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Racconti filosofici
I
Spinoza e la presa d’aria
di Luca Zendri
[email protected]
www.lucazendri.com
Io sono freddoloso. Mi dicono che dipende dal nervoso, dal
carattere. Dovrei avere freddo anche d’estate, allora. Invece niente,
sto benissimo, d’estate. Può darsi che si tratti di un archetipo. Non
andrei da uno strizzacervelli neanche se sentissi la voce del mullah
Omar rimbombarmi nel cranio, ma ieri sera ho letto un libro: Die
Beziehungen zwischen dem Ich un dem Unbewussten, di Karl
Gustav
Jung.
In
tedesco,
perché
mio
nonno
era
un
Obergruppenführer delle SS. Un tipo con qualche angolo vivo nel
carattere, ma per il resto simpaticissimo. Da bambino mi aveva
insegnato il tedesco e di nascosto, in cantina, a marciare al passo
dell’oca. Io marcio perfettamente al passo dell’oca tutt’ oggi, ma
non in pubblico, per non ingenerare perplessità. Sono un tipo che
ama essere giudicato con benevolenza. La benevolenza è il vertice
della mia etica personale, la esercito e la esigo, quando si tratta di
me. Chi non è benevolente con me, beh. Mio nonno mi ha
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insegnato due cosette che tengo segrete. In fin dei conti il nazismo
era un modo trasparente di regolare i rapporti umani, e oggi, di
trasparenza, ce ne vorrebbe.
Sia come sia, sono freddoloso e il libro dello strizzacervelli
svizzero mi ha fatto capire che in certi momenti della vita noi
siamo preda dei borborigmi dell’inconscio, e il primo fronte su cui
si combatte la guerra sono i sogni.
La notte dopo avere letto il libro ho sognato un siluro filoguidato
che strisciava per terra nei giardini pubblici di Mannheim, tra la
Kolpingstrasse e la Ludwig – Ratzel Strasse. Kolping era anche il
nome del cane di mio nonno, cane morto di freddo in Russia e poi
divorato dai soldati in trincea. Non c’era un Mc Donald’s a portata
di mano, a Stalingrado.
Il libro di Jung mi ha insegnato che l’archetipo che mi riguarda è
quello dell'Eroe. Il mio inconscio lo rappresenta come cane
divorato dal soldato tedesco, a sua volta archetipo della madre
fallica. Io non so se mia madre fosse fallica, ma di certo era avara e
teneva sempre il riscaldamento sul minimo anche nelle più rigide
giornate invernali, quando il vento ti si infila tra l’atlante e
l’epistrofeo. Quindi, a seguire Jung, la mia tensione rimossa ad
essere l’Eroe che si sacrifica per il Padre Ideale, si sarebbe potuta
facilmente trasformare nella sensazione di freddo incoercibile, la
madre (mia? Di Jung? Non è dato sapere) lì a vegliare sul sintomo
e a cuocerlo nel forno della sua fallicità, o presunta tale. Da qui la
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mia tormentosa ricerca, in inverno, per trovare il modo di non
patire il freddo, senza peraltro riuscirci mai. Insomma, tutto questo
mio stropicciare il cervello con archetipi, cani morti, nazisti e
metano ha come epicentro la caldaia murale.
L’aspetto più strano della nostra società, destinata con certezza ad
un’implosione che sarà stata spettacolare per i quatto gatti che ne
usciranno ancora vivi, è di avere schiacciato il mito negli oggetti di
ogni giorno, rendendolo invisibile come mai prima nella Storia. In
questo modo siamo diventati pazzi senza accorgercene. Viviamo
per acquistare oggetti senza sapere che si tratta di anime super
compresse nelle cose. Pensate al dentifricio. Il dentifricio è uno
spirito evolventesi al passo del mito della purezza interiore. Ogni
tre settimane la pubblicità del dentifricio cambia cambiando nome
allo stesso prodotto e presentandolo come l’amorevole risultato del
lavoro inesausto di legioni di tecnici. Essi lavorano lo spirito del
dentifricio rendendolo sempre più puro e santo, tanto da
trasformare il nostro fiato-anima in un desiderabile flusso
apotropaico, tale da renderci amabili, mondi, sublimi. E’ lo stesso
procedimento che agita il godere del mistico, solo che – tragedia
terribile dei nostri tempi – non si può dire. Non si può dire che la
pubblicità del dentifricio eccita l’animismo e l’archetipo della
purezza morale che tende ad unirci a Dio, in un numinoso incesto!
