27 luglio 2014 in questo numero Tecniche di Costruzione Realizzazione Ruota del Timone Cultura Navale Filologia Navale Museo della Barca Lariana Atrezzature Modellistiche Macchina Fascia Cavi Le Pagine Disegnate Frullino per Bozzelli Editoriale Andrea Moia (Ordigno) Sommario In questo numero 2Editoriale 4 Tecniche di Costruzione Realizzazione Ruota del Timone 8 Cultura Navale Filologia Navale 21 Museo della Barca Lariana 22 Attrezzature Modellistiche Macchina Fascia cavi 32 Le Pagine Disegnate Frullino per Bozzelli Redazione Andrea Vassallo Antonio Uboldi Germano Oss Luciano Bragonzi Marco Topa Roberto Venturin Rodolfo Mattavelli Grafica ed impaginazione : Adriano Antonini Capo Redazione : Andrea Moia Responsabile : Presidente AMN Roberto Venturin Contatti Redazione di VM [email protected] Associazione AMN Magellano Via Paravisi, 1 20092 Cinisello Balsamo (Milano) C.F. 94598450156 [email protected] Foto in copertina “Corsaro II” modello di Priamo Alessandro 2 Eccomi ancora qui a scrivere pochissime righe per redigere questo Editoriale per la nostra Rivista! “Tanto tocca a te...” qualcuno a detto... Ma perché! Dico io! Perché in una Associazione di Modellisti fatta dai Modellisti per i Modellisti, ci devono essere solo poche persone che arrancano per tirare avanti la baracca ?!?! La risposta la sappiamo già e la sappiamo tutti: è la passione per il nostro hobby che ci porta ad andare avanti, come in tutte le cose. E siccome io mi occupo, almeno fino ad ora, di raccogliere, ricercare, correggere, strutturare tutti gli articoli per la rivista e per il portale... mi tocca! Eh eh eh !! Ragazzi... è che questo è un periodo, come ogni anno, al quale ci arriviamo “stanchi” dal lavoro e dagli altri impegni famigliari, e la forza diminuisce sempre più! Fortunatamente, almeno per ora il tempo, almeno qui al nord, ci regala delle giornate non troppo afose e calde (anzi.. a volte la sera ci vuole un giubbottino) e quindi anche i nostri pochi momenti liberi riusciamo a dedicarli al nostro hobby. Ma il problema grande è che con la situazione Nazionale in cui ci troviamo, la depressione avanza sempre di più, i soldi sono sempre meno, ed il tempo anche. Tutto questo “nervosismo” si accumula nei nostri animi, con il risultato che anche i nostri lavori o rallentano per mancanza di concentrazione o per mancanza di voglia di fare. Ma noi siamo giovani e forti (forse) e andremo avanti! Va bhe.. dopo questo sfogo personale un po ludico, passiamo a parlare di modellismo e della nostra Rivista. Oggi vi presento alcuni articoli parecchio interessanti. A partire dalla macchina Fasciacavi costruita dal nostro amico Andrea Vassallo. Il nostro super esperto di Vespucci si è dimostrato ancora una volta che è anche esperto di micro-orologeria varia!! Ha trovato una grandissima soluzione, perfettamente funzionante, per costruirsi con pochissimo materiale, una perfetta macchinetta autonoma per fasciare i cavi. Vedrete che vi stupirete una volta letto l’articolo.Vi sto a riproporvi anche un vecchio articolo di GianPaolo Cusati rivisto e ristrutturato, sulla costruzione delle ruote di timone. Ho “recuperato” volutamente questa presentazione perché, girovagando in internet come mio solito, ultimamente ho captato che molti Modellisti sono alle prese proprio con la ruota del In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 Editoriale Timone del proprio modello! (sarà che tutti i modellisti si trovano a quel punto nella costruzione? sarà che ci stiamo allineando tutti ?!? è pazzesco ma sembrerebbe proprio di si! eh eh eh). Essendo un articolo scritto molto bene con delle belle spiegazioni ho pensato di renderlo nuovamente pubblico per aiutare chi vorrà/ potrà approfondire la tecnica impostata da GianPaolo. Devo però annunciarvi un problema a cui stiamo andando incontro: gli articoli in nostro possesso stanno iniziando a scarseggiare. Abbiamo ancora materiale (già archiviato e pronto) per pochissimi numeri, quindi esorto vivamente TUTTI quanti i nostri Amici Modellisti a mandarci i propri lavori, e le loro idee o invenzioni. Ricordate che lo scopo di Magellano è la divulgazione del Modellismo Navale in tutte le sue forme e ideologie! Quindi non abbiate paura di fare brutta figura! Non esiste nessuno “nato imparato” ma esistono tutte persone che “creano” il proprio... e questa è la sacrosanta verità! Vi ricordo ancora: poche righe scritte in un documento Word, senza perdere tempo in impaginazioni o altro, e le foto da allegare all’articolo. Fate un bel pacchettino .ZIP e lo inoltrate a [email protected]. Al resto penseremo tutto noi: Correggeremo gli eventuali “svioni”, formatteremo il testo e l’impaginazione, e ne creeremo degli articoli per il portale e per la rivista. Non abbiate paura di scrivere anche cosa di cui si è magari già discusso, perché comunque ognuno di noi ha idee, tecniche, fasi di lavorazione completamente diverse, e la cosa più bella ed interessante a volte è proprio poter analizzare e vedere le cose sotto diversi punti di vista. Il tutto fa nascere e crescere la nostra voglia di crescere nel modellismo e personalmente, nella ricerca e nella perseveranza di fare le cose. Quindi, veramente, non abbiate paura a scrivere! Scrivere è sinonimo di vivere e rimanere... ricordatevelo! OK... ora che mi sono “prostrato” ai vostri piedi chiedendovi questo favore, passiamo a cosa bolle in pentole in Magellano: niente! Eh eh eh eh ... direte voi.. impossibile! Ed in effetti è praticamente impossibile stare fermi! Purtroppo l’assenza temporanea di Carlo Cavaletto, causa malattia (fortunatamente passata), e gli impegni sovrapposti di altre persone componenti il Consiglio attuale, ha fatto si che l’Assemblea ordinaria annuale sia stata protratta per dei mesi. Ora ci si para davanti a noi il classico periodo di ferie, e quindi sarebbe improponibile attivare l’assemblea proprio in questi mesi, quando la maggior parte degli amici modellisti si trova in vacanza con la famiglia o i nipotini; capite bene che l’affluenza (che non è mai stata tanto alta) ne risentirebbe notevolmente. E siccome questa dovrà e sarà una Assemblea molto importante, visto che si parlerà della nuova elezione del Consiglio, vogliamo fare le cose fatte bene, cercando di avere la maggior disponibilità e partecipazione da parte di TUTTI i nostri Soci. Quindi attendiamo ancora un poco e poi vedremo veramente i da farsi! Per quanto riguarda le cose che bollono in pentola... bhe sono tante credetemi. Ci sono parecchie idee prese in considerazione, una più bella dell’altra. Solo che sono obiettivi abbastanza complicati e a volte difficili da raggiungere in tempi più o meno rapidi. Quindi stiamo veramente, lentamente, vagliando tutte le possibilità per poter dare ai nostri Soci un vero supporto utile alla comunità. Si parla di monografie, di libri, di temi che comunque porterebbero via parecchio tempo alle persone che vi si dedicheranno. E siccome non si vuole lasciare niente di incompiuto si devono trovare i tempi ed i metodi certi per affrontare il tema proposto. Di certo, almeno lo spero vivamente, è che per il prossimo anno ci sarà qualche cosa di concreto che possa uguagliare se non superare le vostre aspettative: il tutto per portare avanti il nostro progetto di divulgazione, come è stato fatto negli ultimi anni con la pubblicazione di monografie e di un fantastico libro inedito! Vogliamo almeno mantenere lo stesso livello... speriamo vivamente di riuscirci. Bhe, che altro dire, se non in bocca al lupo a tutti per le vostre mostruose opere che state costruendo, ed un ringraziamento veramente di cuore a tutti gli amici che mi hanno scritto personalmente per mandarmi i lori piccoli lavori! Grazie di cuore, e non temete che tutto verrà reso pubblico nella totale trasparenza e benevolenza di sempre Ciao a tutti e Buon Modellismo In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 Andrea Moia 3 Tecniche di Costruzione Gianpaolo Cusati (JP) Realizzazione Ruota del Timone Figura 1 Oggi riportiamo, come gradito ritorno, un vecchio articolo di GianPaolo Cusati, alias JP, su una interessantissima tecnica per costruirsi la ruota del timone, davvero ricco di ...sorprese. Come sempre Puntuali e precisi i dettagli, ricchi e chiari gli schemi di costruzione. Ringraziamo ancora oggi JP per il suo contributo davvero notevole! Cari amici modellisti, quante volte siete arrivati a finire l’allestimento del ponte del vostro bel modello di veliero, completo con argani, tambucci, lucernari, pazienze, etc...ed arrivati a finire la chiesuola della bussola, vi siete chiesti : “..e ora...come la faccio la ruota del timone??!!..”