contro nei confronti di per la riforma

N. 00468/2014REG.PROV.COLL.
N. 05614/2013 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5614 del 2013, proposto dalla Regione
Lazio, rappresentata e difesa per legge dall' avv Rosa Maria Privitera, con domicilio
presso la sede dell’ avvocatura dell’ ente in Roma, via Marcantonio Colonna, n. 27;
contro
Ars Medica s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. Lucia Scognamiglio e Bruno
Biscotto, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via Pisanelli, 40;
nei confronti di
A.S.L. Roma E, rappresentata e difesa dall'avv. Maria Rosaria Russo Valentini, con
domicilio eletto presso la stessa in Roma, piazza Grazioli, n.5;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III quater n. 04473/2013,
resa tra le parti, concernente condanna al risarcimento dei danni per ritardo nel
rilascio autorizzazione all'esercizio di attività diagnostica tac-pet
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ars Medica s.p.aa e dell’ A.S.L. Roma E;
Viste le note a difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 novembre 2013 il consigliere Bruno
Rosario Polito e uditi per le parti gli avvocati Privitera, Scognamiglio e Russo
Valentini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto avanti al T.A.R. per il Lazio la s.p.a. ARS Medica
formulava, nei confronti della Regione Lazio e dell’ Azienda U.S.L. RM E
domanda per la condanna - ai sensi dell'art.35 del d.lgs. n.80 del 1998 e in forza di
quanto statuito nella Sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 500 del 1999,
in solido tra loro o per la quota che all'esito del giudizio risulterà imputabile a
ciascuna di esse - al risarcimento di tutti i danni sofferti, comunque connessi e
derivanti dall'illegittimità dei provvedimenti annullati dal Consiglio di Stato con
sentenza n.403/2007, e/o dall'inerzia colpevole della pubblica amministrazione,
causati in particolare:
- dai reiterati ed illegittimi dinieghi disposti con le determinazioni del Direttore del
Dipartimento sociale di tutela della salute e del sistema sanitario regionale della
Regione Lazio del 21 aprile 2006 prot. n. D 1174 e n.2410 del 4 agosto 2006;
- dal ritardo nel provvedere al rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività
diagnostica TAC PET da svolgere presso la casa di cura privata "Ars Medica”;
Con sentenza n. 4473 del 2013, oggetto dell’appello in esame, il T.A.R. rilevava in
punto di fatto che:
- la società ricorrente con istanza datata 1° settembre 2005, ricevuta dall'intimata
AUSL in data 12.9.2005, aveva formulato richiesta di rilascio, ai sensi dell'art.4
della L.R. n.64/1987, dell'autorizzazione regionale all'attivazione di un ambulatorio
PET-TAC;
- la AUSL, dopo aver effettuato i prescritti accertamenti istruttori, con
deliberazione n. 31 del 26 gennaio 2006 aveva espresso parere favorevole in ordine
all'accoglimento della domanda ed aveva trasmesso, per il prosieguo di
competenza, gli atti alla Regione Lazio; quest’ultima, tuttavia, con determinazione
del 21 aprile 2006, confermata con successivo atto del 4 agosto 2006, rigettava
l'istanza, perché in contrasto con gli indirizzi programmatori delineati dalla Giunta
regionale in forza delle deliberazioni nn. 127 e 631 del 2005;
- il provvedimento di diniego regionale era impugnato avanti al T.A.R. per il Lazio
che, con sentenza n.14813 del 18 dicembre 2006, respingeva il ricorso
- il Consiglio di Stato, sez. V, con decisione della n.4031 del 16 luglio 2007
accoglieva l'appello avverso detta sentenza;
- non essendo stata data attuazione alla sentenza di secondo grado la soc. ARS
Medica in data 16.11.2007 proponeva giudizio di ottemperanza davanti al
Consiglio di Stato;
- nelle more del suddetto giudizio la resistente Regione in data 22 novembre 2007
rilasciava la richiesta autorizzazione.
Nel merito, disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla
Regione Lazio, il T.A.R. rilevava che la legge regionale n. 64 del 1987 assegna per
la conclusione del procedimento autorizzatorio de quo un termine di 180 giorni
dalla produzione della domanda (nella specie 12 settembre 2005). Il termine per la
definizione del procedimento scadeva, quindi, alla data del 12 marzo 2006, mentre
la Regione, su parere favorevole della AUSL, rilasciava il provvedimento
autorizzatorio solo in data 22 novembre 2007.
