La scala blues - Lezionidichitarra.eu

La scala blues
“Il blues in forma primitiva”
Approfondimento
Il termine Blues, si pensa, abbia derivazioni idiomatiche dell'epoca Elisabettiana: "To Have the blues devils" (avere i
diavoli blu), era un modo di dire che indicava uno stato di malessere e di inquietudine. I primi blues (blues rurale) erano
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organizzati secondo una struttura strofica solitamente di 12 battute, divisa in 3 parti da quattro misure ciascuna.
La prima sezione enunciava, su un accordo di tonica, un testo di protesta, erotico, lamentoso o di rabbia.
La seconda sezione ripeteva gli stessi concetti però su un accordo di sottodominante.
L'ultima parte, sulla dominante, lanciava un grido di speranza o prendeva atto delle condizioni disagiate della
popolazione nera.
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Molte volte la struttura di questi blues veniva stravolta nell'esecuzione, le dodici battute iniziali perdevano il ruolo di
punto di riferimento. Il blues classico, successivo al rurale, è più strutturato e armonicamente più sofisticato; alle
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consuete 12 misure che lo compongono, vengono aggiunte talvolta introduzioni da 8 battute, interludi etc..
MAMIE SMITH’S JAZZ HOUNDS
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La prima registrazione che sancisce la nascita del blues classico la si può attribuire a Mamie Smith, il brano è "Crazy
Blues", registrato il 14 febbraio 1920 a New York per l'etichetta Okeh. Memphis Minnie, Ida Cox, Bessie Smith, la madre
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del blues Ma' Rainey, il padre delblues William Christopher Handy (1876-1958) (Saint Louis Blues) sono i maggiori
interpreti e compositori di blues di inizio XX secolo.
Definire con precisione il blues è impresa ardua sotto questa dicitura, infatti, si alternano non di rado progressioni
armoniche e melodiche semplici a cambi di accordo e temi molto complessi.
C.HANDY
Tentiamo in questa fase di individuare i tratti comuni che identificano un blues jazzistico tradizionale, innanzitutto le 12
battute (non è sempre così) in forma ciclica che lo costituiscono (il blues si legge dall'inizio alla fine senza sezioni
ripetute), esse si dividono in tre gruppi di quattro battute ciascuna; l'accordo più ricorrente è l'accordo di dominante.
Fai attenzione alle battute 1, 5 e 9, nella 1 vi è un accordo di dominante, nella 5 un altro accordo di dominate costruito
una quarta giusta sopra al precedente, nella 9 un accordo m7 in posizione di nona maggiore rispetto all'accordo della
prima battuta.
Chiamiamo questi accordi "cardini" del blues, poiché quasi sempre le progressioni armoniche delle battute 2-3-4 sono
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organizzate in modo che risolvano sull'accordo della 5, i cambi nelle battute 6-7-8 sull'accordo della 9 , quelli delle 10-1112 sul dominante della 1. Imparare a riconoscere con l'orecchio i "cardini" del blues ti aiuta ad ancorarti alla struttura
anche quando suoni progressioni armoniche complesse o out. Il primo accordo del blues determina la tonalità dello
stesso (F7=blues in F; Bb7=blues in Bb); questa affermazione non è affatto corretta da un punto di vista armonico
"classico' (infatti F7 dovrebbe essere accomunato alla tonalità di Bb maggiore o minore V-I).
Nel blues il continuo alternarsi di accordi di dominante che risolvono su altri accordi di dominante, determina una
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ininterrotta sensazione di moto e di tensione priva di una cadenza perfetta chiarificatrice della tonalità, per questo
l'accordo di dominante, residente nella prima misura, viene preso a modello per indicare la "tonalità" del blues (sarebbe
meglio dire modalità del blues...). L'esperienza mi suggerisce di consigliarti di imparare a memoria i blues in tutte le
"tonalità", ponendo particolarmente cura a quello in F e in Bb (nelle jam session non li puoi evitare). Ti rammento che
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molti dei blues, in epoca bop, sono stati scritti dai sassofonisti e loro amavano queste tonalità.
Esaminiamo ora un blues di tipo "arcaico" la cui progressione armonica viene ancora oggi utilizzata dai musicisti di
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rhythm and blues (Chuck Berry- T-Bone Walker, B.B. King).
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Vediamone adesso una più jazzistica, comunque sempre obsoleta:
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Un altro esempio jazzistico con di nuovo i tre cardini ben identificati:
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Adesso una decisamente più interessante con i tre cardini (battute 1-5-9) bene in vista:
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Sempre i tre cardini:
“Studia questi blues, utilizzando i voicings che conosci,
in tutte le tonalità; privilegia quelle di F e di Bb!”
Descriviamo ora di come improvvisare su queste progressioni.
