Anno 9 - Numero 8 # Maggio-Giugno

TITOLO BRANO PRINCIPALE
BUONE VACANZE A TUTTI!!
SOMMARIO:
Gli indifferenti
2
Nelle mani di un camorrista
4
Pappagalli ammaestrati
6
INVALSI: le ragioni
del non boicottaggio
7
Giovani parlamentari
crescono
8
La pubblicità e i suoi
linguaggi
9
E adesso tocca a noi
10
Progetti in fieri
11
Il saluto della III A
12
Intervista alla Band
14
Speciale Salone del
libeo
16
“Stringimi” “non posso”
23
I pensieri di Oliver
24
LA NOSTRA REDAZIONELA NOSTRA
REDAZIONELA
Lorenzo Bazzano
Cecilia Parigi
Marcichiara Bo
Paola Gullone
Enza Brunero
Letizia Grillone
Eugenio Magni
Matteo MAspoli
Filippo Ascolani
Tommaso Natta
Marta Ancona
Elena Giavara
Speciale salone del libro
A cura della IV D
Pagina 2
Numero 8—maggio-giugno 2014
Gli indifferenti
“Ho rapito le vostre
ragazze e le venderò
al mercato, come
vuole Allah”. A parlare è Abukabar Shekau, leader di un
gruppo islamista nigeriano, che rivendica in un video di ben
57 minuti il rapimento di 276 studentesse dal dormitorio della loro scuola a Chibok, un istituto femminile nel nord del
Paese, avvenuto nella notaddirittura
ordinato
Ho rapito le vostre l’arresto di
ragazze e le venderò due donne
che si erano
al mercato, come date da fare
per attirare
vuole Allah”.
l’attenzione
sulla vicenda.
Effettivamente due testimonianze di
che stava accadendo.
Dove sono i movimenti
femministi, sempre se
esistono ancora, in tutto
questo? L’ultima manifestazione femminista risale al “Se non ora,
quando?”; ci si indigna
solo per le cose che capitano sotto il nostro naso? Come mai la sinistra, sempre che esista
ancora, non ha messo
te tra il 14 e il 15 aprile
scorso. Cinquantatre
ragazze sono riuscite a
fuggire, mentre le altre
223 restano nelle mani
dei ribelli, dei taleban
africani. Shekau, nel
video, dichiara anche di
voler farla finita con
“l’abominio” occidentale
dell’istruzione delle donne. Secondo fonti non
confermate alcune ragazze, peraltro tutte dai
12 ai 17 anni, sarebbero già state vendute per
poche decine di dollari
al mercato delle mogli, al
confine tra Ciad, Nigeria
e Camerun.
In Nigeria si ripetono manifestazioni per chiedere
al governo di intervenire
in modo efficace sulla
situazione. Macchè. La
storia delle povere ragazze si fa ancora più allucinante, e la gestione da
parte del presidente nigeriano Goodluck Jonathan
e della first lady la rende
ancora più paradossale:
secondo l’Associated
Press i due avrebbero
ragazze arrestate ci sono:
sono Naomi Mutah Nyadar, che è ancora in stato
di custodia, e Saratu Angus Ndirpaya, originaria
proprio del Chibok, liberata da poco.
Dopo l’indifferenza iniziale, il presidente nigeriano
ha rivolto appelli internazionali a Stati Uniti, Regno
Unito, Francia e Cina per-
ché aiutino le autorità a
ritrovare le ragazze rapite. Su Change.org è stata
lanciata la petizione per
porre l’interesse sul caso
e contribuire, anche se
solo simbolicamente.
E l’Italia? Non pervenuta.
Chiusi come siamo in un
ermetico guscio di indifferenza non ci siamo forse
neanche accorti di quello
l’accento su quanto stava
accadendo, non ha minimamente considerato una
situazione che vede la negazione dei valori che porta avanti? Al concerto del
primo maggio, momento di
grande visibilità per la sinistra, era davvero più importante far ripetere due
frasette scritte a Piero Pelù o far delirare per un’ora
Clementino? Dov’è il PD in
tutto questo? Ah no… è
vero.
Ma è troppo facile prendersela con chi sta in
alto, quando i primi indifferenti siamo proprio
noi che stiamo più in
basso. Una scuola come
la nostra, storicamente
di sinistra, credo non
farebbe un torto a nessuno prendendo a cuore
la questione e facendo
Joe Berti
un po’ di sana, razionale, campagna culturale. Ma forse siamo anche noi degli
attivisti da salotto,
bravi a parlare, molto meno bravi a realizzare. Forse anche
il movimento studentesco non c’è più e
dobbiamo prenderne
coscienza con umiltà
(non senza un certo
rammarico da parte
Pagina 3
mia).
Intanto, comunque sia,
alcune povere ragazze
andranno incontro al
loro inesorabile destino:
essere vendute come
mogli, anche se sarebbe più corretto dire prostitute domestiche. Lo
vuole Allah.
Lorenzo Bazzano
La posizione del
presidente Obama
è stata chiara:
Guantanamo va
chiusa.
P a g in a 4
Numero 8—maggio-giugno 2014
NELLE MANI DI UN CAMORRISTA
Sabato scorso era un
appuntamento importante per molti
italiani. Tutta Firenze
e tutta Napoli erano
attaccate davanti
alla televisione per
assistere alla finale
di Coppa Italia. Certo, non era una partita come tutte le altre, ma nessuno si
aspettava che si sarebbe trasformata in
dell’Olimpic
zioni sono
Per tutti i presunti stabili. Si
sparge anresponsabili
che la falsa
scatta il Daspo. voce di un
bambino
morto. Per
questo motivo, i tifosi
del Napoli
una tragedia: tutto comincia con alcuni scontri tra tifosi fuori dall’ Olimpico prima dell’inizio
della partita. Vengono
registrati 10 feriti, tra cui
5 appartenenti alle Forze
dell’Ordine e 2 steward
che avevano tentato di
fermare le due tifoserie
opposte. In manette finisce l’ultras giallorosso
Daniele de Santis, accusato, secondo la ricostru-
o sono già pieni, ma prevorrebbero interrompere
la partita in segno di rispetto e inizia un tira e
molla nel quale giunge
l’approvazione del Prefetto Pecoraro. Ma si fa
avanti il capo dei Mastiffs, uno dei più noti
gruppi ultras del Napoli,
le braccia ricoperte di
zione, di aver provocato i tifosi napoletani
con dei fumogeni e, in
seguito alla reazione di
questi, di aver esploso
dei colpi d’arma da
fuoco. Insieme a questo si verificano alcune
denunce e un altro arresto. Per tutti i presunti responsabili scatta il
Daspo. Tuttavia, il gip
di Roma ha affermato:
“Ha sparato solo de
Santis”. Ma c’è di più:
alle 20.30 gli spalti
sto si sparge la voce di
un tifoso rimasto vittima negli scontri e arrivato in ospedale morto
il cui nome è Ciro Esposito. In realtà è una notizia falsa perché, sebbene le sue condizioni
fossero gravi, Ciro è
vivo e ora le sue conditatuaggi, la maglietta
nera
che
recita
“Speziale libero”, in
riferimento all’ultras
del Catania arrestato
per
l’omicidio
dell’ispettore di polizia
Filippo Raciti del 2007,
che dopo un lungo colloquio con il capitano
del Napoli Marek Ham-
P a g in a 5
Joe Berti
sik, dà l’ok al fischio d’inizio. Si
tratta di Gennaro
De
Tommaso,
altrimenti conosciuto
come
Genny ‘a carogna, figlio di un
importante affiliato al clan camorristico
dei
Misso.
