Domenica 19 Gennaio 2014

Rassegna stampa dell'Eurodeputato Andrea Zanoni www.andreazanoni.it
L’ARENA DEL 19 GENNAIO 2014
«Bene l'intesa sulla Ztl, ma il Piano del traffico?»
domenica 19 gennaio 2014 CRONACA, pagina 9
«L'intesa tra residenti e commercianti del centro per l'eliminazione della finestra serale della Ztl
promette di migliorare la qualità della vita degli abitanti e riqualificare la capacità d'accoglienza
turistica della città. Inoltre certifica che la società civile veronese è molto più avanti dell'attuale
classe dirigente che in sette anni di governo non ha avuto il coraggio di prendere nessun
provvedimento di riordino».
A parlare è Michele Bertucco, capogruppo Pd in Consiglio comunale. La riorganizzazione del
centro, così come proposta dallo storico accordo tra i rappresentanti di categoria di commercianti e
residenti, trova d'accordo il Pd. Che tuttavia non condivide le modalità con cui il piano ha preso
vita. E punta il dito sulla mancata discussione del nuovo Piano generale del traffico urbano.
«Da quattro anni il Consiglio comunale aspetta di esaminare il "nuovo" Piano Generale del Traffico
Urbano elaborato dalla Giunta nel 2009. La richiesta di limitare il traffico in centro intervenendo
sulle finestre della Ztl era stata portata avanti in passato anche da altri, ma Tosi e compagni hanno
sempre scansato problemi che richiedessero soluzioni potenzialmente "impopolari". Ora che sono
gli stessi abitanti e operatori del centro a chiederlo, il Comune arriva da spettatore, fornendo altre
frecce all'arco della antipolitica che si chiede: "Ma allora che li paghiamo a fare?"»,
Simile la linea tenuta dal Pd del centro storico. «Bene l'intesa tra Confcommercio e VeroCentro. Ma
non basta per almeno due motivi», dice Giancarlo Montagnoli, coordinatore del circolo Pd. In
primis, per il rischio di intasare i quartieri limitrofi: «Lo stesso direttore di Confcommercio
riconosce che c'è il rischio che il problema, cioè le auto, si sposti a Veronetta o San Zeno. Il
secondo, di conseguenza, che il vero centro di Verona è tutto quello dentro le mura, non solo quello
racchiuso dall'ansa dell'Adige».I.N.
NUOVE MODIFICHE
I consiglieri del Pd criticano le scelte di Atv
Borgo Roma in rivolta chiede soluzioni condivise
«Bastava consultare la circoscrizione prima di cambiare i
tragitti, invece di fare marcia indietro»
domenica 19 gennaio 2014 CRONACA, pagina 9
Un intreccio di reti che finisce con lo scontentare tutti. E che avrebbe potuto essere distribuito con
più criterio e meno sprechi, se solo l'azienda dei trasporti si fosse presa il tempo di convocare il
parlamentino a sud di Verona.
Il Partito democratico non ha dubbi sulla figuraccia di Atv a Borgo Roma dove, dopo i cambi delle
linee scattati dal 7 gennaio, gli ultimi giorni sono trascorsi tra marce indietro e cambi di rotta. In via
Medoro da giovedì non transita più la linea 41, e l'incrocio con via Brandimarte, già rifatto e
ridisegnato a terra, verrà cancellato e riportato allo stato iniziale. Via Benedetti, trasformata a due
sensi per gli autobus, dai primi di febbraio verrà risparmiata dal transito delle linea 62, ma
l'intervento decisamente non soddisfa i residenti.
«Bastava consultare la circoscrizione per capire che i bus non potevano passare nella stretta via
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Medoro, e che via Benedetti non può supportare il carico di traffico assegnatole», dice il consigliere
comunale Luigi Ugoli.
La convocazione per l'incontro con Atv fissato a mercoledì prossimo arriva troppo tardi.
«Stanno continuando a spostare fermate e percorsi senza coinvolgerci», fa presente Giorgio
Bonanomi del Pd in quinta circoscrizione, «e ci convocano per metterci nuovamente di fronte a un
fatto compiuto». Intanto le mail di cittadini e scuole continuano ad arrivare.
«L'eliminazione delle fermate in via Centro, slittate in via Benedetti, penalizza gli studenti del
Galilei che devono prendere gli autobus speciali per raggiungere la succursale, e spesso e volentieri
non ce la fanno», spiega Bonanomi. «La linea 41 collegava i centri di Borgo Roma e Cadidavid, e
ora mette invece in difficoltà chi deambula male. Non si riesce a capire l'intreccio in via Benedetti
con la 51 e la 510. Il tragitto in via Centro era ben più breve ed è già rimpianto persino dai
commercianti».
I chilometri in più messi a disposizione dalla Regione, inoltre, non sono riusciti a porre fine ai
disagi di Palazzina e San Matteo, ancora in carenza di mezzi.
Le proposte non mancano: dal fare tirare dritto la 41 in via Centro o in via San Giacomo, a riportare
la 510 su via Pasteur, fino a coprire la parte ovest del quartiere con la 51.
Conclude il capogruppo comunale Michele Bertucco: «Borgo Roma necessita di risposte puntuali al
trasporto pubblico visto che il Piano degli interventi, con la mole di opere in vista, intaserà
ulteriormente le strade».C.BAZZ.
PARTITI
Vantini, della direzione nazionale
«Riforme e tagli subito nell'agenda del Pd di Renzi»
Albertini e Salemi: «Vogliamo diventare una forza di
governo»
domenica 19 gennaio 2014 CRONACA, pagina 10
Da Verona partono pungoli al Governo Letta. E dal fronte del principale partito di maggioranza.
Riforma delle legge elettorale, revisione del Senato per arrivare a una camera delle Regioni, riforma
del titolo V della Costituzione per riportare a livello centrale la gestione delle politiche turistiche.
Federico Vantini, sindaco di San Giovanni Lupatoto, membro della direzione nazionale del Pd, è
reduce da riunioni romane con il segretario Matteo Renzi e si appresta, domani, a un'altra direzione
urgente sulla linea politica.
«L'abolizione del Senato, per creare la Camera delle Regioni e quindi rinunciando a un buon
numero di rappresentanti eletti, è uno dei punti cardine in agenda, come la scelta su tre opzioni di
legge elettorale, che deve però essere condivisa con tutte le forze parlamentari e anche la riforma
del titolo V della Costituzione», spiega Vantini, «per fare in modo che il turismo, ma anche altre
questioni come le grandi infrastrutture, non vedano continuamente un possibile contrastato fra
Regioni e Stato. Renzi è stato votato per centrare questi obiettivi»
Ma quanto durerà il governo? «Lo decide il governo stesso», dice Vantini, renziano della prima ora,
«e noi non abbiamo mai stabilito una data». Ma Renzi che dialoga con Berlusconi? «È normale,
soprattutto su grandi temi come la legge elettorale, che Matteo dialoghi con tutte».
