Valutazione delle performance degli arti inferiori

Valutazione delle performance degli arti inferiori
Tratto da:
E. Bassani. «Approccio strumentale alla quantificazione dello Squat Jump con le nuove tecnologie». Tesi di laurea magistrale in Scienze e Tecniche dello Sport. Relatore: S. Ramat. Università degli Studi di Pavia, A.A. 2012/2013.
P. Zago. «Valutazione delle performance degli arti inferiori con strumentazione dedicata – Studio su un gruppo di calciatori dilettanti». Tesi di laurea magistrale in Educazione Motoria Preventiva ed Adattata. Relatore: G. M. Bertolotti. Università degli Studi di Pavia, A.A. 2012/2013.
Introduzione
• Sempre di più l’uomo, nelle varie discipline sportive, cerca di sfruttare al massimo tutti i fattori che influenzano la prestazione spostando sempre un po’
più avanti i propri limiti, in modo da raggiungere e rimanere sul grandino più alto del podio. • Dopo il confronto sportivo, atleti sia perdenti che vincenti analizzano i particolari che possono fare la differenza. • È nata così nello sport l’esigenza di “misurare” non solo il risultato finale della prestazione ma anche i parametri a esso connessi.
Introduzione
• Lo sport è sempre più incentrato sul particolare e le nuove tecnologie favoriscono la scoperta di dettagli che un tempo erano invisibili: dall’uso della telecamera per visualizzare i movimenti dell’atleta in alcuni millisecondi, all’utilizzo di dispositivi elettronici durante l’allenamento per monitorare performance fisiche e fisiologiche.
• Accanto a nuovi metodi e strumenti più moderni, restano comunque molto utilizzati alcuni pilastri portanti della valutazione funzionale del corpo umano, come per esempio il test di Bosco per gli arti inferiori (Bosco, Luhtanen, & Komi, 1983). Introduzione
• Questo test, per la valutazione dei salti, rimane tuttora il più affidabile per stimare la performance massima esprimibile dai muscoli estensori degli arti inferiori dell’atleta.
• Lo studio del salto permette di avere una visione delle abilità dell’atleta essendo uno dei movimenti maggiormente impiegati nelle discipline sportive più
comuni, come per esempio nella pallavolo per murare la palla, nel calcio per colpire di testa un pallone, nel tennis durante il servizio, nel basket durante un tiro libero e nell’atletica nei salti.
Introduzione
• In un recente lavoro svolto presso il CRIAMS dell’Università
di Pavia (Bassani 2013) sono stati analizzati due tipi di salti verticali, nello specifico lo squat jump e lo squat jump con contro‐movimento, utilizzando uno strumento molto diffuso come l’accelerometro, cioè un sensore di movimento ormai integrato in qualsiasi smartphone. • I risultati ottenuti con questo innovativo dispositivo molto piccolo e maneggevole sono stati confrontati con quelli ricavati dalla pedana di forza, un attrezzo ideato negli anni ’70 per il calcolo del tempo di volo. • Inoltre, entrambi i sistemi sono stati confrontati con una tecnologia ancora più moderna che permette l’analisi tridimensionale dei movimenti, il sistema SIMI, che comporta l’utilizzo di quattro videocamere sincronizzate.
Il salto verticale
• Il salto verticale è un movimento previsto in molti sport, non solo con l'obiettivo primario di raggiungere la massima altezza, ma anche per colpire un pallone da calcio o una palla da tennis, per intercettarne la traiettoria come nel basket o nella pallavolo. • A causa della frequenza e dell'importanza del salto verticale in differenti sport, la capacità di un atleta nel salto verticale non è solo legata alla performance di successo in uno sport, ma è spesso considerata un indicatore delle capacità atletiche dell’atleta in generale; il salto verticale è
utilizzato, come paradigma di riferimento, per la valutazione della potenza esplosiva nel movimento umano e nello sport. • Alcune ricerche, infatti, mostrano come le prestazioni di salto verticale siano collegate alla velocità nello sprint massimo (Kale et al., 2009) e alla capacità di sollevamento pesi (Vizcaya et al., 2009).
Il salto verticale
• Un’atleta può eseguire diversi tipi di salti verticali che si differenziano per vari fattori, tra cui: posizione iniziale (statica o dopo un run‐up), decollo (da un piede o entrambi i piedi), movimento delle braccia (con o senza movimento delle braccia) e movimento delle gambe (contro‐movimento o squat). • Nel presente studio sono stati valutati due tipi di salto statico con decollo da entrambi i piedi: un salto con contro‐movimento (Counter Movement Jump – CMJ) e un salto squat (Squat Jump – SJ), entrambi con braccia vincolate.
Lo Squat Jump (SJ)
• Nello SJ, partendo dalla posizione di mezzo squat (gambe flesse a circa 90°), si estendono gli arti inferiori senza eseguire contro movimento, ovvero senza eseguire un ulteriore piegamento sulle gambe; l’altezza del salto, differenza tra la massima posizione verticale raggiunta dal baricentro e la sua altezza iniziale, dà indicazioni sulla capacità di esprimere forza esplosiva del soggetto.
Il Counter Movement Jump (CMJ)
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Il CMJ, invece, prevede una posizione di partenza eretta a cui segue un piegamento sulle gambe di circa 90° che consente al soggetto di incrementare la successiva spinta; anche durante l’esecuzione di questo tipo di salto, le braccia restano fisse ai fianchi. In questo tipo di salto aumenta l’altezza massima raggiunta rispetto al precedente, grazie alle strutture elastiche delle fibre muscolari e ai tendini: per questo motivo è un buon indicatore della forza esplosivo‐elastica.
Biomeccanica dello SJ e del CMJ
• Durante l’esecuzione di un salto vengono sollecitati diversi gruppi muscolari appartenenti agli arti inferiori. • In particolare, i muscoli maggiormente implicati in uno SJ o CMJ sono posizionati intorno alle articolazioni delle gambe, ginocchio, caviglia, e vicino al bacino.
• Nelle figure seguenti è rappresentata la muscolatura adiacente alle articolazioni delle gambe, ginocchio e caviglia: il retto femorale, gastrocnemio, semi‐membranoso, semi‐tendinoso e il capo lungo del bicipite femorale; questi ultimi tre vengono anche chiamati muscoli ischiocrurali.
Immagine anatomica superficiale della muscolatura superiore della gamba sinistra anteriore e posteriore
Immagine anatomica
superficiale della muscolatura superiore della gamba sinistra anteriore e posteriore
• Nella figura seguente sono invece descritti i muscoli presenti vicino al bacino come il grande gluteo, che ha una grande massa muscolare nella parte prossimale con invece una piccola massa muscolare nella parte distale.
Immagine anatomica della muscolatura del bacino piano profondo frontale e piano superficiale posteriormente
• L’attivazione di questi muscoli avviene in differenti momenti. Sarà descritta l’attivazione dei vari muscoli durante un CMJ che, tra i due salti analizzati, ha il movimento più complesso (Nagano, Komura, Fukashiro, & Himeno, 2005).
– i muscoli estensori mono‐articolari delle gambe hanno un’attivazione massima durante la fase di spinta (vedi figura seguente); – il muscolo retto femorale è attivato in modo sotto massimale durante l’inizio della fase di contro‐movimento, in modo massimale alla fine della fase di stacco; – i muscoli ischio‐crurali sono attivati in modo massimale per quasi tutta la fase di spinta, in seguito sono inibiti prima dello stacco; – il gastrocnemio è attivato in modo sotto massimale all’inizio della fase di contro‐movimento e in modo massimale durante la fase di spinta; – i muscoli flessori mono‐articolari delle gambe sono attivati all’inizio della fase di contro‐movimento (vedi figura seguente).
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Il profilo dei livelli di eccitazione dei muscoli durante la fase di spinta nel CMJ, dal segnale elettromiografico. La condizione di estensione nulla è rappresentata dallo 0 mentre la massima estensione è rappresentata dal valore 1. La linea verticale rappresenta lo stacco da terra. I muscoli sono –
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ILIOP: muscolo iliopsoas, GMAXI: muscolo grande gluteo, GMEDI: muscolo medio gluteo, GMIN: muscolo piccolo gluteo, ADDLO: muscolo adduttore lungo, ADDMA: muscolo grande adduttore, ADDBR: muscolo adduttore breve, HEXRO: muscoli rotatori esterni dell’anca, RECTF: muscolo retto femorale, HAMST: zampa d’oca, VASTI: i vasti, BFESH: muscolo bicipite femorale capo breve, GASTR: muscolo gastrocnemio, TIBAN: muscolo tibiale anteriore, SOLEU: muscolo soleo, OPFLE: muscoli mono‐articolari flessori plantari diversi dal soleo.
