TITOLO BRANO PRINCIPALE BUONE VACANZE A TUTTI!! SOMMARIO: Gli indifferenti 2 Nelle mani di un camorrista 4 Pappagalli ammaestrati 6 INVALSI: le ragioni del non boicottaggio 7 Giovani parlamentari crescono 8 La pubblicità e i suoi linguaggi 9 E adesso tocca a noi 10 Progetti in fieri 11 Il saluto della III A 12 Intervista alla Band 14 Speciale Salone del libeo 16 “Stringimi” “non posso” 23 I pensieri di Oliver 24 LA NOSTRA REDAZIONELA NOSTRA REDAZIONELA Lorenzo Bazzano Cecilia Parigi Marcichiara Bo Paola Gullone Enza Brunero Letizia Grillone Eugenio Magni Matteo MAspoli Filippo Ascolani Tommaso Natta Marta Ancona Elena Giavara Speciale salone del libro A cura della IV D Pagina 2 Numero 8—maggio-giugno 2014 Gli indifferenti “Ho rapito le vostre ragazze e le venderò al mercato, come vuole Allah”. A parlare è Abukabar Shekau, leader di un gruppo islamista nigeriano, che rivendica in un video di ben 57 minuti il rapimento di 276 studentesse dal dormitorio della loro scuola a Chibok, un istituto femminile nel nord del Paese, avvenuto nella notaddirittura ordinato Ho rapito le vostre l’arresto di ragazze e le venderò due donne che si erano al mercato, come date da fare per attirare vuole Allah”. l’attenzione sulla vicenda. Effettivamente due testimonianze di che stava accadendo. Dove sono i movimenti femministi, sempre se esistono ancora, in tutto questo? L’ultima manifestazione femminista risale al “Se non ora, quando?”; ci si indigna solo per le cose che capitano sotto il nostro naso? Come mai la sinistra, sempre che esista ancora, non ha messo te tra il 14 e il 15 aprile scorso. Cinquantatre ragazze sono riuscite a fuggire, mentre le altre 223 restano nelle mani dei ribelli, dei taleban africani. Shekau, nel video, dichiara anche di voler farla finita con “l’abominio” occidentale dell’istruzione delle donne. Secondo fonti non confermate alcune ragazze, peraltro tutte dai 12 ai 17 anni, sarebbero già state vendute per poche decine di dollari al mercato delle mogli, al confine tra Ciad, Nigeria e Camerun. In Nigeria si ripetono manifestazioni per chiedere al governo di intervenire in modo efficace sulla situazione. Macchè. La storia delle povere ragazze si fa ancora più allucinante, e la gestione da parte del presidente nigeriano Goodluck Jonathan e della first lady la rende ancora più paradossale: secondo l’Associated Press i due avrebbero ragazze arrestate ci sono: sono Naomi Mutah Nyadar, che è ancora in stato di custodia, e Saratu Angus Ndirpaya, originaria proprio del Chibok, liberata da poco. Dopo l’indifferenza iniziale, il presidente nigeriano ha rivolto appelli internazionali a Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Cina per- ché aiutino le autorità a ritrovare le ragazze rapite. Su Change.org è stata lanciata la petizione per porre l’interesse sul caso e contribuire, anche se solo simbolicamente. E l’Italia? Non pervenuta. Chiusi come siamo in un ermetico guscio di indifferenza non ci siamo forse neanche accorti di quello l’accento su quanto stava accadendo, non ha minimamente considerato una situazione che vede la negazione dei valori che porta avanti? Al concerto del primo maggio, momento di grande visibilità per la sinistra, era davvero più importante far ripetere due frasette scritte a Piero Pelù o far delirare per un’ora Clementino? Dov’è il PD in tutto questo? Ah no… è vero. Ma è troppo facile prendersela con chi sta in alto, quando i primi indifferenti siamo proprio noi che stiamo più in basso. Una scuola come la nostra, storicamente di sinistra, credo non farebbe un torto a nessuno prendendo a cuore la questione e facendo Joe Berti un po’ di sana, razionale, campagna culturale. Ma forse siamo anche noi degli attivisti da salotto, bravi a parlare, molto meno bravi a realizzare. Forse anche il movimento studentesco non c’è più e dobbiamo prenderne coscienza con umiltà (non senza un certo rammarico da parte Pagina 3 mia). Intanto, comunque sia, alcune povere ragazze andranno incontro al loro inesorabile destino: essere vendute come mogli, anche se sarebbe più corretto dire prostitute domestiche. Lo vuole Allah. Lorenzo Bazzano La posizione del presidente Obama è stata chiara: Guantanamo va chiusa. P a g in a 4 Numero 8—maggio-giugno 2014 NELLE MANI DI UN CAMORRISTA Sabato scorso era un appuntamento importante per molti italiani. Tutta Firenze e tutta Napoli erano attaccate davanti alla televisione per assistere alla finale di Coppa Italia. Certo, non era una partita come tutte le altre, ma nessuno si aspettava che si sarebbe trasformata in dell’Olimpic zioni sono Per tutti i presunti stabili. Si sparge anresponsabili che la falsa scatta il Daspo. voce di un bambino morto. Per questo motivo, i tifosi del Napoli una tragedia: tutto comincia con alcuni scontri tra tifosi fuori dall’ Olimpico prima dell’inizio della partita. Vengono registrati 10 feriti, tra cui 5 appartenenti alle Forze dell’Ordine e 2 steward che avevano tentato di fermare le due tifoserie opposte. In manette finisce l’ultras giallorosso Daniele de Santis, accusato, secondo la ricostru- o sono già pieni, ma prevorrebbero interrompere la partita in segno di rispetto e inizia un tira e molla nel quale giunge l’approvazione del Prefetto Pecoraro. Ma si fa avanti il capo dei Mastiffs, uno dei più noti gruppi ultras del Napoli, le braccia ricoperte di zione, di aver provocato i tifosi napoletani con dei fumogeni e, in seguito alla reazione di questi, di aver esploso dei colpi d’arma da fuoco. Insieme a questo si verificano alcune denunce e un altro arresto. Per tutti i presunti responsabili scatta il Daspo. Tuttavia, il gip di Roma ha affermato: “Ha sparato solo de Santis”. Ma c’è di più: alle 20.30 gli spalti sto si sparge la voce di un tifoso rimasto vittima negli scontri e arrivato in ospedale morto il cui nome è Ciro Esposito. In realtà è una notizia falsa perché, sebbene le sue condizioni fossero gravi, Ciro è vivo e ora le sue conditatuaggi, la maglietta nera che recita “Speziale libero”, in riferimento all’ultras del Catania arrestato per l’omicidio dell’ispettore di polizia Filippo Raciti del 2007, che dopo un lungo colloquio con il capitano del Napoli Marek Ham- P a g in a 5 Joe Berti sik, dà l’ok al fischio d’inizio. Si tratta di Gennaro De Tommaso, altrimenti conosciuto come Genny ‘a carogna, figlio di un importante affiliato al clan camorristico dei Misso. Mentre Hamsik e Genny ‘a carogna discutono, volano petardi e fumogeni e un vigile dl fuoco viene colpito. I telecronisti affermano: “Dovevamo commentare una partita di calcio, nonostante gli appelli di papa Francesco, i segnali di amicizia tra i due allenatori e anche tra i due presidenti, eccoci qui a commentare una notizia di cronaca con tre feriti, uno gravissimo e un capitano che è rimasto a bordo campo per tanto tempo e adesso va a parlare con i tifosi che hanno ritirato le bandiere” e