Lettera ai presidenti regionali

Ai Presidenti delle Giunte regionali
Ai Presidenti dei Consigli regionali
Roma, 10 novembre 2014
Prot.DG325/14 - wwf
Oggetto: impugnazione dell’art. 38 del decreto legge n. 133/2014, c.d. Sblocca Italia
Gentile Presidente,
come lei sa, le nostre associazioni hanno promosso nelle scorse settimane un programma di
iniziative particolarmente incentrato sull’art, 38 del cosiddetto decreto Sblocca Italia (dl
133/2014).
Vi hanno aderito sindaci, rappresentanti delle giunte e dei consigli regionali, parlamentari
locali, rappresentanti delle categorie economiche a bordo della Rainbow Warrior a Licata (il 12
ottobre) e a Siracusa (il 17 ottobre), e il 27 ottobre nella Sala dei Marmi della Provincia a
Pescara in Abruzzo (a partire dalle ore 10.00), nella sala del Consiglio regionale a Bari (a partire
dalle ore 12.00), nella sala Inguscio della Regione Basilicata a Potenza (dalle 16.00).
Anche dopo le non sostanziali modifiche introdotte alla Camera e il voto di fiducia al Senato
non è cambiata la portata negativa delle disposizioni dell’art. 38 del decreto legge n. 133/2014.
Per i motivi riportati in sintesi nella scheda allegata, le chiediamo – sulla scia degli orientamenti di
alcune Giunte Regionali - di procedere agli atti necessari per l’impugnazione dell’articolo 38
del decreto legge 133/2014 una volta convertito in legge.
In attesa di un riscontro, un nostro incaricato si metterà in contatto con i suoi uffici per
verificare la disponibilità della sua Regione a intraprendere l’ iniziativa qui proposta.
Con i migliori saluti,
Donatella Bianchi
Presidente WWF Italia
Andrea Carandini
Presidente FAI
Vittorio L. Cogliati Dezza
Presidente Legambiente nazionale
Andrea Purgatori
Presidente Greenpeace Italia
Rosalba Giugni
Presidente Marevivo
Documento di sintesi
relativo alle disposizioni dell’art. 38 d.l 133/2014 approvate dal Senato
Il testo modificato dalla Camera dei deputati e approvato dal Senato dell’art. 38 del decreto legge n.
133/2014 (come meglio specificato nel documento allegato) contiene disposizioni che a tutt’oggi:
1) consentono di applicare le procedure semplificate e accelerate sulle infrastrutture strategiche ad
una intera categoria di interventi, senza che vengano individuate le priorità e senza che venga
chiarito se il “piano delle aree”, come previsto dalle leggi vigenti, si applichi la Valutazione
Ambientale Strategica;
2) trasferiscono d’autorità nel marzo 2015 le procedure di VIA sulle attività a terra dalle
Regioni al Ministero dell’Ambiente;
3) compiono una forzatura rispetto alle competenze concorrenti tra Stato e Regioni, cui al
vigente Titolo V della Costituzione, non prevedendo che sono necessarie “intese forti” con le
Regioni;
4) prevedono una concessione unica per ricerca e coltivazione, in contrasto con la distinzione
comunitaria tra le autorizzazioni per prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi;
5) trasformano forzosamente gli studi del Ministero dell’Ambiente sul rischio subsidenza in
Alto Adriatico, derivante dalle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, in
“progetti sperimentali di coltivazione”;
6) costituiscono una distorsione rispetto alla tutela estesa dell’ambiente e della biodiversità,
rispetto a quanto disposto dalla Direttiva Offshore 2013/30/UE e dalla nuova Direttiva
2014/52/UE sulla Valutazione di Impatto Ambientale.
In particolare nei commi da 1 a 5 dell’art. 38 del decreto legge n. 133/2014 risulta evidente non
solo l’esclusione degli enti locali ma soprattutto si ha la marginalizzazione delle stesse Regioni,
considerate alla stregua di tutte le amministrazioni che concorrono al processo decisionale,
senza che vengano rispettate le loro competenze di cui al Titolo V della Costituzione che
presuppongono la necessità di “intese forti” nel rispetto del principio di leale collaborazione
richiamato dalla Carta.
Proprio quelle intese che vengono richiamate nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, che in
particolare con la sua Sentenza CC n. 383/2005 in materia energetica ricorda come “Tali intese –
infatti - costituiscono condizione minima e imprescindibile per la legittimità costituzionale della
disciplina legislativa statale che effettui la “chiamata in sussidiarietà” di una funzione
amministrativa in materie affidate alla legislazione regionale, e quindi non sono superabili con
decisione unilaterale di una delle parti. In questi casi, pertanto, la volontà della Regione
interessata non può essere sostituita da una determinazione dello Stato.”
Si aggiunga, per completezza di informazioni, che la norma, così come concepita, costituisce un
arretramento anche rispetto all’attuale formulazione del vigente articolo 6, comma 17 del
Dlgs n. 152/2006, così come modificato dall’art. 35 del decreto legge n, 83/2012, per quel che
riguarda il coinvolgimento degli enti locali posti nel raggio di 12 miglia dalle aree protette
marine e costiere nella procedura di VIA e quindi nei procedimenti autorizzativi riguardanti
le attività offshore.
L’escamotage della strategicità, attuato anche in relazione a quanto disposto dall’art 35
(Inceneritori) e dall’art. 37 (gasdotti, rigassificatori, stoccaggi di gas), che sono anch’essi
all’attenzione delle nostre associazioni, costituisce una forzatura intollerabile e difficilmente
sostenibile.
Va valutato inoltre che il calcolo costi-benefici dell’impatto economico, sociale e ambientale
dell’operazione è assolutamente perdente per il Paese, quando si pensi che l’inquinamento
sistematico e il rischio di incidente mettono sotto scacco aree di pregio naturalistico e
paesaggistico, dove si svolgono fiorenti attività economiche legate ai settori delle pesca e del
turismo per cercare di estrarre petrolio di bassa qualità che potrebbe coprire, valutate le
riserve certe a terra e a mare, il fabbisogno nazionale per appena 13 mesi.
Sulla base delle elaborazioni del UNMIG-RA del maggio 2014, i titoli minerari- permessi di
ricerca, e concessioni di coltivazione- a terra, coprono ben 38.000 kmq, un’area grande quanto 3
volte l'Abruzzo. Da segnalare poi che, sempre a terra, sono da prevedersi a breve istanze di
permesso di ricerca che coprono un’ulteriore area di 14.000kmq. Sarebbe così ipotecato il
futuro di vastissime aree del Paese, come ad esempio in Basilicata, dove oltre la metà del
territorio sarebbe sottoposto alla servitù petrolifera. In mare l'area interessata da titoli minerari
è di 15.000 kmq, a questa si devono aggiungere i 46.000 kmq circa delle istanze di permesso di
ricerca e prospezione, localizzate in specie nel Mar Adriatico, Mar Ionio, Canale Di Sicilia, e
Mar Balearico nel quadrante nord-occidentale della Sardegna.