Mentre
Hamsik e Genny
‘a carogna discutono, volano petardi e fumogeni
e un vigile dl fuoco
viene colpito. I telecronisti affermano:
“Dovevamo commentare una partita di
calcio, nonostante gli
appelli di papa Francesco, i segnali di amicizia tra i due allenatori e anche tra i
due presidenti, eccoci
qui a commentare
una notizia di cronaca con tre feriti, uno
gravissimo e un capitano che è rimasto a
bordo campo per tanto tempo e adesso va
a parlare con i tifosi
che hanno ritirato le
bandiere” e ancora:
“Quello che doveva
essere uno sport si
sta davvero trasformando in una macchia di vergogna” A
questo punto la parti-
ta comincia con 45’
di ritardo ma molti
sono sdegnati: non
c’è nessun coro,
all’inno partono i fischi, e a fine partita,
dopo la vittoria del
Napoli, moltissimi tifosi azzurri invadono
l’Olimpico
o
s’avvicinano alla curva per schernire con
gesti volgari i tifosi
viola. La notizia non
tarda a fare il giro del
mondo: “Il calcio italiano di nuovo ostaggio dei tifosi più violenti dentro e fuori lo
stadio Olimpico" commenta El Pais,“Follia.
Spari alla Finale di
Coppa Italia” dice il
quotidiano tedesco
Bild, France Football,
invec e:
“Napoli,
dramma e festa”. I-
noltre, il questore di
Roma Massimo Mazza ha affermato:
“Nessuna trattativa
con gli ultrà del Napoli”. Innumerevoli poi
sono i commenti sdegnati su Facebook,
Twitter e altri social
network. Ora, per
Genny ‘a carogna sono scattati un Daspo
di 5 anni e una denuncia per istigazione
a delinquere e le indagini non sono ancora finite. In ogni
caso, solo una parola
può descrivere tutto
ciò: Vergogna.
Cecilia Parigi
“Dovevamo
commentare una
partita di calcio…”
P a g in a 6
Numero 8—maggio-giugno 2014
PAPPAGALLI AMMAESTRATI
Non c’è maggio senza le prove
Invalsi. Purtroppo. E non lo dico soltanto io insieme a molti
miei compagni (inteso come
compagni di scuola, anche se
per alcuni anche nell’altro senso).
Le prove Invalsi sono una mostruosità, una cosa senza alcun senso, che può servire se
mai a premiare chi è dotato di
un po’ di memoria più degli
altri, non chi ha spirito critico.
Poiché la scuola dovrebbe far
nascere lo spirito critico, la miglior cosa sarebbe eliminare
l’Invalsi e restituire i suoi test a
chi li ha inventati. Sono le parole rilasciate un anno fa in
un’intervista dal professor Luciano Canfora, grande filologo
classico, storico e saggista,
oltre che una persona splendida. Prosegue Canfora: “Non
c’è solo questo. Il vero problema è il tentativo di trasformare i cittadini in sudditi, facendo ciò che è tipico di tutti i sistemi autoritari. Se io tolgo
allo studente che si sta formando in anni decisivi della
sua vita l’abito alla critica, alla
capacità di comprendere e di
studiare storicamente, di di-
stinguere, lo trasformo in
un pappagallo parlante
dotato di memoria e nulla più”. Ed io, caro professor Canfora, di pappagalli ammaestrati a ripetere la lenzioncina che
hanno letto sul libro senza sapere che cosa stanno dicendo, senza lo stimolo di approfondire, di
comprendere, di confrontare, di interiorizzare, ne
vedo, ne ho visti e temo
ne vedrò tanti. Il problema di fondo di questa
faccenda è forse che la
scuola italiana si sta adattando a questo tipo di metodo,
professori in primis, un metodo fatto di mera memoria e
quizzologia. Rimanendo sul
piano ideologico, anche i matematici
esprimono
dubbi
sulle
prove
Invalsi.
E’ il ca-
so di Giorgio Israel, che si è
schierato con forza contro le
prove, che a suo dire hanno il
torto di non mostrare il processo logico-matematico, cioè il
ragionamento seguito per
giungere alla conclusione. Al risultato si può arrivare in modi diversi, ma
questo le prove Invalsi
non lo mostrano.
Importare l’impostazione
didattica anglosassone
fondata sul “teaching to
the test”, metodo quantomeno discutibile, in un
momento in cui nel mondo anglosassone si sta
rivalutando mi sembra
francamente
assurdo.
A molti,
me
compreso, è
risultato
inoltre fastidioso
l’insopportabile questionario
somministrato alla fine della
prova.
Spostandoci su un piano più
pratico bisogna considerare i
costi non indifferenti che questi test comportano. Si hanno
indicazioni solo indicative, non ufficiali, fra loro
non concordi: si va dai 911 milioni fino ai 14 milioni di euro. Inutile sottolineare che in momenti
come questi, dove i soffitti ci cadono in testa e i
riscaldamenti vengono
accesi solo quando prettamente necessario, una
questione di priorità sarebbe scontata e sareb-
P a g in a 7
Joe Berti
be lecito aspettarsi finanziamenti rivolti in altre
direzioni. Il fatto che probabilmente l’esito delle
prove Invalsi inciderà sulla portata dei finanziamenti da destinarsi ai
singoli istituti è semplicemente inaccettabile, ennesimo tentativo inutile
di realizzare un po’ di
meritocrazia.
L’anno scorso la nostra
scuola si è unita
all’iniziativa del boicottaggio, tanto contestata e realizzata solo in parte. Le voci
di corridoio sulle prove Invalsi sono molte, e soprattutto false. E’ falso che le
prove possano costituire
oggetto di valutazione, anzi
è addirittura illegale. E’ falso che siano obbligatorie.
E’ ovvio che io sono contrario alle prove Invalsi, ma il
mio non è un invito a boicottare, ma solo un incitamento a seguire ciò in cui
si crede, sperando che
non si verifichi di nuovo
che alcuni studenti contrari alle Invalsi non boicottino perché intimiditi dalle
conseguenze, come è successo l’anno scorso.
Lorenzo bazzano
INVALSI : LE RAGIONI DEL
NON BOICOTTAGGIO
Il 13/05/2014 si sono
svolte in tutta Italia le prove Invalsi, che sono test,
somministrati agli studenti in determinati momenti
del percorso d'istruzione,
uguali in tutto il territorio
nazionale. Lo scopo è valutare le competenze raggiunte dagli studenti nel
sistema scolastico italiano. Queste prove sono al
centro di molte polemiche
e molti studenti hanno
deciso di boicottarle non
partecipandovi, oppure in
altri modi, come compilando i test con la matita o
penne cancellabili. Nonostante le numerose perplessità che questi test suscitano, vi sono alcuni punti di
forza che li rendono comunque necessari nel nostro
Paese. In Italia ogni scuola
propone un Piano dell'Offerta Formativa specifico e differenziato dagli altri istituti,
ed è indispensabile che gli
apprendimenti e le competenze di base -come l'italiano e la matematica- siano
valutati oggettivamente,
per verificarne il raggiungimento. Ciò non è solo utile
agli insegnanti per valutare se il loro sistema di insegnamento è efficace,
ma anche agli studenti
perché sono resi più consapevoli degli obiettivi raggiunti e delle competenze
ancora da raggiungere.
Per utilizzare meglio i risultati delle Invalsi, queste
prove sono accompagnate
dal questionario studenti,
che non è volto a violare la
privacy delle famiglie, ma
ad avere delle informazio-
ni utili a comparare in modo ponderato tra loro
scuole con diversi tipi di
utenza. Inoltre, visto il
grande dispendio economico impiegato nella realizzazione di questi test, è
controproducente sprecare questa occasione di
confronto non tenendo
conto degli aspetti positivi
che presenta. L'istituzione
della valutazione Invalsi è,
innanzitutto, un modo per
misurare la qualità del servizio che ogni scuola offre
agli studenti. Si tratta quindi di un'attività necessaria
per correggere eventuali
carenze in determinati istituti scolastici. Va aggiunto
che il sistema delle prove
Invalsi è molto recente: solo
da pochi anni, infatti, viene
applicato su tutte le scuole di
ogni ordine e grado. È vero
che non sempre i quesiti posti
sono formulati in modo chiaro, ma, anche se essi possono essere migliorati, ciò non
toglie che il principio delle
prove Invalsi sia comunque
valido.