L'ovvio ci suggerisce di utilizzare la scala blues, essa rappresenta il nostro punto di partenza per la futura creazione di
linee melodiche complesse; ti accorgerai che sul blues potrai applicare una infinità di soluzioni, ma andiamo per ordine.
La scala blues oltre ad imperare nel blues, viene ampiamente utilizzata in altri contesti armonici soprattutto se ricchi di
accordi di dominante (ma non è, come al solito, sempre così). La scala blues nasce dall'incontro dei canti africani con
quelli ecclesiastici di fine XIX, inizio XX secolo. La popolazione afro-americana quando cantava tendeva, per tradizione
ancestrale, a bemollizzare i gradi III, VI e VII, anche se il brano che stava interpretando era basato su una tonalità
Queste note "regredite" sono identificate con l'appellativo di blue note.
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maggiore; spesso abbassavano anche il V grado che facevano quasi sempre risolvere sul quarto.
La scala blues odierna elimina la bVI e si costruisce come mostrato dalla figura seguente (3m+T+sT+sT+3m+T, scala
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blues di F).
In un certo qual modo si può definire una scala variabile (questo nome non esiste) poiché aggiungendo ad essa il III
grado maggiore e il VII maggiore la scala da 6 suoni si trasforma in otto (in un impeto di nostalgia, andiamo a ripristinare
suoni oppure a 8, a te la scelta.
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i gradi della tonalità maggiore ignorati dal popolo africano quando lodava il signore); puoi optare, quindi, per quella a 6
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Può esserti utile pensarla come una scala minore naturale priva del II e VI grado con il #IV.
La scala blues abbiamo detto funzionare mirabilmente sugli accordi di dominante, a questo punto sareste abilitati a
mandarmi al diavolo e vi spiego perché: scegliamo un accordo di F7 e suoniamo su di esso la relativa scala blues di F
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(figura precedente); la scala aggiunge all'accordo la #9, la 11 giusta (Bb), la 11 aumentata; orrore!
Secondo quanto abbiamo affermato fino ad oggi la 11 giusta rappresenta la nota da evitare
In concomitanza dell'accordo di dominante; incomincia ad abituare il tuo orecchio alle dissonanze; nel jazz non esistono
le domande : "Va bene"?, "Lo posso fare"? "E' sbagliato"?
Il primo accordo del blues ci indica la scala blues che si può impiegare su tutte le 12 battute della struttura, in presenza di
qualsiasi progressione armonica, (F7-scala blues di F; Bb7-> scala blues di Bb), l'esperienza, il talento ti indicheranno la
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strada migliore per inserire con efficacia le dissonanze (bluesy). Naturalmente siamo solo all'inizio vedremo che sul blues
ne succederanno di cotte e di crude! Per il momento accontentati.
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Lo studio
Il primo blues che ti consiglio di studiare è "Straight no chaser" di Theolonious Monk (pag. 412 RealBook). È un brano
tipicamente Monkiano. Il tema, nelle prime otto battute, si basa sulla scala blues di F con l'aggiunta della 9a maggiore e
della 3a maggiore; prosegue poi, dal secondo battito in levare della nona battuta fino alla decima, cromaticamente;
termina con la cellula melodica iniziale. Il tema percorrilo prima con gli accordi della partitura, poi utilizza i "cambi" delle
forme blues 3-4-5 scritte sopra.
La velocità metronomica, in fase di studio mi raccomando che sia bassa, ti costringe a suonare indietro sul tempo sia
nell'esposizione del tema sia nell'improvvisazione (il metronomo al minimo ci spaventa poiché crea la sensazione di
vuoto armonico e melodico).
Scegli due note della scala blues e con esse cerca di realizzare una melodia per almeno due chorus, essere degli ottimi
costruttori di linee significa sapere individuare quando la nostra frase è conclusa e fermarsi al momento giusto. Utilizza
per l'improvvisazione in tutti e cinque gli esempi la scala blues ad essi associata. I voicings dell'argomento precedente
trovano terreno fertile per essere utilizzati in queste strutture Non trascurare, non mi stancherò mai di ribadirlo, la
pronuncia, i modi (li puoi inserire da qualche parte nel blues?), insomma tutto quello che sappiamo ricorda:
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Ogni nuovo studio si aggiunge al precedente!.
Il blues è costituito essenzialmente da due elementi: una scala e una progressione di accordi.
La scala si chiama appunto "scala blues", la quale equivale alla scala pentatonica ma con l'aggiunta di
una nota di passaggio. E' necessario dunque impadronirsi delle cinque diteggiature della scala blues, simili a quelle della
scala pentatonica, e memorizzarle a fondo per riuscire a suonare efficacemente delle improvvisazioni blues.
