PROGETTO LAMPEDUSA Parere del 22 luglio 2014 a cura del Gruppo di studio del Progetto Lampedusa UN ALTRO MODO È POSSIBILE RIFLESSIONI SU POSSIBILI STRUMENTI DI INGRESSO PROTETTO DEI RICHIEDENTI ASILO SUL TERRITORIO EUROPEO SECONDA PARTE: RIPENSARE IL DIRITTO DI ACCESSO ALLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE Strumenti normativi, strumenti politici, proposte “I flussi di chi è costretto a fuggire dalle persecuzioni non si possono fermare, per questo è indispensabile gestirli. La possibilità di richiedere asilo in Italia e nell’Unione Europea ad oggi dipende dalla presenza fisica della persona nel territorio di uno Stato Membro. Ma le leggi europee costringono i richiedenti asilo a giungere in Europa in modo illegale, rischiando la vita” vita (Cristopher Hein, Presidente del Consiglio Italiano per i Rifugiati – intervista per l’Huffington Post di Laura Eduati, 3.10.2013) Introduzione: problematiche ed obiettivi Nelle parole di Christopher Hein, pronunciate in un’intervista rilasciata nel giorno della tragedia del 3 ottobre 2013, vi è tutta l’urgenza e la drammaticità della questione degli arrivi di richiedenti asilo via mare, stante l’impossibilità di viaggiare in modo regolare a causa della mancanza di documenti, o gli insormontabili ostacoli all’ottenimento di un visto di ingresso. Le normative (e le prassi) degli Stati Membri UE richiedono, onde poter presentare domanda di protezione internazionale, che il richiedente giunga quantomeno alla frontiera del Paese cui intende chiedere protezione. Il problema è dunque il viaggio: l’accesso alla protezione internazionale è riservato, per la maggior parte dei casi, a chi riesce a sopravvivere ad un estenuante estenuan PRESIDIO AVVOCATURA – LAMPEDUSA Tel. (h. 24) +39 334.8202183 – Tel. +39 331.2304819 Email: [email protected] e pericolosissimo viaggio per mare, su imbarcazioni di fortuna ed in balìa dei trafficanti, in assenza di alternative che permettano spostamenti legali, ma soprattutto sicuri. Sarebbe dunque opportuno che, ai fini di una reale attuazione del diritto alla protezione internazionale, l’attività legislativa soprattutto a livello comunitario venisse orientata a delineare possibilità di spostarsi in modo legale e sicuro, senza mettere a repentaglio la vita e l’incolumità dei migranti e consentendo una gestione più ordinata e, di conseguenza, più rispettosa sia della dignità e dei diritti fondamentali delle persone, che delle esigenze organizzative degli Stati. L’adozione di tali meccanismi, che consentano, ad esempio, di instaurare la procedura d’asilo all’esterno dello Stato di destinazione dovrebbe appunto avvenire non su iniziativa dei singoli Paesi membri, ma a livello comunitario. L’agenda politica dell’Europa : il Programma di Stoccolma In aggiunta alla legislazione già esistente, alcune proposte di implementazione o modifica normativa possono essere ipotizzate sulla base del Programma di Stoccolma. Il Programma, pur non essendo vincolante, rappresenta l’agenda che le istituzioni europee dovrebbero seguire – o meglio, avrebbero dovuto seguire, data l’imminente scadenza nell’orientare il loro lavoro nell’ambito, tra gli altri, delle migrazioni, della gestione delle frontiere e dell’asilo: “Il Consiglio europeo chiede di elaborare un quadro politico dell'Unione esauriente e sostenibile in materia di migrazione e asilo che, in uno spirito di solidarietà, consenta di gestire in modo adeguato e intraprendente l'oscillazione dei flussi migratori e di affrontare situazioni analoghe a quella attuale alle frontiere esterne meridionali. Occorrono seri sforzi per costruire e rafforzare il dialogo e il partenariato tra l'Unione e paesi terzi, regioni ed organizzazioni per riuscire a dare una risposta più forte ed empirica a questo tipo di situazioni, tenendo presente che gli immigrati clandestini penetrano nell'Unione anche attraverso altre frontiere o un uso improprio dei visti. Un importante obiettivo è evitare il ripetersi di tragedie in mare. Quando sfortunatamente si verificano queste situazioni tragiche, occorre valutare come registrare meglio e, se possibile, identificare