La casa Romana Ercolano e Aree limitrofe

VD Liceo Classico Cavour
Anno Scolastico 2013-2014
LA CASA ROMANA: ERCOLANO
Introduzione
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La casa Romana -parte primaLa casa Romana -parte seconda-
Ercolano
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Casa dell’Albergo
Casa dell’Atrio Corinzio
Casa del Colonnato Tuscanico
Casa con Giardino
Casa del Gran Portale
Casa a Graticcio
Casa di Nettuno e Anfitrite
Casa del Salone Nero
Casa Sannitica
Casa dello Scheletro
Casa del Tramezzo di legno
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La casa Romana -parte primaNel mondo romano esistono due differenti tipologie di case: la DOMUS è la struttura
abitativa più comune, destinata ai ceti abbienti, e l’INSULA è un palazzo a più piani dove
vive la grande massa della popolazione. A queste si aggiunge la VILLA, costruita in
campagna nell’immediata periferia della città.
DOMUS
La domus è un edificio di pianta rettangolare, strutturato generalmente su un unico piano,
che si sviluppa in orizzontale e può occupare un intero quartiere. I materiali di costruzione
sono stati per molti anni argilla, paglia e pietra per le fondamenta, ma in seguito sono stati
sostituiti da mattoni, o calcestruzzo. Esternamente la domus ha un aspetto lineare e vi
sono talora poche e strette aperture verso l’esterno: infatti un alto e compatto muro
perimetrale la isola dalla confusione della città.
L’ingresso è costituito da un alto portone
in legno a due battenti al centro dei quali
si può trovare raffigurata la testa di un
lupo che stringe in bocca un grande
anello da utilizzare come batacchio. La
soglia
d’ingresso
(ostium)
immette
direttamente nel vestibolo (vestibulum)
e poi nella vera e propria entrata
(fauces) che conduce all’ atrio centrale
(atrium). Quest’ultimo è uno spazio di
forma quadrata composto da un tetto con
falde sporgenti inclinate verso l’interno,
il
compluvio
(compluvium):
esso
permette di raccogliere l’acqua piovana
in una vasca sottostante detta impluvio
(impluvium), collegata con una cisterna
di raccolta e solitamente dotata di una
canalizzazione che emette l'acqua in strada qualora la vasca sia troppo piena.
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Esso rappresenta inoltre la principale fonte di illuminazione della casa che, sprovvista di
finestre, sarebbe buia. Le pareti sono colorate, ornate con riquadri di figure mitologiche,
piccoli paesaggi, o decorazioni geometriche. Nelle aree circostanti si trova il lararium
con le statue dei Lari e dei Penati, protettori della casa e della famiglia, e dei Mani, per la
venerazione delle anime dei trapassati.
Agli albori della società accanto ad essi veniva alimentato un fuoco sacro che non doveva
mai spegnersi, pena l'ira degli dei. Ai lati sinistro e destro dell'atrium si aprono i cubicula,
le piccole e buie camere da letto simili a celle senza finestre. Di fronte alle fauces è situato
l’ambiente di rappresentanza per eccellenza, il tablino (tablinum), la stanza-studio del
padrone di casa, dove sono conservati gli archivi di famiglia e vengono ricevuti gli ospiti: è
affiancato da due locali di servizio, le alae.
Procedendo si trova un grande ambiente aperto, il peristilio (perystilium) che consiste in
un giardino (hortus) in cui crescono erbe e fiori con sentieri e aiuole; è circondato su ogni
lato da un portico (porticus) generalmente a due piani sostenuto da colonne e arricchito
da numerose opere d'arte e ornamenti marmorei.
Attorno a questo si aprono due grandi stanze:
• Il triclinio (triclinium): è la grande e sontuosa sala da pranzo dove si tengono i
banchetti con gli ospiti di riguardo. La stanza è fornita di tre letti detti triclinari su
ognuno dei quali trovano posto tre persone, che si sdraiano sul lato sinistro del
corpo col gomito appoggiato ad un cuscino. Il letto centrale, il medius lectus, è
destinato agli ospiti più importanti, quelli laterali sono chiamati rispettivamente
imus lectus, destinato alle persone meno importanti, e summus lectus, su cui
siedono gli ospiti di media popolarità. Tra i triclinari vi è un tavolo che, a seconda
della sua forma, assume differenti appellativi: quello quadrato è chiamato cilliba e
poggia su tre piedi, quello circolare mensa e quello utilizzato per le bevande
urnarium. Alla fine di ogni banchetto la servitù si occupa di riordinare i letti
triclinari, ne sostituisce le lenzuola macchiate e raccoglie dal pavimento i resti del
cibo gettato in terra durante il pasto, secondo l’usanza.
• L'esedra (exedra): è un grande ambiente di ricevimento, utilizzato anche per
banchetti e cene, ornato da pavimenti in mosaico e pareti ricoperte di affreschi.
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Sulle due ali del peristylium vi sono le camere da letto padronali (cubicula) più ampie e
luminose di quelle nelle ali dell'atrio e decorate secondo una precisa tecnica: il mosaico
sul pavimento è bianco con semplici ornamenti, le pitture alle pareti sono diverse per stile
e colore da quelle del resto della casa e il soffitto sopra il letto è sempre a volta. Affacciati
sul peristilio troviamo anche la cucina (culina), il locale più piccolo e tetro della casa: è
uno sgabuzzino occupato solitamente da un focolare in muratura, un camino, un piccolo
forno per il pane e l'acquaio. La cucina non deve avere un’ ubicazione fissa, ma è
caratteristica costante che si trovi in un ambiente ristretto e buio. Annesso ad essa si trova
il bagno (balneus), riservato alla famiglia padronale e le stanze della servitù (cellae
servorum) che non hanno una locazione definita.
INSULA
L’insula è una costruzione a più piani in muratura con piccoli
cortili interni di uso comune e con magazzini e botteghe al piano
terreno.
Gli isolati (insulae) vengono abitualmente costruiti addossati
l’uno all’altro, in modo da avere un muro in comune e l’ingresso
indipendente agli estremi opposti, su due strade parallele.
Il corridoio d’ingresso ha a lato una scala che conduce ai piani
superiori ed è affiancato da un vano con la latrina destinata ad
un uso collettivo. Comune è la fontana situata nel cortile
centrale, circondato da un ambulacro, attorno al quale si aprono
numerosi ambienti.
