www.ildirittoamministrativo.it La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, in particolare nell’ambito delle gare pubbliche A cura di Federica Federici Il modello di responsabilità della P.A., nel nostro ordinamento, ha vissuto una vera e propria genesi storica: nei decenni precedenti l’entrata in vigore della Costituzione vi era una sostanziale negazione della sua ammissibilità (basata sull’incompatibilità del perseguimento dell’interesse pubblico con l’idea stessa di responsabilità, il che significava accettare l’idea di atti illegittimi o legittimi, ma mai illeciti), e da questa posizione si aprì un dibattito dottrinale e giurisprudenziale, che attualmente è pervenuto ad una posizione opposta, il tutto passando per una serie di orientamenti che hanno dapprima riguardato la possibilità di attribuire ad essa una struttura differente da quella delineata dal diritto civile (art. 2043 c.c.) - tesi non univocamente accettata - per poi disarticolarsi in molteplici aspetti (posizioni diverse della P.A. a seconda del contesto, teoria del Fisco germanica, danno risarcibile, ecc.). Il nostro legislatore fino al 1948 non ha ritenuto di doversene occupare, pur individuando nell’art. 4 L. 1865/2248 All. E (c.d. legge abolitrice del contenzioso amministrativo) la disciplina dell’illecito dei soggetti pubblici. In realtà veniva desunto un principio generale di responsabilità della P.A. per atti illeciti da una disposizione meramente procedurale. In seguito dottrina e giurisprudenza basarono il fondamento di tale responsabilità sul rapporto organico tra amministrazione e suoi dipendenti, tanto da escluderla in caso di dolo del soggetto attore dell’illecito. Con l’entrata in vigore della Costituzione il disposto normativo si sposta sull’art. 28 Cost. attorno al quale si sono innestate numerose nuove teorie: a) Teoria della responsabilità indiretta della P.A., per cui l’art. 28 Cost., innovando il sistema, ha sancito una forma di responsabilità diretta del dipendente, ma solo indiretta della P.A. (per culpa in vigilando o in eligendo) non essendo possibile una duplice responsabilità e non avendo gli enti la capacità di agire; b) Teoria della duplice responsabilità della P.A., che - di contro - ha ritenuto che l’art. 28 Cost. non ha fatto venir meno la responsabilità diretta (per danni commessi dai dipendenti dell’ambito di funzioni dell’ente) e principale dell’ente pubblico, trasformandola in 1 www.ildirittoamministrativo.it responsabilità indiretta (laddove i danni commessi dai dipendenti esulino dall’ambito delle funzioni dell’ente); c) Teoria della responsabilità diretta della P.A., per cui l’art. 28 Cost., non ha innovato affatto il sistema, sancendo la responsabilità per fatto proprio e quindi diretta in forza del principio di immedesimazione organica. Pertanto la P.A. risponderà solo laddove i danni commessi dai dipendenti esulino dall’ambito delle funzioni dell’ente (lettere private, negozi personali, ecc.); d) Teoria dell’immedesimazione organica, per la quale una responsabilità diretta duplice non può sussistere anche in capo al funzionario che agisce come ente, per cui l’art. 28 Cost. ha semplicemente operato la distinzione tra responsabilità diretta della P.A. per gli illeciti compiuti dai propri dipendenti e quella del dipendente autore dell’illecito dal mero punto di vista processuale e a fini esterni (litisconsorzio necessario); e) Tesi del “corretto amministratore” e del “corretto contraente”, con conseguente regolazione ed applicazione del diritto civile; f) Tesi della ricostruzione in termini pubblicistici e privatistici a seconda della fase e dei momenti in cui si snoda la procedura contrattuale e tesi della ricostruzione in termini solo privatistici/negoziali del procedimento di evidenza pubblica; g) Tesi secondo cui è necessario un fondato affidamento dell’imprenditore al comportamento secondo buona fede della P.A. che sussiste quando le trattative sono giunte ad un sufficiente stato di avanzamento. La risarcibilità degli interessi legittimi viene in realtà consacrata con una svolta giurisprudenziale (Cass. Sent. 500/1999) che, una volta riconosciuta la responsabilità della P.A. nei confronti dei soggetti privati, si pose il problema dell’individuazione delle situazioni soggettive meritevoli di tutela di questi ultimi. Il dibattito successivo a tale sentenza in merito alla natura giuridica di tale responsabilità si incentra sulla quaestio: trattasi di responsabilità ex delicto o ex contractu? La giurisprudenza amministrativa successiva infatti non è rimasta estranea allo storico revirement del 1999 e ne sono seguite considerazioni ed articolazioni relative a numerose applicazioni e casistiche, con ricadute di vario genere. Per quel che concerne la specifica fattispecie della responsabilità c.d. precontrattuale, come già evidenziato, per lungo tempo giurisprudenza non hanno ammesso la configurabilità della responsabilità civile della P.A.. men che mai quindi nella fase precontrattuale, osservando che l’indagine volta a verificare la lealtà del comportamento della P.A. nell’ambito delle trattative con il privato, avrebbe finito col comportare un sindacato giurisdizionale sulle modalità di esercizio del 2 www.ildirittoamministrativo.it potere discrezionale della P.A., violando sicché il principio della separazione dei poteri. Contraria a questa posizione invece la dottrina, la quale riteneva che tutte le norme del c.c. potessero ben essere applicate all’attività della P.A. se non altro per quella intrattenuta con i privati. In questo ambito importante è stata la sentenza 1961/1675 che accettò l’idea che la P.A. potesse rispondere anche per culpa in contrahendo laddove si fosse atteggiata a contraente scorretto. Tuttavia, a questa ammissione corrisponde una riduzione dell’area dell’attività amministrativa all’interno della quale potevano sorgere posizioni tutelate di affidamento e quindi per le quali configurare una responsabilità precontrattuale. Responsabilità quindi di matrice civilistica come lesione della libertà negoziale. Per imporre un obbligo di lealtà alla P.A. che sia tutelato dall’ordinamento, è necessario che si configuri una relazione specifica tra soggetti in trattativa, affinché ne scaturisca l’obbligo di buona fede nelle trattative, lealtà e correttezza (art. 1337 c.c.) valido anche per la P.A. Senonché tale relazione non sembrerebbe verificarsi nelle ipotesi di licitazione privata e pubblico incanto perché gli interessati non rivestono qualità di “contraenti”, ma solo di “partecipanti alla gara, qualità che nella menzionata disposizione del codice civile costituisce il presupposto dell’obbligo di comportamento secondo buona fede, valido anche per l’autorità amministrativa. E, come tali, non possono vantare diritto a buona fede nelle trattative, lealtà e correttezza ex art. 1337 c.c., bensì solo un interesse legittimo al corretto esercizio del potere. La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, pur non configurabile nel corso della procedura di evidenza pubblica, era invece applicabile allorquando, avutasi, con l'aggiudicazione, l'individuazione del soggetto contraente, l'impresa aggiudicataria avesse assunto la qualità di “parte” nella trattativa negoziale, donde la sua tutelabilità ai sensi degli articoli 1337 e 1338 del codice civile nell'ipotesi in cui l'amministrazione procedente, rilevando un errore nel procedimento di gara già esperito, rimuova in autotutela la gara stessa, ancorché fosse già intervenuta l'aggiudicazione in capo all'impresa vincitrice della selezione. In ambito di gare giova ribadire come in un primo tempo si riteneva che potessero individuarsi due sole ipotesi: a) nell’ambito di una trattativa privata, in cui il privato assumesse ruolo di parte della trattativa; b) nel contesto di rapporti successivi all’aggiudicazione della gara. La giurisprudenza prevalente riteneva che questi procedimenti, che prevedono quali metodi di scelta del contraente, i pubblici incanti, l'appalto concorso e la licitazione privata, fossero stati posti in essere dalla legge nell'interesse esclusivo della pubblica amministrazione e dunque non a tutela dei privati concorrenti. La qualificazione giuridica di tali norme, come norme di azione, e quella relativa alle posizioni 3 www.ildirittoamministrativo.it soggettive dei soggetti privati, come interesse legittimo, conduceva perciò ad escludere la configurabilità di una responsabilità precontrattuale della stazione appaltante in relazione ai comportamenti tenuti in sede di gara o comunque nei procedimenti amministrativi preordinati alla conclusione dei contratti ad evidenza pubblica sulla base della regola generale della non risarcibilità degli interessi legittimi. Le ipotesi di responsabilità precontrattuale della P.A finivano così per essere notevolmente circoscritte anche in considerazione del fatto che nei pubblici