i migranti che cercano di raggiungere l'Unione.”1 1 PROGRAMMA DI STOCCOLMA — Un'Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini (2010/C 115/01), cap. 6, pagg 27 – 28, in http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52010XG0504(01)&from=IT. 2 Sono stati compiuti alcuni passi nella direzione indicata dal Programma, con l’emanazione delle nuove Direttive Qualifiche2 e Procedure3, e con l’emanazione di un nuovo Regolamento Frontex4. Nonostante questo, le normative dei singoli Paesi sono assai lontane dall’armonizzazione indicata nel programma. Non esiste ancora, infatti, uno status uniforme di beneficiario della protezione e neppure un mutuo riconoscimento della protezione accordata in uno degli Stati Membri da parte degli altri Stati. Diversi sono i capitoli del programma che affrontano specificamente la tematica delle migrazioni e della protezione internazionale: Capitolo 4: “Un’Europa che protegge” La Commissione chiede l’elaborazione di una strategia comune di risoluzione delle problematiche, in un’ottica di rispetto dei diritti fondamentali, collaborazione orizzontale e azioni comuni per affrontare le crisi umanitarie. Un approccio di questo tipo, se implementato, farebbe sì che si riuscisse ad uscire dalla gestione emergenziale che perdura ormai da anni. Smettere di considerare la migrazione come principalmente una questione di ordine pubblico e sicurezza porterebbe ad una gestione meno problematica, meno legata all’ottica securitaria e orientata ad una maggiore tutela dei diritti fondamentali. Capitolo 5: ”Accesso all’Europa in un mondo globalizzato” Vi sono previsti alcuni obiettivi che riguardano specificamente il diritto di accesso all’area UE, ed è menzionato espressamente il diritto alla protezione internazionale: “L'Unione deve continuare a facilitare l'accesso legale al territorio dei suoi Stati membri, adottando nel contempo misure di contrasto dell'immigrazione clandestina e della criminalità transfrontaliera, e mantenendo un livello elevato di sicurezza. Il rafforzamento dei controlli delle frontiere non dovrebbe impedire l'accesso ai sistemi di protezione per le persone che ne hanno diritto, in 2 DIRETTIVA 2013/33/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 26 giugno 2013 recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (rifusione), in http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32013L0033&rid=1. 3 DIRETTIVA 2013/32/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 26 giugno 2013 recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione), in http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32013L0032&rid=1. 4 REGOLAMENTO 656/2014/UE DEL PARLAMENTO E DEL CONSIGLIO del 15 maggio 2014 recante norme per la sorveglianza delle frontiere marittime esterne nel contesto della cooperazione operativa coordinata dall’Agenzia Europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione Europea, che ha sostituito il REGOLAMENTO 1168/2011/UE DEL PARLAMENTO E DEL CONSIGLIO del 25 ottobre 2011, che ha modificato il REGOLAMENTO 2007/2004/UE istitutivo dell’ Agenzia Europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione Europea. . 3 particolare popolazioni e gruppi che si trovano in situazioni vulnerabili. Al riguardo, saranno prioritarie le esigenze di coloro che necessitano di protezione internazionale e l’accoglienza dei minori non accompagnati. È essenziale che le attività di Frontex e dell’UESA siano coordinate per quanto riguarda l’accoglienza dei migranti alle frontiere esterne dell'Unione. Il Consiglio europeo chiede che sia ulteriormente sviluppata la gestione integrata delle frontiere, anche potenziando il ruolo di Frontex al fine di aumentare la sua capacità di far fronte con maggior efficacia all'evoluzione dei flussi migratori.” Purtroppo la discrepanza tra obiettivi dichiarati e politiche concrete per l’attuazione degli stessi è divenuta sempre più drammaticamente ampia. I fatti degli ultimi mesi (anni?) hanno reso evidente che potenziare la difesa ed il controllo delle frontiere esterne dell’UE tramite le attività di Frontex, pur sulla carta nel rispetto dei