A
cura di
Merciadri Silvia
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La casa Romana -parte seconda-
La casa lega il padre di famiglia che la abita alla terra e agli antenati tramite i culti
domestici celebrati nella casa. Sono venerati tre tipi di divinità: ai Lari si offre il fuoco, al
Genio il vino puro, ai Penati si brucia l’incenso. Queste divinità sono legate fra loro dal
fuoco domestico, in cui vengono presentate le offerte. Il fuoco non deve mai spegnersi, ogni
sera viene ricoperto e al mattino viene ravvivato. È soltanto quando il padrone lascia
definitivamente la casa che viene spento ritualmente con del vino.
Una casa romana è di forma quadrangolare, spesso rettangolare. Ha un piano e non
prevede la cantina. Il materiale è cambiato nel corso degli anni: per molto tempo è stata
costruita in argilla e paglia, con delle fondamenta di pietra, in seguito interamente in
mattoni. Ogni casa romana è composta da due parti la cui funzione è differente. Sul lato
posteriore c’è un insieme di stanze, senza finestre per evitare il minimo contatto con
l’esterno, che dà su un giardino interno. Tutta la luce proviene da questo, che nelle case più
belle è sistemato a peristilio, cioè un patio quadrato circondato da un portico frangivento
arricchito da colonne. Se il peristilio non c’è, il giardino è delimitato da un portico su uno o
due lati. Questa parte è riservata all’intimità e vi si trovano le camere da letto, le dispense,
la cucina e il bagno. Nella parte anteriore la casa si apre verso l’esterno: non ci sono
finestre, ma una grande sala con un’apertura sul tetto, l’atrio, e il portone d’ingresso. Tutte
le stanze della parte anteriore servono ad accogliere gli ospiti e mostrano chiaramente
l’immagine sociale del padrone di casa. Questi esibisce la sua ricchezza con il lusso delle
decorazioni e la sua nobiltà con gli armadi in cui sono chiuse le maschere in cera degli
antenati. L’importanza relativa delle due parti della casa varia da cittadino a cittadino, da
casa a casa. Chi vive in città e svolge un’intensa attività politica ha bisogno di sale di
ricevimento grandi e sontuose; il commerciante apre una bottega accanto all’atrio, mentre
il cliente povero che non ospita mai nessuno possiede un atrio molto piccolo. La terza
parte della casa, degli alloggi e delle botteghe, dà sulla strada ed è opposta al resto della
casa, con la quale non comunica e spesso viene affittata ad estranei.
Le stanze per i membri della famiglia, raggruppate attorno al giardino nella parte
posteriore della casa, sono piccole, scomode e poco decorate. Ci vivono le donne, i bambini,
gli schiavi, mentre gli uomini liberi le frequentano solo per dormire, lavarsi e mangiare
velocemente qualcosa di freddo la mattina. Se talvolta vi restano un po’ per chiacchierare
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con degli amici molto intimi, si mettono nel giardino o sotto il portico. Questo viene
costruito in modo tale che si possa rimanere all’ombra durante l’estate e al caldo durante
l’inverno. Alcune stanze sono dei laboratori per gli schiavi, altre fungono da dispense e da
ripostigli per metterci tutto: i Romani hanno raramente dei bauli e degli armadi. Come
mobilio usano i tavoli, i letti, le panche, le sedie e le poltrone. La cucina si trova in un
angolo, in fondo alla casa ed è anch’essa molto piccola, anche nelle grandi case che hanno
delle immense sale da pranzo, e contiene un focolare con un’apertura nel muro per far
fuoriuscire il fumo. Il focolare può consistere in un fornello in muratura e un canale di
scolo per far defluire l’acqua. Accanto alla cucina, il bagno lo utilizza per riscaldare l’acqua.
In questa parte della casa si mangia, si dorme e si ci lava.
In fondo all’atrio e di fronte all’entrata, rialzata dal suolo, si trova una stanza chiamata
tablinum, cioè tavolato, dal momento che si tratta di una specie di corridoio il più delle
volte in legno. Ai due lati ci sono le ali, due stanze di ricevimento in cui si trovano spesso i
Lari. Il tablinum è separato dall’atrio mediante una tenda o una porta aperta. È in questo
punto che si trovano il letto coniugale simbolico e le maschere degli antenati, chiuse nelle
scatole con le iscrizioni che riassumono la vita di ognuno. Nel tablinum e nelle ali il
padrone di casa riceve le persone e lavora.
La sala da pranzo può trovarsi nell’una o nell’altra parte della casa, visto che certe volte il
pasto viene consumato nell’intimità della famiglia, mentre altre volte diventa il contesto di
un grande ricevimento; per questo motivo si trovano due sale da pranzo, una più piccola
situata nella parte posteriore, l’altra più vasta e sontuosa situata nella parte anteriore.
I Romani hanno la passione per l’hortus; anche gli sfortunati e gli spiantati che vivono negli
appartamenti al centro della città mettono dei vasi sui balconi o sulle terrazze. Esso fa
parte giuridicamente, religiosamente, perciò anche culturalmente del territorio della casa.
Il giardino è sempre delimitato da un muro o da una fitta siepe di canne; al suo interno la
famiglia è al riparo dagli sguardi e le donne possono lavorarvi tranquillamente. Il Lare
veglia, confermando che si tratta di una terra coltivata; a differenza dei campi non viene
mai lasciato incolto, anche se non è arato. L’orto produce frutti tutto l’anno ed è zappato a
mano, concimato, nonché protetto da venti freddi o dal sole. Vi si coltivano verdure che
sono alla base del pasto romano, in un’altra parte le piante che danno sapore al cibo e c’è
spazio anche per le erbe medicinali. Il giardino delle case ricche, quando si trasforma in
peristilio, non è che un semplice giardino ornamentale, con fiori e soprattutto arbusti
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sempreverdi che permettono di creare un’architettura vegetale che prolunga la casa. Il
proprietario possiede un altro orto in periferia che produce le verdure necessarie. Infine la
parte interna delle case si apre su grandi giardini, anch’essi delimitati. Questi giardini sono
dei veri e propri parchi in cui s’intrecciano costruzioni in pietra ed alberi scolpiti.