Alla luce di tali presupposti fattuali il giudice territoriale riconosceva gli estremi di
danno in conseguenza del tardivo rilascio da parte della Regione Lazio della
richiesta autorizzazione per il periodo 13 marzo 2006 – 26 novembre 2007.
Nessuna responsabilità per il ritardo era ascritta alla AUSL che aveva prontamente
rilasciato il parere di competenza.
In accoglimento della domanda risarcitoria il T.A.R. ordinava alla Regione Lazio di
formulare alla società ricorrente una proposta di risarcitoria per equivalente,
tenendo conto di quanto prospettato nella perizia tecnica depositata nell’interesse
della soc. ARS medica e dei criteri specificati in motivazione.
Avverso la sentenza del T.A.R. ha proposto appello la Regione Lazio e ha dedotto:
- che il T.A.R. con sentenza n. 14813 del 18 dicembre 2006 aveva respinto il
ricorso della soc. ARS Medica rivolto ad ottenere l’annullamento del diniego
opposto dalla Regione in data 21 aprile 2006 in ordine al rilascio
dell’autorizzazione sanitaria per l’installazione dell’ apparecchiatura TAC – PEC. ;
- che in sede di appello il Consiglio di Stato, Sez. V, pur riformando la sentenza del
T.A.R. ha comunque dichiarato l’inammissibilità della domanda risarcitoria;
- che nessun colpevole ritardo può essere ascritto all’ Amministrazione in presenza
per il periodo indicato dal T.A.R. essendo stato il provvedimento diniego annullato
solo con la decisone del T.A.R. prima richiamata pubblicata il 16 luglio 2007;
- che non sussiste l’elemento soggettivo della colpa o del dolo dell’
Amministrazione e che la soc. ARS Medica non ha fornito prova del danno
sofferto.
Resiste la soc. ARS Medica che ha contraddetto il motivi di impugnativa e chiesto
la conferma della sentenza impugnata.
Si è altresì costituita in giudizio l’ Azienda U.S.L. RM E aderendo alle tesi difensive
sviluppate in appello dalla Regione Lazio.
All’udienza del 28 novembre 2013 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2. Va disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello, formulata dalla soc. ARS
Medica, per non avere la Regione Lazio articolato puntuali censure avverso le
statuizioni della sentenza del T.A.R. secondo quanto prescritto dall’art. 101 cod.
proc. amm.
In contrario a quanto eccepito dalla società convenuta la Regione istante ha
ricostruito
in
dettaglio
le
vicende
che
hanno
preceduto
il
rilascio
dell’autorizzazione all’impiego dello strumento diagnostico tac/pec, onde negare
l’insussistenza in punto di fatto del danno da ritardo a provvedere ed ha, inoltre,
negato l’ascrivibilità del ritardo a titolo di colpa, elemento soggettivo cui resta
condizionato la qualificazione come iniura datum del pregiudizio che la soc. ARS
Medica assume aver sofferto nella propria sfera economica
2.1. Nel merito l’appello è fondato.
2.2. Il primo giudice ha ricondotto la fattispecie risarcitoria nel danno da ritardo a
provvedere, che trova specifica disciplina nell’ art 2 bis della legge n. 241 del 1990
a mente del quale “le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’art. 1, comma 1
ter (della legge medesima), sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato
dall’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”.
Si tratta di disposizione che, come posto in rilievo in giurisprudenza, tutela in sé il
bene della vita inerente alla certezza, quanto al fattore tempo, dei rapporti giuridici
che vedono come parte la pubblica amministrazione, stante la ricaduta che il
ritardo a provvedere può avere sullo svolgimento di attività ed iniziative
economiche condizionate alla valutazione positiva della pubblica amministrazione,
ovvero alla rimozione di limiti di rilievo pubblico al loro espletamento (cfr. Cons.
St., Sez. V. n. 3405 del 21 giugno 2013; V, n. 1271 del 28 febbraio 2011).
Sul piano oggettivo l’illecito de quo riceve qualificazione dall’inosservanza del
termine ordinamentale per la conclusione del procedimento; sul piano soggettivo il
ritardo deve essere ascrivibile ad un’inosservanza dolosa o colposa dei termini di
legge o di regolamento stabiliti per l’adozione dell’atto terminale.
