II quaderno - Perugia 2019

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I quaderni della Fondazione
Perugiassisi 2019
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La progettazione di una candidatura a Capitale europea della cultura è un lavoro complesso, di cui una parte importante è l’attività
di studio e ricerca. Per la candidatura di Perugia 2019, con il luoghi di Francesco d’Assisi e dell’Umbria, la Fondazione Perugiassisi2019 ha promosso numerosi studi su una molteplicità di temi.
Alcuni di carattere generale, ad esempio una analisi del contesto socio-economico della città e della regione e indagini sugli studenti universitari e sulla popolazione volte alla raccolta di giudizi e opinioni sui temi della candidatura; altri di carattere più
specifico relativi a particolari aspetti del progetto di candidatura.
I risultati di questo intenso lavoro di studio e ricerca sono raccolti in
una serie di Quaderni della Fondazione e saranno progressivamente
resi disponibili e liberamente accessibili in questa sezione del sito web.
L’obiettivo è duplice: da un lato riaffermare il principio della piena trasparenza di tutte le fasi del lavoro di progettazione della candidatura;
dall’altro consentire a chiunque ne abbia interesse di documentarsi
su aspetti che abbiamo ritenuto importanti per conoscere meglio la
città e la regione e per progettare il loro futuro nel segno della cultura.
The planning of a bid for European Capital of Culture is a complex work, where activities such as study and research play a significant role. Hence, the Perugiassisi 2019 Foundation has promoted
numerous studies on a wide variety of topics connected to the bid
of Perugia 2019, and the Places of Francis of Assisi and Umbria.
Some of them were of a general nature, namely an analysis of the
socio-economic context concerning the city and the region and surveys conducted on university students and citizens to collect assessments and opinions on the issues of the application; others of a
more specific nature, related to particular aspects of the bid project.
The results of this intense study and research are collected in a series
of Quaderni della Fondazione (Papers of the Foundation) and will
be progressively made available and freely accessible in this section
of the website. The aim is twofold: on the one hand to reaffirm the
principle of full transparency regarding all stages of the bid planning;
on the other to allow anyone interested to read up on the issues we
considered important to have a thorough understanding of the city
and the region and to design their future in the name of culture.
Bruno Bracalente
Presidente Fondazione Perugiassisi2019
Bruno Bracalente
President of the Perugiassisi 2019 Foundation
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Verso un nuovo
“rinascimento” culturale del
centro storico di Perugia:
il complesso architettonico
delle ex carceri e
l’opportunità della
rigenerazione urbana
Towards a New Cultural
“Renaissance” of the Historic
Centre of Perugia:
the Architectural Complex of
the Former Prisons and the
Opportunity of
Urban Regeneration
Prof. Antonio Bartolini – Facoltà di Giurisprudenza,
Università degli Studi di Perugia
Prof. Paolo Belardi, Facoltà di Ingegneria,
Università degli Studi di Perugia
Prof. Luca Ferrucci, Facoltà di Economia,
Università degli Studi di Perugia
Prof. Antonio Bartolini – Facoltà di Giurisprudenza,
Università degli Studi di Perugia
Prof. Paolo Belardi, Facoltà di Ingegneria,
Università degli Studi di Perugia
Prof. Luca Ferrucci, Facoltà di Economia,
Università degli Studi di Perugia
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Abstract
Abstract
Il centro storico della città di Perugia è un contesto urbano di particolare pregio storico, artistico e culturale. I luoghi della “memoria” e
della socialità presenti nel centro storico sono particolarmente numerosi. Tra questi luoghi, oramai dismessi rispetto alla loro funzione originaria, è quello dell’ex carcere. Il progetto di rivitalizzazione e
di rigenerazione di questo immobile nasce dalla volontà di una parte della comunità cittadina di conseguire diversi obiettivi strategici:
a. creare nuovi spazi culturali per attività realizzate
da
varie
associazioni
presenti
nella
comunità;
b. realizzare spazi per favorire e assecondare la creazione di nuove attività imprenditoriali, fatte da giovani, nel campo dell’industria culturale e creativa, in stretta connessione con le quattro
istituzioni presenti nella città (Università degli Studi, Università
per Stranieri, Accademia di Belle Arti, Conservatorio musicale);
c. offrire spazi per abitazioni civili a giovani che intendano divenire imprenditori, in modo da riportare residenti a vivere
nel centro storico. Il progetto è inteso non solo quale hub di iniziative culturali e imprenditoriali giovanili, ma anche come
occasione per generare spill over diffusivi nell’ambito di un’economia urbana innovativa, con moltiplicatori di opportunità imprenditoriali diffuse nel contesto del centro storico.
The historic centre of the city of Perugia is an urban contest of
high historical, artistic and cultural value. The “memory places” and the gathering places within the historical centre are
numerous. The former prison is one of these places, divested
now of their original purpose. The project of revitalization and
regeneration of this building springs from the intentions of
a part of the people of Perugia to reach some strategic aims:
a. to create new cultural places to host activities
held
by
associations
of
the
community;
b. to create places to promote and support the establishment of new
entrepreneurial activities, especially those held by young people,
within the cultural and creative industry, strongly connected with
the four institutions of the city (University of Studies, University
for Foreigners, Academy of Fine Arts and Musical Conservatory);
c. to offer housing for young people who want to become entrepreneurs, in order to encourage people to live the historic center
once again. The project is meant not only as a hub of cultural and
entrepreneurial initiatives, but also as an occasion to create spreadable spill over within the innovative urban economy, with multipliers
of entrepreneur opportunities in the contest of the historic centre.
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Verso un nuovo “rinascimento” culturale del
centro storico di Perugia:
il complesso architettonico delle ex carceri e
l’opportunità della rigenerazione urbana
Documento preliminare esplorativo per la
valorizzazione del complesso architettonico delle ex
carceri di Perugia
una più ampia discussione della comunità locale sulle possibilità di
recupero e valorizzazione di questo immobile demaniale.
In questo spirito, auspicano che i soggetti istituzionali pubblici e
privati, nonché singoli cittadini, possano contribuire ad integrare,
modificare e migliorare questa progettualità esplorativa. Gli Autori,
infatti, sono convinti che il successo di simili progetti di innovazione culturale, sociale e economica non dipendono da logiche topdown, di tipo pianificatorio, di uno o pochi attori sociali e
istituzionali, ma piuttosto dalla capacità di coinvolgimento delle comunità, in senso lato, in una sorta di luogo – virtuale o fisico – di
confronto permanente sulla città.
In questo spirito, il workshop-concorso didattico promosso dal Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli
Studi di Perugia, nell’ambito del progetto di ricerca Kultur-FabrikPerugia®, e riservato agli studenti di 16 atenei italiani incentrato
proprio sulla riqualificazione e sulla valorizzazione di una porzione
dell’ex carcere, che si concluderà a giugno 2013, costituisce
un’ottima occasione per far maturare nuove idee originali.
1. Introduzione
Parte prima: Le cause del declino strutturale
del centro storico di Perugia
Questo documento costituisce la formulazione di una prima bozza
progettuale, di tipo assolutamente preliminare ed esplorativo, in relazione alla possibilità di recupero e di valorizzazione del complesso
architettonico delle ex carceri di Perugia. Esso nasce dalla volontà
della Fondazione Perugiassisi Capitale Europea della Cultura 2019
di stimolare, nella comunità locale e regionale, modalità e forme per
il recupero di spazi immobiliari da destinare ad attività culturali.
Gli autori di questo documento esplorativo – docenti dell’Università degli Studi di Perugia e aventi competenze giuridiche (Prof. A.
Bartolini), ingegneristico-architettoniche (Prof. P. Belardi) ed economiche (Prof. L. Ferrucci) – intendono, in questo modo, stimolare
Il centro storico di Perugia costituisce un ambiente culturale e architettonico di particolare pregio. Esso è l’espressione di una stratificazione storica originale e suggestiva, iniziata nell’epoca etrusca
(ancora oggi è visibile la cinta muraria nonché alcune porte di accesso realizzate in tale epoca), proseguita in quella romana, sino ad
arrivare all’età medievale e rinascimentale (con importanti realizzazioni quali il Palazzo dei Priori e le più estese mura medievali) per
poi divenire parte dello Stato Pontificio (di cui ancora oggi appare
evidente la presenza data dalla Rocca Paolina) sino al
successivo periodo della riunificazione nell’ambito dello Stato italiano (con altre importanti opere infrastrutturali, connesse in particolare alla articolazione della pubblica amministrazione in senso
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lato, quali caserme militari, prefettura e così via). Il centro storico di
Perugia, per molti decenni a partire dagli anni Sessanta, ha potuto
beneficiare di una vitalità economica e identitaria grazie a numerosi
fattori:
a. La ricchezza economica generata da un vasto e diffuso tessuto di
imprese industriali e bancarie particolarmente competitive su scala
nazionale e internazionale (per esempio, Buitoni-Perugina, Luisa
Spagnoli, Ellesse, Primigi, Ginocchietti, Pastificio Ponte, Spigadoro,
Petrini, Banca dell’Umbria, ecc.). In altri termini, quest’industria di
“eccellenza”, localizzata nelle periferie, produceva reddito che veniva consumato nel “salotto” buono della città, con un commercio e
servizi di qualità medio-alta.;
b. La presenza di un vasto e articolato sistema della pubblica amministrazione, in senso lato (Regione, Provincia, Prefettura, carcere, caserme militari, ecc..), localizzato nel centro storico, capace di
generare un importante attrattore occupazionale, residenziale e di
consumi;
c. L’ubicazione di rilevanti strutture culturali e scientifiche, quali
i due Atenei pubblici, il Conservatorio musicale e l’Accademia di
Belle Arti, tutte istituzioni localizzate fondamentalmente nel centro
storico con un’occupazione diretta e indiretta, generata anche
dalla consistente popolazione studentesca, di particolare importanza;
d. La presenza di musei statali e non (come la Galleria Nazionale
dell’Umbria, il Museo Archeologico Nazionale e il Museo del Capitolo della Cattedrale di San Lorenzo), nonché di altri importanti
attrattori per il turismo culturale, presenti nel centro storico;
e. L’assenza di sostanziali attrattori commerciali ubicati fuori dal
centro storico e, quindi, l’esistenza di una posizione di rendita strutturale a favore del commercio localizzato in quest’area della città.
Purtroppo, questi fattori attorno ai quali era stata realizzata la forza
identitaria e l’attrattività economica del centro storico, negli ultimi
venti anni, hanno lentamente – ma progressivamente – perso la loro
importanza.
Innanzitutto, tra il 1985 e il 1995, molte delle imprese industriali
perugine sopra indicate hanno perso una parte rilevante della loro
capacità competitiva. Errori strategici e problemi di governance
negli assetti proprietari familiari hanno portato a fallimenti e a cessioni. Le acquisizioni spesso sono state effettuate da imprese localizzate in aree distanti, sovente estere, con conseguenti strategie di
ristrutturazione e risanamento che hanno portato, in buona misura, a trasferire gli assetti direzionali dell’imprese presso i nuovi
headquarter. Conseguentemente, una buona parte dell’occupazione
qualificata presente originariamente in queste imprese è andata perduta, nel sistema locale, con evidenti impatti in termini di consumi
di servizi commerciali qualificati.
In secondo luogo, questa crisi dell’industria locale ha spinto parte
della pubblica amministrazione ad una rilocalizzazione spaziale in
alcuni ex siti manifatturieri. In questo modo, è stato possibile perseguire il recupero e la valorizzazione urbanistica di alcuni edifici,
in cui sono stati trasferiti dal centro storico uffici e direzioni. Certamente, anche altre ragioni legittimano il trasferimento di parti della
pubblica amministrazione dalla città storica verso la periferia urbana, come il minor costo della rendita fondiaria oppure la necessità
di realizzare nuove strutture funzionali rispetto ai bisogni sociali.
Alcuni esempi possono dimostrare questa tendenza urbanistica
strutturale. L’Università degli Studi di Perugia, nella seconda metà
degli anni Ottanta, realizza la Facoltà di Ingegneria che si localizza
nella periferia urbana. Nel 2005 viene inaugurato il nuovo carcere, con la conseguente cessazione operativa di quello collocato nel
centro storico. Ancora, nella sanità, si ha l’inaugurazione, nel 2009,
della nuova struttura ospedaliera nella zona di San Sisto, dove si va a
collocare anche la Facoltà di Medicina. Infine, la sospensione nazionale del servizio militare di leva obbligatorio, disposta nel 2001,
sebbene applicata con gradualità, genera una ridondanza di edifici
pregiati, localizzati nel centro storico, da allora non più funzionali a questo scopo e privi di una nuova loro ri-funzionalizzazione.
Ebbene, ad oggi, tra amministrazione pubblica centrale, regionale
e locale, con tutte le sue articolazioni operative, sono state censite
circa 200 strutture, di cui solo il 29% è localizzato nell’acropoli.
In terzo luogo, si ha l’arrivo dei centri commerciali artificiali localizzati nella periferia urbana. Il 19 ottobre del 1997, in località Col-
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lestrada, viene inaugurato il primo centro commerciale artificiale di
una certa rilevanza ubicato in prossimità della città. Da allora, il territorio comunale diviene l’oggetto di insediamento di diversi centri
commerciali artificiali, aventi dimensioni e caratteristiche diverse.