L'altro elemento è la progressione armonica: il blues è formato da dodici battute sulle quali si suonano gli accordi sulla
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prima, quarta e quinta nota della tonalità. Ad esempio nella tonalità di Do si suonano gli accordi di Do, Fa e Sol. Su
ognuna di queste note si suonano accordi di settima, quindi Do7, Fa7 e Sol7. Questi tre accordi si susseguono in un ordine
preciso, entro le dodici battute di cui sopra.
Fa7 - Fa7 - Do7 - Do7
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Sol7 - Fa7 - Do7 - Sol7
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Do7 - Fa7 - Do7 - Do7
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Restando nell'esempio della tonalità di Do la sequenza sarà la seguente:
Si può memorizzare questa sequenza come una serie di numeri romani corrispondenti al posto che occupano nella scala
le varie note:
I - IV - I - I
IV - IV - I - I
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V - IV - I - V
Questa sequenza si può applicare in qualsiasi tonalità, partendo quindi da Mi, oppure da Sol, e facendo seguire gli accordi
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secondo l'ordine suddetto.
MISSISSIPPI JOHN HURT
La scala “Blues” ha un’impronta di carattere malinconico e triste che viene ottenuto da alcune note particolari dette “Blue
notes” , le quali sono abbassate di mezzo tono; ci sono molti elementi per ritenere che questa consuetudine sia da
ricercarsi nelle fusioni fra stili africani ed europei. Un elemento tipico africano potrebbe essere l’abitudine di sovrapporre
melodie per quarte e per quinte; l’elemento europeo invece è la scala maggiore sulla quale sono sovrapposte le melodie.
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Ecco la sovrapposizione delle scale per quarta e per quinta che darà origine alla scala “Blues” con le tipiche “Blue notes”:
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Sommando le due scale e cominciando con la nota DO, ci troviamo con una fusione delle due scale, nelle quali appaiono
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due MI e due SI, di cui uno bemollizzato e l’altro no.
Il Blues non è solo musica viscerale. E’ un riflesso dell’anima sulla solitudine della vita, è il grido di liberazione di un
popolo vessato che ha saputo riscattarsi dalla schiavitù ed è l’odore della Nuova Era che si leva dalle paludi del
Mississippi. Erroneamente considerato musica ” ripetitiva “, di schema ” semplice ” e difficilmente gradita alle masse,
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”fare Blues” è un’arte per pochi.
IL CAMMINO DEL BLUES, DAL DELTA AL RESTO DEL MONDO
Simile all’acqua del fiume dal quale si origina ,questo genere musicale è uno dei pochi che prende ”la forma”
dell’ambiente circostante, adattandosi pienamente agli usi e costumi del luogo pur mantenendo intatta la sua anima. I
primi musicisti Blues , i famosi BLUESMAN ”brutti sporchi e cattivi” non avevano altre armi per suonarlo se non un
rudimentale strumento e la propria voce, ripercorrendo in parte ciò che fu l’essenzialità della musica dei rudi cowboys
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delle praterie.
Ma, se li paragoniamo tra loro, ci rendiamo conto che tra questi due generi musicali non c’è somiglianza, benchè
entrambi venissero suonati in acustica con chitarra e voce o chitarra e armonica. Ciò che li distingue NON E’ il senso di
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degrado che li accompagna, NON E’ la cultura Afro od Europea e NON E’ nemmeno il colore della pelle.
I Cowboys, i Ramblers e i Bluesman sono tutte persone sole che esprimono attraverso la musica il proprio malvivere e la
rabbia dell’alienazione. Ma, se il cowboy e il rambler appoggiano la propria malinconia agli echi del passato che risuona
nelle melodie ancora Old Time della propria terra, nel Bluesman si assiste ad un fenomeno che non ha precedenti nella
storia: privato anche del ricordo delle proprie tradizioni egli riesce a costruire per sè stesso una identità NUOVA che
tuttavia rimane africana nel gioco delle suggestioni e dell’utilizzo delle vibrazioni.
Nato nel Nuovo Continente egli conia una musica ATAVICA, ANIMISTA e SCIAMANICA proiettata verso il futuro ma
che si lega perfettamente alle tradizioni di un popolo (il proprio) che egli NON CONOSCE. Spinta verso ideali di
uguaglianza, liberazione ed indipendenza il Blues sarà il punto di svolta della musica che nascerà poi.
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SULLE RIVE DEL MISSISSIPPI,SCHIAVI LIBERATI, 1875
E, come la storia ha ormai assodato che l’Adamo della Bibbia era nero, è ormai chiaro che la prima grande musica dell’era
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MODERNA è africana.
