di GABRIELLA BRUGNARA - Federazione Trentina della

Genere
potere
di GABRIELLA BRUGNARA cobino. Attraversando temi
quali «Movimenti sociali e
«La rivoluzione femmini- partecipazione politica»,
le di massa negli anni Settan- «Biopolitiche del corpo»,
ta èriuscitadavvero dal bas- «Stereotipi, potere e identiso a cambiare la mentalità, tà», l'evento di concluderà
ma una grande fetta di popo- con le «sessioni parallele» in
lazione purtroppo non è sta- programma domani tra le 11
ta toccata da questo rinnova- eie 13.
mento culturale. Per molti si
Partiamo dal tìtolo, proè trattato soltanto di un feno- fessoressa Covi: perché l'umeno di svuotamento, di cri- so del verbo «districare» a
si dei valori, di una liberazio- proposito della relazione
ne di "superficie", che ha poi tra genere e potere?
dato origine a una serie di
«"Districare" perché è beproblemi. Basti pensare alla ne sia un nodo e che rimangrande inconsapevolezza di ga tale, in quanto l'argomenoggi rispetto a una "rivolu- to non è semplice. In una
zione sessuale" dimenticata. prospettiva storica ciò comI ragazzi tanto "liberati" non porta interrogarsi sul tema e
hanno spesso la conoscenza sull'azione che intercorre tra
per fare quello che ora è leci- le due metà del cielo, mato fare. O non la sanno gesti- schile femminile, e sul loro
re. I dati di diffusione dell'ai- rapporto con il potere. Mads collocano l'Italia ai primi no a mano che le cose camposti tra i Paesi occidentali». biano, si inizia a vedere un
Si parlerà di Districare il groviglio interessante pernodo genere-potere. Sguardi ché entrambi i termini della
interdisciplinari su politica, questione — genere e potere
lavoro, sessualità e cultura — possono essere trattati in
oggi e domani a Trento pres- maniera astratta, e quindi
so il dipartimento di sociolo- non sempre proficua, ma angia e ricerca sociale che contestualizzati in modell'università di Trento. Ad do da non incorrere nelle
anticiparci i contenuti del grandi semplificazioni. Quelconvegno organizzato dal le che potrebbero portarci a
Centro di studi interdiscipli- dire, ad esempio, che "le monari di genere, è Giovanna gli degli schiavisti nelle
Covi, docente dello stesso di- piantagioni avevano la stespartimento nonché tra i re- sa esperienza di vita delle
sponsabili scientifici dell'ini- schiave". Non è così. Lo si afziativa. I lavori si apriranno ferma solo se si usa il genere
alle 9 con II luogo in cui le no- come categoria pura e astoristre differenze si incontra- ca, non coniugata con le alno: l'eros come potere e la tre differenze».
lotta contro razzismo, sessiQuali sono gli strumenti
smo e omofobia negli scritti
più
idonei per porsi nella
politici di Audre Lorde, l'intervento di Margherita Gia- direzione da lei indicata?
«Innanzitutto, non è cor-
retto parlare di "genere" ma
sempre di "generi" al plurale, coniugando il termine
con altre differenze quali cultura, classe sociale, nazione
e così via. Chi accusa le donne impegnate in una certa
battaglia con slogan del tipo
"non siete tutte vittime della
violenza, anche voi siete violente" usa categorie astratte
che non portano da nessuna
parte. Bisogna vedere quale
potere e quale genere interagiscano in ogni contesto.
Per questo il rapporto tra i
due termini rimane sempre
un nodo che ci chiama a fare
distinzioni, con strumenti di
volta in volta necessariamente molteplici. Le questioni di
genere vanno affrontate da
un punto di vista multidisciplinare, un approccio invocato ma assai poco praticato,
perché è difficile accomunare linguaggi diversi: siamo,
purtroppo, ancora segregati
nei nostri linguaggi specialistici».
Gli stereotipi di genere legittimano delle asimmetrie
di potere anche nel mercato del lavoro: come intervenire?
«Una cultura di genere
asimmetrica come la nostra
non può che avere come conseguenza le disuguaglianze
sociali ed economiche, ancora sotto gli occhi di tutti. Anche gli interventi culturali risentono dello stesso problema, basti pensare alle resistenze nei confronti di un
uso non sessista della lingua. Serve una rivoluzione
culturale, oltre che sociale. Il
genere non è un oggetto fossile, si muove in relazione a
una serie di pratiche che sono anche quelle dell'ordine
simbolico del potere, a tutt'oggi fortemente diviso in
due e non in grado di rappresentare la meravigliosa ricchezza dell'umanità, che è
molto più di due. Nei libri di
storia si parla ancora di uomo, non di umanità e molto
spesso la donna è messa nelle posizioni che contano solo se accetta la completa assimilazione. Mica tutte le donne sono votate al sacrificio,
o hanno il dono o il dovere
per nascita di essere martiri:
ritengono conveniente adeguarsi. Non possiamo chier
dere a tutte di essere eccezionali».
Nelle nuove generazioni
sembra di cogliere dei segnali di cambiamento, una
fase diversa, in certo senso
di «normalizzazione».
«A rischio di esse lapidaria, l'Italia è un Paese progressista e all'avanguardia
nel rincorrere nuove mode,
ma estremamente conservatore per la cultura, fossilizzato in forme di istruzione e di
scuola immutate da decenni. Anche solo al ritorno da
una vacanza, accendere la televisione, vedere i manifesti
pubblicitari fa sorgere il dubbio: "Ma allora non abbiamo
fatto nulla in trent'anni e
più di campagne e lotte?".
Certo che abbiamo fatto tantissimo, e nelle relazioni tra
femmine e maschi è stato
compiuto un grande passo
avanti, ma esiste anche molta inconsapevolezza, una
non trasmissione di questo
sapere dalla nostra genera-
zione ai nostri figli».