iPOD EXPERIENCE N. 4 - Orchestra Filarmonica di Torino

STAGIONE 2014 •2015
iPOD EXPERIENCE N. 4
(PARTITA DOPPIA)
Torino, Conservatorio “G. Verdi”
martedì 21 ottobre 2014 ore 21
Gli Archi dell’Orchestra
Filarmonica di Torino
Sergio Lamberto maestro concertatore
Francesca Dego violino
Francesca Leonardi pianoforte
iPOD EXPERIENCE N. 4
(PARTITA DOPPIA)
Pianoforte e orchestra, pianoforte solo,
violino e pianoforte, violino e orchestra,
orchestra sola, violino solo,
violino, pianoforte e orchestra:
in una serata senza precedenti,
due giovani stelle si divertono a testare
ogni possibile combinazione
per una playlist di capolavori.
Wolfgang Amadeus Mozart
(1756-1791)
dal Concerto in la maggiore per pianoforte e archi K. 414
III. Rondeau. Allegretto
Frédéric Chopin
(1810-1849)
Notturno in mi bemolle maggiore op. 9 n.2
Antonio Vivaldi
(1678-1741)
dal Concerto in sol minore per violino, archi e clavicembalo
RV 315 op. 8 n. 2 “L’estate”
III. Presto
Walter Mammarella clavicembalo
Eugène Ysaÿe
(1858-1931)
dalla Sonata per violino solo op. 27 n. 2 “Jacques Thibaud”
IV. Les Furies. Allegro furioso
Johannes Brahms
(1833-1897)
Danza Ungherese n. 5 in sol minore
Ludwig van Beethoven
(1770-1827)
dalla Sonata n. 5 per pianoforte e violino in fa maggiore
op. 24 “La primavera”
I. Allegro
Felix Mendelssohn Bartholdy
(1809-1847)
Concerto in re minore per violino, pianoforte e archi MWV 04
Allegro
Adagio
Allegro molto
Duecento anni passano fra Le Stagioni di Vivaldi, scritte verosimilmente
nel 1723, e la Sonata op. 27 n. 2 di Eugène Ysaÿe, la cui data di
composizione è il 1923. Perfettamente al centro fra questi due estremi
si colloca il Concerto in re minore di Mendelssohn, finito nel 1823.
Immaginando che tutto il programma sia disposto su una linea, a
sinistra del punto centrale troveremmo due brani che risalgono a
un’epoca precedente: il Concerto per pianoforte e archi K. 414 di Mozart,
del 1782, e la Sonata per violino e pianoforte op. 24 di Beethoven,
terminata nel 1801. A destra invece potremmo disporre i brani scritti
dopo il Concerto di Mendelssohn: il Notturno op. 9 n. 2 di Chopin, del
1829-30, e la Danza Ungherese n. 2 di Brahms, la cui prima stesura
per pianoforte a quattro mani risale al 1852. Continuando a rilevare le
coincidenze cronologiche, possiamo osservare che le musiche di Mozart
e Beethoven sono separate approssimativamente da un ventennio, e
che poco più di vent’anni dividono i lavori di Chopin e di Brahms.
La distribuzione sulla linea della storia abbraccia dunque in maniera ben
proporzionata un arco di esperienze molto ampio all’interno del quale
l’unità linguistica della musica si conserva sostanzialmente immutata.
Naturalmente si tratta di lavori molto diversi: fra il movimento del
Concerto vivaldiano intitolato all’Estate che evoca la furia di una
tempesta e il tema del Dies Irae che compare in Les furies, ultimo tempo
della Sonata che Eugène Ysaÿe dedicò all’amico violinista Jacques
Thibaud, ci sono differenze evidenziate dall’uso espressivo della
dissonanza, da parte di Ysaÿe, e che corrispondono a epoche diverse
del gusto musicale. Eppure il modo di esprimere il senso della furia
attraverso l’energia del ritmo e l’insistenza su moduli che si ripetono
sono elementi di una stessa lingua non ancora incrinata o frammentata.
Immune, potremmo dire, dal fascino della ricerca sul segno musicale
portata avanti dai discendenti musicali di Wagner e proseguita dalle
avanguardie fino al punto estremo della disgregazione in una serie di
lingue diverse, spesso non comunicanti le une con le altre.
