download - Rivista - Ordine degli Ingegneri della provincia di Roma

Quaderno
a cura di
Ing. G. Degl’Innocenti
Ing. M. Di Pasquale - Ing. E. Grimaldi
commissione
Sicurezza nei cantieri temporanei e
mobili
visto da:
Ing. M. Innocenti - Ing. M. Cerri
LA FORMAZIONE DEI LAVORATORI
E LA “COLLABORAZIONE” CON
GLI ORGANISMI PARITETICI E GLI
ENTI BILATERALI
ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA
roma
L’articolo 2 del D.lgs. n.81/08 e s.m.i. definisce
gli Organismi Paritetici come organismi “costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei
datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale,
quali sedi privilegiate per: la programmazione
di attività formative e l’elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini prevenzionistici; lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro; l’assistenza alle imprese finalizzata all’attuazione degli adempimenti in materia; ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento”.
All’art. 51 si evidenzia il ruolo di supporto di tali
organismi nei confronti delle imprese “… nell’individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela
della salute e sicurezza sul lavoro” , per l’asseverazione sull’adozione di sistemi di gestione
della sicurezza e nel campo della formazione.
Gli organismi paritetici svolgono o promuovono
attività di formazione, anche attraverso l’impiego dei fondi interprofessionali di cui all’articolo
118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e
2003, n. 276, nonché, su richiesta delle imprese, rilasciano una attestazione dello svolgimento delle attività e dei servizi di supporto al sistema delle imprese, tra cui l’asseverazione della
adozione e della efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza
di cui all’articolo 30, della quale gli organi di vigilanza possono tener conto ai fini della programmazione delle proprie attività.
Dal Mutuo Soccorso alla Bilateralità
La Bilateralità si ispira alle Società Operaie di
Mutuo Soccorso nate intorno alla seconda
metà dell’Ottocento, allo scopo di supplire alle
mancanze dello stato sociale dell’epoca. La loro diffusione, dapprima osteggiata dal clima
poliziesco della Restaurazione, subisce un notevole incremento dopo l'ondata rivoluzionaria
del 1848.
La prima legge in Italia a disciplinare il funzionamento delle S.O.M.S. è stata la legge 15
aprile 1886, n.3818 che ai primi due articoli ne
esplicita i fini:
Art. 1
Possono conseguire la personalità giuridica, nei modi stabiliti da questa legge, le Società operaie di mutuo soccorso che si
propongono tutti od alcuno dei fini seguenti: assicurare ai soci un sussidio, nei casi di
malattia, d'impotenza al lavoro o di vecchiaia; venire in aiuto alle famiglie dei soci
defunti.
Art. 2
Le Società di mutuo soccorso potranno
inoltre cooperare all'educazione dei soci e
delle loro famiglie; dare aiuto ai soci per
l'acquisto degli attrezzi del loro mestiere, ed
esercitare altri uffici propri delle istituzioni di
previdenza economica. Però in questi casi
deve specificarsi la spesa e il modo di farvi
fronte nell'annuo bilancio. Eccettuate le
spese di amministrazione, il danaro sociale
non può essere erogato a fini diversi da
quelli indicati in questo articolo e nel precedente.
Le Casse edili nascono agli inizi del 1900, si
sviluppano inizialmente sulla mutualità e assistenza dei lavoratori per modificarsi dal secondo dopoguerra in poi in veri e propri enti bilaterali.
Il concetto di “bilateralità” rappresenta una pratica secondo la quale le parti si impegnano a
sottrarre al conflitto alcune tematiche ed obiettivi che ritengono di comune interesse e su cui
decidono di poter operare congiuntamente.
Necessitano pertanto regole condivise e definite di comune accordo con sedi apposite per
operare congiuntamente: gli organismi paritetici bilaterali, “che sono il mezzo, gli strumenti
concreti attraverso cui mettere in atto, praticare
la scelta partecipativa in relazione a quelle particolari tematiche e a quegli specifici obiettivi,
riconosciuti in modo paritetico e reciproco, tanto dai lavoratori che dagli imprenditori attraverso le loro rappresentanze”.