incanti e nella licitazione privata l'aggiudicazione da un lato conclude la serie procedimentale ma dall'altro tiene già luogo del contratto. Ed invero, l'obbligo giuridico sancito dall'art. 1337 cod. civ. di comportarsi secondo buona fede durante lo svolgimento delle trattative è stabilito perché con l'instaurarsi delle medesime sorge tra le parti un rapporto di affidamento che l'ordinamento ritiene meritevole di tutela. pertanto, se durante tale fase formativa del negozio, una parte viola il dovere di lealtà e correttezza ponendo in essere comportamenti che non salvaguardano l'affidamento della controparte - anche colposamente, in quanto non occorre un particolare comportamento oggettivo di malafede, né la prova dell'intenzione di arrecare pregiudizio all'altro contraente - in modo da sorprendere la sua fiducia sulla conclusione del contratto risponde per responsabilità precontrattuale. in tale prospettiva proprio la legittimità dell’atto di ritiro consacra l’errore - e dunque la colpa - dell’amministrazione. La fase successiva all’aggiudicazione e antecedente la stipulazione del contratto tra P.A. e soggetto interessato è quella che più ha impegnato la giurisprudenza: dal caso di annullamento in autotutela all’omissione, fino al ritardo nell’approvazione del contratto. Infatti, in questi casi – come anche sancito dal Consiglio di Stato – la violazione delle regole di correttezza che presiedono alla formazione del contratto può assumere rilevanza solo dopo che la fase pubblicistica abbia attribuito al ricorrente effetti concretamente vantaggiosi (come nel caso dell’aggiudicazione) e solo dopo che tali effetti siano venuti meno, nonostante l’affidamento ormai conseguito dalla parte interessata. E ciò accade ogniqualvolta che la P.A. non rispetta la promessa di successiva formalizzazione del contratto. Si tratta quindi di una conquista giurisprudenziale recente quella di affermare la responsabilità precontrattuale della P.A. nel caso di svolgimento di attività amministrativa legittima, tuttavia lesiva dei principi di affidamento e buona fede. La procedura di affidamento viene a concludersi (e cioè a produrre effetti giuridici vincolanti anche per la P.A.) solo con la stipula del contratto ed anzi secondo le regole di contabilità solo con l’approvazione dello stesso, salvi i casi (da ritenersi oramai residuali) di aggiudicazione 4 www.ildirittoamministrativo.it immediatamente vincolante per entrambe le parti, casi cioè nei quali il contratto formale avrebbe valenza meramente riproduttiva. Quindi, il diniego di stipula del contratto (o di approvazione dello stesso e a maggior ragione l’annullamento della gara) sono atti interni alla procedura di affidamento, rispetto alla quale sussiste peraltro la giurisdizione esclusiva. Nei casi suddetti l’attività opposta dall’Amministrazione alle aspettative dell’aggiudicatario ha natura veramente provvedimentale, sia per le finalità cui la stessa è preordinata sia per la posizione di sostanziale soggezione in cui versa l’impresa selezionata, la quale oltre tutto nel sistema dell’evidenza pubblica non solo non può rifiutarsi di stipulare pena le varie sanzioni comminate dall’ordinamento ma anzi resta unilateralmente vincolata dal contratto stipulato fino all’approvazione di questo. In termini formali classici, l’Impresa dopo l’aggiudicazione è titolare di una posizione di interesse (sia pure quanto si vuole qualificato) e non di un diritto alla stipula o all’approvazione, per cui ogni lesione che alla stessa possa derivare per effetto dei molteplici provvedimenti che travolgono l’aggiudicazione per ragioni di pubblico interesse innesca controversie che hanno sì una colorazione paritetica, ma restano naturalmente devolute al giudice dell’attività amministrativa provvedimentale. In breve, la fase del procedimento seguente all’aggiudicazione non può essere ricostruita in termini solo negoziali (offerta ed accettazione fra soggetti pariordinati), ma resta gestita dalla P.A. su parametri tendenzialmente autoritativi ovvero iure imperii. In termini sostanziali, nei rapporti tra privati la buona fede in contrahendo coniuga, per il tramite di obblighi tipici di lealtà e salvaguardia, due esigenze di pari livello, la libertà negoziale e la solidarietà contrattuale; invece nelle “trattative” tra l’operatore economico e la Pubblica Amministrazione si tratta di verificare – sia pure applicando la clausola di correttezza – il contemperamento