Marta Ancona
P a g in a 8
Numero 8—maggio-giugno 2014
GIOVANI PARLAMENTARI CRESCONO
Sedere e votare proposte di legge
a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio Regionale del Piemonte,
non ha prezzo.; specialmente se
non sei un parlamentare o, meglio, se non sei un Parlamentare
“ufficialmente riconosciuto”.
Dal 2 al 4 aprile Torino ha ospitato il Parlamento degli Studenti,
nell’ambito del progetto internazionale European Student
Parliamen
(sviluppato
da
Wissenschaft im Dia-
log) a cui hanno partecipato
100 studenti degli ultimi tre
anni della scuola secondaria,
provenienti da 19 istituti superiori di Torino e provincia.
Nell’arco di 3 intense giornate
di “lavoro” (le Commissioni si
sono riunite ogni giorno dalle 9
alle 19) gli studenti hanno avuto la possibilità di conoscere e
partecipazione
civile,
smart
city,
demografia e
orti
urbani.
Grazie al confronto con assessori
e alla guida dei tutor, i giovani
parlamentari sono giunti a formulare delle proposte per disegnare
il futuro della città che vorrebbero. Tra queste vi sono:
l’avviamento di un servizio di trip
sharing (condivisione di percorso)
per individuare soluzioni alternative di mobilità economicamente e ecologicamente sostenibili; il ri-orientamento della
spesa pubblica a favore della
manutenzione di strutture e
infrastrutture statali;
l’organizzazione di un TOgether
sull’attualità politica. Ogni risoluzione presentata dalle Commissioni è stata votata e talvolta
emendata dai giovani parlamentari che al termine delle 3 giornate hanno redatto un documento
completo contenente tutte le
proposte approvate. Gli studenti
si sono dimostrati all’altezza
dell’incarico assegnatogli non
solo avanzando proposte concrete e attuabili in un futuro più che
prossimo, grazie ai fondi europei, ma anche portando “una
sana ventata di giovinezza”
nella sede del Consiglio regionale, come affermato dal Professor Castellani, ex sindaco di
Torino. Questo esperimento
torinese di collaborazione tra
giovani inesperti e politici di
lungo corso è stato proficuo ed
efficace e ha sancito la prima
di (si spera) una lunga serie di
sperimentare i processi
decisionali della politica
attraverso la simulazione
di un vero e proprio Parlamento.
I
giovani
“parlamentari” hanno discusso del futuro della
città di Torino e della cintura urbana concentrandosi su 5 temi specifici, divisi
in altrett a n t e
commissioni:
mobilità,
forme di
festival
per sen-
sibilizzare i cittadini alla
multiculturalità torinese e,
infine, l’istituzione nelle
scuole superiori di un modulo di lezioni di educazione alla cittadinanza, affiancato da spiegazioni
teoriche e dibattiti
intese tra vecchia e nuova
classe politica, lasciando il
gius to
s paz io
all’intraprendenza e alla
determinazione giovanile
guidata dall’ esperienza
degli “addetti ai lavori”. Le
fondamenta per la “Torino
del domani” sono state
gettate con successo.
Mariachiara Bo
P a g in a 9
Joe Berti
LA PUBBLICITÀ E I SUOI LINGUAGGI
Il giorno 10 marzo la nostra classe, 4D, si è recata all’istituto Avogadro
per un incontro con Alexi
Naim e Alessandra Fasana, copywriter. Ci hanno
spiegato cos’è la pubblicità per renderci consumatori consapevoli. La
sua funzione è quella di
tista che consiglia un dentifricio, il consumatore tipo e il “2 in 1” che è un
misto tra il consumatore e
l’esperto. Però ci sono dei
rischi: il primo è che il testimonial sia più considerato del prodotto ed è detto “effetto vampiro”, oppure quello di sovraesposizione, ovvero che il testimonial confonda i consumatori perché presente in
troppi spot contemporaneamente, per esempio la
campionessa olimpionica
Federica Pellegrini per i
Pavesini e l’Enel. Durante
la conferenza abbiamo
informare dell’esistenza del
prodotto e di creare un impulso a comprarlo. Ma per
questo bisogna considerare
le esigenze del target, cioè
a chi è rivolto l’articolo, attraverso un’indagine di
mercato. Un prodotto per
posizionarsi nel mercato
deve avere un nome origivisto alcuni dei più riusciti
spot pubblicitari, ad esempio gli sketch della Lavazza
in paradiso, che sono gli
stessi da vent’anni perché
hanno successo. Alla
fine
dell’incontro
abbiamo parlato con il
signor Naim
del suo lavoro; ci ha raccontato che
non è necessario avere
particolari
abilità, ma si
nale che abbia sonorità e lo
rappresenti al meglio, personalità e un settore di riferimento. Il messaggio pubblicitario, oltre ad un linguaggio
persuasivo, si avvale di testimonial di vari tipi: il personaggio celebre, come George Clooney per la Nespresso,
l’esperto, ad esempio un denimpara lavorando. È stato
molto interessante perché
abbiamo capito i meccanismi
della pubblicità.
Letizia Grillone ed Eugenio
Magni.
P a g in a 1 0
Numero 8—maggio-giugno 2014
E ADESSO TOCCA A NOI!!
Come detto nel precedente
articolo,abbiamo partecipato a un laboratorio pubblicitario e dopo questa esperienza abbiamo dovuto elaborare una nostra pubblicità.
Dopo la divisione in 4 gruppi ci sono stati assegnati 2
prodotti da pubblicizzare a
dei ragazzi di 4/5 ginnasio:
un frullato e un telefono (la
cui dote principale era quella di chiamare e ricevere
chiamate).
In primis abbiamo studiato
il target a qui doveva essesta ad ogni sorso”.Ma questo nostro breve articolo
non presenta a dovere i nostri spot ed è per questo
che abbiamo deciso di caricare i video su Youtube.
re venduto il prodotto attraverso dei questionari, per
rendere lo spot adatto a dei
giovani. Le domande erano
molto scontate (come ci è
stato segnalato da alcune
risposte), poiché riguardavano musica, hobby e alimentazione.
Dopo solo 2 ore dalla consegna dei suddetti alla professoressa ci sono stati restituiti carichi delle risposte
tanto attese che abbiamo
catalogato e analizzato con
non poche risate grazie ai
commenti aggiuntivi “non
previsti”. Successivamente all'analisi delle risposte ci siamo resi conto
dei gusti dei nostri acquirenti.
Tutti i gruppi hanno scelto il video (elemento che
ha reso tutto molto più
comico) grazie al fatto
che era il metodo più diretto e conosciuto dai
giovani. Dalle nostre
menti uscirono così 4
prodotti : da FeliX, “il dio
della tecnologia” ad IFuit,il frullato e da Voice
a Party Dream, “ una fe-
Ecco i video:
Frullato iFruit: https://www.youtube.com/watch?v=lfj-4u45XP0
Frullato
Party
Dream:
https://www.youtube.com/watch?
v=6gKHjuJJs7Q
Cellulare Voice: https://www.youtube.com/watch?v=-AP_OkLjwMs
Cellulare Felix: http://youtu.be/7UynYinmDnw
P a g in a 1 1
Joe Berti
PROGETTO ARTE
Undici e mezza di sera.
Caffè nero. Tre sedie.
Occhi gonfi. Una sola
luce, quella del computer. Stanchi. Sull'orlo di
una crisi di nervi. Non
sappiamo se sperare
che un blackout improvviso cancelli il nostro
lavoro costringendoci
ad andare a dormire, se
fingere un mancamento
e andare tutti e tre a
dormire, se rovesciare il
caffè sul pc e andare a
dormire, se fare una
seduta spiritica ed invo-
care qualche Einstein
che lavori al posto
nostro e andare a
dormire.