Così, ad esempio, dieci anni dopo, il 24 ottobre 2007, viene inaugurato il centro commerciale Emisfero. Nel gennaio 2009, apre un
nuovo attrattore commerciale, composto da un cinema multisala,
una palestra Virgin Active e altri negozi e ristoranti. Nel frattempo, numerosi supermercati, superette e hard discount hanno fatto il
loro arrivo in diversi quartieri della città. Parallelamente, nei comuni limitrofi si attiva un’intensa politica per favorire gli insediamenti
di medio-grandi strutture commerciali. I due principali Comuni
protagonisti, in modo intenzionale o meno, di questo cannibalismo
commerciale nei confronti di Perugia, in particolare del suo centro
storico quale centro commerciale, sono Corciano, sulla sponda occidentale (con il Gherlinda, diversi grandi magazzini per la vendita di mobili e arredamento, di quelli specializzati nell’elettronica di
consumo, il centro direzionale Quattrotorri che ospita numerosi
uffici di varie imprese e professionisti e il futuro investimento ex
Quasar), e Bastia Umbra, su quella orientale (il grossista alimentare
tedesco Metro, il magazzino Divani&Divani di Natuzzi e i francesi di Leroy Merlin, inaugurato nel 2010, nonché il polo fieristico
umbro). La riconversione di ex immobili manifatturieri, unitamente a strutture create ad hoc, favoriscono la nascita di questi nuovi
insediamenti. Ebbene, se consideriamo i capoluoghi di provincia,
non solo umbri ma anche di regioni più o meno limitrofe (Abruzzo, Lazio, Toscana, Marche, Emilia Romagna), collocati nella fascia
demografica di Perugia (compresa tra i 100.000 e i 200.000), l’intensità della presenza di medio-grandi strutture commerciali nel
nostro comune è decisamente alta. Basti pensare che il rapporto tra
la superficie di vendita complessiva di questi format rispetto alla
popolazione residente è, nel caso dei grandi magazzini, pari a 9,9 rispetto ad una media riferibile a quest’insieme di città pari a 7,5; nel
format delle grandi superfici specializzate, la media generale è pari
a 11,9 (con Perugia posizionata addirittura a 18,1); infine, in quello dei supermercati, le città benchmarking hanno un valore medio
pari a 16,7 contro Perugia che consegue 21,0. Insomma, per questi
tre format, in relazione alle 15 città considerate, il capoluogo umbro si posiziona nei primissimi posti della graduatoria per intensità
di presenza della medio-grande distribuzione commerciale. Dunque, la realizzazione dei centri commerciali artificiali (outlet village, cinema multisala, ipermercati alimentari e così via, corredati da
una moltitudine di altri esercizi di piccola dimensione), localizzati
nelle periferie urbane oppure in prossimità di infrastrutture viarie
di rilevanza nazionale, hanno generato un crowding out competitivo rispetto al centro commerciale naturale (ossia quello presente
nell’acropoli della città). E’ indubbio che questa modernizzazione
del commercio abbia alimentato un maggior livello di concorrenza e di servizio (parcheggio, accessibilità, convenienza economica,
utilizzo piacevole del tempo libero, ecc..) a favore del consumatore,
ma tuttavia ha contribuito a generare un gap di offerta e di attrattività commerciale e artigianale a sfavore del centro storico. In quarto
luogo, l’acropoli perde progressivamente la residenzialità di molti
residenti appartenenti alla classe agiata. In particolare, la classe media e agiata tendono a rilocalizzarsi fuori dal centro storico nel quale invece vanno a vivere migliaia di studenti universitari. Il fatto che
le istituzioni scientifico-culturali siano, in buona misura, localizzate
nell’acropoli favorisce questa sostitutività di tipologie di residenti.
La crescita strutturale e storica della popolazione universitaria favorisce questa dinamica. Tra l’altro, il fascino storico della città, unito
alla reputazione economica indotta dalla presenza di molte imprese
industriali famose in tutto il Paese (capaci di generare opportunità
occupazionali per i laureati), favoriscono l’arrivo di numerosi studenti da regioni limitrofe, come le Marche o il Lazio, oppure dal sud
Italia (in particolare, Calabria e Puglia) sino ai primi anni Duemila.
Nel 2001, i due Atenei – in relazione a corsi di laurea tenuti nella città di Perugia – arrivano, congiuntamente, a registrare quasi 34mila
studenti iscritti, ossia il valore modale storico. La classe media – ma
anche buona parte di quella agiata – si rilocalizza in termini di residenzialità dal centro alla periferia e, più in particolare, a favore
dei centri minori. In queste località minori del territorio perugino,
la rendita fondiaria è decisamente minore e la qualità dei servizi, e
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della vita in generale, è più che soddisfacente. Non solo, spesso, da
questi centri minori si possono raggiungere in modo agevole sia i
centri commerciali artificiali (per fare shopping) che le sedi di lavoro (della pubblica amministrazione o delle imprese). Nel centro
storico vive oramai circa il 6,5% della popolazione comunale (ossia
meno di 11mila individui). Si tratta di un valore decisamente marginale rispetto alle esigenze di sostenibilità economica dei servizi
commerciali ubicati in tale area. Non solo, l’acropoli è divenuta l’habitat di migliaia di giovani studenti, con modus comportamentali
e di acquisto assai diversi da quelli di adulti e anziani. Con questa
metamorfosi sociale, anche l’economia urbana dell’acropoli cambia radicalmente. Il meccanismo dei contratti di locazione tende
a prevalere rispetto all’utilizzo diretto dell’appartamento da parte
del proprietario. Non solo, la rendita fondiaria resta elevata – per
la consistente domanda da parte della popolazione studentesca – e
alimenta un mercato irregolare, con dosi di elusione e di evasione
fiscale. I proprietari tendono a non investire nella ristrutturazione e
riqualificazione del proprio immobile, destinato ad essere utilizzato, per periodi relativamente brevi, da studenti provenienti da altre
aree. Parallelamente, il commercio si va modellando su una domanda di servizi essenzialmente rivolta alla popolazione studentesca:
negozi di abbigliamento di qualità medio-bassa (non attrattivi per la
borghesia agiata), pub, pizzerie e così via tendono a dominare nell’acropoli. Il “salotto buono” della città perde così fascino e importanza, sia sul piano della residenzialità, che dei servizi commerciali.
In quinto luogo, parallelamente alla contrazione, a partire dal 2001,
della popolazione studentesca universitaria (oggi, tra i due Atenei,
i corsi di laurea presenti nella città registrano circa 25mila iscritti,
ossia quasi diecimila studenti in meno rispetto al valore modale),
si attiva una nuova metamorfosi sociale del centro storico: l’arrivo di numerosi immigrati provenienti da Paesi dell’Europa centroorientale, dall’Africa o dall’Asia. Si tratta di un fenomeno che ha
riguardato sostanzialmente moltissime città italiane, ma l’intensità
di immigrazione nella città di Perugia è particolarmente rilevante.
Infatti, a livello nazionale, nel 2010 l’incidenza relativa degli immigrati stranieri è pari al 7,5%. Ebbene, nel capoluogo perugino,
essi sono pari al 13% della popolazione residente complessiva, ossia
quasi il doppio del dato medio nazionale. Se consideriamo tutti i capoluoghi di provincia di regioni più o meno limitrofe (ossia Lazio,
Toscana, Marche, Abruzzo e Emilia Romagna), Perugia è settima
su 35 comuni analizzati. Non solo, la crescita di questa popolazione
immigrata è avvenuta nell’arco di pochi anni: è sufficiente ricordare
che, nel 2005, essa era pari all’8,7% (dato comunque sempre elevato
comparativamente a quello nazionale). Insomma, la città di Perugia, in pochi anni, ha potuto registrare un incremento relativo e assoluto di particolare rilevanza in ordine ai cittadini provenienti da
Paesi esteri. Oramai, circa 22.000 persone straniere regolari vivono
nel capoluogo di Regione, senza ovviamente annoverare quelli che
vi risiedono in modo illegale, i cosiddetti clandestini. Questi immigrati hanno contribuito, con la loro legittima ricerca di opportunità
lavorativa, a generare un’offerta di lavoro per mansioni e attività di
bassa qualificazione a favore di imprese e famiglie. Molti di loro, con
un limitato potere di acquisto, si insediano in alcune parti dell’acropoli, anestetizzando, apparentemente, il problema delle abitazioni
non più locate a studenti universitari. Gli immigrati costituiscono,
così, una sorta di “serbatoio” compensativo per i mancati studenti
universitari nel centro storico. I servizi abitativi e quelli commerciali, almeno in parte, devono riadattarsi, senza grandi cambiamenti
radicali, a questa nuova domanda proveniente dagli immigrati. Si
tratta di persone normalmente con una bassa qualificazione professionale e culturale, con un limitato potere di acquisto e con regole
sociali talvolta assai diverse, anche sul piano antropologico, dalla
realtà autoctona perugina. Nuovi servizi commerciali fioriscono
nell’acropoli, richiamandosi ai bisogni di queste comunità, spesso
aventi loro esponenti come fondatori. Si tratta di un’offerta che, per
taluni aspetti, contribuisce a rendere maggiormente cosmopolita il
centro storico, con effetti di contagio sui consumi oltre i confini di
queste etnie di immigrati. Ma, d’altra parte, si accentuano anche le
condizioni del degrado sociale, urbanistico e economico del centro
storico. Ad esempio, risse e atti vandalici in pieno centro storico
sono fatti oramai di una certa frequenza, come messo in evidenza
dalla cronaca giornalistica locale.
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Ma ciò che appare più grave è la situazione di micro-criminalità
che si va insediando nel centro storico. Così, nel 2010, i decessi per
droga rispetto ai decessi totali ogni 100.000 abitanti a livello di intero territorio provinciale pongono Perugia al quarto posto della
graduatoria nazionale. Le cause della diffusività di problemi di micro-criminalità sono molteplici e oggetto di confronto e di dibattito
cittadino: la presenza di migliaia di studenti; la centralità geografica della città (che ne consente la raggiungibilità, per l’acquisto di
sostanze stupefacenti, da diverse parti del centro Italia); la scarsità
di uomini delle forze dell’ordine (magari presenti e allocati in altre
parti d’Italia o in centri minori fondamentalmente a basso rischio
di microcriminalità); l’immigrazione clandestina; una governance
delle forze dell’ordine dipendente dal governo centrale anziché dalla municipalità (che, invece, ne risponde politicamente di fronte ai
cittadini-residenti); e così via. Il risultato è comunque tale da scoraggiare l’attrattività dell’acropoli rispetto alla popolazione agiata.
Come ha messo in evidenza la relazione annuale della Direzione
nazionale antimafia in riferimento l’attività della Direzione distrettuale di Perugia, pubblicata nel febbraio 2013, in questa realtà urbana emerge una «particolare diffusività della attività di traffico internazionale e spaccio al minuto di sostanze stupefacenti ad opera di
organizzazioni criminali composte quasi esclusivamente da soggetti
stranieri». Il traffico dipenderebbe dalla «forte ed intensa presenza sul territorio di vere e proprie comunità di cittadini di diverse
nazionalità», citando esplicitamente indagini svolte su cittadini
nigeriani, marocchini, tunisini e albanesi. Si afferma, inoltre, che
organizzazioni composte «in prevalenza da soggetti nordafricani,
generalmente dedite all’importazione ed alla cessione di rilevanti quantità di stupefacenti del tipo hashish; organizzazioni facenti
capo a soggetti albanesi in buona parte dimoranti stabilmente nel
territorio, dediti all’importazione ed alla successiva cessione a terzi
di quantità anche rilevanti di cocaina, che solitamente utilizzano
quale “attività” di copertura imprese edili individuali; organizzazioni composte da cittadini rumeni e finalizzate, oltre che al compimento di delitti contro il patrimonio, al “commercio al dettaglio” di
sostanze stupefacenti». Infine, la crisi economica nazionale ha un
impatto molto forte, anche comparativamente ad altre regioni del
nostro Paese, in Umbria e, più specificatamente, sull’economia urbana del centro storico di Perugia. Il PIL pro-capite in Umbria, nel
2011, è pari a 23988 euro, ossia circa l’8% in meno di quello nazionale. Ancora peggiore, sul piano comparato, appare il dato umbro
rispetto a quello toscano e quello marchigiano con una differenza
negativa rispettivamente del 15% e del 9% circa. Non solo, l’Umbria
si sta progressivamente allontanando dalla media nazionale: infatti,
nel 1995, tale differenza era limitata solamente all’1% (a favore del
Pil pro-capite nazionale), al 7,5% rispetto a quello toscano e all’1,7%
rispetto a quello delle Marche. Dal 1995 al 2011, l’Umbria ha registrato la variazione peggiore di questo indicatore rispetto a tutte le
altre regioni nazionali. C’è, dunque, evidente vulnerabilità economica complessiva dell’Umbria nel quadro nazionale, come si può
desumere dal Pil pro-capite. Sul piano della spesa totale per le famiglie, l’Umbria consegue tra il 1995 e il 2011 la performance peggiore
della media nazionale, a fianco delle Marche e della Campania. Se
consideriamo la spesa reale delle famiglie pro-capite (e non quella nominale), nel 2011, l’Umbria è tornata ai livelli del 1996. Tutto
ciò è la dimostrazione che la nostra Regione sta economicamente
soffrendo assai di più sul piano inter-regionale. E, certamente, l’acropoli di Perugia non si discosta da questa tendenza strutturale
regionale.
Parte seconda: Le esigenze di rigenerazione urbana, sociale, culturale e economica del centro
storico di Perugia
Tutti questi fattori strutturali, congiuntamente considerati, hanno
un impatto particolarmente forte sugli equilibri economici, storicamente conseguiti, in relazione ai servizi commerciali e artigianali,
alla qualità della vita dei residenti e all’attrattività di non residenti
nel centro storico della città di Perugia. Come poterne uscire? Quali
strategie per la rigenerazione urbana, sociale, culturale e economica
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del centro storico di Perugia? Se il “locomotore” dello sviluppo del
centro storico non può essere più, con quella intensità propria del
passato, l’industria manifatturiera locale, la pubblica amministrazione, la popolazione studentesca universitaria o il turismo, dobbiamo cercare un nuovo “locomotore” capace di generare nuova e
addizionale ricchezza. Fondamentalmente, il commercio e l’artigianato insediato nel centro storico non possono costituire, da soli, un
driver di sviluppo; essi si alimentano grazie ad una spesa indiretta e
indotta dalla ricchezza generata da altri soggetti. Ci vuole un nuovo “locomotore” che genera ricchezza e che la distribuisce e che,
proprio per questo, si trasforma in consumi di famiglie e individui,
magari (anche se non necessariamente) a favore degli operatori collocati nel centro storico. L’approccio technology push può, da questo punto di vista, essere di particolare aiuto. Si tratta di un terziario
avanzato generato dai settori della scienza e della tecnologia, nonché da talune loro applicazioni nei campi della cultura umanistica e
delle arti. E’ di tutta evidenza che la capacità di un sistema urbano
di costituire un habitat adatto allo start up di queste traiettorie innovative di sviluppo si fonda su una progettualità di lungo periodo e
di un impegno di una pluralità di attori non necessariamente locali.
Tra gli ingredienti fondamentali di questa “ricetta” per perseguire
questo sentiero di crescita, vi è l’eccellenza scientifica, tecnologica e
culturale in determinati campi del sapere, la mobilitazione di rilevanti risorse finanziarie pubbliche e private e un orientamento favorevole nei confronti dell’imprenditorialità giovanile ad alto tasso
di conoscenza innovativa.
Diviene, perciò, essenziale la presenza di qualificate istituzioni
universitarie capaci di attrarre e reclutare eccellenze scientifiche
e tecnologiche su scala trans-nazionale e la presenza di incubatori finalizzati ad ospitare una nuova generazione di piccole start up
tecnologiche, culturali e creative fondate da giovani. La predisposizione di strumenti di policy è fondamentale per attrarre investimenti da parte di multinazionali in questi campi della conoscenza
innovativa, oltreché per perseguire public procurement finalizzati
al sostegno di queste traiettorie settoriali. La mobilitazione di consistenti risorse finanziarie pubbliche e private è assolutamente indi-
spensabile per generare quella massa critica capace di attivare queste dinamiche, sebbene in un contesto inevitabile di incertezza dei
pay-off. Fondazioni bancarie, venture capital e istituzioni pubbliche
possono, pertanto, supportare con proprie linee di finanziamento
queste iniziative imprenditoriali innovative.