Il grande fiume è fangoso; ma le sue acque spesso sono vortici e rapide cascate che a tratti si fermano in burrascosi
torrenti. Poi scende a valle e finalmente si ferma, rendendo limpida l’onda prima nerastra. Cosi’ è il Blues. Un giro di
accordi dai forti accenti ritmici che si gonfia in un urlo e si spegne in un sussurro, straziato in stanche dissonanze o
rianimato dal vibrare della voce. L’emblema di un popolo che rimane sempre se stesso ma che pure assume la forma del
contesto in cui vive.
Tecnicamente il Blues è costituito da 12 loop che si ripetono per l’intera melodia, con un tempo di 6/8 0 12/8 battute in
terzine, ma in pratica NON HA regole fisse ed è un genere assolutamente INDETERMINATO. Questo perchè, parlando a
livello tecnico, se lo si suona in Maggiore non si ha MAI la sensazione netta dell’accordo, ma a volte anzi sembra di
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suonarlo in MINORE, che la nota sia IMPRECISA e che abbia un aspetto calante. La famosa scala Blues , che è la sua
particolarità, viene in effetti suonata in Minore ma utilizza ANCHE la scala pentatonica Maggiore che viene PRIVATA
della sua componente armonica naturale. Per esprimere in parole povere il concetto, esistono nel Blues delle note ”non
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centrate ” ma leggermente calanti le quali, pur arrivando alla melodia precisa, lo fanno ”con qualche esitazione”.
Ne consegue che la melodia risulterà non immediata, leggermente rallentata e non orecchiabilissima. Per questo ”fare un
buon blues” dipenderà dalla gamma di variazioni che si utilizzeranno, dal gioco della voce e dal sapiente utilizzo della
scala pentatonica maggiore, cioè quella ”classica“, che andrà a riempire quegli spazi un pò cacofonici compensandoli con
la propria armonia. Sembra difficile? Beh, LO E’!
STRUMENTO AFRICANO (un tronco scavato secondo una linea di risonanza armonica)
CHE LA DICE LUNGA SUGLI STRUMENTI POI UTILIZZATI NEL BLUES.
Il Blues delle origini è sicuramente ”brutto, sgraziato e asincrono“, ma in grado di parlare alla gente. Si dice che sia nato
sul delta del Mississippi e sicuramente, quando l’industria discografica l’ha ”scoperto” accaparrandosene i diritti e
facendoci una fortuna, i neri lo cantavano già da tempo.
Se si parla del delta si deve parlare del Tennessee, di Memphis e di Vicksburg, che furono le prime terre percorse e abitate
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dagli Spagnoli e poi dai coloni Inglesi, ma più puramente era la zona delle antiche piantagioni
Bolivar, Cohaoma, Issaquena, Warren, Washington e Yazoo, dove la mescolanza tra Europei e Afro-Americani era più
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evidente…a svantaggio netto dei primi. Nel 1850 tale zona contava una popolazione di 51.847. abitanti suddivisa tra
13.153. bianchi e …38.711 schiavi! Le piantagioni, con annesse farms, erano 306.000. Tutta questa gente viveva in
un angusto ma stabile equilibrio: gli schiavi erano ormai…di madrepatria e, benchè i padroni mantenessero su di loro il
diritto di vita o di morte i tentativi di fuga erano minimi e le condizioni di vita decisamente migliori di quelle che saranno
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solo 20 anni dopo, con la fine della guerra di secessione.
DISEGNO DEL MISSISSIPPI,INIZI DEL 1800
Dopo la lunga giornata di lavoro al nero veniva “concessa” la musica: vietata la pratica del tamburo, dato il suo possibile
utilizzo come arma ”di sovversione e di rivolta“, ai figli d’Africa restava la possibilità di mimarne la ritmica con gli
strumenti a corde.
Pochi fortunati godevano dell’acquisto di violini, griot, halam e banjio, ma costruirsi uno strumento a corde con
striscioline di budella di animali era abbastanza facile. A ciò si aggiunsero le ”JUG “, cioè dei bottiglioni dal grosso collo
entro cui si soffiava e semplici arnesi di utilizzo comune, come le assi di legno per lavare i panni.
La chitarra sarebbe arrivata solo molto dopo, con gli immigrati Spagnoli e le prime ferrovie. Essendo molto costosa era
comunque difficile procurarsela, per cui si inizio a costruirne un ”surrogato” partendo da materiali di facile recupero
come ad esempio…le scatole di sigari!
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Le CIGAR BOX GUITAR imperversarono per vari decenni in tutti gli Stati Uniti del Sud e di loro non si è affatto spenta la
tradizione.
Pensate che ancora oggi a LOUISVILLE, nel Kentucky, ogni anno si celebra il CIGAR BOX GUITARS FESTIVAL che
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accoglie musicisti professionisti e non da ogni parte del mondo per sfidarsi a suon…di sigari!
Una cigar box guitar è uno strumento musicale rudimentale, appartenente alla
famiglia dei cordofoni.Lo strumento veniva costruito con mezzi di fortuna, come
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scatole di sigari appunto, dai braccianti afroamericani negli stati meridionali degli USA.