E a Verona il segretario provinciale del Pd Alessio Albertini e quello cittadino Orietta Salemi
declinano la battaglia in chiave amministrativa: «Il Pd vuole diventare partito di governo, che fa
proposte e non solo critiche. Con questo obiettivo stiamo incontrando gli attori della società civile,
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le categorie produttive e professionali, il mondo associazionistico per avviare un percorso di
rilancio della nostra proposta e recuperare la sintonia con la società veronese».E.G.
PATRIMONIO STORICO
L'ex assessore, ora consigliere comunale, lancia una proposta
alternativa raccogliendo l'appello lanciato dal sindaco Tosi su
«L'Arena»
Arsenale, piano per finanziare il restauro
Enrico Giardini
Polato: «Il progetto dei privati è insostenibile perché non c'è
l'interesse pubblico. All'interno anche l'ostello della gioventù»
domenica 19 gennaio 2014 CRONACA, pagina 11
Un «modello Arsenale», cioè un progetto da elaborare insieme ad architetti e ingegneri per risanare
e riconvertire l'ex complesso militare asburgico, comprendendo al suo interno anche un ostello della
gioventù. Ma dove trovare i soldi? «Integrando le risorse disponibili con un intervento della Cassa
depositi e prestiti tramite il Fondo Plus o altri, alienando ad esempio la proprietà di superficie,
quindi solo i muri e non il terreno, di parte del compendio». Questo fondo potrebbe essere anche
alimentato tramite la vendita di altro patrimonio pubblico.
È la proposta alternativa a quella del project financing di cui è promotore la Rizzani de Eccher —
spazi pubblici e per la cultura, bar, ristoranti, locali per la circoscrizione, una scuola — per
riqualificare l'ex Arsenale lanciata da Daniele Polato, capogruppo di Forza Italia in Consiglio
comunale e assessore al patrimonio nella prima Giunta Tosi. Del recupero del complesso Polato si
era occupato sin dall'inizio del mandato precedente.
«Ora ho seguito con interesse la proposta dell'Amministrazione e del Comitato di cittadini Vars e
accettando la sfida che il sindaco Tosi ha lanciato su L'Arena il 28 febbraio sono pronto a fornire
proposte concrete. L'Arsenale non può essere inteso e concepito come altri immobili di pregio della
nostra città, per caratteristiche, localizzazione e dimensioni», spiega Polato.
«Il mero calcolo economico per il recupero che l'Amministrazione propone», aggiunge, «è
assolutamente riduttivo e privo di una visione complessiva e lungimirante. I valori economici di
restauro del project financing non sono a me noti in quanto secretati, ma mi auguro siano in linea
con la proposta del Comitato Vars, cioè 1.540 euro al metro quadrato. In ogni caso attendo di
conoscere la congruità dall'Area lavori pubblici del Comune, unica competente per valutare le
proposte presentate».
SECONDO Polato, la proposta di project dei privati che l'Amministrazione sta valutando «si basa
su principi che non danno la sostenibilità del progetto, perché un project per essere denominato tale
deve prevedere una gestione e un interesse pubblico, mentre nel caso proposto si tratta di esclusiva
operazione immobiliare e come tale va intesa. Ho letto con attenzione il progetto Vars», aggiunge,
«e lo ritengo assolutamente interessante in particolar modo perché mira a mantenere il più possibile
la fruizione pubblica, obiettivo fondamentale per immobili di tale pregio e linea guida per tutti gli
immobili interessati da vincolo del ministero dei Beni culturali».
IL CONFRONTO. Polato considera «interessante» lo schema funzionale nella proposta Vars, cioè
allocare nella corte est un mercato alimentare rionale aperto: «L'obiettivo fondamentale è non
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provocare perdite all'erario comunale e avviare un serio restauro del compendio con reciproca
soddisfazione sia dei cittadini veronesi che dei patner privati. È necessario individuare e
condividere con la politica e i cittadini gli elementi qualificanti che poi l'Amministrazione dovrà
fissare con contributi assolutamente diversi e con una durata decisamente minore e non dettati
esclusivamente dal privato proponente».
DA QUI l'idea di chiamare a raccolta architetti e ingegneri, con il supporto di una commissione
temporanea Arsenale che in tempi certi possa far sintesi e fornire le linee guida essenziali. E il
modello Cassa depositi e prestiti citato per avere soldi in più — il Comune avrebbe disponibili 12
milioni, ma il resto devono metterlo i privati — è quello già attuato dal Comune con l'ex scuola Bon
Brenzoni, venduta alla Cassa per 5 milioni.
«Si può ipotizzare la creazione di un fondo obbligazionario a controllo maggioritario del Comune
con vendita di quote a privati, imprese o società. Propongo anche di ipotizzare per il modello
Arsenale l'allocazione al suo interno dell'ostello della gioventù, un ostello moderno aperto non solo
ai giovani ma anche alle famiglie». I vantaggi, conclude, «sarebbero plurimi. Si potrebbe vendere la
Casa dei 1000, attuale ostello di via Santa Chiara, del Comune, o conferirla al Fondo plus
generando nuove risorse da investire nel “modello Arsenale” ma soprattutto rendere Verona aperta
e all'avanguardia di un turismo sempre più in crescita».
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Via Valeggio tra i rifiuti reclama le telecamere
domenica 19 gennaio 2014 CRONACA, pagina 11
Via Valeggio reclama telecamere e interventi di pulizia, per smettere di assomigliare a una discarica
pubblica. La segnalazione arriva dai residenti, che lamentano la concentrazione di ben otto, luridi,
cassonetti in fondo alla strada, verso il capolinea dei bus. Per questo chiedono che siano installati
occhi elettronici, a monitorare una situazione che, insieme ad altre che si trascinano da anni,
continua a degradare il quartiere Indipendenza.