Non si può dire che il dentifricio di oggi sostituisce l’effetto voluto
dagli scritti di Plotino. Non si può. Guai. E difficile. La gente non
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capirebbe. E intanto l’inconscio brontola, si carica, va su di
pressione…
E la caldaia murale? La caldaia murale compendia in sé l’intera
anima mundi, come direbbe lo strizzacervelli svizzero. Caldaia
anima mundi. Suona anche bene, sembra in latino. Caldaia, della
prima declinazione. Caldaiorum, delle caldaie, genitivo plurale, ma
ancora meglio caldaibus, ablativo. Ma non perdiamo tempo. Io ho
una caldaia murale a camera aperta. L’espressione camera aperta
evoca una magnanima, sorridente mitezza. Ci sono anche quelle a
camera chiusa, ma si capisce già dal nome che sono caldaie
benthamiane, costruite in base a un qualche panopticon gasistico,
c’è l’idea che qualcosa viene privato della libertà di essere come la
sua natura vorrebbe. Camera chiusa. Il tecnico mi aveva chiesto
cose scegliere, se caldaia a camera chiusa o a camera aperta, e io
sono uno che, tenendo alla benevolenza, non potrebbe mai avere
una caldaia a camera chiusa e a ventilazione forzata. Il gas,
nell’inconscio, è archetipo del desiderio, Jung lo direbbe di sicuro.
Del resto, che cosa non ha detto Jung?
La caldaia a camera aperta aspira ossigeno dall’ambiente, ne fa uso
come comburente, il combustibile essendo il metano, e dopo
cessione di energia – che secondo la fisica si degraderà a mio
vantaggio – si producono i cosiddetti gas combusti. Mio nonno all’
idea di caldaie e gas combusti spalancava gli occhi e mi faceva
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segno di tacere, guardandosi in giro con un che di colpevole. Vai a
sapere perché.
I gas combusti scambiano il loro calore con quello dell’acqua
tramite un ordigno che si chiama scambiatore primario, un nome
maestoso, regale, che mi ha sempre causato una puntura di
esaltazione mistica. I fumi, poi, salgono verso una cappa in
direzione dello scarico, e qui incontrano i sensori di combustione,
piccoli, odiosi e feroci oggetti, la cui natura è tale da scatenare
l’obbligo della Manutenzione Obbligatoria Biennale.
Ogni due anni dovete chiamare il tecnico delle caldaie. Sembra
cosa elementare, chiamare qualcuno per telefono. Attenti. Non è
per niente elementare chiamare il tecnico della Manutenzione
Obbligatoria Biennale. Io ho capito come funziona la faccenda e vi
renderò il servizio insostituibile di informarvene, al prezzo della
fatica di continuare a leggere, cosa alla quale non vi costringo, per
via della mia benevolenza.
Dunque. Io sono freddoloso. Ci sarà anche l’archetipo tra i piedi,
ma ho meno freddo se la caldaia murale funziona. In fin dei conti è
un ricatto che mi rende debole e prono all’azione di terzi, coloro
che possiedono, della mia caldaia, un sapere. Nella vita
bisognerebbe evitare come la peste di dipendere da un sapere altrui,
tanto più quanto più sia contiguo ad aspetti delicati della vostra
natura. Cibo, calore, amore, godimento, dovrebbero essere del tutto
auto regolabili. La mia caldaia murale è coperta e protetta da una
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corazza esterna amovibile. Basta togliere due viti e l’esoscheletro si
stacca. Sotto, c’è un mirabile agglomerato di organi vitali che
ispirano un misto di tenerezza e sgomento. Riconosco la pompa di
circolazione, a tronco di cono, la scatola dell’impianto elettrico con
la scheda elettronica, la valvola di carico, il bruciatore, lo
scambiatore di calore, il vaso di espansione, la cappa, e un numero
inquietante di sotto sistemi tra loro connessi, di forma e materiale
diversi, argentei, neri, rossi. L’ecografia di un feto, la fotografia
dell’universo profondo scattata dal telescopio orbitante. Tutto
palpita.