• Per quanto riguarda la forza muscolare sviluppata prima dello stacco, essa è quasi nulla per la maggior parte dei muscoli per una co‐contrazione quando si ha una coordinazione ottimale durante salto. • Il grande gluteo, il vasto mediale, il vasto intermedio, il vasto laterale, il gastrocnemio, il soleo e gli altri muscoli flessori del piede, producono molta potenza e lavoro, essendo i muscoli utilizzati maggiormente durante il salto.
• Si osserva anche che il grande gluteo, i vasti, il muscolo soleo e gli altri flessori plantari, sono massimamente attivati da quest'ultima fase del contro‐movimento allo stacco: questo risultato è coerente con l'ipotesi che questi muscoli sono gli attuatori primari nel salto.
• Durante il CMJ è importante il ruolo della forza di reazione del terreno: essa è minore del peso del corpo durante la fase di contro‐movimento, ma diventa più importante del peso del corpo durante la fase di stacco. • Possiamo considerare il movimento dello SJ come un sottoinsieme del CMJ dato che la differenza tra i due è la fase di caricamento precedente allo stacco. • Il raggiungimento della posizione di partenza dello SJ comporta la flessione dell’articolazione del bacino e del ginocchio e la flessione dorsale dell’articolazione della caviglia. • I muscoli vengono attivati in modo eccentrico sotto l’influenza della forza di gravità. • Nella posizione iniziale dello SJ il centro di massa si trova spostato in avanti rispetto al calcagno del 50% della lunghezza dei piedi. • In quel momento entrambe le caviglie sono rivolte in avanti con una flessione plantare dovuta all’attivazione del muscolo gastrocnemio laterale che evita una possibile perdita di equilibrio (Dionisio, Almeida, Duarte, & Hirata, 2008).
• Durante la fase di stacco si ha l’estensione contemporanea di bacino e ginocchia, causata dall’azione antagonista del retto femorale che si accorcia per uno e si allunga per l’altro, dando come risultato un sostanziale non cambiamento della lunghezza del muscolo. • Proprio per questo motivo si ha un’alta produzione di forza ma un lavoro limitato. • La contrazione dei muscoli estensori del bacino, oltre all’estensione delle anche, produce anche l’estensione delle ginocchia, dovuta alla spinta sul retto femorale in tensione. • Una porzione dell’energia prodotta viene trasferita attraverso il retto femorale e applicata sotto forma di lavoro sulle ginocchia. • Una situazione simile si ha per il gastrocnemio, dove i muscoli estensori delle ginocchia (i vasti) estendono l’articolazione e una porzione di energia generata viene trasferita attraverso le tensioni muscolari e applicata sotto forma di lavoro sull’articolazione della caviglia. • Circa la metà dell’energia generata dagli estensori del bacino è trasferita nelle parti distali per aiutare l’estensione di ginocchia e caviglie. • Le grandi masse muscolari del bacino compensano la bassa produzione di forza dei muscoli più piccoli presenti vicino a ginocchia e caviglie, producendo l’energia meccanica necessaria per un ottimale SJ
• Durante un salto il lavoro meccanico viene generato principalmente da alcuni muscoli, come il muscolo mono‐
articolare, il grande gluteo, i vasti, il muscolo soleo e i flessori plantari, mentre risulta meno importante il lavoro prodotto dai muscoli bi‐articolari, dal retto femorale e dai bicipiti femorali, i quali entrano in funzione per trasferire potenza e energia piuttosto che generarla. • Inoltre, i muscoli posteriori della coscia, i vasti, il gastrocnemio, il muscolo soleo e i flessori plantari possono accumulare una maggiore energia elastica grazie alla presenza di una lunga serie di fibre elastiche presenti nel muscolo stesso: la maggior parte dell’energia elastica immagazzinata in una serie di elementi elastici può essere riallocata appena prima dello stacco e contribuire al raggiungimento di un’altezza nel salto maggiore (Umberger, 1998).
• Altri muscoli come il medio gluteo, minimus
glutei, adduttori e rotatori esterni dell'anca producono un minore contributo in termini di lavoro meccanico e potenza poiché
partecipano al movimento di segmenti muscolari con una limitata possibilità di allungamento e accorciamento durante il salto. • Nonostante il loro minor contributo, questi muscoli svolgono comunque un ruolo essenziale nella generazione di moto nel salto attraverso la stabilizzazione del movimento dell’articolazione dell’anca.
Differenze biomeccaniche SJ e CMJ
• Le differenze tra la tipologia di salto CMJ e SJ sono (Bobbert, Gerritsen, Litjens, & Van Soest, 1996; Linthorne, 2001a): – la posizione di partenza; – la maggiore forza di reazione del terreno durante l’inizio della fase di decollo; – un’attivazione muscolare più alta che non deve solo contrastare la forza peso; – l’accumulo e il riutilizzo dell’energia elastica durante l’inizio della fase di spinta;
– la maggiore velocità verticale per quanto riguarda il CMJ nella fase di decollo; – il maggiore lavoro prodotto durante il salto dopo il contro‐
movimento; • Tutti questi fattori, collegati fra loro, danno come risultato un aumento dell’altezza del salto nel CMJ.
Energia elastica nel CMJ
• Il CMJ si differenzia dallo SJ poiché prevede un ciclo stiramento‐accorciamento, movimento prima del vero e proprio salto: durante la fase di spinta si può notare un aumento della forza espressa durante la fase concentrica del salto. • Questo potenziamento della fase concentrica è
imputabile sia al fenomeno di accumulo e conseguente restituzione di energia elastica da parte della componente elastica in serie del muscolo, sia ad una modificazione transitoria delle caratteristiche meccaniche di rigidità dell'unità muscolo‐tendinea. Energia elastica nel CMJ
• Tuttavia, queste variabili da un lato sono influenzate dalla velocità alla quale si effettua la fase di pre‐
stiramento, dall’altro questi fattori influenzano l’andamento della produzione di forza durante la prima parte della fase concentrica. • Una maggiore velocità di pre‐stiramento determina il potenziamento dei fattori della fase concentrica nel salto e l’aumento della velocità verticale al momento dello stacco e della potenza media registrata nella fase di spinta (Bisciotti, Mognoni, Iodice, & Canclini, 2002).
Considerazioni fisiche: Forze, Lavoro e Potenza
• Lo SJ può essere considerato tra i migliori test indicatori delle capacità esplosive dagli arti inferiori grazie alla sua durata limitata e alla sua alta intensità.
• La forza esplosiva degli atleti può essere quindi correlata a due diversi parametri fisici: la potenza massima espressa e il lavoro meccanico. • In ogni caso, per poter sviluppare nuovi metodi per incrementare la potenza espressa degli arti inferiori, bisogna partire dallo stabilire una tecnica di misura adeguata e ripetibile nonché da un’accurata analisi delle relazioni che intercorrono tra i vari parametri fisici implicati nei salti: velocità, accelerazione, massa del corpo, altezza del salto e variazione dall’altezza del centro di massa.
• Durante la fase di volo di uno SJ o un CMJ si può considerare il soggetto come un corpo rigido con un centro di massa (CM) definito come punto geometrico in cui è esercitata tutta la massa e su cui agiscono tutte le forze. • Nel salto lo spostamento del centro di massa segue le leggi del moto uniformemente accelerato. • Partendo quindi dall’ipotesi che il corpo si trova in un campo con gravità uniforme ed indipendente dal tempo, l’accelerazione che agisce su di esso è la sola accelerazione gravitazionale, 9.81 m/s2 (g).
• Il soggetto nella fase di stacco ha una velocità verticale (vy) che diminuisce fino a diventare nulla nel punto di altezza massima. • Durante la caduta verso il basso, se nella fase di volo e in particolare i quella di atterraggio il soggetto mantiene le gambe tese come lo erano allo stacco, la velocità
aumenta di nuovo, accelerata dalla gravità, fino a raggiungere lo stesso valore (v0) all’atterraggio, ma in verso opposto.