ancora: “Quello che doveva essere uno sport si sta davvero trasformando in una macchia di vergogna” A questo punto la parti- ta comincia con 45’ di ritardo ma molti sono sdegnati: non c’è nessun coro, all’inno partono i fischi, e a fine partita, dopo la vittoria del Napoli, moltissimi tifosi azzurri invadono l’Olimpico o s’avvicinano alla curva per schernire con gesti volgari i tifosi viola. La notizia non tarda a fare il giro del mondo: “Il calcio italiano di nuovo ostaggio dei tifosi più violenti dentro e fuori lo stadio Olimpico" commenta El Pais,“Follia. Spari alla Finale di Coppa Italia” dice il quotidiano tedesco Bild, France Football, invec e: “Napoli, dramma e festa”. I- noltre, il questore di Roma Massimo Mazza ha affermato: “Nessuna trattativa con gli ultrà del Napoli”. Innumerevoli poi sono i commenti sdegnati su Facebook, Twitter e altri social network. Ora, per Genny ‘a carogna sono scattati un Daspo di 5 anni e una denuncia per istigazione a delinquere e le indagini non sono ancora finite. In ogni caso, solo una parola può descrivere tutto ciò: Vergogna. Cecilia Parigi “Dovevamo commentare una partita di calcio…” P a g in a 6 Numero 8—maggio-giugno 2014 PAPPAGALLI AMMAESTRATI Non c’è maggio senza le prove Invalsi. Purtroppo. E non lo dico soltanto io insieme a molti miei compagni (inteso come compagni di scuola, anche se per alcuni anche nell’altro senso). Le prove Invalsi sono una mostruosità, una cosa senza alcun senso, che può servire se mai a premiare chi è dotato di un po’ di memoria più degli altri, non chi ha spirito critico. Poiché la scuola dovrebbe far nascere lo spirito critico, la miglior cosa sarebbe eliminare l’Invalsi e restituire i suoi test a chi li ha inventati. Sono le parole rilasciate un anno fa in un’intervista dal professor Luciano Canfora, grande filologo classico, storico e saggista, oltre che una persona splendida. Prosegue Canfora: “Non c’è solo questo. Il vero problema è il tentativo di trasformare i cittadini in sudditi, facendo ciò che è tipico di tutti i sistemi autoritari. Se io tolgo allo studente che si sta formando in anni decisivi della sua vita l’abito alla critica, alla capacità di comprendere e di studiare storicamente, di di- stinguere, lo trasformo in un pappagallo parlante dotato di memoria e nulla più”. Ed io, caro professor Canfora, di pappagalli ammaestrati a ripetere la lenzioncina che hanno letto sul libro senza sapere che cosa stanno dicendo, senza lo stimolo di approfondire, di comprendere, di confrontare, di interiorizzare, ne vedo, ne ho visti e temo ne vedrò tanti. Il problema di fondo di questa faccenda è forse che la scuola italiana si sta adattando a questo tipo di metodo, professori in primis, un metodo fatto di mera memoria e quizzologia. Rimanendo sul piano ideologico, anche i matematici esprimono dubbi sulle prove Invalsi. E’ il ca- so di Giorgio Israel, che si è schierato con forza contro le prove, che a suo dire hanno il torto di non mostrare il processo logico-matematico, cioè il ragionamento seguito per giungere alla conclusione. Al risultato si può arrivare in modi diversi, ma questo le prove Invalsi non lo mostrano. Importare l’impostazione didattica anglosassone fondata sul “teaching to the test”, metodo quantomeno discutibile, in un momento in cui nel mondo anglosassone si sta rivalutando mi sembra francamente assurdo. A molti, me compreso, è risultato inoltre fastidioso l’insopportabile questionario somministrato alla fine della prova. Spostandoci su un piano più pratico bisogna considerare i costi non indifferenti che questi test comportano. Si hanno indicazioni solo indicative, non ufficiali, fra loro non concordi: si va dai 911 milioni fino ai 14 milioni di euro. Inutile sottolineare che in momenti come questi, dove i soffitti ci cadono in testa e i riscaldamenti vengono accesi solo quando prettamente necessario, una questione di priorità sarebbe scontata e sareb- P a g in a 7 Joe Berti be lecito aspettarsi finanziamenti rivolti in altre direzioni. Il fatto che probabilmente l’esito delle prove Invalsi inciderà sulla portata dei finanziamenti da destinarsi ai singoli istituti è semplicemente inaccettabile, ennesimo tentativo inutile di realizzare un po’ di meritocrazia. L’anno scorso la nostra scuola si è unita all’iniziativa del boicottaggio, tanto contestata e realizzata solo in parte. Le voci di corridoio sulle prove Invalsi sono molte, e soprattutto false. E’ falso che le prove possano costituire oggetto di valutazione, anzi è addirittura illegale. E’ falso che siano obbligatorie. E’ ovvio che io sono contrario alle prove Invalsi, ma il mio non è un invito a boicottare, ma solo un incitamento a seguire ciò in cui si crede, sperando che non si verifichi di nuovo che alcuni studenti contrari alle Invalsi non boicottino perché intimiditi dalle conseguenze, come è successo l’anno scorso. Lorenzo bazzano INVALSI : LE RAGIONI DEL NON BOICOTTAGGIO Il 13/05/2014 si sono svolte in tutta Italia le prove Invalsi, che sono test, somministrati agli studenti in determinati momenti del percorso d'istruzione, uguali in tutto il territorio nazionale. Lo scopo è valutare le competenze raggiunte dagli studenti nel sistema scolastico italiano. Queste prove sono al centro di molte polemiche e molti studenti hanno deciso di boicottarle non partecipandovi, oppure in altri modi, come compilando i test con la matita o penne cancellabili. Nonostante le numerose perplessità che questi test suscitano, vi sono alcuni punti di forza che li rendono comunque necessari nel nostro Paese. In Italia ogni scuola propone un Piano dell'Offerta Formativa specifico e differenziato dagli altri istituti, ed è indispensabile che gli apprendimenti e le competenze di base -come l'italiano e la matematica- siano valutati oggettivamente, per verificarne il raggiungimento. Ciò non è solo utile agli insegnanti per valutare se il loro sistema di insegnamento è efficace, ma anche agli studenti perché sono resi più consapevoli degli obiettivi raggiunti e delle competenze ancora da raggiungere. Per utilizzare meglio i risultati delle Invalsi, queste prove sono accompagnate dal questionario studenti, che non è volto a violare la privacy delle famiglie, ma ad avere delle informazio- ni utili a comparare in modo ponderato tra loro scuole con diversi tipi di utenza. Inoltre, visto il grande dispendio economico impiegato nella realizzazione di questi test, è controproducente sprecare questa occasione di confronto non tenendo conto degli aspetti positivi che presenta. L'istituzione della valutazione Invalsi è, innanzitutto, un modo per misurare la qualità del servizio che ogni scuola offre agli studenti. Si tratta quindi di un'attività necessaria per correggere eventuali carenze in determinati istituti scolastici. Va aggiunto che il sistema delle prove Invalsi è molto recente: solo da pochi anni, infatti, viene