I due autori più “sperimentali” del programma, del resto, sono colti
in alcune delle loro composizioni più disimpegnate, nelle quali
le strutture appaiono semplificate, rispetto alle loro abitudini, a
vantaggio della ricchezza dell’invenzione melodica. Così è con il
Concerto K. 414, parte di un gruppo di lavori con i quali Mozart voleva
infatti assicurarsi il successo nelle stagioni musicali estive di Vienna
proponendo anche pagine cordialmente brillanti come il Rondeau
finale. E così è con la Sonata op. 24 di Beethoven, detta La primavera,
che nell’Allegro iniziale mostra tuttavia anche un equilibrio fra i due
strumenti ancora raro per l’epoca.
Chopin e Brahms potrebbero essere considerati qui invece non come
due sperimentatori, ma come due esploratori che, alla ricerca di nuove
fonti di ispirazione, hanno esteso l’intuizione dell’unità della lingua
musicale anche al campo del patrimonio popolare e regionale. Con
i Notturni, infatti, riallacciandosi a una breve tradizione che aveva
alle spalle il lavoro dell’irlandese John Field, Chopin importava nella
letteratura per pianoforte i moduli del canto all’italiana, ripreso da
una matrice esplicitamente operistica. Brahms, dal canto suo, iniziava
a scandagliare in modo sistematico quel mondo ungherese che tanto
avrebbe dato alla ricerca etnomusicologica del Novecento, trovando
però più affinità che differenze con la lingua da lui portata a perfezione,
capace di unire in un unico filo le correnti del Classicismo e del
Romanticismo.
In questo Brahms aveva avuto in Mendelssohn un illustre predecessore
e nel Concerto in re maggiore per violino, pianoforte e archi quasi un
modello. Le forme classiche vi sono infatti rispettate con equilibrio e con
naturalezza: due doti che di solito vengono associate a Mendelssohn
come caratteri da lui acquisiti tramite una finissima educazione non
limitata solo alla musica, bensì estesa agli ambiti del disegno, della
poesia e della filosofia. D’altra parte l’energia delle singole idee
melodiche del Concerto tende a uscire dagli argini segnati e a invadere
un terreno nuovo, quello di un’immaginazione più libera e romantica.
Di questo terreno Mendelssohn traccia i contorni senza abbandonare
le radici di una lingua musicale rimasta vitale lungo tutti i duecento
anni qui rappresentati, ma che non ha ancora smesso di parlarci e di
sorprenderci.
(Testo di Stefano Catucci)
Francesca Dego è considerata fra le migliori interpreti italiane di
oggi. A seguito dell’immediato successo del suo disco di debutto
per Deutsche Grammophon con i 24 Capricci di Paganini suonati sul
Guarneri del Gesù appartenuto a Ruggiero Ricci, ha inciso anche
l’integrale delle Sonate per violino e pianoforte di Beethoven con
Francesca Leonardi (marzo 2014).
Vincitrice di numerosi concorsi internazionali, nel 2008 è stata la prima
violinista italiana a entrare in finale al Premio Paganini di Genova dal
1961, aggiudicandosi anche il premio speciale “Enrico Costa” come più
giovane finalista.
Diplomata con lode e menzione speciale al Conservatorio di Milano, si è
perfezionata con Salvatore Accardo all’Accademia Stauffer di Cremona
e all’Accademia Chigiana di Siena e con Itzhak Rashkovsky al Royal
College of Music di Londra.
Recenti i suoi debutti alla Wigmore Hall e alla Royal Albert Hall di
Londra, a Mosca, San Pietroburgo, Ginevra, Bruxelles, in Austria e in
Francia, in Libano, in Perù e la tournée di otto concerti in Cina.
Suona un prezioso violino Francesco Ruggeri (Cremona 1697) e il
Giuseppe Guarneri del Gesù ex-Ricci (Cremona 1734) per gentile
concessione della Florian Leonhard Fine Violins di Londra.
Francesca Leonardi si è diplomata con lode in pianoforte e musica
vocale da camera presso il Conservatorio di Milano e si è poi
perfezionata presso l’Accademia Musicale di Pescara, l’Accademia
Musicale Chigiana di Siena e il Royal College of Music di Londra con
Nigel Clayton e Roger Vignoles. Nel 2011 le è stata assegnata dal Royal
College of Music la borsa di studio “Phoebe Benham” come pianista
accompagnatrice.
