Giugno 2014 - Manageritalia

inserto
mensile di
Dirigente
n. 6 -2014
DIRIGIBILE
a cura di
Thomas Bialas
Segnali di futuro visti dall’alto #05
FUTURE MARKETING
Facebook & Co.
Gli errori delle imprese
p. 3
FUTURE CAR
L’auto che guida da sola
resta sola?
p. 3
FUTURE OFFICE
CARTA CANTA? ANCORA PER POCO
FUTURE MARKET
ANDARE A RIMORCHIO
DELLE NICCHIE
INFOGRAFICA DEL MESE
PER SOPRAVVIVERE, IL RETAIL
DEVE OCCUPARE NUOVI SPAZI
FUTURETECH
INVENZIONI & INNOVAZIONI
Dirigente mensile di informazione
e cultura manageriale
editore Manageritalia Servizi
design: CoMoDo
L’INUTILE BLA BLA BLA
Riunitevi in piedi, è meglio
La prossima volta che vi convocano a un meeting
rispondete con una fragorosa risata. Meglio un
liberatorio “ah ah ah” dell’obbligatorio “bla bla
bla”. È una vera e propria piaga che da sempre
accompagna i piani alti delle aziende. Mi riunisco
dunque sono, manager. Le tipologie sono molte
(briefing, debriefing, kick off, team building ecc.)
ma la sostanza non cambia: si perde tempo a
detta dei diretti interessati. Non male se si pensa
che il top manager passa il 90% del suo tempo in
FUTURE BANKING
Distruzione creativa:
è il turno delle banche?
p. 4
meeting di varia natura e il middle manager
un buon 60%. Anzi, il paradosso è proprio
questo: gli stessi manager che convocano
le riunioni nei questionari sull’utilità dei
meeting mettono nella maggioranza dei casi
la crocetta su “perdita di tempo”. Qualcosa
non quadra e non solo per l’eccesso di
partecipanti. È che siamo rimasti fermi
agli anni Ottanta e ancora prigionieri della
cultura gestionale dell’impresa industriale
fordista. Insomma, in passato perdere
tempo in chiacchiere e pippe strategiche
non era così grave... le cose andavano avanti
quasi per inerzia. Su 40 ore settimanali 20
buttate nel cesso ci poteva anche stare. Non
più oggi e non più nel futuro. In un’economia
complessa il tempo (poco) va ottimizzato
per progettare contenuti e soluzioni. Un
buon esercizio può essere il meeting in piedi.
Tiene svegli e facilita la concentrazione.
Per portare a bordo il proprio team sui nuovi
progetti basta e avanza un’ora. E poi tutti di
nuovo al lavoro, quello vero.
2/3
FUTURE MONEY
MONETA VIRTUALE PRODUCE
PERDITA REALE
Investire un milione di dollari (soldi veri)
in Bitcoins (soldi “falsi”) e poi vederli
svanire. Per forza: sono dei bit e non degli
atomi. Molti investitori e imprese ci hanno
rimesso delle belle cifre. Bitcoin arriverà
(si dice) anche su Ebay e PayPal ma intanto
i dubbi sulla criptomoneta restano. Truffe,
riciclaggio di denaro sporco, attacchi
speculativi e soprattutto informatici, fallimenti
(il crack della piattaforma giapponese per
scambio di Bitcoin, MtGox) e alla fine arresti
eccellenti (per esempio il ceo di BitInstant
e vicepresidente della Bitcoin Foundation).
D’accordo, le stesse cose succedono nel
mondo dell’economia reale (da Parmalat ai
mutui subprime) quindi business as usual. La
domanda però resta: che futuro ha Bitcoin?
Per il Nobel dell’economia Paul Krugman
sono un pacco, per i Silicon Valley addicted
una rivoluzione. Vediamo. Per ora Bitcoin è
stato soprattutto un gioco speculativo. Tra
l’altro più aumentano le transazioni e più
aumentano le esigenze di calcolo del sistema
con un consumo energetico “mostruoso” (non
basta una centrale nucleare per il fabbisogno).
