o almenoquellecheincidono sulla libertà personale) venissero sottoposte a un vagliopreventivodicostituzionalità da parte della Corte, si potrebberoevitarealcuneaberrazioni e forse la qualità della legislazione migliorerebbe. Ma occorrerebbe un rispetto e una lealtà istituzionali che in questiultimiannisembranoessere smarriti. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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