Vincenzo Freni Firenze, 29 Luglio 2013 Raccomandata AR di una e

Vincenzo Freni
Freni Ricerche di Marketing
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Firenze, 29 Luglio 2013
Raccomandata AR di una e-mail già inviata all’indirizzo [email protected]
Alla c.a. del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
e per conoscenza.
al Presidente del Consiglio dei Ministri Enrico Letta
Al Ministro dell’Economia e delle Finanze Fabrizio Saccomanni
all' Ispettorato della Funzione Pubblica
Gentile Presidente della Repubblica,
apprezzo davvero i suoi sforzi per restituire fiducia e prospettive al nostro paese in questa difficilissima
fase, ne avverto tutto il pathos; sono un imprenditore e quindi consapevole che la fiducia è l’ingrediente
fondamentale, non solo per l’economia ma per tutta la vita sociale.
Devo però dirle che da parte dello Stato si opera in senso esattamente contrario ai suoi auspici, in
particolare da parte della Pubblica Amministrazione, in particolare da parte dell’Amministrazione
Finanziaria. Sono reduce, caro Presidente, da un’amarissima esperienza sull’effettivo funzionamento del
“contrasto all’evasione”, almeno nell’interpretazione dei funzionari dell’Agenzia delle Entrate di
Firenze.
In questo momento storico più che in ogni altro c’è l’esigenza che il Fisco si comporti in modo
trasparente e inappuntabile, così come anche gli strumenti di tipo “eccezionale” assunti per la lotta
all’evasione dovrebbero essere esenti da errori e comunque mai persecutori (a riguardo mi permetto
riportare un passaggio della sent. 19062/2003 della Suprema Corte di Cassazione, emessa in tema di
accertamenti presuntivi, che ritengo fotografi perfettamente l’enorme rischio nell’utilizzo disinvolto di
detti strumenti: “la ratio della norma è quella di consegnare agli uffici finanziari uno strumento
agevolato non già persecutorio del contribuente infedele, ma finalizzato alla determinazione della reale
consistenza del reddito imponibile da lui prodotto, in modo da ragguagliare ad esso l’imposta
effettivamente dovuta, nel cui esercizio l’ufficio pubblico è tenuto al pieno rispetto del principio della
capacità contributiva del soggetto di imposta, posto dall’art. 53, comma 1, della nostra carta
fondamentale, nonché di quello che impone la correttezza dell’azione amministrativa, sancito nel
successivo art. 97”).
Sono qui a raccontarle il mio caso, in cui lo strumento accertativo non funziona così come non ha
funzionato il comportamento dei funzionari del Fisco a tutti i livelli. Le scrivo perché in Italia non è
possibile cambiare uno studio di settore anche se terribilmente sbagliato al di là di ogni dubbio. Le
scrivo perché fin dal primo contatto con l’Agenzia delle Entrate ho fatto presente che lo studio di settore
che mi veniva applicato era totalmente infondato, fin dalle sue fondamenta.
Le ho provate tutte per mettere l’Amministrazione Finanziaria di fronte all’evidenza di un incredibile
errore metodologico, ma a nulla è servito. Niente, niente da fare.
Mi sono scontrato contro un muro di gomma, una pubblica amministrazione che pur di fronte ad una
dimostrazione inequivocabile di uno studio di settore persino pericoloso nella sua applicazione, continua
imperterrita a operare come se niente fosse. Possibile che non esista un meccanismo di autocontrollo di
uno strumento così delicato? Possibile che uno studio giudicato completamente infondato non solo dal
sottoscritto ma anche dalla stessa associazione di categoria, da un accademico di fama internazionale ma
anche dalla stessa Commissione Tributaria, continui ad essere applicato come se niente fosse?
Per questo mi rivolgo a lei, dopo aver inutilmente richiesto l’accesso agli atti costitutivi dello studio,
presentata una dettagliata memoria in occasione del contraddittorio, scritto all’esecutore dello studio di
settore Dott.Varriale, segnalato il caso al Dott. Befera, presentata una relazione all’Osservatorio
Regionale per gli Studi di Settore, facendo periziare lo studio di settore ad un illustre metodologo,
mostrando i documenti dell’Associazione di categoria (dove si trovano i più importanti statistici e
metodologi italiani) che non riconoscevano alcun valore statistico e probante a quello studio di settore e
alle sue successive evoluzioni. Niente, niente, niente. Lo studio mi è stato applicato comunque e avrebbe
rovinato me, la mia azienda, la mia famiglia. Per questo mi rivolgo a lei e le chiedo di pazientare e di
leggere questa mia lettera. Lo stato democratico non può permettersi di perseguitare i cittadini sulla base
di statistiche senza alcuna base scientifica che non possono essere in qualsiasi modo contestate.
