54 Agronomia Simonelli et al.

5 novembre 2014
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Agronomia
La carta di identità del riso
Cinzia Simonelli
Mauro Cormegna
La caratterizzazione chimico-fisica
e merceologica è fondamentale
per la commercializzazione.
L’amilosio è composto quasi interamente da unità α-1,4
D-glucopiranosiliche e da alcune unità (0,3-0,5%) α-1,6
D-glucopiranosiliche; la sua struttura spaziale è elicoidale. All’interno dell’elica vi sono atomi di idrogeno che
rendono la molecola idrofila e permettono la formazione di un complesso con una “molecola ospite” (per esempio acidi grassi liberi, gliceridi, iodio). È proprio
grazie a questa caratteristica dell’amilosio che è possibile effettuare la determinazione colorimetrica, previa
formazione di un complesso verde-blu con lo iodio [2].
Anche alcune frazioni di amilopectina (catene laterali di
ramificazioni a lunghezza considerevole) possono produrre una colorazione rosso-porpora con la formazione
del complesso con lo iodio; questo può indurre una fonte di incertezza sulla misura [1]. Per questo non si parla
di determinazione dell’amilosio “assoluto”, ma di amilosio “apparente”. Il contenuto di amilosio varia a seconda delle diverse varietà di riso, che possono essere
classificate in base al suo contenuto, come riportato in
tabella.
Anche considerando una stessa varietà possono esserci
fluttuazioni dovute all’annata di coltivazione [3], al grado di maturazione del granello e, in misura minore, in
base alla zona di coltivazione, ossia al tipo di suolo. Il
contenuto di amilosio è il principale fattore che influisce
sulle proprietà chimico-fisiche del granello di riso, ossia
sulla gelatinizzazione, retrogradazione e, quindi, sul
comportamento in cottura.
Il granello di riso è costituito da un aggregato cellulare
strettamente addensato in cui sono riconoscibili diversi
strati cellulari di varia forma e di differente contenuto
in elementi chimici.
Il risone, per poter essere consumato, deve essere
“sbramato” ossia privato di glume e glumelle che ne costituiscono il rivestimento più esterno. Il riso sbramato
(o integrale) è caratterizzato da una colorazione bruna
dovuta al pericarpo rimasto nella parte più esterna.
Questo è ricco di proteine, sali minerali, vitamine e fibra. Il pericarpo, a sua vola, è allontanato (unitamente
alla gemma e all’embrione) nella fase di “sbiancatura” e
forma la cosiddetta pula. Si ottiene così il riso lavorato
costituito principalmente da carboidrati (circa l’80%),
proteine (circa il 7%), lipidi (circa lo 0,5%) e acqua (circa il 12%). In misura minore vi sono poi le vitamine (B1,
B2, PP, B9), i macroelementi (fosforo, potassio, magnesio, sodio e calcio) e gli oligoelementi (rame, selenio,
zinco e ferro).
Il riso bianco che arriva sulle nostre tavole è quindi costituito quasi esclusivamente da amido.
Contenuto di amilosio
L’amido presente nel granello di riso è strutturalmente
costituito da due polisaccaridi: uno a struttura lineare
(amilosio) e il secondo a struttura ramificata (amilopectina).
L’amilopectina è costituita da unità α-1,4 Dglucopiranosiliche, molto ramificate (5-6%) con legami
α-1,6. Le molecole di amilopectina hanno un peso molecolare molto elevato e costituiscono lo scheletro dei
granuli di amido. La loro struttura spaziale è molto
complessa, tanto che si possono distinguere tre tipi di
amilopectina: A, B e C [1].
Texture del riso
La texture viene definita come una caratteristica multidimensionale che solo gli umani possono percepire, definire e misurare. Questa può quindi essere determinata
attraverso analisi sensoriale o strumentalmente con
l’ausilio di apparecchiature specifiche quali l’analizza-
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amilosio apparente
presentano anche
alti valori di consistenza.
Questo tipo di analisi si basa sulla misurazione della forza di estrusione del
riso cotto attraverso una griglia forata, registrata
dall’analizzatore di struttura Stable micro systems
(TA.XT plus), questa forza è correlata alla percezione
registrata dai consumatori quando comprimono i granelli di riso cotto tra i denti molari durante la masticazione, ossia la cosiddetta “masticabilità” [5].
Per la determinazione della consistenza o, come più
correttamente si dovrebbe definire, resistenza all’estrusione del riso dopo cottura, il laboratorio chimico merceologico applica il metodo normato UNI EN ISO
11747:2012 ed esprime il risultato come forza in kg/cm2.
tore di struttura Stable micro systems (TA.XT plus) che
fornisce la misura della consistenza e della collosità.
Sebbene la texture sia una caratteristica multidimensionale, questi due parametri sono strategici per definire la “palatabilità” del riso cotto.
La texture del riso è strettamente legata a fattori quali la
varietà, il contenuto in amilosio, la temperatura di gelatinizzazione ma anche il tipo di stoccaggio, la temperatura e la durata ne possono influire l’entità.
Collosità sul riso cotto
La collosità, per definizione, è l’attitudine del riso cotto
ad appiccicare. Questa è inversamente proporzionale al
contenuto di amilosio: varietà ad alto amilosio presentano infatti bassa collosità e viceversa.