Un'unica costante:
ANDARE A DORMIRE.
Credo l'abbiate intuito.
La quinta non è una
passeggiata, io ve lo
dico, cari ragazzi che
vedete la vita ancora
a colori e non in biancoe-nero-più-nero-chebianco. Eppure, a quei
pazzi della quinta effe
le occhiaie piacciono così
tanto che hanno deciso di
stare alzati fino all'una per
finire il progetto di arte.
Avete presente il modo
di dire “È stata un'odissea”? Ecco, ora ripassate per l'ennesima volta
le mille peripezie del
caro Ulisse e moltiplicatele per dieci, ALMENO
PER DIECI.
È vero, noi non abbiamo
avuto Ciclopi, tempeste,
Proci e quant'altro, ma
un Mac poco collaborativo, chiavette USB con
spazio insufficiente,
immagini sgranate e
video traballanti da
mettere a posto e, secondo voi, quando ci
siamo resi conto che il
Mac non aveva intenzione di salvare il progetto di I-Movie in un
formato leggibile da
qualsiasi computer di
questo universo? Ovviamente proprio il giorno
della consegna del lavoro,
quando la Professoressa De
Feo ci aspettava fuori dalla
classe con tre, e dico TRE,
copie in mano pronte da dare,
rispettivamente, alla Consulta, alla Preside, alla Coordinatrice.
Nel panico generale, tra urla,
insulti vicendevoli, sguardi di
fuoco, maledizioni per l'intera
comunità Apple, alla fine CE
L'ABBIAMO FATTA. Abbiamo
consegnato il progetto
con un giorno di ritardo,
ma ce l'abbiamo fatta.
imprecazioni fantasiose
e stanchezza infinita.
Provateci, sarà un'esperienza indimenticabile,
ve lo assicuro.
bene se chiederci “Come è
andato il progetto di arte? Avete vinto?” perché potreste
ricevere un sorriso oppure un
“Fatti gli affari tuoi, ficcanaso.”
E se mai vi dovesse capitare di vedere il video
- se vi va, cercatelo sul
sito www.liceogioberti.it
- per un solo istante
provate ad immedesimarvi in noi.
In quella notte di crisi
isteriche e occhi gonfi e
A fine Maggio avremo i
risultati, il fatidico
“Elenco dei Vincitoricon-la-V-maiuscola”, e
se ci incontrerete per i
corridoi o in coda alle
macchinette, valutate
Per tutto il resto, lunga vita
all'anno della maturità, hic et
nunc.
Enza Brunero
P a g in a 1 2
Numero 8—maggio-giugno 2014
UN AULA DI CLASSE
IL SALUTO DELLA III A
Il presidente
della Repubblica non sarebbe tale senza il Quirinale, il
presidente degli Stati Uniti
come se ne vedono in tutto
il mondo, che ha visto pascartina geologica sono gli
elementi più banali. Qual è
la cosa più sorprendente?
La figurina di Totti e quella
di Onazi, attaccate alle ante
dell'armadio? Il calendario
cinese in bacheca? I due
enormi chupa-chupa gonfiabili? O forse il crocifisso
multicolore e il Buddha a
luci psichedeliche?
Tutti questi oggetti hanno
senza la Casa Bianca, il
Papa senza il Vaticano:
ebbene, neppure la III
sare centinaia e centinaia di studenti. Tuttaviuna sua storia e, anche
se lasceranno spazio ad
altri ricordi, rimarranno
sempre a testimonianza
di alcuni episodi particolari: per esempio il foglio
in bacheca con su scritto “Wanted: il turco" o
l'enorme sciarpa del Cuneo rimarranno delle
reliquie per noi e pochi
altrimentre sembrereb-
A senza la sua aula.
A prima vista non sembrerebbe nulla di particolare, una camera
anonima, con un anonimo colore alle
pareti e altrettanto
anonime finestre; un
armadio grigio vicino
alla lavagna, un attaccapanni, una serie di banchi e una
cattedra completano
il tutto, una stanza
a, se qualcuno guardasse con più attenzione, noterebbe qua
e là qualcosa di strano, dei particolari
sorprendenti, che
testimoniano, oltre
quelle sedie silenziose, la presenza tumultuosa della vita:
un poster verde sulla
parete di sinistra e una
bero inutili cianfrusaglie
ai profani. Piano piano,
viaggio dopo viaggio,
gita dopo gita, lezione
dopo lezione, quella
classe è diventata profondamente nostra, non
solo per le continue aggiunte, e ha preso la nostra forma.
P a g in a 1 3
Joe Berti
Anche i banchi, silenti protagonisti delle ore passate
seduti, ormai è come se ci
appartenessero, come se
fossero vecchi amici che
troviamo sempre allo stesso posto: chi non ha mai
provato il piacere conturbante di trovare una collezione di cicche usate, conservate come oggetti sacri? Chi non ha mai dedicato attenzione ai "tvb,
tvttb, love u, Gina the
best, Pino ama Kikka" incisi sul legno?
Poi c'è lei, croce e delizia,
odio e amore, la dolceamara invincibile belva che
domina dall'alto studenti
e insegnanti, costoso so-
prammobile per alcuni,
grande risorsa educativa
per altri, lei che ha sconfitto l'ardesia e ha gettato
il gesso nell'ombra, la LAVAGNA INTERATTIVA MULTIMEDIALE, che negli ultimi tre anni ha monopolizzato l'attenzione dei docenti, dando origine a lezioni molto interessanti
(talvolta) o a crisi isteriche causate dall'ennesimo messaggio di fallita
connessione (più spesso).
Creato come mezzo per
ampliare le modalità di
insegnamento, è diventata un mezzo per i ragazzi
per esprimere la loro creatività con sfondi e layout
sempre persone sedute ai
banchi, ragazzi come noi
che decoreranno la pro-
pria aula e avranno il piacere di essere protetti da
un crocifisso rockettaro.
sempre più audaci: noi siamo
passati da banali foto di classe a Pro Evolution Bocce, da
Homer Simpson allo stemma
della Sambenedettese, passando per il dado Knor e i
Griffin. La menzione d'onore
va, però, a Pietro Pomponazzi,
che con il suo naso prominente ha occupato la lavagna per
vari mesi, concedendo sguardi di conforto e compassione
agli interrogati.
Questo è quello che vorremmo ricordare: la scuola diventerà sempre più tecnologica,
ci saranno tablet al posto dei
libri, tastiere al posto delle
penne, sofisticati Power point
al posto dei confusi appunti
sulla lavagna, ma ci saranno
P a g in a 1 4
Numero 8—maggio-giugno 2014
INTERVISTA ALLA BAND “EUGENIO IN VIA
DI GIOIA”
In occasione della preparazione del tour che si
svolgerà in dodici tappe
per l'Italia, a partire dal 21
giugno, siamo riusciti a
ottenere un'intervista con
la giovane band emergente “Eugenio In Via Di Gioia”.
Questi ragazzi, dalle sole
strade di Torino sono arrivati a vincere il “Premio
Buscaglione 2014”, ed
ecco perché ci sembra più
che meritevole presentarli
al nostro liceo.
La band è composta da
quattro musicisti:
Eugenio ha 22 anni e
suona la chitarra dal
quarto anno di liceo.
Anche Emanuele ha
22 anni, ma ha iniziato a suonare il pianoforte da molto giovane e la fisarmonica da
circa due anni.
Paolo, 23 anni, dopo
essersi dilettato nel
suonare la batteria,
ha trovato la sua vocazione nel cajón,
strumento peruviano
a percussione.
formata solo da loro tre e
si chiamarono “Eugenio In
Via Di Gioia”, nome che
incuriosisce e ispirato dai
loro cognomi: Eugenio Cesaro, Emanuele Via e Paolo Gioia. Dopo qualche
concerto si resero conto di
aver bisogno di un bassista, così, in seguito ad un
loro annuncio su Facebook, entrò a far parte della
band anche Lorenzo
Federici.
