PROGETTI PER UNA CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 2019 SARDEGNA IL TERRITORIO DEI LUOGHI PAESAGGI CULTURALI UNIVERSITÀ DI CAGLIARI DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE, AMBIENTALE E ARCHITETTURA UNIVERSITÀ DI SASSARI DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA, DESIGN,URBANISTICA 3a SCUOLA INTERNAZIONALE ESTIVA DI ARCHITETTURA CAGLIARI, 4 – 13 SETTEMBRE 2014 CREDITI/ CREDITS Promotori / Organizers DICAAR Architettura, Università di Cagliari DADU Architettura Design Urbanistica, Università di Sassari Comune di Cagliari – Assessorato all’Istruzione, Politiche Giovanili, Sport, Cultura e Spettacolo RAS, Assessorato degli Enti Locali, Finanze e Urbanistica Partners MiBACT, Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi, Roma Domus, rivista internazionale di architettura Comitato di Direzione / Organizing Board Emanuela Abis Nicola Di Battista Arnaldo Bibo Cecchini Aldo Lino Antonello Sanna Coordinamento operativo e segreteria organizzativa Fiammetta Sau (responsabile), Susanna Curioni, Sara Marcheselli, Giuseppina Monni, Francesca Rango Segreteria amministrativa Maria Francesca Mura (responsabile), Oscar Mulleri Grafica e comunicazione Stefano Asili, Claudio Rossi Webmaster Sara Marcheselli STRUTTURA DELLA SCUOLA Lezioni magistrali Joseph Rykwert, Francesco Venezia Docenti invitati / Visiting critics Juliette Bekkering, TU/e University of Technology Eindhoven Jordi Bellmunt, UPC Barcelona Martin Boesch, Accademia di Architettura di Mendrisio Hans Kollhoff, International Bauakademie Berlin Jose Morales, ETSA Sevilla Joao Ferreira Nunes, Accademia di Architettura di Mendrisio Fernando Pérez de Pulgar Mancebo, EAM Malaga Fernando Sanchez Salvador, Faculdade de Arquitectura, Universidade de Lisboa Jacques Sbriglio, Ecole d’Architecture de Luminy Marseille Johannes Petrus Antonius Schevers, TU/e University of Technology Eindhoven Zoran Djukanovic, University of Belgrade, Faculty of Architecture Docenti atelier / Design studios professors Carlo Atzeni, Giovanni Azzena, Jordi Bellmunt, Martin Boesch, Marco Cadinu, Alessandra Casu, Pier Francesco Cherchi, Zoran Djukanovic, Luigi Fenu, Marco Lecis, Aldo Lino, Giorgio Peghin, Fernando Perez del Pulgar Mancebo, Alessandro Plaisant, Fernando Sanchez Salvador, Simone Solinas Co-docenti Stefano Asili, Mario Casciu, Adriano Dessì, Francesco Fallavollita, Tore Ganga, Betta Garau, Silvia Mocci, Antonello Ottonello, Mauro Palmas, Carlo Pisano, Rosanna Rossi, Marcello Schirru, Pinuccio Sciola Tutors Alfonso Annunziata, Roberto Busonera, Stefano Cadoni, Lino Cabras, Angelo Carcangiu, Silvia Carrucciu, Lorenzo Ciccu, Dario Denurchis, Alberto Gadaleta, Simone Langiu, Sara Marcheselli, Francesco Marras, Francesca Oggiano, Federica Orrù, Elisabetta Pani, Paolo Parodo, Daniela Pisano, Paolo Putzulu, Luca Sanna, Verdina Satta, Francesco Sedda, Claudio Sirigu, Marco Usai Consulenza scientifica Francesco Annunziata, Bruno Asili, Nada Beretic, Alessandro Biggio, Marco Cadinu, Salvatore Cherchi, Anna Maria Colavitti, Giuseppe Fara, Pierangelo Loru, Benedetto Meloni, Giaime Meloni, Maria Antonietta Mongiu, Paola Mura, Gian Giacomo Ortu, Fausto Pani, Stefano Pira, Vincenzo Tiana, Sergio Vacca, Marcello Verona Relatori incontri tematici Antonio Angelillo, Jordi Bellmunt, Martine Bouchier, Enrico Corti, Zoran Djukanovic, Cristiano Erriu, Alessandra Fassio, Giovanni Maciocco, Massimo Mancini, Anna Maria Montaldo, Benedetto Meloni, Philippe Nys, Gian Giacomo Ortu, Costantino Palmas, Enrica Puggioni, Rosanna Rossi, Jacques Sbriglio, Aldo Vanini Spazio Domus Silvia Bodei (responsabile), Cultarch Associazione Culturale Architettura e Cultura con la partecipazione di Maria Giovanna Mazzocchi Bordone, Presidente Editoriale Domus Si ringraziano per la collaborazione: Inarch Sardegna, Inu Sardegna, Conzorzio Camù, Ordine degli Ingegneri della Provincia di Cagliari, Ordine degli Architetti,Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori delle Province di Cagliari, Medio Campidano e Carbonia - Iglesias, Cultarch, Unica bookshop Sedi della scuola estiva Cagliari - DICAAR Sezione Architettura Cagliari - Centro d’arte e cultura “Il Ghetto” SARDEGNA. IL TERRITORIO DEI LUOGHI PAESAGGI CULTURALI Scuola Estiva di Architettura/ Laboratorio Internazionale LENTIUS, PROFUNDIUS, SOAVIUS Arnaldo “Bibo” Cecchini Io non amo moltissimo l’uso del termine capitale sociale, ma se si fa attenzione, depurando il termine capitale dalle sue molte connotazioni e dal suo orientamento meramente produttivo (l’insieme dei beni destinati a impieghi produttivi per ottenere nuova produzione) e riconducendolo invece al concetto di “dotazione”, di stock, questa espressione appare utile e feconda. Un po’ come il capitale umano, ovvero la dotazione di conoscenze, competenze e saper fare, che è essenziale per ogni politica di sviluppo, si può pensare che in un’economia moderna in cui le relazioni tra gli individui possono fare la differenza assume un particolare rilievo il capitale sociale, ovvero per dirla con Bourdieu “la somma delle risorse, materiali o no, che ciascun individuo o gruppo sociale ottiene grazie alla partecipazione a una rete di relazioni interpersonali basate su principi di reciprocità e mutuo riconoscimento“. La presenza di capitale sociale influenza il processo di crescita, origina uno sviluppo migliore e più durevole, fa crescere il capitale umano; una crescita economica indiscriminata, che abbia come effetto collaterale il logoramento della coesione sociale e un impoverimento delle opportunità di partecipazione, genera, tra gli altri effetti negativi, un rallentamento dello sviluppo nel lungo periodo. Se parliamo di sviluppo locale (auto)sostenibile siamo costretti a introdurre due parole-valigia: identità e comunità. Identità e comunità sono belle parole solo se usate come sostantivo plurale; non esistono identità incontaminate (il meticciato è da sempre), ma molte realtà locali hanno una loro concrezione storicamente determinata (spesso inventata o reinventata). In realtà nessuno e nessuna appartiene ad una sola comunità e può definire sé stesso sulla base di una sola identità. “La stessa persona può essere senza la minima contraddizione, di cittadinanza americana, di origine caraibica, con ascendenze africane, cristiana, progressista, donna, vegetariana, maratoneta, storica, insegnante, romanziera, femminista, eterosessuale, sostenitrice dei diritti dei gay e delle lesbiche, amante del teatro, militante ambientalista, appassionata di tennis, musicista jazz e profon¬damente convinta che esistano esseri intelligenti nello spazio con cui dobbiamo cercare di comunicare al più presto (preferibilmente in inglese). Ognuna di queste collettività, a cui questa persona appartiene simultaneamente, le conferisce una determinata identità. Nessuna di esse può essere considerata l’unica identità o l’unica categoria di appartenenza della persona. L’inaggirabile natura plurale delle nostre identità ci costringe a prendere delle decisioni sull’importanza relativa delle nostre diverse associazioni e affiliazioni in ogni contesto specifico.” Sen 2006 La società, ovvero quella comunità inclusiva ed ampia che – in epoca moderna – in qualche misura si è definita all’interno dei confini dello stato-nazione, non è riconducibile a “gli individui e le loro famiglie” ed esprime l’insieme delle reti e delle relazioni dentro cui gli esseri umani, singolarmente e attraverso le molte comunità cui appartengono, organizzano e gestiscono la loro vita; la società è in mutevole e precario equilibrio; quando non riesce a garantire un ragionevole ed accettabile compromesso tra gli interessi e la ripartizione del potere tra i diversi soggetti, è facile preda di aspre convulsioni, di conflitti laceranti. In questo senso i termini identità, comunità e l’insieme delle trame IThe expression social capital is not one I like too much; but if we use it cautiously and cleanse the word “capital” from its merely productive connotations (“the set of goods used for a new production”), conferring to it the meaning of a special kind (indeed, social) endowments, the expression may become useful and fruitful. Just as the human capital (the stock of knowledge, competences e skills) is essential for every development policy, one can argue that in a modern economy, in which the quality of relations among people can make a difference, the social capital assumes a particular relevance. To quote Bourdieu, the social capital is “the aggregate of the actual or potential resources which are linked to possession of a durable network of more or less institutionalized relationships of mutual acquaintance and recognition.” The presence of social capital influences the processes of development, giving birth to a better and more enduring development, and expanding the human capital itself: an indiscriminate economical growth, with its collateral effects of undermining the social cohesion and impoverishment of the opportunities for empowerment, engenders, among other negative effects, a slowdown of the long term development. If we speak of local (sustainable) development we have to introduce two abused words: identity and community. In Italian these two are invariable nouns, the same in singular and plural (l’identità is the identity and le identità is the identities; la comunità is community, le comunità is the communities), so my standard line is that I like the words identità and comunità if we think them as plural nouns. There are no pure and immaculate identities and communities (the mongrel is the original state), but a lot of local communities have a concrete historical existence (often invented or re-invented). In point of fact, no one belongs to only one community and can define oneself with just one identity. As Amartya Sen says: “The same person can be without contradiction, an American citizen, of Caribbean origin, with African ancestry, a Christian, a liberal, a woman, a historian, a novelist, a feminist, a heterosexual, a believer in gay and lesbian rights, a theatre lover, an environmental activist, a tennis fan, a jazz musician, and someone who is deeply che la storia ha costruito contano, servono a costruire fiducia, norme di convivenza, relazioni, obbligazioni, reciprocità, dono; ma senza altre caratteristiche come l’apertura, la tolleranza, l’ibridazione, lo scambio, il viaggio, il capitale sociale che viene costruito è solo del tipo che Putnam chiama bonding (che crea legami) una componente essenziale (ma anche il suo possibile lato oscuro), mentre le prospettive dello sviluppo locale sono possibili solo in una dimensione di relazione con il mondo, quel capitale sociale definito bridging (che crea ponti). Sicuramente c’è una tensione dialettica tra queste due forme di capitale sociale, la prima delle quali può facilmente manifestare una terribile propensione al settarismo, al conformismo, al controllo social estremo (più che al familismo amorale di Banfield mi viene in mente la comunità di Dogville il filme di Lars Von Trier o la comunità del New England della Lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne) mentre la seconda può produrre omologazione e dissolvere i legami. Le situazione più sfortunate sono quelle in cui entrambi i lati oscuri si committed to the view that there are intelligent beings in outer space with whom it is extremely urgent to talk (preferably in English).’ The same person can belong to each of these collectivities, but none exclusively so. She herself has to decide, using her intelligence and judgment, what relative importance to give to her various identities in any particular context.” The society is always in a changing and precarious equilibrium and if and when it is unable to assure a reasonable and accepted compromise amongst interests and the sharing of power among different subjects, it is an easy prey of rugged convulsions and lacerating conflicts. By society here I mean an inclusive and wide community which – in the modern age – to some degree defines itself within the borders of a nation state, cannot be reduced to “individuals, men and women, and their families”, but encompasses the whole set of networks and relationships in which human beings, individually and through the many communities they belong to and use, organise and manage their life. In this sense terms like identity and community and their social fabric built by history, define concepts useful to build trust, norms of coexistence, relationships, obligations, reciprocity, gift; but without openness, crossbreeding, tolerance, exchange, movement, the social capital we build is only of the kind defined bonding by Putnam, which of course is essential, but has a dark side. The local development is possible only with the openness to the world, and that means that we also need the social capital of the Putnam’s bridging kind. There is a dialectical tension between these two forms of social capital: the first can easily show a terrible bent into sectarianism, into conformism, to the extreme social control (more than the amoral familism of Banfiled, I have in mind the community of the Lars Von Trier’s film Dogville or the community of New England from the Hawthorne’s book The Scarlet Letter), while the second can produce homologation and dissolve bonds; the most unfortunate situations are those in which the dark sides of both forms sum up, in a night full of colourful tinsels. To the communities it is of no purpose to become object of museums or of thematic parks or to passively accept their dissolution. Maybe we can avoid this destiny for Sardinia, our land that is so diversified in sommano in un buio pieno di orpelli colorati. Alle comunità non serve né la trasformazione in oggetto da museo, né la riproduzione in parchi tematici, né l’accettazione passiva della dissoluzione. Questo è quanto appare possibile in Sardegna, una terra così articolata e diversificata dal punto di vista fisico, ambientale, culturale, sociale, con molte storie e molte identità; non giova dire che si è al centro del Mediterraneo occidentale se non si agisce come centro, o meglio come uno dei nodi, dei tanti centri del Mediterraneo e dell’Europa: vuol dire accessibilità, qualità della formazione, infrastrutture degne, vuol dire sovranità, vuol