applicato su tutte le scuole di ogni ordine e grado. È vero che non sempre i quesiti posti sono formulati in modo chiaro, ma, anche se essi possono essere migliorati, ciò non toglie che il principio delle prove Invalsi sia comunque valido. Marta Ancona P a g in a 8 Numero 8—maggio-giugno 2014 GIOVANI PARLAMENTARI CRESCONO Sedere e votare proposte di legge a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio Regionale del Piemonte, non ha prezzo.; specialmente se non sei un parlamentare o, meglio, se non sei un Parlamentare “ufficialmente riconosciuto”. Dal 2 al 4 aprile Torino ha ospitato il Parlamento degli Studenti, nell’ambito del progetto internazionale European Student Parliamen (sviluppato da Wissenschaft im Dia- log) a cui hanno partecipato 100 studenti degli ultimi tre anni della scuola secondaria, provenienti da 19 istituti superiori di Torino e provincia. Nell’arco di 3 intense giornate di “lavoro” (le Commissioni si sono riunite ogni giorno dalle 9 alle 19) gli studenti hanno avuto la possibilità di conoscere e partecipazione civile, smart city, demografia e orti urbani. Grazie al confronto con assessori e alla guida dei tutor, i giovani parlamentari sono giunti a formulare delle proposte per disegnare il futuro della città che vorrebbero. Tra queste vi sono: l’avviamento di un servizio di trip sharing (condivisione di percorso) per individuare soluzioni alternative di mobilità economicamente e ecologicamente sostenibili; il ri-orientamento della spesa pubblica a favore della manutenzione di strutture e infrastrutture statali; l’organizzazione di un TOgether sull’attualità politica. Ogni risoluzione presentata dalle Commissioni è stata votata e talvolta emendata dai giovani parlamentari che al termine delle 3 giornate hanno redatto un documento completo contenente tutte le proposte approvate. Gli studenti si sono dimostrati all’altezza dell’incarico assegnatogli non solo avanzando proposte concrete e attuabili in un futuro più che prossimo, grazie ai fondi europei, ma anche portando “una sana ventata di giovinezza” nella sede del Consiglio regionale, come affermato dal Professor Castellani, ex sindaco di Torino. Questo esperimento torinese di collaborazione tra giovani inesperti e politici di lungo corso è stato proficuo ed efficace e ha sancito la prima di (si spera) una lunga serie di sperimentare i processi decisionali della politica attraverso la simulazione di un vero e proprio Parlamento. I giovani “parlamentari” hanno discusso del futuro della città di Torino e della cintura urbana concentrandosi su 5 temi specifici, divisi in altrett a n t e commissioni: mobilità, forme di festival per sen- sibilizzare i cittadini alla multiculturalità torinese e, infine, l’istituzione nelle scuole superiori di un modulo di lezioni di educazione alla cittadinanza, affiancato da spiegazioni teoriche e dibattiti intese tra vecchia e nuova classe politica, lasciando il gius to s paz io all’intraprendenza e alla determinazione giovanile guidata dall’ esperienza degli “addetti ai lavori”. Le fondamenta per la “Torino del domani” sono state gettate con successo. Mariachiara Bo P a g in a 9 Joe Berti LA PUBBLICITÀ E I SUOI LINGUAGGI Il giorno 10 marzo la nostra classe, 4D, si è recata all’istituto Avogadro per un incontro con Alexi Naim e Alessandra Fasana, copywriter. Ci hanno spiegato cos’è la pubblicità per renderci consumatori consapevoli. La sua funzione è quella di tista che consiglia un dentifricio, il consumatore tipo e il “2 in 1” che è un misto tra il consumatore e l’esperto. Però ci sono dei rischi: il primo è che il testimonial sia più considerato del prodotto ed è detto “effetto vampiro”, oppure quello di sovraesposizione, ovvero che il testimonial confonda i consumatori perché presente in troppi spot contemporaneamente, per esempio la campionessa olimpionica Federica Pellegrini per i Pavesini e l’Enel. Durante la conferenza abbiamo informare dell’esistenza del prodotto e di creare un impulso a comprarlo. Ma per questo bisogna considerare le esigenze del target, cioè a chi è rivolto l’articolo, attraverso un’indagine di mercato. Un prodotto per posizionarsi nel mercato deve avere un nome origivisto alcuni dei più riusciti spot pubblicitari, ad esempio gli sketch della Lavazza in paradiso, che sono gli stessi da vent’anni perché hanno successo. Alla fine dell’incontro abbiamo parlato con il signor Naim del suo lavoro; ci ha raccontato che non è necessario avere particolari abilità, ma si nale che abbia sonorità e lo rappresenti al meglio, personalità e un settore di riferimento. Il messaggio pubblicitario, oltre ad un linguaggio persuasivo, si avvale di testimonial di vari tipi: il personaggio celebre, come George Clooney per la Nespresso, l’esperto, ad esempio un denimpara lavorando. È stato molto interessante perché abbiamo capito i meccanismi della pubblicità. Letizia Grillone ed Eugenio Magni. P a g in a 1 0 Numero 8—maggio-giugno 2014 E ADESSO TOCCA A NOI!! Come detto nel precedente articolo,abbiamo partecipato a un laboratorio pubblicitario e dopo questa esperienza abbiamo dovuto elaborare una nostra pubblicità. Dopo la divisione in 4 gruppi ci sono stati assegnati 2 prodotti da pubblicizzare a dei ragazzi di 4/5 ginnasio: un frullato e un telefono (la cui dote principale era quella di chiamare e ricevere chiamate). In primis abbiamo studiato il target a qui doveva essesta ad ogni sorso”.Ma questo nostro breve articolo non presenta a dovere i nostri spot ed è per questo che abbiamo deciso di caricare i video su Youtube. re venduto il prodotto attraverso dei questionari, per rendere lo spot adatto a dei giovani. Le domande erano molto scontate (come ci è stato segnalato da alcune risposte), poiché riguardavano musica, hobby e alimentazione. Dopo solo 2 ore dalla consegna dei suddetti alla professoressa ci sono stati restituiti carichi delle risposte tanto attese che abbiamo catalogato e analizzato con non poche risate grazie ai commenti aggiuntivi “non previsti”. Successivamente all'analisi delle risposte ci siamo resi conto dei gusti dei nostri acquirenti. Tutti i gruppi hanno scelto il video (elemento che ha reso tutto molto più comico) grazie al fatto che era il metodo più diretto e conosciuto dai giovani. Dalle nostre menti uscirono così 4 prodotti : da FeliX, “il dio della tecnologia” ad IFuit,il frullato e da Voice a Party Dream, “ una fe- Ecco i video: Frullato iFruit: https://www.youtube.com/watch?v=lfj-4u45XP0 Frullato Party Dream: https://www.youtube.com/watch? v=6gKHjuJJs7Q Cellulare Voice: https://www.youtube.com/watch?v=-AP_OkLjwMs Cellulare Felix: http://youtu.be/7UynYinmDnw P a g in a 1 1 Joe Berti PROGETTO ARTE Undici e mezza di sera. Caffè nero. Tre sedie. Occhi gonfi. Una sola luce, quella del computer. Stanchi. Sull'orlo di una crisi di nervi. Non sappiamo se sperare che un blackout improvviso