IL NATALE A ROMA Profumo di caldarroste e di mandarini, negozi addobbati a festa. Le bancarelle di Piazza Navona che vendono croccanti, zucchero filato e presepi. Il suono dei pifferari, chiese che come per incanto si riempiono di fedeli . In un’affascinante commistione di elementi sacri e profani, come ogni anno Roma si prepara a festeggiare il Santo Natale. Natale nell’Antica Roma. L’idea di festeggiare il 25 dicembre non è venuta per prima alla Chiesa. Fino al 330 d.C. infatti, in questo giorno veniva celebrato il Sol invidus, una festa dedicata al dio Mitra, luminoso vincitore delle tenebre cosmiche. A causa del largo seguito raggiunto a Roma da questo culto pagano, i cristiani, nel primo secolo dopo Cristo, organizzarono delle spedizioni punitive nei mitrei (ipogei di mitra), danneggiandone più di uno. Incoronazione di Carlo Magno. La notte di Natale dell’anno 800, Papa Leone 111, incoronò Carlo Magno, imperatore del Sacro Romano Impero. La Rota Porphiretica, il grande disco di porfido rosso su cui Carlo si inginocchiò, per ricevere la Corona Imperiale dalle mani del Papa, si trova all’inizio della navata centrale della Basilica di San Pietro ed ha visto dopo di lui molti altri sovrani ed imperatori, inginocchiarsi davanti al Santo Padre per essere incoronati. Presepi. Sono moltissimi i presepi che in questo periodo riempiono le chiese della Città Caput Mundi. Il più antico è custodito all’interno Basilica di Santa Maria Maggiore e venne realizzato nel 1290 da Arnolfo di Cambio. Mentre il presepe più grande si trova in Via dei Fori Imperiali, nella Chiesa dei SS. Cosma e Damiano. Come nasce il presepe? Durante i festeggiamenti della notte di Natale, nelle chiese venivano sceneggiati dei presepi viventi, con personaggi in costume. Dal 1400 si diffonde l’usanza della rappresentazione con figure in legno o terracotta . All’inizio è la grotta a fungere da cornice alla Natività, una caverna fredda e tenebrosa che attende la luce e il calore della Redenzione; nel 1500 la grotta cede il posto alla capanna, fragile edificazione che sottende un nuovo modo di concepire i rapporti con il divino, in un’idea di costruzione materiale e spirituale insieme. Santo Bambino dell’Ara Coeli. Intagliato, secondo la leggenda, nel legno di un ulivo dell’orto di Getsemani, il Santo Bambino cadde in mare durante una tempesta mentre un Francescano lo portava a Roma; trascinato dalle correnti pervenne sulle coste del Tirreno, recuperato e trasportato in città. La veneratissima statuetta custodita all’interno di un’urna nella Chiesa di Santa Maria dell’Ara Coeli, il giorno di Natale, viene collocata nel magifico presepe. Qui i bambini romani vengono a recitare le loro poesie natalizie. Zampognari. Armati di piffero e zampogna, scendevano ogni anno prima di Natale dalle sponde del Liri e, vestiti con il costume tipico ciociaro, giravano per le vie facendo serenate alle Madonne di Roma. Avevano l’abitudine di iniziare a suonare dal mattino presto, interrompendo i sonni delle famiglie . E’ forse per questo che con un decreto prefettizio vennero allontanati dalla città. Scriveva il Belli il 23 dicembre 1844: “ . . .e a mmé mme pare che nun zii novena I si nun zento sonà li pifferari...// Quanné../ che li risento, io ciarinasco ar monno:/ E quelli che de notte nun Il vonno! I Poveri scemi” Adesso è possibile incontrarli, in taluni posti, impegnati a suonare, per qualche euro. Cenone. Il ghetto, istituito nel 1555 da Paolo IV Carafa per gli ebrei, ospitava un tempo anche il più grande mercato del pesce della città . Qui, la sera del 23 dicembre, la gente ed i rappresentanti dell’alta società venivano, vestiti in abito da sera, ad acquistare alici, capitoni (l’anguilla, el bisato del mio Polesine) da cuocere sulla brace, merluzzo secco del Baltico, noto col nome di “stoccafisso” (“stock fish”, pesce bastone) da fare “alla livornese” o “alla vicentina” oppure “mantecato” e baccalà umido, dissalato, per la cena della vigilia (in tocchi indorati e fritti, cioè “alla milanese”). Cena che doveva si essere di magro, ma allo stesso tempo caratterizzata da abbondanza propiziatoria e per onorare la venuta del Figlio di Dio. L’anguilla ed il merluzzo, comunque cucinati, sono sempre buoni, però sono più buoni con la polenta di mais giallo, perchè quello bianco è per i siuri fiapi (ricchi, flaccidi) ! A conclusione, i dolci tipici : pangiallo e pan-pepato, ricoperti da una “ghiaccia” di cioccolato. Presepi di Frà Serafino. Di presepi ne ha realizzati oltre un migliaio. Con carta, gesso, terracotta, maiolica, legno, oro. tela. Ha fatto natività in sculture, vasi, quadri, plastici, miniature, dipinti. Frà Serafino Melchiorre, carmelitano scalzo, è semplicemente prodigioso nel raffigurare l’evento dell’Incarnazione del Figlio di Dio. E’ sagrestano della Parrocchia di Santa Teresa in Corso d’Italia.Ha scelto di non diventare Sacerdote. Perché? Risponde Frà Serafino: “Voglio mostrare che si può ottenere la bellezza con le cose semplici. E con i presepi condurre una battaglia contro il consumismo natalizio e la prevalenza dell’albero. Al centro di questa festa ci deve essere il Signore. Ogni famiglia dovrebbe avere il presepio e soprattutto farlo insieme: genitori e figli”. A casa mia provvede mia moglie Anna con i figli, a me spetta “realizzare” il Po che lo attraversa ed aggiungervi un cestello di pannocchie “d’ fromenton” ed un mannello di spighe restate “d’ fromento” cresciuti nell’angolo palesano (!) del mio giardino romano. Allievo 12° /137° Corso “Tenacia” Emilio Carlo Doni
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