dire apertura alla sponda Sud, vuol dire qualità delle produzioni alimentari, vuol dire investimenti in settori ad alto valore aggiunto, vuol dire un politica industriale basata sulle bonifiche e sulla green economy (quella vera). Vuol dire coraggio di pensarsi in una dimensione nuova, con il passato che non è una zavorra, ma un trampolino. Vuol dire essere capaci di competere (citius, altius, fortius), ma anche di cooperare (lentius, profundius, soavius). Pensandosi come una grande realtà territoriale a densità variabile che solo mettendo insieme la sua capitale e le sue campagne e le sue medie e piccole,numerose città con storie e percorsi autonomi, può essere al centro della scena europea e mediterranea (non solo europea, credo). Le due Scuole di Architettura della Sardegna si impegnano insieme in questa Scuola estiva che – tra l’altro – vuole offrire un sostegno di idee alla campagna per Cagliari e Sardegna capitale europea della cultura. Sono certo che ne verranno proposte e suggerimenti creativi e “cantierabili”. o una modificazione pesante che può essere accettata. terms of environment, geomorphology, cultures, social life, with a lot of histories and identities; it is useless to reaffirm that our island is the centre of the Western Mediterranean Sea, if we do not behave as a Centre, or better as one of its nodes, one of the many centres of this Sea and of Europe: this implies accessibility, quality of education and training, good infrastructures, it means sovereignty, openness to the North Africa, it means quality in food production, investment in high value-added productions, it means integral recovery of polluted industrial and military areas, it means (real) green economy. It means the courage to think in a new dimensions in which the past is not a deadweight, but a springboard. It means being able to compete (using the Olympic motto: citius, altius, fortius), but also to cooperate (with the inverse motto: lentius, profundius, soavius), stepping forward as a great territorial reality with variable density; a reality that can be at the centre of the European and Mediterranean stage, only joining together its capital city (the sole metropolitan area in the island), its countryside, its copious number of cities, medium and small, cities with different historical paths and different social and economical roles. The two Sardinian School of Architecture commit to work together in this International Summer School which, among other things, has the aim to support with ideas and proposals the campaign for the candidacy for Cagliari (and Sardinia) as the European Capital of Culture; we hope that ideas and proposals will be at the same time creative and feasible. CULTURA, CITTÀ, TERRITORI. CULTURE, CITIES, TERRITORIES Antonello Sanna La Summer School 2014 prende spunto da un’opportunità di straordinario interesse, la candidatura di Cagliari – e con Cagliari, sostanzialmente, dell’intera Sardegna – a Capitale europea della Cultura per il 2019. Come sappiamo, la candidatura non è stata impostata e interpretata come un “evento” puntuale, per quanto rilevante, ma come un “processo” di costruzione ed emersione delle qualità di una città e di un intero territorio, che chiama in causa soggetti e oggetti, spazio e società in una fase particolarmente delicata e critica per l’intera Sardegna. Proprio la Sardegna costituisce un paradigma particolarmente adatto ad illustrare ciò che intende Zygmunt Bauman, quando ci ricorda che lo spazio, nella sua dimensione di radicamento locale, va perdendo rapidamente terreno a favore di quei processi globali che tendono a trascenderlo a favore di una inarrestabile delocalizzazione. Ed in effetti, la globalizzazione ha teso sinora a marginalizzare progressivamente la dimensione dello spazio e delle comunità locali, specie nei territori periferici dell’occidente sviluppato, ed anzi a trattare i luoghi ed il radicamento come un vincolo da cui liberarsi piuttosto che come un’opportunità irripetibile. In questo quadro, l’impostazione della candidatura come una prospettiva di sviluppo centrata sulla cultura, sulla qualità dei paesaggi, sull’innovazione, offre un’alternativa praticabile (probabilmente l’unica) alla crisi dei territori periferici, che le discipline dello “spazio abitato” devono saper cogliere e interpretare. In questo quadro, la Summer School si propone di essere un Laboratorio dove mettere in discorso alcuni temi fondamentali per la qualità del territorio e per un nuovo modello di sviluppo della Sardegna, tra cui: The Summer School 2014 arises from an extraordinary opportunity, the candidacy of Cagliari - and with Cagliari substantially the whole of Sardinia – as European Capital of Culture for the 2019. As we know, the candidacy has not been set and interpreted as an “event”, even if very relevant, but as a “process” of construction and development of the quality of a city and an entire region, which calls into question subjects and objects, space and society throughout the delicate and critical stage that the entire region is today facing. Indeed Sardinia represents a particularly appropriate paradigm to illustrate what Zygmunt Bauman means when he reminds us that the space, in its local roots, is rapidly losing ground in favour of those global processes that tend to overcome it towards a relentless process of outsourcing. And in fact, the globalization process has tended, so far, to progressively marginalize the character of the space and the local communities, especially in the peripheral territories of the developed countries, and moreover to treat the places and the physical connections as a constraint rather than as a unique opportunity. In this context, the construction of the candidacy as a development perspective centred on culture, landscape values and innovation offers a viable alternative (probably the only one) to the crisis of the peripheral territories, that the “urban” disciplines must be able to understand and interpret. In this framework, the Summer School is aimed to be a laboratory in which is possible to start to construct some fundamental issues about the quality of the territory and a new Regional development model, including: 1. il rilancio della cultura urbana. La Sardegna è un’antica regione rurale, come la definì Maurice Le Lannou studiandola oltre 70 anni fa, e quindi ha sofferto di una cronica debolezza della sua armatura urbana. Tuttavia, la Sardegna non ha prospettive di innovazione senza un grande investimento nella rete urbana. E proprio la sua “urbanizzazione debole” può diventare la carta da giocare nel terzo millennio: a Cagliari ed alle principali città della Sardegna è rimasta in dote una duplice identità, storica e ambientale, non schiacciata dalla “città del ventesimo secolo”, che deve essere interpretata come la risorsa per la rinascita. I nuclei storici possono acquisire nuovi ruoli e significati, magari con la mediazione illuminante di una nuova “arte pubblica”, confrontandosi con i paesaggi dell’acqua e delle terre; e questi, che si presentano spesso in forma destrutturata e degradata, hanno a loro volta bisogno di essere reinterpretati in chiave contemporanea, con gli strumenti di una nuova ecologia; 2. una nuova relazione tra città e territorio. Certamente dall’ultimo dopoguerra, ma probabilmente già dall’inizio dell’epopea mineraria, a metà ‘800, la Sardegna interna si va svuotando di uomini e ruoli, a favore delle aree urbane e costiere. Alla crisi del presidio del territorio non si può porre rimedio in forme regressive; occorre rafforzare le reti di scambio e servizio, lavorare per una nuova agricoltura che incorpori le qualità del paesaggio cambiando positivamente il paradigma dello sviluppo, che interagisca con la dimensione culturale e turistica per creare un circuito ecologico integrato. Il territorio rurale della Sardegna offre al progetto di paesaggio un modello di straordinaria efficacia, quello delle reti dei centri minori densi e accorpati, che limita o annulla la dispersione insediativa e genera quella relazione di opposizione-integrazione tra paese e campagna che è il “carattere” distintivo del paesaggio regionale e che ha costituito il modello ispiratore del piano paesaggistico; 3. i paesaggi culturali della lunga durata, tra conservazione e innovazione. Nell’universo globale, la dimensione locale può collocarsi in modo non marginale solo se è portatrice di un progetto culturale complesso, capace di generare crescita e innovazione a partire proprio dalla qualità dei luoghi. In Sardegna la “presenza del passato”, i paesaggi della lunga durata, restituiscono un palinsesto complesso e tutt’altro che statico, fatto anche di continue “modernizzazioni imperfette”, come dimostrano i paesaggi minerari, oggi progressivamente storicizzati e ricondotti ad una dimensione quasi “archeologica”. La risignificazione di questi paesaggi in chiave contemporanea costituisce un obiettivo ed insieme uno strumento fondamentale per un modello di sviluppo sostenibile. 1. the relaunch of the urban culture. Sardinia is an ancient rural region, as defined by Maurice Le Lannou more than 70 years ago, therefore suffers from a chronic weakness of its urban structure. However, Sardinia has no prospects of innovation without a large investment in its urban network. And his “weak urbanization” can become the card to play in the third millennium: Cagliari and the other mayor cities of Sardinia preserve a dual identity, an historical and an environmental one, not crushed by the “city of the twentieth century”, which must be interpreted as a precious resource. The historical centres may acquire new roles and meanings, perhaps with the enlightening mediation of a new “public art”, dealing with the landscapes of water and land; and also the latters which are often neglected, need to be reinterpreted in a contemporary way, with the tools of a new ecology; 2. a new relationship between the city and the territory. Certainly from the last war, but probably from the beginning of the epic mining activity in the mid of the 1800, the inner Sardinia is facing an emptying process of populations and activities in favour of the urban and coastal areas. It is unrealistic to fight the ongoing crisis of the defence of the territory with a regressive strategy; it is necessary to strengthen the networks of exchange and service, working for a new agriculture able to incorporate the quality of the landscape in order to change positively the paradigm of development, which interacts with the aspect of culture and tourism to create an integrated ecological circuit. The rural area of Sardinia offers to the landscape project a model of extraordinary effectiveness: the dense networks of smaller towns, able to limit or abolish the urban dispersion and create the relationship of opposition-integration between the urban and rural territories, is the distinctive”character” of the regional landscape and has been the model that inspired the “Piano Paesaggistico” 3. The long-term cultural landscapes, between preservation and innovation. In the global universe, the local dimension can be placed in a non-marginal position only if it represents a cultural complex project, capable of generating growth and innovation, starting from the quality of the sites. In Sardinia, the “presence of the heritage”, the landscapes of long-term reestablish a complex and dynamic palimpsest, composed by continuous “imperfect modernization,” as proved by the mining landscapes, gradually being historicized and traced back to an almost “archaeological site”. The re-signification of these landscapes in a contemporary way is an objective and, together, a fundamental tool for a model of sustainable development. Proprio per questo, e in questo quadro di riferimento, le scuole di Architettura di Cagliari e Alghero hanno scelto di unire le proprie risorse, la propria capacità di interpretare con gli strumenti del progetto alcune delle più stimolanti sfide della contemporaneità. Per dieci giorni – dal 4 al 13 settembre – oltre un centinaio tra allievi, docenti, tutor, visiting professors, provenienti oltre che da Alghero e Cagliari da Siviglia, Belgrado, …., divisi in atelier di progettazione si misureranno con l’esercizio di “prendersi cura” di alcuni luoghi esemplari per i temi di cui sono portatori e per le prospettive progettuali che aprono. For this reasons, and within this framework, the schools of Architecture of Alghero and Cagliari have chosen to join their resources and their ability to interpret, with the design tools, some of the most exciting challenges of the contemporary world. For ten days – from the 4th of September to 13th - more than a hundred students, teachers, tutors, visiting professors, coming from Alghero, Cagliari, Seville, Belgrade, .... divided into design studios, will compete with the exercise of “take care” of some places, important case studies for the issues and the design prospects that they are able to highlight. PER L’ARCHITETTURA FOR ARCHITECTURE’S SAKE Nicola Di Battista Guardandoci attorno, abbiamo la sensazione che oggi siano proprio tante le persone che si occupano di architettura: molti la fanno, tanti la insegnano e molti altri ancora ne parlano. Il numero di chi, in un modo o nell’altro, si occupa di questa disciplina è salito negli ultimi anni in maniera esponenziale, ma a questo non ha corrisposto un innalzamento della qualità della vita dell’uomo e dell’architettura stessa. Per analizzare questo fenomeno, conviene allora partire di nuovo da una considerazione semplice ed elementare, che è alla base di questo mestiere: l’architetto raccoglie dei contenuti fissati da altri che, con il proprio lavoro, trasforma in forme architettoniche. Forme in grado di configurare il nostro ambiente di vita, in una maniera più consona e adeguata alle nostre abitudini, ai luoghi in cui viviamo, alle nostre condizioni economiche, ma anche alle nostre aspettative, capacità, desideri e, infine, ai nostri sogni. Tutto questo è molto chiaro e largamente condiviso, ma in realtà oggi la maggior parte degli architetti, dei professori, dei critici non sembra invece particolarmente interessata a questo tipo di considerazioni. Looking around, one gets the sensation that there really are a great many people