diritti fondamentali (come da recenti modifiche del Regolamento) non ha avuto l’effetto di facilitare l’accesso sicuro all’Europa ma piuttosto quello di spingere i migranti a cercare vie di ingresso illegali e sempre più pericolose. Capitolo 6: “Un’Europa all'insegna della responsabilità, della solidarietà e del partenariato in materia di migrazione e asilo” Qui troviamo un riferimento esplicito alla materia dell’asilo, con l’obiettivo dichiarato di “stabilire uno spazio comune di protezione e solidarietà basato su una procedura comune in materia d'asilo e su uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto la protezione internazionale”. Viene espressamente affrontata anche la dimensione esterna dell’asilo, in un’ottica che prevede innanzitutto maggiore collaborazione e istituzione di programmi di partenariato con i Paesi terzi. A questo proposito va rilevato che la cooperazione degli Stati Membri con Paesi terzi, nei termini in cui è stata attuata finora, pare difficilmente compatibile con quel rispetto dei diritti fondamentali espresso da tutti i testi di legge e documenti politici esistenti. Si veda, a mero scopo esemplificativo, di che tenore sono state le collaborazioni messe in atto negli ultimi anni, ad esempio tra Italia e Libia. La direzione auspicata dal Programma di Stoccolma prevede invece, al contrario, lo studio di “nuovi approcci concernenti l’accesso alle procedure di asilo nei principali paesi di transito, quali programmi di protezione per gruppi particolari o determinate procedure di esame delle domande di asilo”, nuovi approcci che non possono prescindere dall’adeguamento dei Paesi Terzi agli standard di tutela dei diritti fondamentali previsti dalle normative internazionali e comunitarie. 4 Il Programma auspica altresì un maggiore utilizzo dello strumento del resettlement (o reinsediamento), tramite adesione volontaria da parte dei Paesi membri: questo meccanismo permetterebbe di alleggerire la pressione gravante sui Paesi di primo arrivo, trai quali l’Italia, e consentirebbe una gestione più ragionata ed equilibrata dei flussi di richiedenti; viene auspicato, infine, un maggiore coinvolgimento dell’EASO nella gestione di tali meccanismi ed una azione di concerto con l’UNHCR. Strumenti normativi attuabili o già esistenti Alcune opzioni si possono già configurare utilizzando strumenti giuridici già contenuti nelle normative internazionali, comunitarie e nazionali, ma finora poco o male utilizzati. L’implementazione di tali strumenti può, a buon diritto, essere considerata parte dell’agenda politica europea in materia di protezione internazionale, soprattutto sulla base delle riflessioni contenute nel Programma di Stoccolma, che analizzeremo più approfonditamente in seguito e che dovrebbero portare all’adozione di un sistema comune di asilo europeo, nonché alla luce degli obiettivi posti dalla Commissione al Consiglio ed al Parlamento Europeo soprattutto con la Comunicazione COM (2003)315, che dovrebbero orientare l’attività legislativa comunitaria: 1) l'arrivo ordinato e organizzato dei rifugiati e delle persone bisognose di protezione internazionale nell'Unione europea, partendo dalla loro regione d'origine; 2) la condivisione degli oneri e delle responsabilità all'interno dell'Unione e con le regioni d'origine; 3) l'elaborazione di procedure efficaci, in materia di asilo e di rimpatrio, facenti capo a decisioni esecutive. a) Presentazione della domanda d’asilo presso le ambasciate e rilascio di visti umanitari Una modalità di presentazione della domanda che consentirebbe ai migranti di evitare di affidarsi ai trafficanti o ai passeurs, pagando migliaia di euro e viaggiando per mesi, o anche anni, in condizioni pericolosissime e lesive della propria dignità, può ravvisarsi nella possibilità di presentare la propria domanda direttamente presso le rappresentanze diplomatiche del Paese cui si vuol chiedere protezione presenti sul proprio territorio nazionale. Tuttavia deve essere presa in considerazione de iure condendo, poiché né la normativa comunitaria né quella italiana la prevedono espressamente. A mero scopo esemplificativo, può essere utile analizzare i meccanismi previsti dalle normative di altri Paesi. Una procedura di questo tipo era contemplata dalla legislazione svizzera sino al 2012. Prima della soppressione di tale norma era possibile per chi 5 intendesse chiedere protezione alla Svizzera recarsi presso una delle sue rappresentanze diplomatiche e lì depositare la propria richiesta, senza alcun particolare requisito formale. 