Edouard Manet, Déjeuner sur l’herbe (Colazione sull'erba), 1863, olio su tela, cm 208 x 264, Parigi, Musée d’Orsay La Colazione sull’erba s’intitolava originariamente Le Bain. Nell’agosto del 1862, ad Argenteuil, Manet formulò il progetto dell’opera, guardando alcune donne nuotare nella Senna. Nella prima composizione dell’opera il soggetto avrebbe dovuto essere quello di Susanna al bagno, variante assai libera del quadro di Rembrandt che si trova all’Aja. Manet dipinse il quadro facendo posare suo fratello Gustave, lo scultore olandese Ferdinand Leenhoff e la modella diciottenne Victorine Meurent per le due donne. Il paesaggio è quello dell’isola di Saint-Ouen, sulla Senna. La struttura compositiva e l’idea formale dell’opera derivavano dall’incisione con il Giudizio di Paride di Marcantonio Raimondi (1480-1531), tratta dal disegno Nettuno e ninfe di Raffaello, e dal Concerto campestre di Giorgione/Tiziano. Nel Concerto campestre la donna nuda di spalle, con il flauto in mano, sta insegnando la musica a due pastorelli vestiti, l’altra sta versando acqua in una vaschetta. Le figure hanno un preciso significato allegorico: 1. le due donne sono nude perché rappresentano due ninfe della Natura, mentre i due uomini appartengono alla Civiltà e perciò sono vestiti 2. la ninfa che versa l'acqua simboleggia un rito di purificazione 3. i pastori che si allontanano a destra rappresentano l'ignoranza 4. il significato allegorico dell’immagine è il seguente: l’uomo civile riceve dalla natura il dono della musica, la più trascendentale tra le arti, solo dopo essersi purificato. Il dono dell’arte allontana dall’umanità la volgarità dell’ignoranza, rappresentata dai pastori. Questo tipo di allegoria, carica di significati alchemici (l’acqua che purifica), andava molto di moda nel Cinquecento. Il soggetto aveva un significato nascosto ma ben individuabile da chi aveva la cultura per leggere una simile immagine. Al Salon del 1863 il quadro di Manet fu respinto dalla giuria e pertanto fu presentato al primo Salon des Refusés, che Napoleone III aveva fatto allestire per accogliere i cosiddetti “rifiutati”. Anche lì il quadro fu oggetto di accanite discussioni e oltre alle critiche dei benpensanti guadagnò molti difensori. Manet, che era consapevole del carattere provocatorio e quasi sacrilego di certi elementi introdotti nel quadro, ottenne ciò che desiderava, ossia essere considerato il capofila della sua generazione di pittori e raggiungere la celebrità. Il pubblico e la critica tradizionalisti reagirono violentemente contro ciò che consideravano un’offesa alla nobile arte del dipingere e un pericolo per il buon senso, dato che era evidente che Manet non sapeva dipingere e che cercava di farsi un nome presentando pagliacciate indecenti. La critica parlò di composizione assurda, di colore scandaloso, giungendo a burlarsi di lui: "Il signor Manet acquisterà del talento il giorno in cui imparerà il disegno e la prospettiva" "Giorgione aveva concepito la felice idea d’una festa campestre, nella quale, sebbene gli uomini fossero vestiti, le donne non lo erano, però si può dimenticare la dubbia moralità del quadro a causa dei suoi magnifici colori. E adesso, ecco qui un miserabile francese tradurre la scena nel linguaggio realista moderno, sostituendo i graziosi vestiti veneziani con quelli orribili francesi attuali. Una figura nuda, un’altra in camicia e due francesi con un’aria di beata soddisfazione! Non c’è dubbio, quando il nudo è dipinto da uomini volgari, diventa indecente". Il pittore e poeta inglese Dante Gabriel Rossetti, ritornando in Inghilterra dopo aver visitato gli studi di Courbet e di Manet, commentò che a Parigi si esponevano ridicolaggini disgustose. Pochi furono i critici che difesero Manet, come Zola, Baudelaire, Mallarmée e Monselet, il quale scrisse che il fatto d’aver causato la repulsione della borghesia era già molto meritevole. Ma cosa fu a destare tanti clamori e tante critiche astiose? Il quadro scandalizzò sia per il soggetto, sia per lo stile: 1. l'ispirazione era classica e ciò che disturbò non era nel soggetto ma nella sua attualizzazione. Non era tanto il nudo, di cui erano pieni anche i dipinti accademici, a scandalizzare, ma la naturalezza con cui veniva accostato alle abitudini di personaggi non inventati, storici o mitologici, ma reali, la sua rappresentazione realistica in una situazione apparentemente quotidiana ma decisamente insolita. Il contrasto tra la giovane donna nuda accanto ai due uomini vestiti con abiti cittadini si rivelò una scelta 1 audace che metteva in imbarazzo i contemporanei, poiché la scena non assumeva una dimensione storica o mitologica, bensì attuale e moderna, come un picnic in riva all’acqua dal forte