concerned with architecture today. Many practise it, a lot of them teach it, and plenty of others talk about it. The number of people who, in one way or another, are concerned with this discipline has risen exponentially in recent years. But this has not been matched by a rise in the quality of life and of architecture itself. To analyse this situation we may as well start once again from a plain and elementary consideration that underpins this craft: namely, that the architect gathers the contents fixed by others, and then translates them into architectural forms by means of his or her work – architectural forms that can configure the environment inhabited by people in a manner adequately suited to their habits, to the places they live in and to their economic conditions, but also to their expectations, capabilities, desires and even dreams. All this is very clear and widely shared, but in truth, the architects, professors and critics of today do not seem particularly interested in this type of consideration. So, if – after thousands of years in which humankind has fixed and sharpened this craft in order better Ora, se il punto di partenza – dopo migliaia di anni in cui l’uomo ha fissato e affinato questo mestiere per meglio rispondere agli obiettivi descritti sopra – può ancora essere rintracciato nel rapporto tra forma e contenuto, è conveniente per noi soffermarci un po’ su questi due termini e capire come vengano trattati oggi, come siano presi in considerazione o meno. Se partiamo dai contenuti, dal che cosa fare, possiamo facilmente convenire che non può e non deve essere l’architetto a determinarli e fissarli o, per meglio dire, non è al suo mestiere o alla sua arte che bisogna rivolgersi per cercarli. Sono piuttosto gli uomini che possono e devono cercare i contenuti, in merito al loro abitare su questa terra, a prescindere dal mestiere che fanno; è questa una prerogativa che essi non possono delegare, ma che, al contrario, devono necessariamente assumere in prima persona, per poter formulare una domanda precisa e chiara di cosa valga la pena fare oggi in merito all’abitare, la più chiara possibile affinché possa essere condivisa da un numero di persone sempre più elevato. Di fatto e in realtà, spetta all’uomo, a tutti gli uomini e non all’architetto, fissare i contenuti di che cosa l’architettura debba prioritariamente occuparsi; ogni uomo ha il diritto e il dovere di applicarsi in tale ricerca. Tutti hanno il diritto di partecipare alla formazione di un pensiero, di un sentimento collettivo capace di definire al meglio le aspettative e il desiderio di un abitare migliore. Non parliamo qui di un abitare generico e universale, ma al contrario di un abitare specifico e particolare, che non valga per tutti, ma, volta per volta, solo per questa o quella comunità di persone che lo condividono. Si tratta oggi di andare oltre quella utopia regressiva di un abitare universale e unico, retaggio di un Modernismo da tempo superato, ma ancora in uso, per raggiungere invece un vero abitare contemporaneo, liberato da ideologie e da mode, dannose e temporanee, affrancato così da futili invenzioni. Un abitare nuovo, che possa finalmente to meet the goals described above – the starting point can still be retraced to the relation between form and content, it is worthwhile pausing to consider these two terms and to see how they are treated today, how they are taken or not taken into consideration. If we start from contents, from what to do, we can easily agree that it cannot and must not be the architect who determines and fixes them, or rather, that his craft or art should not be counted on to find them. All human beings can and must look for the contents regarding human habitation on this earth, irrespective of the job they do. This is a prerogative that humanity cannot delegate. On the contrary, these contents must necessarily be assumed in first person, so as to formulate a precise and clear question of what is worth doing today in relation to habitation: the clearest possible question, in order for it to be shared by increasingly large numbers of people. In fact and in reality, it is up to humanity as a whole, and not to the architect, to establish the contents of what architecture must deal with as a priority. Every man and woman has the right and duty to apply themselves to that task. Everybody has the right to participate in the formation of a thought, a collective sentiment that can best define the expectations of better habitation. And here we are not talking about generic and universal habitation, but on the contrary about a specific and particular kind that does not apply to all, but depends on each different occasion, and on the community sharing it. The question today is how to go beyond the regressive utopia of a universal and single habitation – this is a part of modernism’s heritage that is by now superseded but still in use. Instead we must achieve a truly contemporary habitation, freed from harmful and temporary ideologies and fashions, hence from futile inventions. We need a new habitation that can at last bring us fully into our time, not by sacrificing any of the latest technologies that the new world can offer us, but without touting or worse still idolising them either: by utilising them simply to help us to live better, to attain in this way a mature habitation, aware of our history and diversities, our places and our economic and civic scope. Only in this way can we truly enter the third millennium without moving backwards, but ahead, while consciously fixing the bases for a habitation that will respond better to the needs and expectations expressed by specific larger or smaller communities. And once established by someone, someway, somewhere, it will be farci entrare pienamente nel nostro tempo, senza rinunciare a nessuna delle ultime tecnologie che il nuovo mondo è capace di offrirci, non facendone però delle bandiere o, peggio ancora, degli idola, ma utilizzandole, semplicemente, per aiutarci a vivere meglio, per raggiungere così un abitare maturo e consapevole della nostra storia e delle nostre diversità, dei nostri luoghi e delle nostre possibilità economiche e civili. Solo in questa maniera si potrà davvero entrare nel terzo millennio, non indietreggiando, ma avanzando, nel fissare consapevolmente le basi di un abitare capace di rispondere al meglio ai bisogni e alle aspettative espressi da una certa comunità, più o meno ampia; basi che, una volta fissate da qualcuno, in qualche maniera, in qualche luogo, potranno coltivare l’ambizione di diventare obiettivo per altri uomini, per altre comunità che abbiano voglia di condividerle. A questo punto, una volta definiti i contenuti e condiviso il “che cosa fare”, in merito per esempio all’abitare, se vogliamo portare questi contenuti dal mondo delle cose immaginate al mondo della realtà c’è bisogno che vengano trasfigurati in forme, nel nostro caso in forme architettoniche. Quando parliamo di forme architettoniche, intendiamo parlare di architettura, del risultato finale a cui giunge l’architetto facendo il proprio lavoro. Conviene allora soffermarci un attimo su questo argomento, per capire meglio di che tipo di forma stiamo parlando, per comprendere in che cosa la forma architettonica differisca dalle altre forme, quali siano le sue specificità, quali le sue particolarità, tra le tante forme che ci circondano. Affinché il lavoro dell’architetto si possa compiere, abbiamo detto innanzi tutto della necessità di fissare contenuti collettivi e condivisi a cui applicarlo: stiamo parlando, quindi, di un mestiere, di un’arte, che si possible to cherish the ambition to become an example for other people and to other communities wishing to share these bases. At this point, once we have defined the contents and agreed upon what has to be done for habitation, if we want to bring these contents from an imaginary world to the real world, they must be transfigured into forms, in our case architectural forms. Now if we are talking about architectural forms, we mean architecture, the final outcome that is reached by architects through their efforts. It is worth pausing therefore for a moment to consider this, in order better to understand what type of form we are talking about, and in what way architectural form differs from other forms, what are its specificities and peculiarities, among the many forms that surround us. For the architect to be able to do his job, we have mentioned first and foremost the necessity to establish the collective and shared contents upon which he must set to work. We are talking therefore about a craft, an art that can be offered only as the answer to a precise, strong and well-expressed question. From this stems architecture’s principal characteristic of not being free to do what it wants; architectural form cannot be stated as the mere personal invention of the person who makes it; architectural form must respond to the practical and precise, collectively defined needs that differentiate it from other forms created by humanity. On closer inspection, it is precisely this restraint – which seemingly does not allow architects to express themselves freely – that supports it. What best supports architectural form and gives the architect the privilege of imagining, designing and sometimes realising it, is precisely this having può dare solo come risposta a una domanda precisa, forte e ben espressa. Da questo deriva la principale caratteristica dell’architettura di non essere libera di fare quello che vuole: la forma architettonica non può darsi come semplice invenzione personale di chi la fa; la forma architettonica deve rispondere a bisogni pratici e precisi, collettivamente definiti, che la differenziano dalle altre forme create dagli uomini. A ben vedere, è proprio questa costrizione – che apparentemente non le permette di esprimersi liberamente – ciò che la sostiene; è proprio questo dover rispondere al bisogno ineliminabile degli uomini di abitare a sostenere maggiormente la forma architettonica e a dare all’architetto il privilegio di immaginarla, progettarla e, qualche volta, realizzarla. Si capisce, a questo punto, come una forma architettonica così realizzata non appartenga solo a chi la fissa – in questo caso all’architetto –, ma a tutti, diventando semplicemente forma collettiva, perché frutto del pensiero e del lavoro di tanti. L’architettura, quindi, è trasfigurazione di un contenuto in forma, dove non è possibile dare una gerarchia tra i due termini, perché l’uno senza l’altro semplicemente non può darsi, si appartengono a vicenda. Da questo punto di vista, è più facile comprendere la crisi della produzione architettonica contemporanea che ha invece sempre cercato di separare queste due entità, accampando maldestre scuse, strane e presunte autonomie creative o anche indiscutibili parametri tecnico-funzionali. In questa maniera, separando l’architettura dall’ingegneria, il pensare dal fare, la teoria dalla prassi, sono diventati tantissimi, come dicevamo all’inizio, quelli che oggi si occupano di architettura; lavorando soltanto su una parte di essa, nessuno si sente responsabile di quanto accade, ognuno coltiva il proprio terreno. È chiaro a tutti che in questa maniera non si avanza di un passo, che questo mestiere non può svolgersi pienamente se non si verificano le condizioni descritte sopra. Se fissare dei contenuti collettivi e condivisi è, come abbiamo visto, necessario e indispensabile perché il mestiere dell’architetto si possa realizzare, questo non è però sufficiente e non garantisce il risultato. Occorre che l’architetto, prima come uomo e poi come professionista, sia in grado di assumere questi contenuti e trasfigurarli in forme architettoniche, le uniche che alla fine sono capaci di dirci se il suo è un lavoro ben fatto o meno. Sappiamo che la forma non è l’obiettivo principale dell’architetto. Il suo problema è, casomai, l’oggetto del proprio lavoro – sia esso una casa, una scuola, una fabbrica, un municipio, un museo o altro ancora – , e la forma ne è il risultato. È perciò con questa piena consapevolezza che può e deve essere fatto questo mestiere, e non altrimenti. Forse è di nuovo, allora, il caso di sottoporre gli addetti ai lavori a una necessaria e indispensabile domanda sul senso della loro produzione. Se amiamo l’architettura, se siamo per l’architettura, se la riteniamo indispensabile per la vita degli uomini, è da qui che dobbiamo ripartire. to respond to the unwavering need of human beings to inhabit. Here, one understands how an architectural form thus realised does not belong only to those who make it materialise, in this case the architect, but to everybody. It becomes a collective form, because it is the fruit of many people’s thinking and work. Architecture is the transfiguration of contents into form, where it is not possible to establish a hierarchy for the two terms, simply because one cannot exist without the other. They belong to each other. It is easier now to understand the crisis of the contemporary architectural output, which has instead always tried to separate these two terms, with clumsy excuses, strange and presumed creative autonomy, or even indisputable techno-functional parameters. In this way, by separating architecture from engineering, thinking from doing, and theory from practice, the number of people concerned with architecture, as we said at the outset, has greatly increased. These people work only on a part of it, and nobody feels responsible for what happens. All tend to their own garden. It is clear to all that in this way not one step forward can be achieved. This craft cannot be fully performed if the conditions described above do not occur. As we have seen, fixing collective and shared contents is necessary and indispensable to the performance of the architect’s craft, but it is not sufficient in itself and does not guarantee the result. As a human being first, and then as a professional, the architect must be able to take up these contents and transfigure them into architectural forms – the only ones ultimately able to tell us whether his or her work is well done or not. Certainly, form is not the architect’s main objective. His problem is more likely to be the object of