ESEMPIO DI JUG BAND – 1920
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UNA DELLE PIU’ VECCHIE CIGAR BOX GUITAR
ESISTENTI, RISALENTE AGLI INIZI DEL 1900
Ma già cosi’ il primo Blues è una scala pentatonica, con note appiattite e uso del vibrato, grida parossistiche e ritmi
sincopati in grado di ”adattarsi” anche alle fini orecchie degli inglesi e scozzesi che, d’altra parte, amavano ascoltare i neri
suonare.
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Miscelandosi alle suggestioni dei canti Spirituals, al lamento degli Hollers e passando indenni attraverso le Work Songs,
il Blues delle origini si differenzia poi con ”la Liberazione” della Guerra Civile. Sbandati, costretti a emigrare nelle paludi
da bonificare o assorbiti al nord nel duro lavoro delle Ferrovie gli ex schiavi si trovano a respirare la stessa aria degli
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emigrati Bianchi, i ”pezzenti tra i pezzenti”, dai quali imparano a suonare la chitarra o l’armonica a bocca. Altri, più
fortunati, incontrano la religione Cristiana e ne intuiscono il forte potere liberatorio integrandone i dogmi alla propria
individualità spirituale. Assistiamo quindi, tra il 1860 e il 1890 alla famosa ”spaccatura del Blues” che, nell’ambito dello
stesso delta del Mississippi, da un lato ”affonda nelle paludi” e dall’altro ”sale al Paradiso”.
Una delle primissime registrazioni della Louisville Jug Band, che fece storia grazie al suo leader, Earl McDonald, che poi
influenzò tutte le altre jug del periodo. 1903 c.a.
Il ”PERNACCHIONE” che sentite ogni tanto è ,appunto, la JUG (il bottiglione).
E che dire della famosissima band di GUS CANNON? Ascoltate come qui le cose cambiano.
Sostituita la JUG con l’armonica si entra nell’epoca nuova del blues…con mescolanze tipicamente Europee. Sempre 1928.
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Le cinque posizioni della scala blues
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Licks scale Blues
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Esercizio 2
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Esercizio 1
Esercizi 2 e 3
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Esercizio 4
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Esercizi 5 e 6
Esercizi 7 e 8
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Esercizi 9 e 10
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Il Texas Blues
Uno degli stili forse più puri e articolati, in grado ancora oggi di ”spingere” su suggestioni interessanti, benchè il tempo
del Blues sia per molti ormai finito.
Sto parlando chiaramente del TEXAS BLUES, un’ondata di ritmo e invenzioni sonore che impegnò non solo il territorio
del Texas da cui nacque, ma gran parte degli Stati Uniti ispirandosi alle tradizioni Afro e poi ”allargandosi” a influenze
Europee che ne determinarono e ne determinano ancora oggi una eccezionale modernità.
Possiamo distinguerne tre periodi, non del tutto collegati tra loro: il primo, quello più puro, inizia intorno al 1890 e si
colora delle tradizioni Anglo-rurali, ma anche di quelle Ispaniche, del Cajun e perfino della musica Creola. Il motivo sta
ancora nelle possenti migrazioni degli Afro-Americani che, liberi ormai dal giogo della schiavitù, cercavano zone franche
in cui lavorare e sopravvivere, accompagnati in questo anche da migliaia e migliaia di immigrati Europei tra i più
poveri, che tentavano di sfuggire alla fame e alle guerre dei loro paesi di origine. All’epoca il Texas era una terra ancora da
scoprire, con una densità di popolazione tra le più basse dell’America inizi ’900.
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Sostanzialmente si lavorava alle ferrovie, ma non dimentichiamo che molti tra i neri immigrati vennero assorbiti dal
”cowboy job”, di cui poco si parla. In definitiva comunque la condizione dell’Afro-Americano non cambiava di molto:
diseredati tra i diseredati affidavano la propria anima al triste canto BLUES, che innestava un certo non so che di
”maligno ” sulle loro persone. SON JACKSON, un grande bluesman conosciuto solo…dagli addetti al settore, spiega molto
bene l’atteggiamento sociale della gente nei confronti del Blues.
”Il Bluesman è un animale ferito che grida le proprie sofferenze senza possibilità di essere ascoltato. Ora, se lo facesse
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in chiesa, tutti sarebbero con lui poichè sarebbe un’anima che si affida a Dio. Ma poichè egli lo fa per le strade o da solo
o davanti a un pubblico di poveracci bevitori e donnaioli, allora è solo uno fuori di sè e la sua anima sporca lo attira a
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Satana. La differenza sta nell’approccio: in Chiesa sarebbe un peccatore che chiede la Grazia, cosi’ invece è un
peccatore e basta, anche se le cose che dice sono più o meno le stesse”.