Il potenziale è interessante ma non certo per
fare concorrenza a euro o dollaro. Può forse
affermarsi per transazioni internazionali
sostituendo l’oneroso (per i clienti) Western
Union oppure come micropagamento per
artisti e musicisti.
http://www.youtube.com/watch?v=2T2Kqn5MmEI
FUTURE MARKET
ANDARE A RIMORCHIO DELLE NICCHIE
Un rimorchio per bici made in Cina si
trova a partire da 30 euro. Quello prodotto
dall’azienda di Monaco di Baviera Hinterher
a 497 euro. Ha senso? Sì se si punta sul sense
making e se l’obiettivo per il 2014 è vendere
1.000 rimorchi a bikefreakers e amanti della
qualità su due ruote. In un mercato globale
di 7 miliardi troverai sempre una nicchia
di 1.000 persone disposte ad acquistare
un prodotto originale e personalizzabile.
Questo piccolo esempio ci insegna anche
un’altra cosa: che la tanto celebrata
polarizzazione del mercato (premium
o discount, o da una parte o dall’altra)
è una semi bufala già andata a male. In
FUTURE WORK
È INIZIATA L’INVASIONE DEI ROBOTS
Ne avevamo parlato ampiamente nel numero
di marzo di Dirigibile con l’infografica
dedicata ai white collar robots. Tre mesi dopo
ne parla anche Repubblica con un pezzo a
firma di Riccardo Luna. La notizia? Il patron
di Amazon Jeff Bezos ha annunciato diecimila
nuove assunzioni entro la fine dell’anno. Solo
che non saranno uomini e donne ma robot.
Diecimila robot magazzinieri per smistare
le merci del category killer del commercio
elettronico. Vantaggi ovvi: niente ferie, niente
richieste, niente contratti e niente sindacato.
Il paradiso del capitalista tecnologico è già in
terra. Certo che alla fine i conti non tornano:
se sempre più umani vengono sostituiti dalle
macchine chi compra tutti i prodotti stipati
nei magazzini automatizzati? Detto così suona
un po’ eccessivo, ma la questione di ripensare
il ruolo del genere umano (loro lavorano,
noi riceviamo un reddito di cittadinanza
“universale” e regaliamo il nostro tempo
per attività utili alla collettività?). Anche
perché Amazon è solo la punta dell’iceberg
mediatico. La tecnologia intelligente o
intelligenza artificiale abbinata a sofisticati
software sta mutando in ogni ambito il
lavoro, anche in quelli “meno appariscenti
come www.viasto.com che propone colloqui
di assunzione quasi automatizzati.
http://www.kivasystems.com
http://www.youtube.com/watch?v=qU4YMDJNzpg
SO WHAT?
Il nuovo si afferma solo quando è meglio o più
efficiente del vecchio. Non è questo il caso. Non
useremo la valuta digitale per pagare tasse o
altro. Bitcoin è probabilmente solo una moneta
di transizione o apripista come fu Altavista per i
motori di ricerca. Poi arrivò Google.
realtà gli operatori più ispirati si stanno
riposizionando sfruttando nuove posizioni
intermedie dove eccellere. Anche perché la
spartizione del mercato tra lusso e primo
prezzo più che una vera pratica è una teoria
o, meglio, pericolosa dicotomia. Più saggio,
come ha fatto la piccola azienda tedesca,
è reinterpretare il moribondo mercato
della fascia media con nuove formule e
posizionamenti. Dunque da polarizzazione
a ibridazione. È questione di sfumature.
Radical cheap, cheap chic, cheap premium,
premium, radical premium. Dimenticavo:
Hinterher è cheap premium (esclusività
allargata e accessibile a molte tasche) così
come l’iPhone o i gelati Häagen-Dazs.
http://www.hinterher.com
http://www.youtube.com/watch?v=CvaRlQRJuKI
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
FUTURE
MARKETING
SOCIAL. GLI ERRORI DELLE IMPRESE
Navighi in rete e vedi sopravvivere le vecchie
pratiche invasive e odiose del marketing che
fu: bombardare e coprire con banner e video
il contenuto che stai leggendo. Chapeau
per la perseveranza (che come sappiamo
è diabolica). Rimediamo. Primo: puntare
sul content marketing. Le imprese devono
sfruttare Internet per dare informazioni e
soluzioni concrete ai bisogni dei clienti. Il
motivo? Come dimostrano le statistiche gli
utenti digitano spesso su Google un problema
e attendono come risposta una soluzione.
Secondo: ogni social media richiede un
linguaggio diverso: Twitter è più elitario
mentre Facebook più piazza chiassosa. Terzo:
abolire l’aggressività pubblicitaria. Ogni
social media ha le sue regole. Su Instagram,
per esempio, ci attendiamo belle foto e non
coupon. Quarto: mai rifiutare a priori un
nuovo social network. Per molti esperti
Snapchat è solo l’ennesima stupidaggine
da teenager ma intanto ci girano 400
milioni di messaggi al giorno. Quinto:
il cliente è Re ma questa volta davvero.