his work, be it a house, a school, a factory, a city hall, a museum or whatever. But although not the objective, it is undoubtedly its result. So it is in this full awareness that our craft can and must be performed, not otherwise. Perhaps current architecture and those involved in it should be asked a necessary and indispensable question about the sense of their production. If we love architecture, if we want to encourage it, in the firm belief that it is indispensable to the lives of humankind, then that is where we must start from again. TEMI PROGETTUALI TEMA1 Coordinatori Giovanni Azzena, Marco Cadinu, Aldo Lino Co-Docenti Tore Ganga, Betta Garau, Marcello Schirru Tutores Roberto Busonera, Dario Denurchis, Luca Sanna COSTRUIRE I PAESAGGI DELL’ARCHEOLOGIA, DELLA STORIA, DELLA NATURACALMEDIA NOA “Quella notte Valentina sognò Bosa. Dalla foce del fiume che scendeva al mare, serpeggiando per la campagna ricca di frutteti e di vigne, vedeva il profilo bruno e diruto del castello; ricordava di essere stata felice, giù nei frutteti, o scendendo il fiume in barca, tanti e tanti anni prima; ma la felicità era un ricordo lontano, sbiadito dal tempo”… (Giuseppe Dessì, Paese d’ombre). Narra una leggenda che Calmedia, immaginaria moglie del re Sardus figlio di Eracle libico, giunta nella vallata attraversata dal Temo, colpita dalla bellezza di quei luoghi, abbia deciso di fermarsi e di fondare una città che da lei avrebbe preso nome. La città di Calmedia, nella località oggi detta Calameda, sarebbe diventata nell’antichità un fiorente centro culturale e commerciale e avrebbe per secoli convissuto con la vicina Bosa, con cui si sarebbe infine confusa. Le valenze archeologiche e storiche di questo sito, situato sulla riva sinistra del Temo fino all’età bizantina, sono notevoli e s’intrecciano in un affascinante racconto, ancora non completamente dipanato, fra la storia romana (i primi vescovi Emilio e Priamo erano stati trucidati sotto l’impero di Nerone e di Diocleziano) e la storia tardo medioevale e medioevale. Storia che ci viene oggi testimoniata dall’unica sopravvivenza monumentale, la basilica romanica di San Pietro, costruita nel 1073 da Costantino De Castra e ampliata nel secolo XIII da Anselmo di Como. La strada costiera occidentale, che superava il Temo a Pont’ezzu, collegava Bosa direttamente a sud con Cornus (presso l’abitato di Cuglieri, oggi Santa Caterina di Pittinurri) ed a nord con Carbia (Nostra Signora di Calvia, località situata alla periferia sud di Alghero). Molto importanti anche le valenze geografiche e paesaggistiche, rese particolarmente interessanti dal corso del fiume, che in questo tratto assume dimensioni singolari, tanto che viene comunemente definito l’unico fiume navigabile della Sardegna. Lo testimonia anche Alberto della Marmora “…questo fiume è navigabile ancora due miglia al di sopra della città, dov’esso serpeggia in mezzo d’una larga vallata, tutta piena di ulivi e ben coltivata”. Paesaggio naturale che è stato quindi e continua ad essere intelligentemente manipolato dall’uomo a scopo agricolo e di piccolo coltivo, quel piccolo coltivo che in sardo viene chiamato fuggimenta, a sottolineare il suo carattere di coltivazione stagionale, frequentemente rinnovata con specie diverse per conservare la fertilità del terreno. Come in un qualsivoglia centro storico, le parcelle catastali delle diverse proprietà si infittiscono stringendo i fronti; gli orti, attestati su lotti stretti e lunghi (per avere sia un accesso dalla strada che un accesso dal fiume; l’accesso dal fiume con un piccolo pontile in legno, l’accesso dalla strada con un cancello sormontato da un festone di rose) restituendo così il disegno di una sottile (una sorta di randadu A legend narrates that Calmedia, imaginary wife of King Sardus son of Libyan Eracle, arrived in the valley of the river Temo, moved by the beauty of those places, decided to settle down and build a city that would take her name. The city of Calmedia, in the locality now known as Calameda, in the past become a thriving cultural and commercial centre and have co-existed for centuries with the neighboring Bosa, with whom it would have been in the end confused. The archaeological and historical values of this site, situated on the left bank of the Temo until the Byzantine era, are remarkable and intertwined in a fascinating story, still not completely unravelled, between Roman history (the first bishops Emilio and Priamo were killed during the reign of Nerone and Diocleziano) and the late medieval history. This story today is proved only by the surviving monumental Romanesque basilica of St. Peter, built in 1073 by Costantino De Castra and enlarged in the thirteenth century by Anselmo di Como. The coastal west road, that crosses the Temo in Pont’Ezzu, connected Bosa directly to the south with Cornus (near the town of Cuglieri, today Santa Caterina di Pittinurri) and to the north with Carbia (Nostra Signora of Calvia, a town dispalced in the surroundings of Alghero). The geographical and landscape values are also very important, made particu- per usare la metafora del filet) trama ai bordi del corso d’acqua con un meraviglioso assortimento di colori e di tessiture nell’alternarsi delle stagioni che le diverse colture dei piccoli poderi contemporaneamente restituiscono. Non bisogna poi dimenticare l’aspetto della cultura popolare e tradizionale. La festività di San Pietro e Paolo continua a essere una ricorrenza molto sentita e partecipata con grande concorso di popolo: segnano l’inizio della stagione estiva e il concorso di popolo è cospicuo. È occasione, come anche altre festività, per tenere viva la tradizione della cultura popolare, di cui il cantu a traggiu è una delle testimonianze più interessanti. Alla radice del sentiero lungo il Temo che porta a San Pietro, si trova la chiesa di Sant’Antonio (già sede del Convento dei Carmelitani prima che si trasferissero dall’altra parte dell’abitato di Bosa lungo la strada che portava a Sassari), la cui ricorrenza del 17 gennaio segna l’inizio della lunga stagione del carnevale bosano che, ancora oggi, è uno degli eventi più significativi e importanti in tutta la Sardegna. Da tutte queste considerazioni è nata l’idea di pensare un progetto di un piccolo insediamento di residenza a carattere temporaneo, destinato ad accogliere e ospitare pellegrinaggio religioso, turismo sociale e una foreste- “That night Valentina dreamed Bosa. From the mouth of the river down to the sea, snaking through the countryside filled with orchards and vineyards, she saw the brown and ruined silhouette of the castle; she remembered that she had been happy, down in the orchards, or sailing in the river by boat, many, many years before; but the happiness was a distant memory, faded by the time “... (Giuseppe Dessì, Paese d’ombre). ria per senzatetto. Un piccolo borgo, un semplice agglomerato di case minime, a significare che il paesaggio culturale (archeologico, storico, naturale, antropologico) può essere conservato solo se viene abitato e vissuto con le vocAzioni che la tradizione ha sedimentato nel corso dei secoli. Poco discosto dalla chiesa di San Pietro era stato realizzato qualche tempo fa un piccolo approdo: questa proposta di progetto può recuperare anche questo intervento per suggerire una fruizione turistica alternativa alle dominanti e invadenti culture del turismo. Per dirla con le parole di Attilio Mastino “… un sofisticato ed originale luogo di soggiorno, tra mare e fiume, con una storia straordinaria che ancora parla attraverso le pietre”. Nella pagina precedente: Chiesa di san pietro In basso: Bosa (foto storica) Chiesa di san pietro larly interesting by the river, that in this section assumes remarkable dimensions, so that is commonly called the only navigable river in Sardinia. Also Alberto della Marmora testifies it “... this river is still navigable two miles above the city, where it winds in the middle of a wide valley full of olive trees and well cultivated.” The natural landscape that was and continues to be cleverly manipulated by man for agricultural purposes and for small cultivations, that in Sardinian are called fuggimenta, to emphasize their character of seasonal farms, frequently renewed with different species to preserve the soil fertility. As in any old town, the cadastral parcels of the different properties thicken tightening their fronts; the orchards, displaced in narrow and long lots (to have both access from the road with a gate surmounted by a garland of roses and from the river with a small wooden jetty) thus express the sign of thin plots (a kind of randadu to use the metaphor of the filet) on the edge of the river with a wonderful assortment of colours and textures of the seasons that the different cultivations of small farms, at the same time, return. It is important to not forget the aspect of the popular and traditional culture. The feast of St. Peter and St. Paul continues to be a very heartfelt and participated celebration with great attendance of public: they mark the beginning of the summer and the attendance of public is conspicuous. It is an opportunity, as well as other festivities, to keep alive the folkloristic traditions, of which the cantu a traggiu is one of the most interesting. At the beginning of the path along the Temo that leads to St. Peter, is located the church of St. Anthony (formerly the seat of the Carmelite monastery, before they moved on the other side of the town of Bosa along the road that led to Sassari) whose anniversary of the 17th of January marks the beginning of a long carnival season that, even today, is one of the most significant and important in the whole of Sardinia.All these considerations led to the idea of a project of a small temporary settlement of residence, designed to accept and accommodate the religious pilgrimage, the social tourism and a guesthouse for the homeless. A small village, just a cluster of minimum houses, means that the cultural landscape (archaeological, historical, natural, anthropological) can be preserved only if it is inhabited and lived with the vocations that the tradition has settled over the centuries. Not far from the church of San Pietro had been made, some time ago, a small dock: the proposed project can also recover this intervention in order to suggest a tourist use that is alternative to the dominant and intrusive cultures of tourism. To quote the words of Attilio Mastino “... a sophisticated and original place of residence, between the sea and the river, with an extraordinary story that still speaks through the stones.” TEMA2 IL CAMPO E LE MURA. LA CITTÀ TERRITORIO NELLA VALLE DEL CIXERRI Coordinatori Jordi Bellmunt, Giorgio Peghin Co-Docenti Stefano Asili, Carlo Pisano Tutors Alfonso Annunziata, Angelo Carcangiu, Alberto Gadaleta, Daniela Pisano, Marco Usai Collaboratori e Consulenti Francesco Annunziata (Infrastrutture), Bruno Asili (politiche per il turismo), Salvatore Cherchi (politiche e strategie territoriali), Giuseppe Fara (demografia), Benedetto Meloni (sociologia urbana e rurale), Giaime Meloni (fotografia), Giangiacomo Ortu (storia del territorio), Fausto Pani (scienze della terra) Introduzione Il progetto cerca di formulare un’idea di paesaggio urbano, in un territorio che si estende dalla città di Cagliari sino al sistema del Sulcis-Iglesiente. Una città-territorio potenziale capace di esprimere una differente prospettiva di sviluppo basata su un modello di assetto territoriale non urbano-centrico ma fondato sul sistema insediativo preesistente e sui valori paesistici ed ambientali del contesto. Una nuova mappa per la complessa realtà polinucleata di relazioni e connessioni nella quale si iscrive oggi Cagliari: un nuovo spazio metropolitano che stende la sua area d’influenza aldilà di quella che fino ad oggi era la classica “area metropolitana”. Introduction The project aims to elaborate the concept of “the city in the landscape”, in a territory that extends from the city of Cagliari until the Sulcis-Iglesias. A potential city-territory able to express a different perspective of development, not based on the compact city model but on the existing urban system and on the environmental and landscape values. A new map for the complex and polynuclear reality of relationships and connections in which Cagliari is today included: a new metropolitan space that extends its area of influence beyond what, until now, was the classic “metropolitan area”. La città territorio della Valle del Cixerru Il luogo La valle del Cixerri rappresenta una delle regioni della Sardegna maggiormente urbanizzate, considerando sia le polarità urbane che si attestano nei sui bordi – l’area metropolitana di Cagliari, le città di Iglesias, Carbonia, Portoscuso, il sistema delle isole – sia il potenziale produttivo rappresentato dall’agricoltura – un comparto particolarmente importante per i numeri e per gli investimenti infrastrutturali che nel tempo si sono attuati, come la diga del Cixerri – sia il comparto industriale attestato sui due estremi della valle – quello industriale del polo di Macchiareddu a Cagliari e quello di Portoscuso - sia infine il fascio di infrastrutture stradali, ferroviarie e portuali che consentono un’accessibilità diffusa e diversificata. Questo territorio è oggi attraversato da dinamiche che hanno alterato l’equilibrata distribuzione tra insediamento, agricoltura, aree ambientali e infrastruttura di matrice storica. I movimenti demografici hanno visto un forte processo di depauperamento degli insediamenti minori, fondamentale presidio nel territorio, con movimenti che spostano la popolazione verso le fasce esterne metropolitane, contribuendo ad accelerare quel fenomeno di “metropolizzazione” dell’area urbana cagliaritana che oggi appare incapace di inserirsi in una chiara visione futura. La produzione industriale, supportata da medie e grandi attrezzature e che complessivamente raggiunge un importante valore produttivo se riferito al contesto regionale, appare il comparto maggiormente colpito dalla recente crisi economica, con una perdita in termini di posti di lavoro e fatturato. La produzione agricola, principalmente legata a coltivazioni estensive di seminativi, risulta incapace di configurarsi come un’alternativa economica