. Ed a questo punto (come è capitato molte volte a me) rivolgervi ai timoni “commerciali”, di legno tornito (ma fuori misura) o peggio di metallo fuso?? Beh... sinceramente, ad un certo punto mi sono stufato di andare a cercare disperatamente (con il centimetro alla mano) il timone giusto per i vari negozi e negozietti di modellismo di Roma e dintorni.. ed allora mi sono messo a pensare come poterlo realizzare da me. Prima di tutto mi sono andato a leggere su riviste e manuali di modellismo le varie tecniche utilizzate ed ho visto che sono molte e differenti: c’è chi usa il tornio per lavorare la ruota del timone, chi la realizza a segmenti di arco di cerchio incollati insieme, etc... Personalmente credo di aver messo a punto, invece, una tecnica abbastanza inusuale che potrei chiamare “a lamine” e che, personalmente, non ho mai visto descritta prima d’ora. L’idea mi è venuta ripensando al modo in cui avevo realizzato i cerchi delle ruote a pale del mio modello della Cairo: appunto lavorando con “lamine” di legno con spessore molto sottile arrotolate intorno ad una forma cilindrica. Questo è stato lo spunto di base; vediamo ora come si è invece indirizzato alla costruzione del4 la ruota di un timone. Innanzitutto, bisogna avere ben presenti le dimensioni della ruota esterna del timone, e cioè : • A = Diametro esterno del cerchio • B = Diametro interno del cerchio • C = Spessore della sezione del cerchio • A – B = spessore del cerchio della ruota Queste indicazioni si vedono meglio schematizzate nella Figura 1. Un’altra cosa da tenere in considerazione è anche l’andamento della sezione relativa allo spessore del cerchio. Per esempio, su alcune ruote di timone, i due lati esterni del cerchio sono decorati con una placca circolare di ottone che riporta inciso il nome della nave (esempio nella Figura 2) A questo punto iniziamo la costruzione della ruota del timone. Per realizzarla abbiamo bisogno dei seguenti materiali : • Striscioline di legno sottile e flessibile (ad es. il tiglio è un ottima essenza..) o di pezzi di impiallacciatura con larghezza pari alla spessore esterno della sezione del cerchio (spessore A nella Figura 2) e con spessore molto sottile (0,5 mm od addirittura inferiore) • Striscioline di legno sottile e flessibile o pezzi di impiallacciatura con larghezza pari alla spessore interno della sezione del cerchio (spessore B nella Figura 2), anche questi con spessore molto sottile. • Colla ciano-acrilica in gel, non liquida (ottima il In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 Tecniche di Costruzione Figura 2 Super Attack in gel – flacone colore blu) • Un tondino pieno di legno o plastica con diametro pari al diametro interno del cerchio del timone (diametro B della Figura 1) Si inizia con il bagnare le striscioline di legno con acqua (calda o tiepida va bene) e poi si devono arrotolare intorno al tondino. Si lasciano quindi asciugare mantenendole arrotolate al tondino e fermandole ad esempio con una molletta o con un piccolo elastico. Una volta asciugate, si noterà che le striscioline mantengono la forma circolare. A questo punto si inizia a far girare strettamente la prima strisciolina intorno al tondino e, aiutandosi con le dita per tenerla serrata, la si incolla dal 2° giro in poi, un tratto alla volta, con gocce di colla ciano-acrilica, in modo da formare un anello (vedi Figura 3) composto di tanti “giri” di legno che abbiano uno spessore complessivo pari al diametro C di Figura 2. Mi raccomando di porre attenzione ad usare la colla cianoacrilica in gel solo un po’ di gocce alla volta, evitando che, quando la strisciolina di legno si incolla sullo strati inferiore, la colla debordi ai lati, incollando l’anello al tondino usato come forma. A questo punto, si lascia asciugare il primo “anello” realizzato che, ricordiamo, corrisponde al diametro C indicato nella Figura 2. Ora, si ripete l’operazione per la costruzione di un secondo anello, concentrico al primo e di diametro maggiore, ma utilizzando la strisciolina Figura 3 In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 5 Tecniche di Costruzione Figura 4 di legno con la dimensione più piccola uguale allo spessore B indicato nella Figura 2. (vedi Figura 4). Nella figura non viene indicato, ma suggerisco di lavorare ancora con il primo anello infilato nel tondino che fa da supporto ed aiuta a mantenere la forma circolare al tutto. con attenzione, si ottiene un anello di legno, formato dalle varie fascette sovrapposte e con una scanalatura su entrambi i lati esterni dell’anello. Si carteggia l’anello sia esternamente sui lati che intorno ai diametri interno ed esterno, in modo da realizzare un anello di legno senza “gobbe” o giunzioni visibili. A questo punto, si può colorare con vernici all’anilina scura, oppure passare del turapori prima di verniciarlo in colore scuro (legno o nero) Le due scanalature sono gli alloggiamenti per le due “guarnizioni” di ottone che possiamo realizzare con del filo d’ottone adeguatamente tagliato, piegato ad anello ed eventualmente saldato alle estremità per poter realizzare un anello. Passando una delle facce dell’anello su cartavetro, la si appiattisce leggermente in modo da renderla meno “tonda” in sezione e le si dà una lucidata con una spazzola o con un feltro montati su il mandrino del trapano. A questo punto non rimane che mettere un po’ di colla nella scanalatura della ruota del timone ed incollarci dentro l’anello di ottone, con il lato piatto e lucido verso l’esterno (vedi figura 6) Figura 5 Durante l’operazione di incollaggio si deve far attenzione a posare la nuova striscetta di legno esattamente al centro dell’anello precedente e che anche in questo caso non avvengano sbordature di colla. Infine, si ripete ancora l’operazione di incollaggio di una nuova strisciolina (uguale alla prima, di spessore pari ad A come indicato in figura 2) che deve essere incollata sopra quella centrale, cercando di mantenere anche questa esattamente al centro della strisciolina precedente. (vedi figura 5) Una volta asciugata la colla, se tutto è stato fatto 6 Figura 6 Si effettua la medesima operazione con un’altro anello di ottone trattato e lucidato, e si incolla quest’ultimo sulla faccia opposta del timone, come per il primo. La ruota esterna è così terminata ed un esempio è dato nella figura 7 che rappresenta la ruota del timone della corvetta francese Le Sphinx realizzata con la tecnica descritta. In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 Tecniche di Costruzione A questo punto non rimane che realizzare l’asse della ruota del timone ed i “raggi” con le impugnature. Ci sono molti modi per realizzarli... torniti; separando impugnatura e raggi interni; dritti, etc... Voglio spiegarvi come li Figura 7 ho realizzati io... dritti e molto semplici, in questo caso. Beh...la realizzazione dell’asse della ruota non è stato un compito difficile...si trattava solo di avere le esatte dimensioni di diametro e di lunghezza del mozzo. Una volta tagliato a misura, ho riportato, sulla circonferenza esterna, i riferimenti di dove avrei effettuato i fori per inserire le estremità dei “raggi” che toccano sul mozzo (vedi figura 8) ed ho forato il mozzo, con una punta da 1 mm, per Figura 8 dei raggi che li congiungono. Dopodiché ho posizionato, sul foglio di carta, sia il mozzo del timone che la ruota esterna, fissandoli al foglio con dei piccoli pezzi di nastro adesivo trasparente, avendo cura di allineare i fori lungo le linee dei raggi. (vedi Figura 9) Figura 9 A questo punto, ho inserito dei piccoli pezzi di tondino da 1 mm nei fori della ruota esterna, fino a farli entrare nel foro del mozzo. I pezzi di tondino sono leggermente più lunghi della lunghezza massima del raggio. L’incollaggio è stato fatto con alcune gocce di colla cianoacrilica, inserita nei fori, prima di infilarci i tondini. Quando i tondini sono incollati, li ho tagliati a misura, secondo la lunghezza massima e ne ho arrotondato la punta con carta vetrata sottile (vedi Figura 10) Figura 10 una profondità di circa. 