e-mail dagli spettatori

Pubblichiamo alcune significative mail scelte tra quelle che abbiamo ricevuto. Ci ha davvero sorpreso il
desiderio degli spettatori di "ringraziare" per Lola. Molto spesso lo fanno la sera, a fine spettacolo,
direttamente in sala, nei camerini, nel foyer. È molto gratificante per le attrici e per tutti i creatori dello
spettacolo, per l'Elfo tutto.
Riceviamo molte mail di apprezzamento: spettacoli come Angels in America, History Boys e da ultimo
Rosso, Viva l'Italia e Morte di un commesso viaggiatore, hanno spinto tanti spettatori a mandarci
messaggi, spesso davvero toccanti.
Lola ha smosso molte cose dentro gli spettatori e ha spinto addirittura alcuni di loro, forse avendo
impressa l'immagine finale dello spettacolo, a scrivere lettere a mano di una toccante dolcezza.
Le lettere che pubblichiamo qui sono arrivate via mail e le pubblichiamo per restituire un po' del senso
di vicinanza al nostro lavoro che gli spettatori sanno, con le loro parole, trasmetterci.
Milano, 5 giugno 2014
Caro Elio, cara Cristina, cara Patricia, caro Baliani, caro Carlo Sala,
io lo spettacolo l'ho visto, con mia moglie, questo sabato, in prima fila, quasi dentro la scena,
come mi capita spesso in quella sala fassbinder, (ci sono ancora pozze di miei lacrimoni per le due
volte di "viva l'italia" e l'intimità che mi ha fatto sfiorare un drappo di Bruni in salomè ecc.),
confermo che di regalo, di generoso regalo, si tratta
potrei dire mille cose ma sarebbe forse uno sminuire una cosa che ha una propria e definita Forma, e
come tale non commentabile
ho 55 anni e non ho la fregola del "mi piace" o del commento ad ogni costo (commenta live l'episodio!
e perché mai? e a chi?) però so che quando si riceve un bel regalo bisogna dire grazie.
Grande regalo davvero!
A un certo punto Cristina, in pieno spettacolo, mi ha porto una pagina del diario perché ammirassi la
calligrafia (a me, proprio a me, per davvero, giurin giuretta)
Ebbene vi assicuro che per lunghi minuti io non sapevo più dove mi trovassi, completamente preda
della sospensione dell'incredulità (con buona pace del teatro epico, ma d'altronde la sala si chiama
Fassbinder, mica Brecht)
un'ultima cosa: si capisce benissimo perché Cristina non volesse farlo con nessun'altra persona, in una
liturgia così dolente ed esposta, le mani cui ci si affida penso possano appartenere a una persona sola
e poi questa signora Patricia è bravissima, la immagino anche in ruoli comici, così espressiva e
parsimoniosa, e viene dall'altra parte del mondo.
ditele di trattenersi, se lo fa un papa lo può fare anche lei
bacioni e buone vacanze a tutti
(cioè, buone prove)
sono molto gasato perché i due abbonamenti coppia che la vostra programmazione mi ha costretto a
sottoscrivere se non ho capito male sono il n. 1 e il n. 2
questo per dire che ho capito il trucco e ormai non perdo più tempo a chiedermi se lo spettacolo più
bello dell'elfo sia questo oppure quello, perché lo spettacolo più bello è la STAGIONE
ciao
Carlo Chiarino
Milano, 6 giugno 2014
Buongiorno!
Un momento per anticiparle la profonda - e magnifica - impressione che mi ha suscitato lo spettacolo
che ho visto mercoledì sera; già immaginavo sarebbe stato di particolare intensità e ricchezza, ma ogni
mia previsione è stata di gran lunga superata.
Merito della scenografia, della regìa, e della straordinaria interpretazione di Cristina Crippa: anche nei
dettagli più minuti - quella tenera, timida e garbata, difesa della propria intimità durante il bagno e la
vestizione: quei piccoli gesti, quei sommessi suoni e mugolii, quel tentare di difendersi e insieme
quell'abbandonarsi all'inevitabile... toccante, commovente, di una intensità senza pari.
