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PUPI E FRESEDDE – TEATRO DI RIFREDI
CARMELA E PAOLINO
varieta' sopraffino
di
JOSE' SANCHIS SINISTERRA
traduzione, adattamento e regia di ANGELO SAVELLI
arrangiamenti e musiche originali di MARIO PAGANO
scene e costumi di TOBIA ERCOLINO
luci di ALBERTO MARIANI
Coreografia di Stefano Silvestri e Cinzia Casciani
con
EDI ANGELILLO - Carmela
GENNARO CANNAVACCIUOLO - Paolino
Musiche eseguite dal vivo da
MARCO BUCCI - pianoforte
da definire - violoncello
da definire - sassofono e clarinetto
con
Nome da definire – Gustavo
Nome da definire – l'Ufficiale tedesco
Collaboratore alla traduzione Josep Anton Codina
Produzione
FRANCESCO DE BIASI e GIANCARLO MORDINI
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LO SPETTACOLO
“CARMELA E PAOLINO” e' l'adattamento italiano del testo del drammaturgo spagnolo Jose' Sanchis
Sinisterra "AY, CARMELA", che dal 1986 ha avuto un successo strepitoso restando per anni in cartellone
nei magiori teatri delle capitali di Spagna ed America Latina, e da cui nel 1990 il famoso regista Carlos
Saura ha tratto l'omonimo film interpretato dalla bravissima Carmen Maura.
"AY, CARMELA" racconta la vicenda di due oscuri attori di varieta' che, durante la guerra civile, cadono
prigionieri dei falangisti e sono costretti, loro malgrado, ad improvvisare per le truppe uno scalcinato ma
esilarante spettacolo dal tragico esito finale. Nel testo originale la vicenda si svolge in Spagna nel 1938 a
Belchite, villaggio simbolo degli effetti della ferocia distruttiva della guerra civile spagnola, le cui rovine
vengono ancora oggi visitate come un monumento nazionale. Il regista Savelli, d'accordo con l'autore, ha
compiuto un' operazione di adattamento del testo trasportando l'azione nell' Italia del 1944, in piena
seconda guerra mondiale, in uno sperduto paese della provincia centro-meridionale occupato dalle armate
tedesche.
La parte centrale del testo originale e' occupata dal ricordo dello spettacolo di varieta' improvvisato da
Carmela e Paolino per le truppe d'occupazione. Sinisterra ha qui trasfuso nel testo con grande abilita' un
insieme di riferimenti teatrali, canzoni, balletti e macchiette tipiche del piu' tradizionale teatro leggero
spagnolo. Anche qui e' stata compiuta un' operazione di adattamento ricostruendo uno spettacolo parallelo
a quello previsto nel testo originale, un nuovo spettacolo che dell'altro rispetta le cadenze ed il procedere
ma i cui riferimenti stilistici diventano senza mezzi termini tutti italiani: Viviani, Nino Taranto, Toto', la
Magnani, Macario, Gil e Cioffi, il trio Lescano, Rascel ecc.
"CARMELA E PAOLINO" e' dunque innanzitutto uno spettacolo, comico, popolare e musicale, un'
accattivante performance per due consumati attori brillanti, che, accompagnati dal vivo da tre affiatati
musicisti e grazie ad un ben congegnato meccanismo drammatico, possono cimentarsi su piu' piani
espressivi (recitazione, canto, coreografia, ecc.) e con una ricca gamma di toni interpretativi che vanno
dal farsesco al tragico.
"CARMELA E PAOLINO" e' quindi anche un omaggio affettuoso e partecipe ad un certo teatro "basso"
italiano e non solo italiano; un omaggio a tutta quell'anonima truppa di artisti "plebei" che, in ogni parte
del mondo, pur non avendo nulla da ridere hanno, con le loro smorfie spesso turpi o patetiche, tenuto vivo
il riso sui volti di chi aveva anche meno motivi di loro per ridere.