• Il tempo trascorso in movimento verso l'alto (ta) e verso il basso (tb) è uguale e pari a:
• dove tf è uguale al tempo di volo totale. • La velocità v0 durante la fase di decollo o atterraggio è uguale a:
• Lo spostamento verticale del centro di massa segue la legge del moto uniformemente accelerato:
• Che, nel caso che stiamo analizzando, diventa:
• Nel caso le spinte non sia puramente verticale lo SJ può anche essere visto sotto forma di moto parabolico (Linthorne, 2001b) ossia moto bidimensionale prodotto dalla combinazione di due moti rettilinei simultanei ed indipendenti: – moto rettilineo uniforme: sx(t) = v0x * t; – moto rettilineo uniformemente accelerato: sy = v0y * t − 1/2 * g * t2 . • Alternativamente il salto verticale può essere studiato considerando il principio di conservazione dell’energia, ossia la somma dell’energia cinetica iniziale e di quella potenziale è
costante durante il salto, per cui:
• dove m = massa totale del soggetto, hTO = altezza del CM al tempo di stacco, hpeak = altezza del CM nel momento in cui il CM è alla massima altezza, vTO = velocità al tempo di stacco, vpeak = velocità
nel momento in cui il CM è alla massima altezza (vedi figura successiva).
• Facendo alcuni calcoli si trova che anche in questo caso lo spostamento verticale del CM è dato da: • Il lavoro (W) eseguito durante un salto verticale può essere calcolato usando le seguenti formule:
• La potenza meccanica (P) è calcolata nella seguente formula: • dove tc rappresenta il tempo di contatto durante la fase di spinta.
Stato dell’arte: le tecniche proposte in letteratura per la misura del vertical jump
• Il salto è stato uno dei movimenti più studiati dai biomeccanici e fisiologi poiché costituisce il movimento “esplosivo” per eccellenza ed è
generalmente utilizzato per valutare le caratteristiche di forza degli arti inferiori. • Nel 1921 Sargent propose il “Sargent test”: il protocollo del test prevedeva che l’atleta effettuasse il Contro Movimento Jump (CMJ), una tipologia di salto verticale preceduto dal piegamento a 90° delle ginocchia, e toccasse con la punte delle dita di una mano una scala centimetrata affissa alla parete, come mostrato in figura seguente; la differenza tra l’altezza raggiunta e quella di partenza forniva l’altezza del salto.
• Nel 1938 Abalakov fece una revisione del “Sargent test”: si trattava di una fettuccia centimetrata fissata alla cintura dell’atleta, avvolta in un rullo girevole posto a terra che si svolgeva durante il salto misurandone l’altezza.
Utilizzo di pedane di forza
• I primi veri e propri studi però si sono potuti effettuare solo con l’avvento delle pedane dinamometriche attorno al 1971 ad opera di Cavagna. Carmelo Bosco nel 1980 sviluppò un’apparecchiatura elettronica chiamata “Ergojump”
(Junghans GMBH‐Schramberg, BRD) che permetteva di misurare il tempo di volo. • Questo dispositivo era composto da un timer digitale (+/‐ 0,001 s) connesso, attraverso un cavo, a una piattaforma resistiva o capacitiva. Il timer veniva attivato quando i piedi del soggetto lasciavano la piattaforma e si fermava nel momento in cui la ritoccavano, ottenendo così il tempo di volo. Utilizzo di pedane di forza
• Questo metodo di calcolo ipotizza che la posizione di stacco e di atterraggio siano identiche: è stato calcolato che l’errore causato da questa ipotesi è di +/‐2% (Komi & Bosco, 1978). • Bosco e Komi nel 1983 inoltre, misero a punto anche un nuovo jump test che calcolava la potenza meccanica degli arti inferiori valutando una serie di squat jump ripetuti per un periodo di tempo che poteva variare da 15 a 60s a step di 15s. Più recentemente sono analizzate le caratteristiche meccaniche che determinavano le abilità di salto: massima forza espressa, massima velocità espressa e altezza del baricentro all’istante di stacco. • La variazione del 10% di uno di questi fattori induceva un cambiamento dell’altezza del salto dal 6 al 15% (Samozino, Morin, Hintzy, & Belli, 2010)
Utilizzo di accelerometri indossati
• Nel frattempo lo sviluppo tecnologico ha portato a nuovi strumenti che sono stati messi a disposizione della ricerca oltre alla pedana di forza: sistemi video più evoluti e dispositivi miniaturizzati e affidabili come gli accelerometri MEMS (Micro Electro Mechanical Elements).
• Questi ultimi possono dare informazioni circa il comportamento di ogni segmento corporeo, su cui vengono indossati, durante movimento; è stato dimostrato che riescono a fornire a basso costo, rispetto ad apparecchi di laboratorio, un metodo affidabile per misurare l’accelerazione imposta in una (uniassiali) o in più direzioni (bi‐ e tri‐assiali) e lo shock trasmesso dopo l’atterraggio. • Inoltre, i più recenti hanno piccole dimensioni e basso peso così da non introdurre artefatti e perturbazioni nel segnale ed evitare la saturazione dello stesso durante la fase d’impatto.
• Considerando il corpo umano come un corpo rigido in letteratura sono stati utilizzati due diversi posizionamenti:
– sulla caviglia in modo da limitare al massimo l’errore causato da oscillazioni sul piano orizzontale o verticale – il più vicino possibile al centro di massa tipicamente nell’area dorsale a livello di L4‐L5 (Hasan et al. 1996;Winter 1990) che permette a un accelerometro triassiale di acquisire informazioni sui movimenti antero‐posteriori e medio‐laterali. • Già nel 2006 è stata fatta una dettagliata analisi biomeccanica dello SJ utilizzando un accelerometro uniassiale calibrato sul campo gravitazionale terrestre e posizionato anteriormente su un sopporto semi‐rigido inserito su una cintura.
• L’obbiettivo era di misurare la componente verticale dell’accelerazione, trascurando le componenti trasversali e orizzontali ed ottenere dei parametri di performance: lo studio ha interessato due categorie di soggetti, atleti e non, per poter definire le differenze e quindi un riferimento minimo per gli atleti (Innocenti & Facchielli, 2006).
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Dalla posizione di partenza con angolazione del ginocchio di circa 120° (+/‐5°) e dorso eretto sono stati definiti 8 punti caratteristici: A‐B: fase di inizio del salto con abbassamento del centro di massa dovuto al rilassamento muscolare delle gambe per effetto della forza di gravità. B‐C: fase di spinta; in C l’accelerazione è nulla (forza muscolare = forza peso). C‐D: accelerazione positiva; in D massima accelerazione causata dall’espressione della massima forza muscolare. D‐E: fase di push off dove il soggetto estende le ginocchia; in E la forza muscolare è
uguale alla forza peso. E‐F: fase in cui la forza esercitata dai muscoli diventa inferiore alla forza peso dando luogo ad un’accelerazione negativa. G‐H: fase discendente dove G è il picco del salto e H è l’atterraggio. In F‐H l’accelerazione assume un valore costante uguale all’accelerazione gravitazionale.
• Lo studio (Innocenti & Facchielli, 2006) individua un valore K come rapporto tra le aree MCP (area della fase di contrazione muscolare) e UWP (area della fase al rilassamento muscolare).
• Dall’analisi del fattore K è stato dimostrato che per gli atleti d’elite la probabilità di avere un valore maggiore di 2 è del 90% mentre per i non atleti tale probabilità è solo il 10%.
• Lo studio riconosce K e MCP come parametri utili per definire la prestazione nello squat jump ed indicatori usati per l’allenamento degli atleti (vedi Tabella 3.1).
• Sempre nel 2006 fu presentato un altro lavoro basato su un accelerometro triassiale che analizzava, attraverso un algoritmo dedicato, il tempo di volo usando come riferimento una pedana di forza e un sistema stereofotogrammetrico
(Quagliarella & Sasanelli, 2006)
• Il protocollo del test prevedeva cinque salti con contro movimento a mani libere considerando come inizio della fase di volo il massimo relativo precedente a una fase di freefall, dove i valori erano vicini allo zero e come fine il massimo successivo.
• E’ stata dimostrata un’ottima correlazione (0,96) e un errore del 4.6% tra la forza di reazione al suolo (Ground Reaction Force, GRF) e il tempo di volo misurato dall’accelerometro. • Questo ha permesso di discriminare la performance tra i 124 soggetti atleti e non.
• Studi più recenti sono stati realizzati sempre utilizzando accelerometri triassiali e facendo riferimento alla pedana di forza per verificare le validità di risultati ottenuti con le tecniche accelerometriche proposte.