2 mm per ogni foro. Anche sul diametro della ruota esterna, ho tracciato lo stesso numero di riferimenti esterni (per il medesimo numero di raggi) di quelli del mozzo, ed ho fatto dei fori, sempre da 1 mm di diametro, e sempre “radiali”, ma questa volta passanti attraverso il diametro completo della ruota esterna. Ora si trattava di effettuare l’incollaggio dei raggi tra il mozzo e la ruota esterna. Prima di tutto ho disegnato con riga e compasso, su un foglio di carta, la silouette esterna della ruota del timone e del suo mozzo, indicando gli assi Staccati i pezzi di nastro adesivo, la ruota del timone è pronta per essere montata sui suoi supporti. Ciao a tutti gli amici modellisti ed a riscriverci presto. Jp In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 7 Cultura Navale Filologia Navale Giovanni Santi Mazzini FILOLOGIA NAVALE Sopra: modello di Botter, caratteristica imbarcazione olandese, costruito dall’Autore con piani di progetto propri. In basso: polena di modello realizzata in creta. In un precedente articolo, ho elencato alcuni termini nautici in parte desueti, ma sempre ricorrenti nei testi originali. Non ritenendo però che la semplice conoscenza erudita della terminologia sia tutto sommato molto utile alla ricerca, ma costituisca piuttosto un mezzo immediato di comprensione, non posso non proseguire sulla strada a ritroso che è oltre la porta «parola», e che conduce all’origine molto spesso lontana e insospettata del termine stesso. L’utilità di questa operazione si trova a volte maggiormente nei tratti più oscuri del sentiero quasi mai diritto e agevole che porta al mattino del tempo, quando la parola e la lingua erano appena nate e già erano di una precisione e complessità tali da farci ritenere, noi, uomini del 20° secolo, dei parvenus o dei bambini ritardati. Non diversamente da altre ricerche, quella filologica ci porta per il mondo, dimostrandoci che, saldamente adesso ad 8 ogni parola, sta un concetto astratto ad un oggetto peculiare di un popolo, e che ad ogni variazione morfologica o concettuale della stessa parola corrisponde un evento storico. La filologia perciò è per la storia quello che la genetica è per la vita: la parola sta all’Uomo come il nucleo sta alla vita. Se gli scambi fra culture terrestri furono necessariamente lenti, quelli fra popolazioni marine risentirono positivamente della possibilità di conoscere più gente nuova e più spesso: questa è la ragione per cui la terminologia navale è così inquinata, ma è anche il motivo per cui è tanto fruttifera per lo Storico. Infatti, ogni parola straniera acquisita costituisce l’orma di un evento, piccolo o grande: un buon esempio è dato dal dialetto, e vorrei dire lingua, ligure, dove si trovano termini adattati dall’arabo, dallo spagnolo, dal francese e dal tedesco, a riprova dell’antico viaggiare di questo popolo che, insieme ai Baschi, è il più antico d’Europa. Quanto ai nostri termini, vedremo come quelli romanzi non siano la maggioranza, e come il significato apparente non sia affatto quello reale. Un primo gruppo di parole che dimostrano quanto appena detto, è quello costituito da termini pseudozoologici: gatta, gatto, porca, cacciacavallo, cicala, cappone, barbagianni, coniglia, falca, torello; e veramente zoologici: cammello, capra, biscia, cani di serpa, vacchetta, boccadilupo, delfini. La gatta, o pila delle cubie, è quella cassa di legno, provvista di ombrinali (tramogge) posta dietro agli occhi di cubia per raccogliere l’acqua di scolo delle gomene. L’etimo più probabile è il latino gabata (scodella), in quanto nei secoli 14°-15° si intendeva per «gatte» la coffa, tonda e cava, e quindi «recipiente». L’equivalente inglese «manger» (mangiatoia) ha dunque lo stesso significato di «cosa atta a raccogliere». Il gatto invece indica: a) un tipo di nave, b) uno strumento. Nel primo caso si tratta di una semplice omofonia del termine inglese «cat», nave dalle estremità fini, a sua volta derivato dal latino «catus», sottile, nel secondo di uno strumento a più artigli usato dai fonditori per saggiare l’interno In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 Cultura Navale Filologia Navale che lo dimostri, si potrebbe però far riferimento al latino «porca» (cresta che divide i solchi). Non sussistono invece dubbi sull’origine non zoologica del termine cacciacavallo: come dice argutamente Jal «Nous ne comprenons pas l’analogie qu’ont pu trouver les marins italiens entre un cheval chassé et la clef d’un mat..», il cavallo non è mai salito su una coffa; si tratta invece della corruzione di cassa con caviglia, cioè di quel perno che si infila nella rabazza per impedire la caduta dell’albero dopo il ghindamento. L’ancora viene bozzata facendo passare la piccaresModello della galera «La Reale» di Francia (piano costruttivo dell’A.A.M.M. di sa nella cicala; ecco del buon arabo Parigi). Lo scafo delle galere discende direttamente dalle antiche liburne romane. per un terragnolo. Sozzare significa fermare con una bozza, cioè con un delle canne, e perciò chiamato come il felino docavo facendo un nodo o una volta; sull’origine di mestico (lat. «cattus»). La porca, contromadiere di bozza i pareri discordano, andando dal latino «borrinforzo al fasciame interno, non ha niente di evisa» all’incerto antico tedesco «bottia», e ancora al dente da spartire con i suini, mentre è da notare latino «pulsum». Il primo etimo dovrebbe essere che l’equivalente anglosassone è spoor; l’origine il più aderente alla realtà del nodo e del ricurvo, non è però chiara, ed è complicata dal fatto che a atto a fermare, come dimostrerebbe il calco adotCartagena «puercas» erano pezzi di legno dell’artato nelle lingue anglogermaniche (stopper). Non caccia. Pur non disponendo di uno scritto originale è da escludere che la stessa origine possa essere applicata al bozzello, in quanto di forma tondeggiate (= rigonfia). La piccaressa, nome specifico della bozza di capone, risulta dall’aferesi di «appiccare», la cui radice si suppone essere l’anglosassone «peack» e il cui significato passerebbe da «punta» ad «appendere a una punta («impiccare», genovese «picaggia») e quindi «sospendere». E veniamo alla cicala, che insetto non è, con buona pace del Guglielmotti (« ..nell’ondeggiamento del mare sempre stride »). Anche Jal, che fornisce una spiegazione piuttosto macchinosa arenandosi al provenzale «cigar, cigada» = testa, non mi sembra aderire alla Modello di imbarcazione caratteristica del Nord-Europa. forma dell’anello (anchorring in inglese). Piano costruttivo dell’Autore che - molto spesso - disegna Mi sembra invece più accettabile il significato lapersonalmente il modello da costruire documentandosi pri- tino di «cicada», fermaglio rotondo per i capelli, ma accuratamente su ogni particolare. usato dai Greci prima dei Romani sotto il nome di In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 9 Cultura Navale Filologia Navale oggi nella dizione «capone» come una robusta trave sporgente dal castello di prua e dotato di un paranco e di una piccaressa, ma, stando a diversi antichi dizionari (Guillet, Desroches, Guglielmotti) il significato corretto è quello di «paranco», derivato dal latino «capere» = prendere. Perciò occorre parlare di «gru di capone» (il cui antenato greco è l’epotide) per non generare confusioni. L’inglese Modello in scala 1:75 del vascello francese «Le Protecteur» (disegno «cat-head» deve invece essere tradotto alla lettera, perché la testa della dell’A.A.M.M. - Associazione Amici dei Musei della Marina - di Parigi). gru pare fosse scolpita con fattezze téttix. Anche il termine corrispettivo francese «organeau» proviene dal greco «organon» (stru- feline. Sempre a proposito di gatti, è nota a tutti mento) passando per l’italiano «argano», sottin- l’apertura al centro della coffa, occupata in parte tendendo il fatto che l’anello veniva alzato, appun- dall’albero, dalle barre e dalle sartie, che va sotto il nome di buco del gatto (o dei lupo: boca de lobo; to, con