A cura di
Ciambrone Viviana
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Casa dell’Albergo
La Casa dell’Albergo è l’edificio più grande di
Ercolano ( 2.150mq.) ed è l’unica a disporre di
un impianto termale privato; proprio per questi
motivi
in
un
primo
tempo
fu
ritenuta
erroneamente un albergo. La sua costruzione
risale al periodo augusteo, tra il 27 e il 14 a.C., e
pare che al momento dell’eruzione fosse in
rifacimento
probabilmente
a
causa
del
terremoto del 62 d.C. La Casa dell’Albergo è posta in posizione panoramica sul ciglio della
collina con veduta sul mare, proprio dove prima dell’eruzione c’era la spiaggia. L’ingresso
principale è posto sul cardo IV, da cui si accede all’atrio dove sono visibili i resti
dell’impluvium1 e sul lato destro si accede al quartiere
termale, la parte più antica della casa e l’unica zona
ora coperta. Esso presenta decorazioni in tardo
secondo stile ed è costituito da un apodyterium2,
decorato con pannelli rappresentanti figure volanti e
bardature in rosa pallido, da un tepidarium3, con
pannelli in rosso scuro separati tra di loro da fasce
verdi e blu con all’interno motivi floreali, e da un
caldarium4 di cui
sono rimaste poche pitture e un pavimento a mosaico
con tessere bianche e nere che in alcuni punti vanno a
creare dei delfini. Inoltre l’ambiente presenta una piscina
e nella parte absidata era posto un labrum5. Dall’atrio si
accede poi al peristilio, portico che racchiude il giardino,
che presenta colonne in opus vittatum6 realizzate con
1
Impluvium: vasca quadrangolare progettata per raccogliere l’acqua piovana
Apodyterium: spazio non riscaldato delle terme adibito a spogliatoio
3
Tepidarium: parte delle terme destinata ai bagni in acqua tiepida
4
Caldarium: parte delle terme destinata ai bagni in acqua tiepida e al vapore
5
Labrum: grande bacino di marmo, bronzo, o terracotta nel caldarium che conteneva acqua fredda
6
Opus vittatum: Tecnica muraria con nucleo cementizio e realizzata con paramento in tufelli rettangolari disposti
su filari orizzontali.
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mattoni e blocchi di tufo. Al centro del giardino fu trovato il tronco carbonizzato d un pero
ed è per questo motivo che sono stati ripiantati alberi della stessa famiglia. Intorno al
peristilio si aprono diversi ambienti con i pavimenti a mosaico; in particolare una soglia
contiene la raffigurazione di un gallo e una colomba, proprio queste sale, stanze da letto e
da ricevimento, separano il peristilio da un cortile porticato con i robusti pilastri quadrati
in opus listatum7 e sostenuto in parte da sostruzioni a volta, così da creare una terrazza
artificiale addossata al pendio della collina. Gli ambienti sottostanti, a cui si accede per
mezzo di un passaggio illuminato da piccole finestre rettangolari, hanno un pavimento in
coccio pesto e opus sectile8.
A cura di
Giacobbe Alessandra
7
Opus listatum: tipo di muratura in cui si alternano, spesso in filari doppi o tripli, mattoni e blocchetti di pietra.
Opus sectile: antica tecnica artistica che utilizza marmi tagliati per realizzare pavimentazioni e decorazioni
murarie a intarsio.
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Casa dell’ Atrio Corinzio
E’ una domus di epoca romana, denominata in tal modo poiché nell’atrio vi sono colonne di
ordine corinzio decorate con foglie d’acanto. Il suo ingresso principale è lungo il cardo IV,
la via che anticamente percorreva in senso nord-sud le città romane. Il portale è
caratterizzato dalla presenza di un protiro con colonne in laterizio. Superata l’entrata, si
accede all’atrio, che funge anche da peristilio, tipico nella casa greca e romana, al centro del
quale è situato un impluvium delimitato da un putealee circondato da sei colonne in tufo
aventi sempre capitelli in ordine corinzio. La pavimentazione è in cocciopesto e marmo
decorato, mentre le pareti sono affrescate con zoccolatura in nero e fregio bianco. Intorno
all’atrio, eccetto sul lato settentrionale, si aprono gli ambienti della casa caratterizzati da
decorazioni in quarto stilepompeiano ovvero uno degli stili della pittura romana detto
dell’illusionismoprospettico che si distingue dagli altri per la presenza di figure fantastiche
puramente decorative dal tratto fortemente calligrafico. La casa è caratterizzata dalla
presenza di due cubicoliovvero gli ambienti destinati alla camera da letto: il primo
presenta pannelli arancioni separati da colonne disegnate, il pavimento è a mosaico con
tessere bianche e nere disposte in modo tale da descrivere motivi geometrici e al centro vi
è una zona in opus sectile (antica tecnica artistica che utilizza marmi o paste vitree tagliati
per realizzare pavimentazioni e decorazioni murarie a intarsio); il secondo è anch’esso
caratterizzato da pannelli arancioni con al centro quadretti raffiguranti scene navali.
All’interno vi è anche:il tablino,cioè la sala da pranzo o quella destinata al ricevimento,
solitamente situata fra atrio e peristilio, che è decorato con disegni di elementi
architettonici su fondo nero; l’oecus tricliniare o triclinium,dove gli ospiti potevano
mangiare distesi sui letti tricliniari, adornato da pareti affrescate con pannelli arancioni e
neri separati da elementi di architettura fantasiosa e coperto da un soffitto con volta a
cassettoni; la cucinaall’interno della quale vi è una rampa di scale che conduce al piano
superiore, ideato successivamente rispetto alla costruzione dell’intera casa per ampliare
gli ambienti.
A cura di
Fiumanò Luisa
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Casa del Colonnato Tuscanico
La Casa del Colonnato Tuscanico deve il suo nome al colonnato di tipo tuscanico
presente nel peristilio.
Storia
La Casa del Colonnato Tuscanico venne costruita in piena età repubblicana, alla fine della
dominazione sannitica, nel II secolo a.C. In seguito, presumibilmente in età imperiale, subì
lavori di ampliamento: ad essa venne aggiunta un'ulteriore piccola abitazione, fu inoltre
costruito il piano superiore e rifatta sia la pavimentazione sia le pitture, in terzo stile. Subì
notevoli danni a seguito del terremoto del 62 d. C. e per tale motivo si resero necessari
lavori di ristrutturazione che portarono alla divisione del piano superiore in quattro
appartamenti ed al rifacimento di alcune pitture, in quarto stile. Originariamente la dimora
doveva essere di proprietà dei Marii Ercolanesi, mentre in seguito passò sotto il controllo
di Marcus Cornelius Fructus, un liberto, come testimoniato da un sigillo ritrovato in una
delle camere del piano superiore insieme con monete d'oro dal valore di millequattrocento
sesterzi.