Questa prospettiva mira ad una rigenerazione urbana a partire da
una metamorfosi del suo tessuto economico e sociale. Si tratta di
attribuire un ruolo di “locomotore” alla scienza, alla tecnologia e
alla cultura ai fini della crescita economica di un sistema urbano,
mettendolo in sintonia con le trasformazioni epocali che la società
sta vivendo. Una possibile direttrice del cambiamento, compatibile con le caratteristiche del centro storico di Perugia, è quella delle
smart&green cities, unitamente alle high tech, cultural and creative industries. Certamente, Perugia non diventerà la capitale economica europea di questo “motore” dello sviluppo ma, forse, potrà
riuscire a salire su questa nuova traiettoria di crescita innovativa,
offrendo un senso, una dignità e un’opportunità a quelle migliaia
di giovani ad alta scolarità che, ogni anno, la città universitaria offre nel mercato del lavoro. Per perseguire questo nuovo modello di
sviluppo innovativo, occorrono tre tipi di capitali: quello dell’intelligenza; quello immobiliare; quello finanziario.
Il capitale dell’intelligenza è normalmente detenuto dalle istituzioni scientifiche e culturali. Perugia è una città di media dimensione
che, come poche in Italia, ha il pregio di poter vantare ben quattro soggetti fondati sul sapere: l’Università degli Studi, l’Università
per Stranieri, il Conservatorio Musicale e l’Accademia di Belle Arti.
Non solo, molte parti di queste quattro istituzioni sono localizzate,
ancora oggi, nella città storica. Interazione progettuale tra di esse,
ruolo di gateway per l’interconnessione con altri nodi mondiali
della conoscenza innovativa, attrazione internazionale di eccellenze scientifiche e culturali, capacità di generare start up tecnologiche, creative e culturali e così via devono costituire una piattaforma
programmatica fondamentale per la rigenerazione della città e del
territorio umbro, in senso lato. Da questo punto di vista, opportune iniziative regionali di policy, ad esempio finalizzate al sostegno
all’imprenditorialità giovanile ad alto tasso di conoscenza
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innovativa, sono particolarmente auspicabili. In questo modo, il
centro storico di Perugia potrebbe essere deputato a divenire una
sorta di città-laboratorio o fabbrica della conoscenza capace di accogliere la sfida del post industriale avanzato per i giovani che creano imprese ad alta intensità di conoscenza.
Il capitale immobiliare è una dotazione di cui la città storica, ad
oggi, non ne è affatto priva. Molti edifici, nel corso degli ultimi due
decenni, sono stati dismessi dalla loro funzione, soprattutto nell’ambito della pubblica amministrazione in senso lato. In particolare, si
hanno immobili di particolare pregio storico e di significativa volumetria che appartengono al demanio statale e che, con opportuni
accordi contrattuali, potrebbero divenire – almeno sul piano delle
logiche di utilizzazione e di ristrutturazione – importanti driver per
la rigenerazione del centro storico: è sufficiente riflettere sul ruolo e
le potenzialità del complesso architettonico delle ex carceri e di ex
caserme militari, quali possibili incubatori di piccole imprese innovative create dai giovani ad alta scolarità. Altri immobili di particolare importanza nel centro storico di Perugia sono di proprietà
privata o municipale, come l’ex cinema Turreno oppure l’ex cinema
Lilly oppure l’ex Coin, sino ad arrivare all’esperienza – ad oggi per
niente confortante – del progetto di ristrutturazione del “mercato
coperto” da parte di operatori privati. Il patrimonio immobiliare
pubblico e privato deve tornare a svolgere la sua piena funzione
sociale e economica: opportuni ed efficaci strumenti di incentivo
e risorse finanziarie deputate alle ristrutturazioni o all’immissione
nel mercato delle locazioni devono essere previsti. Da questo punto
di vista – e la crisi economica in atto accentua certe dinamiche di
degrado e abbandono urbanistico – è indispensabile fissare regole
maggiormente incisive sul piano del decoro urbano. Non è accettabile riscontrare, in modo piuttosto diffuso, in molte aree del centro
storico non tanto e non solo immobili, sia pubblici (talvolta demaniali) e privati, non utilizzati quanto piuttosto il loro stato di manutenzione fortemente degradato. Devono essere apprestate sanzioni
più efficaci nei confronti dei proprietari di immobili non utilizzati
i quali lasciano che essi vadano in una condizione di degrado tale
da offuscare l’immagine complessiva del centro storico. Non solo,
introducendo specifiche sanzioni contro il degrado urbano, indirettamente, si ottengono diverse conseguenze positive. In primo luogo,
si induce il proprietario ad effettuare operazioni di ristrutturazioni
e di riqualificazione (favorendo una domanda di servizi edilizi che
attualmente, con la crisi, sta soffrendo). In secondo luogo, una volta
sostenuta la spesa da parte del proprietario, si dovrebbe assecondare
di fatto la necessità di immettere l’immobile nel mercato delle cessioni o delle locazioni (se ho speso per ristrutturare, avrò l’incentivo
a cercare di rientrare dall’investimento fatto). In terzo luogo, l’operazione urbanistica di riqualificazione e decoro potrebbe favorire
l’accesso di nuovi operatori commerciali o artigianali o nuovi residenti di maggiore capacità di spesa, limitando in questo modo il
possesso di tali immobili da parte di individui con condizioni di disagio sociale e economico. Infine, grazie al maggior decoro urbano,
tutta l’immagine complessiva del centro storico ne risulterebbe migliorata con effetti positivi in termini di attrattività, accessibilità e
atmosfera per lo shopping da parte anche di non residenti nel centro storico. Insomma, il centro storico di Perugia ha una dotazione
di immobili di particolare pregio storico e di rilevante volumetria
commerciale e abitativa che può supportare l’attivazione di un circuito virtuoso, fatto di attrazione di nuovi residenti (per esempio,
giovani coppie ad elevata scolarità, disponibili a creare imprese high
tech), di riduzione dei canoni di locazione, di apertura di nuove attività commerciali e di servizio (studi professionali, ecc..) e, complessivamente, di miglioramento della qualità della vita per tutti i
cittadini. Forme innovative di servizio commerciale e artigianale,
oltreché di attività professionali, scientifiche e creative, promosse
da giovani qualificati vanno, anche con specifiche regolamentazioni
sul piano delle rendite di locazione, incoraggiate e potenziate. Potrebbe essere di particolare utilità prevedere una “zona” del centro
storico finalizzata ad ospitare le attività di servizio di una classe di
giovani creativi, dotata dei migliori standard tecnologici e capace
di mostrare, al pubblico, ai residenti e ai turisti, questi laboratori
della creatività individuale. Infine, il capitale finanziario deve svolgere un ruolo fondamentale per sostenere, in una logica di lungo
periodo, questa rigenerazione del centro storico. La scala finanzia-
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ria dell’intervento è sicuramente impegnativa e le istituzioni pubbliche possono, da questo punto di vista, veicolare importanti risorse
finanziarie. Ma certamente occorre l’impegno anche dei privati, a
partire dalle istituzioni finanziarie e dalle organizzazione no profit
(per esempio, le fondazioni bancarie) sino ad arrivare alla comunità cittadina che, in relazione a talune iniziative di riqualificazione
e ristrutturazione di edifici strategici, possa offrire – in una sorta
di “azionariato popolare” – il proprio apporto. In questo modo, si
contribuisce tra l’altro a coinvolgere in modo attivo parte della cittadinanza, e a rafforzare i suoi legami con questi luoghi e edifici
storici. Si tratta, per certi aspetti, di un’ulteriore step evolutivo di
quel processo sociale e economico, già in atto da tempo, che vede,
come protagonisti di molte iniziative, gruppi e associazioni di cittadini impegnati nel dare un contributo importante in termini di
capitale sociale radicato nei singoli quartieri o borghi della città storica. Più specificatamente, laddove vi siano edifici strategici utilizzabili per una rivitalizzazione del commercio urbano sarebbe auspicabile il perseguimento di una sorta di fondo immobiliare aperto,
sottoscritto e alimentato da una molteplicità di commercianti, in
modo che la governance di esso – e quindi la conseguente rendita
fondiaria – possa essere monitorata e definita tenendo conto anche
delle esigenze di questa categoria economica. Si tratta di iniziative
sperimentali che, in altri Paesi europei, sono state perseguite con
successo e che, anche a Perugia, potrebbero contribuire al recupero e alla valorizzazione di taluni edifici storici. Da questo punto di
vista, il complesso architettonico del complesso architettonico delle
ex carceri potrebbe costituire un’ottima “palestra” per la sperimentazione di questo progetto di rigenerazione urbana.
Parti terza: La storia urbanistico-insediativa e
le caratteristiche architettoniche, tipologiche e
funzionali del complesso architettonico delle
ex carceri
Precedentemente all’attuale sistemazione, a Perugia venivano usate
come edifici carcerari un’ala del Palazzo dei Priori (Palazzo Apostolico) per i detenuti comuni, e i sotterranei della fortezza (Rocca
Paolina) per i detenuti politici. Nel 1853 si decide di trasferire in un
altro luogo le carceri, che risultavano troppo anguste, troppo affollate e situate in edifici destinati prevalentemente ad altre funzioni.
L’ufficio tecnico governativo viene incaricato di redigere un progetto dettagliato e di individuare un luogo adatto al nuovo insediamento; in prima istanza si pensa all’area del Campo Battaglia, ma
questa ipotesi non trova riscontro concreto. Nel 1857 si riprendono
gli studi e i progettisti si orientano dapprima sull’area della Conta
di San Severo, poi su quella del Cassero di Sant’Antonio, che risulta
prescelta. Negli anni compresi tra il 1858 e il 1860 viene redatto il
progetto di massima, ma gli eventi correlati all’Unità d’Italia bloccano la realizzazione dell’edificio. Nel 1862 si ripresenta l’esigenza
del nuovo carcere e si cercano nuove possibili aree d’insediamento;
oltre a quelle precedentemente individuate, vengono prese in considerazione le zone di San Francesco e di Monteluce. Gli enti preposti
impongono però di selezionare un’area più vasta: viene così proposta la zona della chiesa di Santa Giuliana in adiacenza alla piazza
d’Armi e, in particolare, l’area compresa tra le mura urbiche, la porta
del Rastello e la via degli Orti. Il Ministero, inoltre, incarica l’architetto Giuseppe Polani (1815-1894), impegnato contestualmente
nella progettazione e realizzazione di carceri in varie zone del territorio nazionale, di redigere un progetto per il carcere di Perugia.
Alla fine del 1863 Polani, coadiuvato dall’ingegnere-architetto perugino Guglielmo Calderini (1837-1916), presenta il progetto, concepito come complesso costituito da otto bracci per 340 detenuti
circa, prevedendone la collocazione in adiacenza alla Piazza d’Ar-
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mi. Nonostante un articolato scambio di opinioni in cui vengono
evidenziate e analizzate significative discordanze tra il progettista
e le amministrazioni centrali, nel 1864 il progetto viene approvato nelle forme presentate da Polani, anche in virtù della disponibilità dell’amministrazione comunale a cedere i materiali derivanti
dalla coeva demolizione del volume della Tenaglia che concludeva
la Rocca Paolina. La costruzione viene intrapresa nel febbraio del
1866 e completata nei primi mesi del 1870, mentre l’insediamento
diviene effettivo nell’ottobre dello stesso anno.
L’ex carcere maschile si presenta verso l’esterno con un alto muro
di cinta percorribile pedonalmente e realizzato planimetricamente in forma di linea spezzata, caratterizzato figurativamente dalla
presenza di torrini d’angolo cui era assegnata la funzione di punti
di controllo sia verso l’esterno che verso le aree aperte interne, e
in corrispondenza dei quali erano presenti delle garitte. Tra l’alto
muro di cinta e i volumi che compongono l’edificio si situa uno spazio perimetrale di filtro e sicurezza. Dal punto di vista tipologico
il fabbricato presenta tutti i canoni dei principali edifici carcerari
dell’epoca rivolti all’espiazione, alla segregazione e alla disciplina interna. È costituito da una rotonda centrale, in origine definita Osservatorio, da cui si dipartono a raggiera, su tre piani sovrapposti,
quattro settori in cui sono collocate le celle distribuite da corridoi
con affaccio verso l’esterno. Tra i bracci, inoltre, si collocano gli spazi destinati all’uscita dei detenuti. Sempre tra i bracci, inoltre, nel
corso del Novecento sono stati realizzati dei corpi aggiunti al fine di
ospitare nuove funzioni quali, ad esempio, la chiesa e la scuola. Dal
punto di vista distributivo-funzionale l’ingresso principale è posto
in corrispondenza di uno slargo tra piazza Partigiani e via Fiorenzo
di Lorenzo. L’edificio d’ingresso, originariamente di dimensioni più
ridotte e ripetutamente ampliato nel tempo, conteneva negli ultimi
tempi gli spazi dedicati alla caserma, in cui soggiornavano i membri della polizia penitenziaria, e gli uffici destinati alla direzione e
all’amministrazione. Tra questo edificio e il corpo principale è posizionata una corte di distribuzione, parzialmente coperta da pensilina, sulla quale affacciano i diversi ingressi dei vari nuclei funzionali.
Da una porta centrale si accede al carcere vero e proprio che vedeva
al primo piano gli spazi destinati alle visite dall’esterno e ai lavori dei
detenuti (laboratorio di falegnameria, officina da fabbro ecc.). Da
una scala pluriplano che si sviluppa attorno a un ascensore montacarichi, inserito a metà Novecento, si accede ai successivi tre livelli.
Ciascun livello è costituito da sei bracci, in cui sono collocate le
celle di detenzione, connessi tra loro attraverso zone di filtro che ai
diversi piani assolvevano ad altrettante funzioni (uffici, archivio e,
all’ultimo livello, clinica chirurgica). Ciascun braccio presenta uno
schema tipologico con corridoio di distribuzione dotato di finestre
che ne misurano lo spazio e da celle poste su un unico lato dello
stesso. Nel corso del tempo le caratteristiche tipologiche dei bracci
sono state modificate, ad esempio mediante la realizzazione dei solai di chiusura dei vari piani (i livelli superiori al primo, infatti, erano distribuiti da ballatoi affaccianti su uno spazio a tripla altezza) o
mediante l’accorpamento delle celle originarie (effettuato al fine di
realizzare servizi igienici interni). Dal punto di vista delle caratteristiche di finitura architettonica l’edificio all’esterno era completamente intonacato con le facciate contraddistinte dalla scansione
delle finestre delle celle e dei corridoi; di particolare pregio sono
l’apparato sottogronda in laterizio e il timpano del fronte est in cui
campeggia l’orologio analogico. All’interno l’elemento caratterizzante è senza dubbio la rotonda a pianta ottagonale e tripla altezza
che presenta una serliana al primo piano da cui partono i ballatoi
di distribuzione. L’edificio sviluppa complessivamente una superficie di circa 11.000 mq e presenta spazi aperti per circa 4.000 mq.