rilevante, ma potrebbe attivare una nuova economia basata su un modelli di sviluppo delle filiere locali e nuove forme di multifunzionalità agricola. L’accesso alle risorse, infine, intese come servizi ed infrastrutture di natura sociale, assistenziale, economico-commerciale, sbilanciata verso i centri maggiori, potrebbe al contrario distribuirsi lungo l’asse della ss130. The place The Cixerri valley is one of the most urbanized area of Sardinia, considering both the urban polarities which stood in the edges - the metropolitan area of Cagliari, the city of Iglesias, Carbonia, Portoscuso, the system of the islands - the agricultural productivity - a particularly important sector in terms of figures and infrastructural investments that have been implemented over time, as the dam of the Cixerri - the industrial sector that is placed at both ends of the valley - the pole of Macchiareddu close to Cagliari and Portoscuso on the other side - and finally the infrastructural bundle of roads, rail and ports that allow a widespread and diverse accessibility. This area is today crossed by several dynamics that have altered the balanced distribution of settlements, agriculture, ecological and infrastructural areas structured through history. The smaller settlements have seen a depopulation process, which has undermined their role of protection of the territory. Moreover the fast population movement toward the outer metropolitan edge is accelerating the phenomenon of “metropolization” of the urban area of Cagliari, which appears incapable to define a clear vision for the future. The industrial production, that reaches a significant percentage referred to the I modelli Questo studio , cerca di sperimentare, attraverso la ricerca progettuale, modelli di trasformazione del paesaggio capaci di ristabilire un equilibrio tra infrastruttura e paesaggio, tra processi economici e processi ambientali. Per una maggiore efficacia didattica, è stato ordinato un percorso genealogico attraverso modelli urbanistici che hanno affrontato il problema della città come organismo territoriale. Nella storia dell’architettura e dell’urbanistica alcuni progetti si sono confrontati con la forma di una città che appariva oramai oltre le tradizionali dicotomie urbano/rurale e città/campagna, con la sua infrastrutturazione, con la definizione del problema complesso dell’organizzazione e della gestione, in una visione spesso alternativa ai processi in atto e comunque orientata verso la definizione di proposte capaci di superare le criticità della città contemporanea. In particolare, gli esempi di strutture urbane lineare sono apparsi adeguati alla ricerca progettuale sia per la coincidenza con la forma e l’infrastruttura della Valle, sia per la convinzione che un’organizzazione lineare costituisca un modello di urbanità democratica nel quale le funzioni e le risorse sono equamente distribuite secondo rapporti costanti. Esempi che, nonostante il differente contesto storico ed urbano nel quale sono stati elaborati, costituiscono ancora oggi un riferimento per la costruzione di una strategia organica di riorganizzazione di sistemi urbani complessi, in una realtà i cui i mutamenti rapidi ed imprevedibili tendono a promuovere interventi adattivi e plurali, spesso disorganici e scarsamente orientati alla costituzione di un organismo urbano coerente; una condizione, questa, che rischia di tradursi in una sostanziale rinuncia al progetto come strumento per la prefigurazione di scenari futuri ed alternativi. regional context, is the sector most affected by the recent economic crisis, with a loss in terms of jobs and revenue. The agricultural production, mainly based on the extensive cultivation of crops, today is unable to be seen as a relevant economic alternative. The access to resources, intended as social and economic services and infrastructures, is increasingly losing ground in favour of the most attractive centres along the axis of SS130. References This study researches new models of territorial design. The reflection on the theme of a new urban spatial organization able to restore the balance between infrastructure and landscape, between anthropogenic and environmental processes led us to retrace a genealogical journey through a series of historical urban models, useful for understanding the problem of the city as a territorial body. The history of architecture and urbanism is full of projects that have faced the project of a new city-territory, with its infrastructure, with the definition of the complex problem of organization and management, oriented towards the definition of proposals able to overcome the problems of the contemporary city. In particular, we have investigated examples of the linear urban structures due to the linear nature of the infrastructure of the Valley, and to the idea that a linear organization constitutes a democratic model in which the functions and resources are equitably distributed. They are examples that, despite the different historical and urban context in which they were intended, are still a reference for the construction of a comprehensive strategy for the reorganization of complex urban systems, in a reality where rapid and unpredictable changes tend to promote adaptive and plural methods of intervention; which is a condition that is likely to result in a substantial abandonment of the design as a tool for the foreshadowing of future and alternatives scenarios. La matrice della città territorio: Topografia e sistema idrico, Geologia, Aree a richio idrico, Edificato e sistema ferroviario, Sistema stradale, Uso del suolo La città territorio La natura radicale di questi processi e l’emergere di nuovi paradigmi urbani richiedono un ripensamento della forma e dell’idea stessa di città, capace di meglio comprendere ed interpretare la magnitudine dei cambiamenti e le loro potenzialità. Il concetto di città territorio, che sintetizza la nostra proposta per il territorio della valle del Cixerri, è un progetto radicale di città che cerca di stabilire relazioni non gerarchiche tra le diverse parti del territorio, tra l’infrastruttura, l’ambiente e i luoghi dell’abitare, e creare un sistema alternato di spazi colonizzati e luoghi dell’agricoltura, con ritrazioni e dilatazioni, estensioni e tagli. Ci è sembrato utile supportare questa idea con un breve glossario che riunisce alcuni dei concetti utilizzati. Il termine città-territorio, ad esempio, che nel recente passato ha stimolato non poche riflessioni, acquista oggi nuovi significati se ripensato nella sua sostanza formale e nei principi che, soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo scorso, hanno definito il problema della dimensione e della riorganizzazione dei sistemi urbani ad una scala nuova ed articolata nel territorio. Ma anche altri concetti, come quelli di conurbazione, campo urbano, regione urbana, megalopoli, città diffusa, coniati per descrivere una differente condizione urbana che si scosta fortemente dalle categorie interpretative della città storica, hanno contribuito a costituire un nuovo lessico per urbanisti, sociologi, geografi ed architetti. The city territory The radical nature of these processes and the emergence of new paradigms, require a rethinking of the very idea of the city and its contemporary urban form, able to better understand and interpret the magnitude of the ongoing transformations and their potential. The concept of city territory, which summarizes our understanding and interpretation of the territory of the valley of Cixerri, is a radical project of the city, able to establish non-hierarchical relationships between different parts of the territory, between the places of the infrastructure and the living ones, able to include different situations with some colonized spaces and preserved ones, with retractions and expansions, extensions and cuts. We found useful to support the project with a short glossary that brings together some of the used concepts. The term city-region, for example, in the recent past has stimulated many reflections, which, especially in the second half of the last century, have introduced the problem of size and the reorganization of urban systems at a new and articulated scale in the territory. But also other concepts such as conurbation, urban area, urban region, megalopolis, urban sprawl, are terms coined to describe a different urban condition that shift consistently from the interpretive categories of the historic town, that establish a new vocabulary for urban planners, sociologists, geographers and architects. Dall’alto: Elmas Valle del Cixerri Assemini Siliqua Musei (versi est) VIE DELL’ACQUA VIE DEL SALE TEMA3 Coordinatori Carlo Atzeni, Fernando Perez del Pulgar Mancebo Co-Docenti Adriano Dessì, Silvia Mocci Tutors Stefano Cadoni, Francesco Marras, Francesca Oggiano, Claudio Sirigu Collaboratori e Consulenti Anna Maria Colavitti, Stefano Pira Le vie d’acqua, le strutture del sale, la città Cagliari è una città d’acqua e ancora la sua struttura periferica ne conserva chiaramente le tracce. Il sistema delle lagune, delle saline e della vie d’acqua che ne hanno regolato storicamente e ne regolano tuttora gli equilibri idraulici, oltre che consentire i trasporti di piccolo cabotaggio, è legato al mare con un nesso inscindibile. Le attrezzature della produzione del sale, unitamente alla cortina di attrezzature portuali commerciali e diportistiche, definiscono la linea di costa urbana. La produzione e il trasporto del sale per millenni è stata una delle attività di maggior rilievo per la città, collocata al centro del Mediterraneo e proprio i luoghi e le trame finalizzate a questa coltura/cultura costituiscono uno degli elementi paesaggisticamente più significativi per Cagliari. Il canale di San Bartolomeo che regola lo scambio d’acqua fra le saline e il mare, in prossimità del porto turistico, costituisce un passante che divide la città segnando storicamente un limite tra la città consolidata (specie nelle espansioni della seconda metà del novecento) e la sua proiezione verso sud in direzione del crinale della Sella del Diavolo prima e del litorale del Poetto poi. Costituisce però, allo stesso tempo, un raro connettore a percorrenza “dolce” dell’area metropolitana che, a seguito delle periodiche bonifiche delle sue acque e di quelle di Terramaini a nord, vede la sua sede ospitare progressivamente attività sportive nautiche molteplici e i suoi bordi i tratti di percorsi ciclo-pedonali più suggestivi dell’area cagliaritana. Il complesso delle Saline del Molentargius, del canale di San Bartolomeo coi magazzini del Sale, unitamente al porto turistico di Su Siccu rappresentano un transetto di paesaggio urbano straordinario sotto il profilo delle strategie di riqualificazione e ricucitura di due parti di città che ancora appaiono disconnesse. Il sistema infrastrutturale periferico di Cagliari, costituito dall’asse mediano di scorrimento per diversi chilometri si attesta sul lato nord del tracciato del canale di San Bartolomeo, mentre le vie di smaltimento del traffico dall’area di sosta dello stadio Sant’Elia si collocano in adiacenza del canale sul lato sud, contribuendo a inspessire la barriera urbana. In prossimità di questo sistema che unisce il mare al complesso delle saline, per uno sviluppo di circa due Km, si è strutturato un paesaggio urbano residuale esito, Nella pagina precedente: Viste panoramiche e a 45° dell’area In basso: Inquadramento dell’area The water ways, the salt structures, the city. Cagliari is a water-city and its suburban structure still preserves clearly these traces. The system of lagoons, salt pans and water ways have regulated the hydraulic equilibrium in the past and also today, and it is connected with the sea with a perpetual relation. The salt-works, together with the commercial port facilities define the urban waterfront of the city. The production and the transport of the salt has been for a long time one of the most important activities of the city, which is located in the centre of the Mediterranean sea, and together they represent a very significant landscape element for Cagliari. The San Bartolomeo canal, which regulates the water exchange between the salt pans and the sea, might be interpreted as the line that separates the consolidated city (especially in the urban expansions of the second half of the 20th century) and its projection towards the south in the direction of the Sella del Diavolo and the Poetto beach. The complex of the Molentargius salt pans, the San Bartolomeo canal and the salt warehouses together with the Su Siccu tourist port represent an extraordinary strip of urban landscape for strategies of recycling and connection of the two parts of the city which, today, are still separated. The peripheral infrastructural system of Cagliari, defined for several kilometers by the peri-urban highway (asse mediano di scorrimento), is located on the north side of the path of the canal of San Bartolomeo, and the roads that lighten the traffic from the parking area of Sant’Elia stadium are located just close to the canal on the south side, increasing the urban separation. The sequence given by “peri-urban highway-canal-secondary street” becomes an infrastructural system practically impossible to be overcome, especially in the north-south direction. In proximity of this system, for a length of about two kilometers, it is located Il canale di San Bartolomeo nella topografia, di una forte modificazione dei suoli attraverso le colmate che nel secondo dopoguerra hanno rimodellato la linea di costa e l’area dello stadio. Il costruito è frammentato sia dal punto di vista morfologico sia funzionale; si presenta costituito da padiglioni sportivi, spazi per l’alta formazione universitaria, attrezzature diportistiche, padiglioni militari e vaste aree inedificate attualmente prive di un programma definito e attrattivo. Una successione di episodi autonomi che non producono tessuto urbano né luoghi di qualità. L’articolazione generale di questo ambito è data da spazi in sostanziale abbandono, spazi in attesa di diventare luoghi per la città secondo un programma strategico integrato e unitario prima e attraverso una serie di progetti puntuali di qualità poi, sia alla scala delle