Descrizione
La Casa del Colonnato Tuscanico è il frutto di continui ampliamenti nel corso degli anni,
come testimoniato soprattutto dalle varie tecniche di muratura. L’ingresso principale, dove
si notano ancora frammenti di legno carbonizzato dello stipite, è posto lungo il decumano
massimo, di fronte al foro e alla Basilica; si trova tra due botteghe che in origine non erano
altro che due cubicoli della casa, trasformati in seguito in tabernae indipendenti, murando
le porte di collegamento con l'atrio. Un ingresso secondario si trova lungo il cardo III,
accanto ad una scalinata che portava al piano superiore dell'abitazione, quasi interamente
crollato. La scalinata invece conserva ancora i gradini.
L’atrio è di tipo tuscanico ed è abbellito da una fontana alimentata da una fistula in
piombo. Presenta una doppia pavimentazione sovrapposta. La decorazione parietale, in
quarto stile, è alquanto rovinata, tuttavia una delle pareti dell'atrio risulta essere uno degli
esempi meglio conservati ad Ercolano di opus incertum. Sull’atrio si affaccia l’oecus che
conserva due quadri raffiguranti l’uno, sulla parete di sinistra, Menade seduta e Panisco,
l’altro, sulla parete di fondo, Conversazione di due donne.
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Lungo la parete meridionale, durante l'eruzione, si aprì una fessura orizzontale, che
provocò lo spostamento della muratura della parte superiore su quella inferiore, evitando
il crollo della stanza e degli ambienti del piano superiore.
In asse con l'atrio è il tablino: privo del muro, che doveva separarlo dall'atrio, presenta
una pavimentazione a mosaico con soglia decorata con svastiche, mentre gli affreschi alle
pareti raffigurano animali marini e maschere, tra cui si riconosce Oceano.
Il triclinio ha un pavimento a mosaico composto da una cornice; delle decorazioni delle
pareti si conserva solo quella orientale. Nei pressi del triclinio si apre il viridario ed un
corridoio soppalcato tramite travi in legno.
Il peristilio, con giardino centrale, presenta colonne in ordine tuscanico; pochi gli
affreschi rimasti, tutti in quarto stile. Al momento della costruzione, venne dotato anche di
un soppalco, poi eliminato. Nella cucina è stato scoperto un larario, decorato con teste di
serpenti.
Ai lati dell'ingresso principale si aprono due tabernae: quella di sinistra, affrescata in
rosso e azzurro, presenta un fregio con Eracle e il sacrificio di un toro e cariatidi nella zona
superiore, in essa sono state rinvenute diciassette monete in bronzo e argento, oltre a
vasetti in terracotta.
A cura di
Mascolo Jacopo
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Casa con Giardino
La Casa con Giardino è un’abitazione nel suo complesso piuttosto povera e disadorna,
costituita da piccoli ambienti, ma si distingue per il suo ampio giardino che, con ogni
probabilità, occupa una parte dell’originario hortusdella Casa Sannitica: infatti sembra che
quest’ultima si estendesse in origine fino al limite dell’ Insula V sul cardo V, ma che
successivamente, forse in età repubblicana o alla metà del I sec. d.C., avesse ceduto alle
attuali Casa del Gran Portale e Casa con Giardino il quartiere del peristilio che doveva
svilupparsi alle spalle del tablino. Il giardino probabilmente è stato annesso alla dimora in
una fase tarda di ristrutturazione che è da collocare dopo il terremoto del 62 d.C. Il lungo e
stretto ingresso di questa abitazione si apre al numero 33 sul cardo V e permette di
accedere a un vano di disimpegno da cui è possibile arrivare sia agli ambienti del
pianterreno, attraverso le fauces lunghe e strette, sia alla scala per il piano superiore. La
taberna, invece, è servita da un ingresso autonomo sulla strada al numero 32; ha sulla
parete di fondo una nicchia di larario, termine che si incontra per la prima volta negli
ScriptoresHistoriaeAugustae9 e con cui s’intende comunemente il luogo riservato nella
casa romana al culto domestico.
La parte più importante del larario è, senza dubbio, il dipinto sacro, al quale si limitava
talvolta l’espressione del culto; in queste pitture v’è uno schema ricorrente: infatti al
centro si trova il Genio familiare, ammantato e in atto di compiere un sacrificio, e accanto a
lui sono raffigurati talvolta i Penati, ma più spesso due Lari giovani, vestiti di una corta
tunica e di alti calzari, che si muovono a passo di danza, versando dal corno potorio, tenuto
da essi in alto, un rivolo di vino, che cade in un secchiello, retto dalla loro altra mano; nella
parte inferiore dei dipinti è presente l’ara domestica, alla quale si avvicinano dai lati uno o
due serpenti, per divorarne le offerte fra le quali spiccano la pigna e l’uovo. Talvolta il
sacrificio, compiuto dal Genio familiare, si amplia e si arricchisce di nuovi elementi: sono
così rappresentati anche un piccolo schiavo con le offerte, un suonatore di doppia tibia e il
victimarius. Oltre al dipinto, nel larario trova posto la suppellettile sacra, che consiste in
9
Gli ScriptoresHistoriaeAugustae sono AeliusSpartianus, IuliusCapitolinus,
VulcaciusGallicanus, AeliusLampridius, TrebelliusPollio, FlaviusVopiscusSyracusius e hanno
scritto le biografie dell’età imperiale: l’opera comprende le vite degli imperatori, dei pretendenti
e degli usurpatori da Adriano a Carino, ma presenta una lacuna dal 244 d.C. al 253 d.C.,
quindi da Filippo l’Arabo a Valeriano.
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statuette e offerte votive. Le prime possono rappresentare il Genio, i Lari, Vesta e le
divinità più diverse, talvolta anche estranee al pantheon romano.
Gli ambienti residenziali della dimora sono concentrati nel settore retrostante e fra essi si
distinguono in particolar modo i cubicoli, che erano stanze interne atte a ricevere amici o
ad appartarsi per stare soli con i proprî pensieri o adibite, talvolta, a camere da letto.
Importanti sono anche l’originario oecus, in seguito trasformato in un ambiente rustico, da
come si può evincere dallo zoccolo di signino delle pareti, e l’oecusdi secondo impianto, le
cui pareti, annerite probabilmente a causa dell’uso produttivo assunto dall’ambiente
nell’ultima fase di vita della casa, conservano resti di pitture a cavallo fra il II e il III Stile,
con paesaggi idillico-sacrali.