5 Tale soluzione, quando prospettata, riceve critiche sia di ordine giuridico che di ordine fattuale, soprattutto dall’interno delle istituzioni diplomatiche. Un esempio: “Ai sensi della Convenzione di Ginevra sul diritto dei rifugiati del ’51 e di tutti gli altri strumenti giuridici in materia il passaggio della frontiera è condizione necessaria. Finché il richiedente si trova “a casa” non può giuridicamente essere considerato un rifugiato e se palesa le sue intenzioni rischia di peggiorare la propria condizione di perseguitato inimicandosi ulteriormente le sue autorità […] In paesi di grandi dimensioni l’aspirante richiedente asilo potrebbe inoltre non trovarsi nella capitale, ma a migliaia di chilometri di distanza, e non è affatto detto (anzi) che le autorità locali lo lascino liberamente scorrazzare per andare a chiedere asilo presso le ambasciate occidentali. Ed ove riuscisse ad ottenerlo grazie ad una interpretazione estensiva del principio di territorialità (considerando l’ambasciata extraterritoriale e l’ingresso in essa alla stregua del “passaggio di frontiera” di cui sopra: esistono dei casi, vedasi Assange), si porrebbe poi il problema di dover nuovamente transitare sul territorio del proprio paese per raggiungere porti o aeroporti.”6 In breve, scrive Fornara, anche qualora si riuscisse a superare l’ostacolo giuridico dell’extraterritorialità7, ci sarebbe da risolvere il problema del transito dei richiedenti asilo in un Paese, il proprio, oramai apertamente ostile, soprattutto qualora si trattasse di grandi numeri di persone o di Paesi privi di strutture o dalla superficie molto estesa. La soluzione del problema di ordine pratico potrebbe trovarsi solamente in un potenziamento delle strutture diplomatiche in questo senso, che investa in formazione del personale deputato a questa funzione ed in programmi di trasferimento sicuro. Si ricorda, a questo proposito, che il programma di Stoccolma al cap. 5 prevede la possibilità di una “maggiore cooperazione operativa 5 https://www.bfm.admin.ch/content/bfm/it/home/themen/asyl/asylverfahren/asylgesuch/asylgesuch_aus_ausland.html. D. Fornara, diplomatico, Primo consigliere dell’Ambasciata d’Italia a Dakar, in http://www.nazioneindiana.com/2013/10/19/rifugiati-e-diritto-dasilo-cosa-non-possono-fare-le-ambasciate-italiane/. 7 Anche sulla base della Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo Status dei rifugiati, art. 40: ”Clausola di applicazione territoriale: 1) Ogni Stato potrà, al momento della firma, ratifica o adesione, dichiarare che la presente Convenzione si applicherà a tutti i territori che rappresenta sul piano internazionale oppure ad una parte di essi. Una siffatta dichiarazione avrà efficacia dal momento in cui la Convenzione entrerà in vigore in detto Stato. 2) In qualsiasi momento successivo l'estensione dell'applicazione potrà essere effettuata mediante notifica indirizzata al Segretario Generale delle Nazioni Unite ed avrà effetto a partire dal novantesimo giorno successivo alla data di ricezione di detta notifica da parte del Segretario Generale delle Nazioni Unite, oppure dalla data di entrata in vigore della Convenzione nello Stato di cui trattasi, se questa data è posteriore […]”, in http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/13/convenzione_Ginevra_rifugiato.pdf. 6 6 tra Frontex e paesi d'origine e di transito e vaglio della possibilità di noleggio regolare di voli, finanziato da Frontex”. È evidente che un’ipotesi di questo tipo non è attuabile in tempi brevi. Un’alternativa di maggiore fattibilità sia giuridica che pratica ci viene offerta da due regolamenti europei, il Codice delle frontiere8 ed il Codice dei visti9 Schengen (Reg. 