L’ex carcere femminile si trova nelle adiacenze, a monte di quello
maschile, in particolare nella zona della chiesa di Santo Spirito e
del Collegio di Sant’Antonio, occupando una successione di edifici
contigui che affacciano su chiostri e corti interne e che risalgono
originariamente al 1200; i diversi rimaneggiamenti effettuati sia nel
Cinquecento che nel Seicento, hanno comunque conservato chiari segni dell’impianto originario quali cameroni, ampie finestre a
ogiva e archetti, orditura delle architravature e giardini spaziosi.
Nel 1868 viene redatto il progetto di massima per l’inserimento del
carcere femminile in questi edifici; sul finire del 1870, i lavori sono
terminati e il carcere avvia il proprio esercizio. L’edificio, a più livelli,
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si sviluppa su una superficie di circa 6.000 mq pari e presenta spazi
aperti per circa 2.500 mq.
Parte quarta: Le condizioni di degrado e gli effetti negativi sull’attrattività del quartiere e del
centro storico
Gli edifici che fanno parte del complesso carcerario preso in considerazione, seppure tutti in disuso da diversi anni, presentano uno
stato di degrado che si manifesta in maniera diversificata.
L’ex carcere maschile, dismesso completamente nel 2006, presenta
uno stato di pessima conservazione dovuto essenzialmente a tre fattori principali. Il primo fattore è da individuare nella mancanza di
manutenzione ordinaria e straordinaria che ha caratterizzato l’edificio negli ultimi decenni di attività, a causa della contemporanea e
parallela realizzazione del nuovo carcere di Capanne; ne è testimone, ad esempio, il grado di fatiscenza delle facciate, che presentano
ampie porzioni prive di intonaco. Il secondo fattore è da individuare
nell’azione di deterioramento causata dalla presenza di piccioni, che
hanno colonizzato l’edificio fin dai primi momenti dopo l’abbandono; ne è testimone lo strato di guano che riveste ormai ogni piano di
calpestio dell’edificio e che aggrava le condizioni generali dell’edificio. Il terzo fattore è da individuare nell’azione aggressiva dell’umidità, sia di risalita dalle fondazioni sia dovuta alle piogge che, anche
in virtù della diffusa rottura degli infissi in legno e vetro, ha alterato
gli spazi, soprattutto in corrispondenza del piano terra. Dal punto
di vista strutturale, però, le murature portanti perimetrali sembrano
essere in buone condizioni, come del resto confermato dalla resistenza portata in occasione del terremoto che ha colpito l’Umbria
tra l’autunno 1997 e la primavera 1998. A seguito di questo terremoto, peraltro, èstato effettuato un intervento di consolidamento
delle strutture portanti della copertura, che sono state opportunamente rinforzate, così come avvenuto per le volte che caratterizzano
l’ultimo solaio posto al di sotto della copertura, anch’esse messe in
sicurezza nella medesima occasione.
L’ex carcere femminile sembra aver riportato uno stato di degrado
assai maggiore, anche in virtù della maggiore età costruttiva dell’edificio stesso. Ne è testimone il recente cedimento con conseguente crollo di alcune parti che hanno coinvolto la strada pubblica di
via del Parione. Si può quindi affermare che la percezione che si ha
dall’esterno relativamente allo stato di abbandono degli immobili
non corrisponde, in generale, allo stato di conservazione che risulta
tutto sommato accettabile seppure presenti alcune criticità.
E’, d’altronde, sempre più evidente che un patrimonio pubblico
“congelato” e non valorizzato non corrisponde solamente ad un suo
degrado fisico ma genera, anche non intenzionalmente, effetti negativi sull’intero quartiere e sul resto della città. Non sono solo le
mancate potenzialità di utilizzo, ma il fatto che si rendono limitati
i possibili effetti positivi legati alla riqualificazione del resto della
zona. Insomma, senza la valorizzazione di questo complesso architettonico, diviene difficile riqualificare un intero quartiere.
Parte quinta: Il progetto urbanistico di rigenerazione e riqualificazione del complesso
architettonico delle ex carceri
L’ex complesso carcerario di Perugia, costituito oltre che dall’edificio dell’ex istituto maschile anche da quello femminile (insediato
a monte, in una ex struttura conventuale) e da quello degli uffici
di direzione e amministrazione (concepito come corpo di collegamento tra i precedenti due), è in stato di abbandono dal 2006,
cioè da quando è stato dismesso, e, ormai da oltre un secolo, rappresenta emblematicamente la chiusura di un pezzo di città verso
i suoi cittadini, configurandosi come uno strappo, una lacerazione
nel tessuto urbano. Obiettivo primario del progetto urbanistico di
rigenerazione e di riqualificazione è dunque la riappropriazione,
fisica e figurativa, da parte della città dell’intero complesso carcerario. In particolare, attribuendo all’ex reclusorio femminile la fun-
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zione di “incubatore passivo” dell’intervento (ad esempio dedicato alla funzione residenziale) e all’ex istituto maschile quella di un
vero e proprio “incubatore attivo” dedicato ai giovani, prevedendo
l’inserimento di una ampia gamma di attività, che possano idealmente spaziare dalla formazione allo svago, dall’arte alla cultura al
fare impresa. Ma soprattutto in cui l’intero complesso edilizio possa
essere finalmente percepito come un brano significativo della città
che rinasce e che si caratterizza per tre qualità fondamentali - integrazione, molteplicità e innovazione - in cui il disegno geometrico e
unitario delle architetture si fonda con la multiforme vita della città
e dei suoi abitanti.
La candidatura di Perugia, insieme ad Assisi, a capitale europea
della cultura nel 2019 costituisce un obiettivo ambizioso, per tutta
l’Umbria, capace di generare una trasformazione rilevante degli assetti urbanistici, sociali e culturali della città, in particolare del suo
centro storico, e di tutto il territorio regionale.
In questo contesto, la Fondazione Perugiassisi propone di realizzare un progetto di alta valenza culturale ed economica, destinato ai
giovani ad alta qualificazione culturale e scientifica. Si tratta di progettare e realizzare un polo multi-funzionale destinato a costituire
l’habitat residenziale, sociale, ricreativo, imprenditoriale e professionale per i giovani laureati che desiderano intraprendere attività
d’impresa nel campo dell’industria culturale, creativa e high tech.
Ma queste frontiere innovative settoriali sono compatibili con le
caratteristiche del nostro centro storico? Esse possono davvero costituire una base rilevante per le strategie di rigenerazione urbana?
Le città medie possono davvero essere un habitat adeguato a queste
traiettorie di sviluppo? In passato, la nostra città storica è stata depositaria dello start up materiale di molte arti e mestieri, sin dall’Età
dei Comuni e, successivamente, del Rinascimento. Successivamente,
lo start up dei nostri distretti industriali ha attinto a quell’atmosfera
immateriale che si era sedimentata nella storia nelle nostre città del
centro e del nord-est d’Italia. Il fordismo manifatturiero ha generato
un “mondo” della produzione fondato su elevate economie di scala, standardizzazione dei prodotti, manodopera operaia generica e
fabbriche e quartieri localizzati nelle periferie urbane, allontanando
l’epicentro dello sviluppo dal centro storico.
E’, dunque, possibile invertire questa dinamica storica dal centro
alla periferia?
La terziarizzazione dell’economia – fondata su high tech, cultural &
creative industries – e la nuova modernità tecnologica delle città –
basata su smart&green cities – può contribuire alla rigenerazione
dei centri storici. Ciò per diversi motivi.
Innanzitutto, questo capitale intellettuale – fatto di scienziati, tecnologici e artisti – può, a determinate condizioni, scegliere un proprio
specifico habitat sociale dove risiedere e lavorare. Negli ultimi due
decenni, è stata rilevata l’importanza di insediare i parchi scientifici e tecnologici in luoghi ameni e stimolanti, ricchi di fascino
ambientale, paesaggistico e culturale. Non è pertanto casuale che,
in Francia, il parco scientifico e tecnologico di Sophia Antipolis,
costituito nel 1970, sia localizzato tra le città di Nizza e Cannes; il
Cambridge Science Park, creato anch’esso nel 1970, è localizzato a
soli tre chilometri circa dal centro della città inglese; il più ampio
parco statunitense – il Research Triangle Park – è localizzato tra le
città di Durham, Raleigh e Chapel Hill, nel North Carolina; infine,
la Silicon Valley, negli USA, è localizzata in un’area di grande fascino ambientale e paesaggistico. L’identità di taluni centri storici del
nostro Paese può, dunque, attrarre una classe sociale intellettuale
e creativa, ovviamente purché essi siano capaci di dimostrare una
interconnessione, sia materiale che immateriale, con i luoghi della
conoscenza innovativa a livello quantomeno europeo. Ciò significa
che la città storica non deve “riprodurre” l’isolamento delle proprie
mura urbiche ma deve dotarsi di efficienti infrastrutture materiali
e immateriali per connettersi con i “nodi” di una rete scientifica,
tecnologica e culturale oramai mondiale. In secondo luogo, i centri
storici possono divenire non solo la sede di produzione di queste
conoscenze innovative ma anche la base per una loro sperimentazione e implementazione. Come possono gli assetti storici, artistici
e architettonici rappresentare non un vincolo ma una vera e propria
opportunità per lo start up di soluzioni tecnologiche nel campo delle smart&green cities?
Sperimentare, in modo pionieristico, in taluni centri storici queste
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soluzioni significa generare competenze e know how tali da poter
essere validamente trasferite in altri luoghi e Paesi. La sfida di “innestare” questa modernità tecnologica nei centri storici implica la
realizzazione di una nuova base di conoscenze capaci di intercettare
una domanda potenziale di questi servizi presente in molte altre
città, nel mondo, desiderose di salvaguardare la propria dimensione
storica con l’esigenza di una modernità tecnologica. In un certo qual
modo, questi centri storici, in una logica demand pull, sono i “nuovi” laboratori per la sperimentazione e la validazione di specifiche
innovazioni tecnologiche.
In terzo luogo, queste frontiere settoriali innovative possono attingere ad un substrato di arte e di cultura umanistica sedimentata in
questi centri storici. Così, parti dell’high tech, della cultural e della
creativity industries possono attingere al passato per rinnovarlo e
rivisitarlo, anche in una veste tecnologica. Musica, arte, teatro insieme a opere letterarie e altro divengono i nuovi input materiali
e immateriali di una nuova produzione terziaria capace di offrire
nuovi prodotti e servizi.
Infine, i centri storici sono dotati, spesso, di imponenti edifici oramai dismessi rispetto alle loro originarie vocazioni residenziali,
commerciali o pubbliche (scuole, ospedali, caserme, penitenziari,
ecc.). Questi “contenitori” – peraltro spesso dotati di un fascino e di
un prestigio storicoarchitettonico – sono funzionalmente in grado
di ospitare queste nuove “fabbriche” della conoscenza, fondate su
spazi limitati e su elevata intelligenza scientifica e creativa. Si tratta,
pertanto, di ristrutturare e riqualificare questo patrimonio immobiliare per destinarlo, almeno in parte, a queste traiettorie di sviluppo
economico. Ciò significa, tra l’altro, favorire non solo insediamenti di lavoro qualificato ma anche opportunità residenziali per una
classe sociale creativa e intellettuale, capace di alimentare, in modo
indiretto e indotto, nuovi consumi a favore di servizi commerciali
e ricreativi nel centro storico stesso. E’ di tutta evidenza che questi
progetti di rigenerazione urbana devono avere, tra l’altro, una loro
sostenibilità finanziaria complessiva e che i fabbisogni sono talmente rilevanti (sia per la parte infrastrutturale che per quella immateriale, fatta in primis di attrazione di talenti scientifici e creativi)
da non poter essere gestiti su scala locale. In altri termini, queste
traiettorie di sviluppo – anche per gli spill over economici su scala
regionale che possono generare – necessitano di livelli istituzionali
di intervento finanziario sovra-locale, addirittura nazionale o europeo.
In questa logica, il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale
dell’Università degli Studi di Perugia – di concerto con l’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili e con la Camera di Commercio
di Perugia – ha promosso, nell’ambito del progetto di ricerca KulturFabrik-Perugia®, un workshop-concorso didattico di idee riservato
agli studenti di 16 atenei italiani incentrato sulla riqualificazione
dell’ex carcere maschile. Il workshop-concorso didattico si concluderà con la presentazione delle idee a giugno 2013 e, in quella sede,
saranno premiati i tre progetti considerati migliori. Il polo culturale, creativo e high tech - una sorta di living lab per i giovani - può
prevedere l’attivazione di spazi funzionali coerenti con le seguenti
esigenze di un target giovanile ad alta qualificazione:
a. Funzione residenziale: i giovani laureati (magari giovani famiglie
con figli piccoli) che desiderano creare oppure trovare occupazione
nelle nuove start up culturali, creative e high tech avranno diritto
ad accedere prioritariamente nelle abitazioni che saranno ricavabili
dalla ristrutturazione e riqualificazione di una parte del complesso
architettonico delle ex carceri, in particolare quello femminile. Si
stima un potenziale di appartamenti non inferiore a 30 unità;
b. Funzione di incubatore&living lab di nuove imprese ad alto tasso di conoscenza innovativa: in una regione dove il tasso di disoccupazione giovanile qualificata è molto alto, così come il tasso di
emigrazione extra-regionale per la ricerca di opportunità di lavoro,
la creazione di uno spazio immobiliare per favorire lo start up di
nuove imprese è particolarmente rilevante.
E’ sufficiente ricordare che, ad oggi, con le quattro istituzioni culturali e scientifiche presenti nella città (due Atenei pubblici, il conservatorio musicale, l’accademia di belle arti), non vi è un incubatore
attivo per imprese innovative. Si ritiene che, con opportuni stimoli
finanziari e di servizi reali, sia possibile ad oggi prevedere la localizzazione all’interno di una parte dell’edificio (in particolare, nel
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cosiddetto maschile) di circa 40 piccole start up culturali, creative e high tech. Si ricorda che i due Atenei immettono, ogni anno,
nel mercato del lavoro, circa 4000 laureati che conseguono la laurea
magistrale (e non la triennale) e che una parte di essi, in particolare
quelli aventi competenze migliori, potrebbero essere indotti a creare imprese innovative. Per favorire l’attivazione di questo circuito di
neoimprenditorialità, le due Università potrebbero divenire partner
del progetto, prevedendo corsi intensivi, durante il percorso curriculare magistrale, inter-dipartimentali a favore degli studenti che
mostrano le migliori capacità, interessi e attitudini scientifiche, culturali e nel fare impresa. Altri partner del progetto con cui la Fondazione Perugiassisi sta dialogando fattivamente hanno mostrato interesse a divenire tutor tecnologici e culturali di queste neoimprese.
