sc estorsione - Persona e Danno

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 8 – 30 ottobre 2014, n. 45029 Presidente Gentile –
Relatore Verga
Motivi della decisione
Ricorrono per Cassazione XX e YY avverso la sentenza della Corte d'Appello di Bologna che in data
30 aprile 2013 ha confermato la sentenza del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Ferrara
che in data 28 dicembre 2012 li ha condannati per estorsione consumata e tentata in danno di ZZ
Deducono i ricorrenti:
a. violazione dell'articolo 81 comma due codice penale per erroneo riconoscimento di una pluralità di
azioni a fronte di un'unica fattispecie estorsiva;
b. vizio della motivazione riguardo alla mancata concessione delle attenuanti di cui all'articolo 62
numero 6 e carenza di motivazione in merito al mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti nei
confronti di XX.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
Dalla sentenza è emerso in fatto che la XX aveva inviato a ZZ, sacerdote presso la parrocchia di W,
messaggi ricattatori dicendogli che se non le avesse consegnato la somma di euro 30.000,00 avrebbe
divulgato i messaggi di carattere erotico-sessuale che lui le aveva inviato. Il parroco accettò di
incontrare la donna il 25 ottobre 2012 per la consegna dei € 30.000,00 in cambio della restituzione del
telefono contenente i messaggi. All'incontro controllato dagli agenti della questura che avevano
previamente munito il sacerdote di un microfono per intercettare i contenuti della conversazione e
fotocopiato le banconote, pari ad euro 1000,00, che la parte offesa avrebbe dovuto consegnare, la
donna era accompagnata dal coimputato. Nel corso dell'incontro, i due si mostrarono molto seccati
della mancata consegna integrale della somma e formularono nuove minacce al parroco facendogli
capire che avrebbero rivelato i messaggi se non avesse consegnato il giorno 29 ottobre 2012 l'intero
importo.
Dopo aver conseguito la dazione della trance di € 1000, i due si allontanarono senza consegnare il
telefonino e immediatamente dopo furono arrestati con rinvenimento nella loro disponibilità delle
banconote fotocopiate. Sulla scorta di tale ricostruzione i giudici di merito hanno ritenuto sussistenti
due reati di estorsione, una consumata ed una tentata, unificate con il vincolo della continuazione
perché esecutive di un medesimo disegno criminoso.
Ciò detto deve rilevarsi che secondo l'insegnamento di questa Corte il ripetersi delle minacce da parte
dell'estorsore per costringere la vittima a consegnargli il danaro ingiustamente richiesto non da luogo,
di per sè, ad una pluralità di reati, occorrendo prima accertare se ci si trovi in presenza di una azione
unica o meno, e ciò alla stregua del duplice criterio: finalistico e temporale. Azione unica, infatti, non
equivale ad atto unico, ben potendo la stessa essere composta da una molteplicità di "atti" che, in
quanto diretti al conseguimento di un unico risultato, altro non sono che un frammento dell'azione, una
modalità esecutiva della condotta delittuosa. L'unicità del fine a sua volta non basta per imprimere
all'azione un carattere unitario essendo necessaria, la così detta contestualità, vale a dire l'immediato
succedersi dei singoli atti, sì da rendere l'azione unica. I diversi conati posti in essere per procurarsi un
ingiusto profitto costituiscono autonomi reati, unificabili con il vincolo della continuazione, quando
singolarmente considerati in relazione alle circostanze del caso concreto e, in particolare, alle modalità
di realizzazione e soprattutto all'elemento temporale, appaiono dotati di una propria completa
individualità; al contrario, si ha un solo reato di estorsione, pur in presenza di diversi atti di minaccia,
allorché gli stessi costituiscono singoli momenti di un'unica azione perchè sorretti da un'unica e
continua determinazione, che non registri sul piano della volontà interruzioni o desistenze.( N. 2070 del
1995 Rv. 200554, N. 27314 del 2003 Rv. 225174, N. 41167 del 2013 Rv. 256729; N. 7555 dei 2014
Rv. 258543) Di conseguenza, al contrario di quanto opinato dalla Corte territoriale, la continuazione
nel caso in esame non è nemmeno astrattamente concepibile in quanto le due intimidazioni integrano
segmenti della stessa condotta finalizzata alla consegna della somma di € 30,000,00 originariamente
richiesta, parte della quale effettivamente consegnata il 25.10.2012, sotto il controllo delle forze
dell'ordine. Si tratta pertanto di una sola ipotesi di estorsione consumata, gli ulteriori atti intimidatori
non sono altro che frammenti di un'unica azione finalizzata all'ottenimento di quanto originariamente
richiesto e solo in parte pagato. Il reato sub B) risulta pertanto assorbito nell'imputazione sub A).
La diversa conclusione ha incidenza sul mancato riconoscimento dell'attenuante dell'avvenuto
risarcimento del danno, considerato che la Corte d'Appello ha escluso detta attenuante, pur a fronte del
risarcimento del danno morale patito dal sacerdote, sul presupposto del mancato integrale risarcimento
dei danni patrimoniali che nella concreta fattispecie dovevano essere valutati anche in relazione al
delitto sub B).
Si impone pertanto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al
capo B) della imputazione perché assorbito nel capo A) con rinvio ad altra Sezione della Corte
d'Appello di Bologna per nuovo esame del trattamento sanzionatorio.
P.Q.M.
Annulla per entrambi i ricorrenti la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B) della
imputazione perché assorbito nel capo A); rinvia ad altra Sezione della Corte d'Appello di Bologna per
nuovo esame del trattamento sanzionatorio.