Non c’è il libretto delle istruzioni. Dopo due anni, la caldaia deve
essere revisionata. Si potrebbe rompere. Io sono freddoloso.
La
fisiologia
della
macchina
è
un
supremo
equilibrio
elettromeccanico. Il mio sapere è nullo rispetto al combinato
sistema vivente della caldaia murale, quindi, o chiami il tecnico, o
vai in ansia fin quasi a vomitare. Questo ricatto non è aggirabile.
Loro, l’unione planetaria dei tecnici, lo sa. Si sono organizzati, forti
di un potere assoluto. Hanno suddiviso il territorio urbano in aree e
se lo sono assegnato dopo lotte terribili di cui non c’è traccia nella
storia, ma di cui ho saputo qualcosa grazie a uno di loro che,
piangendo, mi ha raccontato tutto. I tecnici capi più cattivi e ricchi
hanno dato l’assalto alle fabbriche delle caldaie murali e a suon di
minacce e denaro hanno imposto il loro dominio. Va da sé che tra
loro c’è stata una lotta feroce, come tra tribù ostrogote. Uno di loro
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è stato strangolato con un tubo di rame, ad altri è stata trovata nel
cervello una candeletta di accensione, ad un terzo è stato rotto il
cranio con uno scambiatore primario. Poi, hanno vinto, come
sempre, i peggiori, i più cattivi, spietati, feroci. Sono i loro, i
numeri di telefono che trovate in Internet cercando su Google
Caldaie manutenzione e installazione. I peggiori sono quelli che
eseguono sia installazione che manutenzione. Guardatevene.
Chiedete subito: “voi installate caldaie, oltre che fare la
manutenzione biennale obbligatoria?” Se vi dicono di sì, riattaccate
immediatamente e sperate che non vi richiamino. Possono
richiamarvi per anni! Vi minacceranno in tutti i modi. Dovrete
cambiare casa, città, paese! Conosco gente che per sfuggire agli
installatori manutentori ha cambiato continente, andando nelle
lande desolate alla periferia di Ulan Bator, in Mongolia. Prima di
sapere tutta la faccenda, ho passato guai terribili.
Un giorno è venuto da me uno di quelli cattivi. Non lo sapevo. Era
il sicario di un noto installatore manutentore, uno dei più feroci. Il
tecnico era un tizio identico a un cantante degli One Direction.
Portava una valigia rigida in alluminio, una più piccola, sempre in
metallo, e un bidone aspiratutto dall’aria aggressiva. Mi ha chiesto
una scala, più luce, un caffè, e il Libretto di Impianto. Il Libretto di
Impianto è il diario intimo della caldaia murale, su cui si narrano le
vicende della sua vita, le tristezze, i problemi, gli errori e le
vicissitudini familiari. Poi ha smontato l’esoscheletro, si è messo le
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mani sui fianchi e ha cominciato ad emanare irritato scontentezza
come una suocera di fronte a una nuora molto più bella di lei.
Naturalmente mi sono allarmato molto. Io sento quello che le
persone emanano senza parlare, perché si tratta di un discorso fatto
in altro modo, basta avere speciali orecchie per sentirlo.
-
Dovè la presa d’aria? - Non dov’è. Dovè, volgare, sfrontato.
Mio nonno mi aveva insegnato le tecniche di interrogatorio
delle SS, perché, diceva, nella vita può sempre venire utile.
Il tecnico aveva usato un tono che il nonno avrebbe lodato.