Lo Stato, il nostro stato, non può permettere che i suoi uomini, nelle istituzioni più delicate, si
permettano di invitare il contribuente a lasciare l’Italia se non soddisfatto o a non consentirgli di scrivere
a verbale le ragioni del suo dissenso o invitare a licenziare i dipendenti al primo calo della redditività
dell’azienda invece di invitarlo a resistere e conservare i posti di lavoro.
Ma anche immiserire la procedura del contraddittorio, che dovrebbe consentire al contribuente di
spiegare le proprie ragioni, ad una politica scontista solo per fare cassa, in modo di raggiungere gli
obiettivi e guadagnarsi il premio di produzione.
Così si distrugge solo la piccola impresa e ogni rapporto di fiducia tra Stato e cittadino.
Li fermi, Presidente, anche se forse è già troppo tardi.
La storia
Sono il titolare di una microimpresa, un piccolo istituto di ricerche di mercato, l'unico istituto di ricerca
di Firenze e, per quello che ne so, di tutta la Toscana. Per la mia dichiarazione dei redditi 2006 sono
stato sottoposto ad un “accertamento induttivo”; sulla base dello studio di settore SG41U, che prevede
un universo di oltre 1700 contribuenti, mi è stato contestato un maggior fatturato di oltre 132mila Euro
che avrei nascosto al fisco.
Studio di settore palesemente sbagliato fin dalle fondamenta
Ma come risulta unanimemente da qualsiasi fonte, in Italia operano meno di 100 istituti di ricerca, la
maggior parte multinazionali che fatturano oltre 5 milioni di euro e, per disposizione di legge, escluse
dagli studi di settore; quindi possono rientrare nel predetto studio solo una ventina di istituti di ricerca,
tra cui il mio.
Invece secondo i documenti dell'Agenzia delle Entrate il settore è in folgorante espansione: oltre 1700
contribuenti nel 2006, che sono diventati oltre 2500 nel 2008, oltre 2700 nel 2010 e oltre 4000 nel 2013.
Pertanto, il reddito ipotizzato dallo studio di settore SG41U per la mia attività scaturiva da un
macroscopico errore di campionamento.
Le obiezioni dell’associazione di categoria
Ripetutamente, ed inutilmente, ASSIRM (l’unica associazione di categoria esistente nel mio settore) ha
segnalato a S.O.S.E. (la società che per conto dell’Agenzia delle Entrate elabora gli studi di settore)
l'incongruenza di un campione statistico palesemente infondato.
Ora non è che il paradosso di un campione statistico centinaia di volte più grande dell'universo di
riferimento, una parte molto più grande del tutto dal quale è stata estratta, sfugga completamente agli
esperti scientifici di S.O.S.E.; fino a lì ci arrivano anche loro.
Secondo gli artefici dello Studio di settore la colpa degli errori va imputata ai contribuenti
Però, almeno nella loro interpretazione, la responsabilità degli errori deve essere attribuita, è chiaro, ai
contribuenti che non si sono registrati con il codice corretto, S.O.S.E. garantisce esclusivamente la
correttezza della procedura statistica di classificazione (si fa per dire dal momento che è tenuto segreto
l’algoritmo di classificazione, anzi l’intero codice sorgente è mantenuto riservato, inaccessibile al
contribuente, immagino per sua maggiore tranquillità e rassegnazione).
Inevitabilmente i risultati della classificazione sono grotteschi, delirante la descrizione dei cluster
ottenuti, completamente arbitraria la redditività minima prevista per l'impresa.
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Ma l’Agenzia delle Entrate scarica ogni responsabilità su S.O.S.E, S.O.S.E. sui contribuenti che non
sono in grado di autoclassificarsi (incredibile scusa) e il malcapitato contribuente altro non può fare che
scrivere a lei caro Presidente, perché così vanno le cose nello Stato che lei presiede.
Il Contraddittorio dovrebbe essere una garanzia ma…
Per avviare l’accertamento induttivo l’Agenzia delle Entrate è tenuta a convocare il contribuente in
‘contraddittorio’ per concedergli la possibilità di giustificare la discrepanza tra la dichiarazione dei
redditi ed il reddito presunto tramite accertamento induttivo.
