LA CRISTALLIZZAZIONE Nella produzione di ingredienti farmaceutici attivi (API: Active Pharmaceutical Ingredients) la cristallizzazione rappresenta uno stadio di processo fondamentale. Nel processo di cristallizzazione un composto chimico disciolto in soluzione si separa formando una fase solida cristallina. OBIETTIVI E VINCOLI DELLA CRISTALLIZZAZIONE La cristallizzazione è estensivamente impiegata per 1. Separare e purificare i composti organici (intermedi e finali) all’interno di un procedimento di sintesi. 2. Conferire ai composti le proprietà fisiche ottimali sia per le fasi del procedimento di sintesi che per le operazioni di fabbricazione della forma farmaceutica finale in cui l’ingrediente attivo sarà impiegato. La progettazione ed il controllo delle condizioni ed apparecchiature di processo sono condizionati da aspetti economici e produttivi (rese, capacità produttiva, impatto ambientale, scalabilità dalle condizioni di laboratorio). Obiettivi Separazione e Purificazione La sintesi di API comporta generalmente numerose trasformazioni chimiche alternate a stadi di purificazione finalizzati ad ottenere l’ingrediente desiderato ad elevata purezza (tipicamente >99%). La scelta e la collocazione degli stadi di purificazione e separazione all’interno di un procedimento di sintesi comportano una intensa attività di ricerca e sviluppo su scala di laboratorio. Ad esempio, tra uno stadio di sintesi ed il successivo occorre stabilire se sussista la necessità di effettuare separazioni per: • • • • Abbattere le impurezze (siano esse già presenti nei reagenti o prodotte dalla reazione) Aumentare la purezza degli intermedi e del prodotto Stabilizzare gli intermedi mediante solidificazione (per evitare, ad esempio, racemizzazioni se stoccati in soluzione) Controllare la purezza chirale. Le separazioni vengono realizzate prevalentemente promuovendo la formazione di una fase solida per cristallizzazione e procedendo quindi a separare fisicamente il solido dal mezzo liquido in cui vengono realizzate le sintesi. Prestazione del prodotto Il secondo obiettivo della cristallizzazione è principalmente focalizzato sull’ottenimento di specifiche proprietà fisiche dell’API che ne garantiscano la processabilità a valle (essiccamento, macinazione, formulazione) nonché le desiderate prestazioni del formulato in vivo/vitro, tra le quali le più rilevanti risultano: 1 • • • Forma cristallina Distribuzione granulometrica Morfologia e proprietà di flusso delle polveri Forma cristallina Lo stesso attivo può assumere allo stato solido forme cristalline diverse. I solidi polimorfi sono caratterizzati dalla stessa composizione chimica ma diversa struttura reticolare cristallina. Nei solvati e idrati (pseudopolimorfi) molecole di solvente o acqua sono incorporate nel reticolo cristallino; se reversibili, possono perdere tali molecole mantenendo inalterato il reticolo oppure, se irreversibili, possono divenire polimorfi o solvati con reticolo diverso o perdere la cristallinità (amorfi). I cocristalli sono simili ai solvati con la differenza che le molecole di solvente o acqua sono sostituite da sostanze non volatili (ad esempio nicotinammide, acido benzoico) che formano complessi con l’API. La forma cristallina dell’API è fondamentale in quanto ne influenza alcune proprietà: • • • • • solubilità punto di fusione velocità di dissoluzione e biodisponibilità della forma farmaceutica solida stabilità chimico-fisica abito e associate proprietà delle polveri (flusso, densità di bulk, comprimibilità) Pertanto, nella progettazione del processo di cristallizzazione, la forma cristallina desiderata viene stabilita preliminarmente. Nel caso degli intermedi, la forma viene selezionata in modo da favorire le condizioni di cristallizzazione, la filtrabilità, la stabilità chimico-fisica. Per l’API la forma è scelta per ottimizzare le prestazioni del formulato finale (biodisponibilità, velocità di dissoluzione, stabilità chimico-fisica). Morfologia e proprietà di flusso delle polveri La morfologia delle particelle, spesso indicata come abito (habitus) cristallino, è di fondamentale importanza in quanto influenza il comportamento delle polveri all’atto del loro trasporto e stoccaggio (trasportabilità) e della loro lavorazione (comprimibilità). Le proprietà di flusso di una polvere possono essere dedotte dai valori di densità. 