Janus CLUBALPINOITALIANO Oltre… la montagna Distribuzione gratuita - salvo SPED. IN ABB POSTALE - ANNUALE € 15 Sezione CAI Antrodoco Speciale VALLE D’AOSTA Il kit dell’escursionista Kanchenzonga - ZEMU EXPLORATORY EXPEDITION: la Spedizione internazionale sull’Himalaya indiano. #FAUNA - Il capriolo, piccolo cervide. Bimestrale │VIII LUGLIO - AGOSTO 2014 - N° 49 U NO CL BALPINOITALIA luglioagosto2014 2 SOMMARIO 3 EDITORIALE 4-5-6 COVER STORY Tornando Cantando. Dispaccio dall’Himalaya 7 SPECIALE SETTIMANA VERDE Valle d’Aosta 8 NATURARTE Valle d’Aosta: piccola regione, grande nella ricchezza naturalistica 9 NATURARTE Valle d’Aosta …non solo montagne! 10 - 11 L’INVITO DI JANUS Il programma della Settimana Verde Escursionismo e Alpinismo 12 - 13 MANGIA CHE TI PASSA Piatti tipici valdostani 14 15 16 - 17 DA SAPERE Valle d’Aosta: informazioni e contatti utili CAI SALUTE Tutta colpa dei piedi, forse #FAUNA Il capriolo, piccolo cervide 18 VETTE DI LIBRI/PROFILO CAI 19 L’AGENDA DEL FINE SETTIMANA Janus Oltre… la montagna Periodico bimestrale del Club Alpino Italiano Sezione di Antrodoco 2014 - anno VIII - numero 49 Autorizzazione tribunale di Rieti n. 8 del 10/05/2006 Direttore Responsabile Annalisa Nicoletti Coordinamento redazionale: Eligio Boccacci In redazione: Luca Cipolloni, Teresa Marinelli Assistenti di Direzione: Dante Serani Hanno collaborato a questo numero: Cesare De Silvestri, Alberto Peruffo, Luca Cipolloni, Teresa Marinelli, Anna Boccacci, Marco Innocenti, Nicola Lattanzio, Dante Serani Tutti i diritti di proprietà sono riservati Stampatori: Seripoint srl Villaggio Cotilia - 02015 Cittaducale tel. 0746 60.50.42 - 0746 60.53.03 [email protected] Copiright © 2009. CAI Sezione di Antrodoco Fondata nel 1997 Presidente : Roberto Marinelli Sede sociale Via Savelli, 3 - 02013 Antrodoco (Ri) Aperto il venerdì dalle 17 alle 18 Per info: Vittorio Blasetti 338.4685369 Janus è stampato per l’80% su carta riciclata. Janus l VIII LUGLIO - AGOSTO 2014 2 @Cesare De Silvestri - Un mare di fiori. Castrelluccio di Norcia. 29 giugno 2014 Escursioni di foto. Invia il tuo scatto, noi lo pubblichiamo U NO CL BALPINOITALIA IN COPERTINA Giochi di luce e di acqua lungo il percorso al GoechaLa. Spedizione internazionale Himalaya indiano. Foto di: Enrico Ferri NAro U A F # uesto numeica da q ova rubr u una n Editoriale│10 minuti di silenzio É il 21 giugno, sono all’incirca le dieci di sera. L’Auditorium Varrone di Rieti è al completo. Posti liberi a sedere non ce ne sono più. All’ingresso molti accettano di stare in piedi pur di esserci. Enrico Ferri, fotografo ed alpinista reatino tra i protagonisti della serata per la sua partecipazione alla spedizione internazionale sull’Himalaya indiano (a pag. 4 la Cover Story con l’ultimo dispaccio), chiede 10 minuti di silenzio (minuto più, minuto meno) quanto necessario per osservare senza musiche di sottofondo, parole e distrazioni il suo racconto per immagini di un’esperienza fatta non solo guardando all’insù, in profondità e all’orizzonte, ma anche a testa bassa e ad altezza uomo, attenti a dove mettere i piedi e mettendo a fuoco la natura, roccia, terra, legno, in strati e strati di storia, la flora e i suoi colori. Il tempo passa, le fotografie di Ferri sono penetranti, avvolgenti, taglienti. Risucchiano, abbagliano, colpiscono, parlano. Noi in silenzio, pare senza troppa fatica. Ora, se è vero che la platea era per lo più composta da alpinisti, escursionisti, amanti della montagna, persone in qualche modo sensibili al tema, vero è anche che sempre di umana specie parliamo (posso assicurarlo!) e come tali, “osservando” quel silenzio, qualcosa, volendo o meno, almeno a me, l’hanno detto. Ero lì e quel silenzio non m’è sembrato affatto difficile, piuttosto necessario. C’era bisogno di quel