Questa fase doveva rappresentare, nelle intenzioni del legislatore, una garanzia per il contribuente,
l’occasione di spiegare “motivi, situazioni e circostanze” per i quali i risultati economici della sua
attività sono risultati inferiori alla soglia che determina l’applicazione dell’accertamento induttivo.
Questo ovviamente sul piano teorico.
…si concretizza in una proposta di sconto
Sul piano pratico invece, sorpresa! L’unica interlocuzione accettata dai funzionari è quella relativa alla
“scontistica”; ti viene proposto di pagare solo una percentuale dell’importo dell’ accertamento induttivo,
a me hanno proposto fin dall’inizio uno sconto del 50% ma nel corso del contraddittorio mi è stato fatto
capire che potevano scendere ancora.
Quando ho cercato di riportare la discussione sulla sostanza, sull’errore madornale di campionamento
sul quale l’accertamento induttivo era stato costruito, mi hanno spiegato i funzionari che non potevo
mettere in discussione lo studio di settore dal momento che era stato sviluppato con la collaborazione
della mia associazione di categoria che l’aveva anche approvato.
La verità è che i funzionari non hanno minimamente idea di come funziona lo strumento che stanno
adoperando. Ciò è attestato dalla cosiddetta “Relazione Rey” (documento datato 31.1.2008 e redatto
dalla “Commissione tecnica per lo studio e l'approfondimento delle problematiche di tipo giuridico ed
economico inerenti alla materia degli Studi di Settore” Presidente Prof. Guido Rey - Membri Prof.
Massimo Basilavecchia e Dott. Roberto Monducci, istituita con DM 5.3.2007) secondo cui “I
problemi che riguardano l’utilizzo delle risultanze degli studi di settore nella fase di accertamento
sono i seguenti:… ii) la difficoltà di applicazione (la metodologia ed anche i risultati non sono chiari)
da parte dei funzionari dell’Agenzia delle Entrate i quali, in mancanza di un’adeguata formazione,
faticano a comprendere la portata e il significato di relazioni statistiche”. E questo perché, si spiega
meglio al par. 5.2, “la metodologia prevede che sia la SOSE1[1] a stabilire gli attributi di congruità
coerenza e normalità e questo deresponsabilizza l’Agenzia e in particolare l’accertatore che invece
dovrebbe padroneggiare sia la metodologia e sia il risultato del calcolo. (…).
Lo stesso direttore dell’Agenzia, il Dott Befera, questo lo sa tanto da pubblicamente affermare nell’audizione tenuta alla Camera il 23.7.2009 – che i principali limiti degli accertamenti basati sugli
studi di settore “sono stati individuati nella relativa rigidità, in quanto non in grado di cogliere le
specificità, anche territoriali, che caratterizzano i singoli contribuenti e, più in generale, nell’essere, da
soli, fisiologicamente incapaci di individuare in maniera credibile la capacità contributiva”!
Per ottenere dal contribuente a tutti i costi un accordo economico i funzionari affermano il falso
La circostanza dell’approvazione dello Studio di Settore SG41U da parte dell’associazione di categoria è
risultata completamente falsa. Non solo ASSIRM ha sempre rifiutato la sua adesione agli studi di settore
per la ricerca di mercato (2008, 2010 ed adesso 2013) in quanto palesemente infondati ma, ho appurato,
non era stata nemmeno informata dell’esistenza di uno studio di settore per la ricerca di mercato relativo
all’anno 2006!
Ora l’obbligo di consultare l’associazione di categoria è stabilito dalla legge che ha istituito gli studi di
settore proprio a garanzia del contribuente ma a quanto pare nel paese che lei presiede la Pubblica
Amministrazione, e l’Amministrazione Finanziaria in particolare, possono allegramente prescindere
dalle disposizioni di legge, anzi possono, sulla base di costrutti statistici palesemente infondati, costruiti
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in violazione di legge, imporre tributi e sanzioni e penali e interessi su introiti inesistenti, fantasticati da
un algoritmo (segreto!) alla deriva.
“Se non vi va bene potete anche andare via dall’Italia”
Rammaricarsi non serve, i funzionari non transigono e se il contribuente non capisce l’antifona la
prendono male; io sono stato persino invitato, se insoddisfatto del trattamento ricevuto, a lasciare
l’Italia!