cancelli il nostro lavoro costringendoci ad andare a dormire, se fingere un mancamento e andare tutti e tre a dormire, se rovesciare il caffè sul pc e andare a dormire, se fare una seduta spiritica ed invo- care qualche Einstein che lavori al posto nostro e andare a dormire. Un'unica costante: ANDARE A DORMIRE. Credo l'abbiate intuito. La quinta non è una passeggiata, io ve lo dico, cari ragazzi che vedete la vita ancora a colori e non in biancoe-nero-più-nero-chebianco. Eppure, a quei pazzi della quinta effe le occhiaie piacciono così tanto che hanno deciso di stare alzati fino all'una per finire il progetto di arte. Avete presente il modo di dire “È stata un'odissea”? Ecco, ora ripassate per l'ennesima volta le mille peripezie del caro Ulisse e moltiplicatele per dieci, ALMENO PER DIECI. È vero, noi non abbiamo avuto Ciclopi, tempeste, Proci e quant'altro, ma un Mac poco collaborativo, chiavette USB con spazio insufficiente, immagini sgranate e video traballanti da mettere a posto e, secondo voi, quando ci siamo resi conto che il Mac non aveva intenzione di salvare il progetto di I-Movie in un formato leggibile da qualsiasi computer di questo universo? Ovviamente proprio il giorno della consegna del lavoro, quando la Professoressa De Feo ci aspettava fuori dalla classe con tre, e dico TRE, copie in mano pronte da dare, rispettivamente, alla Consulta, alla Preside, alla Coordinatrice. Nel panico generale, tra urla, insulti vicendevoli, sguardi di fuoco, maledizioni per l'intera comunità Apple, alla fine CE L'ABBIAMO FATTA. Abbiamo consegnato il progetto con un giorno di ritardo, ma ce l'abbiamo fatta. imprecazioni fantasiose e stanchezza infinita. Provateci, sarà un'esperienza indimenticabile, ve lo assicuro. bene se chiederci “Come è andato il progetto di arte? Avete vinto?” perché potreste ricevere un sorriso oppure un “Fatti gli affari tuoi, ficcanaso.” E se mai vi dovesse capitare di vedere il video - se vi va, cercatelo sul sito www.liceogioberti.it - per un solo istante provate ad immedesimarvi in noi. In quella notte di crisi isteriche e occhi gonfi e A fine Maggio avremo i risultati, il fatidico “Elenco dei Vincitoricon-la-V-maiuscola”, e se ci incontrerete per i corridoi o in coda alle macchinette, valutate Per tutto il resto, lunga vita all'anno della maturità, hic et nunc. Enza Brunero P a g in a 1 2 Numero 8—maggio-giugno 2014 UN AULA DI CLASSE IL SALUTO DELLA III A Il presidente della Repubblica non sarebbe tale senza il Quirinale, il presidente degli Stati Uniti come se ne vedono in tutto il mondo, che ha visto pascartina geologica sono gli elementi più banali. Qual è la cosa più sorprendente? La figurina di Totti e quella di Onazi, attaccate alle ante dell'armadio? Il calendario cinese in bacheca? I due enormi chupa-chupa gonfiabili? O forse il crocifisso multicolore e il Buddha a luci psichedeliche? Tutti questi oggetti hanno senza la Casa Bianca, il Papa senza il Vaticano: ebbene, neppure la III sare centinaia e centinaia di studenti. Tuttaviuna sua storia e, anche se lasceranno spazio ad altri ricordi, rimarranno sempre a testimonianza di alcuni episodi particolari: per esempio il foglio in bacheca con su scritto “Wanted: il turco" o l'enorme sciarpa del Cuneo rimarranno delle reliquie per noi e pochi altrimentre sembrereb- A senza la sua aula. A prima vista non sembrerebbe nulla di particolare, una camera anonima, con un anonimo colore alle pareti e altrettanto anonime finestre; un armadio grigio vicino alla lavagna, un attaccapanni, una serie di banchi e una cattedra completano il tutto, una stanza a, se qualcuno guardasse con più attenzione, noterebbe qua e là qualcosa di strano, dei particolari sorprendenti, che testimoniano, oltre quelle sedie silenziose, la presenza tumultuosa della vita: un poster verde sulla parete di sinistra e una bero inutili cianfrusaglie ai profani. Piano piano, viaggio dopo viaggio, gita dopo gita, lezione dopo lezione, quella classe è diventata profondamente nostra, non solo per le continue aggiunte, e ha preso la nostra forma. P a g in a 1 3 Joe Berti Anche i banchi, silenti protagonisti delle ore passate seduti, ormai è come se ci appartenessero, come se fossero vecchi amici che troviamo sempre allo stesso posto: chi non ha mai provato il piacere conturbante di trovare una collezione di cicche usate, conservate come oggetti sacri? Chi non ha mai dedicato attenzione ai "tvb, tvttb, love u, Gina the best, Pino ama Kikka" incisi sul legno? Poi c'è lei, croce e delizia, odio e amore, la dolceamara invincibile belva che domina dall'alto studenti e insegnanti, costoso so- prammobile per alcuni, grande risorsa educativa per altri, lei che ha sconfitto l'ardesia e ha gettato il gesso nell'ombra, la LAVAGNA INTERATTIVA MULTIMEDIALE, che negli ultimi tre anni ha monopolizzato l'attenzione dei docenti, dando origine a lezioni molto interessanti (talvolta) o a crisi isteriche causate dall'ennesimo messaggio di fallita connessione (più spesso). Creato come mezzo per ampliare le modalità di insegnamento, è diventata un mezzo per i ragazzi per esprimere la loro creatività con sfondi e layout sempre persone sedute ai banchi, ragazzi come noi che decoreranno la pro- pria aula e avranno il piacere di essere protetti da un crocifisso rockettaro. sempre più audaci: noi siamo passati da banali foto di classe a Pro Evolution Bocce, da Homer Simpson allo stemma della Sambenedettese, passando per il dado Knor e i Griffin. La menzione d'onore va, però, a Pietro Pomponazzi, che con il suo naso prominente ha occupato la lavagna per vari mesi, concedendo sguardi di conforto e compassione agli interrogati. Questo è quello che vorremmo ricordare: la scuola diventerà sempre più tecnologica, ci saranno tablet al posto dei libri, tastiere al posto delle penne, sofisticati Power point al posto dei confusi appunti sulla lavagna, ma ci saranno P a g in a 1 4 Numero 8—maggio-giugno 2014 INTERVISTA ALLA BAND “EUGENIO IN VIA DI GIOIA” In occasione della preparazione del tour che si svolgerà in dodici tappe per l'Italia, a partire dal 21 giugno, siamo riusciti a ottenere un'intervista con la giovane band emergente “Eugenio In Via Di Gioia”. Questi ragazzi, dalle sole strade di Torino sono arrivati a vincere il “Premio Buscaglione 2014”, ed ecco perché ci sembra più che meritevole presentarli al nostro liceo. La band è composta da quattro musicisti: Eugenio ha 22 anni e suona la chitarra dal quarto anno di liceo. Anche Emanuele ha 22 anni, ma ha iniziato a suonare il pianoforte da molto giovane e la fisarmonica da circa due anni. Paolo, 23 anni, dopo essersi dilettato nel suonare la batteria, ha trovato la sua vocazione nel cajón, strumento peruviano a percussione. formata solo da loro tre e si chiamarono “Eugenio In Via Di Gioia”, nome che incuriosisce e ispirato dai loro cognomi: Eugenio Cesaro, Emanuele Via e Paolo