silenzio e di quella pace, troppo siamo travolti, senza sosta, da confusione, caos, connessione, cose da fare, dire, tutte urgenti, sempre e prioritarie anche al silenzio. Chi parteciperà alla prossima Settimana Verde (da staccare e portare con sé, lo Speciale da pag. 7) avrà l’occasione più facile di godere nuovamente di minuti di silenzio “contemplando” - non esagero - la natura. Lo sanno molti dei soci CAI che partecipano alle escursioni con cadenza settimanale. A chi resta in città, lavora, non si ferma mai oppure ha il telefono sempre accesso, controlla di continuo la casella di posta elettronica, è sempre sui social, propongo un esercizio che pare banale e semplice, ma non lo è: ogni giorni un minuto in più di silenzio. Per sé stessi. Isolati da tutto e tutti. Per tornare a respirare, sentire dove è possibile la natura, in ogni caso il battito che abbiamo dentro. L’ideale sarebbe 15 minuti di silenzio al giorno, mi dicono. Un miracolo? ...mah, non si sa mai! Annalisa Nicoletti Direttore Responsabile Janus l VIII LUGLIO - AGOSTO 2014 3 Cover Story│Tornando cantando. Dispaccio dall’Himalaya indiano di Alberto Peruffo ….Non è necessario “salire montagne”, ma attraversarle, specie se “salire” significa solo “salire in un punto” (il risultato puntuale), trascurando tutto il resto, l’ambiente, le relazioni con le persone (team, famiglia, gente del posto). A me interessa il risultato perenne, complesso, aperto a più relazioni, visioni, variabili, luoghi, dove il risultato puntuale (come la cima di un monte) è pure una lieta possibilità (ma non una necessità)”. Alberto Peruffo, capo spedizione Ultimo dispaccio digitale. Spedizione k.2014..it Alberto Peruffo e compagni dopo 46 giorni in Himalaya stanno per rientrare dalla spedizione che li ha condotti ad esplorare l’area sud-est del massiccio del Kanchenzonga. Quello che segue è il dispaccio n.6 scritto da Peruffo il 27 maggio, da Gangtok, al rientro dalla foresta e dalle Gole del Talung e pubblicato su altitudini.it. Ora che siamo fuori dalla foresta, tutti sani e ancora in forma, per difficoltà, isolamento, qualità e quantità delle montagne e dei ghiacciai attraversati, “credo” di aver guidato una delle più importanti e affascinanti spedizioni esplorative himalayane degli ultimi anni. Ai piedi di un 8000. Forse “la più”. Un privilegio. Proprio considerando la foresta, che ha precluso per secoli l’accesso a questo paradiso nascosto, “the hidden paradise”, come l’ha definito il mio amico esploratore indiano Anindya Muhkerjee durante la perlustrazione del 2011. Ho guidato un team eccezionale: a partire da Anindya Mukherjee e Thendup Sherpa, che ci hanno aperto la strada nelle impenetrabili vegetazioni delle Gole del Talung. Per non parlare degli italiani - sempre positivi di fronte alla grande complessità e ai disagi del particolare microclima - e del grande cuore sudamericano di Cesar Rosales Chinchay. La Cresta Zemu al Kanchenzonga Sud? La vetta più alta al mondo ancora da scalare? In zona sacra? Dopo mille peripezie burocratiche-logistiche, atti di fiducia, siamo stati la prima spedizione ad ottenere l’onoreonere dal governo indiano per esplorarne l’accessibilità dal versante più difficile da raggiungere e non ci siamo mai tirati indietro nonostante le legittime perplessità dei molti amici italiani e le continue complicazioni. La Cresta Zemu è stata il nostro polo attrattore e la nostra “divinità” guida. Ispiratrice. Con i due grandi e misteriosi ghiacciai sospesi che conducono sul lato meno conosciuto del Kanchenzonga. Lo Sperone Sud allo Zemu? La prima possibilità presa in considerazione? Un probabile suicidio. Non solo per gli alti seracchi presenti pure nel punto più debole, ma anche per la troppa neve che ha continuato a cadere ciclicamente ogni giorno. Dal