L’inaccessibilità dello Studio di Settore
Per mettere i funzionari di fronte all’evidenza dell’errore dello studio di settore che mi applicavano li ho
invitati a verificare insieme a me le ragioni sociali delle imprese classificate insieme alla mia nello
stesso cluster (il gruppo omogeneo di contribuenti), il nostro è un settore minuscolo e ci si conosce tutti.
Sarebbe stato agevole in questo modo palesare che esercitavano un’attività diversa dalla ricerca di
mercato, e molto verosimilmente incompatibile (a chi opera nella ricerca di mercato è fatto divieto di
operare nella vendita ed anche nella ricerca di clienti).
Alle mie insistenze mi è stato spiegato che l’Agenzia delle Entrate di Firenze non disponeva dell’elenco
delle aziende né del cluster né dello studio di settore e comunque tutto era riservato.
La trasparenza della Pubblica Amministrazione
Assistito da un avvocato tributarista e da un fiscalista ho presentato allora una domanda di accesso agli
atti che avevano portato alla elaborazione dello Studio di Settore SG41U – 2006 Studi di Mercato e
Sondaggi di Opinione invocando la Legge sulla Trasparenza degli Atti Amministrativi.
Mi ha risposto per prima S.O.S.E. che ha riconosciuto che gli atti da me richiesti erano effettivamente in
suo possesso ma che la proprietà restava dell’Agenzia delle Entrate senza il cui esplicito consenso non
poteva consentirmi l’accesso.
Poi mi ha risposto l’Agenzia delle Entrate di Firenze spiegando che gli atti da me sollecitati erano di
spettanza della Direzione dell’Agenzia delle Entrate.
Infine mi ha risposto la Direzione Legislazione Tributaria del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
quante fattive strutture esistono, caro Presidente, nello Stato che lei presiede, dappertutto sono
organizzati uffici, comitati, segreterie, direzioni, e tutto per il maggior conforto del
cittadino/contribuente, suppongo!
Premesso quello e considerato quello, mi ha risposto la Direzione Legislazione Tributaria, la risposta è
un bellissimo no, franco e risoluto. Certo la Legge sulla Trasparenza degli Atti Amministrativi mi
darebbe il diritto di accedere agli atti amministrativi che mi riguardano ma, nel caso concreto, mi ha
risposto la Direzione Legislazione Tributaria, ma, premesso quello e considerato quell’altro, no, e
ancora no, mai e poi mai.
Sembra infatti che la composizione (le denominazioni o ragioni sociali) del cluster nel quale ho avuto il
piacere di essere stato inserito si sia dematerializzata, come ha avuto la bontà di spiegarmi la Direzione
Legislazione Tributaria: “allo stato non esistono documenti che incorporano materialmente le
informazioni richieste poiché la predisposizione degli stessi non è prevista nell'ambito del procedimento
oggetto di accesso. Pertanto, l'eventuale accesso alle informazioni richieste, comporterebbe un'attività
valutativa ed elaborativa dei dati in possesso dell'Amministrazione, anch'essa preclusa dalla norma,
poiché indicativa di un fine di generale controllo sull'attività amministrativa che non risponde alla
finalità per la quale lo strumento dell'accesso può venire azionato”.
Antieconomico perché non ho licenziato subito 2 dipendenti
Il fatto che sul contribuente ricada l’onere della prova di dimostrare l’errore dell’Amministrazione
Finanziaria non può certo prevalere sull’esigenza di privacy per le delicate alchimie allestite dai
funzionari e dirigenti dell’Agenzia delle Entrate. Altrimenti si concederebbe al contribuente una forma
di controllo sulla funzione amministrativa, situazione evidentemente inammissibile, almeno nel paese
che lei, caro Presidente, presiede.
Visto vano ogni sforzo per farmi aderire alla “chiusura semplificata della controversia fiscale”, vista
vana la sua scontistica, il capo-struttura ha compulsato rapidamente la mia dichiarazione dei redditi
proclamando l’antieconomicità della mia impresa. In effetti negli anni dal 2003 al 2006 i profitti si erano
progressivamente rarefatti tanto da costringermi a licenziare 2 dei miei 4 dipendenti. Quello che
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ignoravo è che nel gergo dell’Agenzia delle Entrate l’antieconomicità dell’impresa rappresenta non un
segnale di difficoltà di mercato quanto piuttosto un indizio grave di evasione che si aggiungeva a quello
statistico individuato dallo studio di settore. A questo punto nell’interpretazione dell’Agenzia delle
Entrate mi ero trasformato in un evasore “convinto”.