Gli Organismi Paritetici e gli Enti Bilaterali
In questi anni l’Unione Europea ha spinto verso
la bilateralità e il dialogo sociale, parimenti la
Legge n.123/2007, delega per il riassetto delle
normativa antinfortunistica, auspica una rivisitazione e potenziamento delle funzioni degli organismi paritetici, anche quali strumento di aiuto alle imprese nell’individuazione di soluzioni
tecniche e organizzative dirette a garantire e
migliorare la tutela della salute e sicurezza sul
lavoro.
Gli Organismi Paritetici e gli Enti Bilaterali costituiscono quindi un punto di incontro tra i diversi
bisogni di parti sociali normalmente in conflitto
quali datori di lavoro e lavoratori (da cui appunto la “bilateralità”). Essi si pongono, in questo
ambito, quali enti terzi aventi lo scopo di aiutare le varie parti a trovare le migliori soluzioni in
materia di sicurezza sul lavoro e tutela della salute.
La definizione di Organismo Paritetico la si trova nella D.lgs. n° 626 del 1994 dove al comma
1 dell’art. 20 si legge:
“A livello territoriale sono costituiti organismi
paritetici tra le organizzazioni sindacali dei
datori di lavoro e dei lavoratori, con funzioni
di orientamento e di promozione di iniziative
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formative nei confronti dei lavoratori. Tali organismi sono inoltre prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull'applicazione dei diritti di rappresentanza,
informazione e formazione, previsti dalle
norme vigenti.”
E ancora al comma 6 dell’art. 22 del citato Decreto si precisa che:
“La formazione dei lavoratori e quella dei
loro rappresentanti di cui al comma 4 deve
avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all’art. 20, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri
economici a carico dei lavoratori”.
La definizione di Ente Bilaterale è riportata
nell’art. 2, comma 1, lettera h della Legge
n°276 del 2003 , (Legge Biagi):
“h) «enti bilaterali»: organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e
dei prestatori di lavoro comparativamente
più rappresentative, quali sedi privilegiate
per la regolazione del mercato del lavoro
attraverso: la promozione di una occupazione regolare e di qualità; l'intermediazione
nell'incontro tra domanda e offerta di lavo-
ro; la programmazione di attività formative e
la determinazione di modalità di attuazione
della formazione professionale in azienda;
la promozione di buone pratiche contro la
discriminazione e per la inclusione dei soggetti più svantaggiati; la gestione mutualistica di fondi per la formazione e l'integrazione del reddito; la certificazione dei contratti
di lavoro e di regolarità o congruità contributiva; lo sviluppo di azioni inerenti la salute
e la sicurezza sul lavoro; ogni altra attività o
funzione assegnata loro dalla legge o dai
contratti collettivi di riferimento.
È con tale Legge che si ha un vero e proprio
passo in avanti nell’evoluzione che riguarda la
“storia” degli Organismi paritetici. All’ art 1,
comma 2, lettera h infatti si legge:
“Art 2. I decreti di cui al comma 1 sono
adottati, realizzando il necessario coordinamento con le disposizioni vigenti, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi generali:
……..
h) rivisitazione e potenziamento delle funzioni degli organismi paritetici, anche quali
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strumento di aiuto alle imprese nell'individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela
della salute e sicurezza sul lavoro.”
Gli Organismi paritetici vengono quindi chiamati a svolgere un ruolo ulteriore rispetto ai
compiti loro attribuiti dalla Legge 626 del 1994,
ossia essere strumento di aiuto alle imprese.
Con il D.Lgs n° 81 del 9 aprile 2008 e con le
modifiche ad esso apportate dal D.Lgs. n° 109
del 3 agosto 2006 continua l’evoluzione normativa di questi Enti.