Colle Sella (5440 m), raggiunto in prima assoluta dopo aver travalicato l’affascinante e valangoso Colle Tilman (una slavina poco prima del nostro rientro ha cancellato le nostre tracce), tutto ci è apparso chiaro, filmando valanghe impressionanti e raccogliendo la notte fragori di crolli terrificanti. Lo Zemu Gap, porta d’accesso diretto alla Cresta Zemu (ramo di sinistra) è diventato invece una roulette russa. Il seracco superiore si è inclinato rispetto alla perlustrazione del 2011 di Anindya Mukherjee: l’ampiezza della fessura rilevata durante la nostra ascensione sembra indicare un imminente crollo. La pesante neve caduta, inoltre, causa ripetutamente valanghe sul primo plateau di attacco. Di neve e di ghiaccio. Ci siamo allora alzati – dopo l’esplorazione di tutto il Tonghsiong Glacier – sul South Simvo Glacier, l’altro grande ghiacciaio sospeso e nascosto da chi percorre le orride Gole del Talung. Era la prima volta che degli uomini entravano in questo paradiso di ghiaccio, “sospeso”. Dalla Porta della Rivelazione Perenne (6036 m, altro intaglio di difficile accesso mai toccato da piede umano e dedicato a un concetto per noi importante di Fosco Maraini) abbiamo gettato uno sguardo sopra lo Zemu Gap scoprendo un passaggio di cui si intuiva la presenza, una chiave invisibile da altri punti di vista: un filo di cresta che porta in alto rispetto a quanto detto sopra, il Janus l VIII LUGLIO - AGOSTO 2014 3 Nella pagina a fianco: Mappa finale della esplorazione con i luoghi raggiunti. Sopra: Enrico, Alberto e Francesco. Campo Simvo. Discutono le strategie di salita (foto Davide Ferro) Sotto: Il gruppo al Campo Base Operativo. Ultima foto prima del rientro della spedizione. Rispettando Guru Rimpoche. E avvalorando ogni sillaba del grande Milarepa: attraversare montagne selvagge – senza mete precise, necessarie (aggiungo io) – è una via alla liberazione. Il quinto tesoro del Kanchenzonga. Primi approfondimenti e risultati 1. Il fatto più curioso. Abbiamo girato in lungo e in largo 3 ghiacciai himalayani, esplorato integralmente in prima assoluta 2 grandi ghiacciai pensili (e i rami minori), fatto decine di migliaia di metri di dislivello e di chilometri lineari (il CBO è stato mantenuto basso, in un punto cruciale a 3700 metri, per strategia), scalato 7 cime vergini (2 molto difficili) e travalicato-raggiunto 7 colli (porte, intagli, passaggi tra ghiacciai), 3 dei quali mai toccati da piede umano. Il punto più alto dell’esplorazione? Non è una cima, bensì un colle alto 6036 metri difeso da una muraglia di ghiaccio di 1000 metri che credo difficilmente sarà raggiunto da altre persone: la Porta della Rivelazione Perenne. 2. Una constatazione. Da quella vertiginosa porta-colle: queste montagne racchiuse tra i ghiacciai Tonghsiong e South Simvo, la loro grandezza, le loro creste, le continue avverse condizioni meteo generate dalla foresta, la loro selvaggia e dura bellezza, non è un luogo per uomini, ma per dei. E se qualche uomo ci entra, deve essere molto prudente e rispettoso di ciò che queste montagne suggeriscono: non è un po- sto per affermare la forza cieca dell’uomo, bensì per valorizzarne la prudenza e l’ascolto. 3. Team. Solo un team eccezionale poteva resistere a un isolamento del genere. Il durissimo e pericoloso ritorno attraverso la foresta (rivegetata dopo 40 giorni e nel massimo rigoglio della stagione, densa, umida, saponosa-scivolosa per chilometri e chilometri di equilibri instabili e infiniti saliscendi) è stato una conferma del carattere eccezionale dei compagni e di dove ci eravamo cacciati. In una regione senza possibilità di soccorso e aiuto. Senza comunicazioni satellitari, condizione impostaci dal governo. Anche una storta a una caviglia poteva creare un dramma per uscire dall’intrico di