Non è ammesso trascrivere a verbale il dissenso su come si è svolto il contraddittorio
Vista vana ogni interlocuzione ho chiesto che venisse messo a verbale il mio completo disaccordo dal
modo di operare dell’Ufficio, che rifiutava ogni confronto, ogni ascolto su fatti documentati ed evidenze
inconfutabili, quali, ad esempio, l’effettivo numero di istituti di ricerca in Italia con relativo elenco e
l’elenco completo dei ricercatori italiani iscritti all’associazione internazionale dei ricercatori ESOMAR
(non ci si improvvisa ricercatori, si deve essere riconosciuti ricercatori dagli altri ricercatori.
Sappia caro Presidente che i ricercatori italiani riconosciuti da ESOMAR (l’iscrizione ad ESOMAR è
irrinunciabile per operare in questo comparto) sono circa 200. E come fanno circa 200 ricercatori a
mandare avanti oltre 1700 istituti di ricerca? Questa a me sembrava una prova irrefutabile dell’errore
dell’Agenzia delle Entrate, per il capo-struttura invece era solo un ragionamento, un sofisma nella sua
interpretazione. Evidenza irrefutabile era invece il Decreto Ministeriale che aveva validato lo Studio di
Settore SG41U, che sarebbe stato, lui e gli altri funzionari non si stancavano di ribadire, discusso ed
elaborato con la mia associazione di categoria che l’aveva anche approvato. Per questi bei motivi non
avevo diritto ad obiettare, le mie spiegazioni erano irricevibili e non dovevano neppure essere trascritte a
verbale. Così operano i funzionari dell’Amministrazione Finanziaria nel paese che lei presiede!
L’imparzialità dei funzionari
Francamente, caro Presidente, avevo opinato che i funzionari dell’Agenzia delle Entrate con i quali
avevo interloquito fossero in malafede, avessero in effetti l’intenzione di danneggiarmi, non potevano
mica essere così stupidi da non capire che una parte (il campione statistico utilizzato per lo studio di
settore, oltre 700 contribuenti) non può eccedere il tutto (l’universo di riferimento, il numero di istituti di
ricerca esistenti in Italia, indicato da tutte le fonti in un centinaio). Poi qualcuno, dall’interno
dell’Agenzia delle Entrate, si è preso la briga di aprirmi gli occhi. Da quell’ingenuo che non sapevo di
essere (ma la parola in uso a Firenze è un’altra) mi ero presentato al contraddittorio per mettere i
funzionari di fronte all’evidenza dei numeri e costringerli a prendere atto che non erano di fronte ad un
evasore.
Ora nell’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate ricade sul contribuente l’onere di dimostrare la
correttezza dei propri comportamenti. E, almeno nell’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, il
contribuente dimostra la correttezza del proprio operato esclusivamente convincendo il funzionario.
Questa interpretazione presupporrebbe che il contribuente si trovi di fronte a funzionari imparziali,
almeno nel senso che non hanno alcun interesse a perseguire un contribuente che si sia comportato
correttamente. Questo sul piano teorico.
Sul piano pratico sono venuto a sapere che invece ai funzionari sono imposti degli obiettivi di fatturato
da acquisire, e raggiungendo i quali possono partecipare alla spartizione del bonus di fine anno previsto
per i dipendenti del Ministero delle Finanze, una quota del gettito recuperato proprio tramite il
cosiddetto 'contrasto all'evasione': da qualche migliaio di Euro a varie decine di migliaia di Euro per i
dirigenti di fascia superiore.
Ora, caro Presidente, provi a pensare cosa significa ritrovarsi davanti ad un giudice economicamente
incentivato sulla base del numero di anni di detenzione che infligge nel corso dell'anno...
Bene adesso, caro Presidente, avrà capito a questo punto come effettivamente funziona lo Stato che lei
presiede.