UNA VEDUTA DI HUTTO (TEXAS)- 1890
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OPERAI DELLA FERROVIA IN TEXAS – 1890
Cosi’ il primo periodo del Texas Blues è nelle mani di disgraziati ed ex schiavi a cui spesso viene concesso di suonare nelle
feste di piazze o in quelle da ballo per i bianchi ricchi, ma lo si fa con violino e chitarra per non turbare ”col proprio
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peccato” le orecchie degli altri.
Conosciamo alcuni dei primi Blues del periodo grazie al collezionista GATES THOMAS, che raccolse alcune delle canzoni
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dei piantatori di cotone emigrati in Texas. I brani ”ALABAMA BOUND” e ”CC RIDER”, ad esempio, vennero poi
rielaborate dal famosissimo JELLY ROLL MORTON ma appartengono al filone della tradizione orale, spesso conservata
senza una vera e propria musica, di musicisti neri dei quali si è persa memoria.
Una delle più vecchie canzoni nelle quali sono già presenti le famose ”BLUE NOTE” è “Baby, Take a look at me!”
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trascritta poi da Thomas e Charles Peabody nel Mississippi qualche anno dopo.
NON SOLO AFROAMERICANI MA IMMIGRATI EUROPEI IN TEXAS – 1893
E’ interessante notare come il Blues del periodo abbia ancora due facce: quella un pò schizzata ma allegrotta delle feste e
quella purissima e malinconica della solitudine, spesso accompagnata da tecniche di variazione che ne amplificavano
l’opera di transfert col musicista. Già agli inizi del ’900 in Texas troviamo quindi l’utilizzo della SLIDE GUITAR, in gergo
chiamata BOTTLENECK (collo di bottiglia). Si tratta di una tecnica innovativa che alcuni confondono con il BENDING
del Delta, ma che in realtà ”parla” una lingua completamente diversa. Attraverso lo ”scivolamento” del collo della
bottiglia (in genere di vetro) sulle corde, il Bluesman riusciva a ricavare un effetto ”lamentoso” ( per intenderci un pò
HAWAIANO) che non alterava la trazione sulle corde come succedeva con il Bending dove il musicista, avvolgendo le dita
TECNICA BOTTLENECK
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in pezze di cotone, era costretto a tirarle per ricavarne un suono.
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L’effetto è completamente diverso: duro e a scatti col Bending, ”glissato” e continuativo con lo Slide. In tal modo il Blues
si colora di una magia difficilmente riproponibile con altre modalità. Mischiati al Blues altri stili come il JIGS (una tipica
danza Irlandese) e il REELS (altra danza ma di origine Scozzese).
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Potrete quindi comprendere la complessità di un modo nuovo di fare musica, che per la prima volta non si limita ad
assimilare stili diversi, come ad esempio è successo per il Blues del Delta, ma si “apre” al mondo per portarvi un prodotto
già rielaborato alla luce delle vicende storiche e sociali e non più solo personali.
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Inizialmente ostracizzato, guardato come rozza espressione di una sotto-classe e inviso dalla stessa comunità religiosa
nera, il Blues esplose poi in tutta l’America negli anni ’20.
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Non solo grazie a W.C. Handy di cui abbiamo già trattato e nemmeno sulla scia del successo delle Blues Singers di città, il
cui stile non aveva molto in comune con quello che impazzò per l’America qualche anno dopo. Ancora una volta furono le
etichette discografiche a determinarne il successo che, ricordiamo, non FU MAI tale per i Bluesman ma solo per i grandi
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produttori e gli investitori bianchi.
LA MAIN STREET DI CISCO, NEL 1920
In Texas la moda del Blues arrivò nel 1923 e si concentrò tutta a Dallas, dove le principali etichette che volevano portare
sul mercato ”quella roba da negri” che però piaceva tanto anche ai bianchi stabilirono un vero e proprio Quartier
Generale casalingo. Prima la OKEH ma poi anche la VOCALION, la BRUSWICK, la COLUMBIA, la RCA e infine la
PARAMOUNT inviarono a Dallas, ormai urbanizzata e ricca di conforts nonchè ben servita dalle ferrovie, i propri tecnici
e talentscout i quali insidiatosi negli alberghi per ricchi vi montarono il proprio studio di registrazione, allo scopo di
incidere ”seduta stante” e senza spese aggiuntive le cosiddette “RACE RECORDS”, quelle sotto-marche economiche
dedicate al nascente mercato Afro-Americano. Parte cosi’ il secondo grande periodo del Texas Blues.
Il primo grande artista ad essere registrato in loco fu lo storico BLIND LEMMON JEFFERSON. In realtà il musicista
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cieco (?) era già abbastanza famoso nell’East Texas da dove proveniva ma…come artista sacro!!!