Come vi descrivete in
tre aggettivi?
“spontanei, gioiosi e
ottimisti” Nonostante
ogni membro mantenga la propria influenza
musicale autonoma, la
maggior influenza viene
dal genere folk. La musica, per quanto riguar-
Infine Lorenzo ha 26 anni
e suona il basso da ben
sette anni.
Agli albori, Eugenio ed Emanuele si conobbero al
Politecnico e, scoprendo di
avere entrambi la passione per la musica, iniziarono a suonare cover per
strada. Un giorno si presentò una data in cui dovevano esibirsi e, necessitando di un aiuto, venne
chiamato Paolo, che Eugenio già conosceva. Perciò
la band era inizialmente
da al cantautore, è ispirata dai “Mumford and
Sons”, i testi invece da
cantautori come “Giorgio
Gaber”, “Max Gazzè” e
“Paolo Nutini”.
Questi ragazzi si riuniscono per provare appena
possono in qualunque
posto: dalle strade ai parchi, fino alla sala registrazione.
P a g in a 1 5
Joe Berti
Preferite esibirvi su un
palco o per strada?
“Sono entrambe due
bellissime esperienze
ma anche due concetti
completamente diversi. Suonando per strada, se vedi la gente che
si ferma ad ascoltare, si
ferma perché piaci, hai
incuriosito e non è imposto. Se suoni su un palco,
il pubblico può anche
trovarsi in quel determinato luogo non per noi,
e proprio magari per la
minoranza di spontaneità scegliamo la strada.
Poi, tutto dipende anche dalle circostanze”
I temi principali delle
vostre canzoni?
“l'attualità del mondo, i
suoi paradossi e la psicologia umana”
A ogni fine esibizione
offrite al pubblico una
“tessera fedeltà”...
“La cosiddetta 'fidelity
card' spinge le persone
a venire a sentirci il più
possibile, collezionando
i nostri concerti. Come
fanno i 'kebabbari' che
ad ogni kebab o pizza ti
regalano qualcosa, noi
offriamo un kebab a chi
ha assistito a dieci no-
stri concerti. Questa iniziativa durerà per tutto
l'anno 2014”
Ora come ora qual è il
vostro obiettivo?
“Il nostro proposito ora, è
quello di andare sempre
verso a un continuo miglioramento passo per
passo, cogliendo ogni opportunità che ci viene offerta, rimanendo, però,
con la testa sulle spalle e
i piedi per terra”
In conclusione che cosa
ne pensate di questa
esperienza?
“è un'esperienza sicuramente positiva, assolutamente da vivere che
può portarti solo a crescere
volete dire un qualcosa
ai giobertini?
“Sì, di amare la musica
da tutti i punti di vista:
sia per chi la fa, sia per
chi la ascolta”
Elena Giavara
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Joe Berti
Speciale salone del libro
Tradurre i classici
Il 9 maggio 2014,
la classe IV D ha
assistito ad alcune conferenze al
Salone del Libro
di Torino. In particolare, il nostro gruppo ne ha
seguita una presentata da Elena
Loewenthal
(traduttrice
dall’ebraico), intitolata “Tradurre
i classici”, con
la partecipazione
di Luciano Canfo-
ra, Renata Colorni,
Ernesto Franco e Nuccio Ordine. Tutti i
partecipanti, presentatrice compresa, sono eminenti traduttori ed esperti conoscitori
dell’argomento. Canfora, infatti, è un
filologo classico,
storico e saggista.
La signora Colorni,
invece, è una traduttrice; Ernesto Franco
è il direttore edito-
riale dell’Einaudi; Nuccio
Bruno è un importante filosofo italiano scrittore di molti saggi su Giordano Bruno.Come appunto dimostra il
titolo, durante queste due
ore si è approfondito il tema
della traduzione dei classici
e di come la cultura, per non
apparire un’inutile, sterile
(ma pomposa) anticaglia, debba essere rinnovata e non solamente conservata. Tra i due
termini, infatti, esistono
notevoli differenze: conservare vuol dire mantenere un
oggetto (in questo
caso un’opera letteraria) immutato
attraverso i secoli; tradurre significa interpretare ed innovare
il testo. Per questo motivo, ogni
traduzione è diversa e riflette
la concezione del
momento storico in
cui viene fatta e
la personalità e
l’esperienza del traduttore. Quando si
traduce, però, non
bisogna cadere
nell’errore di abbassare drasticamente il
livello intellettuale
dell’opera semplificandone il linguaggio
ed i contenuti.I giovani, soprattutto negli ultimi tempi, si
stanno progressivamente staccando dalla
lettura dei classici
integrali, preferendo antologie e riassunti. Perciò, la
traduzione non deve conservare, ma innovare ed interpretare, invogliando i ragazzi a
leggere ed approfondire la
conoscenza della cultura
classica. Per capire
l’importanza di questa professione, si deve tener presente che anche la cultura
delle civiltà più remote, come ad esempio quella dei Greci, fondatori della civiltà
occidentale, è basata sulla
traduzione di testi precedenti.
Perciò, anche i
classici che quotidianamente traduciamo sono frutto di una prima
interpretazione,
seguita da numerose manipolazioni
(in particolare
dei primi filologi, durante il Rinascimento), ed
infine pervenutaci.
P a g in a 1 7
Numero 8—maggio-giugno 2014
Speciale salone del libro
“CHE COS’E’ LA DEMOCRAZIA?” di Emilio Raffaele Papa
Venerdì 9 maggio 2014,
presso lo SPAZIO AUTORI
del Salone Internazionale
del Libro di Torino, si è
tenuta una conferenza sul
libro “Che cos’è la Democrazia?”
di
E .R.P.
Con l’autore hanno discusso
Andrea
Giorgis,
professore universitario
di diritto costituzionale
e deputato del PD e Valerio Zanone, famoso polit i c o
i t a l i a n o .
Papa
ha
spiegato
che
quest’ultimo libro è la
continuazione de “L’altra
faccia della Democrazia”.
Il primo ad intervenire è
stato Zanone che ha sottolineato l’attualità del
libro dicendo che la democrazia è il metodo più efficace per combattere la crisi. La democrazia nel suo
attuale formato si sviluppa
n e l l e
r e t o r i c h e
dell’antipolitica e quindi,
la
perdita
del
potere.
Attualmente i problemi del
rapporto tra democrazia
Ad oggi,
praticata
su due problemi:
non è ancora
l’uguaglianza
politica. Sarebbe opportuno che ogni cittadino
partecipasse attivamente
alla vita politica del
proprio paese senza guardare al rendiconto econom
i
c
o
.
Tutti
sarebbero
d’accordo, ma tutti sappiamo anche che in concreto ciò non sarebbe
p o s s i b i l e .
Inoltre ha detto che il
libro di Papa guarda con
lucidità a quelli che sono
i
presupposti
che
stanno venendo meno alla
democrazia e sarebbe auspicabile la separazione
tra politica e informaz
i
o
n
e
.
Infine ha chiuso il dibattito Papa dicendo che
il suo libro segue un filo conduttore che si pone
ed
economia,
quest’ultima
più prevalente, sono legati
alla
comunicazione
perchè
l’opinione pubblica si forma
attraverso il massiccio intervento
dei
MAS
MEDIA.
Possiamo dunque parlare di
democrazia che diventa videocrazia, che a sua volta di-
- il recupero dei valori morali e politici della democrazia;
- la gabbia dei partiti sulle istituzioni, lo svuotamento del potere del parlamento e l’impoverimento della Costituzione;
Non serve la demolizione del
parlamento e della classe
politica.