I rischi del mestiere di imprenditore
A seguito del contraddittorio l’Agenzia delle Entrate di Firenze mi ha notificato l’accertamento induttivo
contro il quale sono ricorso davanti alla Commissione Provinciale di Firenze. Ora, caro Presidente, lei
deve sapere che nel paese che lei presiede resistere alla onnipossente Agenzia delle Entrate si rischia
grosso, grosso davvero. A questo punto la richiesta dell’Agenzia si aggirava già sui 180mila Euro,
perché gli interessi galoppano, le sanzioni, le more, gli aggi a favore di quello e di quell’altro si
addizionano, si moltiplicano… Così vanno le cose nel paese che lei presiede, caro Presidente; hai
sostenuto, se evasore non sei, un carico enorme di tasse, imposte, addizionali e mille altri balzelli e poi ti
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ritrovi minacciato persino nei risparmi di una vita. Qualcuno ha finito per darsi fuoco, io sono finito in
cura per depressione.
Assistito da un fiscalista il quale aveva prodotto una memoria difensiva di 30 pagine fitte di spiegazioni,
argomentazioni, documentazioni confidavo, confidavo veramente che venisse posta fine a questa
persecuzione. Fra l’altro, come subordinata, il fiscalista aveva chiesto alla Commissione che mi venisse
applicato il più evoluto studio di settore 2010, a me molto più favorevole, invece di quello 2006, una
prassi accettata dalla stessa Agenzia delle Entrate. Applicando lo studio di settore 2010 ai miei dati
contabili del 2006 il fatturato che avrei nascosto al fisco scendeva da 132mila Euro a 25mila (no, non ho
evaso neppure quelli, nel mio lavoro si deve dichiarare tutto, si lavora con aziende strutturate, non si può
fare altrimenti).
Invece la Commissione Provinciale ha statuito la completa aderenza dell’accertamento induttivo alle
normative vigenti addebitandomi la responsabilità di non essere riuscito a convincere i funzionari della
correttezza della mia dichiarazione (si fa finta che fosse possibile convincerli, è come se l’agnello
cercasse di convincere il lupo a divenire vegetariano). Veniva anche respinta la subordinata che
chiedeva l’applicazione del più evoluto studio di settore 2010; una circolare dell’Agenzia delle Entrate
del 2009 impediva l’applicazione dello studio di settore agli anni antecedenti, in quanto nello studio
erano stati inseriti dei “correttivi anticongiunturali” indisponibili per le annate precedenti.
A questo punto diventava esecutivo il pagamento dei 2 terzi dell’importo reclamato dall’Agenzia delle
Entrate, che ormai sfiorava i 200mila Euro.
Cifre ballerine che già da sole fanno capire la qualità dello studio
Per il ricorso davanti alla Commissione Regionale ho affiancato al fiscalista un avvocato tributarista; fra
di loro, fiscalista e tributarista sono riusciti questa volta a reperire uno studio di settore 2008 depurato di
qualsiasi correttivo congiunturale per il quale lo scarto con la mia dichiarazione dei redditi 2006 si
riduceva a meno di 4mila Euro!
Pensi caro Presidente, avrei nascosto al fisco sulla base dello studio di settore 2006 un gruzzolo di oltre
132mila Euro, sulla base dello studio di settore 2010, sempre applicato allo stesso anno, qualcosa come
25mila Euro (beh, lì ci sono i correttivi congiunturali) e sulla base dello studio di settore 2008, nudo di
qualsiasi correttivo congiunturale, meno di 4mila Euro!
Pensi caro Presidente se io realizzassi dei sondaggi elettorali dove le intenzioni di voto tra una
rilevazione e la successiva si altalenassero a questo modo! Chi mi prenderebbe sul serio? Ovviamente
l’Agenzia delle Entrate è al di sopra di ogni sospetto, ovviamente, può fare questo ed altro, figuriamoci!
La perizia: il metodologo valuta come statisticamente inaffidabile lo studio, per le stesse
motivazioni indicate dall’Associazione
Per denunciare questa situazione aberrante ho incaricato di una perizia sulla validità statistica degli studi
di settore Ricerche di Mercato e Sondaggi di Opinione (2006, 2008, 2010) il Prof. Alberto Marradi
dell’Università di Firenze, un’autorità di livello internazionale.
Penso sia inutile spiegarle, caro Presidente, come qualsiasi statistica elaborata su un campione che non
ha alcuna attinenza con l’universo di riferimento sia totalmente inattendibile; almeno questa è stata
l’opinione del Prof. Marradi. Per fare cosa utile e costruttiva, doverosamente ho trasmesso la perizia a
S.O.S.E. e alla Direzione dell’Agenzia delle Entrate.
Ovviamente senza alcun seguito.