Fate come alcuni ristoranti americani che
consentono al cliente d’inviare un feedback
in tempo reale tramite il servizio Talk to the
Manager oppure accettate contrattazioni
sui prezzi come la piattaforma di matching
consumatori-produttori kwizzme.com.
http://www.smiirl.com
https://talktothemanager.com
http://kwizzme.com
FUTURE OFFICE
CARTA CANTA? ANCORA PER POCO
Se siete stati in un tribunale allora sapete
cosa significa essere sommersi da carta.
Alcuni uffici sparsi negli angusti corridoi
sono addirittura solo carta (manca lo spazio
per ospitare il genere umano).
È come un’eco dal passato perché il futuro
è paperless. Non certo per la favola del
minor impatto ambientale (anche il digitale
impatta) ma per pura convenienza ed
efficienza.
Le nuove leve lavorano di default senza
carta semmai il problema sono le vecchie
leve “assuefatte” dalla carta. Come mi
confida un manager: «All’inizio è come
FUTURE CAR
L’AUTO CHE GUIDA DA SOLA
RESTA SOLA?
Nel senso di unico esemplare sul mercato?
L’auto senza conducente (self driving car)
è il tormentone mediatico dell’anno (a
dire il vero degli ultimi anni). È sufficiente
che ci sia lo zampino dell’onnipresente
Google che subito si grida al miracolo
tecnologico che rivoluziona, come sempre,
tutto. Di prototipi ed esemplari ce ne sono
già a bizzeffe e tecnicamente ammirevoli
se testate in condizioni ideali. Come
ha fatto notare Wired l’auto di Google
s’impianta in presenza di condizioni meteo
avverse (quindi niente gita in montagna)
e soprattutto non sopravvive nel vecchio
mondo “offline”. Se salta la connessione
al web salta tutto. Ma la domanda vera è:
perché mai usarla? Poi restano oltre ai dubbi
sociologici quelli più prettamente economici.
I costi aggiuntivi per dotare una vettura delle
funzioni base (guida senza conducente in
contesti facili come autostrada per esempio)
si aggira sui 4mila euro. Per funzioni più
complesse la tecnologia è così sofisticata
che alla fine bisogna tirare fuori altri 10mila
euro, come minimo. Un pricing irrealistico
per il mercato di massa. Fino al 2020 non ne
vedremo in giro.
http://www.youtube.com/watch?v=dk3oc1Hr62g#t=19
http://www.youtube.com/watch?v=CqSDWoAhvLU#t=12
dover smettere di fumare, si fa fatica».
La strada in ogni caso è segnata.
Prendere appunti: molti, me compreso,
amano schizzare le idee su un foglio bianco.
Bamboo Stylus o iStroke riescono a emulare
il gesto fluido del pensiero (cervellobraccio-mano-penna) e con l’app MyScript
le note manoscritte vengono convertite
in testo digitale e condivise con altri.
Archiviare, cercare, condividere, fatturare:
fra i migliori i soliti Dropbox, Evernote
(straordinario per progetti di gruppo),
Google Keep, Google Docs, Basecamp,
SquareUp, Hightail, Turboscan, Doodle,
Teamviewer. E per la carta che resiste
ancora (per esempio posta)?
Basta trasformarla in file digitale tramite
servizi cloud come Dropscan.
SO WHAT?
L’utilità è molto dubbia, per ora. Possiamo invece contare sull’invasione di soluzioni intelligenti
(smart) e tecnologiche per assistere il conducente nella guida come per esempio la nuova
Mercedes Classe S piene di chicche (può frenare
e sterzare autonomamente in certe condizioni).