• Nel 2008 dopo un’analisi della curva accelerazione‐tempo, come per la curva di forza, sono state identificate sei regioni di interesse: riposo, preparazione, stacco (take‐off), volo, atterraggio, recupero e riposo (Palma, Silva, Gamboa, & Mil‐Homens, 2008).
• La metodologia per determinare il tempo di volo a partire dal segnale dell’accelerometro posizionato nella parte bassa della schiena era basata sull’analisi morfologica delle curve di accelerazione di una serie di 60 salti. • Dal confronto della curva di accelerazione con la rispettiva curva di forza si sono notate correlazioni con il tempo di volo che hanno portato allo sviluppo di 2 differenti algoritmi. • Entrambi gli algoritmi basano le misure di tempo e ampiezza sulla curva di accelerazione media determinata dai segnali e filtrata usando una finestra di 250 punti. • Il primo algoritmo usa l’ampiezza della curva nella fase di atterraggio che è caratterizzata da nette variazioni del segnale di accelerazione dovute alla vibrazione dell’accelerometro quando i piedi toccano la pedana (va1).
• Il secondo algoritmo determina l’intervallo di tempo tra il minimo del segnale filtrato relativo alla fase di volo e il picco relativo all’impatto.
• L’analisi delle correlazioni tra questi parametri ed i tempi determinati dal segnale della piattaforma mostra che il secondo algoritmo offre risultati comparabili (r=0,933) con la pedana e la misura ottenuta può considerarsi un predittore
del tempo di volo avendo un coefficiente di errore del 2,9%. • Uno studio del 2010 ha applicato, invece, due accelerometri triassiali alle caviglie per l’acquisizione del segnale ed elaborare un algoritmo per confrontare i risultati con una piattaforma piezoelettrica, oltre a valutare la coordinazione delle caviglie e la loro rotazione durante il movimento. • I 51 soggetti a cui è stato applicato il test erano persone sane o soggetti con pregressi problemi a un tendine d’Achille (Quagliarella & Sasanelli, 2010)
• In questo studio venivano valutati il salto SJ e quello CMJ (cinque salti per persona). • Il tempo di volo ottenuto era correlato a quello della pedana (coefficiente di Spearman >0,95) con un massimo errore medio su cinque salti per soggetto di 4,8%. • Gli indici relativi alla coordinazione del movimento rispecchiavano la situazione clinica dei soggetti. • L’accuratezza è stata testata con un algoritmo che teneva conto dell’errore medio e dell’errore massimo di ogni soggetto. • Il metodo ha preso in considerazione la sequenza dei picchi; gli istanti del picco massimo della fase di takeoff e di atterraggio furono considerati come i centri di due intervalli all’interno dei quali venivano selezionati il punto di takeoff e di atterraggio. • Questi sono stati individuati come il minimo tra due massimi locali per fase di takeoff e il minimo prima del massimo per fase d’atterraggio (vedi figura seguente).
• Questo studio ha permesso di ottenere informazioni sul comportamento di ogni piede durante l’esecuzione del salto attraverso tre parametri: 1.
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Grado di correlazione del segnale dell’accelerometro su ciascuna caviglia: ogni differenza derivante da un movimento asimmetrico può perciò essere sottolineata. Coefficiente di correlazione di Pearson che fornisce informazioni sulla correttezza del movimento. L’integrale dell’accelerazione durante la fase di volo, connesso all’efficacia della fase di spinta come conseguenza della rotazione delle caviglie. • In conclusione, il metodo offre un sistema facile e poco costoso per valutare la performance del salto sia per scopi clinici che sportivi. • Un recente studio del 2012 ha determinato la validità, affidabilità e portabilità di un sistema microelettromeccanico (MEMS) Keimove
nella misurazione del tempo di volo e velocità di stacco durante uno squat jump con contromovimento (CMJ). • Si è preso come riferimento una telecamera ad alta velocità (HSC) e una pedana di forza (FP) sincronizzata con un trasduttore lineare di posizione (LPT). • I soggetti del test erano 30 giocatori di calcio che avevano familiarità con la pedana di forza ed a cui venivano richiesti tre CMJ (Requena & Requena, 2012).
• L’accelerometro era posizionato nella regione lombare con una cintura specificatamente progettata, il più vicino possibile al centro di massa.
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I dati del sistema Keimove, composto da un accelerometro inerziale 3D, un giroscopio 3D e un magnetometro, erano trasmessi via Bluetooth a un computer portatile. La fase di volo era considerata come intervallo di tempo in cui l’accelerazione verticale era uguale o più bassa di quella gravitazionale; lo stacco era determinato come l’istante prima della fase di volo. Velocità e stacco erano ricavate dall’integrazione delle registrazioni dell’accelerazione.
• Il sistema Keimove ha permesso di misurare in maniera affidabile la velocità allo stacco e il tempo di volo durante test di vertical jump.
• La velocità nello stacco misurata tipicamente in laboratorio è considerata, da questo studio, la principale variabile descrittiva di un vertical jump
(Musayev 2006; Reiser e altri 2006) ed il suo valore è
indipendente dal movimento del corpo durante il tempo di volo.
Approccio strumentale alla quantificazione dello Squat Jump
con le nuove tecnologie
E. Bassani, 2013
Soggetti
• I test sullo SJ e CMJ sono stati eseguiti da soggetti sani con un’età compresa tra i 17 e i 26 anni che praticavano attività fisica regolare e praticavano sport differenti (tennis, calcio, pallavolo, basket o palestra) a livello amatoriale o agonistico.
Strumentazione impiegata
• Per l’acquisizione dei dati dei salti sono stati utilizzati la pedana di forza QuattroJump (di Kistler) e l’accelerometro MEMS triassiale (di STMicroelectronics) connesso al PC tramite il sistema di comunicazione senza fili ZigBee. • Oltre a questi due sistemi è stato impiegato anche un sistema di video analisi 3D (Simi System) composto da quattro fotocamere e gestito da un apposito computer.
• I dati ottenuti da queste strumentazioni sono stati prima visualizzati e successivamente analizzati attraverso il programma software MATLAB dove è stato creato un codice ad hoc per l’analisi e il confronto dei dati.
Pedana di Forza
• Le pedane di forza sono gli strumenti maggiormente usati per la valutazione dei salti poiché sono in grado di fornire direttamente una misura del tempo di volo. • Il tempo di volo può esser definito come l’intervallo tra l’istante in cui il corpo lascia il terreno e il successivo contatto con il terreno e può fornire importanti informazioni riguardo la massima altezza raggiunta dal centro di massa. • La pedana utilizzata nei test è la QuattroJump, pedana portabile della Kistler dalle dimensioni di 920x920x120 mm, dotata di quattro sensori di forza piezoelettrici che agiscono sull’asse verticale campionati ogni 2 ms.
• La pedana può valutare differenti tipi di salti, in particolare:
squat jump, squat jump con pesi, salto con contro‐
movimento, salti continui, salto con richiamo delle gambe.
• La pedana QuattroJump è in grado di misurare la forza verticale del salto attraverso un computer connesso al sistema con una frequenza di trasmissione dei dati raccolti di 500 dati/secondo. • L’interfacciata con il PC avviene tramite la porta RS232 e permette di gestire ed esportare i dati acquisiti dal software QuattroJump.
Accelerometro triassiale
• Un accelerometro MEMS consiste in una massa sospesa tramite delle molle, il cui comportamento è governato dal principio fisico della Legge di Hooke secondo cui l'allungamento subito da un corpo elastico (in questo caso la molla) è direttamente proporzionale alla forza ad esso applicata (vedi Figura 4.2).
• Legge di Hooke dove a una massa collegata a una molla viene applicata un accelerazione, in questo caso inerziale, che provoca l’allungamento della molla.
• Nello specifico, F=kx
• dove “k” rappresenta il coefficiente elastico della molla.
• Un altro importante principio fisico è la seconda legge del moto di Newton secondo cui l’accelerazione di un oggetto è direttamente proporzionale alla forza risultante agente su di esso e inversamente proporzionale alla sua massa (F=ma). • Questa forza causa la compressione o l’allungamento della molla in modo proporzionale alle costante elastica:
ma=kx
• Quindi, un’accelerazione “a” causerà uno spostamento della massa x=ma/k o, nel caso si osservasse uno spostamento “x”, sapremmo che la massa ha subito un accelerazione a=kx/m. • In questo modo, il problema di misurare un’accelerazione viene trasformato nella misurazione dello spostamento di una massa connessa ad una molla. • Per la misurazione di tutti gli assi, x, y e z, il sistema viene duplicato lungo le direzioni volute.