Ma "CARMELA E PAOLINO" vuol essere anche e soprattutto un impietoso sguardo critico su questo mondo
di "frivolezze", un coraggioso e sgradevole ammonimento a questo ed a tutti gli "intrattenimenti" passati,
presenti e futuri, perche' non servano da paravento al nostro comodo disimpegno e da sedativo alle nostre
piccole vigliaccherie quotidiane.
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Dalla PRESENTAZIONE DELL'AUTORE
"Ay, Carmela" non e' uno spettacolo sulla Guerra (...) anche se tutto lo lascia immaginare.
Carmela e Paolino con il loro "Varieta' sopraffino" sono la faccia umile e giocosa, pero' anche tenera e
patetica, di uno scontro storico che naturalmente deborda dalla loro visuale limitata, che supera la loro
pressoche' inesistente coscienza politica e travalica la loro quasi nulla capacita' d'azione. Loro non sono
niente piu' che "artisti" - e neanche di rango - la cui unica aspirazione e' quella di sopravvivere con il loro
lavoro in circostanze particolarmente avverse per "l'arte"... e per la vita.
La loro cattiva stella - e gli alti disegni strategici dello Stato Maggiore (...) - li catapulta proprio al centro
del "teatro delle operazioni" belliche (...). Attraverso l'altro teatro, il loro, il vero, quello delle quinte e dei
sipari, cercheranno di sfuggire alla tempesta e di salvare la pelle. Come? Accettando di rappresentare
un'improvvisata soiree artistico - patriottico - ricreativa di fronte all'esercito vittorioso (...).
Pur tralasciando l'anomala promisquita' tra "artistico", "patriottico" e "ricreativo" (e cos'altro ancora?)
Dobbiamo sottolineare la penosa contingenza di trovarsi costretti a recitare "sub manu militari" o, come si
dice, con la pistola puntata alla nuca. Per di piu' senza scene, senza prove e con Carmela indisposta...
La vera goccia che fa traboccare il vaso e' la decisione del comandante di far assistere alla soiree, come
"ultima grazia", un gruppo di prigionieri (...) che dovranno essere fucilati la mattina successiva.
Puo' l'arte, anche se di discutibile qualita', offendere la morte? Puo' il teatro, anche se cosi' plebeo,
ostentare la sua grottesca maschera di fronte all'impudica nudita' della morte?
In un certo senso si potrebbe dire che "Ay, Carmela" non e' uno spettacolo sulla guerra, ma uno
spettacolo sul teatro sotto la guerra. O anche un'opera sui pericoli e sui pregi del teatro, di un teatro
infimo, marginale, nel mezzo della piu' violenta deflagrazione della nostra storia contemporanea.
Quali pregi? Quali pericoli? Tutti quelli contenuti in questo spazio dell'evocazione e dell'invocazione, questo
incrocio tra realta' e desiderio, questo labirinto di voci, echi, presenze, assenze, luci, ombre, corpi,
fantasmi...
Regno del sogno e della vita, macchina del tempo, spazio elettrizzato degli affetti, il teatro erige il suo
fragile castello di carte nelle fessure della dura ed inospitale realta', per offrire alla memoria un rifugio
sicuro ed un nido duraturo. La memoria, si: l'unica patria accogliente e fertile della rabbia e degli ideali.