Si tratta di aziende di grande dimensioni, operanti in Umbria o
aventi la propria sede fuori dall’Umbria che operano in vari settori, da quello della fashion (con interessi nell’ambito delle start up
creative e culturali) a quello dell’informatica e delle telecomunicazioni (con interessi rivolti alle start up high tech). Il ruolo di queste
mediograndi imprese è duplice: da un lato, costituire una sorta di
mentoring di queste nuove idee imprenditoriali; dall’altro, utilizzare le leve di una vera e propria corporate venture per sostenere,
anche finanziariamente e con interventi sul capitale di rischio di
queste start up, la loro crescita. Inoltre, in Umbria, anche la politica
industriale regionale può svolgere un ruolo particolarmente interessante. Da un lato, grazie alle vigenti politiche regionali per l’innovazione e la competitività, vi sono tre poli che aggregano decine
di imprese e centri di ricerca, localizzati nel perugino, che operano
rispettivamente nell’aeronautico, nelle energie rinnovabili e nella
genomica. Parte di queste imprese e centri di ricerche potrebbero
valutare con particolare interesse una loro localizzazione all’interno
di questo edificio destinato a tali funzioni. Dall’altro lato, sarebbe
interessante prevedere poche e selettive politiche industriali e per
l’innovazione, a livello regionale, nell’ambito della futura programmazione dei fondi comunitari, quali drivers di nuove possibili filiere
capaci di trascinare lo start up di nuove imprese high tech, culturali
e creative. A titolo di esempio, possiamo identificare alcune possi-
bile filiere “nascenti”: 1. una filiera per le tecnologie assistite, anche
di tipo digitale, a favore i una popolazione anziana; 2. una filiera per
le tecnologie per il recupero e la valorizzazione, anche digitale, del
cultural heritage e per il potenziamento dell’attrattività turistica; 3.
una filiera per l’offerta di servizi tecnologici smart nei centri storici
delle città; 4. Una filiera di nuovi servizi digitali generati e offerti
grazie all’elaborazione di
informazioni presenti nell’open data di tutta la pubblica amministrazione regionale; 5. Una filiera per i servizi digitali a favore delle imprese artigiane (presenti nel settore tessile, della ceramica, del
mobile, dell’agroalimentare e così via) in modo da offrire modelli di
riconfigurazione, anche progettuale e di forte contemporaneità, dei
loro prodotti e servizi;
c. Funzione per la localizzazione di attività professionali: Alcuni
giovani ad alto tasso di scolarità potranno intraprendere attività di
servizi professionali, quali studi legali, contabili,
finanziari, di marketing, di progettazione ingegneristica e così via.
Si tratta di un’occupazione qualificata per questi giovani, suscettibile
di rafforzare l’offerta di servizi per le imprese presenti nel territorio.
In questo modo, si tende a rafforzare l’esistenza, a favore del tessuto economico regionale, di un terziario qualificato per le imprese
manifatturiere esistenti in modo da incidere positivamente sulla
loro competitività. Lo stile di progettazione degli spazi per queste
attività deve essere, per quanto possibile, ispirato al co-working. Il
coworking è uno stile lavorativo che coinvolge la condivisione di
un ambiente di lavoro, spesso un ufficio, mantenendo un’attività indipendente. A differenza del tipico ambiente d’ufficio, coloro che
fanno coworking non sono in genere impiegati nella stessa organizzazione. L’attività del coworking è il raduno sociale di un gruppo di persone che stanno ancora lavorando in modo indipendente,
ma che condividono dei valori e sono interessati alla sinergia che
può avvenire lavorando a contatto con persone di talento. In questo complesso immobiliare, pertanto, andranno ricavati spazi per
favorire l’interazione sociale, collaborativa e informale, tra questi
professionisti e imprenditori;
d. Funzione ricreativa e culturale: Si tratta di prevedere la realizza-
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zione di spazi di socializzazione, di tipo ricreativo e culturale, rivolti
a soddisfare le esigenze, i bisogni e le preferenze di un target giovanile ad alto tasso di scolarità, quali luoghi per le mostre artistiche
itineranti e non e per la rappresentazione di opere teatrali, cinematografiche, scientifiche, musicali, fotografiche e così via. Occorre
pensare a istituire “piazze digitali”, pensate e progettate reinterpretando le “piazze medievali” e gli spazi di co-working, nonché luoghi per organizzare conferenze e focus group. Spazi già attualmente
presenti nella città ma localizzati in ambienti insoddisfacenti o non
funzionali in termini di raggiungibilità possono essere rilocalizzati
in questa area (per esempio, biblioteche, ecc.);
e. Funzione commerciale: Si tratta di prevedere la realizzazione di
spazi commerciali innovativi, capaci di attrarre una popolazione
giovanile ad alta scolarità, quali caffè letterari, spazi per l’ascolto
della musica, centri wellness e così via. Si tratta di attività di servizi
commerciali fortemente proiettati a soddisfare le esigenze di aggregazione di questo segmento demografico e culturale. E’ di tutta evidenza che la presenza di questo tipo di attività – unitamente
a quelle ricreativo-culturali – consente a questo polo immobiliare
un’articolazione dei giorni e delle fasce orarie di apertura molto
estese, in coerenza con la poli-funzionalità e l’attrattività esercitata.
In questo modo, con questa candidatura a capitale europea della
cultura ci si propone, all’interno dello spazio urbano centrale della città di Perugia, di costituire una struttura destinata ad ospitare
opportunità di lavoro autonomo e dipendente e spazi di socializzazione per i giovani laureati nell’ambito delle industrie innovative. La
realizzazione di questo linving lab prende ispirazione dall’enunciazione di Mitchell, Larson and Pentland, ossia di coloro che hanno
realizzato, presso l’MIT di Boston, il primo living labs research
consortium: “The convergence of globalization, changing demographics, and urbanization is transforming almost every aspect of
our lives. We face new choices about where and how we work, live,
travel, communicate, and maintain health. Ultimately, our societies
are being transformed. MIT Living Labs brings together interdisciplinary experts to develop, deploy, and test - in actual living environments - new technologies and strategies for design that respond
to this changing world. Our work spans in scale from the personal
to the urban, and addresses challenges related to health, energy, and
creativity”.
Si tenta così di offrire: a. risposte innovative al territorio economico,
tramite l’innesto di start up tecnologiche, creative e culturali;
b. risposte occupazionali qualificate ai giovani laureanti o, comunque, ad elevato tasso di scolarità; c. risposte urbanistiche alla città,
in particolare al centro storico di Perugia, tramite il recupero e la
valorizzazione di un edificio dismesso; d. risposte alla domanda di
attività culturali e alla necessità di realizzare una “filiera” in loco in
questo campo; e. capacità di attrarre, anche da altri luoghi nazionali
e internazionali, una classe qualificata di giovani e di imprese ad
alto tasso di conoscenze innovative nel campo dell’high tech, della
cultura e delle arti.
E’ importante rilevare che questo “acceleratore” per la nascita e la
crescita delle imprese high tech, creative e culturale non sarà di tipo
specializzato, ovvero mono-settoriale (per esempio, operante solamente nell’ICT). Ciò deriva da diversi fattori. In primo luogo, Perugia non è una città metropolitana ma una di medie dimensioni e,
di conseguenza, la scala delle attività di start up non può raggiungere quella numerosità assoluta tale da giustificare un “incubatore”
specializzato, contrariamente a città metropolitane come Roma o
Milano. In secondo luogo, Perugia si caratterizza per una varietà
delle istituzioni culturali: ad esempio, l’Ateneo di Perugia include
praticamente tutte le facoltà e, pertanto, non avendo una natura e
una vocazione culturale e scientifica dominante, si ritiene opportuno assecondare uno spirito imprenditoriale giovanile proveniente
da tutti i possibili campi culturali. Infine, il tessuto economico circostante si caratterizza per piccole imprese manifatturiere operanti
in differenti settori e filiere. Di conseguenza, non essendoci un distretto mono-settoriale capace di esprimere una domanda di servizi
relativamente omogenea, anche le start up imprenditoriali debbono seguire logiche eterogenee (per esempio, high tech, cultural and
creative industries). E’ ovvio che questa varietà tipologica delle start
up non beneficerà degli effetti positivi delle note economie esterne di agglomerazione, ma, in un contesto di alta creatività, potrà
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comunque favorire una combinazione di conoscenze a maggiore
potenziale di innovazione. E’, ovviamente, plausibile ritenere che,
con l’avvio e l’irrobustimento di questo incubatore, si possano poi
attivare successivamente dinamiche prevalenti sul piano settoriale e
scientifico.
Il recupero del complesso architettonico delle ex carceri di Perugia
ha anche altre valenze sociali e di immagine. La città che si candida
a divenire capitale europea della cultura, vuole progettare il suo futuro a partire dalla valorizzazione di ciò che, storicamente e per la
funzione pubblica assegnata, doveva svolgere, ossia la reclusione di
persone collocate ai margini della società per i reati compiuti. Una
struttura immobiliare che può rinascere per creare occupazione (e
non marginalità) per i giovani ad alto tasso di scolarità. C’è quindi
un’evidente immagine valoriale attorno a questo progetto immobiliare che irrobustisce una candidatura europea che vuole guardare
ai giovani, ai loro bisogni e alle loro necessarie opportunità.
La ristrutturazione e la riqualificazione di questo immobile deve,
inoltre, porsi obiettivi smart&green. Questo nuovo contenitore immobiliare deve rispondere alle più avanzate esigenze smart, enfatizzando il ruolo delle infrastrutture ICT (Information and Communication Technologies) al servizio della competitività urbana, in
senso lato. Si tratta di prevedere l’installazione delle migliori dotazioni tecnologiche in questo campo, al fine di migliorare la qualità
urbana complessiva. Appositi laboratori e start up tecnologiche, localizzate nell’complesso architettonico delle ex carceri, potranno, ad
esempio, monitorare in tempo reale i livelli del traffico veicolare e
intervenire in modo da favorire l’ottimizzazione dei percorsi viari,
riducendo in questo modo la congestione, i tempi privati di percorrenza e le emissioni di sostanze inquinanti nell’intera città. Sul piano
green, l’edificio complessivo deve ispirarsi ai più avanzati criteri di
ecosostenibilità, generando le condizioni, anche tecnologiche, per
poter minimizzare l’utilizzo di taluni input, quali l’energia e l’acqua
e il riutilizzo funzionale di taluni rifiuti (ad esempio, per produrre
energia) oppure la limitazione dell’inquinamento atmosferico e
idrico.
Parte sesta: Politiche pubbliche a supporto di
questa rigenerazione urbana
L’Umbria, da tempo, si sta impegnando a perseguire un nuovo modello di sviluppo economico innovativo. I principali assi di queste
policies possono essere ricondotti ai seguenti temi: 1. quelle relative
alla candidatura a capitale europea della cultura; 2. quelle relative
alla valorizzazione dell’imprenditorialità giovanile qualificata nei
campi dell’high tech; 3. quelle perseguite dalle due istituzioni universitarie qualificate locali nel campo degli spin off accademici; 4.
quelle relative al contrasto al degrado urbanistico e sociale del centro storico di Perugia.
La scelta di candidare la città di Perugia, insieme ad Assisi e l’Umbria in generale, a capitale europea della cultura nel 2019 ha attivato
un’insieme di “energie” collettive locali e regionali mirate
alla realizzazione di un’insieme di attività culturali e scientifiche.
Nuovi “contenitori” immobiliari destinati alla cultura, in senso lato,
nonché un importante fermento nel campo delle associazioni,
delle fondazioni e delle organizzazioni no profit, potranno generare
una grande opportunità per posizionare un nuovo “locomotore” –
la cultura – nonché nuovi soggetti – i giovani – quali puller di un
nuovo sviluppo economico locale e regionale. La programmazione dei nuovi fondi europei, a livello regionale, costituirà l’occasione
per l’Umbria di dimostrare la centralità di questa candidatura ai fini
dell’allocazione delle risorse finanziarie.
Inoltre, da tempo, la politica regionale sta perseguendo la nascita di
nuove imprese ad alto tasso di conoscenza innovativa. E’ sufficiente
riflettere sulla recente legislazione regionale in materia di start up
tecnologiche varata agli inizi del 2013. Con uno stanziamento di 1
milione di euro, provenienti dal POR FESR 2007-2013, la Regione
Umbria cerca di sostenere le aziende di dimensioni ridotte per attività di start-up e spin off, sia di natura industriale che di carattere
accademico.
In particolare, questa legislazione si rivolge alle seguenti tipologie
di imprese:
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- start-up ad alto contenuto tecnologico, società di nuova creazione
caratterizzate dalla presenza di processi produttivi altamente tecnologici ed innovativi in termini di output, o per quanto riguarda i
fattori di produzione compresa l’utilizzazione brevetti ed opere
dell’ingegno depositate in ambito nazionale ed internazionale;
- spin-off di natura industriale, vale a dire una una nuova unità economica, anch’essa con caratteristiche di innovatività, costituita da
soggetti che provengono da un’impresa preesistente;
- spin off accademici ad elevate competenze scientifiche, cioè quelli
caratterizzati dalla presenza di processi produttivi altamente tecnologici e innovativi, sia in termini di output che di fattori della produzione, o che siano stati riconosciuti come tali dall’ateneo di
provenienza.
L’Agenzia Umbria Ricerche (agenzia della Regione Umbria) ha attivato importanti iniziative sul tema dell’imprenditorialità giovanile ad alto tasso di conoscenza innovativa. Con il bando Ide-e: le
nuove imprese, viene sostenuta la creazione di impresa ed il lavoro
autonomo riservato ai beneficiari della borsa di mobilità che hanno
concluso l’esperienza di stage di cui al Bando emanato dall’Agenzia
Umbria Ricerche – AUR pubblicato nel BUR n.41 Parte III del 6
ottobre 2009.
Ancora, con il bando Creativity Camp, ci si rivolge a giovani diplomati o laureati con un’età compresa tra i 20 e 35 anni che vengono
invitati a presentare un’idea innovativa. Più specificatamente, l’Agenzia Umbria Ricerche nell’aprile 2011 ha pubblicato un Bando finalizzato al sostegno alla creazione d’impresa e al lavoro autonomo
che rappresenta la prosecuzione di un’azione pilota realizzata nella
precedente annualità, volta a sostenere la mobilità europea di portatori di idee imprenditoriali interessati a perfezionare le proprie idee
innovative in strutture ospitanti localizzate in Europa. L’azione pilota nella sua prima fase, conclusasi nel Dicembre 2010, ha permesso
a 29 potenziali imprenditori, di realizzare un’esperienza professionale di aggiornamento e approfondimento delle proprie competenze presso strutture ospitanti europee di varia natura (imprese, centri
di ricerca, università etc.) al fine di perfezionare la propria idea
imprenditoriale e di valutare la concretezza del progetto d’impresa.