2 La densità apparente (o di bulk) di una polvere è la densità misurata sulla polvere tal quale (massa della polvere sul volume occupato). Mediante scuotimento meccanico della polvere si ricava un secondo valore di densità (tap density) che fa seguito ad un impaccamento (in condizioni controllate) della polvere stessa. Si definisce numero di Hausner il rapporto tra tap e bulk density. Questo rapporto è un indice della comprimibilità della polvere e al tempo stesso della sua trasportabilità. Polveri caratterizzate da un numero di Hausner < 1,2 mostrano in genere buone proprietà di flusso, mentre per numero di Hausner > 1,4 si ha una elevata propensione alla comprimibilità che può portare a fenomeni di impaccamento (bridging) e flusso non massivo (ad esempio il cosiddetto rat-holing) nelle apparecchiature di trasporto e stoccaggio. Gli abiti cristallini che conferiscono alle polveri le migliori proprietà in termini di separazione, essiccamento e trasporto sono quelli maggiormente regolari (equant/block e bipiramidali) in quanto, non presentando una dimensione preferenziale di accrescimento, rendono le particelle assimilabili a una sfera con un rapporto superficie/volume minore. Questi abiti sono in genere caratterizzati da numeri di Hausner < 1,2 e densità di bulk > 0,3 g/cm3. Gli abiti caratterizzati da un accrescimento del cristallo in una direzione preferenziale (acicular cioè aghiformi, blade cioè laminari) pongono notevoli difficoltà di processo e fabbricazione (tempi 3 maggiori di separazione, problemi di agglomerazione, difficoltà di flusso). Essi sono caratterizzati da numeri di Hausner > 1,3 e densità di bulk < 0,2 g/cm3. D’altro canto, un abito cristallino caratterizzato da un elevato rapporto superficie/volume può conferire al prodotto migliori prestazioni in vivo. Occorre pertanto trovare un giusto compromesso tra le diverse proprietà. L’abito cristallino assunto dal prodotto all’atto della cristallizzazione dipende da molteplici fattori tra cui principalmente: • • • stato di idratazione/solvatazione della molecola solvente impiegato nella cristallizzazione impurezze presenti all’atto della cristallizzazione Distribuzione granulometrica Il controllo della distribuzione granulometrica nel processo di cristallizzazione è fondamentale in quanto essa può influenzare: • • • livelli di esposizione ai pazienti e specifiche derivanti dai test in vitro (ad es. dissoluzione del prodotto): le particelle cristalline di maggiore dimensione possono dissolversi più lentamente di quelle di dimensioni minori per il loro minore rapporto area superficiale/volume la produzione della forma farmaceutica finale: a parità di abito cristallino le proprietà di trasporto e di miscelamento delle polveri cristalline dipendono dalla loro granulometria e queste proprietà sono di fondamentale importanza nella granulazione (operazione in cui l’API è miscelato con eccipienti, lubrificanti, disintegranti prima della fabbricazione della forma finale) l’uniformità del dosaggio dell’API nella forma farmaceutica finale. Tipicamente, le distribuzioni granulometriche sono determinata su base volumetrica (mediante analizzatori laser) o massiva (mediante setacciatura), indicando le percentuali in massa o in volume di prodotto associate a dati intervalli dimensionali delle particelle. Il fattore di conversione tra distribuzione granulometrica in volume e quella in massa è la densità di bulk delle particelle. Esempio di distribuzione granulometrica in volume: d10, d50 e d90 indicano la dimensione delle particelle al di sotto della quale ricade, rispettivamente, il 10, 50 e 90% del volume totale del prodotto (ad esempio questa distribuzione indica che almeno il 50% del volume del prodotto presenta una dimensione inferiore o uguale a 60,624 µm). 