vegetazione. Solo le tue gambe sane potevano portarti fuori e una grande condizione psicologica. Janus l VIII LUGLIO - AGOSTO 2014 5 Con un team del genere – la cordata di punta, le guide alpine Francesco Canale (Centro Addestramento Alpino Sezione Militare Alta Montagna) e Cesar Rosales (Guide Don Bosco 6000), davvero formidabile con salite in velocità e di alto livello – se lo Zemu fosse stato possibile da sud, l’avremmo raggiunto. Ma sono le montagne a decidere il nostro destino e tutta la nostra forza (la compattezza-resistenza del team: encomiabili Davide Ferro e Andrea Tonin, mai nelle retrovie, nonché la perseveranza professionale, per non dire stupefacente energia del fotografo Enrico Ferri, specie nelle condizioni estreme della foresta) l’abbiamo riversata sui due grandi ghiacciai sospesi che si generano dalla Cresta Zemu, per poterla meglio studiare, con salite di cime vergini e di colli tecnicamente più difficili, ma con pericoli oggettivi più contenuti, facendo per qualità e quantità forse una delle più grandi esplorazioni himalayane ancora oggi possibile ai piedi di un 8000. E soprattutto ribaltando una stupida e perniciosa ideologia (ricordo l’ingenua pubblicazione “Etica dell’alpinismo”, SDPX, Manuali del CAI) che afferma: l’alpinismo è raggiungere la cima di un monte. L’alpinismo è molto di più. E le sue visioni vanno oltre il risultato puntuale. Apicale. I nostri colli lo dimostrano. Ricordando che gli obiettivi ambiziosi hanno bisogno di lunghi corteggiamenti. 4. Il molto di più. I cinque tesori. Tra il molto di più ci sono i “cinque tesori”: la cultura. La cultura depositata nei luoghi e nelle persone. La cultura delle civiltà che ti ospitano e dei componenti una squadra e che tutta insieme può fare diventare l’alpinismo uno straordinario laboratorio di civiltà e fratellanza. Se negli altri dispacci avevamo indicato i due primi tesori come “la natura senza l’uomo” e la “rispettosa oltranza dell’uomo”, e in questo inizio di dispaccio il 5° come l’aforisma di Milarepa – “attraversare montagne selvagge è una via alla liberazione” – quali saranno il 3° e il 4° tesoro, strettamente connessi con gli altri, che Guru Rimpoche ha sepolto in qualche luogo segreto del Kanchenzonga che forse neppure corrisponde alla cima del monte? Gli ultimi giorni siamo andati tutti in pellegrinaggio al tempio-eremo di Yongiotang, per poi raggiungere pure il Goecha-La. Una specie di lunga escursione di ringraziamento, stupore e meraviglia. Un atto di spirito. Collettivo. Incredibile, a pensarci bene, per una spedizione dopo 40 giorni di fatiche. Nessuno di noi sapeva con certezza che proprio a mezzavia del ghiacciaio del Talung, sotto la Porta Maraini (che collega in perfetta linea retta! il Goecha-La con lo Zemu Gap, l’Occidente con l’Oriente), fossero presenti i resti dell’eremorifugio del grande profeta tibetano Guru Rimpoche. Ai piedi del Pandim. Montagna bellissima e ora capiamo perché sacra. Sembra che il grande profeta abbia scelto questo luogo inaccessibile, questo lato imperscrutabile della montagna, del Kanchenzonga, per meditare e per formulare i suoi pensieri. Questi altri due tesori io ho trovato avvicinandomi camminando lentamente verso questi luoghi. Il 3° la “sacralità concreta”, la percezione concreta del mistero che l’uomo nutre nei confronti della natura, della grandezza e dell’incommensurabilità delle cose, del creato, dell’altro da noi. La percezione concreta del nostro limite nei confronti di tale bellezza che può diventare all’improvviso brutale potenza, che in un solo attimo fagocita e annulla la nostra esistenza. In altre parole, il “sacro” è vivere concretamente sul limite e il concetto stesso di religione – ossia il mettersi di fronte all’assoluto, a ciò che ti scioglie, sia esso Dio o l’abisso – va