-
E’ stata ricavata nel muro, là a sinistra, ha un diametro di 22
centimetri, protetta da grata esterna e interna, collocata a 30
centimetri da terra, come da regolamento! – ho recitato
prontissimo. Io studio il libretto di impianto regolarmente,
almeno una volta ogni tre mesi, e lo imparo a memoria.
Bisogna, se si vuole passare la revisione obbligatoria
biennale!
-
Mi ci conduca!
-
Jawohl! – ho detto, con un sorriso complice.
L’One Direction ha estratto un metro flessibile, con un ringhio
metallico l’ha svolto, e ha misurato la presa d’aria, inginocchiato a
terra. Poi si è inerpicato sulla scala metallica e mi ha chiesto di
chiuderlo nel vano caldaia. Da fuori, io sentivo un trapestio ritmico
e la caldaia avviarsi con furore. Era al massimo. Io ho paura
quando la caldaia va al massimo perché il ricordo di mia madre mi
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manda in ansia. Lei la teneva sempre al minimo. Forse mi ha
condizionato. Forse Jung lo direbbe. Avrei dato tutta la mia
collezione di guanti in lattice per poter chiedere qualcosa, ma ho
imparato che non bisogna mai fare domande a un tecnico delle
caldaie. Si irritano moltissimo. La collezione di guanti in lattice
risale a un mio avo, un chimico austriaco, che ha iniziato a
collezionarli fino dalla loro comparsa, nel 1758 in Germania.
Improvvisamente la porta s’è aperta con una certa violenza, ed è
apparso l’One Direction con un viso torvo.
-
Il tiraggio è insufficiente. Siamo sotto il due. La caldaia non
può essere usata. Deve cambiarla e installarne una a camera
chiusa! – Un sorriso di trionfante cattiveria illuminava il
suo ributtante volto giovanile.
-
Ma! – ho guaito. – …ha solo 8 anni!
-
Modello vecchio. Non si può tenere qui una caldaia a
camera aperta con una presa d’aria del 22. L’impianto non
si può usare. Lo scrivo qui sul libretto, mi spiace, ma è mio
dovere!
Cento e trenta euro dopo, ero seduto sul divano con gli occhi fissi
alla caldaia, che sembrava un cadavere fresco. Ho avuto un attacco
di freddolosità terribile, battevo i denti. La presa d’aria! Alzatomi
di scatto, mi sono inginocchiato di fronte al foro nel muro e ci ho
guardato dentro. Possibile? Da otto anni stavo usando una caldaia
murale a camera aperta con tiraggio sotto il due? Rannicchiato di
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nuovo sul divano, ho riavvolto nella mente la registrazione
dell’evento, dalla comparsa dell'One Direction sulla mia porta sino
alla sua frettolosa, sospetta fuga. Io ho due prese d’aria. Una in
basso, e una in alto, del diametro 30 centimetri. Quella in alto, il
tecnico non l’aveva nemmeno vista. Possibile? Ed era stato assai
veloce nella misurazione di fumi. Ci vogliono venti minuti. Lui
invece, dieci, e via.
Faceva freddo. La caldaia silente dava l’idea dell’immensità
dell’inverno nella steppa russa, come doveva essere a Stalingrado,
nei giorni della disfatta dell’esercito del nonno. Dovevo uscire da
quella situazione.
Io ho un fiuto per le segretarie. Ho notato che se le segretarie che
rispondono al telefono degli installatori evocano sensazioni
morbide, di solito il tecnico che arriva non è tanto cattivo. Quella
del mattino prima, quella che mi aveva spedito l’One Direction,
aveva invece un tono brusco, da giovane aggressiva, come quelle
donne così comuni oggi, spietate e seduttrici.
Ho acceso il computer e digitato “caldaia murale a camera aperta
revisione biennale” su Google e il video ha aggressivamente
espulso un elenco di nomi tronchi: Tecnogas, Semprecald,
Caldaiasuper, Tecnoimpiant, Subitocalor. Ho iniziato a chiamare.