• L’accelerometro utilizzato nei test è l’accelerometro MEMS di STMicroelectronics con le seguenti caratteristiche:
• Questo accelerometro viene interfacciato con il computer attraverso un sistema ZigBee, sistema di comunicazioni senza fili che necessita di una piccola batteria che alimenta anche l’accelerometro.
Sistema video Simi Motion 3D
• Simi Motion è una piattaforma per la cattura e l'analisi 2D/3D del movimento; può essere adattata a differenti esigenze attraverso una gamma di configurazioni per realizzare sia analisi rapide e semplici, che studi a carattere scientifico.
• Simi Motion non usa alcuna tecnologia a infrarossi, bensì utilizza tecniche basate su immagini. • Le registrazioni video di alta qualità, con frame rate elevati ed alta risoluzione, vengono catturate e salvate utilizzando telecamere industriali sincronizzate. Sistema video Simi Motion 3D
• Utilizzando algoritmi di elaborazione delle immagini può catturare il movimento in dettaglio, calcolando i dati 2D/3D attraverso un sistema automatico d’inseguimento di oggetti riflettenti detti marker.
• SIMI Motion permette la registrazione, l’elaborazione, la modifica e analisi dei dati ottenendo delle informazioni scientificamente precise, utili nella cinematica, cinetica ed EMG (posizione, velocità, accelerazioni, angoli, distanze, ecc).
• Inoltre viene utilizzato in vari ambiti come medicina (riabilitazione, prevenzione), sport (biomeccanica, performance sportiva, ricerca) e anche nell’industria.
• Nel nostro caso il sistema SIMI è composto da quattro telecamere sincronizzate con un’approssimazione di 1ms attraverso un computer.
• Per effettuare un’analisi e ricostruire la cinematica articolare sono stati utilizzati dei marker per seguire alcuni punti del corpo.
• I marker sono sfere, il cui diametro va da 0.6 a 2 centimetri, montati su una base in plastica rigida e ricoperti di materiale riflettente, in modo da renderli più luminosi del campo visivo circostante. • Sono individuati dal sistema proprio grazie alla loro capacità di riflettere la luce e vengono, in genere, posizionati in corrispondenza di punti anatomicamente significativi (repere anatomici), come a livello delle articolazioni.
• Nella seconda sessione di test sono stati utilizzati sei marker situati sulla punta del piede destro e sinistro, nella parte posteriore del calcagno destro e sinistro, nella parte laterale dell’articolazione del ginocchio sinistro e nella parte posteriore del tronco a livello lombare sopra l’accelerometro.
Protocollo sperimentale
• Il protocollo sperimentale richiedeva ai soggetti di eseguire un riscaldamento libero e di effettuare successivamente una serie di cinque SJ e cinque CMJ. • Entrambe le tipologie di salto sono state fatte con le mani vincolate sui fianchi per limitare l’influenza della parte superiore del corpo durante il salto. Protocollo sperimentale
• Dopo un segnale acustico prodotto dal computer, il soggetto doveva compiere tre saltelli in modo da permettere nella successiva fase di elaborazione dei dati la sincronizzazione del segnale accelerometrico
con quello della pedana e rendere la successiva analisi dei dati più semplice. • Solo dopo questa prima fase di preparazione il soggetto poteva eseguire uno squat jump (SJ) oppure uno squat jump con contro‐movimento (CMJ). Protocollo sperimentale
• Nel SJ, il soggetto doveva mantenere per circa tre secondi una posizione accosciata con ginocchia flesse a circa 90° prima di saltare verso l’alto. • Nel CMJ, invece, il soggetto dopo i tre saltelli doveva restare in posizione eretta per tre secondi prima di eseguire il salto. Protocollo sperimentale
• Anche in questo caso si doveva effettuare una fase di caricamento raggiungendo una posizione con ginocchia flesse a 90° ed eseguire il successivo salto verso l’alto evitando qualsiasi tipo di interruzione.
• Durante la fase di atterraggio è stato richiesto ai soggetti di mantenere le gambe distese fino al contatto con la pedana e soltanto in seguito piegarle per ammortizzare il salto.
I test
• Dopo aver effettuato una verifica della strumentazione sono state eseguite due diverse sessioni di test per ottenere i dati sperimentali: 1. analisi di quindici soggetti utilizzando la pedana di forza e l’accelerometro posizionato nella parte lombare e fissato su una fascia elastica. Sono stati valutati un totale di 150 salti;
2. analisi di quattro soggetti per un totale di 40 salti utilizzando in aggiunta alla pedana di forza e all’accelerometro il sistema di video analisi 3D; relativamente al fissaggio dell’accelerometro, sono state fatte specifiche valutazioni per la scelta del supporto ottimale che minimizzasse il rumore: una cintura di forza per il sollevamento pesi.
Analisi dei segnali
• I dati raccolti con la pedana e con il sistema SIMI motion sono stati ottenuti utilizzando i relativi software, mentre i dati provenienti dall’accelerometro hanno richiesto una specifica elaborazione per determinare il “modulo” dell’accelerazione sui tre assi x,y,z che consente di considerare ininfluente l’esatto orientamento del sensore.
Segnale pedana
x 100
%BW
• Il segnale della pedana risultava molto pulito e da subito si sono potuti individuare i tre saltelli iniziali, un periodo di pausa e lo SJ o CMJ.
• Il grafico presenta uno dei test SJ con in ascissa il tempo e in ordinata la percentuale di forza peso del soggetto.
%BW
x 100
Segnale pedana
Il salto SJ può essere diviso in tre fasi: 1.fase di spinta dove si ha un aumento di pressione sulla pedana e di conseguenza dei valori registrati fino ad arrivare al picco di forza, detto picco di stacco; 2.fase di volo, in cui la pedana registra un valore di pressione nullo poiché non agiscono forze; 3.fase di atterraggio, dove si ha un aumento della pressione con dei successivi picchi del segnale causati dall’impatto dei piedi sulla pedana.
x 100
%BW
•
Time (s)
Segnale pedana
Per calcolare il tempo di volo si è partiti dall’ultimo picco trovato, che rappresenta l’atterraggio e si è proceduto a ritroso per individuare il minimo che precede il picco dell’atterraggio; proseguendo il primo valore vicino allo zero è stato considerato l’istante di stacco.
x 100
%BW
•
Time (s)
Segnale accelerometro
• Il segnale dell’accelerometro è stato ottenuto come il modulo dell’accelerazione sui tre assi:
• Il segnale, a differenza di quello della pedana, presentava del rumore. • Per questo è stato applicato uno smoothing e un filtraggio a 5Hz (vedi Figura successiva). • Lo scopo del filtraggio è stato quello di attenuare il rumore generato da artefatti ambientali, elettrici, elettronici, informatici, fisiologici o altri fenomeni di disturbo legati a fattori di scala molto piccoli.
Accelerazione (g)
g= 9,8 m/s2
5
6
7
8
9
Tempo (s)
10
11
12
• Segnale dell’accelerometro nello SJ e nel CMJ; in rosso il segnale non filtrato e in blu quello filtrato
Accelerazione (g)
g= 9,8 m/s2
6
7
8
9
10
11
Tempo (s)
12
13
• Segnale dell’accelerometro nello SJ e nel CMJ; in rosso il segnale non filtrato e in blu quello filtrato
• Il grafico rappresenta l’andamento dell’accelerazione del soggetto in base al tempo. • Anche in questo caso possiamo individuare i tre saltelli iniziali e il successivo salto. • Per analizzare le fasi del salto si è partiti individuando il picco dell’atterraggio. • Questo picco è preceduto da una fase di caduta libera (freefall) dove l’accelerometro, in volo, rileva valori vicini allo zero. • Infine si è localizzato il picco di stacco precedente la fase di freefall.
Segnale sistema SIMI Motion
•
•
•
Nonostante il sistema SIMI Motion permettesse di ottenere accelerazione, velocità
e angoli dei giunti a partire dai vari marker, in questo lavoro è stato deciso di utilizzare solo i dati di posizione dei marker posti sulle punte dei piedi. Il segnale dello spostamento ottenuto permette di vedere i tre saltelli iniziali, il periodo di pausa e lo SJ o CMJ (vedi Figura).
Avendo preso in analisi lo spostamento delle punte dei piedi possiamo solo valutare il tempo di volo senza poter analizzare le differenti fasi del salto.