4 Oltre all’abito cristallino, la distribuzione granulometrica ha un effetto significativo sulla densità di bulk e sulla tap density della polvere: • • all’aumentare della dimensione delle particelle aumenta la bulk density in presenza di distribuzioni bi o pluri modali (due o più dimensioni caratteristiche delle particelle) aumenta la tap density (le particelle di dimensioni inferiori tendono ad occupare gli interstizi tra le particelle di dimensioni maggiori creando fenomeni di impaccamento) Vincoli Solubilità La solubilità rappresenta un vincolo di carattere termodinamico ed è determinata dalla temperatura e dalla natura e composizione del mezzo solvente. L’attività sperimentale finalizzata all’ottenimento dei dati di solubilità di un attivo in funzione della temperatura in solventi di diversa natura e composizione è pertanto fondamentale. Attraverso tali dati è possibile procedere alla selezione del solvente più idoneo che possa coniugare elevate rese di separazione con un ridotto impatto ambientale che è legato a: • • • • tossicità del solvente quantità di solvente impiegato (preferibilmente <10 L/kg soluto) facilità di recupero del solvente (preferenzialmente uso di solvente singolo e non miscele) punto di ebollizione del solvente (preferenzialmente 55-100°C) Poiché la purezza del prodotto finale riveste importanza fondamentale, la selezione del mezzo solvente procede anche attraverso la conoscenza dei dati di solubilità delle impurezze. Dai dati di solubilità si calcola la resa di cristallizzazione: = − ∙ 100 con Ssoluto1 e Ssoluto2 la solubilità del soluto alla temperatura e composizione di dissoluzione e alla temperatura e composizione di separazione, rispettivamente msolvente 1 e msolvente2 la massa del solvente alla temperatura e composizione di dissoluzione e alla temperatura e composizione di separazione, rispettivamente. Cinetica di cristallizzazione La cinetica di cristallizzazione indica la velocità con cui il soluto si trasferisce dalla soluzione alla fase solida. Se la solubilità è il fattore determinante per il controllo degli obiettivi di separazione e purificazione, i meccanismi cinetici rappresentano la chiave per il controllo degli obiettivi legati alle proprietà del prodotto che ne determinano le prestazioni. La forza motrice dei meccanismi cinetici è la sovrasaturazione, espressa come: 5 = − " = # = − dove Csoluto è l’effettiva concentrazione del soluto e Ssoluto è la solubilità di equilibrio alla stessa temperatura. Una soluzione sovrasatura è termodinamicamente instabile ma non cristallizza necessariamente poiché la formazione di aggregati solidi nella massa della soluzione comporta il superamento di una soglia di energia (analoga all’energia di attivazione nelle reazioni chimiche) per la creazione di una separazione (superficie) tra la fase fluida e la fase solida. La formazione dei cristalli avviene secondo due meccanismi fondamentali: nucleazione e accrescimento. Nucleazione Consiste nella formazione di nuovi cristalli nella massa della soluzione: Si distingue tra • • nucleazione primaria ovvero formazione di nuovi cristalli dalla soluzione priva di cristalli; essa può essere omogenea (insorge nella massa della soluzione) o eterogenea (insorge al contatto con le superfici del cristallizzatore. nucleazione secondaria ovvero formazione di nuovi cristalli da cristalli pre-esistenti nella soluzione. Le soluzioni sovrasature in cui non avviene cristallizzazione vengono definite metastabili. Nella produzione di intermedi e API si opera comunemente con soluzioni metastabili con rapporti di sovrasaturazione compresi tra 1 e 1,20. La maggior parte delle soluzioni metastabili evolve con nucleazione spontanea ma, spesso, in tempi non compatibili con le esigenze industriali (da settimane ad anni). Pertanto, in ambito industriale si definisce limite di metastabilità la concentrazione di un soluto corrispondente al valore massimo di sovrasaturazione per il quale non si ha nucleazione spontanea nei tempi industriali (da minuti ad ore). La determinazione, attraverso specifiche metodiche sperimentali, del limite di metastabilità di soluzioni sovrasature rappresenta, come già detto per i dati di solubilità, una attività fondamentale per la progettazione e il controllo del processo di cristallizzazione. La nucleazione secondaria può avvenire secondo meccanismi diversi tra i quali il più ricorrente è la nucleazione per contatto. In questo meccanismo frammenti micro cristallini (<10µm) si distaccano da cristalli pre-esistenti a seguito di micro attriti tra cristalli, cristalli/superfici cristallizzatore. La nucleazione secondaria può avvenire sia entro che al di fuori del limite di metastabilità. 