Se incontravo la segretaria cattiva, riattaccavo subito. Due erano
state semibuone. Una sembrava una zia rassicurante, e le ho fatto
subito un discorso piuttosto contorto.
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-
Buongiorno, è la Megliogaschenient?
-
Siiii, mi dica, scusi, ma ho qui il gatto dell’officina…su, vai
via, micio…ecco…dica…
-
Il gatto, eh sì! Io ne ho uno tigrato – non è vero –
dolcissimo, regalo di mio fratello vescovo – fa il
dermatologo – e lo tratto come un re – odio gli animali.
Tutti.
-
Braaavo! Lei è una persona buona, si sente dalla voce, sa, io
me ne intendo, faccio la segretaria da 25 anni qui e le
riconosco, le persone buone!
Era fatta. Me lo sentivo.
-
Ma è tanto cara, lei. Le chiedo scusa, ma la chiamo per una
faccenda che mi ha spaventato, non so come uscirne, ho
bisogno di aiuto – voce flebile, non querula, ma
d’impotenza rassegnata, invocante con discrezione aiuto
ove possibile, e senza creare disturbo.
-
Ma mi dica subito! La aiuto volentieri. E’ una faccenda
tecnica?
-
In effetti, non lo so. Le racconto. Mi è venuto in casa un
tecnico di una ditta, non sto a dire quale, che ha fatto il
controllo biennale. La mia caldaia ha sempre avuto bollino
verde e controlli con risultati perfetti, io sono uno che ama i
regolamenti, sa?
-
Bravo!
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-
Grazie. Beh, sono costretto a dire che quel tizio
era…cattivo. Mi ha maltrattato. Ha effettuato un controllo
dei fumi, e non si è neanche sincerato che le prese d’aria
della casa fossero libere. Non m’ero accorto che su una era
stato appoggiato uno scatolone, e…
-
E le hanno detto che non poteva più usare l’impianto, vero?
-
Si. E sono freddoloso, spaventato e triste.
-
Povero signore! Ma…era una ditta che fa anche
installazioni?
-
Come no. E’ scritto su Internet.
-
E le hanno detto di cambiare la caldaia perché obsoleta?
-
Come fa a saperlo?
-
Perché
noi
non
siamo
installatori.
Facciamo
solo
manutenzione. Gli installatori cercano sempre di vendere la
caldaia murale nuova. Sa….
-
La sua è un’affermazione grave….
-
Non le ho detto niente, rimanga tra noi…glielo ho detto
perché ha un gatto tigrato. Ora le mando il nostro tecnico
più bravo. Vedremo il da farsi. Domani alle dieci e trenta va
bene?
Non andava bene per niente, ma avrei sacrificato sull’altare
della caldaia murale anche il primo appuntamento con la donna
incontrando la quale mi sarei sentito finalmente capito, amato e
felice. Quindi…
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-
Benissimo! Ci sarò. Lei è un tesoro!
-
Ma va là! Che tenero. Mi raccomando il libretto di
impianto!
Il nonno sarebbe stato contento di me. Non è vero che la menzogna
non paga. Paga tanto più quanto più è costruita su misura. Lo sanno
tutti, ma non si insegna. A scuola dovrebbero fare dei corsi di
menzogna applicata. E’ di vitale importanza saper mentire
perfettamente, spesso ne va della vita. E’ cosa d’importanza pari
alla conoscenza della respirazione bocca a bocca o della tecnica di
per espellere un corpo estraneo incastrato nella trachea.
Dopo avere arrancato con la mia agenda per ore, ero riuscito a
liberare l’orario previsto per l’arrivo del tecnico manutentore, ma
non installatore. Balzai alla porta al primo accenno del campanello
e mi trovai davanti un tipo con occhi singolarmente grandi, lucidi,
distanti, un naso dritto e lungo in un viso ovale, incorniciato da una
cascata di capelli ondulati, vestito con marsina. Mi irrigidii come
chi, per la prima volta in vita sua, veda realizzarsi un desiderio. Il
tizio portava la rituale doppia valigia e l’aspirapolvere, anche se di
modello differente, dalle forme morbide e di color rosa pallido.