562/2006/CE). Il primo, all’art. 5, par. 4, lett c), prevede la possibilità per gli Stati membri di consentire l’ingresso per motivi umanitari anche a cittadini di Paesi terzi che non posseggano i requisiti per l’ingresso alle frontiere esterne previsti dal par. 1 dello stesso articolo. La rappresentanza diplomatica non dovrebbe farsi carico, così, della valutazione (anche sommaria) della domanda di protezione, ma si limiterebbe a rilasciare un visto per motivi umanitari, di durata limitata (presumibilmente, in linea con il par. 1, al massimo tre mesi). La fattispecie è disciplinata all’art. 25 del Codice visti, ove è espressamente prevista la possibilità per gli Stati Membri, in presenza di ragioni di carattere umanitario, di rilasciare un “Visto con validità territoriale limitata” in deroga alle disposizioni dell’art. 5 Reg. 2009/810/CE, il quale consentirebbe al richiedente di viaggiare in sicurezza verso il Paese cui intende chiedere protezione e di farvi ingresso allo scopo, appunto, di presentare la relativa richiesta.10 Il dettato normativo comunitario è di portata assai generale. Vi sono tuttavia alcuni Paesi, ai quali si applicano i Regolamenti Schengen, che prevedono nella propria normativa nazionale ciò che nei Regolamenti è configurato come una mera facoltà11. La vigente legislazione elvetica fornisce un possibile esempio delle modalità di valutazione in merito alla sussistenza di motivi di carattere umanitario che possono portare al rilascio del visto: la legge sull’asilo elvetica, integrata dalle Istruzioni in materia di visti12, prevede che i cittadini stranieri che per motivi cogenti intendono lasciare il proprio Paese d’origine possano “sollecitare un 8 REGOLAMENTO (CE) N. 562/2006 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 15 marzo 2006 che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone, in http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:02009R0810-20131018&rid=1. 9 REGOLAMENTO (CE) N. 810/2009 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti, in http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:02006R0562-20131126&rid=1. 10 Sul punto, cfr. il paper “Un altro modo è possibile. Riflessioni su possibili strumenti di ingresso protetto dei richiedenti asilo sul territorio europeo” redatto per il Presidio Lampedusa dall’avv. Alice Ravinale, in particolare par. 2, iv. 11 REGOLAMENTO (CE) N. 810/2009 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti, art. 25: “I visti con validità territoriale limitata sono rilasciati eccezionalmente nei seguenti casi: 1) quando, per motivi umanitari o di interesse nazionale o in virtù di obblighi internazionali, lo Stato Membro interessato ritiene necessario: i) derogare al principio dell’adempimento delle condizioni di ingresso di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettere a), c), d) ed e), del codice frontiere Scehngen […]”, in http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:02006R056220131126&rid=1. 12 Legge del 26 giugno 1998 (Stato 1° febbraio 2014) e Prescrizioni in materia di visti, in https://www.bfm.admin.ch/content/bfm/it/home/dokumentation/rechtsgrundlagen/weisungen_und_kreisschreiben/visa.html. 7 visto presso una rappresentanza svizzera all’estero, la quale esamina se la situazione personale del richiedente giustifica il rilascio di un visto d’entrata. È possibile rilasciare un visto per motivi umanitari se, in un caso concreto, è evidente che la vita o l’integrità fisica di una persona è direttamente, seriamente e concretamente minacciata. La rappresentanza svizzera all’estero esamina se sono soddisfatte le condizioni per il rilascio di un visto per motivi umanitari. Se nutre dubbi al proposito, sottopone la domanda all’Ufficio federale della migrazione a Berna. Se in base alle informazioni disponibili non è ragionevole esigere che l’interessato permanga nel suo Paese d’origine, le autorità svizzere gli rilasciano un visto d’entrata.” 