4/5
FUTURE BANKING 1
ALÌ BABÀ E I QUARANTA LADRONI
Lo sapete, no? Alibaba, la più grande
piattaforma commerciale B2B del mondo,
lancia l’estate scorsa Yu’ebao, un prodotto
che funziona più o meno come un libretto di
risparmio tradizionale: investe nei mercati
e restituisce interessi ma a un rendimento
decisamente superiore a quello delle banche
– intorno al 7 per cento. Risultato? In pochi
mesi 60 milioni di correntisti e 47 miliardi
di euro tirati su. La banca centrale cinese
ha subito reagito imponendo regole anche
a loro. Ma intanto l’assalto c’è stato. E chi
sono i 40 ladroni? Tutti quelli (ma sono molti
di più) che a vario titolo vogliono rubare
spazio alle banche e/o decretarne la fine
(almeno del monopolio). Una distruzione
creativa che secondo le stime di Accenture
non promette nulla di buono. Lo scenario:
la concorrenza degli operatori non bancari
potrebbe erodere un terzo dei ricavi entro il
2020. Certo, le banche hanno molti anticorpi
e sicuramente le fosche previsioni delle
grandi società di consulenza servono (a
loro) per avere incarichi (salvateci voi!) ma
intanto dormono e sottovalutano il salto
antropologico della cosiddetta generazione
Y. Il nuovo consumatore si chiede infatti
con insistenza: “cosa me ne faccio di una
lenta banca in carne e ossa quando ho il
mio smartphone a portata di mano?” La
domanda è tosta perché ci dice una cosa
molto chiara. Entrate e uscite, dare e avere
sono solo concetti digitali e quindi soggetti
a semplice compensazione su schermo.
Pagare poi con il proprio conto i costi di
mantenimento di una filiale suona per loro
come un’assurda eresia. La loro futura banca
si chiama, simbolicamente, iNvest ovvero
user friendly come l’iPhone.
FUTURE BANKING 2
ESERCIZI DI DISTRUZIONE BANCARIA
Bankless banking. È nell’aria e a un certo
punto qualcuno inspirando profondamente
troverà la giusta ispirazione per la
futura tempesta finanziaria. Gli esercizi
d’inspirazione e sperimentazione sono in
corso da anni, sono tanti e con un chiaro
obiettivo: rendere le banche superflue.
Iniziamo. In principio fu Zopa (ricordate)
il peer to peer lending service (prestiti
fra privati) e poi a seguire in questi anni
un’esplosione di iniziative e formule: dal
crowdfunding in tutte le salse e ora sfruttato
anche dalle imprese per farsi finanziare
all’outvesting e localvesting fino alle solite
onnipresenti app per sistemi di pagamento
e gestione dei propri soldi. Non mancano,
a parte i big player come Google, Facebook
& Co, le solite Start Up “disruptive” come la
svedese iZettle che ha lanciato un sistema di
pagamento elettronico in stile Square anche
in Europa, le americane Moven e Simple, la
banca senza sportelli che accetta depositi
tramite la fotocamera dello smartphone, e
avverte i clienti se sono a rischio di fare una
spesa che non possono permettersi e poi
una miriade di nuove proposte che abbinano
finanza con lo spirito del social networking
come Kapitalfreunde e Friendsurance in
Germania. Per le banche segnali troppo
deboli? Dicevano così anche le case
discografiche ai tempi del primo iPod.
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
FUTURE BANKING 3
RIPENSARE LA BANCA IN TEMPO
Se c’è un settore endemicamente immobile è
proprio quello bancario. L’ultimo baluardo
del fordismo ottuso. Non c’è niente che
vada per il verso giusto: i prodotti sono
obsoleti, i servizi sono obsoleti, il linguaggio
è obsoleto, le filiali (a parte qualche tentativo
di restyling, ma solo formale) sono obsolete
e ovviamente il personale è obsoleto
(stile banca Mary Poppins). Proviamo a
immaginare una banca “servoluta”. Iniziamo.
Intanto via le filiali, non servono più a
niente. Meglio puntare su flagship store per i
clienti business e su modelli ibridi di hub lab
bank, spazi laboratorio per incubare nuovi
business e nuove formule di crowdfunding.
Per il resto (clientela privata) conviene
puntare su un concetto di co-banking. In
futuro la banca (almeno la sua versione
fisica) potrebbe assomigliare a una fabbrica
che nessuno più conosce. In sostanza un
luogo aggregatore di servizi finanziari di
tutte le banche stile www.mint.com o
www.moneymeets.com. A quel punto basta
un bancomat per tutti i brand bancari.
Perché quello che oggi veramente chiediamo
a una banca (e ai suoi impiegati) è di fungere
da coach e personal trainer per affrontare
la caotica discontinuità e complessità della
vita finanziaria con servizi intelligenti e
personalizzati su smartphone e tablet.
http://www.zopa.com
http://www.smartika.it/Web/
https://neighbor.ly
https://www.kapitalfreunde.de
https://www.fidor.de
https://www.friendsurance.de
https://www.simple.com
https://www.moven.com
http://collaborativefund.com
http://www.outvesting.org
http://www.moola-hoop.com
http://www.peoplelikeu.com.au
https://www.lendico.de
http://www.smava.de
https://www.lendingclub.com
http://www.google.com/wallet/
https://squareup.com
https://www.dwolla.com
https://www.smartypig.com
https://www.chirpify.com
https://www.wonga.com
https://www.izettle.com
https://sumup.it
6/7
Infografica del mese
DA RETAIL A RETALE
EHI NEGOZIANTE: RACCONTACI UN’ALTRA STORIA.