-
Lei è?...
-
Baruch. Il Tecnico.
-
Baruch…Spinoza?! – mi sfuggì con un
soffio. Poi mi
corressi, strizzando l’occhio che s’era contratto per la
sorpresa. - Mi scusi, è che…
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-
No, Non si scusi. Faccio Finsterle di cognome. Altoatesino,
di madre cèca. Il nome Baruch me l’ha dato mia madre,
docente di filosofia all’università di…
-
Mannheim?
-
Come fa a saperlo?
-
E’…è stato Jung, in un sogno, cioè, volevo dire,
l’archetipo…
-
Su, mi faccia entrare. Non stiamo a perdere tempo.
Cogitatio adequata semper vitat eandem rem. Dov’è il
libretto di impianto?
-
Ma scusi…e la marsina?
-
Mi vesto spesso così. Mio vezzo. Mi fa sentire a mio agio.
A volte metto il frac. Il nostro in fin dei conti è un lavoro
nobile, le caldaie sono delicate.
-
Come no! Ma sarà scomodo…
-
Assolutamente no! La marsina un tempo era un abito da
campagna. Ma guarda! Un modello a camera aperta…
-
Lo so! Non mi dica che…
-
Un modello con doppio scambiatore di calore, il primario e
il secondario, vede là, il primario? E’ l’anima della caldaia,
se così posso esprimermi…ora osservi come sono disposti
gli organi interni. Vede?
Guardai. Baruch mi ispirava un senso di sacerdotale mitezza e
dimostrava acume speculativo impressionante.
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-
Se lei osserva…la disposizione degli organi interni
configura una struttura in cui la posizione nello spazio è
conforme ad una precisa funzione logica. La pompa in
basso a destra, vicina alla scatola delle schede elettroniche,
indica che è direttamente controllata dal microchip, visto
che da esso dipende la sua velocità di rotazione nonché la
sua stessa accensione ovvero spegnimento…e la valvola di
mandata è alla sua destra, a significare il legame tra l’acqua
d’impianto e la miscelazione controllata con l’acqua fredda,
per bilanciare la temperatura. E lo scambiatore primario?
Ma lo guardi, la prego…è vicino al bruciatore, anzi,
direttamente adiacente, in modo che l’acqua non perda
calore prima di scambiare energia con quella fredda
all’interno delle lamine! E quello secondario…è lì, vicino
alla valvola termostatica, in modo da scaricare subito
eventuali sovrapressioni all’esterno…quindi, se Lei ci
pensa, si potrebbe dire che…
-
Che…
-
Ordo rerum idem est…su, provi ad andare avanti Lei…
-
…ac ordo idearum! – esclamai prendendo fiato come fosse
la prima volta. Ordine delle idee e ordine delle cose sono lo
stesso! Allora è vero!
-
Come no. Dov’è la presa d’aria?
-
Aaahhh. Lei sa che…
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-
Certo. Ex data causa determinata necessario sequitur
effectus, et contra si nulla detur determinata causa,
impossibile est ut effectus sequatur.
-
Il terzo assioma dell’Ethica di Spinoza!
-
Mio omonimo. Vedo che lei ha letto il libretto d’impianto
alla luce dell’opera spinoziana. E’ l’unico modo per capirlo.
Così si fa! Se la presa d’aria è inefficiente, otturata, in
posizione sbagliata, ne deriva che la combustione è
difettosa, come rileveranno i sensori, e il valore letto sullo
strumento determinerà…
-
…l’impossibilità..
-
..di usare l’impianto.
-
Ma certo! Sequitur effectus!
-
Vedo che capisce. Ma non è finita qui: poiché in rerum
natura nullum datur contingens, se il tecnico precedente ha
rilevato un dato pari a 2, significa non! – e dicendo non
Baruch innalzò al soffitto il lungo indice d’una mano
angelica –… non che il dato è sbagliato, ma che esiste una
causa che lo ha determinato, causa che io intendo scoprire.