Gioia. Dopo qualche concerto si resero conto di aver bisogno di un bassista, così, in seguito ad un loro annuncio su Facebook, entrò a far parte della band anche Lorenzo Federici. Come vi descrivete in tre aggettivi? “spontanei, gioiosi e ottimisti” Nonostante ogni membro mantenga la propria influenza musicale autonoma, la maggior influenza viene dal genere folk. La musica, per quanto riguar- Infine Lorenzo ha 26 anni e suona il basso da ben sette anni. Agli albori, Eugenio ed Emanuele si conobbero al Politecnico e, scoprendo di avere entrambi la passione per la musica, iniziarono a suonare cover per strada. Un giorno si presentò una data in cui dovevano esibirsi e, necessitando di un aiuto, venne chiamato Paolo, che Eugenio già conosceva. Perciò la band era inizialmente da al cantautore, è ispirata dai “Mumford and Sons”, i testi invece da cantautori come “Giorgio Gaber”, “Max Gazzè” e “Paolo Nutini”. Questi ragazzi si riuniscono per provare appena possono in qualunque posto: dalle strade ai parchi, fino alla sala registrazione. P a g in a 1 5 Joe Berti Preferite esibirvi su un palco o per strada? “Sono entrambe due bellissime esperienze ma anche due concetti completamente diversi. Suonando per strada, se vedi la gente che si ferma ad ascoltare, si ferma perché piaci, hai incuriosito e non è imposto. Se suoni su un palco, il pubblico può anche trovarsi in quel determinato luogo non per noi, e proprio magari per la minoranza di spontaneità scegliamo la strada. Poi, tutto dipende anche dalle circostanze” I temi principali delle vostre canzoni? “l'attualità del mondo, i suoi paradossi e la psicologia umana” A ogni fine esibizione offrite al pubblico una “tessera fedeltà”... “La cosiddetta 'fidelity card' spinge le persone a venire a sentirci il più possibile, collezionando i nostri concerti. Come fanno i 'kebabbari' che ad ogni kebab o pizza ti regalano qualcosa, noi offriamo un kebab a chi ha assistito a dieci no- stri concerti. Questa iniziativa durerà per tutto l'anno 2014” Ora come ora qual è il vostro obiettivo? “Il nostro proposito ora, è quello di andare sempre verso a un continuo miglioramento passo per passo, cogliendo ogni opportunità che ci viene offerta, rimanendo, però, con la testa sulle spalle e i piedi per terra” In conclusione che cosa ne pensate di questa esperienza? “è un'esperienza sicuramente positiva, assolutamente da vivere che può portarti solo a crescere volete dire un qualcosa ai giobertini? “Sì, di amare la musica da tutti i punti di vista: sia per chi la fa, sia per chi la ascolta” Elena Giavara P a g in a 1 6 Joe Berti Speciale salone del libro Tradurre i classici Il 9 maggio 2014, la classe IV D ha assistito ad alcune conferenze al Salone del Libro di Torino. In particolare, il nostro gruppo ne ha seguita una presentata da Elena Loewenthal (traduttrice dall’ebraico), intitolata “Tradurre i classici”, con la partecipazione di Luciano Canfo- ra, Renata Colorni, Ernesto Franco e Nuccio Ordine. Tutti i partecipanti, presentatrice compresa, sono eminenti traduttori ed esperti conoscitori dell’argomento. Canfora, infatti, è un filologo classico, storico e saggista. La signora Colorni, invece, è una traduttrice; Ernesto Franco è il direttore edito- riale dell’Einaudi; Nuccio Bruno è un importante filosofo italiano scrittore di molti saggi su Giordano Bruno.Come appunto dimostra il titolo, durante queste due ore si è approfondito il tema della traduzione dei classici e di come la cultura, per non apparire un’inutile, sterile (ma pomposa) anticaglia, debba essere rinnovata e non solamente conservata. Tra i due termini, infatti, esistono notevoli differenze: conservare vuol dire mantenere un oggetto (in questo caso un’opera letteraria) immutato attraverso i secoli; tradurre significa interpretare ed innovare il testo. Per questo motivo, ogni traduzione è diversa e riflette la concezione del momento storico in cui viene fatta e la personalità e l’esperienza del traduttore. Quando si traduce, però, non bisogna cadere nell’errore di abbassare drasticamente il livello intellettuale dell’opera semplificandone il linguaggio ed i contenuti.I giovani, soprattutto negli ultimi tempi, si stanno progressivamente staccando dalla lettura dei classici integrali, preferendo antologie e riassunti. Perciò, la traduzione non deve conservare, ma innovare ed interpretare, invogliando i ragazzi a leggere ed approfondire la conoscenza della cultura classica. Per capire l’importanza di questa professione, si deve tener presente che anche la cultura delle civiltà più remote, come ad esempio quella dei Greci, fondatori della civiltà occidentale, è basata sulla traduzione di testi precedenti. Perciò, anche i classici che quotidianamente traduciamo sono frutto di una prima interpretazione, seguita da numerose manipolazioni (in particolare dei primi filologi, durante il Rinascimento), ed infine pervenutaci. P a g in a 1 7 Numero 8—maggio-giugno 2014 Speciale salone del libro “CHE COS’E’ LA DEMOCRAZIA?” di Emilio Raffaele Papa Venerdì 9 maggio 2014, presso lo SPAZIO AUTORI del Salone Internazionale del Libro di Torino, si è tenuta una conferenza sul libro “Che cos’è la Democrazia?” di E .R.P. Con l’autore hanno discusso Andrea Giorgis, professore universitario di diritto costituzionale e deputato del PD e Valerio Zanone, famoso polit i c o i t a l i a n o . Papa ha spiegato che quest’ultimo libro è la continuazione de “L’altra faccia della Democrazia”. Il primo ad intervenire è stato Zanone che ha sottolineato l’attualità del libro dicendo che la democrazia è il metodo più efficace per combattere la crisi. La democrazia nel suo attuale formato si sviluppa n e l l e r e t o r i c h e dell’antipolitica e quindi, la perdita del potere. Attualmente i problemi del rapporto tra democrazia Ad oggi, praticata su due problemi: non è ancora l’uguaglianza politica. Sarebbe opportuno che ogni cittadino partecipasse attivamente alla vita politica del proprio paese senza guardare al rendiconto econom i c o . Tutti sarebbero d’accordo, ma tutti sappiamo anche che in concreto ciò non sarebbe p o s s i b i l e . Inoltre ha detto che il libro di Papa guarda con lucidità a quelli che sono i presupposti che stanno venendo meno alla democrazia e sarebbe auspicabile la separazione tra politica e informaz i o n e . Infine ha chiuso il dibattito Papa dicendo che il suo libro segue un filo conduttore che si pone ed economia, quest’ultima più prevalente, sono legati alla comunicazione perchè l’opinione pubblica si forma attraverso il massiccio intervento dei MAS MEDIA. Possiamo dunque parlare di democrazia che diventa videocrazia, che a sua volta di- - il recupero dei valori morali e politici della democrazia; - la gabbia dei partiti sulle istituzioni, lo svuotamento del potere del parlamento e l’impoverimento della Costituzione; Non serve la demolizione del parlamento e