Co-‐progettazione e valutazione partecipata nella

Co-­‐progettazione e valutazione partecipata nella costruzione del POR FESR Calabria 2014-­‐2020 di Claudio Bezzi* Una necessaria introduzione di contesto Nei primi mesi del 2014 – proseguendo attività preliminari svolte a partire dall’anno precedente – la Regione Calabria ha proceduto (al pari di tutte le altre) a redigere i suoi programmi operativi per l’utilizzo dei Fondi comunitari 2014-­‐2020. Nello specifico ambito FESR la Regione si è avvalsa dell’assistenza tecnica fornita da FormezPA che ha reclutato un numero di esperti settoriali in grado di supportare i dipartimenti regionali nella redazione del POR. Anch’io sono stato parte di questo gruppo con un ruolo trasversale specificatamente voluto dal Dirigente Generale alla programmazione nazionale e comunitaria, Paolo Praticò, per un contributo alla redazione “valutabile”, ovvero con attenzione critica alla logica interna, congruenza con gli obiettivi comunitari, pertinenza delle azioni rispetto ai bisogni e ai risultati attesi e così via. Il Dirigente (con una specifica sensibilità al tema avendo lavorato per diversi anni al Nucleo di Valutazione del DPS) ha riconosciuto al valutatore non solo il tradizionale ruolo di analista ex post di documenti e interventi ma di interlocutore – grazie a quella stessa competenza di analista – nella redazione di documenti di programmazione. Nella visione del Dirigente c’era anche l’idea di un approccio innovativo alla redazione del POR e alla sua successiva gestione che – oltre a questioni di merito che qui non tratterò – prevede un diffuso livello di condivisione, partecipazione e co-­‐progettazione da parte degli attori sociali, uscendo dalle ritualità dei tavoli di partenariato, per esempio, per consentire un più autentico coinvolgimento capace di responsabilizzare le forze sociali, culturali ed economiche della regione a sostegno di un migliore impatto delle azioni programmate. Fra il 3 e il 5 Giugno 2014 si sono tenuti incontri di condivisione con un’ampia platea di attori regionali sui diversi Assi e Obiettivi tematici di cui si compone il FESR, e durante tali incontri c’è stata l’occasione per un paio di miei brevi interventi sul significato di valutazione, monitoraggio etc. (primo intervento) e sulla specifica visione che il gruppo perseguiva in termini di co-­‐progettazione (di cui queste giornate erano un primo momento prodromico ad attività specifiche da avviare una volta approvato il Programma – secondo intervento). La nota che segue è una ricostruzione, adattata e corretta, di tali interventi. Il ruolo della valutazione nella gestione delle politiche Per comprendere la funzione e il ruolo di una visione valutativa della progettazione delle politiche può essere utile partire dalla canonica distinzione fra ‘monitoraggio’ e ‘valutazione’. Generalmente si attribuisce al monitoraggio la funzione di raccolta e analisi di dati ai fini della gestione di un programma o politica. Benché i dati abbiano un indiscusso fascino nell’immaginario collettivo e siano ritenuti rassicuranti fondatori di certezze, bisogna essere cauti. I numeri sono importanti e necessari, ma possono anche essere infidi e menzogneri. Io potrei moltiplicare il numero dei presenti in questa sala per la mia età, dividere per la misura delle mie scarpe, e otterrei indubbiamente “un numero” di cui però non saprei esattamente cosa fare. Fuori dalle battute, sono pronto ad accettare scommesse sul fatto che con dieci * Claudio Bezzi, valutatore professionista; parte dell’Assistenza tecnica fornita da FormezPA al Dip. Programmazione della Regione Calabria. “dati” da voi forniti io sarei in grado, senza dolo, di costruire indicatori confermativi del fatto che Lamezia Terme è la città dove si vive meglio in Italia o, al contrario, la città dove si vive peggio. Questo è possibile perché i numeri, i dati, gli indicatori, nascondono il pensiero, nascondono l’argomentazione necessaria e indispensabile per collegare processi e contesti a un’analisi e quindi alla sua sintesi numerica. Naturalmente rischi analoghi ci sono anche nei documenti (non basati su numeri ma su parole) come il POR; il documento chiamato POR – è necessario comprendere bene questo punto – non è la programmazione reale, né quella immaginata in questo momento né quella che concretamente si sarà in grado di realizzare, ma solo una sua rappresentazione simbolica utile, appunto, per sviluppare pensiero, azione critica, riflessione e convergere verso obiettivi e azioni che costituiscono un orizzonte di significati generali, da riempire di contenuti di senso. Numeri (i “dati” da tanto invocati, il monitoraggio…) e parole (quelle dei documenti di programmazione) hanno entrambi senso se sono l’esito di percorsi riflessivi, di argomentazioni, che sono appunto il cuore vero di qualunque VALUTAZIONE. La valutazione è argomentazione, comprensione, apprendimento organizzativo e, certamente, anche