l’argano. L’antico francese, però, abbandonò il termine gre- o del marinaio inesperto: lubbershole; o del soldaco «argano» per quello latino «cabestan» (come to: Soldatengat). Per i marinai esperti e coraggiosi, del resto l’inglese «capstan» e il russo «kepsto- che raggiungevano la coffa per la via più difficile, ne»). In origine infatti, e tuttora in Provenza, suo- cioè per le riggie, il passare per questa via, più sicunava «capestran» dal latino «cavestrum» (=cavez- ra, era da furbi (gatti), da inesperti, da vili, o da solza, corda), quindi «ciò su cui si avvolge la corda». dati imbarcati, con i quali non correva buon sanIl termine tedesco «gangspiel» dimostra lo stesso gue. Il barbagianni (barbe-jean, oggi sous-barbe de movimento, di un «perno che va (gira)», compo- beauprés) è la briglia di bompresso, ed il suo uso è nendo l’anglosassone «gan» = andare con «spin- limitato, come termine, all’area corso-provenzale. Jal ne ha tentato una spiegazione proponendolo del» = perno. Neppure il «cappone» è mangereccio: si accetta come una corruzione di barba-giù; «barba» è un termine accettato per «corda che sta sotto», per cui l’aggiunta di giù appare pleonastica, ma il significato indubbio di corda per barba esclude comunque il rapace, in questione per una semplice omofonia. Così pure la falca è corruzione di falce, cioè «tavoletta fatta a falce (ricurva) posta sul capodibanda per rialzare il bordo». La falca è mantenuta in situ da uno o due maccheroni, montanti derivati dal provenzale «macarons», a sua volta mutuato dal greco «manganon» (=perno). Vascello inglese di I° rango (H. M. S.Victory) in cantiere. 10 In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 Cultura Navale Filologia Navale Coffa di nave inglese del XIV Secolo (da Nance). (qui sotto): Modello di catapulta e di caravella portoghese. In alto: Tritone poppiero di galera veneziana (da Hansen). in alto a destra: Figura (polena) del Warrior (1860), da Carr Laughton, e «Leone» sui sabordi del Wasa (da Franzer). La marina remica mediterranea presenta oggi una terminologia del tutto particolare e in parte spiegabile: conosciamo la funzione di un termine ma non l’origine lessicale, o viceversa. Tale per esempio il caso della «coniglia», ultimo banco prodiero della galera, dove, secondo numerosi Autori del ‘600, venivano posti i galeotti più deboli e vili. Questa spiegazione, troppo trasparente, è stata respinta da Jal, il quale peraltro non ne propone di migliori. Effettivamente il concetto di debole e vile urta contro dati di fatto pratici e linguistici: 1) i «coniglieri» erano addetti anche al salpare i ferri, e qui sfido chiunque a dimostrarmi che sette persone poco forzute riescano a sollevare dal fondo un ferro di alcuni quintali; 2) il termine per ritirare i remi entro bordo è «acconigliare»: dunque è un’operazione non limitata alla sola coniglia; 3) l’equivalente spagnolo è «coneja» o «corredor», mentre la stia dei conigli è «conejera», e lo spagnolo più antico diceva «curulla»; 4) il termine genovese è «còniggia» mentre la conigliera è «còniggéa», e «còniggiu» vale anche per «cunicolo». Tutto ciò mi sembra indicare un «passaggio», appunto lo spazio al di sotto delle rembate che inizia subito dopo l’ultimo banco. Infine il torello, prima tavola del fasciame, incastrata nella battura della chiglia: l’origine è latina, «torus», cioè sostegno o protuberanza, come si intende in architettura, ad es., alla In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 11 Cultura Navale Filologia Navale a tre piedi, dovette il suo nome all’ovino dall’unghia forcuta. Bisce erano canaletti tortuosi (ombrinali di stiva), praticati sulle facce dei madieri e del paramezzale, per condurre le acque di scolo al pozzo della tromba. Sempre in virtù delle possibilità contorsioniste della biscia (dal latino bestia), si parlava di bisce per corde avvolte in duglia, oppure, meno frequentemente, Cocca di Elbing In alto: (da Làndstròm) sotto vascello «Le Protecteur». Tutti i disegni ed i per indicare il viradore. modelli che illustrano questo articolo sono dell’AUTORE. Biscione era ancora per i veneziani un palischermo lungo e sottile. Le serpe, pezzi di legno ricurvi e scolpiti delimitanti i lati della polena, sono sostenuti da bracciuoli detti «cani di serpa», i quali le agguantano come il morso del cane. Per prevenire danni da sfregamento, si usava dove più necessario una pelle di vacca, la vacchetta. Lo stesso termine veniva impiegato per indicare un quaderno per matricola o base della colonna.Veniamo ora agli animali «veri»: l’antenato del moderno bacino di carenaggio fu il altre annotazioni giornaliere. I delfini, al tempo della marina greco-romana, eracammello, costituito da due enormi cassoni di legno che venivano affiancati alla nave per sollevarla; no masse di ferro di forma oblunga che venivano il passo successivo fu quello di costruire una «cor- fatti cadere da una nave sull’altra per sfondarla, nice» di cassoni con un fondo, in modo da pote- mentre in tempi più recenti indicavano i manigliore essere svuotata ed avere lo scafo a secco. Per ni dei cannoni, scolpiti appunto in forma di delfino. Anche l’anatomia è ben rappresentata nella norassomiglianza alle due gobbe del cammello, i due menclatura navale, e non ha bisogno di spiegazioni: cassoni originari ne portarono il nome. Un’altra macchina da porto, la capra o cavria, cioè una gru anticuore (controruota di poppa), poppa, calcagnolo, bracciolo, gambe (rigge), anca (terzo poste12 In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 Cultura Navale Filologia Navale II timone si presenta molto interessante per la linguistica comparata: bisogna infatti pensare alla forma e alla funzione del timone antico, che era quella di dirigere tramite un remo poppiero e laterale con una pala più grande degli altri. Il timone latino si chiamava gubernun (gubernaculum), da cui l’espressione governo, governare, governatore, mentre la stanga di legno a cui venivano aggiogati i buoi era detta «temo, -onis». Questo rende ragione del fatto che in epoca medievale il timone era detto «governaglio», mentre dopo l’acquisizione del timone alla navarresca (centrale e incardinato sulla ruota di poppa), provvisto di una manovella, questa venisse definita «timone». In seguito a sineddoche, si intese timone per Fanali di poppa inglese e francese (di vascelli) e spagnolo e francese (di galera) dei secoli XVII e XVIII. Macchina per alberare (da Lescallier). riore della nave), occhi (di cubia), costa, batticulo, culatta, coglionotti. Quest’ultimo termine si riferisce a due pezzi di legno inchiodati al calcese e provvisti di fori per il passaggio dell’amante. Grazie alla pruderie dimostrata da tutti i dizionari, è difficile dire se si tratta dell’ipocoristico della voce popolare per testicolo; ritengo però che la voce sia stata mutuata dall’architettura militare, dove «coglione» sta per «difesa». (Tommaseo). Macchina per alberare francese del secolo XVIII. Il «diorama» è stato realizzato dal Dr. Giovanni Santi - Mazzini su disegni e documenti d’epoca. In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 13 Cultura Navale Filologia Navale Macchina francese per alberare del secolo XVII, dell’epoca cioè di Luigi XIV e del suo ricco e glorioso vascello «Le SoleiI Royal». Anche questo modello è stato ricostruito dall’autore basandosi su illustrazioni e documenti dell’epoca. dall’anglosassone raca = catena. Un bell’esempio di., scambi culturali! La bitta è un pezzo di legno verticale, singolo o in coppia, atto ad avvolgervi una manovra o una gomena: infatti, l’originale anglosassone «bitan» = mordere-fermare dava bene l’idea della funzione. La traversa che unisce le due colonne ( = stanti) era detta stramazzo perché fungeva da cuscino (strame-stramazzo). Una bitta speciale e molto robusta, dotata di pulegge, era il maimone, bittone per la drizza dei pennoni maggiori, ma anche bitta poppiera e prodiera sulle galere. Il fatto d’essere originariamente scolpita con una testa di scimmia giustifica il termine, che proviene direttamente dal greco maimon = scimmia (Jal). L’origine di chiglia è nordica, derivando dall’anglosassone kiol (ingl. keel; ted. Kiel), ma in latino era carina, forse derivato dal greco