Anche se le istituzioni che
ci hanno deluso l’autore non
crede che la democrazia possa cadere in un’imboscata.
venta culto della persona per poi trasformarsi
in
leadership.
Continuando il suo intervento ha detto che è
necessario un governo
giovane capace di creare una nuova legge el e t t o r a l e .
Concluso
l’intervento
di Zanone ha preso la
parola Giorgis che ha
esordito dicendo che la
democrazia è entrata in
crisi e che il libro
scritto da Papa ha molti
meriti
perché
s’interroga sui presupposti della democrazia
e del rapporto tra economia
e
politica.
P a g in a 1 8
Joe Berti
Speciale salone del libro
“Diritto e Giustizia” e “Descrivere la natura”.
Il 9 maggio 2014 ci
siamo recati con la
professoressa
De
Maria al Salone Internazionale
del
Libro
di
Torino.
Siamo stati suddivisi
in
quattro
gruppi e ad ognuno
sono state assegnate due conferenze
da seguire, riguardanti gli argomenti
più disparati.
Al nostro gruppo,
sono state assegnate le conferenze su
“Diritto e Giustizia”
e “Descrivere la natura”.
La prima conferenza
era tenuta dal relatore Giuseppe Salvaggiulo,
giornalista
per La Stampa, che
intervistava Caterina
Chinnici, figlia di
Rocco Chinnici e autrice del libro “È
così lieve il tuo bacio
sulla
fronte”,
Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, due ma-
viene
stravolta
dalla mafia.
Il
secondo
libro
narra dello stretto
rapporto
tra
la
Chiesa
e
la
'ndrangheta
calabrese e sul rapporto popolare con la
Chiesa. Hanno detto
che uno dei problemi
dell'antimafia
italiana è che non
si è globalizzata.
La cooperazione in-
ternazionale tra le
varie polizie non è
efficiente, mentre le
mafie cooperano tra
loro
egregiamente.
La
mafia
e
la
'ndrangheta continuano a crescere molto
più
velocemente
dell'antimafia
che
rimane sempre un passo indietro. Si è
parlato anche della
solitudine del magistrato. In particola-
Secondo
Gratteri
invece il magistrato deve essere solo
per
prendere
una
decisione. Alla domanda di com'è vista l'Italia all'estero,
Nicaso
ha
risposto che è vista molto male poiché ci sono cinque
o sei tipi di organizzazioni criminali diverse e che in
Italia si fanno solo programmi tele-
visivi che le valorizzano. Il primo ed
unico programma ad
aver mostrato la mafia nella sua vera
identità
è
stato
quello di Pif nel
2013. Un'ultima domanda è stata:”ad un
ragazzo che vi chiedesse cos'è la mafia, cosa gli rispondereste?”
Gratteri ha risposto che
la mafia è un feno-
gistrati in prima linea nella
lotta contro la 'ndrangheta e
autori del libro “Acqua santissima”. Il primo libro,
presentato
dalla
Chinnici,narra della storia di suo
padre, ucciso da un'autobomba
mandata dalla mafia. Rocco
Chinnici fu il primo magistrato che cercò di sensibilizzare la popolazione siciliana riguardo alla mafia,
partendo dai giovani.
La storia narra di una comune
famiglia italiana la cui vita
re la Chinnici ha parlato di
suo padre che si è trovato da
solo a combattere la mafia.
meno che muta con il mutare
della società ed esiste grazie
al consenso popolare. La Chinnici invece ha risposto che
essa ha la singolare capacità
di mutare rimanendo sempre la
stessa e nonostante ci siano
nuove leggi per combatterla
non saranno mai efficaci se
non verranno applicate. Nicaso
si è espresso in poche parole:”La lotta contro la mafia
riguarda tutti, soprattutto a
partire dai giovani”.
P a g in a 1 9
Numero 8—maggio-giugno 2014
Speciale salone del libro
LA NOTTE IN CUI QUATTRO RAGAZZI DIVENTARONO UOMINI
Venerdì
9
maggio,
presso la sala rossa
del salone internazionale
del
libro,
un
gruppo della classe IV
D ha assistito alla
presentazione del libro “prima che la notte” dei due giornalisti Claudio Fava e Michele Gambino. Claudio
Fava è un giornalista
professionista che ha
lavorato
per
noti
giornali italiani, tra
cui il Corriere della
Sera e l’Espresso. A
seguito
della
morte
del padre, ha preso le
Fava è stata una delle
vittime della mafia.
Per questi ragazzi il
giornale è tutto, il
lavoro
che
avevano
tanto atteso e cercato.Fino a quel momento
i
ragazzi
avevano
“vissuto
un
sogno”,
poiché, terminati gli
studi, erano riusciti
a trovare quel lavoro
che tanto desideravano, dal loro punto di
vista addirittura irreale, fino a quando,
in una notte, tutto
questo finisce a causa
di quel “MOSTRO” ancora oggi presente: la
mafia. Tutto questo è
raccontato in “Prima
che la notte”, un libro, una testimonianza, un flusso di pensieri e sentimenti, un
diario
alternato
in
cui Claudio e Michele
redini de I Siciliani, rivista impegnata nel diffondere la cultura della
legalità
e
dell'impegno
antimafioso. Michele Gambino lavorò per il quotidiano di Catania “Il Giornale del Sud” nel periodo
in cui il direttore era
Giuseppe Fava, scrittore e
giornalista. L’argomento
di questo incontro, tenutosi dagli autori del libro e Jacopo Iacoboni, era
diritto
e
giustizia;
all’interno della storia,
attraverso racconti e aneddoti a tratti divertenti, si è parlato di quatraccontano
capitolo
per
capitolo la loro storia.
Durante
la
conferenza,
Claudio
Fava
spiega:“Il
libro non vuole essere il
racconto della vita di mio
padre, ma tutto ciò che è
stato il suo giornale, con
i suoi ragazzi, compagni
di avventure e disavventure, attraverso le loro esperienze; la notte è usata come metafora, ma di
certo non di una sconfitta”. Sottolinea
inoltre
che, leggendo il libro con
occhio politico, si comprende che Giuseppe Fava
non voleva fare una battaglia di ideologia; il libro cerca infatti cerca di
essere il più fedele possibile alla realtà. Gli
autori
hanno
ripercorso
così quei giorni, primo
tra tutti quello della nascita vera e propria della
rivista:“La mattina in cui
il notaio firmò tutte le
carte, c’è chi mise il ve-
tro ragazzi che in una
sola notte si ritrovarono adulti, invecchiati con lo sguardo ferito e l’innocenza smarrita. Claudio, Antonio,
Riccardo e Michele, poco più di vent’anni,
fanno parte della redazione
“Giornale
del
Sud”, il cui direttore
e reporter Giuseppe Fava viene presto licenziato. Erano tempi duri
a Catania, intorno agli
anni Ottanta, dove morivano almeno due o tre
persone al giorno per
mafia. Anche
Giuseppe
stito più bello, chi si
presentò un’ora prima
all’appuntamento,
come
Riccardo, era un momento solenne, perché non
si tratta di sigilli su
semplici
carte,
QUEL
GIORNO IL SIGILLO VENNE
POSTO SUI NOSTRI SPIRITI”
P a g in a 2 0
Joe Berti
Speciale salone del libro
“Quinta lezione di Primo Levi”
Il 9 Maggio 2014 un
gruppo della classe
IV D ha preso parte
alla “Quinta lezione
di Primo Levi”, una
conferenza tenutasi
al Salone del Libro
di Torino da Domenico Scarpa, Anna Bravo e Fabio Levi. Inizialmente
Fabio
Levi, direttore del
Centro
Primo
Levi
che ogni anno promuove
la
lezione
“Primo Levi” su un
tema
strettamente
legato
all’esperienza e agli
interessi
dello
scrittore e il suo
testo
viene
pubblicato da
Einaudi. Ha
presentato
Domenico
Scarpa,
consulente
del
Centro Studi Primo Levi e Anna Bravo, storica e docente
universitaria. Il titolo della quinta lezione “Raccontare
per la storia”, è
stato
analizzato
partendo dalla parola “raccontare”:
ossia, secondo Anna
Bravo,
sapere
esporre
documenti
attraverso una storia. Narrare, infatti, è il compito
degli storici che
non dovrebbero solo
occuparsi di esporre
teorie.