PER SOPRAVVIVERE IL RETAILER DEVE RISCRIVERE LA SCENEGGIATURA DEL LUOGO FISICO
NEGOZI IN RITIRATA:
MUSICA
- 71%
FOTOGRAFIA
- 66%
COMPUTER
- 48%
DIMAGRIRE
STUPIRE
UNIRE
Ridimensionare, snellire, rassodare e
consolidare. Obiettivo 2020. Dopo una lunga
e rigorosa dieta a zone il retail è tornato
alla sua forma ideale. Un retail snello e
scattante che rinuncia al peso superfluo.
In futuro bisogna ragionare in termini di
fitness. O come dicono in Inghilterra: diet
or die, o ti metti a dieta o muori. Decrescita
funzionale anziché crescita esponenziale.
Ma non basta rassodare i prezzi. Una dieta
terapeutica richiede metodo e costanza.
Chi è a dieta assume poche calorie. Dunque
pochi dipendenti. Chi è a dieta fa molte
rinunce e mantiene solo alcune funzioni
vitali e strategiche per sopravvivere con
un radicale focus sul core business. Chi è a
dieta punta su uno stile di vita spartano e
senza fronzoli (Ikea?). Chi è a dieta talvolta
opta per regimi drastici “o la va o la spacca”.
La discountizzazione è una dieta molto
hard ma non sempre mantiene quello che
promette. Chi è a dieta guarda con sospetto
al commercio obeso. Quel gigantismo così
sproporzionato e fuori luogo. P.s. Chi non
vuole mettersi a dieta deve innovare i piatti.
Tornati in forma grazie alla dieta è tempo
di cimentarsi in acrobazie. Il consumatore
dell’era digitale è molto sfuggente, esigente
e dirompente nelle sue scelte. Per esempio
utilizza le piattaforme di crowdfunding
(la classica kickstarter.com o quelle più
“negozio” come www.crowdsupply.com,
www.christiestreet.com e outgrow.me)
come nuovi shopping mall dove ordinare
prodotti sorprendenti (spesso prototipi
o serie limitate) oppure si rivolge a siti
come 8select.de/cms/index.php e
www.modomoto.de per farsi vestire senza
fatica (curated shopping). Ci avete fatto
caso? È sempre la rete a mettere i bastoni
fra le ruote del retail fisico. Imprevedibile
e velocissimo in nuovi format. Direte:
non è mainstream. Vero, ma per ora. Ad
eccezione del food il retail può sopravvivere
solo se punta su esercizi di radicale
riposizionamento. Come? Mettendo
umilmente in discussione la propria attività.
Si anticipa il cambiamento solo se si è
disposti a cambiare. Troppo ovvio? Sì ma
per stupire (i clienti) bisogna prima morire
(e poi rinascere).
Unire tutti i canali in un unico canale. Suona
come una stupida formula ma significa
solo che il cliente non ragiona in termini di
categorie (aziendali) ma di esperienza che
è unica e ben integrata (nel cervello). Ogni
prodotto e servizio dev’essere disponibile
come “unicum” su tutti i device e canali
senza distinzione (forzosa) fra online e
offline. Molte le aziende, anche della old
economy, che sperimentano unioni a
360 gradi. Burberry con Customer 360
(una sorta di facebook interno) è stato un
pioniere nell’integrazione (ed esperienza)
dei canali digitali con la dimensione fisica.
Nike, che ieri era solo un grande produttore
e distributore di sneakers, oggi è leader
nella personalizzazione e socializzazione dei
prodotti e maestro nel fondere tutti i canali
ed esperienze (compresa la gamification).
Amazon è un category killer? Certo, ma
i retailer più avveduti (e sufficientemente
forti) cercano l’abbraccio come ha fatto la
catena 7 Eleven: ospitare gli amazon locker
(armadietti elettronici per ritiro merce
ordinata) non crea solo traffico nel negozio
ma sinergia con il mondo digitale.
