Vinicio Capossela Musica e poesia-parte 6 di Catia

Vinicio Capossela
Musica e poesia-parte 6
di Catia Manna
Le serate al bar sono un topos letterario. Appiccicose, chiassose, fumose. Euforiche e
malinconiche, oscillano come la gradazione alcolica a seconda dei pensieri che le
attanagliano, di quanto ci affoghiamo la vita. C‟è chi le guarda con diffidenza, ci vede
l‟uomo degradato. L‟uomo, al bar, ha ancora una notte lontano dal quotidiano degrado.
In Bukowski il bar è spesso associato alle corse di cavalli che finiranno per occupare
anche le sue ultime giornate. Nel tempo, questo luogo ha mantenuto un fascino immutato
ed è interessante comprenderne il perché.
Noi siamo lì, fermi ogni sera e la vita passa tra i tavoli o serve al banco. Ci offre dei giri.
Nel silenzio di serate deserte, nello sproloquio alcolico, nelle quattro chiacchere di
presenza, nelle risse, le serate al bar si ripetono a stretto contatto con i propri sentimenti.
È per questo che sono poetiche. Hanno molti odori e spesso è quello acido
dell‟ubriachezza. Anche al bar la vita passa, ma è tutto più vero.
“questa guerra
dopotutto
è combattuta alla fine
per essere persa.
questa volta
come tutte le altre volte
altre sere
altre città
aspettando la
morte”
(Bukowski, l’hai visto al bar nello sgabello di fianco al tuo- da Una torrida giornata
d’agosto1)
Nelle canzoni di Vinicio Capossela il bar diventa luogo sotterraneo, il girone dei dannati o
condannati d‟amore, tra le sue fiamme.
“partita sei partita
e mi ritrovo ricacciato
mio malgrado
nel girone antico
qui dannato
1
Guanda Editore 2014, trad. Simona Viciani
tra gli inferi dei bar”
(Che coss’è l’amor, dall‟album Camera a sud)
“di amori messi sotto spirito ad affogar”
(All’una e trentacinque circa)
“avrei voluto andarci anch‟io
un sogno amato, accarezzato
un inganno al celibato
e invece affoga nel palato
l‟ultima notte che ho passato
fumo e baci da bar
stracci nel letto
vetri nel petto”
(Il mio amico ingrato, da Camera a sud 1994)
All’una e trentacinque circa, dall‟album omonimo (1990)
http://youtu.be/vlpNqjkhyjI
Al bar si incontra un‟umanità al limite: “vecchi camionisti”, “musicisti nati tristi sempre afflitti
dal danaro” e “avventurieri di frontiera” ci sentiamo anche noi, un po‟ più liberi. Non
dobbiamo fingere di possedere, al bar andiamo per scaricare pesi. Possiamo fare ciò che
vogliamo nella sospensione delle regole, “risate in mezzo ai denti” oppure osservare tipi
umani e situazioni ricorrenti: “c‟è il casinaro e l‟invadente, c‟è chi ascolta trasognato, c‟è
chi urla e sta sbracato, ma il cliente più divino, il più richiesto ed invitante è quello che
offre, paga a tutti e fa il brillante”. Non manca mai “l‟esercente dietro il banco”, come anche
in Bukowski (Jim il barista, in la mattina strana, Una torrida giornata d’agosto). Si
incontrano anche figure femminili la cui decadenza sfuma nello sguardo poetico del
cantautore e lo sporca di vero, come di rossetto: “ragazze sogni di finto cinema, ragazze
stanche delle otto ore” (Sabato al corallo, dallo stesso album) e la desiderata cameriera,
La regina del Florida (da Modì, 1991) che dal “suo trono” osserva le miserie umane che
conducono gli uomini al bar:
“e tu Regina sai
tu sai com‟è che va
tu ci vedi passare e mostrare
le nostre meschinità
e lo vedi anche tu
questo circo malato
che ripete lo stesso menù