Nella
narrazione
ogni
singola parola ha un
valore, un peso, un
significato.La scrittrice, descrivendo il
significato della parola
“per”,
spiega
che gli storici, per
essere
affidabili,
devono diffondere informazioni oggettive,
ma utilizzando i sentimenti che caratterizzano i fatti narrati. Il libro di Anna Bravo è diviso in
tre parti: la prima, si chiama “Deportazione per motivi
razzisti”, dove la parola
“razzista” è stata scelta per
colpire, poiché “Di solito
viene usato un termine diverso, razziale, che è meno forte, è una parola quasi tranquilla, ormai acquisita. Non
è violenta, non riesce a far
saltare dalla sedia”. Qui,
Anna Bravo sottolinea il fatto che Primo Levi non si sia
mai definito come un eroe e
partigiano, ma come reduce
che descrive fedelmente la realtà e i
suoi sentimenti.La
seconda parte, detta “Zona grigia”,
spiega i pensieri
di Primo Levi dopo
essere stato liberato e le riflessioni
narrate
da
lui nel libro “I
sommersi e i salvati”.
Nell’ultimo
capitolo del libro,
Anna Bravo aggiunge
uno stereotipo de-
gli aguzzini che erano visti come uomini malvagi, ma che
in realtà erano uguali
fisicamente
nonostante
fossero
stati educati male.
Non
erano
persone
malvagie e perfide,
ma incapaci di comprendere i sentimenti altrui. A questo
punto la scrittrice
fa un paragone con
il libro “La banalità del male” di Han-
nah Arendt, dove l’uomo viene
descritto come una macchina
incapace di provare sentimenti
e senza ragione, tanto che obbedisce solo agli ordini. Nella terza parte, dedicata alla
violenza, la scrittrice spiega
il significato della parola
“storia”, vedendo gli storici
come uomini che danno impulsi
alle persone, teorie e nozioni. L’autrice afferma che Primo Levi è stato il primo a dire cosa succede quando ci si
scontra con la morte violenta.
P a g in a 2 1
Numero 8—maggio-giugno 2014
Speciale salone del libro
Europa a 16 anni
La conferenza “Europa a 16
anni” condotta da Andrea
Bajani che intervistava Tiziano Scarpa, celebre romanziere e poeta italiano
che nel 2009 vinse il premio strega con il suo romanzo “Stabat Mater”.Questa
conferenza trattava di un
progetto attuato da ragazzi
sedicenni di Berlino e Torino che hanno cercato delle parole per descrivere
l'Europa. Un rappresentante
dei ragazzi, Allano Maritano ha posto delle domande
allo scrittore per quanto
riguarda
la
parola
“sipario”. Come tutti sanno
il sipario è un telo di
stoffa pesante usato a teatro per coprire o scoprire
il palcoscenico e si utilizza non solo all'inizio e
alla fine dello spettacolo,
ma anche per coprire eventuali
problemi e complicazioni. Gli
spettatori, che costituiscono
invece la realtà che guarda il
palcoscenico non vedono quello
che succede quando il sipario
è chiuso e fino a che questo
non si apre la realtà rimane
ignota..«L’Europa è prima di
tutto la messa in scena di un
desiderio, il tentativo di dare vita a un progetto comune.
É come un teatro nella quale
gli attori sono le persone che
detengono ed esercitano il potere dietro le quinte e gli
spettatori, che rappresentano
la realtà ricevono solo informazioni filtrate dal sipario»
-dice Scarpa.
Il sipario ha circa 220 anni.
Prima esisteva il teatro, cioè
una platea a semicerchio con
una scena davanti, di giorno,
senza sipario; in seguito i
tirare il pubblico verso un
certo punto di vista.
scena davanti ad una platea ordinata, ma spesso il pubblico
viene coinvolto e “stuzzicato”,
magari tirandogli delle secchiate d'acqua o offrendogli panini
e bibite. Ci racconta infatti di
una sua esperienza di 20 anni fa
con il teatro del Lemming che ha
organizzato
una
sceneggiatura
che prevedeva uno spettatore
alla volta la quale impersonificava un personaggio; in questo
caso Edipo:«Mi hanno bendato,
portato in un posto, mi hanno
messo un coltello in mano e mi
hanno fatto trapassare un qualcosa che assomigliava ad un corpo; poi mi sono addormentato e
mi sono svegliato accanto ad una
Perciò la situazione attuale assomiglia più a una
falsa illusione di essere
in un anfiteatro e di poter
godere di tantissimi punti
di vista. Allano Maritano ha
poi chiesto al romanziere
come si può fare per aumentare la trasparenza del sipario: fino a 20 anni fa la
possibilità di avere un accesso alla parola pubblica
era quella di scrivere una
lettera al direttore di un
giornale locale e sperare
che la redazione la leggesse e la pubblicasse;
invece oggi esistono altri
strumenti come ad esempio
il microfono o il megafono
usati nelle manifestazioni
in piazza per esprimere le
varie idee e opinioni ed
essere ascoltati grazie a
quest'amplificazione
dell'acustica che permette
di attirare l'attenzione. È
stato chiesto a Tiziano
anche delle sue esperienze
con il sipario e lui innanzitutto ha fatto notare
che ormai il teatro è cambiato: non c'è più una
Romani lo hanno raddoppiato e
hanno inventato l'anfiteatro,
il doppio teatro nella quale
vi era la platea tutta intorno
alla scena con un pubblico
coinvolto a 360°.«Nel teatro
greco si moriva per finta,
anzi non si poteva mostrare la
morte, ma si dava solo la notizia che qualcuno era stato
ucciso,
suicidato,
sgozzato
nei modi peggiori, invece nel
teatro romano non si fingeva
più: i gladiatori si scannavano davvero e il pubblico li
poteva vedere da tutte le parti. Questo, in teoria è quello
che dicono essere la nostra
situazione in Europa» -dice
Scarpa. Ma non è così poiché
noi vediamo le cose attraverso
uno schermo, e quindi c'è
qualcuno che seleziona delle
scene che hanno più importanza
e le trasmette in modo da atdonna somigliante ad una dea
greca che mi dava da mangiare
dell'uva. È stata un esperienza particolare e innovativa che mi ha fatto immedesimare al massimo nel personaggio» -ci racconta Scarpa«È un nuovo modo di fare teatro che trovo molto interessante». Scarpa ha infine fatto
una
riflessione
sul
“sipario”
presente
su
internet. Le persone possono
decidere se mostrarsi o mantenere l'anonimato. Nel primo
caso è possibile fare delle
promesse come dare appuntamenti, mentre nel secondo
invece non si possono creare
delle vere relazioni basate su
fondamenta
concrete.
Tuttavia
il
sipario
può
essere utile se
considerato come
tutela e forma di
protezione. E così ha concluso le
sue riflessioni.
P a g in a 2 2
Numero 8—maggio-giugno 2014
Speciale salone del libro
“Il racconto dell’Italia ferita?” di Rosetta Loy
Il giorno 9 maggio abbiamo
fatto
un’uscita
didattica al salone del
libro per assistere ad
alcune
conferenze.
La
conferenza
era
sulla
presentazione del libro
“Gli anni fra cane e lupo, 1969-1994: il racconto dell’Italia ferita
a morte” della Rosetta
Loy.
Rosetta Loy è una scrittrice italiana nata a
Roma nel 1831, vincitrice di diversi premi per
gli anni. Lo scopo della
Rosetta Loy è quello di
informare i giovani su
questa parte di storia,
dato che, come ritiene
lei, è scandaloso che la
scuola non tratti tutti
questi
argomenti.