Elaborazione dati 1° sessione di test
• I dati della pedana di forza e dell’accelerometro sono stati elaborati tramite diverse fasi. • Un primo algoritmo in MATLAB creato ad hoc eseguiva i seguenti passaggi computazionali principali: – l’interpolazione del segnale accelerometrico, che aveva una frequenza di campionamento più bassa rispetto alla pedana e quindi un minor numero di dati; – l’allineamento dei segnali sulla base della loro massima correlazione verificandone il risultato graficamente; in ordinata si è riportata la forza per la pedana e l’accelerazione per l’accelerometro (vedi Figura);
– l’analisi dei tempi di volo dei due segnali, partendo dall’individuare i picchi significativi dei salti, lo stacco e l’atterraggio.
NB: accelerazione espressa in g; forza espressa come percentuale di forza esercitata dal peso corporeo: 0=0%, 1= 100% e così via.
Tempo di volo della pedana di forza
• Per la pedana è stato calcolato il tempo di volo considerando che tutti i valori minori di 0.01N tra i picchi di stacco e atterraggio corrispondessero alla scarica.
Force (%BW)
Force (%BW)
x 100
x 100
• L’elaborazione dei dati è avvenuta tramite la creazione una specifica funzione MATLAB che eseguiva i seguenti passaggi sul segnale: 1. individuazione del picco di atterraggio (picco di forza causato dall’impatto del soggetto sulla pedana): viene preso l’ultimo picco trovato che sia preceduto per almeno 200 ms da valori minori di 0.01 N (fase di low >200 ms) 2. individuazione atterraggio: ultimo valore della fase di low dove i valori sono minori di 0.05 N 3. individuazione dello stacco: primo valore della fase di low
Tempo di volo dell’accelerometro
• Considerando il segnale acquisito dall’accelerometro filtrato sono stati applicati 4 differenti metodi per il calcolo dei tempi di volo (vedi Figura):
– Tap: intervallo di tempo tra i due picchi di accelerazione; – Tal: intervallo di tempo tra i due picchi stabilendo come soglie 0.8 per lo stacco e 0.5 per l’atterraggio (Requena & Requena, 2012) – Tall: intervallo di tempo tra il punto minimo tra i due picchi più alti della fase di stacco e il minimo prima del picco dell’atterraggio (Quagliarella & Sasanelli, 2010) – Talp: intervallo di tempo tra il livello più basso allo stacco e il picco dell’atterraggio (Palma et al., 2008)
Acceleration (g)
Acceleration (g)
Risultati 1° sessione di test
• In questa sessione di test sono stati comparati in modo quantitativo tutti i 75 SJ e CMJ con i differenti metodi di calcolo dei tempi di volo, al fine di selezionare il metodo i cui risultati fossero i più correlati possibili con quelli della pedana di forza. • Relativamente, invece, ai singoli soggetti si è
eseguita un’analisi individuale considerando solo i due metodi di calcolo dell’accelerometro più correlati rispetto alla pedana. Risultati 1° sessione di test
• Per quanto riguarda i parametri di altezza del salto e lavoro, comparando pedana‐accelerometro, essendo dipendenti dal valore del tempo di volo non sono stati calcolati; i loro errori sarebbero proporzionali all’errore tra i tempi di volo. • L'errore dei tempi nell’accelerometro, in confronto alla pedana, si può imputare a dei possibili artefatti durante la trasmissione dei dati ma principalmente alla grande variabilità del segnale dell’accelerometro, rendendo necessaria la compilazione di un complesso algoritmo valido per tutte le prove dei singoli soggetti.
Variabilità del segnale dell’accelerometro
Acceleration (g)
Con riferimento alle variabilità del segnale dell’accelerometro si è
riscontrato che le fasi in cui questa era più evidente sono quelle di spinta e di stacco:
Acceleration (g)
•
• Si è notato invece che questa variabilità era presente solo in piccola parte tra le prove di uno stesso soggetto, mentre era più evidente nella comparazione di segnali provenienti da soggetti diversi. La presunta causa di queste differenze sono i diversi comportamenti dei soggetti durante il salto, ed in particolare la diversa attivazione della catena cinetica tra diversi soggetti. • Questa problematica ha portato ad eseguire un’accurata analisi del segnale ed all’aggiunta di criteri che aumentassero la robustezza del programma per riuscire a selezionare i punti di decollo e atterraggio in tutti i vari casi con un unico algoritmo.
Analisi statistica dello SJ
• L’analisi quantitativa è stata effettuata su tutti i 75 SJ prendendo come riferimento la pedana e calcolando l’errore sul tempo di volo compiuto sfruttando le quattro differenti metodiche proposte per l’analisi del segnale dell’accelerometro con due diversi criteri di valutazione. • Per ottenere un’indicazione in termini assoluti è stata eseguita l’analisi della varianza (ANOVA) sui cinque differenti gruppi di tempi di volo (tempo pedana, quattro differenti metodiche per dell’accelerometro) con le correzioni di Bonferroni per i confronti multipli.
• Analisi della varianza nello SJ; sull’asse x abbiamo il tempo mentre sull’asse y abbiamo i diversi gruppi: tempo di volo calcolato con la pedana P e tempi di volo valutati a partire dall’ accelerometro: Tal, Tap, Tall, Talp. • Per ogni simbolo, il cerchio rappresenta il valore medio delle rispettive misure e la barra orizzontale ne indica la varianza.
• La Figura ci mostra in ordinata i cinque metodi per il calcolo del tempo di volo (Tp della pedana e Tal, Tap, Tall, Talp dell’accelerometro). • L’unico metodo i cui risultati sono nel complesso non statisticamente differenti da quello della pedana è
Talp.
•
•
•
Nel secondo approccio abbiamo invece valutato la correlazione tra la misura dei tempi di volo ottenuti dalla pedana con quelli ricavati da segnale accelerometro sulla base dei suoi quattro metodi considerati.
I grafici mostrano una buona correlazione (0,72) per i tempi Tal. L’unico altro coefficiente di correlazione che possiamo considerare accettabile è 0,65 ottenuto con il metodo Talp. Per gli altri due metodi la correlazione è carente.
• Dopo queste analisi quantitative si è
effettuata un analisi qualitativa. Per ogni singolo soggetto è stata valutata la distribuzione dei due tempi di volo meglio correlati (Tal e Talp) e il tempo della pedana. Si è utilizzato il boxplot per rappresentare graficamente la distribuzione del campione dei dati.
• In un boxplot il rettangolo verticale delimita un range di valori dal primo e dal terzo quartile, q1/4 e q3/4, inoltre è diviso al suo interno dalla mediana, q1/2 e dai lati superiore e inferiore escono due segmenti che raggiungono il 95° e 5°
percentile della distribuzione.
• La Figura mostra tre boxplot per ciascuno dei 15 soggetti; il dropbox di colore blu rappresenta i cinque tempi della pedana relativamente ai cinque SJ, il secondo di colore rosso i cinque tempi del Tal e il terzo nero i cinque tempi Talp.
• I boxplot dell’accelerometro sono per lo più in linea con Figura 7.4 Boxplot 45 quelli della pedana, ad eccezione di qualche soggetto (es.:8). • Gli errori più rilevanti fatti nel calcolo del tempo di volo nell’accelerometro sono evidenziati dall’allungamento del segmento massimo o minimo.
• Dall’analisi quantitativa e qualitativa possiamo concludere che i tempi Tal sono i più correlati nonostante presentino un offset (una differenza costante rispetto ad un valore di riferimento) che ne causa la sottostima del tempo di volo e quindi dell’altezza del salto. • Nel caso dell’approccio Talp, invece, pur avendo un offset minore (tempi più simili al riferimento) la correlazione con i dati della pedana è minore.
• Si è quindi concluso che il metodo basato sul segnale accelerometrico più affidabile è Tal.
Analisi statistica CMJ
•
Per i 75 CMJ sono state fatte le stesse analisi di valutazione dei dati e dei singoli soggetti effettuate nello SJ. Per quanto riguarda le analisi quantitative, l’ANOVA ha individuato che l’unico gruppo con differenze non significative era Talp
• Dall’analisi della varianza rispetto alla pedana di forza si è riscontrata una buona correlazione utilizzando il metodo Tal (0,71) mentre per il metodo Talp è stata di 0,59. Per gli altri due metodi Tall e Tap
la correlazione è rimasta sotto lo 0,5 , quindi bassa.