Ho presentato invano anche un documento alla “commissione degli esperti” dell’Osservatorio
Regionale per gli Studi di Settore
Dopo aver lungamente insistito ho inoltre ottenuto un’udienza presso l’Osservatorio Regionale per gli
Studi di Settore, nel corso della quale ho presentato una dettagliata relazione in cui punto per punto
esponevo l’assurdità degli elaborati di S.O.S.E. in materia di Ricerche di Mercato e Sondaggi di
Opinione.
Ovviamente senza alcun seguito.
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Anche al Dott. Befera e alla sua portavoce ho segnalato le prassi in uso all’Agenzia di Firenze
Ho dettagliatamente relazionato tramite mail il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Dott. Befera, e
sugli spropositi statistici di S.O.S.E e sulle prassi abusive dei funzionari dell’Agenzia delle Entrate di
Firenze.
Ovviamente senza alcun seguito.
A proposito è finito qualche mese fa in prigione, tentata concussione e qualche altra bazzecola dello
stesso tipo, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate di Firenze Nunzio Garagozzo, (proprio il personaggio
che firmava in calce tutti i provvedimenti nei miei confronti!). Siccome davanti alle mie recriminazioni i
funzionari si giustificavano evocando le “disposizioni ricevute dai superiori” mi sono rivolto ad un
avvocato per presentare un esposto alla procura che indaga sull’ormai ex-direttore dell’Agenzia di
Firenze. Ho chiesto al magistrato di appurare le effettive disposizioni ricevute dai funzionari e di
valutare se sussistano eventualmente elementi di reato. Tanto per non lasciare niente di intentato. Sono
in attesa dell’esito.
Il Dott. Varriale del SOSE mi chiede di fargli da consulente
Personalmente contattato dal direttore di S.O.S.E., Dott. Varriale, che mi chiede di fare da consulente
alle prossime edizioni dello Studio ho dettagliatamente esposto i motivi dell’inadeguatezza (è un
understatement) degli studi di settore Ricerche di Mercato e Sondaggi di Opinione (2006, 2008, 2010).
Ovviamente senza alcun seguito perché il recentemente approvato Studio di Settore 2013 stabilisce
addirittura la presenza nel nostro paese di oltre 4mila “attività economiche” operanti nel settore Ricerche
di Mercato e Sondaggi di Opinione.
Informo del tutto anche il Garante del Contribuente
Su suggerimento del fiscalista ho segnalato il mio caso al Garante del Contribuente riferendomi in
particolare alla circostanza che mi era stato applicato uno studio di settore che non era mai stato
nemmeno presentato all’associazione di categoria che rappresenta il mio settore di attività. Il Garante mi
ha promesso una risposta alla mia segnalazione entro i 4 mesi previsti dalla legge che ha istituito la
figura del Garante.
Ho bisogno di dirle, caro Presidente, che, nonostante le mie ripetute sollecitazioni, il Garante ha taciuto?
Non ho bisogno di dirglielo perché lei sa già come funziona il paese che lei presiede. Il cittadino italiano
è provvisto di ogni immaginabile diritto fino a quando non chiede di esercitarne almeno qualcuno; a
questo punto si scopre che il diritto esiste solo sul piano teorico, su quello pratico siamo sudditi, tenuti
ad ubbidire, pagare e tacere. Mi è stato spiegato infatti che l’obbligo di una risposta entro 4 mesi ha
valore solo normativo e non ordinativo. Ma come ho fatto a non capirlo da solo? Funziona esattamente
come la Legge sulla Trasparenza degli Atti Amministrativi, pari pari. Funziona esattamente come
funziona tutto il resto nel paese che lei presiede.
Il Garante poi, dopo che ho cominciato a sollecitarlo settimana dopo settimana, dopo 8 mesi di silenzio,
finalmente ha comunicato le sue conclusioni; in effetti nel mio caso, indubbiamente, ha riconosciuto, c’è
stato un momentaneo travisamento da parte dell’Ufficio delle normative che regolano il corretto
rapporto con il contribuente. Il Garante mi ha assicurato di essere prontamente intervenuto per riportare
l’Ufficio sulla retta via; non mi aveva risposto prima per non interferire con il giudizio di un’istanza di
livello più elevato (la sentenza della Commissione Regionale).
Naturalmente era in vista della sentenza che io sollecitavo il parere del Garante.