6 La velocità di nucleazione totale (primaria e secondaria) è correlata alla sovrasaturazione secondo la relazione: $ = %& '( ) * + − ,con B velocità di nucleazione (numero di nuclei primari e secondari per unità di tempo) kN costante di nucleazione M densità della soluzione N grado di agitazione b ordine di nucleazione primaria j,k ordini di nucleazione secondaria La nucleazione genera cristalli di piccole dimensioni. Accrescimento Consiste nella deposizione di soluto su cristalli esistenti del soluto stesso. Viene promosso per accrescere i cristalli generati dalla nucleazione per portare le loro dimensioni ai valori desiderati. Analogamente alla nucleazione, l’accrescimento è governato dalla sovrasaturazione: " = %./ 01 + − , 2 " con m massa del soluto solido kGM costante di accrescimento Ac area superficiale dei cristalli g ordine di accrescimento L’accrescimento può innescarsi sia sui cristalli generatesi per nucleazione che su materiale appositamente aggiunto alla soluzione (“inseminazione”) che funge da nucleo (germe). Nelle cristallizzazioni in ambito farmaceutico si procede molto spesso all’inseminazione per controllare forma e abito cristallino e dimensioni delle particelle. In figura sono riportati i campi caratteristici dei meccanismi di cristallizzazione. I parametri caratteristici delle cinetiche di nucleazione e accrescimento vengono ricavati sperimentalmente. 7 PROCESSI DI CRISTALLIZZAZIONE IN AMBITO FARMACEUTICO In ambito farmaceutico le modalità di cristallizzazione più impiegate sono le seguenti: • • • • per raffreddamento della soluzione per aggiunta di un antisolvente per aggiunta di un reattivo per evaporazione del solvente In ogni caso la perturbazione cui è sottoposta la soluzione provoca una significativa diminuzione della solubilità del componente da cristallizzare il quale viene a trovarsi in condizioni di sovrasaturazione. Le variabili di processo da controllare, diverse a seconda della modalità scelta, possono pertanto essere concentrazione iniziale del composto da cristallizzare, temperatura, concentrazione e composizione del solvente. Al fine di controllare i meccanismi di nucleazione e accrescimento dei cristalli, oltre alla regolazione del grado di sovrasaturazione attraverso le modalità suddette, si fa ricorso frequentemente all’inseminazione della soluzione. In ambito farmaceutico, nella maggior parte delle cristallizzazioni si privilegia il meccanismo di accrescimento. Esso risulta più semplice da controllare e riprodurre su scala industriale e garantisce un miglior controllo della granulometria, forma e abito, proprietà spesso fondamentali per gli attivi farmaceutici. In questo caso è necessario procedere all’inseminazione di germi cristallini. Al fine di favorire l’accrescimento e minimizzare la nucleazione occorre partire da una soluzione sovrasatura che si trovi ad una concentrazione intermedia tra la curva di solubilità e il limite di metastabilità e controllare durante la cristallizzazione le variabili di processo in modo da mantenere la concentrazione del soluto poco al di sopra della curva di solubilità. Se invece il controllo delle dimensioni, forma e abito dei cristalli non riveste specifico interesse, si privilegiare la nucleazione iniziando la cristallizzazione al di sopra del limite di metastabilità e si prosegue l’accrescimento poco al di sotto del limite di metastabilità. Di seguito si illustrano le modalità più comunemente adottate in ambito industriale farmaceutico. Per raffreddamento della soluzione La formazione dei cristalli di soluto è promossa da una variazione di solubilità a seguito di diminuzione della temperatura della soluzione (in genere infatti la solubilità diminuisce al diminuire della temperatura). Questa modalità è impiegata per soluti la cui solubilità, elevata ad elevate temperature (comunque al di sotto della temperatura di ebollizione del sovente) subisce un forte decremento a temperature più basse. Questa modalità non consente in genere di conseguire rese di cristallizzazione superiori al 90% adottando diluizioni accettabili su scala industriale (<20L solvente/kg di soluto). 