Jose' Sanchis Sinisterra
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LA VICENDA
Pratola Peligna, un piccolo paese degli Abruzzi nell’inverno del 1944. Sul palcoscenico vuoto del teatro
bombardato, Paolino oscuro attore di varieta' riceve la visita del fantasma di Carmela, la sua compagna
sulla scena e nella vita, uccisa qualche giorno prima dai soldati tedeschi durante un improvvisata
rappresentazione teatrale. Carmela descrive a Paolino la sua esistenza in un al di la' dai tratti vagamente
beckettiani, mentre ricordi, ripicche e gelosie riaffiorano, tra il melanconico ed il divertito, a riaccendere
l'animo degli amanti di un tempo. Ecco cosi' che in un travolgente flash back il vuoto palcoscenico si
rianima degli opprimenti addobbi patriottici dei vincitori, i musicisti riprendono il loro posto in orchestra e
Carmela e Paolino danno fondo al meglio del loro repertorio di fantasisti per conquistarsi la benevolenza
delle truppe d'occupazione. Ma in sala vi sono, incatenati e muti, alcuni partigiani polacchi costretti ad
assistere allo spettacolo come "ultima grazia" prima della fucilazione. Lo spirito di sopravvivenza ma anche
di compiacenza dei due guitti sul palcoscenico arriva fino al punto di sbeffeggiare in un volgare numero
comico-musicale la bandiera rossa dei partigiani. Colpiti nei loro sentimenti quest'ultimi reagiscono come
possono: cantando. E' un canto mesto e solenne. Carmela ne e' profondamente turbata. Paolino per
salvare la situazione si umilia fino ad esibirsi come un volgare petomane. Ma ormai Carmela ha unito la s
ua voce al canto dei partigiani ed un colpo di pistola di un ufficiale tedesco la uccide.
Il palcoscenico si rifa' vuoto e spettrale.
Adesso Carmela racconta a Paolino come nell'al di la, nell'attesa di qualcosa d'imprecisato, lei con altre
amiche hanno deciso di formare come un circolo, un associazione per ricordare tutto quello che è successo
e di chi ne fu la colpa.
Visto che i vivi non lo vogliono fare, saranno i morti a ricordare.
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RIDERE PER NON DIMENTICARE
L'aspetto per me piu' intrigante di questo nuovo testo di Jose' Sanchis Sinisterra e' senza dubbio la
felicissima commistione tra l'imbarazzante attualita' dell'incitamento morale che esso contiene (quello,
cioe', a non capitolare sfiduciati sul fronte dell'impegno politico) e l'espediente per cui questo accorato
invito non viene espresso tramite complessi intrecci filosofici, ma attraverso le tenui trame di una
rappresentazione comica, di un "varieta' sopraffino" dagli intenti squisitamente artistici e dai teatralissimi
esiti spettacolari.
Cosi' mentre oggi assistiamo impotenti alla trasformazione della politica in un sinistro e repellente
avanspettacolo, ecco che sulle tavole dello sgangherato avanspettacolo di Sinisterra, torna ad aggirarsi,
semplice ed antico, lo spettro della politica.
Attraverso il collaudato procedimento del teatro nel teatro, l’autore ci regala un' amorevole ricostruzione di
uno squarcio del cosiddetto "teatro popolare", quell' universo spettacolare "basso" che e' un vero e proprio
sistema autonomo di tecniche, codici e valori, un linguaggio ampiamente comunicato e comunicante, mille
volte saccheggiato od imitato, un modello di teatro di candida e disarmante "stupidita'"la cui trasmissione
rischia oggi di essere brutalmente interrotta o snaturata, sopraffatta dai logorroici monologhi "intelligenti"
dei nuovi comici televisivi.
Ma tutto questo, per quanto valido, sarebbe di per se ben poca cosa se in questo testo non ci fosse
anche qualcos'altro. E cioe' un impietoso sguardo critico su questo mondo di "frivolezze", un coraggioso e
sgradevole ammonimento a questo ed a tutti gli "intrattenimenti" passati, presenti e futuri.
Non si puo' superficialmente ridere di tutto e di tutti come vogliono farci credere i barzellettieri degli inserti
satirici o delle striscie televisive. Nessun fine giustifica i mezzi se i mezzi sono abietti, e non e' vero che
tutto si puo' comprare accordandosi sul prezzo.