Casa del Gran Portale
La Casa del Gran Portale fu costruita all'inizio del I secolo, in uno spazio acquistato dalla
vicina Casa Sannitica, dove sorgeva il peristilio:restaurata a seguito del terremoto del 62,
quando venne aggiunto anche il portale, fu sepolta sotto una coltre di fango, poi
solidificatosi
e
diventato tufo,
a
causa
delle colate
piroclastiche dell'eruzione del
Vesuvio del 79; venne riportata alla luce nei primi decenni del XX secolo.
Il nome dell’abitazione deriva dal bel portale d’ingresso rivestito d’intonaco rosso e
inquadrato da semicolonne, piattabanda e cornicione a
mensole di laterizi in mattoni e con capitelli in tufo con
Vittorie alate, novità architettonica della seconda metà del
I sec. d.C.; i capitelli, invece,appartengono ad una
sistemazione
più
antica.
L’anomala
articolazione
planimetrica è dovuta al fatto che la casa viene ad inserirsi
nello spazio ceduto dalla Casa Sannitica: nelle pareti delle
fauces appaiono inglobati due fusti di colonne e due
pilastri con semicolonne di tufo dell’originario peristilio
della nobile dimora attigua. Superato un breve corridoio,
si accede al cuore della casa, che non risponde però al
classico impianto di abitazione romana, ma si adatta allo
spazio disponibile: in luogo del tradizionale atrio troviamo qui un vestibolo allungato che
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presenta pochissime decorazioni parietali, andate quasi tutte distrutte, e tra queste si
possono osservare nella parte superiore disegni di motivi geometrici. A sinistra
dell’ingresso c’è un cortiletto sopraelevato che serviva da pozzo della luce e di raccolta
dell’acqua piovana e che grazie alle pitture di giardino estese su due pareti creava
l’illusione di uno spazio verde. A sinistra del cortiletto si apre la dieta, con pareti decorate
in IV Stile a fondo monocromo azzurro con esili architetture, ravvivate e addobbate da
tritoni, centauri e grifi acroteriali, tripodi delfici e drappi cadenti e sollevati ed interrotti da
un fregio con trofeo al centro, armi appese ai soffitti, maschere grottesche sostenute da
steli floreali sul fondo di un’altra serie di tende: tutto ciò riassume un po’ le amenità
dell’ultimo gusto decorativo ercolanese, spigliato e miniaturistico. In asse con l’ingresso è il
triclinio, sulle cui pareti, decorate in uno stile di transizione fra il III e il IV, si conserva un
quadro con il vecchio Sileno seduto tra due satiri, che osserva la coppia di Arianna e
Dioniso, giovane nudo imberbe, ai piedi di una colonna con divinità. Il triclinio è affiancato
a est dai cubicoli e a ovest dall’esedra, che ha un bel fregio con tende sollevate o
cadentisopra vedute di giardino con uccelli e Amorini nell’atto di raccogliere fiori; nell’ala
c’è un quadro in basso con delle farfalle e due uccelli che beccano delle ciliegie, tutto su
uno sfondo nero. Il lungo e stretto corridoio adiacente conduce agli ambienti di servizio
con la latrina, la cucina dove sono state trovate tre anfore prive di collo, le quali
contenevano, come testimoniato dalle indicazioni dipinte, CicerColumbinum (ceci bianchi),
Halica Apula (farina di spelta di Puglia) e Orissa(riso): con molta probabilità la casa
possedeva anche una bottega che si apriva direttamente sulla strada; attraverso al
corridoio si giunge anche alla scala per il piano superiore, che però non si è conservato.
Bibliografia
-
F. PESANDO, M. P. GUIDOBALDI, Pompei, Oplontis, Ercolano, Stabiae, Editori Laterza,
Roma-Bari 2006.
-
A. e M. DEVOS, Pompei, Ercolano, Stabia, Guide archeologiche Laterza, Roma-Bari
1982.
A cura di
Borsano Enrichetta Maria
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Casa a Graticcio
Questa è una casa d'affitto solitamente con un piano superiore,costruita in opus sectile, cioè
una tecnica edilizia che consiste nell'impiego di un'intelaiatura lignea. La costruzione è
frequente ad Ercolano ,ma stranamente poco a Pompei. inoltre entrambi i piani sono
costruiti in laterizio: un materiale ceramico con intelaiature lignee,facile da costruire e
molto economico. Questa casa poteva essere facilmente preda delle fiamme siccome ha
delle parti in legno: questa teoria è confermata da
Marco Vitruvio Pollione (80a.c.-
15a.c.)ed era molto frequentemente dimora dei plebei e non di patrizi. Per quel che
riguarda la costruzione all'interno è importante notare come l' ingresso conduca nell' atrio
in un cortiletto scoperto da cui prendono luce gli ambienti dei due piani. al secondo piano
si possono vedere le statuette dei Lari spiriti protettori degli antenati,che secondo la
tradizione romana, vegliavano selle attività in genere. L' antenato veniva raffigurato con
una statuetta di terracotta di legno o di ceramica chiamata siglium e veniva collocata nel
Larario una nicchia apposita. Inoltre i parenti per onorarle accendevano delle fiammelle e
durante la festa del sole se li scambiavano a vicenda come dono. C'è da dire che queste
statuette fossero molto diffuse nell' antica Roma : infatti esistevano i Lari compilates che
si trovavano
agli incroci stradali , permarini protettori della navigazione prestite
protettori dei confini della città.
A cura di
Mariut Paul
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Casa di Nettuno e Anfitrite
Il nome della casa di Nettuno e Anfitrite deriva dal mosaico realizzato su una delle pareti
del triclinio estivo, la sala dove il
proprietario della casa si riposava e si
riuniva
con
i
suoi
famigliari.
Appartenuta a un ricco commerciante
amante dell’arte, questa casa si trovava
sul
cardo
IV,
che
scendeva
perpendicolarmente verso il mare e
dove passavano le merci e sostavano i
bagnanti
delle
terme
centrali.