La collosità, strumentalmente, rappresenta il lavoro necessario a separare due superfici (un piatto e un pistone
che costituiscono la cella di lavoro nell’analizzatore di
struttura TA.XT plus) tra i quali viene posto un quantitativo standardizzato di riso cotto.
Il laboratorio chimico merceologico (Lcm) dell’Ente nazionale risi effettua questa determinazione tramite un
metodo interno validato (MP14, basato sui preliminari
studi di Mossman) ed esprime il risultato come lavoro,
in g.cm [4].
Il parametro strumentale “collosità” ha una correlazione diretta con il parametro sensoriale (determinato
tramite panel test) “adesività” [5].
La collosità è una proprietà che già in passato era stata
utilizzata dal Lcm al fine di valutare peculiarità di varietà coltivate in diverse zone di coltivazione. Mettendo a
confronto varietà (Baldo, Carnaroli, Gladio, Balilla e Loto) coltivate in Lomellina e nella zona prealpina della
Baraggia era emerso che vi erano differenze significative
[6].
La “carta di identità” del riso
Per ciascuna varietà di riso, avere a disposizione parametri quali la dimensionalità, ossia la lunghezza e la
larghezza del granello, il contenuto di amilosio, la consistenza e la collosità, unitamente ad altre caratteristiche (tempo e temperatura di gelatinizzazione), significa
avere un quadro generale del comportamento in cottura
del riso e capire a che tipo di mercato è più adatta la varietà studiata.
Si riportano a titolo informativo, i grafici radar di quattro varietà italiane di cui è possibile vedere il differente
profilo. Per la loro costruzione tutti i dati analitici delle
diverse caratterizzazioni sono stati parametrizzati su
una scala da 1 a 10.
Il Carnaroli, varietà storica della risicoltura italiana, tipica da mercato interno, la più pregiata per i risotti,
presenta un’elevata consistenza e una bassa collosità
con un medio contenuto di amilosio. La lunghezza e la
larghezza sono tipici dell’appartenenza al gruppo dei
lunghi A.
L’Arborio e il Baldo sono altrettante varietà storiche
della risicoltura italiana, tipiche da mercato interno, caratterizzata da media consistenza e bassa collosità, con
un tempo di gelatinizzazione confrontabile con quello
del Carnaroli.
Tipico è il profilo del Thaibonnet, lungo B per dimensionalità, introdotto in Italia alla fine degli anni ‘80 del
secolo scorso, la prima a granello di “tipo indica” a esse-
Consistenza sul riso cotto
La consistenza rappresenta la resistenza alla masticazione del riso cotto. Questa è direttamente proporzionale al contenuto di amilosio: varietà ad alto contenuto di
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[5] ERSAF, Regione Lombardia,
Ente Nazionale Risi, 2011. Caratterizzazione sensoriale e chimico-merceologica di riso. Quaderno della ricerca.
[6] Cormegna M., Simonelli C.,
Marinone Albini F., 2011. Studio
della collosità del riso in diverse
aree di coltivazione. La rivista di
scienze dell’alimentazione, 40
(3).
Aa.Vv., 2008. Il Riso. Collana
Coltura & Cultura, Bayer CropScience. Script, Bologna.
ERSAF, Regione Lombardia, Ente Nazionale Risi, 2012. Caratterizzazione sensoriale e chimicomerceologica di riso II. Quaderno della ricerca.
re coltivata su oltre 40.000 ettari. Da notare l’elevata
consistenza e la bassa collosità, del tutto in linea con
l’elevato contenuto di amilosio.
Mossman A. R., Fellers D. A., Suzuki H., 1983. Rice
stickiness. I. Determination of rice stickiness with an
lnstron tester. Cereal chemistry, 60 (4), 286-292.
Riferimenti bibliografici
[1] Wani A. A., Singh P., Shah M. A., Shweiggert-Weisz
U., Gul K., Wani I. A., 2012. Rice Starch Diversity: Effects on Structural, Morphological, Thermal, and Physicochemical Properties – A Review. Comprehensive reviews in Food science and food safety, 11, 417-436.
MP14, rev. 09 2013. Riso – Determinazione della collosità dei grani dopo cottura (Metodo interno del LCM).
Simonelli C., Cormegna M., Marinone Albini F., Radicchi M., 2014. Validazione di un metodo per la determinazione della collosità su riso. La rivista di scienze
dell’alimentazione, 43 (1), 23-36.
[2] UNI EN ISO 6647-1:2008, Riso – Determinazione
del contenuto di amilosio. Parte 1: metodo di riferimento.
Tamborini L., Legnani C., 2005. Le varietà di riso coltivate in Italia. Caratteristiche e criteri di scelta. Dow agroscience.
[3] Abbiati A., 2010. Determinazione dell’amilosio nel
Riso secondo la Norma UNI EN ISO 6647-1:2008, variabilità negli anni e affinazione della metodica analitica. Tesi di laurea presso il laboratorio chimico merceologico.
UNI EN ISO 11747:2012, Riso – Determinazione della
resistenza alla estrusione del riso dopo cottura.
[4] Simonelli C., Cormegna M., 2014. Perché conoscere
il contenuto di amilosio. Il risicoltore, anno LVII, 9 (6).
Cinzia Simonelli è dipendente del laboratorio chimico merceologico, Ente nazionale risi.
Mauro Cormegna lavora presso il Centro ricerche sul riso, laboratorio chimico merceologico, Ente nazionale risi.
www.intersezioni.eu
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