Di fronte agli innumerevoli episodi che giornalmente ci sbattono in faccia il degrado morale ed estetico
a cui ci ha ridotto la generale omologazione consumistica, ci aspetteremmo di sentir emergere dal piu'
profondo di noi stessi un moto di sdegno, un rigurgito di dignita'. Ed invece proprio in questi casi sentiamo
piu' forte la tentazione a sparire, a farsi da parte, a provare fastidio per tutto cio' che ci ricorda lo scandalo
del reale. Ed e' allora che quel fragile gingillo che e' lo "spettacolo leggero", canzonetta, lotteria, varieta',
commedia o sfida calcistica che sia, puo' diventare un rassicurante nascondiglio, un covo dove sequestrarsi
volontariamente, aspettando che qualcun'altro paghi per noi il prezzo del riscatto.
Angelo Savelli
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IL LUNGO SUCCESSO DI UNO SPETTACOLO FORTUNATO
“CARMELA E PAOLINO” nasce a Radicondoli, un piccolo e delizioso paese tra Firenze e Siena, in una notte
di luglio del 1990. Senza contributi alla produzione nè sponsor, ma festosamente salutato dai fuochi
d’artificio e dalla banda del paese, lo spettacolo diventa nel giro di pochi mesi una delle produzioni più
fortunate ed amate della compagnia Pupi e Fresedde, collezionando più di 200 repliche in Italia ed
all’Estero e registrando sempre un successo pieno ed incondizionato.
A Firenze “Carmela e Paolino” viene dapprima presentato al Teatro di Rifredi, in piena Guerra del Golfo,
mentre, per un bizzarro gioco del destino che riproduce nella vita i fatti raccontati in scena, i genitori di Edi
Angelillo sono prigionieri degli iracheni in un hotel di Kuwait City. Lo spettacolo viene poi ripreso al Teatro
delle Laudi e nell’estate del 1994, in occasione del 50° Anniversario della Liberazione, viene rappresentato
al Teatro Romano di Fiesole. Infine nella stagione 1996/97, a compimento di un profondo “feeling” con la
città, lo spettacolo arriva nel tempio della prosa fiorentina: il Teatro della Pergola!
Se costante ed intenso è il rapporto con la città, altrettando si può dire di quello con la Regione dove, non
solo la compagnia, ma anche i due attori godono di grande stima e simpatia. Se si esclude Lucca, tutti i
maggiori teatri Toscani (Pisa, Pistoia, Carrara, Arezzo, Siena, Massa) ospitano con grande successo lo
spettacolo nei loro abbonamenti, mentre alcuni piccoli centri come Borgo S.Lorenzo, Montespertoli e
Montecarlo di Lucca devono ripetere lo spettacolo per due anni consecutivi per le numerose richieste del
pubblico.
La tournèe italiana tocca importanti teatri come lo Stabile di Genova, la Cometa di Roma, l’Elfo di Milano,
l’Adua di Torino; ma anche tanti piccoli vitalissimi centri della provincia italiana, tra cui, in Abruzzo, Pratola
Peligna, il paese dove, nella trasposizione di Savelli, si svolge la vicenda.
All’estero lo spettacolo viene presentato per la prima volta al Festival Internazionale di teatro di Motril in
Andalusia. Lì il pubblico ed i critici hanno ancora vivo sotto gli occhi il travolgente successo dell’edizione
spagnola di Luis Gomez. Il confronto è terrorizzante, ma si risolve con una ovazione finale, tutti in piedi. Il
pubblico è rimasto colpito dalla particolarità di questa edizione, così diversa dall’originale quanto
profondamente rispettosa delle intenzioni di Sinisterra.
Poi lo spettacolo passa in una sala da concerto di Nimes e da lì al Teatro d’ Evry nella banlieu parigina e
poi a Lione, Avignone, Lille, Tolone, Bayonne, Chambery, Grenoble, Bruxelles e infine il festival
internazionale di teatro di Lisbona. In nessun luogo la lingua italiana costituisce un problema alla
comprensione dello spettacolo. Ovunque il pubblico ride e si commuove per questa storia universale di
amore e morte, per la grande comunicativa degli attori e della nostra apprezzatissima tradizione teatrale.