L’abitazione si può dividere nell’atrio,
nella sezione tricliniare al piano terra,
nella bottega sulla strada, per il commercio, che permetteva ai passanti di gustare cibi e nel
piano superiore. Il pavimento è in cemento e in alcuni punti è così rovinato da mostrare le
sottostanti
tubature
in
piombo; appena entrati si
può
scorgere
la
piccola
cucina, dove troviamo un
focolare e due finestre per
aerare la stanza. In seguito
c’è l’ampio atrio le cui pareti
presentano raffigurazioni di
un
mondo
sereno
e
tranquillo e al centro due
vasche di marmo per l’acqua piovana e un pozzetto. Inoltre si può percorrere un altro
ambiente molto luminoso con il pavimento in tassellato bianco con cornice nera e con, alle
pareti, rappresentazioni di animali e figure femminili; successivamente il tablino ( tra
l’atrio e il peristilio) dipinto con colori vivaci: sulla sinistra figure mitologiche e sulla
destra particolari geometrici. Le pareti presentano dei grossi riquadri neri con, al centro,
raffigurazioni di animali come l’aquila, il cavallo e la capra. L’ambiente a sud del triclinio è
decorato con stucchi floreali e sulla parete di destra ci sono i resti di una scena mitologica;
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il pavimento in tassellato bianco con cornice nera mostra un dissesto strutturale causato
dal flusso fangoso che è il segno di una precedente vita nella città. Da qui si passa poi al
triclinio all'aperto. Dal lato sud dell'abitazione si aprono poi altri due ambienti; il primo in
pianta quasi quadrata ha il pavimento in opera cementizia e il soffitto è ora del tutto
inesistente, seppur siano rimaste delle tracce delle travi che lo sostenevano. Le
decorazione sulle pareti, nonostante siano scarse e labili, si possono ancora notare. Questa
stanza, con quella vicina, rappresentano l’aspetto rustico della casa, forse quello dedicato
al deposito dell’attività commerciale. L'ultimo ambiente è il probabile retrobottega; infisse
nel terreno ci sono due anfore. Qui non vi sono decorazioni o pitture, perché questo era un
luogo di transito e quindi non erano necessarie. Vedendo i resti di una scala in muratura si
può dedurre che di lì si accedesse al piano superiore. Per quanto riguarda la sala più
celebre di tutta l’abitazione, il triclinio, fu costruito all’aperto perché l’edificio non aveva
sbocchi sul mare e nemmeno sul giardino; sulle sue pareti troviamo dipinte scene agresti e
di caccia e per la pittura parietale e le decorazioni interne può ricordare il gusto
rinascimentale. Sul fondo si erge il ninfeo con tre nicchie, la centrale a base semisferica e le
altre due nicchie a base triangolare, che erano in origine abbellite con colonnine di marmo.
Tutta la facciata del ninfeo è decorata con pasta vitrea e presenta una decorazione con
scene di caccia e motivi floreali e di animali; questo rispecchia lo schema architettonico dei
grandi ninfei delle ville marittime imperiali e private; sopra la zona delle nicchie è
sistemato il serbatoio, che alimentava la fontana posta in mezzo ai banconi del triclinio.
Alla base dell’opera, che è datata intorno al 70 d.C., si possono ancora vedere i resti di una
raffigurazione precedente; inoltre si può notare la cornice più esterna fatta da conchiglie e
due interne, una verde e una blu; in una posa quasi fotografica troviamo al centro i due
importanti personaggi della mitologia racchiusi in una sorta di nicchia a pentagono. Nella
parte superiore vi è una conchiglia stilizzata sostenuta da elementi decorativi tipici
dell’arte egizia, all’esterno due colonne che sorreggono un architrave molto ricco
artisticamente: le tessere in pasta vitrea colorata formano questo mosaico, il cui colore
predominante è il blu e le sue tonalità. I due protagonisti erano marito e moglie: Nettuno
infatti s'invaghì di Anfitrite vedendola danzare elegantemente sulla spiaggia dell'isola di
Nasso. Questo mosaico, che era stato creato per il pavimento, alla fine riesce a conquistare
anche le pareti, diventando importante poi nella successiva arte paleocristiana. È
interessante ricordare che nel larario dell’atrio sono state scoperte due lastre
frammentarie in marmo dipinte a tratto rosso, che permettono di avere informazioni
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sull’artista grazie appunto alla sua firma in greco. Pur essendo nata solo come dimora, la
casa fu poi modificata inglobando in essa l’esercizio commerciale. Per quanto riguarda la
storia di questo edificio sono molto importanti due date: il 62 d.C., quando viene rovinata a
causa di un terremoto, e il 79, quando venne sepolta per un’eruzione del Vesuvio. In
seguito venne esplorata nel XVIII secolo dagli archeologi borbonici e poi venne riportata
alla luce grazie a Amedeo Maiuri tra il 1932 e il 1934.
A cura di
Ricci Elena e Rinaldi Michela
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Casa del Salone nero
La casa del salone nero è un’abitazione
signorile che occupa l’intero quadrante
nord-orientale dell’insula VI tra il
decumano massimo, dove si trova
l’entrata principale, e il cardo IV. Al
momento
dell’eruzione
la
dimora
apparteneva al liberto e augustale L.