8 Di seguito si riportano graficamente i cammini tipici di cristallizzazione per raffreddamento nel caso a) nucleazione seguita da accrescimento e b) inseminazione e accrescimento. Punto 1: soluzione insatura Punto 2: inizio formazione cristalli Punti 3, 4: avanzamento della cristallizzazione Il parametro più importante per il controllo del processo è la velocità di raffreddamento. Risulta quindi fondamentale regolare la potenza termica asportata nel tempo così da avere una velocità di raffreddamento che sia compatibile con la cinetica di accrescimento dei cristalli e quindi un cammino di cristallizzazione all’interno della zona di metastabilità e al di sopra della curva di solubilità (se, ad esempio, si raffredda troppo velocemente rispetto alla velocità di accrescimento dei cristalli, la soluzione si porta sopra il limite di metastabilità e si rischia di innescare una indesiderata nucleazione a scapito dell’accrescimento). Per aggiunta di un antisolvente La formazione dei cristalli di soluto è promossa dall’aggiunta di un antisolvente al solvente in cui il composto è solubile (la solubilità residua nel solvente dipende dalla composizione della miscela dei solventi). Poiché l’aggiunta di un antisolvente provoca una forte diminuzione della solubilità del componente da cristallizzare (l’aggiunta di un volume di antisolvente pari a quello del solvente porta ad una riduzione della solubilità di più del 50%), questa modalità può essere impiegata quando sono richieste elevate rese di cristallizzazione (>90%). Di seguito si riportano graficamente i cammini tipici di cristallizzazione per raffreddamento nel caso c) nucleazione seguita da accrescimento e d) inseminazione e accrescimento. 9 Punto 1: soluzione insatura Punto 2: inizio formazione cristalli Punti 3, 4, …: avanzamento della cristallizzazione Il parametro più importante per il controllo del processo è la velocità di aggiunta dell’antisolvente. Risulta quindi fondamentale regolare la portata dell’antisolvente aggiunto nel tempo così da avere una composizione della miscela solvente-antisolvente che sia compatibile con la cinetica di accrescimento dei cristalli e quindi un cammino di cristallizzazione all’interno della zona di metastabilità e al di sopra della curva di solubilità (se, ad esempio, si aggiunge antisolvente troppo velocemente rispetto alla velocità di accrescimento dei cristalli, la soluzione si porta sopra il limite di metastabilità e si rischia di innescare una indesiderata nucleazione a scapito dell’accrescimento). Per aggiunta di un reattivo La formazione dei cristalli è promossa dall’aggiunta di un reagente solubile che modifica il soluto e lo rende insolubile. Un caso tipico è rappresentato dall’aggiunta di un reagente di natura ionica che forma un sale insolubile della molecola farmaceutica. La velocità di reazione deve essere più elevata della velocità di accrescimento dei cristalli in modo da regolare, attraverso il controllo della portata del reattivo, l’accrescimento dei cristalli e quindi il grado di sovrasaturazione. Il parametro più importante per il controllo del processo è pertanto la velocità di aggiunta del reattivo per realizzare un cammino di cristallizzazione all’interno della zona di metastabilità e al di sopra della curva di solubilità (se, ad esempio, si aggiunge reattivo troppo velocemente rispetto alla velocità di accrescimento dei cristalli, la soluzione si porta sopra il limite di metastabilità e si rischia di innescare una indesiderata nucleazione a scapito dell’accrescimento). Per evaporazione del solvente La formazione dei cristalli di soluto è promossa dall’evaporazione del solvente in modo da innalzare la concentrazione del soluto al di sopra del limite di solubilità. 10 Il parametro più importante per il controllo del processo è pertanto la velocità di evaporazione del solvente. Risulta quindi fondamentale regolare la potenza termica ceduta nel tempo così da avere una velocità di evaporazione che sia compatibile con la cinetica di accrescimento dei cristalli e quindi un cammino di cristallizzazione all’interno della zona di metastabilità e al di sopra della curva di solubilità (se, ad esempio, si evapora troppo velocemente rispetto alla velocità di accrescimento dei cristalli, la soluzione si porta sopra il limite di metastabilità e si rischia di innescare una indesiderata nucleazione a scapito dell’accrescimento). Questa modalità è spesso accoppiata con