kàrenon = testa, nel senso di «pezzo più importante ». Dopo l’introduzione di «chiglia», la carena è passata a significare l’opera viva. La chiglia continua, rialzandosi, con le ruote, Si dovrebbe dire ruota di poppa, anche se ormai da sei secoli questo pezzo non è più curvo («dritto di poppa»): effettivamente, gli antichi costruttori consideravano la nave un guscio («cocca») arrotondato anche agli estremi. Quando la poppa divenne quadrata e la sovrastruttura più la pala, e la manovella chiamata anche agghiaccio, dal greco oiax. Nelle lingue nordiche si esprime lo stesso concetto di «remo» con «rudder», dall’anglosassone rother = remo. La manovella ha avuto altri nomi dialettali, quali il veneziano arigola (da arguola-agolum = bastone, sec. Jal; da adrigo = reggo, secondo me) e ribolla che dovrebbe esserne una corruzione igola-ribola). La corda di ritegno (o di manovra) dell’agghiaccio è detta frenello (o fornello) da frenum ed ha come corrispettivo il calco anglosassone truss (drosse in francese), da thrussen = fermare. Da notare che la radice è pervenuta all’italiano per indicare quel cordaggio più o meno complesso atto ad unire pennone e albero: la trozza. Questa, in francese, si chiama racage, Interessante dettaglio di modello di nave del XVII secolo con polena, serpi e bompresso. Molto spesso l’Autore costruisce i suoi modelli su piani costruttivi propri, alcuni dei quali saranno presto disponibili per tutti i modellisti. 14 In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 Cultura Navale Filologia Navale imponente («castello), si dovette necessariamente irrobustirne la struttura portante con la verticalizzazione della ruota, l’apposizione di una robusta trave alla sommità di questa, e con una struttura al di sotto della trave («dragante») che sarebbe lentamente sfociata nell’arcaccia. Il nome della trave è in italiano dragante, derivato da «tricanto», cioè a tre angoli, mentre il corrispettivo francese lisse di hourdi si traduce come «pezzo di riparo». Se il francese descrive la funzione, l’inglese «wing transom» ha, come l’italiano un significato icastico: significa infatti «trave ad ala». Sulla chiglia riposano le coste, la cui frazione centrale è detta madiere (dal latino materia, legname). Il francese varanque è più specifico se si accetta l’origine bretone gwarek = curvatura (= centina), mentre l’inglese floor ha significato di «base». Madiere non è poi da confondere con la voce veneziana «majeró» che significa «tavola di fasciame», di etimo ignoto. L’ossatura del ponte è formata dai bagli, la cui origine germanica Balken - trave, anglosassone beam = trave, e latina baiulus = trave di sostegno, costituisce un calco comune con una evidente uguale radice indoeuropea. Infine coste e bagli sono legati dal trincarino, la cui origine latina stringere ha dato luogo anche a trinca e trinchetto. A proposito di alberi, l’attrezzatura rappresenta un pantano filologico ricchissimo e per gli scambi linguistici spesso errati e per la fantasia di cui hanno dato prova i nostri antenati. Cominciando da prua si trova il b(u)ompresso, corruzione dell’inglese bowspriet. Il termine italiano dà la falsa idea del buono e quello francese (beaupré) del bello, mentre derivano tutti da boh (curva = prua) e spreot - bastone (sporgente). Oggi il solo tedesco resta il più aderente con Buaspriet. Al bompresso fa seguito il trinchetto (perché stringe il vento), termine in comune con la sola marina iberica (trinquete): per gli inglesi esso è soltanto «l’albero avanti» (fore-mast), altrettanto per i tedeschi (Fockmast), mentre per i francesi è «l’albero di Figura di prua - Sec. XIX (da Hansen) mezzo» (misaine). In verità, nel medioevo, l’albero di mezzo era chiamato mezzana, e quello successivo artimone (greco artémon), ma, con l’evolversi dell’alberatura e con l’aumentare del numero degli alberi la confusione andò aumentando e i soli ad aver conservato le vestigia del passato sono stati i francesi, con l’eccezione della maestra. La marina francese, però, si trova nella condizione, divisa con In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 15 Cultura Navale Filologia Navale la Spagna, di essere tanto mediterranea quanto oceanica, e per mediterranea intendo sopratutto «galera». Su queste navi, infatti, il primo albero era detto «trinquet» ed il secondo «maistre», laddove su navi a vele quadre era giustificato parlare di «misaine» e «artimon».. al ‘400 la sommità dell’albero recava una «cesta» per l’osservazione e per il combattimento. Questo secondo segmento fu aggiunto per aumentare la forza velica della maestra, ed è evidente che sul trinchetto fu aggiunto in un secondo tempo, visto che prese il nome di parrocchetto (perroquet). Jal lo fa derivare dal greco paraochetos (risorsa) o da paràuxein (aumentare). Molto più controvertibile l’origine del pappafico, vela e albero oggi meglio chiamati velacci. In diversi documenti dal 14° secolo in poi, lo si ritrova come «papafigo», per vela alta o, più raramente, bassa. Il fatto che venga nominata come «vela di bisogno» ha fatto ritenere a Jal che l’origine sia greca: parapheugo = sono pronto alla fuga. Gli alberi sono trattenuti da sartie, cordami d’attrezzatura come l’originale greco exartion, Qui sopra. Caracca (Kraeck) ricostruita sulla traccia del celebre dipinto del mae- e da stragli, corde fra le più rostro fiammingo. W.A. del 1470 circa. Notare il grappino sul bompresso. Anche in buste, il cui etimo più probabile è «stare» nel senso della maquesto caso i piani costruttivi sono dell’Autore. novra dormiente. Le lingue euQuando apparve la nave a tre alberi verticali (ol- ropee concordano abbastanza sullo straglio (étai, tre al bompresso, dunque) quello centrale divenne stay, Stag, estay), mentre le sartie si dimostrano il più importante: maestro per noi, grand màt per veramente nazionaliste: haubans (fr), obenque (sp), i francesi, Grossmast per i tedeschi, mainmast per ovem (port), hoofdband (ol) derivano tutti da un gli inglesi. Da notare come tutti concordino, ma unico ceppo kopband = incappellaggio, ma l’inglese anche come i francesi non abbiano voluto mesco- shroud, da scrud = fascia, e il tedesco Want (con lare termini di galera. significato anche di guanto, quindi di fasciare) da Il terzo albero, di mezzana, non ha lo stesso si- wendan. Il latino rudens, perciò, è completamente gnificato storico di misaine, dovendosi intendere scomparso. come « dietro l’albero di mezzo (maestra)» o «di Le galere, per reggere le vele, erano fornite di anmezzo alla poppa»; si ritrova identico in inglese tenne, costituite da due segmenti principali: carro (mizzenmast). Nel 16° secolo invalse l’uso, presto e penna. Quest’ultimo termine fu adottato, come dimenticato, di aggiungere un quarto albero, la bo- accrescitivo, per indicare l’antenna orizzontale naventura (fortune, in francese), di significato tra- delle vele quadre, e non va perciò confuso con il sparente. Al di sopra degli alberi bassi si trovano pennone (pannone) nel senso di bandiera, stengli alberi di gabbia (gabata), così detti perché fino dardo. 