QUESTA E’ FORSE L’UNICA FOTO ESISTENTE DI BLIND LEMON JEFFERSON
Fu proprio in chiesa all’angolo tra Elm Street e Central Avenue che venne scoperto da un talent scout della Paramount, e
infatti la prima incisione porta lo pseudonimo DEACON (Diacono) LJ BATES. Come a dire che tra il Blues sacro e quello
profano in fondo NON C’E’ una cosi’ profonda differenza! L’artista si firmò poi col suo vero nome per tutte le altre 70
registrazioni seguenti con la Paramount, fino al 1929 quando mori’ improvvisamente e con parecchie ombre.
Jefferson era un mirabile chitarrista e probabilmente il termine Texas Blues nacque con lui. Era in grado di ”martellare”
la chitarra per ottenere dei bassi essenzialmente ritmici e ripetitivi subito seguiti da note ”aperte” e dal suono quasi
arpeggiato, e il suo stile fece scuola influenzando gli innumerevoli artisti che si susseguirono in quelle sale d’incisione
improvvisate, come SAM HILL, BUDDY WOODS, WILLIE RED, nomi che forse non vi diranno molto perchè non sono
mai balzati ai cosiddetti ”onori della cronaca” ma che rappresentano una pietra miliare della storia del Blues. Subito dopo
l’oscuro LEADBELLY e l’aggressivo T.BONE WALKER, che applicarono le tecniche di Jefferson alla chitarra elettrica e
combinarono il Blues con le neonate suggestioni del Jazz e dello Swing.
L’utilizzo della chitarra amplificata segna l’ingresso del Blues nella società moderna.
Probabilmente fu EDDIE DURHAM con la sua band a darle quel risalto che in T.BONE WALKER era apparso come
intuizione. Avvicinandosi sempre più al Ryhtm’n Blues il ruolo della chitarra solista supera nel Jazz persino quello del
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sassofono, mentre nel Texas Blues sostituisce in larga misura il ruolo fino ad allora primario della voce.
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LA ZONA DEEP ELLUM, FULCRO E RITROVO DEGLI APPASSIONATI E DEI
BLUESMAN IN TEXAS DURANTE LA GRANDE DEPRESSIONE – 1930
Nel frattempo lo scoppio della Grande Depressione degli anni ’30 allontana temporaneamente le etichette dal mondo del
Blues: si spengono le luci delle sale d’incisione portate ”a casa” degli artisti e inizia un periodo di semi- oblio mantenuto
fortunatamente in vita da uno sparuto gruppetto di musicisti neri che si spostano nelle sale da ballo della zona sud del
Texas, come la sala da Ballo ROSE che a cavallo tra gli anni ’30 e ’40 fu davvero una vetrina di eccezione per i talenti del
Blues tipo BIG JOE TURNER, WILLIE NELSON o PEE WEE CRAYTON. Successivamente ci si spostò
a Houston, soprattutto quando negli anni’ 60 la zona Deep Ellum, il quartiere eccellente delle band, fu spogliata della
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ferrovia e relegata a ghetto industriale.
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Veramente a Houston molti musicisti avevano già preso alloggio, proprio per le migliori condizioni di vita e di
integrazione: qui troviamo SAM ”LIGHTNING” HOPKINS e suo cugino TEXAS ALEXANDER, ma
anche ROBERT SHAW e HERSAL THOMAS, il fratello di SIPPIE WALLACE.
Incidere a Houston era molto difficile. Le grandi etichette FREEDOM, MACY e PEACOCK arrivarono solo nel 1947 e
trovarono una vera e propria antologia vivente del Blues che esprimevano ancora una volta il cocente dolore del nero
emarginato arrivato li’ da una terra lontana per trovarvi solo fame e miseria. In questo filone ritroviamo nomi oggi
abbastanza conosciuti, come ALBERT COLLINS, JOE HUGHES e JOHNNY WATSON che comunque sono da molti
considerati gli esponenti ”storici” del terzo ed ultimo periodo del Texas Blues, quello già agonizzante, sposato al rock, al
BEAT e ad mondo trasformato dalle campagne Hippie che lo hanno defraudato delle ataviche radici. Queste nuove
correnti giunsero infine nella città di Austin, ultimo baluardo di un Texas che cambiava e con esso
la sua musica.
Dagli anni’60 ad oggi è storia recente.
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T.BONE.WALKER SHOW
STEVE RAY VAUGHAN, JIMMY VAUGHAM, JOE ELY e ANGELA STREHLI sono musicisti ultra conosciuti di suono
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familiare. Con loro la tradizione ”nera” del Blues si colora di ”bianco” e l’interesse verso questo genere inimitabile, in
grado di plasmarsi con l’ambiente circostante e di rinnovarsi al suono del tempo che passa, è cresciuto in tutta
l’America e non solo.