magnifico, osceno
vitale mortale
non se ne più”
In una nota canzone di Tom Waits (Eggs and Sausage), cui Vinicio Capossela è debitore,
a frequentare i bar sono “tutti gli zingari e gli insonni”. Personaggi notturni, talvolta
misteriosi, come quelli che popolano i dipinti di Edward Hopper, nelle terrazze all‟aperto
(Soir Bleu, 1914) o nei bar all‟angolo (Nighthawks,1942). Anche le canzoni dipingono:
“Senza età
il vento soffia la
sua immagine
nel vetro
dietro il bar
gocce di pioggia
bufere d‟amore
ogni cosa passa e lascia”
( Scivola vai via, da All’una e trentacinque circa, 1990)
“Si adagia la sera
sui tetti e lampioni
e sui vetri appannati dei bar
…
nei ricordi che abbiamo di noi”
(Modì, dall‟album omonimo, 1991)
“luce verde sul bancone”
(Notte newyorkese, da Modì)
L’affondamento del Cinastic (da Il ballo di San Vito, 1996)
http://youtu.be/0tszN0asbP4
Al bar s‟incontrano anche i poeti, come canta Capossela ne “L’affondamento del
Cinastic” (Il ballo di San Vito, 1996), il locale dell‟amico Vincenzo Costantino,
nell‟hinterland milanese (San Giuliano). Il Cinastic viene ritratto come un transatlantico
immemore sulla superficie scivolosa del mare. Pieno di “libri”, “scialuppe”, “manoscritti”,
“caldaie”, perché c‟è sempre un fuoco da alimentare sotto ogni traversata. Il Cinastic
“sostava”, “l‟orchestra” suonava. Poi è affondato. Il bar non c‟è più, ma quante vite ci sono
passate!
In altre epoche e luoghi, i bar degli scrittori si chiamavano caffè. Nella movimentata Parigi
degli anni ‟20, quella in cui, seduti ai tavoli volti alla strada, si salutavano Hemingway,
Pound, Ftizgerald, Gertrude Stein, gli scrittori delimitavano il loro territorio al bar, come
cani. Memorabile è l‟incontro di Hemingway con un aspirante poeta che egli convinse,
senza tanti sforzi, a dirottare verso la più asettica carriera di critico. Il presunto poeta ne fu
contento e questo dice tutto (Nasce una nuova scuola, da Festa mobile di Hemingway).
Il personaggio che incontra Hemingway ricorda la stucchevole figura del seccatore della
Satira 9 di Orazio, libro I. Incontrando l‟illustre poeta romano lungo la sua quotidiana
passeggiata per la via Sacra, lo scocciatore lo importuna, perché spera di poter entrare a
far parte del prestigioso circolo di Mecenate.
“quando incontro mi si fa un tale,
che conoscevo soltanto di nome,
m‟afferra la mano e: „Carissimo,
come va?‟ „D‟incanto, almeno per ora.‟”
( Orazio, Satira 9, I, 4-5)
“Allora sentivi qualcuno che diceva: „Ciao, Hem. che cosa fai? Scrivi al caffè?‟. La fortuna
ti aveva abbandonato e chiudevi il taccuino… „Sporco figlio di puttana, che ci fai qui
lontano dalla tua lurida zona?‟ „Non essere offensivo solo perché vuoi fare l‟eccentrico‟
„Porta fuori di qui quella bocca schifosa‟ „È un locale pubblico. Ho diritto di starci né più né
meno come te‟ „Perché non vai alla Petite Chaumière? Quello è il tuo posto‟.”
(Hemingway, Festa mobile, Nasce una nuova scuola)
“C’è un poeta su ogni sgabello da bar” ( Bukowski, Ce l’hanno tutti con me2 ). Al
Cinastic succedeva questo:
“seduti nella sera a San Giuliano
con un bicchiere in mano di Galliano
di poesia discutevamo
ma da quando hanno serrato il mio locale
i piccoli scrittori non san più dove andare”
(6-continua)
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Guanda 2013, trad. Simona Viciani