16 In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 Cultura Navale Filologia Navale La vela trova due aree linguistiche: a sud deriva da velum (e secondo qualcuno anche dalla contrazione di vexillum), a nord dal germanico Segei (sail, zeil). Anche la nomenclatura velica risente molto delle differenze geografiche, mancando infatti nelle lingue nordiche gli equivalenti dei termini di galera: come per esempio bastarda, borda, marabutto, le tre vele latine in ordine di grandezza delle galere italiane issabili sulla maestra. Per bastardo (batard) si intendeva nel 15-17° secolo Yach olandese del XVII secolo. A prua, subito dietro il bompresso, si nota il mulinello. qualcosa dì grande anche se non se ne conosce la ragione, la borda (bourde) di irrobustirla: gratile viene infatti dal tardo latino deriva forse da bordare = stendere la vela, il mara- gratula, a sua volta derivato dal grego kratéuo = irbutto, è forse una corruzione di mattabuffo (= che robustisco. In italiano è anche ammesso il francesismo ralinga{ = ralinque), il quale poi francese non resiste al vento), in francese boufette. Le sartie sono arridate per mezzo di due bigotte è, derivando dal tedesco Raa Leichen, cioè corda e un colatoio. La bigotta non è una donna ecces- per il pennone, al quale (Raa) infatti si inferisce la sivamente pia, ma l’ipocoristico di biga (gru = pa- vela tramite il gratile (corda = Leechen). La vela ranco), in spagnolo vigota. Le altre lingue europee è legata al pennone, o terzaruolata, grazie a brevanno dall’inglese «occhiomorto» (deadeye), al vi corde dette matafioni sulle galere e gaschette tedesco «vergine» (Jungfer), al francese «testa di sulle navi a vela quadra. Matafione, scritto in anmontone» (cap de mouton). Questi termini così tico anche mattatone, viene da matta fune, cioè variopinti sono probabilmente dovuti all’aspetto fune pendente e di libero movimento; gaschetta è antropomorfo della bigotta: due occhi e una bocca. corruzione del francese garcette (tuttora usato) Anche il colatoio ha un significato differente per l’inglese gasket, il quale ha dietro a sé un’andal colare, in quanto erronea scrittura di «colla- tica storia di ... acconciature spagnole. La garceta, tore», da collare = tesare. Ciò è ben dimostrato anzi le garcetas, erano trecce di capelli, o ciuffi, che dall’altro termine (corrotto) italiano «corridore» gli spagnoli portavano sulla fronte nel 14° secolo. e dallo spagnolo acollador. Analogo significato ha Questa moda fu anzi proibita agli arabi (moriscos) il francese ride, provenendo dal latino rigidare = perché non potessero essere confusi con i cristiani. Per impedire alla vela di poter sbattere, dalle rairrigidire, tenendo però presente che sulle galere il termine era couladoux. Per tedeschi e inglesi l’e- linghe di caduta, tramite b se, partono le botine, quivalente è descrittivo e non funzionale: Taljeree- corde amarrate a prua: bow lines, appunto, in inglese. La superficie velica non è ovviamente contipen e laniard (cordicella). Al bordo della vela è cucita una corda allo scopo nua, ma formata da più lembi verticali di tela, detti In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 17 Cultura Navale Filologia Navale Qui sopra: Scheletro della poppa della H. M. S. Victory. Qui accanto lo stesso modello visto dall’alto. ferzi, pura eredità dal greco fàrsos = parte. I ferzi sono cuciti l’uno all’altro con particolari cuciture: il bordo del ferzo è ribattuto e sovrapposto a quello del vicino lasciando uno spazio, il bigorello, per la midolla, corda di rinforzo. Bìcaro era detto in italiano antico un nastro di rinforzo, da cui bigherello e bigarello: i dizionari danno un etimo incerto, tuttavia mi sembra proponibile un’origine grec a (bikàre = due orli). Altre manovre per fissare la vela impedendole di sbattere sono la scotta e la mura; la scotta tira la vela a poppa, ed è questo significato di sceotan, anglosassone, da cui escota, écoute, sheet, Schot, schoot). La mura, partendo dalla stessa bugna del trevo, controbilancia la scotta; l’origine della parola è spagnola, amura, probabilmente da murata, fianco della nave. Di origine anglosassone è invece trevo, o vela bassa; traeftenda, e non, come vorrebbe Guglielmotti, da tre, quante sarebbero le vele basse (che sono invece due). La vela viene ammainata grazie agli imbrogli, che «caricano» le ralinghe di fondo e di caduta (caricamezzi, caricafondi, caricaboline) delle vele quadre. La vela viene orientata grazie ai bracci, stroppati alla varea. Il braccio non ha bisogno di spiegazione, mentre lo stroppo, che è un nodo «aggirato» intorno a qualcosa, viene direttamente dal 18 greco stròfos (da cui éstrope, strop). Dallo slavo verh, importato da genovesi e veneziani, proviene varea - punta. Con lo stesso significato si usava varea per bittalò. Se il pennone da bracciare è di grandi dimensioni, il braccio è composto da un paranco il cui bozzello prossimale alla varea le è stroppato per mezzo di un penzolo (pendet, perdeur). Dal francese pendeur deriva appunto il termine di galera «panduro». Il pennone può avere dei movimenti verticali alle varee grazie agli amantigli (o mantiglie). Di questo termine sono stati proposti vari ètimi: del tutto assurda la somiglianza col mantello proposta da Guglielmotti; improbabile quella di Jal (che però la riconosce tale) costruita sull’espressione «a mano»; molto verosimile quella di Bockh che ritrovò in manoscritti greci del 11° secolo la voce imàs -àntos, cioè «striscia, tirante». Sono dunque «tiranti» gli amantigli, diminutivo di amante, termine spesso ricorrente sulla nave. Il francese balancine esprime meglio la funzione di bilancia, e meglio, di gru, della manovra, mentre l’inglese lift dimostra piuttosto una funzione di sollevamento. La terminologia francese non ha accolto la parola greca per «amante», ed ha corrotto in «itague» l’anglosassone «teogan», da cui l’inglese «tackle»; il significato di teogan è però sempre «tirare», come pure in «tack» = mura. L’antenna di mezzana, tro- In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 Cultura Navale Filologia Navale In alto a sinistra: caravella portoghese ricostruita dall’A. dopo molte ricerche sull’architettura navale dell’epoca. Il risultato è sorprendente. vandosi in un piano longitudinale, a differenza degli altri pennoni, è passibile di movimento grazie alle orze e agli osti(ni), termini prettamente di galera. Le orze tirano il carro verso prua o verso poppa, e questo movimento mi sembra possa giustificare l’origine greca òrnumi (imperativo: órso) =far muovere, contro l’etimo proposto da Guglielmotti (aferesi iniziale di forza). Più semplice invece spiegare oste con obstare = star contro, tenere: oste infatti è il paranco (bilaterale) di ritenuta della penna, e del mozzicone d’antenna detto picco. Per bilanciare l’azione degli osti e dell’orza avanti, alla penna è applicato un paranco semplice o complesso detto martinetto, Se Jal faceva riferimento al martelletto (martinello) per caricare la balestra, i dizionari moderni, più giustamente, lo danno derivato da martin (pescatore), perché il martinello poteva trovarvi qualche somiglianza. Vediamo per ultimi i termini generici che disigna- no l’oggetto del nostro studio: nave, scafo, vascello, barca. Mentre vascello è facilmente riferibile al latino vas (recipiente, vuoto) e barca, antica parola mediterranea, rende il negativo di «cumulo», nave e scafo ci obbligano a tornare indietro nel tempo all’origine dell’andare per acqua. Nel nostro particolare caso di occidentali, poi, il problema linguistico è importante perché la comune origine di una radice che può aver generato due termini appena somiglianti fra loro dimostra che nel primitivo gruppo indoeuropeo occidentale (greco, italico, celtico e germanico: area «kentum») la manifattura del «galleggiante» era unica. Il problema verte non tanto su «nave», che, pur derivando dall’indoeuropeo «naus», si presenta abbastanza generico, essendo imparentato col verbo «nào = scorro», quanto su «scafo». Il greco «skàptein» = scavare ed il germanico «Skiff» hanno apparentemente la stessa radice: ciò può indurre a credere che l’indoeuropeo primitivo scavasse un tronco per farne In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 19 Cultura Navale Filologia Navale Due ponti olandese del XVII secolo. Il modello è aperto da una parte per rendere visibile la complessa attrezzatura interna. una piroga manoxila. Se anche questo fosse vero, dato che non è possibile provare scambi di idee e di esperienze fra le culture mesopotamica, nilotica ed indica al loro inizio, si potrebbe dedurre che l’Uomo protostorico ha ragionato nello stesso modo dinanzi allo stesso problema. 