Gli obblighi del datore di lavoro per la
formazione dei lavoratori e dei loro
rappresentanti
L’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008, inerente la Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti, descrive gli adempimenti fondamentali, sanzionando come reati contravvenzionali (penali)
i commi che definiscono i capisaldi dell'obbligo
formativo:
1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente
ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a:
a) concetti di rischio, danno, prevenzione,
protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei
vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili
danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda.
2. La durata, i contenuti minimi e le modalità
della formazione di cui al comma 1 sono
definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento
e di Bolzano adottato, previa consultazione
delle parti sociali, entro il termine di dodici
mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.
3. Il datore di lavoro assicura, altresì, che ciascun lavoratore riceva una formazione suffi-
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ciente ed adeguata in merito ai rischi specifici di cui ai titoli del presente decreto successivi al I. Ferme restando le disposizioni
già in vigore in materia, la formazione di cui
al periodo che precede è definita mediante
l’accordo di cui al comma 2.
(…)
Mentre al comma 12 è previsto che “La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli
organismi paritetici, ove presenti nel settore e
nel territorio in cui si svolge l’attività del datore
di lavoro durante l’orario di lavoro e non può
comportare oneri economici a carico dei lavoratori.”
Inoltre l’art. 71 del D.lgs. n.81/08 e s.m.i. prevede una formazione specifica aggiuntiva per gli
operatori di determinate attrezzature, che richiedono per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi
specifici. Nello specifico il datore di lavoro
prende le misure necessarie affinché:
a) l’uso dell’attrezzatura di lavoro sia riservato
ai lavoratori allo scopo incaricati che abbiano ricevuto una informazione, formazione
ed addestramento adeguati;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o
manutenzione, i lavoratori interessati siano
qualificati in maniera specifica per svolgere
detti compiti.
L’elenco delle attrezzature per le quali, ferme
restando le abilitazioni già previste dalle vigenti
disposizioni legislative, è richiesta una specifica abilitazione è stabilito nell’Allegato A dell’Accordo Stato Regioni del 22 febbraio 2012.
La “richiesta di collaborazione” nella
formazione dei lavoratori
Con l’Accordo Stato Regione del 21 dicembre
2011 vengono fornite le indicazioni per la formazione dei lavoratori ai sensi dell'articolo 37,
comma 2 del D. Lgs 9 aprile 2008 n° 81, e
s.m.i., in particolare la collaborazione con gli
Enti bilaterali e gli Organismi paritetici viene
esplicitata nella Nota alla premessa dell’Allegato A, dove si legge:
“ in coerenza con le previsioni di cui all'articolo 37, comma 12, del D.Lgs. n. 81/08, i
corsi di formazione per i lavoratori vanno
realizzati previa richiesta di collaborazione
agli enti bilaterali, quali definiti all'articolo 2,
comma 1, lettera h), del D.Lgs. 10 settembre
2003, n. 276, e successive modifiche e integrazioni e agli organismi paritetici, cosi' come definiti all'articolo 2, comma 1, lettera
ee), del D.Lgs. 81/08, ove esistenti sia nel
territorio che nel settore nel quale opera l'azienda. In mancanza, il datore di lavoro procede alla pianificazione e realizzazione delle
attivita' di formazione. Ove la richiesta riceva
riscontro da parte dell'ente bilaterale o dell'organismo paritetico, delle relative indicazioni occorre tener conto nella pianificazione
e realizzazione delle attivita' di formazione,
anche ove tale realizzazione non sia affidata
agli enti bilaterali o agli organismi paritetici.
Ove la richiesta di cui al precedente periodo
non riceva riscontro dall'ente bilaterale o
dall'organismo paritetico entro quindici giorni dal suo invio, il datore di lavoro procede
autonomamente alla pianificazione e realizzazione delle attivita' di formazione”.