tra esigenze non equiordinate, quelle di tutela dell’affidamento e quelle che impongono alla stessa P.A. il perseguimento senza soluzione di continuità del pubblico interesse. Invero, nelle recentissime disposizioni (es. il nuovo art. 21 quinquies della legge n. 241/1990) devolvono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di indennizzo in caso di revoca “legittima” del provvedimento, come nel caso dei sopravvenuti motivi di pubblico interesse. E’ stato affermato che integra gli estremi della responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. la condotta della P.A. che, dopo aver individuato il contraente sulla base di una procedura ad evidenza 5 www.ildirittoamministrativo.it pubblica legittimamente svolta, abbia deciso di revocare l’aggiudicazione per mancanza di copertura finanziaria, in via di autotutela e con effetti caducatori dell’intera procedura di evidenza pubblica, ivi compresa pertanto anche l’aggiudicazione. Peraltro il risarcimento del danno derivante da tale responsabilità non è escluso neanche dalla previsione dell’art. 21quinquies, di indennizzare il privato limitatamente al danno emergente per eventuali pregiudizi subìti in conseguenza della revoca di un atto amministrativo. In altro caso è stato affermato come incombe sulla P.A. l’obbligo di comportarsi secondo buona fede nel periodo intercorrente tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto, tanto più quando, sia stata richiesta addirittura l’anticipata esecuzione del contratto, così che sussiste sicuramente in capo all’aggiudicataria il legittimo affidamento all’effettiva stipulazione del contratto – la responsabilità dell’Amministrazione appaltante, in mancanza della formale stipula del contratto, deve essere correttamente ricondotta nell’alveo della responsabilità precontrattuale, con la conseguenza che il pregiudizio risarcibile è circoscritto nei limiti dell'interesse negativo (id quod interest contractum non fuisse). Sul piano civilistico in termini ricostruttivi è imputata all’Amministrazione non tanto la violazione di norme di azione o lo scostamento (qui in concreto nemmeno dedotto) da specifiche scansioni procedimentali quanto piuttosto il venir meno all’obbligo relazionale di buona fede, che avrebbe imposto di manifestare tempestivamente l’eventualità del recesso, almeno avvertendo la controparte e ponendola quindi in condizione di non limitare a quell’unica trattativa le sue iniziative imprenditoriali. Vista in questa ottica, la fattispecie della responsabilità precontrattuale viene allora a riguardare aspetti non soltanto diversi da quelli relativi alla violazione delle norme sull’evidenza pubblica ma soprattutto ulteriori (o esterni) rispetto a quelli specificamente desumibili dalla disciplina del procedimento e quindi si sviluppa - come rilevato dalla dottrina amministrativistica - in un’area non coperta da altre disposizioni normative che non siano quelle generali dell’art. 1337 cod. civ.. A questa stregua, dunque, la responsabilità precontrattuale, nella misura in cui fonda esclusivamente su una condotta ritenuta non conforme al precetto della buona fede e nella misura in cui tutela in generale il corretto svolgimento della libertà contrattuale, richiama obblighi comportamentali validi erga omnes ed incombenti perciò anche sulla pubblica amministrazione, la quale, vertendosi in ambito del tutto paritetico e non provvedimentale, non potrebbe al riguardo vantare alcuno statuto particolare. 6 www.ildirittoamministrativo.it Risulta opportuno soffermarsi sul concetto di interesse pubblico che non coincide – come spesso qualcuno ritiene - con quello generale come una delle possibili ragioni di revoca/annullamento del provvedimento di aggiudicazione. L’interesse generale, astratto e nella sua posizione di preminenza in una gerarchia di interessi ha subìto un’evoluzione per cui ad oggi si parla di interesse pubblico risultante dalla decisione amministrativa e concreta. Secondo la giurisprudenza amministrativa (pronuncia del C.d.S. del 2005), nello svolgimento della sua attività di ricerca del contraente l'amministrazione è tenuta non soltanto a rispettare le regole dettate nell'interesse pubblico (la cui violazione implica l'annullamento o la revoca dell'attività autoritativa) ma anche le norme di correttezza di cui all'art. 1337 c.c. prescritte dal diritto comune (regole la cui violazione assume significato e rilevanza, ovviamente, solo