della classe politica. Anche se le istituzioni che ci hanno deluso l’autore non crede che la democrazia possa cadere in un’imboscata. venta culto della persona per poi trasformarsi in leadership. Continuando il suo intervento ha detto che è necessario un governo giovane capace di creare una nuova legge el e t t o r a l e . Concluso l’intervento di Zanone ha preso la parola Giorgis che ha esordito dicendo che la democrazia è entrata in crisi e che il libro scritto da Papa ha molti meriti perché s’interroga sui presupposti della democrazia e del rapporto tra economia e politica. P a g in a 1 8 Joe Berti Speciale salone del libro “Diritto e Giustizia” e “Descrivere la natura”. Il 9 maggio 2014 ci siamo recati con la professoressa De Maria al Salone Internazionale del Libro di Torino. Siamo stati suddivisi in quattro gruppi e ad ognuno sono state assegnate due conferenze da seguire, riguardanti gli argomenti più disparati. Al nostro gruppo, sono state assegnate le conferenze su “Diritto e Giustizia” e “Descrivere la natura”. La prima conferenza era tenuta dal relatore Giuseppe Salvaggiulo, giornalista per La Stampa, che intervistava Caterina Chinnici, figlia di Rocco Chinnici e autrice del libro “È così lieve il tuo bacio sulla fronte”, Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, due ma- viene stravolta dalla mafia. Il secondo libro narra dello stretto rapporto tra la Chiesa e la 'ndrangheta calabrese e sul rapporto popolare con la Chiesa. Hanno detto che uno dei problemi dell'antimafia italiana è che non si è globalizzata. La cooperazione in- ternazionale tra le varie polizie non è efficiente, mentre le mafie cooperano tra loro egregiamente. La mafia e la 'ndrangheta continuano a crescere molto più velocemente dell'antimafia che rimane sempre un passo indietro. Si è parlato anche della solitudine del magistrato. In particola- Secondo Gratteri invece il magistrato deve essere solo per prendere una decisione. Alla domanda di com'è vista l'Italia all'estero, Nicaso ha risposto che è vista molto male poiché ci sono cinque o sei tipi di organizzazioni criminali diverse e che in Italia si fanno solo programmi tele- visivi che le valorizzano. Il primo ed unico programma ad aver mostrato la mafia nella sua vera identità è stato quello di Pif nel 2013. Un'ultima domanda è stata:”ad un ragazzo che vi chiedesse cos'è la mafia, cosa gli rispondereste?” Gratteri ha risposto che la mafia è un feno- gistrati in prima linea nella lotta contro la 'ndrangheta e autori del libro “Acqua santissima”. Il primo libro, presentato dalla Chinnici,narra della storia di suo padre, ucciso da un'autobomba mandata dalla mafia. Rocco Chinnici fu il primo magistrato che cercò di sensibilizzare la popolazione siciliana riguardo alla mafia, partendo dai giovani. La storia narra di una comune famiglia italiana la cui vita re la Chinnici ha parlato di suo padre che si è trovato da solo a combattere la mafia. meno che muta con il mutare della società ed esiste grazie al consenso popolare. La Chinnici invece ha risposto che essa ha la singolare capacità di mutare rimanendo sempre la stessa e nonostante ci siano nuove leggi per combatterla non saranno mai efficaci se non verranno applicate. Nicaso si è espresso in poche parole:”La lotta contro la mafia riguarda tutti, soprattutto a partire dai giovani”. P a g in a 1 9 Numero 8—maggio-giugno 2014 Speciale salone del libro LA NOTTE IN CUI QUATTRO RAGAZZI DIVENTARONO UOMINI Venerdì 9 maggio, presso la sala rossa del salone internazionale del libro, un gruppo della classe IV D ha assistito alla presentazione del libro “prima che la notte” dei due giornalisti Claudio Fava e Michele Gambino. Claudio Fava è un giornalista professionista che ha lavorato per noti giornali italiani, tra cui il Corriere della Sera e l’Espresso. A seguito della morte del padre, ha preso le Fava è stata una delle vittime della mafia. Per questi ragazzi il giornale è tutto, il lavoro che avevano tanto atteso e cercato.Fino a quel momento i ragazzi avevano “vissuto un sogno”, poiché, terminati gli studi, erano riusciti a trovare quel lavoro che tanto desideravano, dal loro punto di vista addirittura irreale, fino a quando, in una notte, tutto questo finisce a causa di quel “MOSTRO” ancora oggi presente: la mafia. Tutto questo è raccontato in “Prima che la notte”, un libro, una testimonianza, un flusso di pensieri e sentimenti, un diario alternato in cui Claudio e Michele redini de I Siciliani, rivista impegnata nel diffondere la cultura della legalità e dell'impegno antimafioso. Michele Gambino lavorò per il quotidiano di Catania “Il Giornale del Sud” nel periodo in cui il direttore era Giuseppe Fava, scrittore e giornalista. L’argomento di questo incontro, tenutosi dagli autori del libro e Jacopo Iacoboni, era diritto e giustizia; all’interno della storia, attraverso racconti e aneddoti a tratti divertenti, si è parlato di quatraccontano capitolo per capitolo la loro storia. Durante la conferenza, Claudio Fava spiega:“Il libro non vuole essere il racconto della vita di mio padre, ma tutto ciò che è stato il suo giornale, con i suoi ragazzi, compagni di avventure e disavventure, attraverso le loro esperienze; la notte è usata come metafora, ma di certo non di una sconfitta”. Sottolinea inoltre che, leggendo il libro con occhio politico, si comprende che Giuseppe Fava non voleva fare una battaglia di ideologia; il libro cerca infatti cerca di essere il più fedele possibile alla realtà. Gli autori hanno ripercorso così quei giorni, primo tra tutti quello della nascita vera e propria della rivista:“La mattina in cui il notaio firmò tutte le carte, c’è chi mise il ve- tro ragazzi che in una sola notte si ritrovarono adulti, invecchiati con lo sguardo ferito e l’innocenza smarrita. Claudio, Antonio, Riccardo e Michele, poco più di vent’anni, fanno parte della redazione “Giornale del Sud”, il cui direttore e reporter Giuseppe Fava viene presto licenziato. Erano tempi duri a Catania, intorno agli anni Ottanta, dove morivano almeno due o tre persone al giorno per mafia. Anche Giuseppe stito più bello, chi si presentò un’ora prima all’appuntamento, come Riccardo, era un momento solenne, perché non si tratta di sigilli su semplici carte, QUEL GIORNO IL SIGILLO VENNE POSTO SUI NOSTRI SPIRITI” P a g in a 2 0 Joe Berti Speciale salone del libro “Quinta lezione di Primo Levi” Il 9 Maggio 2014 un gruppo della classe IV D ha preso parte alla “Quinta lezione di Primo Levi”, una conferenza tenutasi al Salone del Libro di Torino da Domenico Scarpa, Anna Bravo e Fabio Levi. Inizialmente Fabio Levi, direttore del Centro Primo Levi che ogni anno promuove la lezione “Primo Levi” su un tema strettamente legato all’esperienza e agli interessi dello scrittore e il suo testo viene pubblicato da Einaudi. Ha presentato Domenico Scarpa, consulente del Centro Studi Primo Levi e Anna