Script o corsivo? Interviene nel dibattito una terapista di neuropsichiatria infantile ul numero scorso della nostra rivista, il maestro Gabriele Attilio Turci, di Forlì, ha posto gli estremi di un possibile dibattito intorno all’utilizzo dello «script» nelle elementari, in sostituzione dell’usuale scrittura corsiva che, stando alle sperimentazioni dello stesso maestro Turci, docente nella scuola elementare statale «Aurelio Saffi» di Forlì, comporterebbe serie difficoltà di approccio da parte di molti bambini. A dimostrazione della bontà delle sue esperienze didattiche in questa direzione, chiamava in causa anche il nostro Andrea Innocenzi, membro del consiglio di amministrazione della Fondazione «Giulietti», appassionato studioso di stenografia, sperimentatore di nuovi metodi abbre- viativi e, in particolare, convinto assertore della bontà dello «script», per il quale ha prodigato anni di studi e di ricerche, pubblicando saggi e tavole dimostrative, come il brano, che riportiamo qui sotto, e la tabella, che pubblichiamo a pag. 17 (desunte dal numero di “Stenografia Culturale”, n. 52, gennaio/marzo 1987). La dimostrazione di Andrea Innocenzi segue un percorso a tesi, condotto con serena obbiettività e supportato da considerazioni crono/metriche eloquentemente convincenti. Insieme con l’intervento, più avanti, della terapista Laura Bravar, è il segno di una civiltà di pensiero che, da opposte posizioni, rappresenta quella dialettica così preziosa e sempre meno usuale sulla strada del progresso cultura- Dal 1945, gli alunni della Scuola Elementare sono costretti ad apprendere e ad impiegare la “scrittura corsiva diritta”. La celerità massima conseguita mediante tale scrittura, dopo più di cinque anni di ininterrotto esercizio, ha il valore di 25 parole al minuto primo; la celerità conseguita con la “scrittura script inclinata” ha il valore di 35 parole nello stesso tempo. Lo scrivente – sia esso un alunno della scuola elementare o uno studente universitario –, che usa la scrittura diritta, impiega un tempo assai superiore di quello impiegato dallo studente che usa la scrittura script inclinata. La perdita di tempo si traduce in perdita di denaro. Proviamo a fare il calcolo di tale perdita. Ammettiamo che, mediamente, gli alunni scrivano per 45 minuti ogni giorno, per prendere appunti, per compilare il diario, per scrivere le minute dei compiti ecc. Se essi impiegassero la scrit- Saggio del Prof. Innocenzi (nella foto piccola) sulla scrittura script (da «Stenografia culturale» n° 52 - gennaio/ marzo 1987) RIVISTA DEGLI STENOGRAFI S di PAOLO A. PAGANINI 15 tura script inclinata, impiegherebbero 32 minuti; quindi, essi perdono 13 minuti ogni giorno. Se moltiplichiamo il numero delle ore perdute da 12 milioni di studenti per il compenso orario (che può variare da 6000 a 50.000 lire: noi consideriamo il minore) otteniamo la perdita giornaliera della “Azienda Scuola”: essa supera i 21 miliardi (i dati, ovviamente, si riferiscono al 1987, n.d.R.). Se a tale ‘perdita’ aggiungiamo quella dovuta all’impiego della “scrittura diritta” da parte degli insegnanti e degli adulti che devono necessariamente scrivere a mano, ne risulta una perdita giornaliera sicuramente superiore a 100 miliardi di lire. Ma i dati relativi alla ‘celerità’ sono esatti? RIVISTA DEGLI STENOGRAFI Provare per credere Riproduciamo (pagina a fronte, n.d.R.) il “Quadro dei tempi”, nel quale sono rappresentate le lettere minuscole e maiuscole della “scrittura script inclinata”, della “scrittura corsiva diritta” e i “caratteri di stampa maiuscoli”. Accanto ad ogni lettera vi è il numero indicante il tempo per tracciarla espresso in centesimi di secondo. Il numero segnato all’estremità di ogni colonna rappresenta il valore medio del tempo per tracciare una lettera della rispettiva colonna. Ci sia consentito di segnalare ai Maestri e anche ai Professori di Scuole medie inferiori e superiori, alcune ‘regole’ che dovrebbero essere tenute presenti all’atto di eseguire prove pratiche per individuare la celerità di scrittura dei propri allievi. – Si scelgano brani adatti all’età degli scriventi; – il numero delle parole di ogni brano sia superiore a cento; – si disponga di un cronometro o, almeno, di un orologio che abbia la lancetta dei secondi; – si dettino tre o quattro parole e si riprenda la dettatura solo quando tre o quattro alunni abbiano alzato la testa per segnalare che hanno terminato; – si prenda nota delle parole tracciate al 1º, al 2º, al 3º al 4º e al 5º minuto. – si prendano in considerazione solo gli scritti chiari, le cui lettere non sono deformate oltre misura (alcuni allievi fanno, come suol dirsi, i ‘furbi’ e i loro scritti risultano illeggibili a chi non conosce il brano dettato); – si eseguano molte prove, in giorni diversi, con brani differenti e si calcoli la media dei valori individuati. 