Nel giugno 1995 lo spettacolo vola oltre oceano per una trionfale tournee in Argentina. Lì oltre al pubblico
locale che conosce la piece di Sinisterra, c’è anche il pubblico degli immigrati e dei figli degli immigrati
italiani che ricordano ancora la guerra ed il varietà italiano. Ammirazione e commozione. E sale stracolme
a Buenos Aires, a Rosario a La Plata.
Questo lento ma inesorabile successo ha potuto consolidarsi negli anni grazie soprattutto all’amore ed alla
disponibilità dei due interpreti e di tutta la compagnia, che, avendo creduto fermamente nel valore
artistico e morale di questo spettacolo, hanno saputo tenerlo “in repertorio” fino ad oggi, sfidando i
meccanismi spesso miopi e stantii del mercato teatrale italiano.
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SINOPSIS DELLO SPETTACOLO
Prima parte: sul palcoscenico abbandonato
Siamo nel 1944 in piena guerra a Pratola Peligna, un piccolo paese del Sud Italia occupato dai nazisti.
Sul palcoscenico del teatro abbandonato, Paolino, artista di varietà di seconda categoria, sta dormendo.
Appare Carmela, la sua compagnia nella vita e nella scena. Carmela è morta ed è tornata sulla terra spinta
dal desiderio di rivedere Paolino. Mentre aspetta che Paolino si svegli, Carmela ricorda la vita passata e si
accorge di non sentire più emozioni: fame, paura, sesso...
Paolino si sveglia. Prima è terrorizzato dal vedere Carmela poi a poco a poco accetta la sua presenza e le
chiede informazioni su com'è l'altro mondo. Carmela è vaga: l'altro momdo sembra una campagna
desolato con una stazione ferroviaria dove tutti in fila aspettano un treno che non arriva. In fila con lei
c'era anche un bel giovane meridionale con la testa frantumata che le da un pizzico al culo ed il grande
politico italiano Gramsci che le regala una poesia.
Poco a poco il colloquio tra i due si fa naturale. La gelosia, la rabbia, il desiderio riaffiorano. Carmela
rimprovera a Paolino di essere sempre stato un vigliacco e gli ricorda episodi delle loro disgraziate tournèe
nei piccoli paesi del Sud, dove per sopravvivere i due attori hanno dovuto accettare ogni sorta di
copromesso.
Poi i rimproveri di Carmela diventano più forti, rievocando le stragi compiute dai fascisti, e lo stato di
progressiva sparizione a cui sono sottoposti quelli come lei nell'altro mondo. Paolino vedendola mangiare
una mela, mette in dubbio che lei sia davvero morta e la tratta con durezza. Ma Carmela ormi non sente
più il gusto dei cibi...
Paolino ha un esplosione di rabbia accennando alle cuse della morte di Carmela. Perchè ha voluto fare
l'eroina? Non poteva essere anche lei vigliacca come lui e salvarsi la vita? Perchè morire per quel gruppo
di sconosciuti partigiani polacchi che erano in teatro la sera del loro ultimo spettacolo?
Questo ricordo provoca un grande dolore in Carmela che cerca di allontanarlo da se negando di ricordare.
Poi una sirena annuncia l'approssimarsi di un bombardamento aereo e le luci del teatro si spengono.
Seconda parte: nei camerini prima dello spettacolo
Quando le luci si riaccendono, Paolino si trova ricacciato indietro nel tempo, nel giorno del loro ultimo
spettacolo.
Adesso Carmela è viva e i due si preparano nel loro camerino ad improvvisare uno spettacolo per le trippe
tedesche d'occupazione.
Paolino parla con un tenente tedesco appassionato di teatro che ha avuto l'idea di questa
rappresentazione e che adesso sta nella cabina delle luci per preparare gli effetti dello spettacolo.
Carmela è come al solito furiosa perchè deve recitare senza scene. I due hanno solo una cassa di costumi
che sono riusciti a salvare quando sono stati catturati dai nazisti. La scenografia consisterà solo in alcune
bandiere e in alcuni paraventi presi in prestito dall'infermeria militare.