Ulteriore segnalazione, fatta presente nel parlamentino di via Tevere dal consigliere del Pdl Alberto
Padovani, riguarda il fogliame tra i giardini di via Valeggio e via Villafranca, che non viene
raccolto con regolarità dall'Amia. «Spesso i cittadini sono costretti a sbrigarsela da soli per
mantenere il decoro», dice Padovani. «Da 50 anni non si semina l'erba e il verde è fatto solo di
gramigna», gli fa eco Aldo Isalberti che vive in zona. Quest'ultimo, che già la scorsa estate aveva
lanciato un Sos per il quartiere, con una raccolta di firme, non sembra rincuorato nemmeno
dall'imminente passaggio della gestione della limitrofa area Ater nelle mani della quarta
circoscrizione, che ne avrà la cessione gratuita per nove anni. «I timori restano. È da troppo tempo
che, nonostante richieste e sollecitazioni, non si fa nulla per rimettere in sesto l'area tra via
Monzambano, via Novara e via Valeggio». Su questo, il presidente in quarta, Daniele Bernato, non
può che rimandare alla polizia locale. «L'installazione delle telecamere non spetta a noi», dice.
«Possiamo solo fare una segnalazione». E garantisce invece: «La gestione dell'area Ater è ormai
questione di giorni. Poi faremo sopralluoghi con i tecnici per valutare gli interventi più urgenti».
Una delle questioni prioritarie sarà se rimuovere o rimettere in sesto la piccola arena in cemento,
divenuta negli anni ricettacolo di sporcizia e frequentazioni non gradite.C.BAZZ.
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TRAGEDIA SFIORATA
Il soccorso alpino ha compiuto una vasta operazione di
ricerca. L'enorme massa di neve è stata notata dai ristoratori e
dai residenti della zona
Tre valanghe, allarme e paura sul Baldo
Lorenza Costantino
La più grande, 70 metri di fronte, si è staccata al mattino
all'altezza di punta Pettorina. Si è temuto per la sorte di alcuni
escursionisti
domenica 19 gennaio 2014 CRONACA, pagina 13
Da giorni si parlava di allerta valanghe anche per le nostre montagne. E ieri, infatti, le previsioni si
sono avverate e hanno preso corpo in una grande slavina, che si è staccata poco prima di
mezzogiorno dalla cima del monte Baldo, in corrispondenza di punta Pettorina (2.191 metri),
precipitando verso Cavallo di Novezza, separandosi quindi lungo due canaloni, e fermandosi a
quota 1.600.
Subito si è temuta la tragedia. Un'altra si è staccata a poca distanza, mentre dal V.allone Osanna, nel
primo pomeriggio, si è staccata un'altra massa che è finita a pochi centimetri dalla strada
Infatti, nonostante il bollettino delle valanghe fosse da giorni, e resti tuttora, fisso al livello 4 della
scala di pericolo (molto forte), almeno una decina tra scialpinisti ed escursionisti ieri mattina si
trovava in uscita sul versante est del Baldo. Le auto, parcheggiate accanto allo Chalet di Novezza,
ne testimoniavano la presenza.
L'enorme massa di neve in movimento, con un fronte di 70 metri, è stata notata a occhio nudo dai
ristoratori della zona e dagli abitanti dei paesi a valle. Impauriti, hanno allertato subito la protezione
civile di Ferrara di Monte Baldo e quindi il Soccorso Alpino.
L'ALLARME. «C'erano degli escursionisti su quei sentieri, al momento della valanga», è stato
segnalato ai soccorritori da più persone, in particolare da due componenti di una comitiva che, scesi
a Novezza, non vedevano più arrivare i compagni lasciati dietro di sé.
La macchina dei soccorsi si è messa immediatamente in moto: prima con una ricognizione in volo
sopra la valanga, grazie alla collaborazione dei vigili del fuoco di Trento, poi con il controllo diretto
da parte del Soccorso Alpino, giunto sul posto con una squadra di 14 volontari.
E di nuovo si è temuto il peggio, perché i soccorritori hanno notato tracce di sci proprio nei pressi
del tracciato della slavina. Si è iniziata quindi la «bonifica» dell'imponente cumulo nevoso crollato
dal monte, ovvero a perlustrarne la massa con l'ArtVa (apparecchio per la ricerca di travolti da
valanga) e con le sonde, per capire se sotto vi fosse rimasto sepolto qualcuno.
LE RICERCHE. L'operazione sul terreno, tra l'altro, si presentava rischiosa per gli stessi volontari:
sulla sommità del monte, il manto non era ancora stabile e continuava a sussultare, per fortuna con
movimenti molto più contenuti rispetto al primo.
Finalmente, nel giro di un paio d'ore, i vari escursionisti, sani e salvi, sono riapparsi all'orizzonte e
hanno iniziato autonomamente a fare ritorno alle proprie auto. Si è proceduto alla loro conta, però
all'appello mancavano ancora due giovani scialpinisti.
«Ma non è stato necessario attenderli a lungo. Anche loro, sani e salvi, sono scesi a Novezza con le
proprie gambe», racconta Roberto Morandi, capo stazione del Soccorso Alpino. «A quel punto,
verso le tre del pomeriggio, l'allerta è rientrata. Abbiamo potuto chiudere le operazioni di ricerca e
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fare ritorno alla base di Boscomantico».
E raccomanda: «Nei prossimi giorni, a causa delle temperature elevate e della neve bagnata, il
rischio valanghe resta altissimo. Con un pericolo valutato dall'Arpav a 4 su 5 sulla scala dell'allerta,
l'unico consiglio che va dato è di restare a casa, o al limite di evitare accuratamente i ripidi pendii
innevati».
CA' DEL BUE
Nuovo sguardo sui rifiuti
domenica 19 gennaio 2014 LETTERE, pagina 23
Stando alle ultime dichiarazioni del sindaco Tosi, sembra proprio che Ca' del Bue stia trovando
degli ostacoli insormontabili. Il fatto che gli incentivi governativi per l'energia prodotta da fonti
rinnovabili, noti come CIP 6, non spettino all'inceneritore ha provocato una battuta d'arresto nell'iter
del progetto. Gli incentivi statali, valutati in 53 milioni di euro, non arriveranno, perché Ca' del Bue
è considerato un nuovo impianto, e non la ristrutturazione di quello vecchio, come si voleva far
credere. Non siamo ancora alla decisione definitiva, perché Urbaser, la ditta spagnola vincitrice del
bando, ha presentato ricorso al Tar, ma è abbastanza prevedibile che il Tribunale amministrativo lo
respinga.
Con la pubblica ammissione del sindaco, diventa chiaro a tutti che il vero obiettivo del progetto Ca'
del Bue non mirava tanto a risolvere in modo ottimale il ciclo dei rifiuti, quanto a innestare un
meccanismo appetibile per i suoi risvolti economici e finanziari su cui l'amministrazione comunale,
e non solo, faceva conto.