20 Un altro problema per ora insoluto, ma la cui spiegazione ci illuminerebbe non poco sull’alberatura, è quello connesso alle due aree «albero» e «mast». Si tratta di due parole di pura origine latina, arbor e malus; la prima significava albero in senso botanico, la seconda indicava l’albero della nave. Se non abbiamo il minimo elemento per sospettare la ragione di questo dualismo, è altrettanto senza spiegazione il motivo per cui soltanto noi italiani chiamiamo albero indifferentemente i vegetali e i sostegni delle vele, mentre nell’area ibero-celto-germanica si fa differenza (corretta) fra àrbol,( arbre, tree, e màstil, màt e mast. Credo che questi due ultimi esempi dimostrino quanto grande sia l’importanza dello strumento filologico per la comprensione dell’entità Nave, e come metà dell’Istituzione Uomo si fondi su quella terra mobile e galleggiante che è, ancora, la Nave. Se queste note hanno suscitato, come spero, interesse nei Lettori di NMM, e se, come certamente avverrà, verranno riscontrati errori ed imprecisioni, sarò molto grato a quegli Amici che me li indicheranno, e che saranno tanto gentili da segnalare, a me o alla Rivista, qui termini dialettali dell’arte navale, prima della loro non lontana e definitiva scomparsa. BIBLIOGRAFIA Devoto G.: Avviamento alla etimologia italiana. Firenze 1976. Dizionario enciclopedico italiano Treccani. Falconer W.: New universal dictionary of the marine. London, 1815. Guglielmotti A.: Dizionario marino e militare. Roma, 1889. Guillet de Saint George G.: Les arts de l’homme d’épée. La Ho-que, 1686. Jal A.: Archeologie navale. Pa-ris, 1840. Jal.: Glossaire nautique. Paris, 1848. Malkiel Y.: Linguistica generale, filologia romanza, etimologia. Firenze, 1976. Stratico S.: Vocabolario di marina in tre lingue. Milano, 1813. Ròding H: Allgemeines Wòrterbuch der Marines. Hamburg, 1793. In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 Museo della Barca Lariana a Pianello del Lario Museo della Barca Lariana Nel 1978 un gruppo di amici del lago di Como fondarono un’associazione: “La raccolta della Barca Lariana” con lo scopo di salvare le antiche e nobili tradizioni nautiche del loro lago. Il successo della ricerca si è rilevato superiore alle aspettative, soprattutto per il merito della partecipazione entusiastica della popolazione del lago che ha risposto a quest’iniziativa con ardore, donando con molta generosità barche ed oggetti attinenti, ma soprattutto tramandando notizie e tradizioni che raggruppate formano una delle più importanti pagine della cultura del lago di Como. La realizzazione di questo museo lariano ha visto una larghissima partecipazione di barcaioli e pescatori e fondamentale è risultato l’apporto dei diversi cantieri; anche se il loro mondo è tramontato, queste persone si sono così rese conto di aver fatto qualche cosa d’importante, meritorio della conservazione nel museo. Museo della Barca Lariana a Pianello del Lario Via Statale, 139, 22010 Pianello del Lario CO Ulteriori notizie alla pagina della Provincia di Como http://cultura.provincia.como.it/cultura/sistemamuseale/nScheda.asp?CODICE=MC040 In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 21 Attrezzature Modellistiche Andrea Vassallo (Vass) Macchina Fascia cavi che da utilizzare alla quale ho apportato però qualche personale modifica. Dal baule degli oggetti recuperati e messi da parte nell’arco di parecchi anni, solitamente oggetti e ammennicoli destinati alla discarica, ho tirato fuori un motorino 12V con riduzione incorporata, 5 ingranaggi e vari cuscinetti. A questo ho aggiunto una barretta di ottone di diametro uguale al foro centrale degli ingranaggi, da lavorare a tornio e fresa per poterlo adattare a questi ultimi, un tubicino di alluminio e due pinze per trapanini manuali che avevo comprato qualche anno fa alla fiera di Novegro e che sapevo che avrei utilizzato, prima o poi. Navigando per siti e forum navi-modellistici, sempre più numerosi ormai nella rete , ho notato che sempre più modellisti si auto-costruiscono delle vere e proprie macchine per agevolare la costruzione dei propri manufatti, di questo o quel particolare, non accontentandosi più di quello che offre il mercato del “pronto”. Chi costruisce torni con un trapano, chi carteggiatrici con motori di recupero, chi circolari per tagliarsi i listelli, altri ancora degli ingegnosi curva listelli, pialletti, divisori, macchine per farsi i cavi e per fasciarli… Insomma davvero un po’ di tutto. Sono personalmente convinto che questo completi il modellista, facendogli anche assumere una certa autonomia da certe macchine specifiche ormai sempre più rintracciabili ma anche sempre più care, se non limitate nelle funzioni, e che per tutti gli appassionati di questo meraviglioso hobby debba, alla fine, diventare un passaggio quasi obbligato al quale, anch’io ormai, non posso fare a meno di esimermi. Essendo in una fase di costruzione del mio modello di A.Vespucci in cui ho bisogno di mettere in opera alcune maFoto 1: Materiali utilizzati per la “fascia-cavi” novre, mi balenava sempre più spesso Questo il materiale di partenza. Naturalmente l’idea di non adoperare il solito cordame che si trova in commercio, che tra l’altro ha perso sem- durante la costruzione, in base alle esigenze che pre più in qualità, ma di fare da me i cavi occor- sopraggiungevano, qualche altra cosa è stata agrenti. Si è accesa così la lampadina ed ho iniziato a giunta ma si vedrà in dettaglio durante la costrumettermi alla ricerca di tutto il materiale occor- zione. Cominciamo con il tagliare i vari pezzi di barra rente. L’idea è stata subito quella di potermi costruire non solo una macchina commettitrice per di ottone a misura adeguata, come potete notare, fare i cavi, ma anche di una per poterli poi fasciare. il foro centrale degli ingranaggi, è mancante di una Voglio qui cominciare a descrivere la macchina parte di cerchio, quindi per poter adattare la barfascia cavi che è la prima che ho deciso di costru- retta di ottone ai vari ingranaggi ed al supporto irmi. Tra tutte quelle che ho visto in internet ne ho ho dovuto lavorali sia al tornio che alla fresa per scelto una molto diffusa e semplice sia da costruire ottenere i pezzi finiti in foto. 22 In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 Attrezzatura Modellistiche Macchina Fascia cavi Foto 2: Lavorazione della barretta Foto 3: Adattamento dei vari pezzi in ottone agli ingranaggi ed al motorino. Non sto a descrivere la lavorazione di questi pezzi per il solo fatto che coloro che vorranno costruirsi la stessa macchina adatteranno i vari pezzi in base alle loro esigenze ed alle loro attrezzature e, inoltre, che abbiano già una certa pratica di lavorazioni al tornio e alla fresa e che, quindi, seguiranno i loro personali sistemi di lavorazione. Inoltre, sicuramente, dovranno usare materiale diverso e quindi le lavorazioni saranno del tutto personali. Il risultato dei pezzi lavorati ed inseriti nelle loro sedi lo potete vedere nella foto successiva dove gli assi fissati sulle pinze sono anche forati centralmente per far poi passare il cavo da fasciare e per poterlo avvolgere su una apposita bobina che descriverò in seguito, mentre l’asse dell’ingranaggio fissato all’asse del motore è forato e anche filettato da un lato per poterlo fissare appunto sull’asse motore. Man mano che la costruzione procede e, inseriti i vari componenti nelle loro sedi e controllato che non ci siano altri aggiustamenti da fare, ho dovuto rifare alcuni pezzi perché, come sempre, tutte le cose non riescono bene al primo tentativo, e, inoltre e soprattutto, perché che non ho nessuna nozione di meccanica e quindi il mio procedere è sempre per “istinto”. Nelle foto successive (4-5-6) vediamo comunque il risultato di queste prime lavorazioni. Una volta terminata questa fase si passa alla costruzione del basamento che dovrà accogliere tutto il meccanismo. Per questa mi servirà una base e due spalle Foto 4-5 Ancora preparazione dei vari ingranaggi. In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 23 Attrezzatura Modellistiche Macchina Fascia cavi Foto 9: Il disegno riepilogativo dei componenti la macchina fascia cavi. Foto 10: il basamento in multistrato marino Foto 6-7-8: Componenti lignei della struttura della macchina fascia-cavi Per la base ho adoperato del compensato multistrato mentre per le spalle due pezzi in legno massiccio ricavati da una lista di parquet di teak. Questo perché il teak è un legno molto compatto e stagionato però facilmente lavorabile per poter praticare fori netti e puliti nei quali inserirò i vari cuscinetti per gli assi degli ingranaggi. 