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Il necessario coinvolgimento degli Organismi
Paritetici non si traduce dunque nell’obbligo
datoriale di affidare la formazione ad essi, né
totalmente, né in parte, in linea con la nuova
previsione dell’art. 51, comma 3 bis, che, pur
attribuendo agli stessi un ruolo più operativo in
materia, non ne fa esclusivi depositari delle
competenze formative.
È da evidenziare, inoltre, che eventuali indicazioni da parte degli Organismi Paritetici non assumono carattere di vincolo per il datore di lavoro, che deve limitarsi a “tenerne conto”. D’altra parte è solo il datore a dover rispondere,
penalmente, circa la sufficienza ed adeguatezza della formazione ai sensi degli artt. 37, comma 1, e 55, comma 5, lett. c.
Conferma di ciò si trova nell’Accordo Stato Regioni del 25 luglio 2012: “Della risposta dell’organismo paritetico il datore di lavoro tiene conto, senza che, tuttavia, ciò significhi che la formazione debba essere svolta necessariamente
con l’organismo paritetico, qualora la risposta
di quest’ultimo comprenda una proposta di
svolgimento presso l’organismo della attività di
formazione né che le indicazioni degli organismi paritetici debbano essere obbligatoriamente seguite nella realizzazione dell’attività formativa”.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali
con la circolare n. 20 del 29 luglio 2011 ha ribadito che la norma citata non impone al datore di lavoro di effettuare la formazione necessariamente con gli organismi paritetici quanto,
piuttosto, di mettere i medesimi a conoscenza
della volontà di svolgere una attività formativa;
ciò in modo che essi possano, se del caso,
svolgere efficacemente la funzione che il “testo
unico” attribuisce loro, attraverso proprie proposte al riguardo.
Quanto alle modalità di richiesta di collaborazione agli organismi paritetici, la nota alla “Premessa” dell’accordo ex articolo 37, puntualizza
che: “Ove la richiesta riceva riscontro da parte
dell’ente bilaterale o dell’organismo paritetico,
delle relative indicazioni occorre tener conto
nella pianificazione e realizzazione delle attività
di formazione, anche ove tale realizzazione non
sia affidata agli enti bilaterali o agli organismi
paritetici. Ove la richiesta di cui al precedente
periodo non riceva riscontro dall’ente bilaterale
o dall’organismo paritetico entro quindici giorni
dal suo invio, il datore di lavoro procede autonomamente alla pianificazione e realizzazione
delle attività di formazione”.
Al riguardo, si puntualizza che la richiesta in
parola può essere avanzata anche ad uno solo
(ove ve ne siano diversi) di organismi paritetici
in possesso dei requisiti sin qui richiamati, in
qualunque modo idoneo allo scopo (ad esem-
pio, anche con semplice comunicazione per
posta elettronica, purché contenga indicazioni
sufficienti a poter permettere all’organismo paritetico di comprendere il tipo di intervento formativo di riferimento e, quindi, mettendolo nelle
condizioni di potere supportare il datore di lavoro al riguardo).
L’assolvimento dell’obbligo della
“collaborazione”
L’obbligo della collaborazione si deve ritenere
assolto portando gli Organismi Paritetici, competenti per settore e per territorio, semplice-
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mente a conoscenza del percorso formativo
che si intende avviare per i lavoratori e per i
rappresentanti dei lavoratori e fornendo agli
stessi alcune informazioni che riguardano le
modalità di svolgimento della formazione stessa (programma, durata, contenuti, sede, numero di lavoratori da formare, nome e qualificazione dei docenti, ecc.).
Relativamente alle aziende con più sedi in differenti contesti territoriali, l’organismo di riferimento può essere individuato avendo riguardo
alla sede legale dell’impresa.
Sulla sanzionabilità della mancata
“collaborazione” con gli Organismi paritetici
Dall’esame delle disposizioni penali riportate
nei tre decreti legislativi che si sono succeduti
(D.lgs. n.626/94, D.lgs. n.81/08 e D.lgs.
n.106/09 che ha modificato ed integrato il precedente) si osserva che nessuno di essi ha
provveduto a corredare tale “dovere di collaborazione” di una relativa sanzione per gli inadempienti né penale né amministrativa.