Bravo, storica e docente universitaria. Il titolo della quinta lezione “Raccontare per la storia”, è stato analizzato partendo dalla parola “raccontare”: ossia, secondo Anna Bravo, sapere esporre documenti attraverso una storia. Narrare, infatti, è il compito degli storici che non dovrebbero solo occuparsi di esporre teorie. Nella narrazione ogni singola parola ha un valore, un peso, un significato.La scrittrice, descrivendo il significato della parola “per”, spiega che gli storici, per essere affidabili, devono diffondere informazioni oggettive, ma utilizzando i sentimenti che caratterizzano i fatti narrati. Il libro di Anna Bravo è diviso in tre parti: la prima, si chiama “Deportazione per motivi razzisti”, dove la parola “razzista” è stata scelta per colpire, poiché “Di solito viene usato un termine diverso, razziale, che è meno forte, è una parola quasi tranquilla, ormai acquisita. Non è violenta, non riesce a far saltare dalla sedia”. Qui, Anna Bravo sottolinea il fatto che Primo Levi non si sia mai definito come un eroe e partigiano, ma come reduce che descrive fedelmente la realtà e i suoi sentimenti.La seconda parte, detta “Zona grigia”, spiega i pensieri di Primo Levi dopo essere stato liberato e le riflessioni narrate da lui nel libro “I sommersi e i salvati”. Nell’ultimo capitolo del libro, Anna Bravo aggiunge uno stereotipo de- gli aguzzini che erano visti come uomini malvagi, ma che in realtà erano uguali fisicamente nonostante fossero stati educati male. Non erano persone malvagie e perfide, ma incapaci di comprendere i sentimenti altrui. A questo punto la scrittrice fa un paragone con il libro “La banalità del male” di Han- nah Arendt, dove l’uomo viene descritto come una macchina incapace di provare sentimenti e senza ragione, tanto che obbedisce solo agli ordini. Nella terza parte, dedicata alla violenza, la scrittrice spiega il significato della parola “storia”, vedendo gli storici come uomini che danno impulsi alle persone, teorie e nozioni. L’autrice afferma che Primo Levi è stato il primo a dire cosa succede quando ci si scontra con la morte violenta. P a g in a 2 1 Numero 8—maggio-giugno 2014 Speciale salone del libro Europa a 16 anni La conferenza “Europa a 16 anni” condotta da Andrea Bajani che intervistava Tiziano Scarpa, celebre romanziere e poeta italiano che nel 2009 vinse il premio strega con il suo romanzo “Stabat Mater”.Questa conferenza trattava di un progetto attuato da ragazzi sedicenni di Berlino e Torino che hanno cercato delle parole per descrivere l'Europa. Un rappresentante dei ragazzi, Allano Maritano ha posto delle domande allo scrittore per quanto riguarda la parola “sipario”. Come tutti sanno il sipario è un telo di stoffa pesante usato a teatro per coprire o scoprire il palcoscenico e si utilizza non solo all'inizio e alla fine dello spettacolo, ma anche per coprire eventuali problemi e complicazioni. Gli spettatori, che costituiscono invece la realtà che guarda il palcoscenico non vedono quello che succede quando il sipario è chiuso e fino a che questo non si apre la realtà rimane ignota..«L’Europa è prima di tutto la messa in scena di un desiderio, il tentativo di dare vita a un progetto comune. É come un teatro nella quale gli attori sono le persone che detengono ed esercitano il potere dietro le quinte e gli spettatori, che rappresentano la realtà ricevono solo informazioni filtrate dal sipario» -dice Scarpa. Il sipario ha circa 220 anni. Prima esisteva il teatro, cioè una platea a semicerchio con una scena davanti, di giorno, senza sipario; in seguito i tirare il pubblico verso un certo punto di vista. scena davanti ad una platea ordinata, ma spesso il pubblico viene coinvolto e “stuzzicato”, magari tirandogli delle secchiate d'acqua o offrendogli panini e bibite. Ci racconta infatti di una sua esperienza di 20 anni fa con il teatro del Lemming che ha organizzato una sceneggiatura che prevedeva uno spettatore alla volta la quale impersonificava un personaggio; in questo caso Edipo:«Mi hanno bendato, portato in un posto, mi hanno messo un coltello in mano e mi hanno fatto trapassare un qualcosa che assomigliava ad un corpo; poi mi sono addormentato e mi sono svegliato accanto ad una Perciò la situazione attuale assomiglia più a una falsa illusione di essere in un anfiteatro e di poter godere di tantissimi punti di vista. Allano Maritano ha poi chiesto al romanziere come si può fare per aumentare la trasparenza del sipario: fino a 20 anni fa la possibilità di avere un accesso alla parola pubblica era quella di scrivere una lettera al direttore di un giornale locale e sperare che la redazione la leggesse e la pubblicasse; invece oggi esistono altri strumenti come ad esempio il microfono o il megafono usati nelle manifestazioni in piazza per esprimere le varie idee e opinioni ed essere ascoltati grazie a quest'amplificazione dell'acustica che permette di attirare l'attenzione. È stato chiesto a Tiziano anche delle sue esperienze con il sipario e lui innanzitutto ha fatto notare che ormai il teatro è cambiato: non c'è più una Romani lo hanno raddoppiato e hanno inventato l'anfiteatro, il doppio teatro nella quale vi era la platea tutta intorno alla scena con un pubblico coinvolto a 360°.«Nel teatro greco si moriva per finta, anzi non si poteva mostrare la morte, ma si dava solo la notizia che qualcuno era stato ucciso, suicidato, sgozzato nei modi peggiori, invece nel teatro romano non si fingeva più: i gladiatori si scannavano davvero e il pubblico li poteva vedere da tutte le parti. Questo, in teoria è quello che dicono essere la nostra situazione in Europa» -dice Scarpa. Ma non è così poiché noi vediamo le cose attraverso uno schermo, e quindi c'è qualcuno che seleziona delle scene che hanno più importanza e le trasmette in modo da atdonna somigliante ad una dea greca che mi dava da mangiare dell'uva. È stata un esperienza particolare e innovativa che mi ha fatto immedesimare al massimo nel personaggio» -ci racconta Scarpa«È un nuovo modo di fare teatro che trovo molto interessante». Scarpa ha infine fatto una riflessione sul “sipario” presente su internet. Le persone possono decidere se mostrarsi o mantenere l'anonimato. Nel primo caso è possibile fare delle promesse come dare appuntamenti, mentre nel secondo invece non si possono creare delle vere relazioni basate su fondamenta concrete. Tuttavia il sipario può essere utile se considerato come tutela e forma di protezione. E così ha concluso le sue riflessioni. P a g in a 2 2 Numero 8—maggio-giugno 2014 Speciale salone del libro “Il racconto dell’Italia ferita?” di Rosetta Loy Il giorno 9 maggio abbiamo fatto un’uscita didattica al salone del libro per assistere ad alcune conferenze. La conferenza era sulla presentazione del libro “Gli anni fra cane e lupo, 1969-1994: il racconto dell’Italia ferita a morte” della Rosetta Loy. Rosetta