architetture che dello spazio pubblico. Un progetto di paesaggio sensibilmente misurato al rapporto con l’acqua che struttura e ha strutturato nel tempo l’area, è uno degli obiettivi posti alla base del lavoro dell’atelier. La disponibilità di spazi inedificati di valore paesaggistico significativo, di archeologie industriali rilevanti (ad esempio il padiglione Nervi), la prossimità con le attrezzature diportistiche di Su Siccu a est, la presenza di presidi per l’alta formazione nell’area di Ponte Vittorio e culturali nell’area della città del Sale a ovest, connotano l’intera area di lavoro. Il programma più omogeneo oggi leggibile negli episodi con una destinazione d’uso chiara è quello di una città dello a residual urban landscape that is originated from a strong modification of the soil through the remodeling of the coastline and the area of the stadium during the second post-War period. The urban fabric is fragmented both from a morphological and a functional point of view, it consists of sports pavilions, university facilities, boating equipments, military pavilions and large unbuilt areas currently without a defined and attractive program, a series of independent episodes that do not produce nor urban fabric and qualitative places. The general structure of this area is formed by spaces practically abandoned, spaces waiting to become places for the city, first of all according to an integrated and unitary strategic program and then through a series of specific projects, both at the urban and the architectural scale. One of the fundamental objectives of the work of the atelier will be the definition of a landscape project particularly sensitive in relation with the water that has structured the area in the course of time. The availability of unbuilt areas that disclose significant landscape peculiarities characterizes the project area along with the presence of relevant industrial archaeologies, as the Nervi Pavillion, the proximity to the recreational facilities of Su Siccu toward east and to the academic district of Ponte Vittorio together with the cultural centre to west. Today the area is used mainly as a sport citadel with a series of scattered facilities, where the public and the private equipments Padiglione Nervi, ex deposito del sale sport diffusa ma frazionata, dove le attrezzature pubbliche e quelle private si accostano più che integrarsi fra loro. La sintesi di questi caratteri suggerisce l’idea che la riqualificazione possa e debba partire da un programma strategico-funzionale rivolto a una nuova porzione di città che attraverso l’integrazione fra benessere, loisir, sport e cultura possa dare una risposta convincente e qualitativamente rilevante per ricucire due porzioni urbane per troppo tempo separate. La presenza di alcuni grandi contenitori attualmente dismessi e, in particolare il padiglione Nervi, ex deposito del sale, consentirà di ri-generare luoghi e architetture storiche significative il cui riuso potrà essere occasione per una discesa di scala progettuale. Il padiglione, infatti, offre l’opportunità di affrontare una condizione generica e allo stesso tempo specifica del paesaggio cagliaritano (il rapporto tra edificio di grande scala e acqua); di ripensare alla configurazione solo infrastrutturale del porto e del canale in un sistema complesso di spazi e attività collegate che si sviluppino oltre l’edificio e si proiettino nel prezioso spazio tra esso e il bordo umido, ricercando una nuova interfaccia attiva con la città. Infine, l’attraversamento alle differenti scale, necessario a risolvere la cesura urbana generata dal canale, costituirà specifico ambito di approfondimento dell’atelier in integrazione con il gruppo di lavoro di tecnica delle costruzioni impegnato nel progetto di ponti. are close but not integrated. The synthesis of these characters suggests a redevelopment strategy that, integrating wellness facilities, leisure, sport and cultural activities, may efficiently connect two parts of the city that have been separated for too long. The presence of some grand-scale containers, in particular the Nervi Pavillion, the former salt stock, will allow to regenerate places and significant historical buildings whose re-use will represent an occasion to work at a minor scale within the general redevelopment strategy of the area. TEMA4 CITTÀ TRAMA DI CULTURE Coordinatori Martin Boesch, Pier Francesco Cherchi, Marco Lecis Co-Docenti Francesco Fallavollita Tutors Lino Cabras, Silvia Carrucciu, Sara Marcheselli, Paolo Parodo Collaboratori e Consulenti Marco Cadinu, Paola Mura In alto: Il quartiere Marina Nella pagina precedente: Vista di Marina dai moli prima della demolizione delle mura del porto Città trama di culture. Luoghi contemporanei per Cagliari multietnica La scelta del tema dell’atelier nasce immaginando Cagliari come “città della cultura”: un obbiettivo concreto nell’ottica della candidatura per il 2019, ma anche un’aspirazione senza scadenze, il desiderio di proiettare la nostra città e i territori della Sardegna oltre il loro storico isolamento, oltre i limiti geografici e i condizionamenti della crisi presente. Cagliari, in alcuni dei suoi luoghi, è certo luogo denso di cultura, non solo la propria, quella arrivata coi i suoi lenti ritmi alla modernità, ma anche e soprattutto le nuove, quelle che nell’attualità si sono per forza di cose incrociate e sovrapposte, proprio nelle aree storiche della città. La cultura sarda dunque, insieme alle molte culture importate: arrivate nei secoli passati con i dominatori e oggi approdate con gli immigrati e con i flussi turistici. La nostra idea di “città della cultura” non è quindi legata a un’identità più o meno superstite, da proteggere e da difendere, ha invece la dimensione plurale di una trama viva e in divenire, promettente e non risolta, ricca di speranze come di conflitti. Luogo privilegiato dove sperimentare questa condizione è per noi il quartiere di Marina. Lo è per la posizione geografica, per il legame diretto con il porto, perché passaggio obbligato dal mare al colle fortificato. Ma lo è soprattutto per la trasformazione subita negli ultimi anni che lo hanno trasformato da quartiere degradato a centro vivo, in cui si incontrano i cittadini storici, le nuove popolazioni immigrate e i turisti di passaggio. Per la forza della sua storia e per la disponibilità e l’apertura, Marina è certo una delle aree della città più dinamiche e in evoluzione, che ospita un processo delicato, non privo di contraddizioni, che andrebbe preservato per il suo eclettismo e per la molteplicità di vocazioni, City as a culture’s texture. Contemporary locations for a multiethnic Cagliari The chosen theme was founded by imagining Cagliari as a “city of culture”: a focus point of practical application for 2019, but also an aspiration without deadlines, the desire to project our city and beyond the historical isolation of Sardinia’s territories, as well as the geographical limits and the constraints of the present crisis. Cagliari, in some of its locations, it is certainly a place of remarkable culture, not just its own one, that came slowly to modernity, but also and especially the new ones. At the present time, they crossed and overlapped right in the historical areas of the city. So, Sardinian culture, along with the many imported cultures, arrived with the rulers in past centuries and recently landed with immigrants and with the flow of tourists. Our idea of a “city of culture” is not so tied to a native identity, more or less surviving, to protect and to defend; instead, it brings the size of a plural texture, alive and evolving, promising and not resolved, full of hopes as of conflicts. Marina district is a special place to experience this condition. It really holds such a character for the geographical position, evitando che uno dei caratteri prevalga – per esempio quello solo turistico e speculativo - e annichilisca gli altri. L’architetto guarda a questa parte della città con vivo interesse e grande speranza: lo fa come cittadino e come uomo di cultura, ma anche come tecnico. Le suggestioni evocate non hanno un rapporto deterministico con le architetture, con il disegno dei luoghi di Marina, ma la forma della città può interpretare e rafforzare una vocazione: può servire gli usi che nell’attualità è opportuno potenziare, e può, in un senso più generale, definire il decoro delle strade e delle case, dando figura riconoscibile ai loro caratteri nel presente. Il nostro lavoro sul quartiere sarà condotto su diverse scale: quelle minori, analitiche e di dettaglio, utili a definire spazi e usi minimi con interventi contenuti e di natura reversibile, e quelle maggiori, attraverso la lettura della forma della città, il completamento e il miglioramento dei suoi spazi alla scala urbana, l’identificazione dei percorsi di attraversamento del quartiere e delle loro connessioni con i luoghi ai suoi margini. Alla scala della città il quartiere è il luogo di passaggio dal mare alla rocca: verso sud il rapporto con le aree storiche del porto, rapporto evidente, ma ormai ridotto solo ad un’aspirazione; verso nord il tema dell’accesso a Castello, un percorso da esplicitare e potenziare. La prima questione impone una nuova configurazione per la via Roma, nell’attualità sacrificata al traffico veicolare e ostacolo all’approdo pedonale al mare: insieme ad un ridisegno degli spazi della strada è auspicabile una nuova strategia di insediamento della città nell’area del porto. Una volta ridefinito l’equilibrio tra automobili e cittadini lungo l’asse della via Roma, è da pensare un utilizzo delle banchine capace di attrarre la vita della città e fissarsi come meta dei percorsi interni del quartiere. Questi temi mettono in gioco una delle figure the direct link with the port, obligatory passage from the sea to the fortified hill. Particularly for the recent years changes, which have transformed it from a slum district to a living center, where native citizen, new immigrant populations and tourists meet. For the Strength of its history and the availability and openness, Marina is certainly one of the most dynamic and evolving areas of the city. Marina houses a delicate process, not without contradictions, which should be preserved for its eclecticism and the multiplicity of vocations, avoiding one character prevail on others - for example, that only tourism and speculative - and annihilate the other. The architect looks at this part of the city with great interest and great hope. He acts as a citizen and as a man of culture, but also as a technician. The evoked suggestions haven’t a deterministic relationship with the architecture and the design of the places of Marina, but the shape of the city can interpret and reinforce a vocation. It can serve the uses that should be reinforced in the everyday condition, and can, in a more general sense, define the streets and houses decorum, giving a recognizable shape to their characters in the present. Our work on the neighborhood will be conducted on different scales: the minor ones, analytical and in detail, useful for defining spaces and uses with minimal interventions and reversible nature, and the major ones, by reading the shape of the city, the completion and improvement of its space at the urban scale, the identification of paths crossing the area and their connections with the edge spots. At the city scale, the Marina district is the place of transition from the sea to the upper fortress, the “Castello” district. To the south the relationship with the historical areas of the harbor, manifest relationship, but now reduced to only an aspiration; on north side, the theme of the access to Castello, a path to clarify and strengthen. The first issue requires a new configuration for the Via Roma, currently sacrificed to vehicular traffic and pedestrian landing obstacle to the sea. Along with a redesign of the street space configuration, is desirable to have a new strategy of city life settlement in the port area. Once you have redefined the balance between cars and people along the axis of the Via Roma, is has to be thought a new use of the docks, capable of attracting the city life as a destination and to fix the internal routes of the district. These issues bring into play one of the leading figures of Eugene Delessert, Vista dalle scalette di S. teresa, 1854 Dall’alto: Sant’Eulalia prima dei restauri Sant’Eulalia prima dei bombardamenti Sant’Eulalia oggi principali della modernità di Marina: la sequenza dei portici costruiti all’inizio del secolo scorso, elemento importato ed estraneo alla storia della città, ora così radicato e caratterizzante. La seconda questione urbana, la risalita verso Castello, deve essere affrontata ad una scala più ravvicinata, con interventi puntuali di miglioramento e di evidenziazione dei percorsi storici: la parte meridionale del quartiere è interessata dalla connessione delle vie di risalita con il mare e con i grandi viali perimetrali del quartiere, quella settentrionale dalla connessione diretta con la rocca, dall’individuazione e riconoscibilità dei percorsi privilegiati e dal superamento dei forti dislivelli. Scendendo di scala si passa da considerare il quartiere nei suoi rapporti con il resto della città ad una analisi delle sue relazioni interne: e a questo grado di lettura emerge la particolare vitalità e l’intreccio di culture descritto all’inizio. Negli anni recenti Marina ha subito un’ importante trasformazione che si è tradotta nell’intensificazione della sua vita civile e dell’occupazione dei suoi spazi pubblici. Si tratta di un fenomeno ancora in divenire e che deve trovare i suoi equilibri. Insieme ai cittadini e ai turisti attratti dai locali per la ristorazione, è accresciuta la presenza di culture etniche diverse, con sempre maggiore evidenza in alcune aree e loro graduale nuova caratterizzazione. Gli effetti di tali trasformazioni sono evidenti anche in termini spaziali e generano la richiesta di interventi nella definizione dei luoghi, che ne precisino la vocazione e rafforzino il senso di decoro. In generale una strategia più ampia andrebbe definita per l’intero quartiere: una strategia utile non solo alla risoluzione dei problemi più evidenti dell’immediato, ma anche capace di proiettarsi