Kathy Reichs Le ossa non mentono Traduzione di Irene Annoni Rizzoli Proprietà letteraria riservata © 2014 by Temperance Brennan, L.P. All rights reserved © 2014 RCS Libri S.p.A., Milano ISBN 978-88-17-07722-4 Titolo originale dell’opera: BONES NEVER LIE Prima edizione: settembre 2014 Realizzazione editoriale: Studio Editoriale Littera, Rescaldina (MI). Traduzione: Irene Annoni per Studio Editoriale Littera. Si ringrazia la dottoressa Cristina Cattaneo dell’Istituto di Medicina Legale di Milano per la cortese collaborazione. Questo libro è il prodotto dell’immaginazione dell’Autrice. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono fittizi. Ogni riferimento a fatti o a persone reali è puramente casuale. A Alice Taylor Reichs, nata il 3 agosto 2012, e Miles Aivars Mixon, nato l’11 agosto 2012. Ringraziamenti Come sempre, ho un immenso debito di riconoscenza con molte persone. Le ossa non mentono ha beneficiato enormemente del contributo di quanti, al Dipartimento di polizia di Charlotte-Mecklenburg, Sezioni omicidi/aggressioni a mano armata e casi irrisolti, hanno condiviso con me tempo e ricordi. Un’acclamazione particolare a Chuck Henson, Dave Philips e Lisa Mangum. Sono grata a Mike Bisson, Michael Baden e Diane Seguin per le numerose domande cui hanno risposto; a Courtney Reichs per gli input in materia di ospedali e professioni infermieristiche. Cheri Byrd e Michelle Skipper hanno fornito abbondanti quantità di brioso entusiasmo, oltre che di buon vino e risate. Per l’incessante sostegno, esprimo il mio apprezzamento al chiarissimo rettore della University of North Carolina a Charlotte, Philip L. Dubois. Un sincero ringraziamento alla mia agente, Jennifer RudolphWalsh, e alle mie editor superstar, Jennifer Hershey e Susan Sandon. Un doveroso riconoscimento va, inoltre, a tutti coloro che si adoperano strenuamente nel mio interesse. Negli Stati Uniti: Gina Centrello, Libby McGuire, Kim Hovey, Scott Shannon, Susan Corcoran, Cindy Murray, Kristin Fassler, Cynthia Lasky e Joey McGarvey. Sull’altra sponda del lago: Simon Littlewood, Glenn O’Neill, Georgina Hawtrey-Woore e Jen Doyle. A nord del quarantanovesimo parallelo: Kevin Hanson e Amy Cormier. Alla William Morris Endeavor Entertainment: Caitlin Moore, 7 Maggie Shapiro, Tracy Fisher, Cathryn Summerhayes e Raffaella De Angelis. Ancora, un grazie a Paul Reichs per le perspicaci notazioni al manoscritto. Come sempre, infine, un immenso merci ai miei lettori, che continuano a leggere le avventure di Tempe, partecipano con entusiasmo agli incontri con l’autrice e alle sessioni di autografi, visitano il mio sito (KathyReichs.com) e mi seguono su Facebook e Twitter (@kathyreichs). Ragazzi, siete fantastici! Se ho dimenticato qualcuno, me ne scuso. Gli eventuali errori presenti in questo libro sono da ascrivere esclusivamente alla mia responsabilità. 8 Le ossa non mentono Prima parte 1 Trovai il messaggio il lunedì mattina presto. Honor Barrow mi convocava per una riunione fuori programma. Ne avrei fatto volentieri a meno, con i germi del raffreddore che si rimboccavano le maniche e dopo un weekend a base di decongestionanti e tè al limone con miele. Pertanto, invece di finire il mio rapporto su un motociclista in avanzato stato di decomposizione, mi unii ai milioni di altri automobilisti che arrancavano verso il centro città all’ora di punta. Alle 7.45 parcheggiavo sul retro del Law Enforcement Center. L’aria era fresca e odorava di foglie asciugate al sole. O così presumevo: il mio naso era talmente tappato che non avrebbe colto la differenza tra un tulipano e un bidone delle immondizie. Nel 2012 i democratici avevano tenuto a Charlotte la loro quadriennale convention. A decine di migliaia erano accorsi per festeggiare o protestare, e per nominare un candidato. La città aveva speso qualcosa come cinquanta milioni di dollari in misure di sicurezza e, di conseguenza, il piano terra del lec, un tempo un open space, somigliava al ponte di comando dell’Enterprise: barriera circolare in legno, vetri antiproiettile, teleschermi attraverso i quali veniva monitorato ogni centimetro dell’edificio. Dopo aver firmato il registro, infilai il mio badge nel lettore e salii al secondo piano. Barrow passò davanti all’ascensore che si fermava ronzando nell’istante in cui le porte si aprivano. Dietro di lui, visibili oltre l’ingresso, frecce su fondo verde indicavano le sezioni dei Crimini contro la proprietà, a sinistra, e dei Crimini contro la persona, a 13 destra. Sopra le frecce, campeggiava il nido di vespe che è simbolo del Dipartimento di polizia di Charlotte-Mecklenburg. «Grazie per essere venuta.» Barrow quasi non rallentò il passo. «Nessun problema.» A parte i tamburi nelle mie orecchie e il fuoco in gola. Lo seguii oltre la soglia e girammo entrambi a destra. I detective affollavano il corridoio in tutte e due le direzioni, per lo più in maniche di camicia e cravatta, uno in pantaloni di tela e polo blu con l’emblema del Dipartimento. Tutti avevano il caffè in mano e artiglieria assortita addosso. Barrow scomparve in una stanza sulla sinistra, contrassegnata da un secondo cartello verde con la scritta 2220: sezione reati violenti. Omicidi e aggressioni a mano armata. Io proseguii dritto, oltre tre stanze per gli interrogatori. Dalla più vicina, una voce baritonale sbraitava la sua indignazione in termini alquanto ostili. Dieci metri più in là, entrai in un vano denominato 2101: omicidi. sezione casi irrisolti. Un tavolo grigio e sei sedie ricoprivano quasi tutta la metratura. Il resto era occupato da una fotocopiatrice, uno schedario, lavagne bianche cancellabili e pannelli di sughero alle pareti. In fondo alla stanza, un basso divisorio lasciava intravedere una scrivania con sopra le solite cose: telefono, tazza, pianta agonizzante, vaschette portadocumenti strapiene in entrata e in uscita. Una finestra proiettava rettangoli di luce sul sottomano. Non un’anima in vista. Lanciai un’occhiata all’orologio a parete. Le 7.58. Solo io ero arrivata puntuale? Con la testa che mi martellava, e lievemente seccata, mi lasciai cadere su una sedia, posando a terra la tracolla. Sul tavolo c’erano un laptop, una scatola di cartone e una vaschetta di plastica. I due contenitori recavano un numero sul coperchio e quello che contrassegnava la vaschetta mi era familiare. 090430070901. Il dossier riportava la data 30 aprile 2009. Un’unica telefonata, giunta alle 7.09. 14
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