La commissione Regionale riconosce che i funzionari nel contraddittorio hanno affermato il falso
La sentenza della Commissione Regionale ha deciso per la non applicabilità dello Studio di Settore 2006
evidentemente inadeguato a rappresentare la attività di ricerca di Mercato e Sondaggi di opinione; la
Commissione Regionale ha anche riconosciuto che i funzionari dell’Agenzia delle Entrate di Firenze
avevano affermato il falso a proposito della validazione dello studio di settore da parte dell’associazione
di categoria.
Però invece di invalidare l’intero accertamento induttivo mi hanno applicato retroattivamente lo studio
di Settore 2008 (scarto della dichiarazione dall’accertamento induttivo inferiore ai 4mila Euro), con
sconfitta parziale di entrambe le parti (per cui le spese legali e processuali restano a carico mio).
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Un’esperienza che non auguro a nessuno ma che molti hanno subito
A conclusione della controversia fiscale (ho rinunciato al ricorso in Cassazione) ho dovuto sopportare
una perdita di diverse decine di migliaia di Euro (ed il fiscalista e l’avvocato tributarista che mi hanno
assistito mi dicono che mi è andata di lusso); di questo importo lo Stato ha raccolto le briciole, quasi
tutto è andato in spese legali ed onorari.
Ma il danno vero non è quello economico, e nemmeno quello alla salute fisica (sono cardiopatico) e
mentale (sono finito sotto cura per stato depressivo); il danno più profondo è la perdita di ogni fiducia
nella possibilità di lavorare onestamente nel nostro paese. So adesso che anche pagare puntualmente e
completamente tutte le imposte non ti mette al riparo dalle pretese più infondate.
Tenga presente che continuando a mantenere aperta l’attività (che volevo trasmettere alle mie figlie ma
ho preferito mandarle a lavorare in Inghilterra) io rischio di compromettere non solo i risparmi di una
vita ma anche la proprietà dell’ufficio o della mia abitazione. Siccome in questa situazione economica
prospettive di guadagno non ce ne sono lo faccio solo per conservare uno stipendio ai miei dipendenti.
SOSE continua a “affinare” i suoi studi persistendo nell’errore originario, tanto è TUTTO segreto
e incontestabile
Nel frattempo l’Agenzia delle Entrate e S.O.S.E. hanno già allestito un nuovo studio di settore costruito
questa volta su un universo (prettamente immaginario) di oltre 4mila attività economiche operanti nel
settore Ricerca di Mercato e Sondaggi di Opinione.
Il Direttore di ASSIRM che ha avuto occasione di accedere all’elenco delle imprese registrate al codice
73.20.00 ha riferito, sia privatamente che pubblicamente, di aver constatato la presenza nel campione
statistico di agenzie di comunicazione, studi grafici e pubblicitari, servizi di traduzione, strutture di
catering, immobiliari…
Ecco a cosa sono servite le mie denunce e segnalazioni, ecco a cosa sono serviti i richiami di ASSIRM
alle dimensioni effettive del settore! Ecco come opera l’Amministrazione Finanziaria nel paese che lei
presiede!
Da uno studio di settore costruito su premesse del genere potrà scaturire evidentemente qualsiasi
importo. La verità è, caro Presidente, che semplicemente mandando avanti l’attività in attesa di tempi
migliori, rinunciando ad ogni prospettiva di guadagno, assicurando comunque stipendi, contributi,
balzelli comunali, regionali, nazionali, sto rischiando, alla mia età e dopo 30 anni di attività
professionale, di ritrovarmi senza neppure un’abitazione!
Lei si domanderà caro Presidente perché mai mi rivolga a lei; il fatto è che le ho provate tutte, proprio
tutte e tutto resta come prima; l’Agenzia delle Entrate è irremovibile nei suoi abusi e nei suoi soprusi. Lo
studio di Settore approvato con decreto ministeriale non può essere cambiato.
Provi lei magari a parlarne con il Dott. Befera perché a me non risponde (nonostante esplicite promesse
in tal senso della sua portavoce).
Lascio a lei, caro Presidente, tirare le somme, perché, diciamoci la verità, lo Stato che lei presiede è
questo.
La ringrazio per l’attenzione e sarebbe, almeno da parte sua, gradita una risposta. Chiedo nuovamente: si
può lasciare in essere uno Studio di Settore così palesemente sbagliato? Bisogna immolarsi per ottenere
l’attenzione delle istituzioni su situazioni così abnormi?
Cordialmente
Vincenzo Freni
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