Carmela dice a Paolino che se ci tiene tanto a fare questo spettacolo allora esegua lui il suo famoso
"numero delle scoreggie", un volgare ma popolarissimo numero musicale di peti. Paolino in questo caso
ostenta una dignità fuori luogo. Poi impaurito all'idea che il tenente tedesco li stia in realtà spiando per
sapere se sono delle spie, finge con Carmela di provare un numero di ballo.
Ma il tenente si è allontanato. Carmela ne approfitta per dire a Paolino che trova insopportabile l'idea che il
tenente voglia costringere un gruppo di partigiani polacchi condannati a morte ad assistere al loro
spettacolo comico. PAolino non la capisce e le metta fretta. Carmela pensa alle mamme lontane di questi
poveri ragazzi e pensa ai figli che non ha mai avuto. Ma le luci si spengono e lo spettacolo comincia.
Terza parte: lo spettacolo
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Paolino legge un discorso retorico scritto dal tenente tedesco.
Carmela lo interrompe per scusarsi con il pubblico delle condizioni pessime in cui sono costretti ad esibirsi.
Quando poi cerca di scusarsi con i giovani polacchi per l'imbarazzante situazione in cui si trova, Paolino la
interrompe con la forza e lo spettacolo prosegue.
Azione mimica sotto le bandiere italiana e nazista. Il matrimonio tra Italia e Germania. La celebre canzone
"Sposi".
Seguono tre canzoni del repertorio del cafè chantant napoletano: "Come son nervoso" il duetto di Totò "Le
piace il mio bijoux" e "Cioccolatina mia".
Carmela esegue una delle più celebri canzoni sentimentali del tempo di guerra: "Ma l'amore no!".
Fantasia internazionale. Tre canzoni finto-straniere del repertorio del varietà italiano: "La spagnola", "La
bella tirolese" e "La rucaracia".
A questo punto lo spettacolo dovrebbe essere finito. Ma il tenente tedesco ha aggiunto un numero di
squallido avanspettacolo per prendere in giro i partigiani vinti. Carmela non vorrebbe eseguirlo ma Paolino
terrorizzato dalla presenza del tenente la schiaffeggia.
Inizia il numero: "Dal dottore". Una paziente si fa visitare da un famoso dottore. Quando si spoglia è
avvolta in una bandiera rossa comunista. Il dottore ironizza sulla sua inguaribile malattia con frasi volgari.
Carmela soffre visibilmente. Poi quando i polacchi in sala incominciano a cantare una canzone partigiana,
lei alza la bandiera rossa e canta con loro. Paolino cerca di risoovere la situazione iniziando il numero delle
"scorreggie". Ma il tenente uccide Carmela con un colpo di pistola. Il palcoscenico torna buio.
Quarta parte: di nuovo sul palcoscenico abbandonato
Siamo di nuovo sul palcoscenico del teatro abbandonato, molti giorni dopo la prima apparizione di
Carmela.
Paolino è combattuto. Da una parte le visite di Carmelo lo fanno stare male ma dall'altra è terrorizzato
dall'idea di perderla per sempre. Adesso Paolino, per vigliaccheria o per realismo, ha accettato di mettersi
la camicia nera dei fascisti. Invece Carmela ha incontrato nell'altro mondo delle amiche anarchiche ed
insieme hanno deciso di costituire un gruppo "per la memoria": un gruppo dove ricordare tutto quello che
è successo. Perchè i vivi dimenticano e spetta allora ai morti ricordare. Basta poco. Anche un oggetto,
come il cucchiaio che il giovane meridionale con la testa frantumata teneva sul petto e che ora è forato dal
colpo di fucile che lo uccise.
Ma Paolino non sembra capire. L'istinto di sopravvivenza è in lui troppo forte. Carmela allora sparisce
lasciandogli il cucchiaio forato. Servirà a qualcosa? Suonano le sirene dei bombardamenti. Senza più la sua
Carmela, Paolino si aggrappa impaurito alle sue canzoni del varietà mentre scende il buio della guerra.