Venidius Ennychus, nome riportato in
venti tavolette cerate, dove si può
leggere anche che aveva una faglia e
aveva comprato una schiava. Entrando
si attraversa un vestibolo d’ingresso,
affrescato nel II stile, caratterizzato da cornici, tralci vegetali, paesaggi e trompe l’oeil, che
porta ad un ampio atrio con al centro un impluvium ( vasca quadrangolare che raccoglie
l’acqua piovana) di marmo e un puteale di calcare, pavimentato con il coccio pesto e alcune
file di tessere di mosaico e frammenti di marmi pregiati. Sul lato dell’ingresso si possono
notare delle porte murate che in origine collegavano l’ambiente con la bottega di un
bronzista, mentre ai lati sono presenti tre cubicoli, usati come camere da letto, e la cucina
dove si può ancora vedere un banco in muratura. Al fondo c’è un grande tablino (stanza di
ricevimento) con un pavimento in coccio pesto e pezzi di marmi pregiati e le pareti
decorate a fondo bianco con fasce rosse ed edicole architettoniche nel IV stile o stile
fantastico, caratterizzato da architetture fantastiche, riprende il II stile. Questo spazio
collega l’atrio con il peristilio (portico che cinge un cortile) con un pavimento in mosaico a
tessere nere bordato da una doppia fascia bianca; è circondato da colonne di mattoni
rivestite con dello stucco scanalato e sormontate da capitelli dorici che si interrompono
davanti al tablino per rendere visibile il giardino centrale, dove c’è l’apertura di un pozzo e
una colonna alta sessantadue centimetri di marmo cipollino con un capitello tuscanico. Sul
peristilio si affacciano gli ambienti più prestigiosi. A destra c’è un piccolo cubicolo,
pavimentato con un mosaico di tessere bianche con una doppia fascia nera e alle pareti
decorato secondo il IV stile con uno zoccolo nero e uno sfondo rosso con riquadri bordati
da rami vegetali e candelabri su cui ci sono delle sirene alate; in uno dei riquadri si può
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osservare una pantera che si allontana da un tripode (recipiente a tre piedi di origine greca
usato per scaldare l’acqua); un grifone alato che balza sopra un’idra di bronzo, su cui è
poggiato un ramo d’olivo; un grifone che aggredisce un cerbiatto e, a lato dell’ingresso, una
pantera che sta in agguato; c’è anche un fregio con due pavoni e un cesto, mentre il soffitto
è bianco con un motivo angolare a piume di pavone. Di fianco al cubicolo c’è un enorme
oecus ( sala usata per i banchetti) che dà il nome alla casa per via delle sue decorazioni
parietali. Ha un pavimento con un mosaico a tessere bianche con una doppia fascia nera e
un soffitto testudinato molto alto. La decorazione parietale è a sfondo nero con eleganti
motivi architettonici fantastici. In questo ambiente sono stati ritrovati un larario ( luogo
dove si celebrava il culto domestico) di legno con colonnine e capitelli e un tavolino di
marmo con la testa di un satiro sul piede. Sul lato meridionale del peristilio ci sono due
cubicoli con una finestra rettangolare che dà sul cortile e pavimentati con un mosaico
bianco con fasce nere. Il primo cubicolo è collegato a un cortiletto con una nicchia per il
larario. Le pareti sono decorate con uno zoccolo rosso e uno sfondo bianco diviso in
pannelli nei quali sono dipinte architetture, mentre nel fregio ci sono piccole edicole
stilizzate dorate con decori vegetali. Al centro della volta c’è un disco con dei tendaggi e al
centro di questo un grifone marino con una lunga coda attorcigliata. Il secondo cubicolo ha
una decorazione parietale simile, ma al centro della volta c’è Nettuno con il tridente
trainato da due cavalli marini. In un angolo del peristilio c’è l’ingresso secondario della
casa sul IV cardo; sulla parete vicina c’era una scala di legno che portava ala piano
superiore, il quale, con l’ausilio di colonne di mattoni, si estendeva fino al marciapiede
della strada sottostante. In questa parte della casa c’erano gli ambienti di servizio,
compresa un’altra cucina con un piano superiore di tegole e un ripostiglio.
A cura di
Baronti Marta
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Casa Sannitica
Premessa
La casa Sannitica è un notevole e caratteristico esempio di
residenza degli abitanti agiati, ma
non ricchissimi, di
Ercolano. Infatti la dimora, conservando ancora in parte il
suo aspetto originario, mostra come all'epoca questi
seguissero ancora modelli tradizionali nell'architettura: a
differenza di dimore sontuose quali la coeva casa del Fauno
di Pompei, ispirata a modelli ellenistici, fa un uso più razionale del suolo disponibile visto
anche il nascere, proprio in questo periodo, della speculazione edilizia e dello sviluppo in
verticale delle abitazioni d'affitto.
Storia
Questa abitazione, costruita nel II secolo a.C. e quindi una delle più antiche della città,
occupava in origine tutto il lato Sud dell'insula V. Inoltre l'aspetto attualmente visibile è il
frutto di modifiche compiute nel corso del tempo: difatti in un primo momento, circa
durante la metà del I secolo d.C., la dimora cedette lo spazio del giardino alla contigua Casa
del Gran Portale e, dopo il terremoto del 62 d.C., gli ambienti del piano superiore furono
resi indipendenti dalla casa e dati in affitto con la conseguente realizzazione di un ingresso
autonomo. Pertanto la vicenda della casa rispecchia la fortuna calante della popolazione
indigena di Ercolano nell’età imperiale. L'abitazione apparteneva probabilmente alla
famiglia degli Spunes Lopi, come testimoniato da un graffito in lingua osca ritrovato nel
vestibolo. Quindi fu sepolta a seguito delle colate piroclastiche durante l'eruzione del
Vesuvio del 79 d.C. e riportata alla luce all'inizio del XX secolo grazie agli scavi promossi da
Amedeo Maiuri.
Descrizione dello stile architettonico
Un marciapiede conduce al portale sormontato da colonne di tufo con capitelli corinzi che
sorreggono l'architrave ligneo: l'ingresso è decorato con affreschi delle pareti in primo
stile che tendono a imitare marmi policromi e con soffitto a cassettoni di secondo stile.
Quindi si passa all’atrio di tipo ellenistico dotato di compluvio sul tetto, con pareti ridipinte
in quarto stile, coronato in alto da un loggiato con tre lati chiusi da finte colonnine ioniche
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e transenne marmoree rivestite di stucco. Il pavimento è in coccio pesto, punteggiato da
tessere bianche, invece quello del tablino è ornato da un rosone di rombi incentrato su una
piastrella circolare di rame e negli angoli ci sono palmette e delfini. L'impluvio fu rivestito
di marmo quando le pareti dell’atrio furono ridipinte in quarto stile dopo l’aggiunta di un
piano superiore raggiungibile per due scale: una, indipendente, saliva dal marciapiede agli
ambienti da dare in affitto con ballatoio sporgente sulla strada, mentre l’altra, interna, a
sinistra dell’atrio, porta agli ambienti di soggiorno costruiti in sostituzione della parete
posteriore della casa a cui si rinunciò. Poi una stanza venne ridipinta a fondo verde con il
quadro raffigurante il ratto di Europa e inoltre la camera ha un pavimento a mosaico
bianco e rosso ed è illuminata da una piccola finestra nella parete sud. Al contrario il
grande oecus sul lato nord dell'ingresso ha perso gran parte della sua decorazione con
l'eccezione di una macchia di colore rosso sulla sua parete est: la sala, che dispone di un
pavimento a mosaico con un motivo geometrico in bianco e nero, è illuminata da una
piccola finestra nella sua parete ovest. Similmente l'adiacente cubiculum ha perso gran
parte della sua decorazione ad affresco, mentre l’angolo nord-ovest della stanza è
caratterizzato da un muro incassato per ospitare un letto. Nella parete di fronte
all'ingresso si apre un altro oecus con pannelli affrescati in quarto stile di colore blu e nero
e fregio in rosso, mentre la parte superiore, a fondo bianco, reca disegni a temi
architettonici. Perciò gli ambienti del pianterreno mostrano con la loro fine decorazione
l'originario carattere signorile della casa in netto contrasto con quella che si trova al piano
superiore, scarno di decorazioni, dove, tuttavia, furono rinvenuti alcuni oggetti, come una
statuetta frammentaria di Venere e parte dei piedi di un tavolo in legno a forma di cani.