Anche su tale aspetto è intervenuto il Ministero
con la citata circolare del 2010, precisando
che nell’ambito del D. Lgs. n. 81/2008 non è
comminata alcuna sanzione per la formazione
dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza realizzata senza avvalersi della collaborazione degli organismi paritetici. In tal senso
vanno le proposte di modifica del D. Lgs. n.
81/2008 approvate dal Governo nella seduta
del 27 marzo 2009, nell’ambito della quale è
stata avanzata la proposta di sostituire l’espressione “deve avvenire in collaborazione
con gli organismi paritetici” con quella “può avvenire in collaborazione con gli organismi paritetici”. Riassumendo, nell’attuale quadro normativo è previsto il coinvolgimento degli organismi paritetici per la formazione dei lavoratori
e dei loro rappresentanti, mentre è una facoltà
nel caso della formazione di dirigenti e preposti.
E’ opportuno evidenziare che il comma 12
dell’art. 37, nella sua formulazione, impone unicamente un obbligo di collaborazione che, ragionevolmente, può intendersi ottemperato
previa necessaria informazione all’organismo
paritetico, che sia in possesso dei requisiti di
rappresentanza.
Dunque la mancata richiesta di collaborazione
degli organismi paritetici non è sanzionabile
nel D. Lgs. n. 81/2008 e non costituisce pertanto contravvenzione alle norme di sicurezza
sul lavoro, essendo quest’ultima definita, secondo quanto indicato nell’art. 19 comma 1 lettera a) del D. Lgs. n. 758/1994, un reato in materia di sicurezza e di igiene del lavoro punito
con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda e, a partire dal 20/8/2009 ed in applicazione dell’art. 301 del D. Lgs n. 81/2008, così
come modificato dal D. Lgs. n. 106/2009, anche con la sola pena dell’ammenda. Il citato
inadempimento, pertanto, non può essere oggetto di un provvedimento di prescrizione che,
in virtù dell’art. 20 dello stesso D. Lgs. n.
758/1994, è finalizzato ad eliminare una contravvenzione accertata.
Su tale aspetto si evidenzia una interpretazione
differente, seppure minoritaria e priva di riscontri Istituzionali, che, partendo dall’assunto che
trattasi di una “norma giuridica imperfetta”, che
sancisce un dovere ma non la corrispondente
sanzione, intende la mancata collaborazione
quale violazione dell’art.37 e quindi come fattispecie sanzionabile secondo il disposto dell'art. 55, comma 5, lett. c), punto terzo, sanzione alternativa dell'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.200 a 5.200 euro.
Il mancato recepimento delle indicazioni degli
Organismi Paritetici
Le eventuali indicazioni fornite dagli Organismi
Paritetici non sono vincolanti e condizionanti ai
fini dell’attuazione da parte dei datori di lavoro
del programma di formazione né tanto meno
convalidanti della formazione stessa.
Si può dire che in questa circostanza il “deve”
del legislatore assume il valore di un mero consiglio (in una delle bozze che hanno preceduto
la pubblicazione del D. Lgs. n. 106/2009 il “deve” era stato sostituito dalla espressione
“può”).
La “collaborazione” per la formazione degli
operatori delle attrezzature
Nell’ambito dell’Accordo del 22/02/2012 sulla
formazione degli operatori della attrezzature di
cui all’art.71 del D.lgs. n.81/08 e s.m.i., la Conferenza Stato-Regioni contrariamente a quanto
aveva fatto nell’Accordo del 21/12/2011 sulla
formazione dei lavoratori, dei dirigenti e dei
preposti, non fa riferimento ad alcun obbligo di
richiesta preventiva di collaborazione agli Organismi paritetici e/o Enti bilaterali nella organizzazione di tali corsi di formazione ed abilitazione. ■
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