Avere, tra l'altro, visto Cristina spaziare dal Bambino sottovuoto - accesa di rosso, combattiva,
paradossale, energica, coraggiosa - a questa "spenta e delicata" figura, altrettanto forte pur nella sua
contraddittoria inconsapevolezza, mi ha confermato la sua straordinaria misura.
Di più, almeno via mail, non riesco a esprimere; se ne avrò l'occasione, magari incrociandola per caso
nel "nostro" teatro, mi piacerebbe poter esprimere di più e meglio a Cristina stessa quanto mi abbia
emozionata; affido a voi, per ora, questo mio primo messaggio per Lola...
Grazie, e a rivederci prestissimo per la nuova stagione - mi dicevano ieri al botteghino che
probabilmente già dalla prossima settimana si potrà cominciare a prenotare.
Giovanna Piccardo
Milano, 10 giugno 2014
Rispondo alla splendida lettera di Elio De Capitani, ricevuta stamane e a cui ha tenuto seguito la mia
decisione di venire a teatro stasera. Alla fine dello spettacolo ho ringraziato personalmente De
Capitani, seduto in terza fila e gli ho promesso che, arrivata a casa, avrei risposto alla sua lettera. Sono
uscita commossa per la bravura mostruosa di Cristina Crippa e per la straordinaria regia. Mi sono
anche rimproverata di non averlo visto prima, questo spettacolo e neppure di saperne il contenuto
(nonostante conoscessi Alessandra Ghiglione), ma la vita ci porta spesso lontano da piste che ci
possono dare emozioni vere, conoscenza di realtá indicibili nell'ambito del nostro percorso di vita. Mi
é difficile dipanare la matassa delle emozioni, sensazioni e riflessioni, ma sono contenta che stasera
hanno visto Lola dei miei giovani allievi di teatro, che hanno avuto modo di imparare come si può fare
teatro in un certo modo, se si vuole dare un certo messaggio non solo umano, ma anche sociale.
Grazie all'Elfo che da anni si propone questo obiettivo.
Mariella Parravicini (una veterana della scuola e del teatro)
Milano, 12 giugno 2014
Inizierei dicendo che sono commossa al pari di voi tutti che per Lola avete lavorato e state lavorando.
Uno spettacolo teatrale non si fa, si vive (e voi lo sapete meglio di me) ad ogni rappresentazione.
Coloro che non capiscono che ogni volta lo spettacolo è diverso, non hanno avuto la fortuna di capire
cosa sia il teatro. Si tratta di persone che, a volte, addirittura dubitano della sanità di mente di chi
cerca di spiegare che assistere a uno spettacolo teatrale è ben diverso che guardare un film. A teatro il
titolo è sempre lo stesso, la compagnia pure, lo spazio anche, e la durata pure (e non c'è il direttore
d'orchestra che scandisce il suo tempo). Personalmente, quando posso, rivedo uno spettacolo anche
più volte e tutte le volte il voto finale che attribuisco è diverso. Lola è uno spettacolo perfetto, e come
tale dovrebbe sempre prendere 10. Ma il feeling tra attori e pubblico, tra i passi di una camminata per
traversare la scena, e quelli fatti la sera precedente, il modo di girare la testa, il costume che casca in
un determinato modo… tutto cambia e tutto si ricrea. Ed è mostruoso distruggere quanto si è creato
tanto magistralmente. Comprendo dunque il vostro dolore, quello di Marco, di Carlo e di Patricia, ma
anche quello dei tecnici e delle maschere. Lola non può morire, Lola non deve morire. Mi ha
commosso, incantato, meravigliato, e per questa commozione, incanto e meraviglia vi sono molto
grata. Lo sono a voi tutti dell'Elfo, ha chi ha scoperto gli scritti di Adalgisa, e, ovviamente a Adalgisa
Conti stessa. Lei ha portato la croce e lei ha cantato: donna mirabile e sfortunata. O, forse, fortunata
da un certo punto di vista. Non a molti esseri umani capita la sorte di far fremere di amore, di
comprensione, di gioia e di dolore migliaia di persone; tutte coloro che, sera dopo sera, sedute. in
poltrona, divengono testimoni di una particolare essenza umana. Non vorrei apparire esagerata ma
Adalgisa/Cristina/Patricia hanno lo stesso merito di chi salva una vita umana. E questo merito va
attribuito pure e tutti voi che per queste donne, e per il vostro pubblico avete lavorato.