Adesso bisogna per forza cambiare strada per affrontare il nodo dei rifiuti con uno sguardo più
innovativo che punti ad un futuro sostenibile, cominciando per prima cosa ad estendere la raccolta
porta-a-porta in maniera più incisiva in tutti i quartieri della città. A questo punto perché non
potrebbe anche Verona imboccare la via del progetto Rifiuti Zero che grandi città come San
Francisco negli Usa e Canberra in Australia stanno da anni percorrendo con buoni risultati, sia
economici che ambientali?
Gianni Giuliari
VERONA
PESCANTINA
Mercoledì a Balconi con i professionisti incaricati, il
commissario e il Movimento
Ca' Filissine, nuovo incontro per il futuro della discarica
Machinè: «Ora servono soluzioni che tengano conto dei
sacrifici dei cittadini e che eliminino l'inquinamento della
falda»
domenica 19 gennaio 2014 PROVINCIA, pagina 27
Mercoledì 22 gennaio, alle 20.30, nella sala parrocchiale di via san Pietro martire, vicino alla chiesa
di Balconi, si terrà l'illustrazione delle linee progettuali sulla sistemazione e messa in sicurezza della
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discarica di Ca' Filissine volute dal Comune di Pescantina, individuate dai professionisti incaricati
Piero Sirini e Quintilio Napoleoni e recepite dallo studio tecnico Dall'Acqua.
È il secondo incontro sul tema annoso della discarica, dopo quello di dicembre organizzato dal
Movimento Ambiente & Vita, cui ha preso parte il commissario straordinario Rose Maria Machinè,
che guida il Comune dal 29 maggio 2013 dopo le dimissioni del sindaco Alessandro Reggiani.
«All'indomani dell'ultimo consiglio Comunale del mandato del sindaco Reggiani», spiega il
commissario, «il progetto presentato nel marzo 2013 non è stato ritirato, ma si è cercato di trovare
soluzioni migliorative che tenessero in debita considerazione i sacrifici affrontati dalla popolazione
di Balconi a causa delle emissioni di odori e che al contempo garantissero di raggiungere l'obiettivo
di eliminazione dell'inquinamento in falda freatica. Allo stesso tempo i miglioramenti introdotti, che
confluiranno in un aggiornamento al progetto del 2013, consentiranno comunque il recupero delle
somme spese per lo smaltimento del percolato dalla data del sequestro dell'agosto 2006 ad oggi,
senza aggravio per la collettività».
All'incontro, aperto alla cittadinanza, sono stati invitati gli enti istituzionalmente coinvolti, quali
Regione, Provincia ed Arpav. Il commissario ha provveduto a informare anche i parlamentari
veronesi.
La vicenda della discarica di Ca' Filissine, il cui impianto si estende per circa 14 ettari nella zona a
nord del paese, al confine con San Pietro in Cariano, ha subito un improvviso stop il 29 agosto
2006, quando, a causa di rilevazioni di tracce di ammoniaca nel pozzo M7, il giudice per le indagini
preliminari Marzio Bruno Guidorizzi aveva emanato l'ordinanza di sequestro dell'impianto. Da
allora sono stati costanti i tentativi del Comune di provvedere alla bonifica del sito.
Sulla collina dei quattro lotti già esauriti, visibile dalla superstrada che collega la Valpolicella, sono
stati depositati negli scorsi anni rifiuti pari a circa due milioni e mezzo di tonnellate.
Il Movimento Ambiente & Vita è nato dopo che s'era paventata la prospettiva di una riapertura
dell'impianto e del conferimento di 1,9 milioni di metri cubi di rifiuti speciali. Da lì la battaglia per
far ritirare il progetto. L'incontro del 22 gennaio dovrebbe fornire conclusioni tecniche.L.C.
LA REPLICA
Il direttore generale non ci sta e contesta i dati della campagna
nazionale anticorruzione promossa da Libera e dal Gruppo
Abele
«L'Ulss 22 non è il fanalino di coda della trasparenza»
Dall'Ora: «Abbiamo ottime performance nel Progetto
Bersaglio, un sistema di valutazione nazionale»
domenica 19 gennaio 2014 PROVINCIA, pagina 28
Mescolando la normativa sulla trasparenza e quella sulla corruzione, i dati di «Riparte il futuro», la
campagna nazionale anticorruzione nelle aziende pubbliche promossa da Libera e Gruppo Abele,
non sarebbero fondati e veritieri.
Lo sostiene l'Ulss 22, che secondo quel monitoraggio, appunto, sarebbe il fanalino di coda delle
aziende sanitarie venete in termini di trasparenza, con un 11 per cento di punteggio calcolato sulla
disponibilità di informazioni cui i cittadini possono accedere agevolmente in merito a nomine
dirigenziali e piani di trasparenza e anticorruzione.
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Secondo il direttore generale dell'Ulss 22 Alessandro Dall'Ora, i criteri del monitoraggio si basano
solo su tre elementi: «La trasparenza dei vertici di indirizzo politico, la nomina del responsabile
anticorruzione e il piano triennale anticorruzione, a fronte», spiega, «di un ben più complesso
quadro che delinea il debito informativo di tutte le pubbliche amministrazioni. L'Ulss 22, inoltre»,
precisa il dg, «ha centrato, con performance ottima - buona, ben 17 delle 21 aree nell'ambito del
Progetto Bersaglio, sistema di valutazione delle performance, elaborato e condotto dal laboratorio
Management e sanità della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa, cui ha aderito la Regione Veneto,
collocandosi ai primissimi posti».
Il monitoraggio di «Riparte il futuro», dunque, secondo Dall'Ora non è veritiero ed è denigratorio di
un'azienda «ben consapevole di come trasparenza e corruzione siano elementi che vanno monitorati
per garantire il corretto funzionamento della pubblica amministrazione».
Ed ecco come possono fare i cittadini per ricercare, sul sito internet dell'Ulss 22, i documenti presi
in considerazione dal monitoraggio su trasparenza e anticorruzione. I curriculum dei componenti
della direzione generale, ad esempio, si trovano nella colonna a sinistra del sito, scendendo alla
sezione «Amministrazione trasparente», sotto la voce «Organizzazione».
Spostandosi, invece, sotto «Personale/Incarichi amministrativi di vertice» si può accedere ai relativi
trattamenti economici. Per accedere ai documenti sull'anticorruzione, sempre nella sezione
«Amministrazione trasparente», occorre scorrere giù all'ultima riga alla voce «Altri contenuti».
All'interno si apre la cartella «Corruzione». Qui è possibile vedere il nome del responsabile
anticorruzione: il dottor Elmer Soffiati.