Dall’esperienze di stage realizzate, sono nate 9 iniziative imprenditoriali o di lavoro autonomo, attivate nella seconda fase dell’azione
pilota sopra richiamata, attraverso la pubblicazione del bando AUR
finalizzato al finanziamento di incentivi alla creazione d’impresa del
valore massimo di € 25.000,00 a valere sull’Asse V Transnazionalità
- Interregionalità del POR FSE 2007-2013. L’incentivo ha permesso
ai neo imprenditori di sostenere spese materiali ed immateriali di
varia natura (attrezzature di prima dotazione necessarie al funzionamento dell’impresa o dell’attività professionale, di impianti
produttivi, di macchinari connessi al ciclo produttivo, affitto, registrazione logo, marchio e spese per il lancio pubblicitario, tutoraggio, assistenza, consulenza, etc.) strumentali alla buona riuscita della fase di start-up delle nuove iniziative. Tra le imprese nate
in seguito a queste iniziative, avviate nel 2012, vi sono le seguenti:
1) Giovanni Cenci “Laboratorio dinamico di vinificazione da agricoltura biologica”: ha sviluppato un’ idea imprenditoriale basata
sulla realizzazione di un laboratorio dinamico di vinificazione da
agricoltura biologica per la produzione di vini di elevata qualità con
caratteristiche organolettiche selezionabili direttamente dal cliente.
Come in una sartoria artigianale, per un vestito, il cliente può decidere le caratteristiche del vino che acquista e farselo produrre su
misura.
2) Giuseppe Aliperti, Marco Camilli, Federico Merciaro hanno dato
vita ad uno Studio associato denominato “Nelia Consulting” finalizzato alla consulenza professionale in favore di operatori turistici, per
lo sviluppo di specifici pacchetti turistici, con particolare riguardo
al mercato nord europeo e al turismo per portatori di handicap;
3) Simone Arca “RDPOWER s.r.l.” ha dato vita ad uno società di
consulenza tecnologica per il revamping e l’ottimizzazione di processi produttivi aziendali in termini di efficienza energetica e gestione dei rifiuti con un focus verso le tecnologie emergenti come i
processi idrotermici e la reattività in acqua supercritica;
4) Emanuele Pangrazi, industrial designer, ha dato vita ad un’impresa individuale denominata “Mater” che mette a disposizione
servizi integrati, che vanno dal design industriale, alla comunicazione visiva alla formazione specializzata, offrendo una ricerca sulla
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progettazione attraverso un approccio transdisciplinare, in grado di
gestire tutte le fasi del processo produttivo.
Le idee sono sviluppate per mezzo di tecniche innovative di rappresentazione virtuale, animazione e prototipazione.
5) Matteo Pacini ha dato vita ad un’attività di lavoro autonomo finalizzata all’erogazione di servizi volti alla creazione e gestione di
gallerie d’arte moderne da allestire autonomamente in Italia e in Europa. L’idea è nata dall’esigenza di creare spazi espositivi polifunzionali capaci di generare primariamente un mercato intorno ad opere
d’arte selezionate tra le principali tecniche artistiche: pittura, scultura, fotografia e design, con lo scopo di dar voce ad artisti emergenti
e non solo;
6) Lorenzetti Emilio ha avviato un’impresa denominata R.A.P.I.D.
Biotech s.a.s finalizzata alla produzione, commercializzazione e ricerca di test diagnostici rapidi e innovativi nell’ambito del mercato
delle malattie delle piante. Finalità dell’impresa è mettere a disposizione del mercato, nell’ambito della diagnostica immunologica delle piante, degli strumenti “lateral Flow” di facilissima esecuzione e
utilizzazione;
7) Luca Rufini, ha dato vita a “Mistake” un nuovissimo portale che
valorizza l’e-commerce di qualità e la promozione territoriale. Il sito
nasce come incubatore e promotore di creatività, inteso come piattaforma di lancio per i designer emergenti: esso si propone innanzitutto come collettore di negozi già esistenti “su strada”, che da ora
si convertono anche all’e-commerce: fra i prodotti, occhiali, abiti
vintage, i raffinati e ultramoderni vasi in vetro della linea Blue Side;
8) Fioretti Bernard ha dato vita ad un’attività di lavoro autonomo finalizzata alla consulenza in ambito farmacologico di nuovi principi
attivi capaci di regolare canali ionici da fonti vegetali per il trattamento di alcune patologie umane (es. emicranie, tumori celebrali)
9) Alessandro Capati ha avviato un’attività professionale basata su competenze tecniche riguardanti differenti settori (architettura, paesaggismo, ingegneria, sociologia, agraria, economia) e
finalizzata a pianificazioni strategiche. Con un approccio interdisciplinare, l’attività proposta offre servizi di progettazione architettonica, paesaggistica, impiantistica indirizzata al risanamento
urbanistico: lo scopo è quello di pianificare e progettare in maniera ambientalmente e socialmente sostenibile i processi urbani di
qualsiasi scala valorizzando le potenzialità sottovalutate e trascurate del territorio e risanando situazioni di degrado o di abbandono.
L’Università degli Studi di Perugia ha perseguito negli ultimi anni
l’attivazione di diversi spin off accademici. Ad oggi, vi sono i seguenti soggetti:
- CARE srl (Conservazione Ambientale Rafforzamento Economico), emanazione di competenze agrarie. Offre un servizio di “assistenza” specializzato in ambito ambientale, alle imprese e agli enti
pubblici, in forma interattiva e continuativa nel tempo, con un approccio del tutto innovativo, fondato sul concetto di “gestione unificata”, mentre il carattere originale è costituito dalla rete ambientale
“EnviNet”, uno strumento in grado di dare un contributo alla tutela
dell’ambiente ed alla affermazione del modello di sviluppo sostenibile con un approccio operativo bottom up;
- NPP srl Analisi e produzione di componenti per integratori alimentari e formulazioni farmaceutiche, dietetiche e cosmetiche derivanti da vegetali (in particolare, germogli di grano), espressione di
competenze biologiche;
- MASTER-UP srl, espressione di competenze chimiche, specializzata nella produzione e commercializzazione di software avanzati
per le simulazioni e le modellistiche molecolari;
- PROLABIN&TEFARM srl, espressione di competenze chimiche
specializzata nella produzione e sviluppo di materiali inorganoorganici strutturati quali additivi di polimeri, componenti attivi di
preparazioni cosmetiche-farmaceutiche e catalizzatori eterogenei
- SERMS srl, emanazione di competenze fisiche. Si occupa di
qualifica e certificazione di materiali e strumentazione elettronica che debba essere esposta alle condizioni di vuoto, radiazione e temperature estreme proprie delle applicazioni spaziali.
- WISEPOWER srl, espressione di competenze fisiche. Si occupa di
progettazione e prototipazione di micro sistemi di alimentazione
(powering) per dispositivi elettronici. Si tratta di sistemi di alimentazione pensati per sostituire le normali batterie che vengono oggi
utilizzate in mini-micro dispositivi elettronici. Tali sistemi funzio-
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nano sfruttando la capacità di convertire energia presente nell’ambiente naturale e umano in energia elettrica disponibile per essere
usata dai dispositivi elettronici.
- Int.Geo.Mod. srl, espressione di competenze geologiche. Si occupa di modellizzazione 3D/4D del sottosuolo con metodi geologici e
geofisici
- IUS Innovazione Umbria Sviluppo srl, espressione di competenze
giuridiche. Si occupa dello svolgimento di attività volte all’innovazione del sistema delle autonomie locali attraverso l’applicazione di
protocolli atti all’adeguamento, da parte degli enti pubblici territoriali, dei regolamenti interni e delle procedure operative alle riforme
istituzionali introdotte nell’ordinamento nazionale.
- ISTITUTO GIOACCHINO SCADUTO srl, espressione di competenze giuridiche. La sua attività riguarda l’assistenza, progettazione
editoriale e attività a queste connesse, volte alla diffusione dei risultati della ricerca universitaria, nell’ambito delle diverse branche
dell’economia e del diritto.
- HOOK 231 srl, espressione di competenze giuridiche. Si occupa
della predisposizione, implementazione ed aggiornamento del modello di organizzazione, gestione e controllo previsto dagli artt. 6 ss.
del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 disciplinante “la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato”
ed attività consulenziali connesse;
- ESEBEL srl, espressione di competenze informatiche. Si occupa
di ricerca, progettazione, sviluppo, formazione e servizi nel settore
delle nuove tecnologie dell’informazione (ebusiness, e-government,
sicurezza e firma digitale, modelli informatici avanzati per sistemi
decisionali e per il trattamento della conoscenze;
- Bhaskara srl, espressione di competenze matematiche. Si occupa di
costruzione di strumenti matematici per la didattica, tra i quali una
valigia per l’insegnamento della matematica nella scuola primaria e
secondaria; giochi e gadget basati su una reiterpretazione in chiave
divulagtiva dei principi matematici;
- BIO-NET srl espressione di competenze ingegneristiche.
Si occupa della commercializzazione della tecnologia IPRP
per la conversione energetica di biomasse e rifiuti su micro-
scala, sviluppata nell’ambito delle attività di ricerca dei proponenti presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale;
- DRIVE MECCATRONICA srl espressione di competenze ingegneristiche. Si occupa di ricerca (applicata, concettuale, qualificata) volta allo sviluppo ed al perfezionamento di sistemi elettronici,
meccanici, informatici, telematici, impiegati su macchine, impianti,
sistemi operativi, LAN;
- EN4 srl espressione di competenze ingegneristiche. Realizza servizi di supporto all’area R&D nel comparto della motoristica e servizi
di “save energy manager” nei mercati di riferimento dell’area business “energia”;
- ICT4Life (IFL) srl espressione di competenze ingegneristiche. Il
suo focus è lo sviluppo di tecnologie e servizi ICT nel settore della
gestione elettronica della salute (e-healt) e del benessere;
- MDP sl espressione di competenze ingegneristiche. La società si
occupa di progettazione, produzione di prototipi e miniserie; Analisi del ciclo di vita dei prodotti e studi di fattibilità;
Trasferimento e diffusione di tecnologie, materiali e processi; Test
di laboratorio per la caratterizzazione dei materiali; E-commerce di
materiali avanzati e commercializzazione;
- NETVALUE srl. espressione di competenze ingegneristiche. Offre
servizi avanzati alle imprese, grazie anche alla metodologia legata al
VDO – Virtual Development Office;
- RELEVO srl espressione di competenze ingegneristiche. Offre tecnologia di rilevazione laser scanner 3D HDS 3000; applicazioni pratiche per rilievi topografici tradizionali e GPS; rilievi architettonici
dettagliati;
- RF MICROTECH srl espressione di competenze ingegneristiche.
Offre progettazione e prototipazione di antenne, apparati e dispositivi micro- e nano-elettromeccanici (MEMS, NEMS) a radiofrequenze (RF) e microonde;
- SIRALAB srl espressione di competenze ingegneristiche. Offre studio, progettazione, realizzazione, industrializzazione, promozione,
produzione e commercializzazione di prodotti, sistemi, sottosistemi
e prototipi ad alto contenuto tecnologico nei settori dell’elettronica, della robotica, dell’informatica e dell’automazione. Fornitura di
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servizi e consulenze specialistiche mediante l’utilizzo di tecnologie
proprietarie;
- T4E srl espressione di competenze ingegneristiche. Si occupa di
progettazione e sviluppo di servizi basati su sistemi di informazione
innovativi per la gestione della risorsa idrica e di dati territoriali;
attività di consulenza e formazione sui prodotti forniti ed organizzazione di eventi divulgativi;
- TISS srl espressione di competenze ingegneristiche. Si occupa di
progetto e sviluppo di tecnologie innovative per lo sviluppo sostenibile, volte al contenimento del rumore e dell’inquinamento acustico,
alla bonifica acustica e ambientale di aree critiche e siti industriali;
- TREE srl espressione di competenze ingegneristiche. Si occupa di
acquisizione e coordinamento di attività volte allo studio, allo sviluppo ed allo sfruttamento a fini commerciali del meccanismo dell’
Emission Trading, progetti di Joint Implementation e Clean Development Mechanism, secondo la direttiva europea 87/2003/CEE e
secondo la direttiva Linking;
- UNILAB srl espressione di competenze ingegneristiche. Si occupa
di sperimentazione strutturale con tecniche e materiali innovativi,
in particolare compositi, per il consolidamento ed il restauro del
costruito storico;
- VIS4 srl, espressione di competenze ingegneristiche. Si occupa di
progettazione e sviluppo di sistemi software per la gestione automatica dei dati, content management systems, visualizzazione dell’informazione, interazione uomo-macchina;
- HIS srl, espressione di competenze mediche. Si occupa di produzione e commercializzazione di apparecchiature innovative atte a
misurare la volumetria di del piede e della gamba. Serie di servizi di
supporto all’utilizzo delle apparecchiature;
- ATRP srl, espressione di competenze mediche. Opera su tre linee
di prodotti: 1-Servizio per il controllo della presenza di proteine
allergeniche negli alimenti; 2-Multitest cutaneo usa e getta con allergeni ed epitopi già legati in fase semisolida; 3- Kit innovativi di
diagnosi e monitoraggio ambulatoriale direttamente sulle prime vie
aeree;
- NEAITOS srl, espressione di competenze umanistiche. Si occupa
di realizzazione di prototipi, di nuovi modelli di valorizzazione e
gestione integrata delle risorse del territorio incentrati sulla qualità dell’ambiente urbano e rurale, con particolare riguardo ai settori
della compatibilità ambientale e dell’energia sostenibile;
- ALEB-JIHI srl, espressione di competenze veterinarie. Società di
servizi e consulenze per la tutela del benessere “uomo-animale”.
Le policies regionali per il recupero e la valorizzazione dei centri
storici sono state introdotte nella legislazione con la legge regionale
n. 12 del 2008, con la previsione di significative risorse finanziarie pubbliche per gli interventi infrastrutturali. Più recentemente,
L.R. n. 13/2009 sul “governo del territorio e la pianificazione” annovera tra le finalità specifiche della pianificazione territoriale lo
“sviluppo di un sistema di città equilibrato, policentrico e integrato
nelle funzioni e nelle rispettive eccellenze, attuato perseguendo l’obiettivo di ridurre il consumo di suolo” (art. 4, comma 3, lett.c).
Nella particolare situazione umbra, l’assetto policentrico è largamente caratterizzato dall’antico impianto delle città storiche, soggette tuttavia a perdere le loro antiche funzioni a causa della dispersione urbana ed a favore di nuovi attrattori localizzati in aree
esterne. La Legge regionale n. 12 del 16 luglio 2008 si propone di
avviare un riequilibrio territoriale e di indurre successivamente una
inversione di tendenza di questo processo di dispersione che rischia
di annullare le stesse centralità urbane consolidate. In particolare la
Legge intende fornire alle Amministrazioni locali strumenti di
intervento orientati specificamente alla rivitalizzazione dei Centri Storici e alla valorizzazione del vasto patrimonio culturale, di
qualità urbana, di attività economiche e sociali in essi custodito. Gli strumenti e gli apporti che la Legge Regionale n. 12/2008,
integrata dall’art. 31 della L.R. n. 13/2009, mette in campo sono:
- Il Quadro Strategico di Valorizzazione (QSV) che costituisce per
il Centro Storico un metodo di coinvolgimento della Società locale
ed al contempo l’indicazione del quadro delle iniziative, uno strumento di comunicazione, un processo di concertazione, una programmazione condivisa degli interventi, un piano di governo e gestione delle azioni programmate;
- L’Ambito di Rivitalizzazione Prioritaria (ARP) che costituisce una
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modalità di intervento sugli isolati del Centro storico ai quali viene
riconosciuta una condizione di particolare degrado e, una volta individuata, attribuisce ai proprietari degli immobili ristrutturati una
premialità in termini di Superficie Utile Coperta (SUC), realizzabile
fuori dal Centro Storico;
- Una semplificazione amministrativa per chi intende operare gli interventi di ristrutturazione e riqualificazione e una riduzione dei contributi di costruzione dovuti.