E' moro il re, viva il re! No, non è così semplice. Farete certamente altri bellissimi spettacoli: ne sono
sicura e ve lo auguro, ma Lola… lunga vita a Lola. E ora scrivo una follia. A Milano c'è un Palazzo
Reale (proprio di fianco al Duomo) con una grande sala amorfa (quella delle cariatidi) Già non era
bella prima, la guerra ha fatto il resto; e gli architetti si sbizzarriscono in assurde proposte. I danni
della guerra, a mio parere, non vanno nascosti, servono da monito a quei milanesi che non hanno
vissuto i bombardamenti. Le cariatidi decapitate sono indigeste, ma hanno la loro funzione. E se le
velassimo…? Il tessuto che fa da sfondo a Lola potrebbe diventare un grande manto, un sipario che
vela i danni che guerre e cattiverie umane producono. Le bombe hanno annientato molte vite, i medici
e i loro conniventi hanno annientato Adalgisa.
Ora, però, non mettete la camicia di forza pure a me. Ho premesso che scrivevo una follia. Ritengo di
essere lucida di testa, innamorata del teatro, e sempre molto vicina a tutti voi.
Vi abbraccio.
Lia Del Corno
Milano, 15 giugno 2014
Non avevo mai visto Lola, e dovrei dire "per fortuna", perché vederla oggi è stato come entrare in uno
spazio a più dimensioni, vertiginoso: sei dentro la freschezza di uno spettacolo che sembra generarsi di
minuto in minuto davanti a te, e insieme avverti lo spessore che ha accumulato in tutta la sua storia, la
sapienza della regia, la perfezione dell'intesa tra le due donne in scena. Le due donne, non solo le due
attrici: sicuramente questo gioco medianico di evocazione/immedesimazione/straniamento che ci fa
entrare con delicatezza nel complesso rapporto tra Cristina/Adalgisa e Patricia/infermiera, dove la
guardiana è spesso succuba, complice del sistema ma anche della sua vittima, è un prodigio di
equilibrio che con altre due interpreti non
potrebbe esistere.
E ci sarebbe molto da dire su quell'altro prodigio per cui, mentre il testo fa rivivere la figura e la
vicenda di una singola donna, Adalgisa Conti, rinchiusa in manicomio per la colpa di avere desideri in
un tempo che non ne consentiva, a me che dopo l'uragano di applausi esco commossa (e niente affatto
riconciliata con la realtà), vengono in mente le ragazze violentate e impiccate dell'India, le liceali rapite
da Boko Haram e tutte le altre donne ancora adesso vittime della stessa ferocia. Voglio dire soltanto
una cosa, su un piccolo particolare che mi ha colpita enormemente: c'è un momento, all'inizio, quando
Adalgisa viene spogliata delle sue vesti di signora primo Novecento per essere insaccata nel camicione
informe dell'istituzione manicomiale, c'è un momento di nudità, tenera, casta, spietata perché è la
nudità che depersonalizza e annulla, il marchio con cui si entra nel campo di concentramento, e
Adalgisa lo sa, lo sente, e si difende come può, debolmente. Con i gesti precisi della donna inerme e
consapevole di esserlo.
Grande Cristina Crippa, grandissima.
Carmen Covito