24 Foto 11: le spalle in teak In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 Attrezzatura Modellistiche Macchina Fascia cavi Ho unito le due spalle, facendo attenzione che fossero ben allineate, con delle viti ai 4 angoli: così facendo, una volta effettuati i fori, era sicura la loro corrispondenza. Da un angolare di alluminio ho ricavato 4 staffe che forate adopererò per fissare le spalle alla base. Provando le varie parti per il montaggio succes- Foto 12-13-14: Preparazione delle spalle con le squadrette di fissaggio Foto 15-16-17-18: Lavorazione sull’asse di trasmissione della rotazione. In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 25 Attrezzatura Modellistiche Macchina Fascia cavi sivo mi accorgo che si rende necessaria la filettatura della parte esterna dei due perni che entrano nell’asse principale fra le due spalle e che unisce e trasmette la rotazione alla parte opposta onde evitare che il cuscinetto con le vibrazioni della macchina possa fuoriuscire dalla sua sede. Fatto questo inserisco i perni nel tubicino di alluminio forandoli ed inserendo una coppiglia assicuro la rotazione dell’asse da entrambe le parti. Nel mio progetto ho pensato di inserire delle staffe sugli assi delle pinze. Gli scopi sono due: il primo per poter utilizzare due bobine atte una a svolgere il filo e l’altra per recuperare il filo fasciato. Il secondo per fissare l’asse delle pinze alla spalla; questo mi evita di filettarli. Per far tutto ciò ho preso una piattina di ottone di misura adeguata per le staffe, l’ ho forata e piegata per poter ricevere le bobine e da un tondino di ottone ho ricavato due boccole, le ho forate al centro e le ho inserite sull’asse delle pinze bloccandole con un foro laterale filettato in cui ho inserito una vite. Le boccole così preparate le ho saldate alle staffe precedentemente preparate. È ora di assemblare il tutto. Provo manualmente e sembra tutto andare bene. Mi accingo ora a cominciare la realizzazione dell’impianto elettrico. Sempre dal solito baule dei recuperi, estraggo un interruttore ed un doppio deviatore che trasformo in un invertitore di fase Foto 19-20-21-22: preparazione delle staffe porta spolette. 26 In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 Attrezzatura Modellistiche Macchina Fascia cavi Foto 27: elementi necessari per la costruzione della base Foto 23-24-25: componenti del circuito elettrico Foto 28: La base è completata Foto 26: schema del semplice impianto elettrico Con 3 pezzi di compensato realizzo la base dove inserire gli interruttori e do corrente per vedere come si comporta il tutto. Costruisco anche un piccolo cassettino dove inserire le bobine di filo, giusto per non farmi mancare nulla. Tutto sembra funzionare alla perfezione e, a questo punto, mancano solo la bobina ed il filo per fasciare. Foto 29: Particolare del cassettino per i materiali ci consumo. In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 27 Attrezzatura Modellistiche Macchina Fascia cavi buisce il filo per fasciare il cavo tramite passaggi vari: ho copiato anch’io il sistema, ma provando e riprovando, il risultato non mi soddisfaceva: la fasciatura non era omogenea e non arrivava fino in fondo fermandosi ad un terzo e ritornava indietro. Il sistema non mi convince e lo metto da parte. In un’altra realizzazione avevo visto una spoletta che seguiva il cavo mentre lo fasciava. Provo questa soluzione e costruisco la spoletta con tanto di frizione per poter regolare lo srotolamento del filo fasciatore, fino a metà del cavo da Foto 30: tentativo, poi lasciato cadere dell’automatismo per la fasciatura. fasciare tutto bene. Nei vari progetti trovati in rete ho visto che quasi Siccome col peso della spoletta il cavo da fasciatutte queste macchine hanno un braccio, al centro re formava una pancia al centro, la spoletta stessa della base, dove viene inserita la bobina che distri- non riusciva a risalire l’altra metà e quindi creava Foto 31-32-33-34: Componenti ed assemblaggio della spoletta. 28 In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 Attrezzatura Modellistiche Macchina Fascia cavi poter regolare i bracci in modo che il filo fasciatore sia sempre in discesa. Un risultato magnifico e pienamente soddisfacente: il cavo fasciato, fino in fondo, era omogeneo e davvero ben eseguito. Per completare l’opera ho recuperato un’altra bobina che servirà da ricambio: tramite una vite è possibile avvitarla sull’asse del motore in modo da poter avvolgere il filo avvolgitore agevolmente. Foto 35: i pochi componenti dei bracci Foto 36-37: particolare dei bracci ti tensionamento del filo ed insieme della macchina. un avvolgimento solo al centro. Anche questa prova era andata male. Pensa e ripensa mi viene in mente di lasciare penzolare la spoletta e di aggiungere due braccetti con una barra dove far scivolare liberamente il filo fasciatore. Questo sistema ha anche il vantaggio di Foto 38-39-40: Particolari della bobina aggiuntiva In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 29 Attrezzatura Modellistiche Macchina Fascia cavi Qui di seguito inserisco alcune foto di particolari, sempre utili, immagino, a chi voglia cimentarsi in questa semplice ma utilissima realizzazione. Per gli interessati è possibile vedere un breve filmato con la macchina in funzione sul portale di Magellano. Forse qualcuno si costruirà l’attrezzo e riuscirà a migliorarlo. In questo caso gli sarei davvero grato se tali miglioramenti li portasse a conoscenza di tutti i modellisti che ci seguono con affetto e che ci leggono sul forum di Magellano. 30 In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 Attrezzatura Modellistiche Macchina Fascia cavi In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 31 Le Pagine Disegnate Frullino per Bozzelli Luciano Bragonzi (Lubra) Frullino per Bozzelli Oggi vediamo come poterci costruire molto semplicemente un attrezzo per arrotondare i nostri bozzelli autocostruiti. Per prima cosa ci procuriamo un barattolo di plastica che abbia un coperchio con una buona tenuta. Foriamo rigorosamente al centro della base e al centro del coperchio, in modo da avere i due fori sullo stesso asse Disegno 1. Il diametro del foro dovrà essere uguale a quello di un tondino di legno (o ferro, a seconda della disponibilità) da poter inserire in un secondo tempo. Rivestiamo in seguito la parte interna del barattolo con della tela smeriglio, non necessariamente di grana grossa. Non dovrà essere nemmeno troppo fine altrimenti la levigatura potrebbe impiegare più tempo, dando poi lo stesso risultato o poco più Disegno 2. La tela, se la tagliamo in misura della circonferenza interna del barattolo, non avrà necessità di essere fissata con la colla. Disegno 1 32 Disegno 2 In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 Le Pagine Disegnate Frullino per Bozzelli Infiliamo ora, attraverso il barattolo, un tondino di legno del diametro preciso o appena superiore, rispetto al foro fatto in precedenza. Se il tondino è di diametro inferiore si rischia che giri su se stesso e non faccia girare con se il barattolo stesso. Altrimenti troviamo il modo di fissarlo alla base del barattolo con un pochino di colla, in modo che alla fine sia tutt’uno con il barattolo stesso. Fissato il perno , possiamo riempire il barattolo con i nostri piccoli bozzelli, che saranno semplicemente squadrati Disegno 3. Chiudiamo il coperchio (se necessario, lo fissiamo con un po di nastro di carta adesivo), collochiamo l’asta che fuori esce dalla base del coperchio in un trapano e l’accendiamo, tenendo il tutto in posizione orizzontale ad una velocità non eccessiva. In questo modo i bozzelli al suo interno (per forze di gravità) non si attaccheranno solo alle pareti, ma saranno rimbalzati ovunque all’interno del barattolo Disegno 4. Disegno 3 Disegno 4 Poco dopo spegniamo e controlliamo il grado di levigatura; Continuiamo la rotazione del nostro frullino e continuiamo anche il controllo dei pezzi fino a quando non si è ottenuta l’ovalizzazione necessaria dei nostri bozzelli. Dobbiamo considerare che non tutti i bozzelli inseriti saranno perfetti per il nostro modello. Quindi inserirne sicuramente un numero maggiore di quelli che necessitano. Dobbiamo quindi considerare anche una modesta perdita di bozzelli irregolari, ma tale perdita è sicuramente ricompensata dalla rapidità dell’esecuzione del nostro lavoro. In viaggio con Magellano n. XXVII - Luglio 2014 33
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