rischio. • È argomentazione perché non si limita ad asserire (“questo è bene, questo è male…”) ma è obbligata a spiegare il perché di ogni giudizio, deve mostrare il percorso che ha condotto a formularlo e deve essere disponibile alla contro-­‐argomentazione (insomma: la valutazione non è un esercizio di “verità”); • è comprensione perché non è interessata a dare delle pagelle sulla base di criteri esterni al contesto, e perché ogni volta la valutazione si sforza di entrare nel merito a partire dalla situazione specifica, del contesto e degli attori locali, ciascuno portatore di interessi diversi; • è apprendimento organizzativo perché il suo vero obiettivo è indagare i meccanismi che fanno sì che un programma, o sua parte, sia più o meno efficace, per imparare a sempre meglio programmare e gestire i programmi sfruttando le lezioni positive apprese ed evitando i precedenti errori di programmazione e implementazione; • è però anche rischio, perché la valutazione è intrinsecamente vocata all’efficacia e all’efficienza dei programmi e, pur considerando attentamente bisogni e interessi delle singole parti coinvolte, comprende che alcuni attori sociali “guadagneranno” dal programma e che altri “perderanno”. La sintesi di questi quattro elementi conduce verso la necessità della co-­‐progettazione e della valutazione partecipata. Necessità della partecipazione Al di là del valore etico o politico della partecipazione (in progettazione: co-­progettazione; in valutazione: valutazione partecipata), che ci rende lieti perché sviluppa empowerment, coscienza civica etc., al valutatore la partecipazione interessa esclusivamente in quanto necessità di metodo. La valutazione partecipata è un orizzonte metodologico finalizzato a una migliore valutazione (informazioni più solide, analisi più puntuale, giudizio valutativo maggiormente fondato), così come la co-­‐progettazione è un processo finalizzato a costruire migliori politiche e programmi (più pertinenti con le necessità del territorio, meglio comprese dagli attori coinvolti, con un maggiore tasso di governance). Che si tratti di metodo discende chiaramente dai quattro punti precedenti: ciascuno di essi giustifica, per la sua parte, questa necessità di metodo, che posso semplificare, in sintesi, rinviando al problema del linguaggio. Prendiamo il POR e la discussione di questi giorni. Di cosa stiamo parlando? Di ciò che è scritto nei documenti? Di ciò che realmente intende il gruppo di progettazione, e che ovviamente è molto di più di quanto scritto? Di ciò che è auspicato, peraltro in forme chiaramente differenti, dai diversi attori sociali qui presenti? Nessuno di noi sfugge all’ambiguità del linguaggio, che ineludibilmente è l’unico strumento che abbiamo per confrontarci, e il rischio è che ognuno di noi affermi, pur usando semmai le stesse parole, concetti differenti, che hanno a che fare con i propri valori, la propria cultura, le proprie aspirazioni, o quelle “della sua parte”, e che si produca un’illusione di convergenza sulle parole, appunto, e non sui concetti (e i valori, e le aspirazioni, e quindi poi sulle cose concretamente da fare). Anche oggi abbiamo sentito parole dense di significato: “fare sistema”; “integrazione”; “concentrazione”… Ma è abbastanza evidente che ognuno le utilizza in maniera sottilmente differente, e certamente non per dolo o tatticismo, visto che questi slittamenti di significato sono sostanzialmente poco visibili e a volte inconsapevoli. La co-­‐progettazione e la valutazione partecipata sono consapevoli di questa trappola. Noi vorremmo cercare non tanto di CON-­‐DIVIDERE il programma con voi (ovvero: darvi ciò che abbiamo pensato per come siamo stati in grado di scrivere e commentare, lasciando che ciascuno comprenda e replichi a partire dal proprio linguaggio) ma di COM-­‐PRENDERLO assieme a voi, che significa fare uno sforzo di avvicinamento dei linguaggi, ovvero dei valori, delle culture professionali, delle comunità di pratiche, delle legittime aspirazioni e aspettative, sia pure nel rispetto dei ruoli che vede la Regione Calabria necessariamente interprete di un ruolo di regia. Questi incontri, quindi, non rappresentano una semplice vetrina; non sono l’occasione per chiedere e forse ottenere; non vogliono rappresentare una stanca ritualità. Vogliono (vorrebbero) essere prodromiche di un percorso lungo e complicato che di fatto inizierà realmente dopo l’approvazione del POR di fine Luglio, e inizierà da Settembre con la necessità di fare le cose. Tutto questo, per noi del gruppo di redazione del POR FESR e della Direzione regionale alla programmazione, rappresenta un’esigenza che incarna il nostro concetto di efficacia dell’azione pubblica. Essere “efficaci” vorrà dire spendere tutti i soldi disponibili per realizzare buone azioni per la comunità regionale calabrese, ma cosa siano le “buone azioni” è questione che dovremmo a lungo meditare assieme. (8 Giugno 2014)