13 b) dopo l’arrivo: burden sharing e standard minimi di accoglienza. La direttiva 2001/55/CE sulla protezione temporanea e l’art. 20 D. Lgs. 286/98 Quanto alla successiva gestione della permanenza dei richiedenti, due sono le procedure previste attualmente nella legislazione UE ed italiana. Una prima via prevede di inserire i migranti che riescono ad arrivare nel territorio UE nelle consuete procedure per l’ottenimento della protezione internazionale, come previste dalle direttive comunitarie in materia di asilo14 e, per quanto riguarda la legislazione italiana, dai D. Lgs. n. 251 del 2007 e n. 25 del 2008, come modificati dal D. Lgs. n. 12 del 201415, ed è stata adottata per i cittadini di Paesi terzi giunti in Italia nel 2011 a seguito dello scoppio della guerra in Libia, nel corso della cosiddetta “Emergenza Libia”. Questa scelta, però, in caso di arrivi considerevoli come quello menzionato poc’anzi, si è rivelata di difficile gestione: la presentazione di un gran numero di domande di protezione internazionale pressoché contemporaneamente ha provocato infatti un intasamento degli uffici delle Commissioni Territoriali preposte (nonostante la creazione di sedi distaccate) e successivamente una congestione degli Uffici Giudiziari competenti a ricevere i ricorsi avverso i molti dinieghi prevedibilmente emessi. Di conseguenza i tempi per la definizione delle procedure si sono allungati a dismisura, lasciando i richiedenti nel limbo dell’”attesa asilo” per moltissimi mesi, se non per anni. 13 https://www.bfm.admin.ch/content/bfm/it/home/themen/asyl/asylverfahren/asylgesuch/asylgesuch_aus_ausland.html DIRETTIVA 2013/33/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 26 giugno 2013 recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (rifusione), in http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32013L0033&rid=1, e DIRETTIVA 2013/32/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 26 giugno 2013 recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione), in http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32013L0032&rid=1. 15 Decreto Legislativo n. 251 del 19.11.2007, in http://www.altalex.com/index.php?idnot=39645; Decreto Legislativo n. 25 del 28.1.2008, in http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/08025dl.htm; Decreto Legislativo n. 12del 13.2.2014, in http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/02/24/14G00021/sg. 14 8 Uno strumento alternativo è offerto dalla Direttiva 2001/55/CE16, la quale prevede la promozione dell’equilibrio degli sforzi tra Stati Membri che accolgono gli sfollati e stabilisce standard minimi per la concessione della protezione temporanea, in particolare nei casi in cui l’afflusso “massiccio” (termine definito in maniera piuttosto vaga dall’art. 2, lett. d)17 potrebbe pregiudicare il corretto funzionamento del sistema di concessione della protezione internazionale, proprio per l’elevato numero di richieste presentate nello stesso momento. La normativa italiana recepisce parzialmente le indicazioni della Direttiva con l’art. 20 del D. Lgs. 286/98, che prevede il riconoscimento di una “protezione temporanea” ed il rilascio di un permesso di soggiorno provvisorio per persone giunte in numero elevato ed in situazione di emergenza, rinnovabile fino a che l’emergenza perdura e non ostativo alla presentazione di una domanda di asilo da parte dei singoli. Da rilevare che la norma in questione è assai generale, e la sua applicazione è sinora stata subordinata dall’emanazione di volta in volta di circolari ministeriali per ogni caso specifico. Questo è successo, per citare il caso più recente, in occasione dell’arrivo di un gran numero di cittadini tunisini all’indomani delle “Primavere arabe” nel 2011. Una regolamentazione più organica e dettagliata, in ottemperanza alla Direttiva, potrebbe costituire forse un passo avanti ed un incentivo all’applicazione di una norma sinora molto poco utilizzata. Proposte, osservazioni, riflessioni La creazione di un sistema comune di asilo europeo ed una gestione davvero integrata delle frontiere non possono non passare attraverso il potenziamento degli enti preposti a tale scopo, con particolare riferimento all’EASO, l’Agenzia europea dedicata all’attuazione del sistema comune europeo d’asilo, al rafforzamento della