• Dall’analisi qualitativa dei 15 soggetti si può notare un miglioramento generale per quanto riguarda la distribuzione dei valori ottenuti rispetto alle prove dello SJ. • Questo può essere dovuto al fatto che la maggior parte dei soggetti si sentiva molto più vincolato nel movimento dello SJ (vedi Figura).
• La valutazione quantitativa dei tre metodi di acquisizione del tempo di volo (Tp in blu, Tal in rosso e Talp in nero), ha avuto un andamento simile a quello dello SJ e addirittura il soggetto 8 presenta lo stessa discordanza (vedi Figura).
Conclusioni 1° sessione di test
•
Le analisi statistiche del tempo di volo nelle due tipologie di salto, SJ e CMJ, hanno dato dei risultati molto simili: •
– l’ANOVA per misure ripetute ha evidenziato che Talp presenta una differenza assoluta minore rispetto a Tp (tempo di volo della pedana) – il coefficiente di correlazione migliore è 0,7 in corrispondenza del metodo Tal – i boxplot hanno un andamento molto simile tra SJ e CMJ •
•
•
Possiamo affermare che l’obiettivo di questa prima sessione di test è stato raggiunto stabilendo che il metodo Tal applicato al segnale dell’accelerometro per la ricerca del tempo di volo è quello più correlato al tempo di volo della pedana. Infatti in entrambe le tipologie di salto il coefficiente di correlazione è il migliore con 0,72 nel SJ e 0,71 nel CMJ anche se c’è un offset di sottostima del tempo di volo di circa 0,1s. L’utilizzo di un accelerometro con il metodo Tal per il calcolo del tempo di volo si può quindi ritenere un approccio affidabile.
Esperimenti per il posizionamento e fissaggio dell’accelerometro
• Si è effettuata una sessione di test dedicata all’ottimizzazione del posizionamento dell’accelerometro in modo da ottenere un segnale meno rumoroso e una maggiore comodità per il soggetto. • Inizialmente sono stati provati due differenti posizionamenti: sulla schiena a livello L4‐L5 e sul fianco all’altezza della cresta iliaca dell’anca. • Dall’analisi spettrale del segnale non filtrato registrato su di uno stesso soggetto con i diversi posizionamenti dell’accelerometro è risultata una componente principale nell’intorno dei 2 Hz in entrambi i casi, ma con le successive armoniche del segnale più smorzate per quanto riguarda il posizionamento sulla schiena
• Questo indica che il rumore del segnale era inferiore con l’accelerometro posizionato sulla schiena, oltre a essere più vicino al CM. • Inoltre il soggetto ha espresso un responso più
positivo circa il posizionamento sulla schiena in termini di confort nell’indossare il sensore. • La soluzione che comporta il posizionamento nella parte lombare risulta quindi la migliore, nonostante alcuni svantaggi minori: la superficie anatomica su cui è disposto l’accelerometro non è uniforme a causa della muscolatura dorsale più
rialzata rispetto alle vertebre e, non essendo una parte rigida, durante il salto si hanno dei piccoli movimenti di flessione e estensione.
• Per ovviare a questi problemi, sono stati valutati ulteriori possibili modi e materiali per il fissaggio: – l’applicazione dell’accelerometro direttamente sulla pelle del soggetto utilizzando del nastro di carta adesiva (Pelle); – il posizionamento dell’accelerometro direttamente sulla pelle ma posto all’interno di uno strato di gomma piuma (Schiena); – l’utilizzo di una banda elastica lombare con apposita tasca in cui posizionare l’accelerometro (Banda); – l’impiego di una cintura per il sollevamento pesi sulla quale è stato fissato l’accelerometro (Cintura). • Da un’analisi dello spettro del segnale ottenuto con i vari fissaggi è risultato che l’impiego di una cintura per il sollevamento pesi induceva più piccole armoniche degli altri e quindi disturbi minori (vedi Figura)
•
Per questo motivo, a differenza della prima sessione di test dove l’accelerometro era stato fissato ad una cintura elastica, durante la seconda sessione di test i soggetti hanno indossato una cintura di forza.
Elaborazione dati e Tecniche implementate nella 2° sessione di test • La seconda sessione sperimentale è stata realizzata facendo indossare ai soggetti una cintura lombare per pesistica sulla quale è stato montato l'accelerometro, come descritto prima.
• In questa seconda sessione sono stati presi in considerazione quattro soggetti che praticano sport a livello agonistico per un totale di 20 SJ e 20 CMJ. • Nel test, oltre ai dati di accelerometro e pedana, si sono utilizzati anche i dati raccolti dal software SIMI di video analisi. • I dati ottenuti dal SIMI sono stati inizialmente salvati in un documento txt che è stato in seguito elaborato in MATLAB. • La mole di dati raccolti da SIMI relativi allo spostamento sui tre assi per tutti i sei marker utilizzati e quelli relativi all'accelerazione sono stati studiati solo per valutare il movimento delle punte dei piedi e quindi il loro sincronismo. • Questi due marker sono stati scelti per calcolare il tempo di volo poiché questa posizione è quella meno influenzata dai movimenti delle articolazioni. Position y (m)
Force (%BW)
x 100
Acceleration (g)
Tempo di volo con SIMI motion
• L'elaborazione dei dati ricavati dal sistema di video analisi SIMI è avvenuta tramite la creazione di una specifica funzione MATLAB che eseguiva i seguenti passaggi: 1. trovare le coordinate dell'ultimo picco 2. trovare le coordinate dei due punti di minimo locale prima e dopo il picco • Inoltre è stata effettuata una sovrapposizione del segnale dello spostamento della punta del piede destro e sinistro (vedi Figura 8.3). Risultati 2° sessione di test • Questa sessione di test voleva dimostrare l'affidabilità del sistema SIMI Motion attraverso l'analisi di correlazione con la pedana di forza e l'accelerometro. • Prima di confrontare il tempo di volo del sistema SIMI con quello ottenuto dalla pedana si è valutata la differenza tra i tempi di volo riferita ai due piedi. • Si è notato che le due punte dei piedi avevano dei valori differenti
in 18 casi su 19 dello SJ e in 12 su 20 per il CMJ, con un maggiore tempo di volo del piede sinistro rispetto al destro in entrambe le casistiche (12 in SJ e 9 in CMJ). Solamente per 8 casi, 7 in CMJ e 1 in SJ, si è riscontrata una sincronia perfetta. • In entrambi i casi si è calcolato l'errore medio come media delle differenze relative a ogni singolo salto ottenendo un errore medio in modulo di 0,016s nello SJ e di 0,013s nel CMJ, con un errore massimo di 0,029 s e di 0,039 s rispettivamente. Analisi statistica 2° sessione • L'analisi ha preso come riferimento, anche in questa sessione di test, la pedana di forza andando prima ad analizzare i risultati nello SJ e in seguito nel CMJ. • Inizialmente sono stati correlati i diversi metodi utilizzati sull'accelerometro ottenendo i risultati presentati nella figura seguente. • A differenza della prima sessione di test dove solo Tal aveva raggiunto un indice di 0,72 in questa sessione abbiamo avuto la conferma dei valori Tal ma ottenendo un’ottima correlazione (0,70) anche con il metodo Tall.
• Per quanto riguarda Talp anch'esso ha mantenuto i valori della prima sessione ed è
l'unico gruppo che non ha differenze significative nel test ANOVA per misure ripetute. • L'indice di correlazione tra pedana e SIMI Motion è stato ottenuto confrontando il tempo di volo del piede destro, essendo irrilevante la differenza riscontrata tra i due piedi. • Come ci si aspettava, il valore è molto buono pari a 0,85 (vedi figura seguente). • Nel CMJ le correlazioni dei tempi dell'accelerometro con il tempo della pedana hanno evidenziato i risultati ottenuti nello SJ, cioè un indice attorno allo 0,7 per i metodi Tal e Talp che rifletteva anche i risultati della prima sessione di test, e un valore di addirittura 0,89 (vd figura seguente). • L'ottimo valore di correlazione riscontrato per il metodo Tall in questa seconda serie di esperimenti è verosimilmente dovuta al miglioramento del segnale accelerometrico
ottenuto grazie all'impiego della cintura lombare che, come precedentemente illustrato, consente di ridurre significativamente le vibrazioni registrate nella fase di stacco. • È altrettanto vero che il numero di soggetti è
insufficiente per affermare la validità di tale metodo. • Come ci aspettavamo l'indice di correlazione ottenuto dal sistema SIMI di 0,90 è un ottimo valore, il migliore delle due sessioni di test (vedi figura seguente).