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
fonte: Capgemini
Il retail non produce
più impiego (e reddito).
Posti di lavoro persi in Usa
nel retail dal 2003 a oggi.
LIBRI
ABBIGLIAMENTO
- 43%
- 41%
CASALINGHI
- 34%
EXIT STRATEGY
Smettetela con i budget, i trimestri, il breve
periodo e con molte pratiche aziendali ormai
fuori luogo (e fuori tempo). Prendetevi del
tempo (in alcuni casi abbandonate il morto
che cammina), rifugiatevi in un luogo
pensante e progettate un nuovo retail. Perché
il paradosso è che siamo di fronte a un
eccesso di opportunità. Il salto antropologico
in atto produce una nuova specie (umana)
che chiede nuove offerte, completamente
diverse. Davanti a noi si aprono immense
praterie pressoché disabitate dalla razza
retail. Il problema è che molti hanno gli
occhi puntati su spazi affollati. Guardate
altrove e occupate nuovi spazi.
Il retail ha un pessimo fisico
Lo spettro del retail anoressico è in agguato.
E non è questione di crisi o non crisi.
Digitalizzazione, disintermediazione,
smaterializzazione. Ovvero: il negozio
fisico svanisce o serve ad altro (Fit-lifting
e showrooming). Il punto è che almeno un
30% del retail in circolazione deve sparire
perché non serve più. Serve un piano B per
molti retailer e catene.
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
8
FUTURETECH
INVENZIONI & INNOVAZIONI
SPECIALE INTERNET OF THINGS
COCCOLATI DALLA RETE
DA INTERNET DELLE COSE
A INTERNET DELLE CURE
Connected care. Prendersi attivamente
cura di ogni esigenza umana con oggetti di
uso quotidiano trasformati in smart device
tramite la connessione digitale. Questo è
quanto. Trendwatching.com è un sito di
tendenze da prendere con le pinze. Spesso
le spara grosse e gonfia ed esalta tutto
con neologismi alla moda. Molte aziende
seguono quello che loro dicono e magari si
esaltano pure loro. Resta il fatto che sono
bravi a segnalare tramite i loro trendhunter,
sparsi per il globo, quello che succede. Non
PET CARE
PintoFeed è un dispositivo, o meglio mangiatoia
comandata a distanza via smartphone che
permette di liberare una razione di croccantini
per cani e gatti.
http://www.youtube.com/watch?v=sp-qLJPmcug
MUSCLE CARE
Ancora wearable technology. Athos propone un
sensore integrato nell’abbigliamento sportivo
che monitora e misura l’attività di muscoli,
cuore e respiro.
http://www.youtube.com/watch?v=Zbtc-unamZs
tutto quello che succede di nuovo ha e avrà
senso in futuro. Comunque sia internet of
things è sempre un tema caldo anche se non
sfugge alla puntuale retorica delle presunte
“disruptive innovations” (vi ricordate Second
Life?). Gli esempi riportati testimoniano la
varietà delle possibili applicazioni. Molte
le sciocchezze (anche se ben “disegnate”),
come www.toymail.co, ma molte anche le
cose realmente utili come per esempio le
soluzioni per una casa più sicura e semplice
da vivere. Insomma, abbandonata l’euforia
resta una sola domanda: lo tsunami smart
porta a un vero progresso (vita migliore) o
solo a un intasamento dei dati?
http://www.youtube.com/watch?v=d_9sKV1MP-Y
GOOD NIGHT CARE
Good Night Lamp si propone come un social
network fisico. Il video parla da solo come il
fatto che su kickstarter.com il progetto non ha
raggiunto l’obiettivo di raccolta fondi.
http://www.youtube.com/watch?v=sr4s1c6kXqY
FAMILY CARE
Sense Mother è una matrioska in salsa digitale
che grazie a una rete di sensori sparsi per casa si
prende cura (avvisando) di tutte le incombenze
quotidiane.
http://www.youtube.com/watch?v=WC9gwznicM8
HOME CARE
Termostati intelligenti. Tutti parlano di Nest
(in orbita Google) ma la tedesca Tado è arrivata
prima sul mercato europeo.
http://tinyurl.com/n6wlfc5
http://tinyurl.com/pnm99ox
MOTOCYCLE CARE
La tecnologia della realtà aumentata arriva sulle
moto. Il casco Skully, oltre a proteggere la testa
ha uno specchietto retrovisore sulla visiera e
navigatore integrato.
http://www.youtube.com/watch?v=b7AYfq9uIY8