La ricostruzione cronologica degli eventi mostra che nel caso di specie non vi è
stata violazione del termine a provvedere per il rilascio del titolo autorizzatorio
che, ai sensi della L.R. n. 64 del 2007, il primo giudice ha individuato in 180 giorni,
idoneo ad introdurre gli estremi di danno allegato.
A fronte della domanda di autorizzazione ricevuta dall’ AUSL competente il 12
settembre 2005 la Regione si pronunziava in senso negativo con determinazione
del 21 aprile 2006, confermata a seguito di riesame con successivo atto del 4
agosto 2006.
Il provvedimento regionale, impugnato avanti al T.A.R. per il Lazio, ha trovato poi
asseveramento nella sentenza del T.A.R. per il Lazio n.14813 del 18 dicembre
2006. che rigettava il ricorso della soc. ARS Medica contro la determinazione
negativa.
La decisione del T.A.R., in accoglimento di appello proposto dalla soc. Ars
Medica, è stata riformata con sentenza di questo Consiglio di Stato, sez. V, n.4031
pubblicata il 16 luglio 2007
Osserva la Sezione che, a fronte del carattere esecutivo della sentenza del T.A.R. n.
14813 del 2006, il comportamento dell’ amministrazione che ha mantenuto ferma,
fino all’esito del giudizio di appello, la pronunzia negativa del 21 aprile 2006 – non
essendo intervenuta misura cautelare in sede di appello - non può qualificarsi
colposo ed anzi trova giustificazione nell’obbligo di prestare ossequio al dictum del
primo giudice.
Solo con la pronunzia di riforma del Consiglio di Stato si è determinata la
riemersione dell’interesse pretensivo di ARS Medica al rilascio dell’autorizzazione e
del connesso obbligo della Regione di provvedere in conformità al decisum del
giudice di appello che, in attenuazione del principio tempus regit actum, aveva sancito
l’inapplicabilità alla domanda della ricorrente delle sopravvenute delibere di nn.
127 e 631 del 2005, di pianificazione e programmazione in ambito regionale
dell’installazione di macchinari tac/pec.
A fronte di un quadro regolamentare composito - caratterizzato dal succedersi nel
tempo di diverse normative generali sul piano programmatorio e pianificatorio in
ordine al rilascio dell’autorizzazione de qua - nonché dell’esito del giudizio di primo
grado conforme alla scelta provvedimentale dell’ Amministrazione di segno
negativo, come tale impeditivo di ogni determinazione favorevole sulla domanda
della ricorrente fino alla definizione del giudizio di appello, non emergono gli
estremi di una condotta colpevole dell’ Amministrazione, secondo in noti
parametri della correttezza, imparzialità, buon andamento cui deve conformarsi
l’agire egli organi pubblici.
Il solo dato oggettivo della violazione di una norma di azione non integra, in
conseguenza, gli estremi di una condotta cui possa collegarsi l’obbligo risarcitorio
in assenza dell’elemento soggettivo della colpa.
Né risulta leso il bene della vita inerente al fattore tempo quanto alla definizione
del procedimento in esito all’istanza presentata il 12 settembre 2005. La prima
determinazione impeditiva dell’installazione del macchinario tac/per è stata
adottata solo con un minimo scostamento dalla consumazione del termine di 180
giorni per provvedere dalla data di ricezione della domanda, tale da non introdurre
un vulnus alla certezza del rapporto ed all’iniziativa economica della società
interessata mentre, dopo la pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato di
riforma della decisione del T.A.R. che aveva riconosciuto l’esistenza delle
condizioni ostative all’installazione dei macchinari tac/pec, il provvedimento
autorizzatorio è intervenuto entro il termine per la conclusione del procedimento
decorrente dalla pubblicazione della sentenza n. 4031 del 2007 che ha definito i
giudizio di appello.
Per le considerazioni che precedono l’appello va accolto e, per l’effetto, va respinto
il ricorso di primo grado.
In relazione ai profili della controversia spese ed onorari possono essere
compensati fra le parti per i due gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto,
respinge il ricorso di primo grado.
Spese compensate per i due gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 novembre 2013 con
l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Bruno Rosario Polito, Consigliere, Estensore
Roberto Capuzzi, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)