Per
scrivere questo libro lei
ha pensato ai suoi giovani nipoti. Un primo tentativo è stato quello di
scrivere il libro con suo
figlio nato negli anni
Sessanta, però l’idea è
nella vita conoscere, poi
sapere e infine capire,
poiché bisogna “conoscere
il passato per non commettere nel futuro gli
stessi errori”.
il suo libro più
famoso “Le strade di polvere”
edito nel 1987.
Come
curatore
c’era Paolo di
Paolo, finalista
del premio Strega. Il libro, come si può ben
intuire,
parla
dei
problemi
dell’Italia
in
quei venticinque
anni
“oscuri”.
Rosetta Loy ha
impiegato
due
anni
per
la
scrittura
di
questo libro e
stranamente
non
sono
accennate
le Brigate Rosse, ma principalmente gli attentati dei neofascisti di Ordine Nuovo, come
la
strage
di
piazza Fontana o
quella
della
stazione di Bologna e poi della mafia di que-
stata subito abolita poiché avevano punti di
vista troppo diversi. Dopo
una
prima parte in
cui si racconta
la trama se ne
apre una seconda
in cui il pubblico pone do-
mande alla Rosetta
Loy.
In
questa parte è
venuto fuori che
la scrittrice ha
un senso di colpa per non aver
raccontato prima
questi
avvenimenti. Per lei è
fondamentale
P a g in a 2 3
Joe Berti
“Stringimi”…”non posso”
Questo è senz’altro uno dei
film più commoventi della
storia del cinema. Uno dei
capolavori (ma in realtà lo
sono tutti) di Tim Burton.
Signore e signori, ecco a
voi… Edward mani di forbice.
Edward è un ragazzo molto
particolare: non è totalmente umano, è una creazione di un inventore che lo
creò con delle forbici al posto delle mani, e che morì
prima che potesse completarlo. Edward viene
“adottato” dalla famiglia di
una venditrice di cosmetici,
Peggy. È curioso ma anche
divertente la contrapposizione astutamente giocata
tra il cupo e misterioso Ed e
le coloratissime e stravaganti persone che vivono
nel quartiere anni ’40, ’60
e ’80 (ultra colorato pure
quello… qualcuno li fermi).
Edward fa “carriera” dopo
che viene scoperto il suo
talento nel creare stravaganti acconciature a persone e animali, ma dopo una
serie di… ehm… disgrazie
che gli capitano (o meglio,
che i vicini gli fanno capitare) e dopo aver graffiato involontariamente la ragazza
che ama (che poi sarebbe la
sua sorella adottiva), decide
di tornare nel castello dove
l’avevano trovato per non
procurare ulteriori danni.
Dopo aver fatto credere a
tutti di essere morto, si ha
un velocissimo flashforward
nel quale vediamo Kim (la
ex sorella adottiva di Edward) che racconta a sua
nipote di non averlo mai più
rivisto da quel giorno, perché vuole che lui la ricordi
da giovane. Aggiunge inoltre che , dalla sua scomparsa, ogni Natale cade la
neve nel vicinato, cosa che
non avveniva mai prima.
Infatti è Edward che fa nevicare scolpendo ogni inverno delle statue di ghiaccio, e viene mostrato scolpire appassionatamente
vedendoci danzare la giovane Kim, nell'ultima, toccante, scena del film.
Lo so, lo so, è un film del
’90, ma mi stupirei alquanto tanto se non piangeste o
non
sorrideste
per qualche scena.
Il
nostro
Johnny è riuscito
ancora una volta
a stupirci mettendo in bella mostra
la sua straordinaria capacità di
emozionarci tutti
con un solo malinconico
sguardo.
Non per niente ha vinto un
Premio BAFTA nel 1992
come miglior scenografia e
un Saturn Award sempre
nello stesso anno come
miglior film fantasy.
Paola Gullone
P a g in a 2 4
Numero 8—maggio-giugno 2014
TITOLO BRANO INTERNO
I PENSIERI DI OLIVER
La fine è vicina… una settimana e tre materie sotto… non
ce la posso fare… e invece sì! …
no, non ce la farò mai… Oliver
basta!! Ce la farai, romperai le
scatole finché non ti metteranno
quei tanto agognati 6 in pagella!!!! Fallo per Manu, fallo per
non dover lavorare con papà a
luglio al posto di andare al mare
con la tua ragazza!!!! Pensa a
tutte le cose buone che hai fatto
quest’anno e dacci dentro!!
Questo è senza dubbio il periodo
più stressante dell’anno… Armati
di calcolatrice dalle 8.15 di mattina alle 14.00 a fare, rifare e
controllare le medie. E se i conti
non tornano… disastro!! E se la
media non è 6…
catastrofe!!! E se la
prof ti fa: ”Guarda,
Pari… io se dovessi
essere sicura della
tua preparazione di
porterei a settembre.”
…e no eh!!! Niente
scherzi!! Lo sa che mi
fanno i miei se torno
a casa con la media
del 5.7 e mi rimandano? Lo sa? Mi strozzano, mi squartano e
nascondono quel che
resta di me sotto le
assi del parquet. E ne
sarebbero capaci!! …
beh no forse ho esagerato un po’ ma comunque
ci siamo capiti!!
Lapregolascongiurodeveesse
rciunmodo!!!!
Correggerò le
verifiche al posto
suo, le guarderò
i nipotini (perché
lei è già nonna
vero?), farò qualunque cosa ma
non mi rimandi!!!!
Poi, non vorrei
dire, ma a volte
noi studenti sappiamo essere
mooolto convincenti… ognuno
ha i suoi assi nella manica!
C’è chi non ha problemi e
prende 8 a manetta. C’è chi
ha preso un bel 9 nel trimestre e lo sbatte in faccia alla
prof per far vedere che comunque si è impegnato. C’è
chi si fa interrogare tutti i giorni per una settimana aggiungendo mezzi voti su mezzi voti
per recuperare. C’è chi non ha
studiato una beata mazza per
tutto il pentamestre e si accor-
ge solo ora che manca una
settimana.
Questi ultimi individui (non
guardo nessuno) cominciano
una routine che più o meno
può corrispondere a questa:
sveglia alle cinque del mattino, guai a te se ti metti le
ciabbbatte se no fai un casino della miseria, prendi il
libro, cucina, apri finestra
così entra un po’ di gelo che
ti sveglia per bene, apri il li-
bro, guardi formule, bestemmi
un po’, camera dei tuoi, svegli
papà, bestemmie contro chi
l’ha svegliato, ti segue in cucina, ti fa fare esercizi fino alle
7.15, all’improvviso una luce
accecante entra dalla finestra
ancora aperta… è l’alba!! chiudi
libro, ricacci papà a letto, si
sveglia mamma per la colazione, vai a scuola, ripassino generale, pranzo tassativamente
a casa, alle 15.00 sei di nuovo
lì a cercare di capirci qualcosa,
pomeriggio tassativamente a
casa, alle 19.30 sei ancora lì a
cercare di capirci qualcosa,
cena tassativamente a casa,
alle 22.00 sei ancora a casa
(niente Cacao, mannaggiabboia) a cercare di capirci qualcosa, papà cerca ancora di
aiutarti ma alle 23.00 crolla e
va a letto, tu rimani solo in cucina a cercare di capirci qual-
cosa… e alle 2.00 del mattino decidi che ne hai abbastanza. Vai a dormire anche
tu. Sveglia tre ore dopo. Ricomincia tutto daccapo. Con la
differenza che questa volta ti
sei addormentato sul libro
quindi non devi fare nemmeno la fatica di ripetere i passaggi 3, 4, 5, 6.
Lo sa che mi
fanno i miei se
torno a casa con la
media del 5.7 e mi
rimandano?