Venga con me!
Ero estasiato come un bimbo sussunto nello sguardo amante d’una
madre perfetta.
Baruch aveva mollato a terra tutto l’armamentario e si era diretto
nel buio del vano caldaia, alla ricerca delle prese d’aria.
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-
Mmmm…dovrebbero essercene due. Una a terra, e una in
altro. Ci sono?
-
Cerrrrto! E pensi che il tecnico perfid…quello che è venuto
prima..
-
Tecnico installatore e manutentore?
-
Sì! Lui!
-
Non ha verificato l’esistenza in loco delle due prese,
nevvero?
-
Sì. Cioè no! Cioè sì!…Insomma…
-
Ho capito. Non ha verificato, perché affectus qui passio est,
desinit esse passio simulatque ejus claram et distinctam
formamus ideam.
-
Cioè…un sentimento che è una passione cessa di essere una
passione dal momento in cui noi ce ne formiamo un'idea
chiara e distinta?
-
Ottima traduzione. Il tecnico non aveva un’idea chiara e
distinta perché dominato dalla passione di...come dire…
-
Fregarmi?
-
Si. Non è modo elegante di dire, ma è così.
-
Me lo sentivo. Ma vede? E’ lassù, l’altra presa…d’aria…
Baruch chiese con movenze nobili una scala, e notai che il
modo di chiedere era davvero altra cosa rispetto all’imposizione
volgare del perfido One Direction. Mi sentii lieto, onorato di
porgere a Baruch una scala che ne innalzasse la persona.
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-
La vedo! Mmm…lei ha tolto la grata antipolvere, ovvero,
l’ha mai pulita?
-
Mai saputo della grata antipolvere!
-
Deve sapere che le grate antipolvere se non pulite
regolarmente
occludono
le
prese
d’aria.
Ora
la
tolgo…guardi! E’ piena di smog, la grata in questo modo è
otturata. Lei deve sapere che unumquodque corpus jam
tardius jam celerius movetur…
-
Certo! Ogni corpo si muove ora più lentamente, ora più
celermente, ma…
-
Così fa l’aria attraverso la presa. E se la presa è otturata a
causa della grata, movetur tardius, si muove più lentamente,
e il valore della facoltà combustiva può scendere anche
sotto il due. E il tecnico manutentore installatore non le ha
detto nulla di tutto ciò, vero?
-
No!!
-
E’ chiaro. Del resto, cognitio mali cognitio est inadequata.
-
Sempre l’Ethica, propositio sessantaquattro…la conoscenza
del male è una conoscenza inadeguata…
-
Bravo. Lo scriva in nota sul libretto d’impianto.
Come accaduto con il tecnico cattivo, Baruch si chiuse, però
con movenze aggraziate, nello stanzino, in amoroso colloquio
con la caldaia murale. La accese ma non al massimo, bensì con
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mitezza, a metà potenza. Si vede quando uno ha stile. Dalla
porta chiusa Baruch parlava a voce alta.
-
Ecco qua…Lei lo sa che quo partes individui vel corpori
compositi secundum majores vel minores superficies sibi
invicem incumbunt, eo difficilius vel facilius cogi possunt ut
situm suum mutent?
Ero sbalordito. Baruch aveva pronunciato tutta la frase dell’Ethica
in latino senza prendere fiato. Doveva avere la capacità polmonare
di un leone di mare.
-
Parte seconda, terzo assioma! Mi lasci tradurre…sa, la mia
memoria non è più quella di una volta…dunque…quando le
parti di un individuo composito aderiscono a vicenda con
superfici maggiori o minori…mmmh…allora…tanto più
difficilmente o più facilmente si può costringere a mutare la
loro posizione?
-
Bravo! Qui è lo stesso. Lo scambiatore primario è
calcarizzato, ed è in contatto con l’acqua calda in arrivo,
tutta, quindi, difficilius cogi potest ut situm suum mutet!
Saranno duecentocinquanta euro, mi spiace, lo scambiatore
primario di questo modello è caro. Non dipende da me,
creda.