Fin da giovanissima si è segnalata in diversi concorsi pianistici nazionali
e internazionali vincendo quattordici primi premi. Ha pubblicato per
Classica Viva un cd con musiche di Debussy e Chopin e tre cd insieme a
Francesca Dego, violinista con la quale collabora regolarmente da anni e
ha recentemente inciso il suo cd di debutto per Deutsche Grammophon
con le Sonate per violino e pianoforte di Beethoven.
È recente una sua tournée in Giappone, dove ha anche tenuto una
masterclass, e prossimamente realizzerà concerti e tournée in Italia,
Austria, Regno Unito, Medio Oriente, Cina e Stati Uniti.
Dedicatasi con entusiasmo all’insegnamento fin da giovanissima, è ora
docente di pianoforte presso la Trinity School di Londra.
Frutto del lavoro appassionato e costante di Sergio Lamberto, primo
violino dell’Oft e animatore indiscusso della formazione, Gli Archi
dell’Orchestra Filarmonica di Torino hanno ormai raggiunto
una meritata autonomia, pur senza venir meno al loro ruolo di cuore
pulsante dell’intera orchestra. I solisti con i quali hanno collaborato, il
pubblico e la critica riconoscono nelle loro esecuzioni la fondamentale
attenzione al dettaglio, ma anche l’allegria e la partecipazione
emotiva che caratterizza ogni concerto, segno tangibile del piacere
che ogni membro del gruppo prova nel fare musica.
Nelle scorse stagioni, Gli Archi dell’Orchestra Filarmonica di Torino hanno
suonato, oltre che a Torino, in numerosi centri piemontesi e italiani,
tra i quali Napoli, Venezia, Trieste, L’Aquila, Ferrara, Bari, Bergamo,
Campobasso, La Spezia, Pescara, Pinerolo, Salò, Viterbo, Monforte
d’Alba, Venaria Reale, Sulmona, Savona, Messina e in Svizzera, insieme
a solisti come Anna Kravtchenko, Giampaolo Pretto, Chloë Hanslip,
Leticia Moreno, Liza Ferschtman, Mihaela Martin, David Geringas,
Isabelle van Keulen, Robert Cohen, Filipp Kopachevsky, Filippo Gamba,
Emanuele Arciuli, Enrico Bronzi, Simonide Braconi, Giuseppe Albanese.
Sergio Lamberto è stato primo violino solista dell’Orchestra Haydn
di Trento e Bolzano, dell’Orchestra da Camera di Torino, dell’Orchestra
Sinfonica Abruzzese e dal 1991 ricopre lo stesso ruolo nell’Orchestra
Filarmonica di Torino. È il violinista del Trio di Torino (con Giacomo
Fuga e Umberto Clerici), con cui ha vinto il primo premio di musica
da camera al Concorso Internazionale “Viotti” di Vercelli nel 1990,
il secondo premio all’International Chamber Music Competition di
Osaka e al Concorso Internazionale di Trapani.
Con il Trio di Torino ha suonato nell’ambito dei più importanti festival
e per le più rinomate associazioni musicali in Italia, Austria, Germania,
Svizzera e Giappone, effettuando inoltre incisioni discografiche per
l’etichetta RS.
È primo violino concertatore de Gli Archi dell’Orchestra Filarmonica
di Torino, formazione con la quale ha tenuto concerti nelle più
prestigiose sedi concertistiche italiane, collaborando con solisti
di fama internazionale. Dal 1982 è docente di violino presso il
Conservatorio di Torino. Recentemente ha ricoperto il ruolo di
preparatore dei primi violini presso l’Orchestra Giovanile Italiana a
Fiesole e dal settembre 2013, su invito di Enrico Dindo, collabora con
I Solisti di Pavia nel ruolo di primo violino.
PROSSIMO CONCERTO
martedì 11 novembre 2014 - ore 21
Torino, Conservatorio “G. Verdi”
BEETHOVEN, LA NONA E DUE PIANOFORTI
Antonio Ballista e Bruno Canino pianoforti
Musiche di Beethoven-Liszt
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L’INIZIATIVA
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