Conclusioni 2° sessione di test
• La seconda sessione di test, dove sono stati impiegati pedana di forza, accelerometro fissato su una cintura di forza e sistema SIMI Motion su quattro atleti agonisti ha evidenziato relativamente al tempo di volo: – Accelerometro: un'ottima correlazione del metodo Tall nel CMJ e buoni valori ottenuti col metodo Tal (confermando quelli della prima sessione di test sia nello SJ che nel CMJ). Si può quindi confermare l'accelerometro come uno strumento affidabile per le misure di tempo di volo in generale. – SIMI Motion: i dati ottenuti hanno confermato la validità
del sistema che può sostituire la pedana come riferimento. Conclusioni e sviluppi futuri
• I risultati raccolti mostrano l'ottima affidabilità della valutazione relativa ai tempi di volo durante lo SJ e il CMJ ottenuta attraverso un leggero e piccolo accelerometro MEMS posizionato a livello lombare con una cintura rigida che minimizza gli artefatti. • Inoltre, i dati ottenuti nella seconda sessione di test con il metodo Tall applicato al segnale dell'accelerometro andrebbero studiati su un numero di soggetti agonisti‐professionisti più rilevante, poiché
questo metodo potrebbe essere più adatto alla valutazione di performance di alto livello, in particolare impiegando una cintura lombare per indossare l'accelerometro. • Si è confermata, poi, la validità del sistema di video analisi SIMI Motion che oltre a poter diventare un riferimento per il tempo di volo ha molte potenzialità
aggiuntive che permettono una valutazione completa di un gesto atletico. Per questo motivo, così come per il costo elevato e la poca flessibilità, lo strumento si rivolge alla valutazione di atleti professionisti all'interno di una struttura predisposta. • Da un punto di vista economico, invece, un sistema basato sull'accelerometro è sicuramente più
conveniente e quindi accessibile a tutti i livelli. Inoltre la sua portabilità e semplicità d'uso lo rendono uno strumento con un alto potenziale di utilizzo. • Le ricerche future dovranno essere orientate a garantire un miglioramento della qualità del segnale attraverso algoritmi di filtraggio ed elaborazione più
sofisticati. Valutazione della resistenza alla forza veloce attraverso il Continuous
Jump test
Tratto da:
P. Zago. «Valutazione delle performance degli arti inferiori con strumentazione dedicata – Studio su un gruppo di calciatori dilettanti». Tesi di laurea magistrale in Educazione Motoria Preventiva ed Adattata. Relatore: G. M. Bertolotti. Università degli Studi di Pavia, A.A. 2012/2013.
CONTINUOUS JUMP
• Il Continuous Jump (CJ) e un test che, oltre a fornire informazioni sulle qualità visco‐elastiche dei muscoli estensori delle gambe, viene utilizzato per valutare le caratteristiche dei processi metabolici che sostengono il lavoro muscolare per un periodo che può variare, in base alla scelta da parte dell’operatore, dai 5 ai 60 secondi.
• Il metodo di esecuzione dei salti è in sostanza lo stesso del CMJ, con la sola differenza che in questo caso il gesto viene ripetuto durante l’intervallo di tempo stabilito.
• Come per le altre prove di salto il soggetto deve tenere il busto eretto e le mani ai fianchi; occorre, inoltre, fare molta attenzione al piegamento delle gambe fino a raggiungere l’angolo al ginocchio di 90°.
CONTINUOUS JUMP
• Affinché il test fornisca informazioni rigorose ed attendibili, il soggetto durante la prova deve impegnarsi al massimo e fin dall’inizio, senza cercare di distribuire lo sforzo nel tempo stabilito. • In media si dovrebbe eseguire un ciclo completo (un balzo) al secondo. • Se la frequenza e più elevata (due balzi al secondo, per esempio) il soggetto non ha probabilmente piegato correttamente le ginocchia: in questo caso e necessario far ripetere il test. I distretti muscolari più impegnati nella prova sono rispettivamente il quadricipite femorale, seguito dai glutei, i muscoli estensori del tronco ed in modo meno rilevante anche il tricipite surale.
• Durante l’esecuzione di prove lunghe (30‐60 sec) si può verificare che alla fine della prova, per effetto della fatica, il soggetto non riesca a piegare bene le ginocchia fino all’angolo desiderato: se questo si verifica la valutazione della potenza meccanica non può essere considerata valida, poiché con variazioni angolari minime vengono modificate le condizioni di lavoro biomeccanico degli arti inferiori.
APPLICAZIONI PRATICHE E CONSIDERAZIONI FISIOLOGICHE
• Le prove di salti continui vengono spesso impiegate per una valutazione delle caratteristiche funzionali di atleti impegnati in discipline sportive in cui la forza esplosiva e una componente determinante per la realizzazione ottimale della prestazione.
• Quando viene eseguito il test ad un soggetto i valori riscontrati debbono essere valutati sia in assoluto, che confrontati con i valori medi ottenuti su atleti praticanti lo stesso sport (Fig. 11). • La valutazione del valore assoluto permette di realizzare lo studio longitudinale, in modo da verificare periodicamente se le qualità diagnosticate variano nel tempo in funzione per esempio dell’allenamento o dell’età.
CALCOLO DELLA CAPACITA’ DI RESISTENZA ALLA FORZA VELOCE
• I valori forniti nella prova di salti continui sono due:
– la potenza meccanica;
– l’altezza media realizzata durante i salti (se confrontata con i valori del CMJ offre la possibilità di valutare la resistenza alla forza veloce).
• Atleti ben allenati che praticano discipline in cui la forza esplosiva è molto rilevante per la prestazione (sci alpino, sprint, saltatori, ecc.) mostrano capacità di resistenza alla forza veloce molto elevata (C. Bosco, 1992).
• I metodi per calcolare la capacità di resistenza alla forza veloce sono due:
1.
dividere l’altezza media dei salti continui (CJ) e l’altezza media del CMJ. Generalmente questo valore è prossimo ad 1 per sciatori, saltatori, ecc., mentre nel caso di atleti impegnati in giochi di squadra il valore si aggira intorno a 0.90‐0.95.
2.
dividere il valore medio dell’altezza realizzata negli ultimi tre salti continui con il corrispettivo ottenuto all’inizio della prova: tanto più il quoziente ottenuto si avvicina ad 1, tanto più
resistente alla forza veloce sarà il soggetto.
• Tutto ciò è valido solo se il soggetto ha espresso il massimo impegno e sforzo durante tutta la durata della prova: per verificarlo, basta confrontare l’altezza media dei primi tre salti con quella del CMJ e, per validare la prova, i valori devono avvicinarsi.
•
•
•
I valori della potenza meccanica e dell’altezza media raggiunta durante le prove di 30‐60 secondi rappresentano parametri di forte valenza discriminante che permettono di diagnosticare ed evidenziare le capacità di sviluppo della potenza anaerobica lattacida, meccanica e di resistenza alla fatica.
Oltre ai metodi già presentati, si può applicare un altro sistema che fornisce indicazioni sulla capacità di prolungare nel tempo il lavoro muscolare di alta intensità: in questo caso si prenderà in considerazione l’altezza media misurata in ogni 15 secondi (ℎ 0 − 15; ℎ 15 − 30 ; ℎ 30 − 45 ; ℎ 45 − 60 ) e sarà confrontata con il valore dell’altezza ottenuta nel CMJ (h CMJ).
Il primo parametro da calcolare è relativo alla valutazione dell’impegno esercitato dal soggetto all’inizio della prova, che indica lo sforzo e l’intenzione del soggetto di dare il massimo fin dall’inizio o di avere già programmato una distribuzione uniforme dello sforzo per arrivare fino alla fine della prova senza drammatici decrementi (il valore deve avvicinarsi molto ad 1 per delineare una buona prestazione durante l’arco di tempo considerato).
MIGLIORAMENTO DELLA RESISTENZA ALLA FORZA VELOCE
• Il miglioramento della resistenza alla forza veloce rappresenta uno dei problemi metodologici più difficili da risolvere e da affrontare.
• Iniziando con allenamenti di resistenza alla forza (30‐
70% del CM) si procede con interventi per incrementare la sezione trasversa del muscolo (60‐
100% del CM), per proseguire poi con allenamenti rivolti a migliorare la coordinazione inter ed intra
muscolare; infine sarà utile somministrare allenamenti specifici di forza veloce, con aggiunta di esercizi di balzi e pliometria.