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E’ stato proprio grazie al Texas Blues che esso ha finalmente goduto del riconoscimento ufficiale della grandezza di un
popolo martoriato e mai sconfitto, che è stato in grado di insegnare al mondo che è nella musica che risiede l’anima di
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ognuno, e che grazie alla musica i popoli sopravvivono alla sopraffazione.
Dopo la raccolta delle tradizioni blues degli storici LOMAX, padre e figlio, grazie alle quali un intero universo di vita non
è stato perduto, l’intero Texas si è fatto promotore di una campagna mediatica di celebrazione e diffusione del Blues, di
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cui l’intero Stato è intriso fin dentro le ossa. Centinaia di manifestazioni e organizzazioni ogni anno coinvolgono la rete
dei media e quello delle feste popolari per perpetuare una tradizione che non intende spegnersi. Una campagna di
sensibilizzazione che ha contribuito in maniera eccelsa al riconoscimento dei diritti civili e sociali della popolazione AfroAmericana e che è culminata nel 1987 con un evento storico per l’intera nazione: una borsa di studio al pianista Blues
Afro-Americano ALEX MOORE, che viene consegnata direttamente dal patrimonio nazionale
del FOLK ART PROGRAM del NATIONAL ENDOWMENT for the ARTS. Il primo mattoncino di un edificio di
Uguaglianza, Amore e Rispetto che ci auguriamo arrivi presto a toccare il cielo.
Inusuale questa versione del celebre brano ”Baby, please don’t go” che siamo abituati ad ascoltare magari con la voce di
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Muddy Waters. Questa è la purissima incisione, datata 1941, di BIG JOE TURNER che la incise per primo nel 1935.
E terminiamo con tre pilastri del Texas Blues come Stevie Ray Vaughan, B.B. King e Albert Collins LIVE in un famoso
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concerto del 1988 a New Orleans. BUON ASCOLTO!
A proposito di Steve Ray Vaughan
Essendo un chitarrista che ha contribuito immensamente alla mia crescita musicale e verso il quale ho provato una
sincera passione, propongo alcune frasi celebri del suo repertorio, un chitarrista a mio modo di vedere da considerare un
vero maestro.
Con questo termine non intendo enfatizzare alcunchè, tantomeno mitizzare la figura, semplicemente l’esperienza e
l’ascolto di centinaia di chitarristi mi porta ad affermare come Vaughan faccia parte di quella ristretta cerchia di musicisti
dai quali davvero e continuamente si può attingere per approfondire e focalizzare meglio quanto ci interessa e appassiona
in merito all’uso della chitarra.
Come nessun altro a mio avviso egli ha saputo mantenere intenso il “messaggio” che il Blues porta con sé dalle origini,
reinterpretandolo in chiave moderna grazie alla chitarra elettrica.
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Tratto da Mary Had A Little Lamb:
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Tratto da Chitlins Con Carne:
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Tratto da Little Wing:
VAUGHAN MEMORIAL STATUE
AUSTIN – TEXAS
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Tratto da Scuttle Buttin:
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Tratto da I'm Cryin:
Discografia Steve Ray Vaughan
1983 - Texas Flood
1984 - Couldn't Stand the Weather
1985 - Soul to Soul
1986 - Live Alive!
1989 - In Step
1990 - Family Style - (con Jimmie Vaughan)
1991 - The Sky Is Crying
1992 - In The Beginning - (1980; con Jackie Newhouse al basso)
1997 - Live At Carnegie Hall - (1984; sez. fiati Roomfool of Blues e A.Strehli)
1999 - In Session - (1983; con Albert King)
1999 - The Real Deal: Greatest Hits Volume 2
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1995 - Greatest Hits
2000 - Live at Montreux 1982 & 1985
2000 - SRV [box set]
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2000 - Martin Scorsese Presents The Blues - Stevie Ray Vaughan
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1999 - Unplugged Collection, Vol. 1 - (1990; solo un brano suonato da Stevie, acustico)
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2007 - The Real Deal: Greatest Hits
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2002 - The Essential Stevie Ray Vaughan and Double Trouble
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Tratto da Little Wing:
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Tratto da Little Wing:
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Tratto da Riviera Paradise:
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Tratto da Pride And Joy:
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Tratto da Rude Mood:
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Tratto da Chitlins Con Carne:
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Tratto Rude Mood:
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" La melodia e l’armonia non devono essere che mezzi nella
mano dell’artista per fare della Musica, e se verrà un
giorno in cui non si parlerà più né di melodia né di
armonia né di scuole tedesche, italiane, né di passato né
di avvenire ecc allora forse comincierà il
regno dell’arte.”
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Giuseppe Verdi