-
Vis qua homo in existendo perseverat, limitata est et a
potentia causaum externarum infinie superatur – sospirai,
scotendo la testa, lo sguardo fisso ad un’assicella del
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parquet. - La forza per cui l’uomo persevera nel suo essere è
limitata, ed è infinitamente superata dalla potenza delle
cause esterne. Sostituiremo lo scambiatore primario.
-
Non occorre subito. Reggerà altri quattro mesi.
-
E la caldaia tutta?
-
Altri tre o quattro anni.
L’amore è una passione subitanea la cui causa è immediatamente
oscura all’intelletto. Le due cose vanno insieme. Più l’amore è
forte, meno la causa appare alla mente, anche se esercitata dalla
ginnastica estrema della teoresi filosofica. Così provai un impulso
amoroso per Baruch chiuso nello stanzino. Uomo mite,
impagabilmente acuto, amante delle caldaie murali e del loro tenero
cuore meccanico, così vicino alla verità delle cose e, in fin dei
conti, alla nostra stessa anima. Mentre il sentimento si espandeva in
me come goccia d’inchiostro dorato nell’acqua di un bicchiere,
Baruch uscì dallo stanzino, la marsina perfettamente in ordine,
come fosse stato a passeggiare in una stanza del castello di
Neuschwanstein assieme a Jung, dopo una discussione sull’Ombra,
l'Anima, o l’Archetipo. La caldaia ronfava soddisfatta. Sembrava
nuova. Dai caloriferi iniziava ad emanare un tepore allegro. Io sono
freddoloso, ma in quel momento sentivo l’infrarosso giungermi
nelle viscere come carezza d’amore.
-
Fanno 130 Euro. Ora aggiorniamo il libretto d’impianto. Mi
raccomando, tenga d’occhio le prese d’aria, perché nos de
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duratione rerum singularium quae extra nos sunt, nullam
nisi admodum inadequatam cognitionem habere possumus,
della durata delle cose singolari che sono fuori di noi…
-
…noi non possiamo avere alcuna conoscenza che non sia
molto inadeguata. Lo so. – mormorai con costernata umiltà.
-
Come mai Lei conosce così bene l’Ethica di Spinoza? Per
quanto mi riguarda lo posso capire perché faccio questo
mestiere e perché in famiglia mastichiamo tutti filosofia
come pane fresco, ma Lei?
-
Beh, io sono ipermnestico. Una malattia rara. Imparo a
memoria qualsiasi cosa senza sforzo e la ricordo per
sempre. Ho letto una volta l’Ethica di Spinoza tutta intera
per errore, durante un ricovero in ospedale per shock
anafilattico. Avevo mangiato un frutto esotico che mi aveva
portato una donna, mia unica esperienza d’amore, e da
allora frequento solo persone malate d’autismo.
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Bravo! Lei è saggio. Si vede da come tiene il libretto
d’impianto. Ora la saluto, me ne vado e se vorrà, d’ora in
avanti sarò il suo tecnico manutentore non installatore di
fiducia. Cum rem nobis similem amamus, conamur quantum
possumus efficere ut nos contra amet.
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Quando amiamo una cosa simile a noi, noi ci sforziamo, per
quanto possiamo, di far sì che essa ci ami a sua volta. Certo.
Lo desidero sopra ogni altra cosa! Mi lasci il suo biglietto
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da visita. Lei sarà d’ora in avanti il mio unico riferimento
per la caldaia murale. Lasci che la aiuti a trasportare fino al
furgone i suoi attrezzi. Sono pesanti.
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Ma le pare. Sono abituato.
Uscito Baruch, provai un senso di svuotamento, di abisso del
pensiero, e un gran bisogno di dormire. Sdraiato sul divano,
ascoltavo la caldaia murale ronfare discreta nello stanzino. Non
avevo più freddo. Prima di addormentarmi, ebbi l’immagine
mentale di Baruch che scacciava con dolce fermezza mia madre
dallo stanzino della caldaia murale, e metteva il termostato al
massimo.
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