Per visionare il piano anticorruzione, invece, occorre tornare sulla homepage, spostarsi sulla
colonna a destra in basso, cliccando sull'icona «Piano anticorruzione Ulss22», dove è pubblicato un
avviso di consultazione che lo rende «fruibile a tutti i portatori d'interesse delle attività e dei servizI
dell'azienda».M.V.A.
SAN MARTINO BUON ALBERGO
Una delibera, votata all'unanimità, ribadisce la presa di
posizione contro nuovi scavi
Il Comune fa una promessa: «Qui da noi niente più cave»
Vittorio Zambaldo
Il Consiglio:« Nel nostro territorio si è già superato il limite
della superficie destinabile all'attività estrattiva di sabbia e
ghiaia»
domenica 19 gennaio 2014 PROVINCIA, pagina 28
Sul territorio di San Martino Buon Albergo non si apriranno più cave.
Lo ha votato all'unanimità il Consiglio comunale chiamato ad esprimersi sul Piano regionale attività
di cava (Prac), adottato con delibera 2015 dalla giunta regionale lo scorso 4 novembre.
«Già in precedenza, cioè fin dal 1999», viene osservato nella delibera che accompagna le
osservazioni a Venezia, «sulla base dei contenuti del Piano globale di interventi di ripristino e
riqualificazione ambientale delle aree estrattive del Comune di San Martino, si era affermato che
l'intero territorio comunale andasse precluso ad ulteriori attività di cava in virtù dell'articolo 8 della
legge regionale 44/82, il quale lo consente per ragioni di salvaguardia idrogeologica, paesaggistica,
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dell'ambiente naturale e del suolo con particolare vocazione agricola. Motivazioni ancora
pienamente valide».
In più la nuova delibera ribadisce che nei confini sanmartinesi è già stato superato il limite della
superficie destinabile all'attività estrattiva di sabbia e ghiaia, come previsto dall'articolo 13 della
legge regionale 44/82.
Questa infatti stabilisce che la parte di territorio comunale interessata dall'attività di cava non possa
essere in alcun caso superiore alle seguenti percentuali della superficie totale della zona agricola del
Comune: del 3 per cento (cave di ghiaia e sabbia), 5 per cento (argilla) e 4 per cento (entrambi i
materiali). Tra l'altro nella misurazione vanno comprese anche le superfici di cave in atto, di quelle
abbandonate e di quelle dismesse.
Una successiva modifica della legge ha precisato, relativamente alla ghiaia, che è vietato l'utilizzo
di più del 3 per cento del territorio agricolo comunale, indipendentemente dalle eventuali
ricomposizioni ed estinzioni di cave già autorizzate.
La delibera del Consiglio di San Martino rileva il paradosso di un Prac che cambia la normativa
vigente e vi si osserva che la pianificazione dell'attività di cava non deve prescindere dall'attività già
svolta o in essere, nonché delle situazioni ambientali, degli impatti presenti e delle scelte
urbanistiche.
«La scelta, poi, di ammettere i soli ampliamenti delle cave esistenti per cave di sabbia e ghiaia
comporta disparità a livello locale, dovendo sempre essere i Comuni a dover destinare parte del
proprio territorio a tali interventi».
Il Consiglio comunale conclude le sue osservazioni: «Devono essere individuati dettami tecnici e
normativi affinché le cave non possano avere autorizzazioni prorogate ripetutamente o non possano
essere mantenute con finalità diverse, benché esaurite, anziché essere prontamente ricomposte ed
estinte».
È una presa di posizione importante, di cui la Giunta dovrà tenere conto anche in considerazione di
quanto il territorio sanmartinese ha dato: cave dismesse sono diventate discariche abusive sulle
quali si lavora ormai da un ventennio nella faticosa opera di bonifica, che ha comportato, per il
pareggio dei costi, ampliamenti e nuovi disagi.
Altre sono abbandonate e rischiano di finire nelle stesse condizioni, se non c'è una costante
vigilanza come nel caso delle cave Guainetta e Case Nuove, sulle quali comitati e amministrazione
si sono mobilitati per escludere che diventino deposito di terre inquinate.
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La «ferita» di Guainetta «Ci porta inquinamento»
domenica 19 gennaio 2014 PROVINCIA, pagina 28
Negli interventi sulla delibera delle osservazioni al Piano regionale attività di cava, il consigliere di
minoranza della Lista grandi, Umberto Toffalini ha sollevato la «ferita» di cava Guainetta, per la
quale c'era stato un esposto di denuncia per inquinamento.
«Sono cave aperte già molti anni fa, che ci siamo trovati nostro malgrado, ma credo che sia arrivato
il momento di dire la parola fine a un sistema che rischia di portare inquinamento e solo danni al
nostro territorio», ha osservato.
Gli ha risposto Placido Camponogara, responsabile del settore Ambiente ed ecologia del Comune,
precisando che nei confronti dei titolari di cava Guainetta sono aperti due procedimenti, uno per
abuso edilizio e l'altro per inquinamento.
Il primo si riferisce alla pavimentazione non autorizzata di un piazzale all'interno della cava, l'altro
ad accumuli di rifiuti rimasti in cava in seguito alla revoca dell'autorizzazione alla lavorazione di
smaltimento rifiuti. «Erano tre cumuli in attesa di lavorazione», ha spiegato Camponogara. «Due
sono stati smaltiti, mentre è ancora sul posto quello più grande. È stato trattato per ridurne la
presenza di cromo e ottenere un rifiuto da smaltire senza costi alti».V.Z.
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VILLAFRANCA
Scoperta anche un'altra causa della devastazione. È colpa
delle piogge invernali degli anni scorsi
Una malattia distrugge i kiwi Arriva la ricetta per salvarli
Maria Vittoria Adami
I tecnici sono andati in Nuova Zelanda per capire quali sono le
soluzioni per sconfiggere la batteriosi I risultati della ricerca
illustrati in un convegno
domenica 19 gennaio 2014 PROVINCIA, pagina 30
Un'equipe di tecnici è partita alla volta della Nuova Zelanda per cercare risposte e ha trovato
conferme sulla retta via imboccata nel Villafranchese per combattere la Psa, la batteriosi del kiwi,
sciagura del comparto.
Dei risultati di questo viaggio e delle direttive da adottare in futuro si parlerà in un convegno
organizzato dal Tavolo tecnico, al mercato ortofrutticolo di via Fantoni, il 7 febbraio alle 19. Si
parlerà dell'attuale situazione della batteriosi nel Veronese, della gestione degli impianti e della loro
corretta coltivazione con Giovanni Zanini, del servizio fitosanitario regionale, Lorenzo Tosi di
Agrea e Gianni Tacconi di Cra, Cristos Xiloyannis dell'università di Potenza, Alessio Giacopini e
Giovanni Rigo del comitato tecnico, Fausto Bertaiola, presidente del consorzio Kiwi del Garda.