Loy è una scrittrice italiana nata a Roma nel 1831, vincitrice di diversi premi per gli anni. Lo scopo della Rosetta Loy è quello di informare i giovani su questa parte di storia, dato che, come ritiene lei, è scandaloso che la scuola non tratti tutti questi argomenti. Per scrivere questo libro lei ha pensato ai suoi giovani nipoti. Un primo tentativo è stato quello di scrivere il libro con suo figlio nato negli anni Sessanta, però l’idea è nella vita conoscere, poi sapere e infine capire, poiché bisogna “conoscere il passato per non commettere nel futuro gli stessi errori”. il suo libro più famoso “Le strade di polvere” edito nel 1987. Come curatore c’era Paolo di Paolo, finalista del premio Strega. Il libro, come si può ben intuire, parla dei problemi dell’Italia in quei venticinque anni “oscuri”. Rosetta Loy ha impiegato due anni per la scrittura di questo libro e stranamente non sono accennate le Brigate Rosse, ma principalmente gli attentati dei neofascisti di Ordine Nuovo, come la strage di piazza Fontana o quella della stazione di Bologna e poi della mafia di que- stata subito abolita poiché avevano punti di vista troppo diversi. Dopo una prima parte in cui si racconta la trama se ne apre una seconda in cui il pubblico pone do- mande alla Rosetta Loy. In questa parte è venuto fuori che la scrittrice ha un senso di colpa per non aver raccontato prima questi avvenimenti. Per lei è fondamentale P a g in a 2 3 Joe Berti “Stringimi”…”non posso” Questo è senz’altro uno dei film più commoventi della storia del cinema. Uno dei capolavori (ma in realtà lo sono tutti) di Tim Burton. Signore e signori, ecco a voi… Edward mani di forbice. Edward è un ragazzo molto particolare: non è totalmente umano, è una creazione di un inventore che lo creò con delle forbici al posto delle mani, e che morì prima che potesse completarlo. Edward viene “adottato” dalla famiglia di una venditrice di cosmetici, Peggy. È curioso ma anche divertente la contrapposizione astutamente giocata tra il cupo e misterioso Ed e le coloratissime e stravaganti persone che vivono nel quartiere anni ’40, ’60 e ’80 (ultra colorato pure quello… qualcuno li fermi). Edward fa “carriera” dopo che viene scoperto il suo talento nel creare stravaganti acconciature a persone e animali, ma dopo una serie di… ehm… disgrazie che gli capitano (o meglio, che i vicini gli fanno capitare) e dopo aver graffiato involontariamente la ragazza che ama (che poi sarebbe la sua sorella adottiva), decide di tornare nel castello dove l’avevano trovato per non procurare ulteriori danni. Dopo aver fatto credere a tutti di essere morto, si ha un velocissimo flashforward nel quale vediamo Kim (la ex sorella adottiva di Edward) che racconta a sua nipote di non averlo mai più rivisto da quel giorno, perché vuole che lui la ricordi da giovane. Aggiunge inoltre che , dalla sua scomparsa, ogni Natale cade la neve nel vicinato, cosa che non avveniva mai prima. Infatti è Edward che fa nevicare scolpendo ogni inverno delle statue di ghiaccio, e viene mostrato scolpire appassionatamente vedendoci danzare la giovane Kim, nell'ultima, toccante, scena del film. Lo so, lo so, è un film del ’90, ma mi stupirei alquanto tanto se non piangeste o non sorrideste per qualche scena. Il nostro Johnny è riuscito ancora una volta a stupirci mettendo in bella mostra la sua straordinaria capacità di emozionarci tutti con un solo malinconico sguardo. Non per niente ha vinto un Premio BAFTA nel 1992 come miglior scenografia e un Saturn Award sempre nello stesso anno come miglior film fantasy. Paola Gullone P a g in a 2 4 Numero 8—maggio-giugno 2014 TITOLO BRANO INTERNO I PENSIERI DI OLIVER La fine è vicina… una settimana e tre materie sotto… non ce la posso fare… e invece sì! … no, non ce la farò mai… Oliver basta!! Ce la farai, romperai le scatole finché non ti metteranno quei tanto agognati 6 in pagella!!!! Fallo per Manu, fallo per non dover lavorare con papà a luglio al posto di andare al mare con la tua ragazza!!!! Pensa a tutte le cose buone che hai fatto quest’anno e dacci dentro!! Questo è senza dubbio il periodo più stressante dell’anno… Armati di calcolatrice dalle 8.15 di mattina alle 14.00 a fare, rifare e controllare le medie. E se i conti non tornano… disastro!! E se la media non è 6… catastrofe!!! E se la prof ti fa: ”Guarda, Pari… io se dovessi essere sicura della tua preparazione di porterei a settembre.” …e no eh!!! Niente scherzi!! Lo sa che mi fanno i miei se torno a casa con la media del 5.7 e mi rimandano? Lo sa? Mi strozzano, mi squartano e nascondono quel che resta di me sotto le assi del parquet. E ne sarebbero capaci!! … beh no forse ho esagerato un po’ ma comunque ci siamo capiti!! Lapregolascongiurodeveesse rciunmodo!!!! Correggerò le verifiche al posto suo, le guarderò i nipotini (perché lei è già nonna vero?), farò qualunque cosa ma non mi rimandi!!!! Poi, non vorrei dire, ma a volte noi studenti sappiamo essere mooolto convincenti… ognuno ha i suoi assi nella manica! C’è chi non ha problemi e prende 8 a manetta. C’è chi ha preso un bel 9 nel trimestre e lo sbatte in faccia alla prof per far vedere che comunque si è impegnato. C’è chi si fa interrogare tutti i giorni per una settimana aggiungendo mezzi voti su mezzi voti per recuperare. C’è chi non ha studiato una beata mazza per tutto il pentamestre e si accor- ge solo ora che manca una settimana. Questi ultimi individui (non guardo nessuno) cominciano una routine che più o meno può corrispondere a questa: sveglia alle cinque del mattino, guai a te se ti metti le ciabbbatte se no fai un casino della miseria, prendi il libro, cucina, apri finestra così entra un po’ di gelo che ti sveglia per bene, apri il li- bro, guardi formule, bestemmi un po’, camera dei tuoi, svegli papà, bestemmie contro chi l’ha svegliato, ti segue in cucina, ti fa fare esercizi fino alle 7.15, all’improvviso una luce accecante entra dalla finestra ancora aperta… è l’alba!! chiudi libro, ricacci papà a letto, si sveglia mamma per la colazione, vai a scuola, ripassino generale, pranzo tassativamente a casa, alle 15.00 sei di nuovo lì a cercare di capirci qualcosa, pomeriggio tassativamente a casa, alle 19.30 sei ancora lì a cercare di capirci qualcosa, cena tassativamente a casa, alle 22.00 sei ancora a casa (niente Cacao, mannaggiabboia) a cercare di capirci qualcosa, papà cerca ancora di aiutarti ma alle 23.00 crolla e va a letto, tu rimani solo in cucina a cercare di capirci qual- cosa… e alle 2.00 del mattino decidi che ne hai abbastanza. Vai a dormire anche tu. Sveglia tre ore dopo. Ricomincia tutto daccapo. Con la differenza che questa volta ti sei addormentato sul libro quindi non devi fare nemmeno la fatica di ripetere i passaggi 3, 4, 5, 6. Lo sa che mi fanno i miei se torno a casa con la media del 5.7 e mi rimandano?
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