in avanti con sufficiente respiro: per dare al futuro di Marina la stessa forza e capacità di adattamento dimostrata dal suo passato. Marina’s modernity: the sequence of the arcades built at the beginning of the last century, imported item and alien to the history of the city, now so deeply rooted and distinctive. The second urban issue, the ascent way to the castle, must be addressed at a closer scale, with specific interventions for improvement and highlighting of historic routes: the district south is interested by the connection of the upward roads with the sea and with the great perimeter avenues of the district; the northern side issue is about the direct connection to the rock, and about the identification and recognition of the most effective paths and the overcoming of steep slopes. Going down the scale, you go from considering district relations with the rest of the city to an analysis of its internal components and relations: and this degree of reading reveals the vitality and particularly the weave of cultures described in the beginning. In recent years, Marina has undergone an important transformation that has resulted in the intensification of its civilian life and employment of its public spaces. It is a phenomenon still in progress and must find an equilibrium. Together with the citizens and tourists attracted by restaurants and café, has increased the presence of different ethnic cultures, with increasing evidence in some areas and a consequent gradual new characterization. The effects of these changes are also evident in terms of space and generate the call for action in the definition of the area, defining its vocation and strengthening the sense of decorum. In general, a wider strategy should be defined for the entire neighborhood: a useful strategy not only to the resolution of the most immediate obvious problems, but also capable of moving forward with sufficient breath to give the future of Marina the same force and adaptability demonstrated by his past. TEMA5 MOLENTARGIUS, LA CITTÀ D’ACQUA Coordinatori Alessandra Casu, Fernando Sanchez Salvador Co-Docenti Antonello Ottonello, Mauro Palmas, Rosanna Rossi, Pinuccio Sciola Tutors Federica Orrù, Elisabetta Pani, Verdina Satta Collaboratori e Consulenti Maria Antonietta Mongiu, Sergio Vacca L’ambiente dentro la città o la città dentro l’ambiente? Le aree umide in Sardegna hanno rappresentato, da un lato, un pericolo a causa della malaria e, dall’altro, hanno costituito la ragione dell’insediamento: è il caso delle Saline per Sant’Antioco e Carloforte, del Calich per Alghero, e di Santa Gilla e Molentargius per l’area urbana cagliaritana. Esse costituiscono il recapito di sistemi idrografici, terminali di pianure o sul bordo di archi collinari, e determinano le forme dell’insediamento nelle aree di gronda, nella stratificazione di strutture della produzione e dell’abitare. Oppure, offrono opportunità per funzioni urbane di più recente introduzione – il loisir – lungo le loro sponde, spesso costituite da cordoni dunali. In modo particolare nell’area di Cagliari (ma anche nella complessa area costituita dai comprensori di bonifica e dalle espansioni urbane più recenti di Alghero), dove a una “corona” di nuclei urbani ben definiti si è sostituita una conurbazione, le aree umide costituiscono una nuova centralità, allo stesso tempo ambientale e urbana, dove ciò che rimane – i lacerti – dell’ambiente originario è indistinguibile da ciò che è stato costruito dall’uomo. The environment within the urban or the urban into the environment? In the past, ponds and wetlands in Sardinia represented, on the one hand, a danger due to malaria and, on the other hand, the reason of the settlement: it is the case of the Salt marshes in St. Antioco and Carloforte, of the Calich pond in Alghero, and of St. Gilla and Molentargius in the urban area of Cagliari. They constitute the delivery of river systems, terminals of plains or on the edge of hills arches, and determine the forms of the settlement in the eave areas, in the stratification of production and dwelling structures. Or they offer opportunities for recently introduced urban functions – the loisir – along their shores, often made up of dune ridges. In particular in the urban area of Cagliari (but also in the complex constituted by the reclaimed lands and the most recent urban expansions of Alghero), where a “belt” of well-defined urban nuclei has been substituted by a conurbation, ponds and wetlands are a sort of new centrality, environmental and urban at the same time, where what remains of the original environment is not distinguished from what is man-made. A project for the edges? The context requires then the project to redefine the concept of border, edge or limit. First of all, the edge of the wetland is not homogeneous: it can be either a shore, or an eave. This also implies the border can have different forms: a band, a varied shape… or a pattern of punctual elements, or a strip crossed or penetrated by linear elements… This means the edge, as an interface of integration and, at the same time, separation, can react in different ways (that are design strategies): buffer, subtraction, penetration, absorption, combination… The project, then, can propose to strengthen the borders and highlight the limits, or to make them fuzzy, permeable… Can the propose to cross them, through strategies of “percolation” or using defined and distinguished elements. Or can work with single elements, that can be absorbed or stay along the margin, or at distance, to evocate a sort of buffer. Un progetto per il margine? Il contesto richiede dunque al progetto di ridefinire il concept di bordo, margine o limite. In primo luogo, il bordo dell’area umida non è omogeneamente definito: può costituire una gronda oppure una sponda. Ciò implica che il bordo può assumere diverse forme: una fascia lineare o dalla forma mutevole, oppure un pattern di elementi puntuali, o una striscia attraversata da elementi lineari… Ciò significa anche che il bordo, interfaccia di separazione e, allo stesso tempo, di integrazione, può reagire in modi diversi (che divengono strategie di progetto): buffer, sottrazione, attraversamento, assorbimento, combinazione… Il progetto può dunque proporre di rafforzare i bordi e sottolineare le demarcazioni, oppure di renderli fuzzy, permeabili… Può dunque proporre di attraversarli, attraverso strategie di “percolazione” o con elementi distinti e definiti. Può, infine, occuparsi di singoli elementi, che possono essere inglobati o stare lungo la corona, oppure distanti, a sottolineare una sorta di buffer. Schizzi del paesaggista tailandese Yossapon Boonsom Alcune suggestioni 1. il superamento dell’insularità bio-geografica La laguna occidentale di Santa Gilla e il sistema ambientale di Molentargius, apparentemente separati da pareti, colli, brani urbani e infrastrutture, sono collegati da corridoi ambientali ai quali il progetto può restituire visibilità, offrendo occasioni di riscatto a parti di città neglette e reiette. Some suggestions 1. overcoming the bio-geographical insularity The western lagoon of St. Gilla and the environmental mosai of Molentargius, apparently separated by cliffs, hills, urban fragments and infrastructures, are connected by environmental corridors, to which the project can return visibility, providing opportunities for redemption in neglected or outcast parts of the city. 2. la nue (naturellement urbain environnement) Molentargius nasce come vasca di espansione, nue che raccoglie le acque del bacino orientale del Golfo degli Angeli. Questo suo ruolo originario, equivalente alla piazza centrale di Brasilia, è stato offuscato prima dall’uso saliniero e poi dalla sostituzione delle acque meteoriche con quelle reflue. Con i cambiamenti climatici questo suo ruolo originario assume nuovamente importanza, richiedendo un progetto urbano coerente. 2. the nue (naturally urban environment) Molentargius was in its origins a sort of “expansion tank”, a nue to collect the rain water of the eastern catchment area of the Golfo degli Angeli. This former role, the same as the central square in Brasilia, had been blurred firstly by the salt exploitation and, later, by the substitution of rain- with waste- water. Within the Climate Change this aspect becomes important again, requiring a coherent urban project. 3. la “stella” di canali La raccolta di acque reflue, paradossalmente, ha favorito la crescita e l’arricchimento dell’avifauna e della bio-diversità. Tuttavia, l’aumento dei nutrienti ha superato la capacità di auto-depurazione e la resilienza di alcuni corpi idrici, che forse necessitano interventi di phyto-remediation per diminuire la presenza di sedimenti, oli, detergenti, acidi che minacciano l’ecosistema. Questi interventi dovrebbero riguardare gli immissari principali come i rii Saliu, Mortu, di Selargius e Is Cungiaus. 3. a star made of canals The collection of sewage, paradoxically, has favored the growth and the enrichment of the avifauna and of the biodiversity. But the increase of nutrients has exceeded the resilience and the capacity of self-purification of some water bodies, that maybe need some interventions of phyto-remediation in order to remove exceeding sediments, detergents, oils, acids that threaten the ecosystem. These interventions should focus on main tributary channels, such as Saliu, Mortu, di Selargius and is Cungiaus canals. 4. la parete abitata Non tutto il bordo interno del Molentargius funziona come una gronda lagunare urbana: il sistema ambientale comprende anche l’emergenza collinare di Monti Urpinu, un parco urbano che con una parete ad elevata pendenza delimita un bordo non esattamente abitato, ma destinato ad 4. the inhabited wall Not all the inner edge of Molentargius works as an urban lagoon eave: the environmental system includes also the hill of Monti Urpinu, an urban park with sport facilities that, through a wall-to-high slope, defines a border not exactly inhabited, but intended for military purposes, and nowadays A sinistra: Serbatoio idrico località Serra Perdosa Nella pagina precedente: Molentargius - Saline usi militari e oggi in via di dismissione: il recupero e la riqualificazione di quest’area potrebbero completare la dotazione del parco urbano con spazi da restituire alla cittadinanza, da destinare ad attività culturali, allo studio delle risorse naturalistiche, ridefinendo e ridisegnando il bordo tra i due differenti parchi. being dismissed: the reclamation and the rehabilitation of this area could 5. i templi dell’acqua Dopo essere stato per due millenni una macchina produttiva, il sistema ambientale del Molentargius è diventato una macchina urbana legata all’acqua: non solo come occasione di svago lungo la spiaggia che ne costituisce la sponda meridionale, non solo come risorsa paesaggistica, orizzonte e landmark areale, ma anche come macchina per la rigenerazione della risorsa idrica urbana. Inoltre, l’arco collinare che lo sottende è punteggiato da elementi verticali, che recano all’insediamento la risorsa più preziosa: le torri dell’acqua, che sorreggono i grandi serbatoi che dissetano la città più recente. Questi silenziosi monumenti, appartati rispetto agli usi sociali eppure sempre presenti nel paesaggio, landmarks che annunciano spazi di vita, non meriterebbero forse di essere riscoperti e “celebrati” dalla cittadinanza come luoghi di produzione artistica, culturale, di eventi? 5. the temples of water After being for two millennia a production machine, the Molentargius environmental system has become an “urban machine” water related: not only as a recreational opportunity along the beach that forms the southern shore, not only as a landscape resource, horizon and areal landmark, but complete the equipment of the urban park with places to be returned to citizenship, to be used for cultural activities or to study the natural resources, redefining, reshaping and redesigning the fuzzy edge between the two different parks. also for the regeneration of urban water resources. Moreover, the hills arc that underlies it is “dotted” by vertical elements, bearing the most valuable resource for the settlement: water towers, which support the large reservoirs that quench the most recent urban fabrics. These silent monuments, secluded from the social habits and yet always present in the landscape, landmarks that announce places in which people live… Wouldn’t they deserve to be rediscovered and “celebrated” by the citizens, as places in which art, culture, events take place? TEMA6 Coordinatori Zoran Djukanovic, Alessandro Plaisant, Simone Solinas, Co-Docenti Mario Casciu Tutors Lorenzo Ciccu, Simone Langiu Collaboratori e Consulenti Nada Beretic, Alessandro Biggio, Pierangelo Loru, Marcello Verona PAESAGGI CULTURALI MINERARI Sostiene Gilles Clément che ogni organizzazione razionale di un territorio produca un residuo. Partiamo da questo assunto per individuare alcune strategie rispetto alle quali orientare le prospettive di territori, che sono stati testimonianza di significative economie, processi culturali e insediativi, ma che hanno interrotto il tessuto di relazioni con i luoghi, disseminando “macerie” ambientali e sociali, conseguenti alla dismissione delle attività estrattive ed alla debolezza delle iniziative di valorizzazione dei siti di archeologia industriale, finora promosse in maniera isolata. Ripensare l’organizzazione futura di alcuni elementi del patrimonio geominerario secondo una logica di equità territoriale, attraverso interventi mirati alle diverse scale, in cui alcune situazioni assumono valenza di centralità urbana, mentre altre riscoprono i valori generativi, apre occasioni favorevoli per il coinvolgimento dei territori interni, per la loro contiguità con i nodi della matrice paesaggistico - ambientale. In questo senso, gli interventi si concentrano sul superamento della carenza di strutture e funzioni di riferimento per la vita organizzata, tramite interventi per rendere accessibili, mettere in rete e organizzare la vita moderna di questi luoghi, offrendo vantaggi di maggiore vivibilità e fruibilità per tutti i luoghi e nuove forme di cittadinanza che coinvolgano abitanti stabili e temporanei. I piccoli nuclei abitativi, infatti, possiedono