«In Nuova Zelanda», spiega Tosi, di ritorno dal viaggio, «abbiamo ricevuto conferma di aver fatto
le mosse giuste. L'obiettivo è ottenere, nonostante la Psa, una produzione commercializzabile». La
batteriosi, infatti, è una malattia che fa morire la pianta, ma non incide sulla salubrità del frutto che
se nasce di buona pezzatura (quindi vendibile) si può mangiare senza pericolo. «Per combattere la
Psa si parte dalle misure di prevenzione, come la pulitura del campo. È una prassi adottata anche in
Nuova Zelanda».
Di tutta questa materia si parlerà al convegno. Ma Tosi darà anche risposte sulla misteriosa moria
dei kiwi che ha colpito molti impianti nel Villafranchese e che nulla c'entra con la Psa. «Il fattore
scatenante è stato il clima piovoso dell'inverno 2012 e primavera 2013. Il terreno è stato sommerso
da pioggia che lo ha compattato. Sono morte così le radici più piccole che portano nutrimento alla
pianta e si è sviluppato anche un fungo patogeno. Le piante non vanno trattate per questa moria,
occorrerà piuttosto risanare il terreno, senza però compromettere l'apparato radicale della pianta».
Il 7 febbraio i tecnici diranno come fare, confermando se le piante si possono salvare o meno. Sono,
infatti, ancora vive con le radici più grandi intatte. «Tutto sta a capire se le più piccole, necessarie,
sono in buono stato», conclude Tosi. «Lo comprenderemo più avanti, di certo il clima piovoso non
aiuta. Occorrerebbe il gelo. La moria, tuttavia, è un problema internazionale: colleghi francesi ci
hanno contattato per confrontarsi su come procedere».
Un secondo convegno, il 13 febbraio, alle 19, tratterà invece del pesco, alle prese con batteriosi e
problemi decennali come monilia e sharka. Interverranno Carlo Fideghelli, Umberto Mazzucchi,
Gianni Ceredi e Luigi Scattolini, direttore del mercato. «Potrebbe essere l'anno della svolta per
ottenere buone produzioni nonostante monilia e sharka», spiega Scattolini.
«La chiave di volta contro la sharka», continua il direttore del mercato, «potrebbe essere il
portainnesti del pesco, base della pianta sulla quale innestare varietà meno sensibili a questi
problemi».
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VILLAFRANCA
La rassegna all'auditorium
Film sulla montagna proiettati da Wwf e Ctg
domenica 19 gennaio 2014 PROVINCIA, pagina 30
Vita, natura, storia e tradizioni di montagna faranno tappa anche quest'anno in pianura, a
Villafranca. Con due date all'auditorium comunale, la sezione locale del Wwf e il gruppo Ctg «Tira
e Tasi», in collaborazione con il Comune, propongono per il dodicesimo anno consecutivo le serate
di proiezione di filmati che narrano lo stile di vita e le esperienze delle zone montane: «Lessinia e
Monte Baldo, proiezioni in compagnia degli autori».
Alle serate partecipano i registi dei cortometraggi proiettati. Venerdì c'è stato il primo
appuntamento con Giorgio Pirana, volto noto nell'albo d'oro del Film festival della Lessinia e autore
dei corti «Lessinia, il volto e l'anima», «Inverni lontani» e «Un mondo suggestivo e...perduto». Il
secondo appuntamento è per venerdì 24 gennaio, sempre alle 20,45. Raffaello Boni, regista e
fotografo, proporrà il cortometraggio «I luoghi della biodiversità - Monte Luppia e Punta San
Vigilio». Seguirà un breve viaggio fotografico nel suo magico mondo delle farfalle diurne del
Baldo-Garda. L'ingresso è gratuito.M.V.A.
PESCHIERA
Le proteste sono state portate in Regione ma nulla si muove:
l'ultimo dragaggio risale agli anni Settanta
Barche prigioniere al porto «Paghiamo per non usarle»
Katia Ferraro
Quaranta le imbarcazioni arenate nella sabbia Fontana:
«Uscendo ho fatto danni per 1.600 euro» Chincarini: «È
ingiusto, non saldino il canone»
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Avere una barca ormeggiata in un porto, pagare il canone di concessione e non poterla utilizzare
perché arenata sul fondale. Succede nel porto Fornaci di Peschiera (località San Benedetto), ma la
situazione è a rischio anche in altri porti del paese, il più a sud della sponda veronese del lago e per
questo più soggetto a depositi di sabbia, fanghi, alghe e detriti.
A denunciare la situazione è Giovanni Fontana, residente poco lontano dal porto. La sua
imbarcazione è lunga poco più di sei metri e viene usata soprattutto d'estate, periodo in cui il
disagio si acuisce per l'abbassamento del livello del lago e dei depositi di sabbia che arrivano con i
moti ondosi, rendendo impossibile muoverla. Situazione analoga per altri quaranta titolari di
concessioni portuali, ma è Fontana a parlare nel tentativo di risolvere un problema ormai
insostenibile. «Quest'estate provando a uscire ho procurato un danno di 1.600 euro alla barca, di cui
ho chiesto risarcimento al Comune», racconta. Ha più volte fatto presente il disagio agli
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amministratori di Peschiera, ottenendo come risposta un rimbalzo di palla alla Regione, che però nel
2008 ha delegato ai Comuni gardesani la gestione amministrativa del demanio portuale.
Lo conferma Marcello Ghini, responsabile dell'ufficio Demanio idrico portuale di Peschiera:
assicura di aver fatto presente alla Regione il problema, anche perché «per effettuare dragaggi e
manutenzioni straordinarie dobbiamo avere la sua autorizzazione, oltre a contributi economici».
Necessari, spiega, perché in Veneto il fondale del lago è considerato rifiuto speciale e quindi pulizia
e smaltimento avrebbero un costo altissimo per il Comune (ma in una nota tecnica la Regione fa
presente che «in via generale la normativa prevede che i materiali dragati non debbano essere
considerati necessariamente rifiuto). «A meno che», azzarda il responsabile, «la Regione non ci
lasci in cassa il 60 per cento dei canoni annuali che dobbiamo girarle». I canoni portuali
sonoriscossi dai singoli Comuni (diversamente da quelli extraportuali come pontili, boe, chioschi,
spiagge incassati dalla Regione): il 40 per cento rimane a loro disposizione, mentre la rimanente
quota viene destinata a Venezia. Il che si traduce, per Peschiera, in un incasso netto di circa 120mila
euro su un totale di circa 300mila «ancora da verificare per il 2013», spiega Marcello Ghini,
«appena sufficienti a pagare spese dell'ufficio, della vigilanza e manutenzione ordinaria».