quella di raffreddamento della soluzione. Mediante cristallizzazione per raffreddamento, ad esempio, si porta la resa ad un valore prossimo al 90% e si procede successivamente ad evaporazione del solvente per promuovere la cristallizzazione di una ulteriore massa di soluto. Di seguito si riportano graficamente i cammini tipici di cristallizzazione per aggiunta di un reattivo ed evaporazione del solvente nel caso e) nucleazione seguita da accrescimento e f) inseminazione e accrescimento. Punto 1: soluzione insatura Punto 2: inizio formazione cristalli Punti 3, 4: avanzamento della cristallizzazione APPARECCHIATURE PER LA CRISTALLIZZAZIONE In ambito farmaceutico le cristallizzazioni sono effettuate in batch in reattori agitati multi-purpose a fondo piatto o conico dotati di sistemi per il trasferimento di potenza termica (camicie, serpentini, scambiatori esterni). L’agitazione della soluzione durante la cristallizzazione riveste una importanza fondamentale: • la velocità della sospensione all’interno del serbatoio condiziona i meccanismi cinetici di nucleazione e accrescimento (l’attrito tra cristalli e parete del serbatoio e tra cristalli e girante può ad esempio indurre nucleazione secondaria) 11 • • una insufficiente agitazione può comportare la sedimentazione dei cristalli sul fondo del serbatoio con effetti sulla distribuzione granulometrica e difficoltà di scarico della sospensione a fine ciclo una inadeguata agitazione può generare disomogeneità di composizione e/o di temperatura all’interno del serbatoio con nucleazioni/accrescimenti differenziati dei cristalli e conseguente mancato controllo della granulometeria, forma e abito. 12 La scelta della tipologia di girante e della velocità di rotazione viene effettuata con criteri di scaleup sulla base delle condizioni ottimali di cristallizzazione individuate su scala kilo o pilota. Si riportano di seguito alcune considerazioni da tenere presenti in fase di scale-up per le diverse modalità di cristallizzazione. Per raffreddamento • in caso di camicia per lo scambio termico, la superficie di scambio disponibile risulta inversamente proporzionale al raggio del serbatoio. Pertanto, nel passaggio da scala kilo/pilota a scala industriale, occorre considerare che per raffreddare sarà necessario un salto termico maggiore (forza motrice) tra parete interno camicia e parete interno serbatoio. I sistemi di controllo dovranno evitare un eccessivo raffreddamento della parete interna del serbatoio per evitare che localmente si abbiano eccessive sovrasaturazioni che portino a incontrollate nucleazioni. Per aggiunta di antisolvente • • il sistema di agitazione deve garantire omogeneità di concentrazione di antisolvente nel serbatoio. Su scala industriale possono rendersi necessario ridurre la velocità di aggiunta dell’antisolvente e quindi tempi di addizione più lunghi rispetto alla scala kilo e pilota. Particolare attenzione deve essere dedicata al punto di gocciolamento dell’antisolvente dove si ha un picco di concentrazione e elevata tendenza alla nucleazione. Per aggiunta di un reattivo • • • il sistema di agitazione deve garantire omogeneità di concentrazione di antisolvente nel serbatoio. Su scala industriale possono rendersi necessario ridurre la velocità di aggiunta dell’antisolvente e quindi tempi di addizione più lunghi rispetto alla scala kilo e pilota. Particolare attenzione deve essere dedicata al punto di gocciolamento dell’antisolvente dove si ha un picco di concentrazione e elevata tendenza alla nucleazione. occorre prevedere una adeguata rimozione del calore di reazione. Per evaporazione del solvente • • in caso di camicia per lo scambio termico, la superficie di scambio disponibile risulta inversamente proporzionale al raggio del serbatoio. Pertanto, nel passaggio da scala kilo/pilota a scala industriale, occorre considerare che per fornire il calore di evaporazione sarà necessario un salto termico maggiore (forza motrice) tra parete interno camicia e parete interno serbatoio. Poiché la temperatura interna è costante (siamo all’evaporazione del solvente) si dovrà aumentare la temperatura del fluido caldo in camicia. per evitare temperature eccessive in camicia si può operare sotto vuoto. 13
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