Pertanto la casa Sannitica rappresenta un documento importante del mutamento del gusto
romano e italico nella prima metà del II secolo a.C. quando, per il maggior lusso, si
cominciano ad affrescare anche le residenze private.
A cura di
Maiello Maria Vittoria
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Casa dello Scheletro
La casa ha accesso lungo un cardo, cioè una via che va da nord a sud nelle città romane,
basate su uno schema urbanistico ortogonale suddiviso in isolati quadrangolari uniformi. Il
pavimento è composto da una mosaico bianco e nero dà accesso all' atrio che è senza
impluvium , una vasca quadrangolare progettata per raccogliere l' acqua piovana. Questa
era incassata nel suolo fino a trenta metri ed era collegata con una cisterna, che
immagazzinava l'acqua. Dall' atrio si può accedere a vari ambienti come un piccolo tablino
una sala che ci permette d'accedere all'oecus una sala da pranzo ed ad un ninfeo,presso le
quali era possibile trascorrere momenti di otium con due vasche rettangolari e una grotta
in finto opus quadratum: una tecnica di costruzione che consente di sovrapporre dei
blocchi squadrati con la forma di un parallelepipedo e con l'altezza uniforme. Questa
tecnica risale al VI secolo a.c. e può essere applicata alla maniera Greca: ossia di taglio o di
testa, con frammenti di calcare rosso e incorniciata con tessere azzurre e fregio abbellito
da sette pannelli a mosaico di cui tre originali. Sempre dall' atrio si arriva al triclino, luogo
dove i Romani erano soliti mangiare questo ha una decorazione in terzo stile, uno dei
quattro stili di pittura che arriva fina alla metà del I secolo ,nel quale la tridimensionalità
lascia posto alle strutture piane. Il pavimento è in opus sectile , tecnica che utilizza marmi
tagliati per realizzare decorazioni murarie. Questa tecnica di ornamentazione è molto
prestigiosa , sia per i materiali , sia per la difficoltà di costruzione selezionare il marmo in
criste . fogli sottili. Dal triclino si passa ad un piccolo cortile chiuso dall' alto con una grata
di ferro forse un espediente contro i ladri. poi c'è un altro corridoio che conduce agli
ambienti di servizio illuminati da pozzi di luce . Tra le varie stanze ci sono dei cubicoli, cioè
delle stanze da letto con una zoccolatura in legno. La casa dello scheletro ha questo nome
perchè quando fu spogliata dei suoi reperti al suo interno fu trovato uno scheletro.
A cura di
Mariut Paul
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Casa del Tramezzo di Legno
La Casa del Tramezzo di Legno deve il suo nome al ritrovamento all’interno di un
tramezzo, conservato per due terzi, una sorta di porta pieghevole in legno carbonizzato
con battenti sagomati e sostegni in bronzo per reggere le lucerne; la sua funzione è quella
di dividere l’atrio dal tablino.
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Risalente all’età sannitica, subisce importanti lavori di restauro ed ampliamento in età
giulio-claudia, all'inizio del I secolo d.C.: a questo periodo risalgono la costruzione
del peristilio, il rifacimento degli affreschi e il rivestimento in marmo della vasca
dell'impluvium.
La casa, originariamente un'elegante e nobile dimora signorile, intorno alla metà del I
secolo d. C. venne divisa in quartieri d'affitto per più famiglie; per realizzare questa
trasformazione, fu necessario costruire un secondo piano al di sopra dell'atrio a cui si
accede per mezzo di una scala, mentre alcune stanze che s'affacciavano sulla strada
vennero adibite a botteghe.
Si presenta con una tipica facciata patrizia che termina con una cornice ad ovali, mentre
alla base si trovano dei sedili in muratura utilizzati dai clientes in attesa di essere ricevuti
dal proprietario; lungo le pareti delle fauci d’ingresso restano tracce di stucco su cui erano
stati realizzati degli affreschi che risultano però sbiaditi dal tempo.
Dopo
si
accede
al
grande atrio,
di
tipo
tuscanico,
con stanze su
tre
lati,
un pavimento in cocciopesto con l'inserto di tessere di mosaico bianco e affreschi in terzo
stile con pannelli in bianco, rosso e giallo, arricchiti con disegni di motivi geometrici. Al
centro vi è un impluvium in marmo con base a mosaico e fontana centrale; è stato inoltre
ritrovato un cartibulum in marmo riccamente decorato con teste di leone.
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Nel lato est dell'atrio si trova il tablino che ha alle pareti pitture in terzo stile, con pannelli
incorniciati in nero e zoccolatura in rosso e un pavimento a mosaico bianco, bordato in
nero, delimitato da una soglia decorata. Accanto si trova l'oecus con affreschi nella parte
centrale in nero su fondo rosso, quella sottostante in nero e quella superiore in rosso
adornata con motivi architettonici; il pavimento è un mosaico grigio con l'inserimento di
tessere bianche.
Il cubicolo lungo la parete est dell'atrio ha un pavimento a mosaico in bianco e nero
decorato a motivi geometrici, un soffitto in parte a volta e alle pareti affreschi in blu e
verde su un fondo bianco e zoccolatura in rosso.
Lungo il lato sud si aprono un'ala e due cubicoli, uno dei quali decorato in terzo stile con
pannelli rossi su un fondo nero e al cui interno custodiva un letto.
Sulla destra dell’atrio in un elegante cubicolo c’è una mensa marmorea, cui fa da base una
statuetta della divinità frigia Attis.
Il peristilio presenta un colonnato su tre lati e al centro un giardino: sotto il porticato sono
stati ritrovati diversi affreschi tra cui uno che riproduce una vasca con una fontana,
circondata da anatre, un airone con serpente ed una testa di bue; lungo il perimetro del
peristilio si aprono camere riservate alla famiglia.
A cura di
Gianadda Viviana
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