Il sindaco Umberto Chincarini risponde alla protesta di Giovanni Fontana invitando alla
disubbidienza: «Se prova che non riesce a usufruire del servizio può evitare di pagare il canone
ochiedere l'assegnazione di un altro posto».
E promette che i suoi cittadini non verranno lasciati soli davanti alle istituzioni. Del resto, un po'
tutti i Comuni del lago hanno il «dente avvelenato» con la Regione. È di poco più di una settimana
fa la notizia che dopo otto anni è stata versata una prima parte del debito maturato nei confronti
degli enti locali per i canoni extraportuali (incassati dalla Regione e di cui dovrebbe girare la metà
ai Comuni): circa 300mila euro a fronte di oltre 3 milioni di euro. Somme che, se regolarmente
versate, potrebbero fornire un «tesoretto» con cui pagare le manutenzioni straordinarie. Stando ai
ricordi di un pescatore l'ultimo dragaggio nei porti di Peschiera risale agli anni Settanta. Chincarini
non conferma né smentisce, ma si limita a constatare che dal suo primo mandato come sindaco nel
1993 non sono mai state fatte operazioni di questo tipo. Difficile trovare il bandolo della matassa:
da una parte la normativa dichiara che le competenze vengono delegate ai Comuni, mentre gli
interventi di manutenzione sono materia concorrente ed effettuati in relazione agli stanziamenti del
bilancio regionale. Dall'altra non si capisce in quale capitolo di bilancio e con quale finalità di spesa
finiscano i canoni che la Regione riscuote direttamente (extraportuali) o che le vengono girati
(portuali). Forse, ipotizza qualcuno, un capitolo specifico nemmeno esiste e questo sarebbe il
motivo del mancato reinvestimento di quei soldi. Problemi noti in Italia e di cui non è immune
nemmeno il Veneto.
Da parte sua Giovanni Fontana invita il Comune a essere il primo a protestare: «Se vuole stare dalla
parte dei cittadini si tenga in cassa la parte dovuta alla Regione, vediamo se le cose migliorano».
Dieci anni fa gli interventi più pesanti per eliminare gran parte
degli inerti
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Il lago di Garda è uno solo, ma non è unica la normativa che lo riguarda perché le leggi regionali di
riferimento sono diverse. Per gestire il demanio lacuale e portuale i Comuni della sponda bresciana
si sono uniti in consorzio nel 2004, ente che nel febbraio dello scorso anno ha assunto il nome di
Autorità di bacino laghi Garda e Idro. È a questo organismo che compete la riscossione dei canoni
portuali ed extraportuali, di cui il 40 per cento viene girato alla Regione (percentuale che può essere
abbassata fino al 30 per cento in base a criteri stabiliti di anno in anno dalla stessa Regione), il 48
per cento viene destinato ai Comuni (40 per cento nel caso dei canoni portuali) e la rimanente quota
rimane nelle casse dell'Autorità di bacino, cui compete anche la manutenzione straordinaria. «Prima
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di effettuare i dragaggi vengono svolte analisi chimiche del fondale dei porti», spiega Fausta Tonni,
direttrice dell'Autorità di bacino. «In caso di materiale inerte, come sabbia e ghiaia, proseguiamo
col dragaggio dandone comunicazione a Provincia e Regione. Il materiale recuperato viene poi
rimesso nell'alveo a distanza dalla costa. In presenza invece di rifiuti speciali è necessario lo
smaltimento in discarica». Essendo il costo per questo tipo di smaltimento nettamente superiore è
possibile chiedere aiuto alla Regione: in tal caso i canoni girati possono cofinanziare l'intervento. «I
dragaggi più pesanti sono stati fatti una decina di anni fa, ora si tratta per lo più di operazioni
ordinarie che effettuiamo periodicamente in base alle necessità», conclude Tonni. K.F.
L'INTERVISTA
La ricetta di Bruno Veronesi, presidente della Veronesi
Holding spa per uno dei settori economici chiave
«L'estero è la leva di crescita dell'agroalimentare italiano»
«Bisogna sfruttare i punti di forza del sistema Italia Le
istituzioni devono riconoscere reale centralità al settore». E il
gruppo si internazionalizza in Serbia
domenica 19 gennaio 2014 ECONOMIA, pagina 38
Non è possibile che la Germania esporti il 26% della sua produzione alimentare a fronte del ben più
modesto 16% dell'Italia. Eppure è così. E Bruno Veronesi, presidente di Veronesi Holding spa, che
controlla Aia con i marchi Aia (uno dei maggiori prodouttori europei di elaborati avicoli), Negroni
(tra i principali produttori nazionali di salumi), Veronesi Mangimi (primo in Italia), indica la sua
ricetta per un recupero di competitività.
Veronesi esordisce convinto che, «in generale, per quanto esistano ostacoli e minacce - come
sottodimensionamento, mancanza di orientamento al marketing e al branding, eccessivo localismo
ecc. -, lo scenario internazionale offre interessanti e significative opportunità di espansione ed
appare come la principale e più immediata via di sviluppo delle imprese italiane del settore».
LIMITI NAZIONALI. È necessario, però, sottolinea «superare i limiti che caratterizzano e
penalizzano il sistema nazionale, per fare pienamente leva sui punti di forza esistenti,
dall'eccellenza dei prodotti alla capacità di innovazione e flessibilità, sino alle riconosciute qualità
del gusto italiano. Un impegno che deve riguardare sia le istituzioni, che devono riconoscere reale
centralità al settore nelle politiche di sostegno e di sviluppo per le aziende, ma anche il sistema
imprenditoriale chiamato a creare una nuova strategia di crescita all'estero».
«Dobbiamo sviluppare», prosegue Veronesi, «prodotti globali - come è il caso della nostra Dakota
(l'innovativa salsiccia cotta Aia) e Kebab Keb's (la nuova linea di kebab Aia già cotto e tagliato) con i quali guardare non solo all'Italia, ma a tutto il mondo. Sempre però, con estrema attenzione
alla qualità, puntando soprattutto sull'italianità, da richiamare in etichetta con il tricolore e l'origine
del prodotto - come già facciamo noi per i nostri elaborati - e sull'identità del marchio, con cui si
cerca di contrastare la falsificazione. Anche in considerazione che sigle come dop, igp, doc, docg
varate dall'Unione Europea per proteggere la tipicità di alcuni prodotti alimentari nel mondo,
purtroppo non sempre sono capite».