cooperazione pratica tra gli Stati Membri in materia d’asilo ed al sostegno operativo a beneficio di quegli Stati membri i cui sistemi di protezione internazionale siano sottoposti a particolare pressione. Questo Ente ha evidentemente un ruolo centrale nel processo di armonizzazione legislativa e di cooperazione pratica tra gli Stati ed è auspicabile che il suo ruolo acquisisca una sempre 16 DIRETTIVA 2001/55/CE DEL CONSIGLIO del 20 luglio 2001 sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi, in http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32001L0055&rid=1.n. 17 Direttiva 2001/55/CE, art. 2. Lett. d): “afflusso massiccio: l'arrivo nella Comunità di un numero considerevole di sfollati, provenienti da un paese determinato o da una zona geografica determinata, sia che il loro arrivo avvenga spontaneamente o sia agevolato, per esempio mediante un programma di evacuazione”, in http://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32001L0055&rid=1.n. 9 maggiore centralità, anche a livello operativo, nell’ottica della creazione di Procedure di ingresso protetto o di programmi di reinsediamento su scala comunitaria. Va però rilevato che all’EASO, sulla carta di centrale importanza, viene destinato un budget limitato se confrontato con le risorse destinate ad altre agenzie, con ben altre funzioni (per il 2014, gli sono stati destinati dall’Unione 14.656.000 di euro a fronte dei circa 93.000.000 previsti per l’agenzia Frontex nel 2013). La creazione di Procedure di Ingresso Protetto su scala europea e di programmi di reinsediamento comunitari potrebbe costituire un altro passo verso una gestione comune degli arrivi, nell’ottica di facilitazione degli ingressi legali e tutela dei diritti dei richiedenti protezione internazionale delineata nel Programma di Stoccolma, che già prevede la possibilità di adesione volontaria a tali programmi da parte dei singoli Stati Membri. Il combinato disposto delle norme contenute nel Codice dei Visti Schengen e nel Codice delle Frontiere costituisce già un buon punto di partenza normativo su cui fondare l’autorizzazione all’ingresso, e la Direttiva sulla Protezione Temporanea (parzialmente recepita, lo si ricorda, nella normativa italiana) potrebbe essere utile a sua volta ai fini della regolamentazione della permanenza dei destinatari delle PEP. Gli strumenti, dunque, ci sono. Sta ora alle Istituzioni comunitarie ed ai Paesi Membri utilizzarli al fine di garantire un reale diritto di accesso alla protezione internazionale e cercare di arginare le morti nel Mediterraneo. 10 Bibliografia Testi normativi richiamati: CONVENZIONE DI GINEVRA del 1951 sullo Statuto dei rifugiati REGOLAMENTO (CE) N. 810/2009 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) REGOLAMENTO (CE) N. 562/2006 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 15 marzo 2006 che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) DIRETTIVA 2001/55/CE DEL CONSIGLIO del 20 luglio 2001 sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi REGOLAMENTO 656/2014/UE DEL PARLAMENTO E DEL CONSIGLIO del 15 maggio 2014 recante norme per la sorveglianza delle frontiere marittime esterne nel contesto della cooperazione operativa coordinata dall’Agenzia Europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione Europea, che ha sostituito il REGOLAMENTO 1168/2011/UE DEL PARLAMENTO E DEL CONSIGLIO del 25 ottobre 2011, che ha modificato il REGOLAMENTO 2007/2004/UE istitutivo dell’ Agenzia Europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione Europea. Decreto Legislativo n. 251 del 19.11.2007 Decreto Legislativo n. 25 del 28.1.2008 Decreto Legislativo n. 12 del 13.2.2014 Decreto Legislativo n. 286 del 25.7. 1998 – Testo Unico dell’Immigrazione Legge Svizzera sull’asilo del 26.6.1998 (LAsi) e ss. mm. Informazioni provenienti dalle istituzioni, dagli organi e dagli organismi dell'Unione Europea PROGRAMMA DI STOCCOLMA — Un'Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini (2010/C 115/01) Comunicazione COM (2003)315 della Commissione al Consiglio ed al Parlamento Europeo 11
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