le potenzialità per accogliere funzioni, servizi e strutture urbane di supporto e contribuire, in questo modo, a rafforzare l’utilizzo pubblico e rappresentativo dei siti minerari costieri, che necessitano di interventi di riqualificazione ambientale e di messa in sicurezza, di recupero e riuso inedito dell’edificato e di restauro monumentale di alcune strutture legate al passato dei luoghi. In secondo luogo, staccandoci dall’idea di cultura museale orientata all’oggetto, proponiamo una prospettiva territoriale di accessibilità alla cultura mineraria come un vero e proprio processo di produzione culturale attraverso la trasformazione delle informazioni in conoscenza, prendendo in prestito alcuni processi propri del mondo della biblioteca contemporanea, intesa come servizio e sistema a carattere “glocale”, per dirla alla Bauman, estremamente dinamico e vitale, che si proietta attivamente verso i suoi utenti e verso il territorio e che si aggiusta e si ridefinisce, man mano che l’ambiente in cui opera si va modificando. Come tale, questo sistema territoriale deve riorganizzarsi e gestire le sue componenti: gli aspetti strutturali, i suoi fini istituzionali e le norme che disciplinano l’azione, le sue raccolte documentarie, le professionalità, le nuove tecnologie (e il conseguente digital divide) e le attrezzature utilizzate, le risorse finanziarie, e così via. Planu Sartu Bugerrua Cultural Mining Landscapes As Gilles Clément argues, every rational organization of a territory produces a residue. Let’s start from this assumption to identify some strategies to direct some prospects for territories, which were proof of significant economies, cultural and urban processes as well, but now they disrupted the fabric of relationship with the places, scattering environmental and social “ruins” resulting from the dismantlement of mining activities and the weakness of the initiatives for the enhancement of the sites of industrial archaeology, usually promoted in an isolated manner. Rethinking the future organization of some elements of the geo-mining heritage means to propose a logic of territorial equality, through focused interventions at the different scales, by which specific situations take on the value of urban centrality, while others rediscover the natural generative values, designing a territorial matrix of strategic places and opening up favourable opportunities for the involvement of the internal territories, for their contiguity with the nodes of the matrix. In this sense, all the interventions are focused on the overcoming the lack of facilities and features for the organized life, through actions to make accessible, to network and organize the modern life of these places, offering advantages of better liveability and usability for all the places and make new forms of citizenship possible, by involving temporary and permanent residents in local projects. In another sense, connecting the small hamlets and rural residential areas to the coast through urban structures, services and supporting functions, can help to enhance the public and representative use of the coastal mining sites, which require actions for revitalization, environmental restoration and safety, recovery and innovative reuse for some monumental structures and pathways related to the past of the places. Secondly, far from the idea of object-oriented museum culture, we propose a spatial perspective to access Masua Galleria Henry L’area di progetto da cui partire per impostare la strategia territoriale comprende un waterfront molto articolato e scarsamente accessibile per via delle falesie a picco sul mare, che va da Buggerru, attraversando l’approdo di Cala Domestica, il Golfo di Masua e il borgo costiero di Nebida, con i resti delle laverie, dei magazzini e delle altre strutture testimonianza dell’attività mineraria, guardando verso l’interno attraverso percorsi fuori, sotto e entro-terra, che abbracciano un territorio più vasto di quello percepibile. Alcuni spunti di riflessione: 1. Un primo ordine di elementi riguarda il ruolo istituzionale delle figure preposte alla gestione del patrimonio storico e ambientale, la costruzione del corpo civico e la governabilità del processo attraverso la realizzazione di un processo gestionale collaborativo. 2. Un secondo ordine di elementi riguarda le opportunità di convertire una organizzazione (e una economia) industriale in una organizzazione (e una economia) ambientale. 3. Un terzo ordine di elementi riguarda la costruzione di scenari progettuali attraverso il confronto, con l’ausilio di professionalità e competenze tecniche (nel restauro, partecipazione, arte, cultura, riqualificazione ambientale, …) per costruire una dimensione interattiva con i soggetti locali coinvolti con maggiore continuità nella vita dei territori e perseguire occasioni occupazionali attraverso la riorganizzazione di nuove funzioni urbane e il reimpiego delle competenze e delle esperienze dei lavoratori delle miniere. the mining culture as a genuine process of cultural production through the transformation of information into knowledge, borrowing some of the typical processes of the contemporary library world, intended as a service and a “glocal” system, to put Bauman, extremely dynamic and vital, which is actively projected towards its users and to the territory and which adjusted and redefined itself, as the environment change. As such, this territorial system must reorganize and manage its components: the structural aspects, its institutional purposes and the rules governing the action, its documentary collections, the expertise, the new technologies (and the resulting digital divide) and the used equipment, the financial resources, and so on. The project area from which to set the spatial strategy includes an articulated waterfront, poorly accessible because of the cliffs overlooking the sea, which runs from the mining town of Buggerru, crossing the harbour of Cala Domestica, the Gulf of Masua and the coastal hamlet of Nebida, with the remains of washery buildings, warehouses and other structures evidence of the mining past, looking inward through external, internal and underground pathways, that cover a larger territory than perceptible. Some elements for thought: 1. A first order of elements concerns with the institutional role of the persons responsible for the management of the historical and environmental heritage, the construction of the civic body and the governability of the process through the implementation of a collaborative management process. 2. A second set of elements concerns with the opportunity to convert an industrial-oriented organization (and economy) in an environmental-oriented organization (and economy). 3. A third set of elements relates to the construction of project scenarios through public debate, with the help of professional and technical skills (in restoration, participation, art, culture, environmental restoration, ...) to build an interactive dimension with local actors permanently involved in the life of the territories and pursue employment opportunities through the reorganization of new urban functions and the reuse of skills and experiences of mine workers. Masua TEMA7 Coordinatori Luigi Fenu Tutores Paolo Putzulu, Francesco Sedda ATTRAVERSAMENTI L’insediamento del sistema urbano di Cagliari, e in parte dei centri abitati limitrofi insediati lungo gli stagni, ha avuto come fondamentale determinante al contorno un sistema idraulico non solo di stagni, ma anche di peschiere e di saline storicamente nate per sfruttarne le potenzialità economiche. Essi hanno dato una specifica impronta al rapporto fra la città e il mare e, per il loro utilizzo, si è dovuto costituire un reticolo di canali e di strade, spesso intersecantesi fra loro, che ha poi costituito esso stesso una condizione al contorno per la rete delle vie cittadine. E’ chiaro allora che nell’intersezione fra le vie dell’acqua e quelle del sale, il tema degli attraversamenti si è da subito posto sin dalla creazione delle saline e del sistema idraulico che ne regola il funzionamento, come testimoniato dai vari ponticelli che ne attraversano i canali. Ciononostante, il canale di Terramaini è ancora una barriera importante che condiziona le modificazioni della città in quella direzione, costituendo tra l’altro un invalicabile confine per gli abitanti del quartiere di Sant’Elia, da sempre ghettizzati lontano dalla città, che altrimenti avrebbero la via Roma e il centro cittadino a un tiro di schioppo e a portata di una piacevole passeggiata lungo il mare. A questo si aggiunge il fatto che la destinazione dello stadio Sant’Elia e dell’area dei suoi parcheggi, periodicamente in primo piano sui media, nella vulgata della gente e nei sogni di diversi imprenditori, interessati all’importanza non solo sportiva di questo impianto, è sicuramente destinata ad un ruolo di primo piano nello sviluppo della città, come già prefigurato di recente per esempio con il concorso per la realizzazione del museo Betile e con le proposte di Rem Kooholaas per una riqualificazione dell’area. In questa ottica, diversi sono i punti lungo il canale per i quali sarebbe da valutare la necessità dell’attraversamento, ma su tutti sicuramente si impone agli occhi dei cittadini la necessità dell’attraversamento del canale quando, ormai diventato canale di San Bartolomeo, si getta in mare nelle acque di Su Siccu. Qui si può quasi dire che quella necessità percepibile agli occhi di tutti diventa di fatto strategica, perché l’attraversamento del canale con un ponte è vitale per garantire la continuità del lungomare nonchè la fine dell’isolamento della comunità dei cittadini di Sant’Elia, finalmente collegati al centro della città attraverso la passeggiata lungomare e non per mezzo delle direttrici, prevalentemente carrabili di viale Colombo, viale Diaz, via della Pineta. D’altra parte l’amministrazione comunale ha già investito ingenti somme per la realizzazione del lungomare sia sul lato via Roma-viale Colombo, con la realizzazione della passeggiata a mare davanti agli edifici della Marina Militare, sia sul lato Sant’Elia, con la bonifica delle aree prospicienti il mare e la realizzazione già avanzata di quel tratto di lungomare. La impellente necessità di un collegamento diretto fra queste due estremità del lungomare attraversando il canale di san Bartolomeo sul suo sbocco a mare appare naturale e forse anche scontata. La realizzazione di un ponte che in quel punto dialoghi con il contesto del porto di Su Siccu, del molo di Levante e della marina di Sant’Elia, ma soprattutto col padiglione Nervi (cioè i vecchi magazzini del sale) e con le architetture che dovranno essere realizzate per una riqualificazione dell’area, è dunque il tema principale degli attraversamenti fra le vie dell’acqua e le vie del sale. Poiché un ponte non è un oggetto che viene calato dall’alto su un contesto a cui si mostra insensibile, l’atelier “attraversamenti” è strettamente collegato all’ atelier “le vie dell’acqua e le vie del sale”, sì che i due atelier lavoreranno, come si dice, a contatto di gomito. La progettazione degli attraversamenti deve infatti avvenire in stretta collaborazione e sintonia con il progetto urbano dell’area circostante il canale di Terramaini e con la progettazione di interventi puntuali su specifici edifici quali, appunto, il padiglione Nervi. Canale di San Bartolomeo, sbocco a mare Bridging The settlement of the urban system of Cagliari, as well as of some of the close villages settled near the basins around Cagliari, has been highly determined by the hydraulic system of basins, fish farms and saltworks. To exploit these saltworks, roads and channels were built, the latter still being a barrier for the roads of Cagliari and for its expansion. How and where to cross these channels is therefore a problem since their construction. For its size and length, Terramaini Channel is the main barrier, that could be crossed only through Ponte Vittorio until the sixties of the past century. The expansion of Sant’Elia suburb, the construction of the most important sports facilities near Sant’Elia, as well as the construction of an urban bypass made it necessary to cross the channel through new pedestrian and highway bridges. Nevertheless, Terramaini Channel (also called San Bartolomeo Channel in the area where it flows into the sea in Su Siccu harbour area) is still the main barrier that does not allow Sant’Elia citizens to easily reach via Roma and the city center. Therefore, the “bridging” atelier, together with the “salt channels and waterways” atelier, will identify different points where crossing the channel is necessary. Nonetheless, crossing San Bartolomeo Channel is becoming more and more necessary just in the point where it flows into the sea, because it interrupts the boardwalk along the seafront aimed not only by all Cagliari citizens but especially by people living in Sant’Elia to break their isolation. Therefore, the main task of the “bridging” atelier is to design a pedestrian bridge crossing San Bartolomeo Channel along the boardwalk. This task will be carried out working together with the “salt channels and waterways” atelier, whose important task in this area is of course the reuse design of Nervi’s salt warehouse. La Scuola di Architettura dell’Università di Cagliari amplia la sua offerta nel campo dell’alta formazione, con l’istituzione della Scuola Estiva Internazionale di Architettura, una struttura che vuole rispondere alla domanda diffusa di trasformazione dei territori attraverso un’esperienza di progetto e ricerca che coinvolge direttamente giovani progettisti, laureandi e studenti interessati a confrontarsi, teoricamente e praticamente, con le principali questioni poste dalla progettazione architettonica e paesaggistica dei luoghi. La Scuola si articola in una serie di attività (laboratori di progettazione, workshop, conferenze e seminari) tra loro coerenti nelle tematiche e negli obiettivi formativi e coinvolge direttamente più università ed esponenti della cultura, dell’arte e dell’architettura contemporanei, nel tentativo di favorire un confronto disciplinare tra diversi modi di lavorare e diverse culture progettuali.
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