Tuttavia, le policy pubbliche per il centro storico non posso purtroppo esaurirsi negli interventi sopra indicati. Non tutte le policy
pubbliche rientrano nella sfera diretta, sul piano decisionale, delle
autorità regionali o municipali: è sufficiente riflettere sui temi della
sicurezza e della repressione della micro-criminalità urbana oppure
sulla presenza di immobili, anche di pregio, di proprietà del demanio statale. C’è, dunque, una prima dimensione dell’intervento municipale che riguarda la sua capacità di incidere positivamente sui
processi decisionali di altri attori pubblici, spesso statali, che vantano competenze pressoché esclusive sui temi della sicurezza urbana
oppure della proprietà e gestione di immobili. In particolare, nella
città di Perugia, ad oggi, si hanno immobili di particolare pregio
storico e di significativa volumetria che appartengono al demanio
statale e che, con opportuni accordi contrattuali, potrebbero divenire – almeno sul piano delle logiche di utilizzazione e di ristrutturazione – importanti driver per la rivitalizzazione del centro storico: è
sufficiente riflettere sul ruolo e le potenzialità del complesso architettonico delle ex carceri, di ex caserme o distretti militari.
Insomma, il centro storico di Perugia ha una dotazione di immobili
di particolare pregio storico e di rilevante volumetria commerciale
e abitativa che può supportare l’attivazione di un circuito virtuoso, fatto di attrazione di nuovi residenti, di riduzione dei canoni di
locazione, di apertura di nuove attività commerciali e di servizio
(studi professionali, ecc..) e, complessivamente, di miglioramento
della qualità della vita per tutti i cittadini.
In altri termini, nel centro storico di Perugia esistono “contenitori”
immobiliari – di proprietà pubblica o privata – che possono costituire importanti “volani” per la riqualificazione del centro storico e
per il miglioramento della sua attrattività commerciale e di servizi.
Occorre, pertanto, sul piano delle policies, un piano di intervento e
riqualificazione di questi immobili, anche con opportuni strumenti
fiscali e con facilitazioni accordate dal Governo nazionale sul piano
di quelli appartenenti al demanio statale, anche in vista della candidatura di PerugiaAssisi a Capitale Europea della Cultura nel 2019.
Anzi, l’opportunità data da questa candidatura europea è particolarmente importante perché consente di richiamare un’attenzione
peculiare da parte del Governo nazionale sulla nostra città, oltreché
l’interesse professionale di importanti studi di progettazione architettonica e ingegneristica di livello internazionale.
Parte settima: Fabbisogni finanziari e governance collettiva a supporto di questa iniziativa
di ristrutturazione e rigenerazione urbanistica
La fattibilità e perseguibilità finanziaria di questo progetto richiede
la risoluzione di due ordini di problemi: da un lato, l’acquisizione del
complesso architettonico delle ex carceri e, dall’altro lato, la sua sostenibilità economico-finanziaria di tipo strutturale nel corso del tempo.
L’acquisizione della proprietà di questo complesso immobiliare si
ispira ad una logica di tipo comunitario particolarmente originale.
Non si tratta in primis di far rilevare finanziariamente l’immobile da parte di una istituzione pubblica o da parte di un investitore
privato. Occorre una finanza che nasce e si irrobustisce a partire
dalla comunità locale, dai suoi cittadini e dalle loro associazioni e
fondazioni no profit. Occorre costituire un fondo di investimento
immobiliare le cui quote saranno in primis acquisite dai cittadini e
dal mondo del non profit umbro e perugino, in particolare. Se solo
il 10% dei cittadini del comune di Perugia sottoscrivessero mille
euro, potremmo arrivare a circa 16 milioni di euro da destinare come finanza di scopo – almeno parzialmente all’acquisizione della
proprietà e al recupero e valorizzazione di questo immobile. E’ di
tutta evidenza che, per i cittadini, si tratterebbe di un investimento con pay off economici ma sarebbe anche, ai fini della candida-
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tura a capitale europea della cultura 2019, l’espressione di un vero
e proprio coinvolgimento progettuale della cittadinanza, in modo
attivo, attorno alla prospettiva della capitale europea della cultura.
Per perseguire questa strada - una finanza di scopo - occorre anche
un governance del fondo comune di investimento immobilire: una
governance nelle mani della comunità locale, con i suoi cittadini responsabili e competenti, capaci di monitorare e controllare direttamente la realizzazione di questo progetto. Nel rispetto della regolamentazione vigente in tema di s.g.r., si potrebbe ipotizzare una sorta
di consiglio di sorveglianza, in rappresentanza dei cittadini e delle
organizzazioni che hanno sottoscritto le quote del fondo comune
immobiliare. In questo modo, si realizzano le condizioni per una
governance di questo polo immobiliare fondato sulla partecipazione attiva della comunità locale, in una sorta di azionariato popolare
diffuso e localizzato. Attorno a questo progetto, inoltre, potrebbe
essere costituita una vera e propria piattaforma di crowdfunding, in
modo da reperire risorse finanziarie addizionali su scala nazionale e internazionale, nel rispetto della normativa vigente in materia.
Esperienze nazionali e soprattutto estere in questo ambito stanno
infatti riscuotendo particolare successo e la realizzazione di questa piattaforma – magari generata da una start up tecnologica fatta
da giovani – potrebbe essere di particolare utilità anche rispetto al
finanziamento comunitario di altri progetti di alta valenza sociale
e culturale. L’eventuale partnership con il mondo dell’associazionismo no profit presente in Umbria – per esempio quello relativo
ai movimenti giovanili di tipo culturale, sociale o religioso (basti
pensare alla presenza di ordini religiosi quali quello francescano o
quello benedettino e alla loro articolazione su scala mondiale) – potrebbe costituire un fattore di rafforzamento per la raccolta di fondi
finanziari tramite il crowdfunding e la realizzazione di una proprietà comunitaria. E’ di tutta evidenza che il perseguimento di questo
progetto si fonda anche sulla presenza di altri soggetti, a partire da
un istituto bancario di primaria importanza, legato a una finanza
etica, per esempio Banca Prossima (gruppo Intesa San Paolo), della
BEI, della Cassa Depositi e Prestiti e di altre istituzioni umbre – a
partire dalla Regione Umbria - pronte a credere in questo progetto
(per esempio, tramite l’utilizzazione di fondi comunitari per il social housing o per lo start up di nuove imprese).
La sostenibilità economica e finanziaria, di tipo strutturale, di questo progetto immobiliare si fonda su altri tipi di considerazione. E’
intanto fondamentale precisare che esso deve, nel medio e lungo
periodo, saper dimostrare di conseguire un’autonomia finanziaria
e una capacità di realizzare risultati economici positivi, sebbene limitati. Da questo punto di vista, l’eventuale successo nel conseguire
e realizzare una proprietà comunitaria allenta il vincolo di dover
conseguire alti livelli di profittabilità, anche per effetto delle esternalità positive di cui beneficia per effetto di questa riqualificazione
immobiliare nel contesto urbano, comparativamente all’eventuale
presenza di un solo investitore privato. Per conseguire questo obiettivo della sostenibilità strutturale, è fondamentale che si possano
utilizzare due leve. Da un lato, il pricing della locazione per gli spazi
immobiliari deve essere differenziato in funzione delle molteplici
attività realizzate. Così ad esempio gli spazi commerciali o residenziali avranno pricing prossimi a quelli di mercato mentre quelli dedicati allo start up di nuove imprese saranno di gran lunga inferiori.
Dall’altro lato, è necessario prevedere una rigorosa e selettiva analisi
delle capacità imprenditoriali e dell’idea di business plan delle start
up tecnologiche, creative e culturali, al fine di favorire e assecondare
la loro crescita economica, dalla quale anche la stessa rendita fondiaria non può che, nel corso del tempo, beneficiare. In questa logica, si può ad esempio prevedere proposte contrattuali flessibili nella
locazione di questi spazi a favore di queste imprese in modo che la
dinamica della rendita fondiaria sia, nei primi anni di attività, decisamente inferiore rispetto al pricing di mercato e destinata però a
lievitare a fronte della crescita delle medesime imprese.
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Parte ottava: Le problematiche e le opportunità derivanti dalla regolamentazione giuridica
dei beni demaniali
Questione fondamentale che involge il progetto riguardante il recupero dell’area ex-carcere è quella concernente il modello giuridico
che meglio possa adattarsi alle esigenze del caso di specie, consentendo, in particolare, la convergenza dei diversi soggetti istituzionali -e non solo- coinvolti nella vicenda.
Occorre ricercare, in altre parole, lo strumento più idoneo al fine di
valorizzare l’ingente patrimonio immobiliare costituito dall’area di
Piazza Partigiani: la nuova destinazione d’uso che si intenderebbe
attribuire al bene pubblico rende necessario, innanzitutto, trovare
un punto di incontro tra gli interessi pubblici e quelli dei soggetti
privati a vario titolo coinvolti (melius coinvolgibili) nel progetto.
A livello generale, per la gestione e la messa a frutto del patrimonio
immobiliare pubblico (in particolare, su base locale) sono stati elaborati negli anni molteplici strumenti, dalle diverse caratteristiche
e alternativi alla mera cessione del bene da parte del soggetto pubblico titolare. Ci si riferisce, ad esempio, alle ipotesi di fondi immobiliari pubblici, alle cartolarizzazioni, alle società di trasformazione
urbana (STU), alla locazione finanziaria o leasing immobiliare pubblico, al Trust, alla finanza di progetto (c.d. Project Financing).
Nel pensare alla possibile forma giuridica che possa quanto più efficacemente dar seguito agli spunti progettuali esposti in precedenza,
si guarda con favore, in particolare, all’ipotesi di costituire un fondo
immobiliare locale.
Si ritiene, infatti, che tale formula possa risultare adatta per la valorizzazione del bene soprattutto in un momento storico-congiunturale in cui altre ipotesi -in primis quella della mera cessioneavendosi
in particolare a che fare con patrimonio a sviluppo, risulterebbero di
difficile realizzazione, stante la difficoltà di reperimento nell’attuale
mercato di capitali finanziari tali da coprire il costo della cessione e
quello della successiva ristrutturazione.
In subordine, ma non da escludersi date le potenzialità che le sono
proprie e stanti le medesime motivazioni viste per l’ipotesi precedente, la possibilità di dirigersi verso il modello della concessione di valorizzazione, con le caratteristiche che nel prosieguo si esporranno.
Prima di analizzare le singole ipotesi prospettate per il progetto
ex-carcere, sembra opportuno spendere alcune brevissime battute
sul cd. federalismo demaniale, di cui al D.lgs. 85/2010. Con esso il
legislatore ha previsto il trasferimento gratuito di taluni beni immobili dello Stato agli enti territoriali, con passaggio al patrimonio
disponibile e relativa possibilità di alienazione. Immobili che, per
beneficiare di tale possibilità, devono risultare da specifici elenchi
(nei quali non possono rientrare i beni espressamente esclusi dalla
normativa né quelli previsti in ulteriori elenchi aventi la finalità di
esclusione dall’iniziativa).
A tale proposito e ai fini del presente progetto, va rilevato come il
complesso carcerario non rientri, al momento, nelle previsioni del
federalismo demaniale appena illustrato. Dato da tenersi presente
per le considerazioni che ci accingiamo a svolgere.
Venendo a trattare della possibilità, dal punto di vista giuridico, di
creare un fondo immobiliare locale, va detto, innanzitutto, che esso
va inquadrato nell’ambito dei fondi comuni di investimento e che
può definirsi, parimenti ad essi, quale patrimonio autonomo, diviso in quote di partecipazione di uguale valore unitario, sottoscritte
da una pluralità di soggetti che, con la sottoscrizione delle quote
del fondo, affidano le proprie risorse finanziarie ad una società di
gestione del risparmio (s.g.r., per espressa volontà normativa, selezionata mediante procedure di evidenza pubblica), la quale realizza
e gestisce investimenti in immobili e diritti reali immobiliari.
Occorre far riferimento poi alla recente disciplina contenuta nell’art.
33 del D.L. del 6 luglio 2011, n. 98. In base a tale normativa, gli enti
territoriali, dopo un’attenta analisi di fattibilità, possono promuovere la costituzione di fondi comuni di investimento immobiliare
(“Fondi territoriali”), a cui apportare beni immobili e diritti reali immobiliari. Si ha a che fare pertanto con fondi c.d “ad apporto
pubblico”, costituiti mediante l’apporto diretto di beni immobili e
diritti reali che, per oltre il cinquantuno per cento, devono prove-
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nire dallo Stato, dagli enti locali e loro consorzi, nonché da società
interamente possedute, anche indirettamente, dagli stessi soggetti.
Nei fondi ad apporto pubblico, a differenza di quanto avviene in
quelli c.d. “ordinari”, il collocamento delle quote sul mercato avviene solo dopo la formale costituzione del fondo da parte della società
per la gestione del risparmio.
Il comma 2, dell’art. 33 del D.L. 98/2011, stabilisce quindi le modalità in cui può essere attuato l’apporto di beni pubblici al fondo: con le
procedure previste dall’articolo 58 del D.L. n. 112 del 2008, a fronte
della correlata emissione di quote o a seguito del trasferimento di
detti beni in base al federalismo demaniale. Come accennato, tale
seconda possibilità non è percorribile con riferimento agli immobili del complesso carcerario, in quanto non rientranti nell’apposito elenco di beni devoluti all’ente locale per effetto del federalismo
stesso.
Quanto alla prima procedura, questa, innanzitutto, consente di
“sclassificare” i beni demaniali o del patrimonio indisponibile per
farli rientrare tra quelli del patrimonio disponibile, riferendosi la
normativa proprio a tale tipologia di beni nel momento in cui consente il loro apporto ad un fondo immobiliare: risulta, infatti, in tal
senso chiaro l’art. 33, comma 1 del D.L. 98/2011, quando attribuisce
ai fondi immobiliari locali il compito di “valorizzare o dismettere…
patrimonio immobiliare disponibile” degli enti promotori.