contenuto erotico. Ciò che in sostanza urtò fu che la nudità della donna rendeva volgare una conversazione tra normali borghesi, il fatto che quel nudo rappresentava una ragazza del tempo, non una dea antica o un personaggio mitologico, allo stesso modo di come i due uomini sulla destra non indossavano vesti classiche o abiti rinascimentali, ma gli orribili costumi moderni francesi. In altre parole si rimproverava a Manet di aver abbandonato il linguaggio accademico della mitologia e delle allegorie e di aver sfacciatamente rappresentato "una comune prostituta, completamente nuda [...] fra quelli che sembrano due studenti in vacanza, che si comportano male per far vedere che sono uomini" 2. la modella, dal seno maturo ma dai fianchi di ragazza, si prestava all'equivoco dell'infanzia oltraggiata 3. la nuova tecnica pittorica, decisamente poco elaborata e quasi rozza rispetto ai canoni della pittura accademica di quegli anni, venne messa in ridicolo, si accusò Manet di non aver saputo usare né la prospettiva né il chiaroscuro. Nel quadro di Manet il soggetto è solo un pretesto per evidenziare la modernità, la novità tecnica della sua pittura rispetto a quella del passato: a) personaggi e sfondo sono trattati in modo diverso, come se i primi (forse con l'unica eccezione della ragazza che sta lavandosi nel ruscello) fossero ritagliati e incollati sul secondo, come se si trattasse di figure prive di un volume e di una consistenza propri b) il senso della profondità prospettica non è dato dal disegno, quasi assente, ma dai piani successivi degli alberi e delle fronde, che si sovrappongono gli uni alle altre come in una quinta teatrale, creando zone di luce e di ombra più per sovrapposizione che grazie alla tecnica del chiaroscuro c) ricercando la sensazione luminosa della visione dal vero Manet evitò la sintesi sottrattiva dei colori (l'esempio classico è quello della sovrapposizione di inchiostro giallo e inchiostro ciano su un foglio bianco. I due strati di inchiostro si comportano come filtri per la luce, assorbono la luce tranne il giallo e il ciano che vengono riflessi dalla carta bianca e formano il colore verde che arriva al nostro occhio) accostò solo colori puri, stesi senza alcuna diluizione o velatura per dar loro l’effetto chiaroscurale, con pennellate veloci, giustapponendo toni caldi (come ad esempio quelli della frutta fuoriuscita dal cestino rovesciato) e freddi (come quelli del vestito azzurro), in modo da creare quel contrasto simultaneo che li rende più vivaci e squillanti d) ad una visione ravvicinata il quadro si presenta come una somma di macchie, acquista maggior suggestione e senso di verità ad una visione distanziata. Il pubblico del tempo non era abituato a considerare i quadri in questo modo: uno dei parametri per giudicare la bravura di un pittore era proprio la verifica a distanza ravvicinata che consentiva di apprezzare il livello di definizione e perfezione della stesura pittorica. Tutto ciò era negato nel quadro di Manet che a distanza ravvicinata rendeva manifesto come l’occhio riesce a percepire un’immagine anche se i colori non definiscono una forma precisa e) la tecnica pittorica adottata rendeva il soggetto ancor più sconcertante, per lo spiccare dell’incarnato vivo e realistico della donna che, secondo il giudizio del vecchio Eugène Delacroix, “penetra negli occhi come una sega”. Manet si proclama dunque pittore di sensazioni, non più di personaggi o di allegorie. Fu questo che suscitò notevole entusiasmo tra i giovani pittori che presero insegnamento da Manet: la possibilità di usare i colori in totale libertà, svincolandosi dal problema di creare prima una forma e poi attribuirgli un colore. Se nella cultura occidentale moderna, dal Rinascimento in poi, ironia è la de-costruzione delle grandi categorie astratte (Stato, Nazione, Patria, Popolo, Società, Comunità, Famiglia, Individuo, Istituzioni, Diritto, Bellezza, ecc.) che si oppongono alla realtà materiale, è la denuncia dell'idealizzazione dei fatti storici, è il disvelamento dei significati reali nascosti sotto i significati apparenti, allora Colazione sull'erba può essere letto in chiave ironica. Ironicamente infatti Manet usa il mito e i modelli dell'arte classica rinascimentale non per fini conservatori, ma per de-costruirne 1. i contenuti, introducendo in un soggetto classico (il concerto campestre) caratteri moderni ed erotici che scandalizzarono i contemporanei 2. le forme, introducendo innovazioni formali e tecniche: ad esempio, è ironica la contraddizione tra apparente senso di verità ad una visione distanziata e stesura reale del colore, che ad una visione ravvicinata si presenta sommaria e veloce, una somma di macchie. 2
© Copyright 2024 ExpyDoc