LEGGI CERTE. Come muoversi dunque? «Per promuovere i prodotti italiani» risponde Veronesi,
«ci vuole quindi massima semplicità, per eliminare così anche costi superflui e dispersioni, da
perseguirsi spronando le autorità a definire un quadro legislativo di riferimento certo, attraverso una
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concertazione seria fra istituzioni comunitarie e nazionali, per la definizione di accordi finalizzati
all'adozione di politiche globali di tutela dei prodotti».
Un secondo componente della ricetta riguarda è l'abolizione dei costi impropri che frenano
l'industria italiana. «Non solo il lavoro, quindi, e l'indispensabile flessibilità», precisa, «ma anche
l'energia, il gas, le carenze infrastrutturali, l'assenza di veri sostegni alle esportazioni».
Ma c'è anche un terzo elemento della ricetta, che si chiama filiera. «Che non serve solo per il
controllo del prodotto», dice Veronesi, «ma anche per razionalizzare i costi. Noi, ad esempio, siamo
autosufficienti, come tutta l'Italia, per gli avicoli, ma anche per i suini. Ne macelliamo - e siamo tra
i primi in Italia - 20.000 ogni settimana, il che ci consente di rispondere alle esigenze produttive
nostre ed anche di terzi. Non ci sarebbe quindi bisogno di importare da Germania o Olanda».
INTERNAZIONALIZZAZIONE. Il quarto componente della ricetta si chiama: dimensione e
internazionalizzazione. «I nostri competitors», ribadisce il presidente, «sono colossi mondiali, come
Nestlè. Noi dobbiamo rispondere crescendo. Il nostro Gruppo l'ha fatto e lo sta facendo, sia per
linee interne - proseguendo nei tradizionali e forti investimenti (70 milioni solo l'anno scorso,
compreso il nuovo deposito strategico di Nola, che va ad unirsi a quelli di Roma e Milano, ndr) - sia
con acquisizioni in Italia - fatte alla grande in passato, ma ora divenute molto più difficili - sia
ancora con alleanze in chiave produttivo-commerciale all'estero».
INTESA A BELGRADO. È il caso quest'ultimo, del protocollo d'intesa siglato dalla Veronesi
Holding qualche mese fa a Belgrado con la società avicola serba Agroziv, che ipotizza un
programma d'investimenti di filiera, per l'avicolo, in Serbia. Progetto che, se approvato, aprirebbe
ulteriormente le porte ai mercati di tutto l'Est Europa.
Un altro fattore non può che venire, secondo Veronesi, da una ulteriore serie d'interventi non meno
importanti, che va dal «fare sistema» con l'aggregazione - con il Consorzio Italia del Gusto - su
piazze sensibili, come ad esempio la Gran Bretagna, all'e-commerce, alla valorizzazione delle
nicchie.
GRANDE DISTRIBUZIONE. E c'è infine un ultimo ingrediente della ricetta che Veronesi deve
proporre e riguarda lo sviluppo della distribuzione italiana. Il presidente sostiene infatti che «la gdo
italiana è ancora troppo “periferica” e l'Italia sconta quindi il fatto di non avere un grande player
nella distribuzione a livello internazionale. Se s'intende promuovere all'estero», conclude Bruno
Veronesi, «la produzione alimentare italiana, occorrerà quindi affrontare e superare la barriera della
distribuzione straniera, ricercando alleanze e interessando i gruppi italiani che operano nella
distribuzione, allettandoli magari per un certo periodo con il supporto di un intervento finanziario
pubblico».F.R.
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AGRICOLTURA
All'associazione scaligera. Pedrini confermato alla guida della
Cia: «Regioni più forti»
Elisa Costanzo
Il presidente: serve taglio dei costi di produzione e regole più
chiare
domenica 19 gennaio 2014 ECONOMIA, pagina 38
Michele Pedrini, confermato alla presidenza della Cia di Verona. Si sono svolte ieri mattina,
all'Hotel Villa Quaranta, le votazioni per il rinnovo delle cariche interne alla confederazione italiana
agricoltori, che a Verona conta circa 2200 associati, che rappresentano un giro d'affari di circa 440
milioni di euro.
Tutto rimane invariato quindi anche per il secondo mandato e alla guida resta Michele Pedrini, 49
anni, allevatore di Oppeano, che insieme al fratello Ezio, gestisce una tra le più importanti stalle
lattifere della Provincia di Verona. «C'è bisogno di garantire un reddito adeguato ai nostri
agricoltori e questo può avvenire solo abbattendo i costi di produzione e tornando a competere con
il resto del mondo», evidenzia Pedrini nella relazione introduttiva, «bisogna poi che lo Stato
sostenga i comparti produttivi in difficoltà, tutti a parte il vino e non da ultimo è essenziale che gli
agricoltori imparino a fare rete e ad associarsi per rendere più competitive le loro imprese».
Un pensiero anche alla Pac, approvata a giugno, sulla cui applicazione la Cia esprime forti dubbi.
«Nell'incapacità della politica attuale quello che ci spaventa è che siano i burocrati nazionali a darle
applicazione, persone che in materia non hanno alcuna esperienza», spiega Pedrini. «Ciò sarebbe
deleterio e per questo noi chiediamo che siano i governi regionali a decidere come sostenere la
nostra agricoltura».
Posizione condivisa anche dalla neonata Agrinsieme, che riunisce Cia, Confagricoltura,
Confcooperative e Lega delle Cooperative.
«Abbiamo fatto rete in Agrinsieme con la speranza che si possa unire tutto il mondo agricolo»,
afferma Pedrini, «del resto anche se ci sono valori e ideali diversi, molti problemi sono comuni e
questo coordinamento permette di interagire in una strategia unitaria per affermare le ragioni del
mondo agricolo».
Non da ultimo poi il problema del credito. Il presidente ha ribadito infatti la necessità che le forze
politiche spingano affinché siano attuate nuove e profonde modifiche al sistema bancario cosicché
le banche tornino ad erogare liquidità alle imprese.
E, infine, il tema del lavoro, perché si intervenga per creare una maggiore perequazione sui costi tra
aziende agricole poste in territori diversi. «Non chiediamo soldi», conclude Pedrini, «ma regole e
normative efficaci che ci consentano di avere un minimo di certezze per il nostro lavoro e un
rapporto più equo con gli altri settori».
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