Nello specifico, l’art. 58 del D.L. 112/2008, intitolato “Ricognizione
e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, comuni ed
altri enti locali” disciplina la possibilità, per gli enti locali, di redigere appositi elenchi (c.d. piani di alienazione e valorizzazione immobiliare – PAVI) nei quali inserire singoli beni immobili ricadenti
nel proprio territorio di competenza, suscettibili di valorizzazione
o dismissione. Possono esservi inseriti beni di proprietà dello Stato -individuati dal Ministero dell’economia e delle finanze, Agenzia del Demanio- insistenti nel territorio di un ente locale. È l’inserimento di tali beni nell’elenco a determinarne la classificazione
come patrimonio disponibile (fatte salve le specifiche tutele per il
patrimonio artistico, culturale ecc). Con riferimento al complesso
di Piazza Partigiani, al momento quest’ultimo non risulta tra i beni
individuati dal Mef per essere inseriti nei PAVI e pertanto, a monte
del programma di valorizzazione occorrerà addivenire ad un’intesa in tal senso, tra Comune e Ministero; intesa che potrebbe anche
prevedere la suddivisione dell’area ex-carcere in più parti, tutte da
far confluire al fondo immobiliare, ma delle quali una percentuale
destinata ad esser “restituita” allo Stato, al fine di un suo sfruttamento per fini istituzionali.
Per quanto concerne il ruolo del Comune, a seguito di un eventuale accordo con l’Agenzia del Demanio per la cessione del bene,
occorre chiedersi, in particolare, in che modo dall’ente potranno essere utilizzati i proventi derivanti dalla collocazione nel mercato di
quote del fondo. Sembra che, in tal senso -non sussistendo l’obbligo
per il Comune di utilizzare detti proventi per abbattere il proprio
debito- possa guardarsi verso il loro reinvestimento all’interno del
fondo stesso, per le politiche del carcere, generando finanziamenti
per l’iniziativa, ad esempio di sostegno dei microinvestitori. Uno dei
vantaggi della procedura esaminanda è rappresentato dalla possibilità che quote del costituito fondo siano sottoscritte dai cd. “fondi
di fondi”. A tale proposito, infatti, il legislatore ha previsto (art. 33,
comma 1, D.L. 98/2011) la costituzione, con decreto del Ministero
dell’economia e delle finanze, di una Società di gestione del risparmio (Sgr) per l’istituzione e gestione di uno o più fondi d’investimento immobiliare i quali perseguano, in particolare, l’obiettivo di
partecipare in fondi comuni di investimento immobiliare, promossi
da Regioni, Province e Comuni, anche in forma consorziata, e da
altri enti pubblici ovvero da società interamente partecipate dai predetti enti.
Quelli da ultimo elencati sono i soggetti che sono abilitati ad assumere la veste di promotori dei fondi immobiliari locali (tra questi
non anche, dunque, i cd. fondi di fondi su visti, i quali non possono
esser promotori del fondo immobiliare locale ma solo partecipanti,
tramite sottoscrizione di quote del fondo che dovessero essere offerte al mercato).
Nell’ipotizzare, per le finalità descritte, la possibile creazione di un
fondo immobiliare, l’ulteriore connotazione innovativa che si vorrebbe attribuire al progetto è rappresentata dalla possibilità di ren-
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der partecipe la cittadinanza, attraverso formule di cd. azionariato
diffuso. La stessa normativa in commento (art. 33 D.L. 98/2011)
prevede che l’iniziativa di promozione del fondo, in particolare con
riguardo al progetto di valorizzazione, può anche partire da soggetti privati che, quindi, sono posti nella facoltà di partecipare alla
costituzione del fondo –testualmente- “secondo le modalità di cui
al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”. Tuttavia, si ritiene che
più che con un ruolo di promotore (di difficile attuazione stante la
necessaria doppia gara ad evidenza pubblica che da ciò discenderebbe) il soggetto privato debba potersi ritagliare una propria partecipazione in una fase successiva rispetto a quella iniziale, di avviopromozione del fondo.
In particolare, da un lato, si avrebbero quali soggetti promotori,
Agenzia del Demanio, Comune e Regione Umbria (quest’ultima,
peraltro, tramite la programmazione dei fondi strutturali 2014-2020
potrebbe inserire l’iniziativa nell’ambito dei progetti di riqualificazione urbana, previsti come uno degli obiettivi della nuova programmazione stessa) e, dall’altro, in una fase successiva, si potrebbe
attuare la collocazione di quote del fondo nel mercato, con possibile
ingresso, per tale via, oltre che di Cassa Depositi e Prestiti, anche di
soggetti privati.
In altre parole, si intende prefigurare la possibilità, per l’azionariato
diffuso, di partecipare all’offerta competitiva delle quote, al pari del
fondo di fondi e di Cassa Depositi e Prestiti. Prezzi delle quote che,
si ipotizza, potrebbero essere calmierati per tale scopo, grazie ad un
intervento del Comune in questa direzione.
Peraltro, con la medesima logica, gli stessi soggetti privati (si pensa,
ad esempio, ad un azionariato diffuso che veda protagonisti giovani
ricercatori o giovani imprenditori della cultura, ecc) potrebbero anche divenire acquirenti di quegli spazi del carcere posti nel mercato
in una fase successiva alla costituzione del fondo.
La governance del fondo immobiliare, le modalità di offerta delle
quote di partecipazione, nonché ulteriori aspetti nevralgici andranno studiati dettagliatamente al fine di render quanto più funzionale
il modello appena prospettato. Tuttavia, si ritiene che il
coinvolgimento, al fianco di soggetti pubblici, di priva-
ti -non necessariamente imprenditori, ma anche cittadini da
render partecipi dell’opera di riqualificazione come micro-investitori- possa rappresentare un punto di forza per l’intero progetto.
Come si è detto in precedenza, in subordine all’ipotesi di istituzione
di un fondo immobiliare si pone quella della possibilità di procedere con una concessione di valorizzazione. In particolare, è l’art. 3 bis
D.L. n. 351/2001 a prevedere tale formula di partenariato pubblicoprivato, strumento che consente di sviluppare e valorizzare il patrimonio immobiliare pubblico, attraverso l’assegnazione ad operatori
privati del diritto di utilizzare gli immobili, a fini economici, per un
periodo determinato di tempo, a fronte della loro riqualificazione,
riconversione funzionale e manutenzione ordinaria e straordinaria.
Tramite la concessione di valorizzazione, l’investitore privato (il
quale può anche optare per la costituzione di una società di scopo)
non è gravato dei costi per l’acquisto degli immobili che rimangono
di proprietà pubblica, mentre lo Stato, oltre ad incassare il canone
per la durata della concessione, va incontro ad un consistente risparmio degli oneri di vigilanza, custodia, messa in sicurezza, manutenzione. Anche per mezzo di tale istituto si ritiene possa giungersi
alla riattivazione di quei circuiti virtuosi di trasformazione urbana e
sviluppo locale già descritti per l’ipotesi di costituzione di un fondo
immobiliare locale. Tuttavia, rispetto a tale modello di gestione, va
tenuto in considerazione come la concessione presenti senza dubbio alcuni inconvenienti, i quali, se proiettati al progetto excarcere,
portano a supporre, come già evidenziato, una maggior efficacia per
quest’ultimo dello strumento-fondo.
Tra gli elementi critici, quello della durata della concessione. Essa
è commisurata al raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario del piano degli investimenti e della connessa gestione ma, ad
ogni modo, per un periodo di tempo comunque non eccedente i
50 anni. Alla scadenza della concessione, lo Stato rientra automaticamente nella piena disponibilità degli immobili concessi in uso,
con l’acquisizione di ogni trasformazione, miglioria, addizione e accessione ad essi apportate. La recente legge n. 228/2012 ha stabilito
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che, al termine del periodo di tempo previsto dalla concessione, il
Ministero dell’Economia e delle Finanze -Agenzia del Demanio-,
verificato il raggiungimento della finalità di riqualificazione e riconversione dei beni, possa riconoscere al concessionario, ove non
sussistano esigenze di utilizzo per finalità istituzionali, il diritto di
prelazione per l’acquisto del bene, al prezzo di mercato. Tuttavia tale
previsione -tesa a rappresentare una mera eventualità, come si evince dalla lettera della norma- non fa venir meno la limitazione temporale caratterizzante la durata della concessione di valorizzazione,
limitazione che, come nel caso di specie, potrebbe scoraggiare una
tipologia di progetto proiettato sul lungo periodo e che, in particolare, vede al suo interno anche il coinvolgimento di micro-investitori
interessati all’acquisto di quote, porzioni, del bene immobile stesso.
Inoltre, per l’individuazione dei concessionari privati è previsto il
ricorso a procedure di evidenza pubblica, tra investitori ed operatori dotati di idonei requisiti economico-finanziari e tecnicoorganizzativi e con esperienza pluriennale nella progettazione di qualità e
nei settori commerciali e gestionali individuati per l’uso degli immobili. Si ritiene ciò possa rappresentare, nel caso della gestione del
complesso ex-carcere, un ulteriore punto di criticità, dal momento
che l’assetto competitivo non garantisce, ad esempio, che l’eventuale
società ad hoc costituita per presentare il progetto così come lo si sta
pensando e strutturando, risulti poi effettivamente concessionaria, a
seguito dell’esperimento della procedura ad evidenza pubblica.
Parte nona: Conclusioni e agenda di lavoro per
il prossimo futuro
Il canone della concessione viene determinato secondo valori di
mercato, tenendo conto degli investimenti necessari per la riqualificazione e riconversione degli immobili e della ridotta remuneratività iniziale dell’operazione (il D.L. n. 95/2012 ha inoltre introdotto il
riconoscimento ai Comuni interessati dal procedimento di valorizzazione di una aliquota pari al 10% del canone riscosso dallo Stato).
Il medesimo D.L. n. 95/2012 ha poi espressamente previsto la possibilità di subconcedere a terzi le attività economiche o di servizio
previste dal piano di gestione. Tale innovazione può consentire una
significativa estensione della concessione di valorizzazione, già sperimentata per il recupero di immobili pubblici a fini turistico-ricet-
Questo documento preliminare ed esplorativo traccia alcune possibili linee per la valorizzazione del complesso architettonico delle ex
carceri di Perugia. In particolare, il documento fondamentalmente
cerca di fornire utili spunti di riflessione in relazione a:
a- Il target della popolazione alla quale prevalentemente intende
rivolgersi in termini di opportunità di servizi e di bisogni da soddisfare;
b- Le attività e le funzioni alle quali tale complesso può essere destinato;
c- Taluni possibili strumenti partecipativi, sia pubblici che privati,
tivi e culturali, anche a progetti di trasformazione che prevedano
altre destinazioni funzionali, comprese quelle residenziali e commerciali. Tale possibilità, ove richiesto dalla specifica iniziativa di
valorizzazione, di subconcedere le attività economiche o di servizio,
oggetto della concessione, mostra come non si applichi, in queste
ipotesi, il divieto di subconcessione previsto in via generale per le
concessioni ordinarie di immobili appartenenti allo Stato ai sensi
dell’art. 5, comma 3, del D.P.R. n. 296/2005, il quale prevede la
decadenza immediata dalla concessione.
Quanto alla partecipazione dei privati ed, in particolare, della cittadinanza anche in tale seconda ipotesi di rivalorizzazione del bene, si
ritiene che possa formarsi una società all’uopo costituita, la quale si
faccia centro esponenziale di quella parte di società che intenda sottoscrivere, con diverse forme e tipologie, la propria partecipazione
al progetto. Ad ogni modo, tale soggetto giuridico, come già precisato, dovrebbe sottostare, ai fini dell’affidamento della concessione,
alla procedura di evidenza pubblica espressamente prevista a livello
legislativo, elemento ulteriore che porta a ritenere preferibile, in prima istanza, la via della costituzione di un fondo immobiliare locale.
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per il reperimento delle risorse finanziarie necessarie alla ristrutturazione e alla riqualificazione, nonché i lineamenti economici per
una sostenibilità di lungo periodo;
d- Il possibile modello di governance di questo complesso architettonico;
e- I meccanismi e gli strumenti giuridici attraverso i quali questo
complesso immobiliare può essere riportato nel “patrimonio” tangibile e intangibile della città;
In questa logica, il complesso architettonico delle ex carceri dalla
vocazione originaria all’esclusione e alla marginalizzazione di giovani diviene il “perno” e il simbolo di una loro rinascita culturale
e professionale, ispirata all’apertura, alla socializzazione e all’integrazione, in una sorta di economia di comunità. Così, il complesso
architettonico delle ex carceri diviene uno dei mezzi principali per
una rigenerazione urbana finalizzata, tra l’altro, a :
- Creazione di posti di lavoro e di ricchezza economica;
- Favorire il clima imprenditoriale di una comunità;
- Commercializzazione dei servizi innovativi nel campo high tech,
culturale e creativo;
- Diversificazione dell’economia urbana;
- Costruire o accelerare la crescita dei locali cluster di industrie innovative con potenzialità di diffusività territoriale ben oltre questo
complesso immobiliare;
- Potenziamento della competitività delle imprese manifatturiere
esistenti nel territorio grazie
a questi servizi innovativi;
- Incoraggiare e stimolare la nascita di nuova imprenditorialità ad
alto tasso di conoscenza da
parte dei giovani, anche tramite attrazione di una classe creativa di
alta qualificazione da
altri territori nazionali e esteri;
- Individuazione di potenziali opportunità di business per nuove
spin off e start up
imprenditoriali;
- Rivitalizzazione sociale e culturale della comunità, anche stimolando nuove forme di coinvolgimento e di radicamento nel contesto
urbano.
Gli autori auspicano, altresì, che, sulla base di un documento esplorativo finale, si possano attivare tutte le energie collettive locali e regionali per aprire uno spazio di dialogo istituzionale con gli organi
Statali deputati all’amministrazione del demanio. Da questo punto
di vista, l’istituzione di un Comitato Promotore - composto da personalità regionali e nazionali di particolare valore scientifico, culturale, sociale e economico - potrebbe costituire un valido supporto
nella direzione di irrobustire la progettualità legata al complesso architettonico delle ex carceri.
E’ di tutta evidenza che questo documento esplorativo non è né
vuole essere né poteva essere un vero e proprio progetto di fattibilità tecnica ed economica. Ma è di tutta evidenza che, sulla base di
una piattaforma progettuale collettivamente condivisa, si possa
rapidamente procedere nella direzione della redazione di un vero
e proprio progetto di fattibilità, inclusivo degli oneri prevedibili
di ristrutturazione e riqualificazione, nonché di un business plan
analitico capace di verificarne le condizioni per una sostenibilità
economica e finanziaria. Infine, è piuttosto evidente che questo documento esplorativo tenta, più in generale, di delineare le possibili
sfide per una rigenerazione economica e culturale del centro storico
di Perugia, con evidenti implicazioni positive per tutto il territorio
regionale. In questa logica, i lineamenti progettuali presentati per il
complesso architettonico dell’ex carcere costituisce una sorta di
“volano” per la rinascita della città, con possibili effetti diffusivi in
termini di laboratori e imprese culturali, creative e high tech ben
oltre i confini di questo immobile.