16 le e scientifico. In merito, dunque, all’appassionante dibattito sul ruolo della scrittura e, soprattutto, sulle varie tesi pro o contro il corsivo, è ora intervenuta Laura Bravar, testista e terapista della riabilitazione, lavoro che svolge da ventisette anni, presso l’U.O. di Neuropsichiatria Infantile, Istituto per l’infanzia «Burlo Garofolo» di Trieste. Il suo lavoro, di tipo tecnico, consiste nella valutazione psicometrica a scopi diagnostici e nella riabilitazione di bambini con disturbi specifici di apprendimento (dislessia, disgrafia e discalculia). In tale delicata attività, Laura Bravar lavora in équipe con medici, neurologi e psicologi. Il suo intervento, che riportiamo qui sotto, è frutto delle conoscenze e delle esperienze acquisite in questo ambito. che la scrittura in «C oncordo script ha certamente alcuni dei vantaggi che le sono stati riconosciuti. Tuttavia essa presenta degli svantaggi non trascurabili: 1) diversamente dal corsivo, è una forma di scrittura che si presta facilmente ad inversioni statiche, con tutte le conseguenze per i bambini con difficoltà di apprendimento; 2) la sua caratteristica di scrittura “a lettere separate” non permette mai di Il numero a fianco delle lettere indica il tempo, espresso in centesimi di secondo, per tracciarle. Gli ultimi numeri in basso sono la media dei valori della stessa colonna. RIVISTA DEGLI STENOGRAFI 18 raggiungere un buon grado di automatizzazione attraverso le strategie di raggruppamento o di “chunking” che vanno di pari passo con l’acquisizione delle competenze ortografiche e morfo-sintattiche (per intenderci, in script non potrò mai scrivere di getto, come elemento unico, porzioni di parole come “sci”, “mente”, “zione” ecc. come accade ad uno scrittore esperto che usa il corsivo); 3) lo script, nuovamente proprio per la sua caratteristica di scrittura staccata, risulta essere una modalità di scrittura molto lenta. Lo script può essere adeguato per le richieste della scuola elementare, dove si scrive ancora relativamente poco e lentamente, ma non assolve alle esigenze dei ragazzi di scuola media o di scuola superiore, dove occorre prendere appunti velocemente e scrivere molto, per tempi prolungati. Di fatto, sono proprio gli insegnanti degli ordini di istruzione superiori a lamentarsi delle scritture lente, faticose e spesso illeggibili degli studenti. Ed è proprio in quest’ottica che il ministro della pubblica istruzione francese, Jack Lang, sconsiglia del tutto l’insegnamento dello script. Anche paesi che sono sempre stati promotori dello script, quali Inghilterra, USA ecc. (io stessa sono cresciuta e ho studiato in Canada, dove ho usato lo script fino alla fine della III elementare) consigliano il passaggio al corsivo il prima possibile, proprio per le ragioni di cui sopra. A ogni modo l’articolo in questione (Rivista degli Stenografi n. 63) è meramente una proposta. Personalmente ritengo che ognuno è libero di fare le scelte che ritiene più opportune, purché la scrittura venga insegnata in modo ergonomico, promuovendo l’acquisizione di movimenti rapidi ed efficienti. A tale proposito ribadisco, come evidente anche dall’articolo, che il passaggio dallo script al corsivo non è cosa semplice per un bambino, proprio perché le caratteristiche dei movimenti sono molto diverse tra loro, pertanto occorre particolare cura in questa fase». P.S. Includo alcuni siti web che possono essere utili per avere delle informazioni sui programmi scolastici di altri paesi e sulla scrittura in generale http:/www.handwritinginterestgroup.org.uk/ http:/www.cndp.fr/ecole/. I l giudizio sereno e di aurea competenza della terapista Laura Bravar di Trieste non stabilisce dogmi e verità assolute, ma lascia intendere – se ben interpretiamo – che, tutto sommato, la questione andrebbe forse affrontata in altro modo (cioè considerando gli aspetti «ergonomici», dice, e «promuovendo l’acquisizione di movimenti rapidi ed efficienti»). Il che vuol dire: vanno rispettate regole, parametri, impostazione della mano, postura del corpo. Ogni giorno, ci capita di provare orrore e dolore per lo stato di neghittosa indifferenza nella quale sono stati evidentemente lasciati i nostri ragazzi fin dalle prime classi delle elementari. Spesso, oggi, li ritroviamo, già quasi adulti, intenti ad annaspare faticosamente, con improbabili movimenti, in difficili ed incomprensibili scritture, con penne infilate tra indice e medio, o impugnate furiosamente, come goffi strumenti di tortura, passando sopra il pollice per poi infilarsi tra medio e anulare. Ora, il ministro della Pubblica Istruzione, la signora Moratti, farà anche cose egregie, creando una moderna scuola dove, fin dalla prima elementare, s’insegna Inglese e PC. Una volta c’erano umili ed appassionati maestri, che si chiamavano Lucio Mastronardi o Ugo Zucchermaglio, che lavoravano in pluriclassi, in aule fredde e disagiate, dove qualche volta entrava perfino qualche burbero Ispettore a controllare che i quaderni fossero in ordine. Ebbene, non c’era un solo alunno, nemmeno fra quelli che poi sarebbero andati in fabbrica o nei campi, dopo la quinta elementare, che non sapesse come tenere correttamente fra le dita matite e cannucce. Andate per mercatini dell’antiquariato a scovare vecchie lettere e cartoline. Se ne trovano ancora parecchie, scritte magari con poco rispetto ortografico, ma con grande accuratezza calligrafica. Ma erano tempi in cui ci si toglieva il berretto davanti a un vecchio maestro. Forse perché il rispetto per le persone passava anche attraverso una calligrafia dell’anima.
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