dopo che gli atti della fase pubblicistica attributiva degli effetti vantaggiosi sono venuti meno e questi ultimi effetti si sono trasformati in affidamenti restati senza seguito). L'interessato confida, durante il procedimento di evidenza pubblica, dapprima sulla "possibilità" di diventare affidatario del contratto e, ad aggiudicazione intervenuta, sulla disponibilità di un titolo che l'abilita ad accedere alla stipula del contratto stesso. Occorre, naturalmente, che i comportamenti predetti - per porsi quali fatti generatori di responsabilità precontrattuale - risultino contrastanti con le regole di correttezza e di buona fede di cui all'art. 1337 del c.c.. Nello svolgimento della sua attività di ricerca del contraente l'amministrazione è tenuta non soltanto a rispettare le regole dettate nell'interesse pubblico (la cui violazione implica l'annullamento o la revoca dell'attività autoritativa), ma anche le norme di correttezza di cui all'art. 1337 c.c. prescritte dal diritto comune (la cui violazione assume significato e rilevanza, ovviamente, solo dopo che gli atti della fase pubblicistica attributiva degli effetti vantaggiosi sono venuti meno e questi ultimi effetti si sono trasformati in affidamenti restati senza seguito). Non si dimentichi che anche prima dell’emanazione del provvedimento l’azione amministrativa non è in ogni caso e mai libera ed esente da vincoli, dovendo piuttosto muoversi nel quadro del procedimento e rispettare tutte le norme che ne condizionano lo sviluppo e questo fatto evidenzia nuovamente la problematicità di un inquadramento della responsabilità, confermando come in questa prospettiva la responsabilità torna a qualificarsi come violazione di regole procedimentali e principi cui uniformare l’azione amministrativa, più che regole e principi di soggetto che agisce iure privatorum quasi a configurare la fattispecie di danno da scorrettezza della P.A. non direttamente collegato ad un provvedimento negativo da impugnare, che limiterebbe l’accertamento del danno ad una rigorosa valutazione del nesso di causalità con il comportamento della P.A. 7 www.ildirittoamministrativo.it Infine per quel che riguarda i danni risarcibili, già in base alla tradizionale giurisprudenza della cassazione dovendoli ragguagliare all’interesse contrattuale negativo i danni risarcibili comprenderanno le spese sostenute in previsione della conclusione del contratto e le perdite sofferte per non aver usufruito di ulteriori occasioni per la mancata conclusione di un altro contratto dello stesso oggetto, mentre resta escluso il risarcimento dei danni che si sarebbero evitati e dei vantaggi che si sarebbero conseguiti con la stipulazione del contratto. nel lucro cessante va dunque inserito il danno da perdita di chance - che è cosa diversa dal danno futuro - che nella specie può identificarsi nella perdita della possibilità di far valere nelle future contrattazioni il requisito economico legato all’esecuzione dei lavori, rinveniente dalla mancata partecipazione ad altre procedure di affidamento a causa dell’aggiudicazione di quella poi revocata. Per concludere la presente disamina appaiono sostenibili e plausibili le argomentazioni di una recentissima pronuncia della Cassazione civile che ha considerato applicabile l’art. 1337 c.c. alla P.A. in tutti quei casi in cui un ente, nelle trattative con i terzi, abbia compiuto azioni o sia incorso in omissioni contrastanti con i principi della correttezza e buona fede, alla cui applicazione è comunque tenuto, nel rispetto dei doveri primari garantiti dal generale principio del neminem laedere. E anche laddove non sembrerebbe ipotizzabile una responsabilità precontrattuale per violazione dei suddetti principi rispetto al procedimento amministrativo strumentale alla scelta del contraente, lo diventa con riguardo alla fase successiva alla scelta, per cui la conclusione anticipata del rapporto contrattuale può articolarsi in revoca o recesso dalle trattative (a seconda della forma, ma anche delle ragioni che causano tali atti estranee o meno al rapporto) che diventano sindacabile sotto il profilo dei profili di lealtà, diligenza, buona fede e correttezza per l’affidamento ingenerato nel soggetto privato circa il perfezionamento del contratto, a meno che non rappresentino ipotesi il cui fondamento resta di natura pubblicistica (vedi art. 11, co, 2 e 3, D.P.R. 1998/252). 8
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