riformulato. La montagna può aiutare a farlo. Il 4° tesoro vorrei invece configurarlo con i termini del maestro guida di questa esplorazione: Fosco Maraini. Il tesoro della “rivelazione perenne”, o dell’oralità perenne delle persone e delle cose. Perenne e non puntuale, sottolineo. Non mi soffermo sull’aspetto religioso del concetto di Maraini. Leggetevi Dren-Giong e le testimonianze degli amici, Corbaccio editore 2013. Ma in questa spedizione le persone e le cose, le montagne, hanno dimostrato di non essere dei semplici punti. Dei risultati puntuali. Ma delle complesse relazioni organiche che possono durare nello spazio e nel tempo molto di più di un risultato puntuale. Come può essere la semplice cima di un monte. O il tocca e fuggi delle relazioni superficiali con le persone. Quante cose ci siamo raccontati tra noi oralmente attraversando montagne, ho detto ai miei compagni mentre scrivevo questo dispaccio. Cambiando i termini, non è necessario “salire montagne”, ma attraversarle, specie se “salire” significa solo “salire in un punto” (il risultato puntuale), trascurando tutto il resto, l’ambiente, le relazioni con le persone (team, famiglia, gente del posto). A me interessa il risultato perenne, complesso, aperto a più relazioni, visioni, variabili, luoghi, dove il risultato puntuale (come la cima di un monte) è pure una lieta possibilità (ma non una necessità). 5. Inaccessibilità. Che me ne faccio di un risultato puntuale, il salire la normale di un monte guardandomi i piedi, o di una performance nuda e cruda, se non porta con sé a nuove visioni? Niente. Se non un autocompiacimento che dura l’effimero attimo di un punto. Noi abbiamo avuto il coraggio di partire per esplorare la parte inaccessibile del Kanchenzonga quando tutti ci dicevano di restare a casa, con la speranza di avvicinarci ai Cinque Tesori indicati da Guru Rimpoche durante le sue meditazioni (in chiave orientale) o di “fare alpinismo come l’abbiamo sempre fatto”, caricandoci di bellezza e libertà (in chiave occidentale, come credo approverebbe Fosco Maraini). Speriamo di esserci riusciti e la condivisione sarà la prima corrispondenza con i nostri interlocutori. 6. Conclusione. Noi ci siamo divertiti (di-vergere) tantissimo attraversando-scalando montagne e ghiacciai meravigliosi mai toccati da occhio umano e tessendo forti relazioni culturali con persone e luoghi. 50 giorni intensissimi (oggi eravamo al Namgyal Institute of Tibetology di Gangtok dove ci aspettava la grande antropologa Anna Balikci per uno scambio di materiale su Vittorio Sella e Fosco Maraini e un primo resoconto della spedizione). E stiamo “tornando cantando”. Compatti. Rispettando alla lettera il consiglio di Giacomo Albiero, mio maestro d’alpinismo. Quante altre spedizioni possono dire così? Molto ancora su: www.k2014.it Janus l VIII LUGLIO - AGOSTO 2014 6 Speciale Valle d’Aosta PROGRAMMA Info e contatti Tra natura e arte I piatti tipici I libri Stacca e porta con te! 23 - 30 agosto 2014 NaturArte│Valle D’Aosta: piccola regione, grande nella sua ricchezza naturale di Luca Cipolloni La Valle d’Aosta, incastonata nella corona alpina, è la regione più piccola d’Italia dalla incredibile ricchezza paesaggistica e naturalistica, aiutata forse dal fatto che sia la regione meno densamente abitata, visto che più della metà del suo territorio è compreso tra 1.500 e 2.700 metri di quota. Vanta parecchi primati come quello di essere considerata il tetto d’Europa dato che ospita le più alte montagne delle Alpi, con ben venti vette che superano i quattro mila metri; circa un quarto di tutti i ghiacciai italiani si trova proprio in Valle d’Aosta occupando il 6% del territorio regionale; è la regione europea con la maggior concentrazione di aree protette tra riserve naturali e parchi nazionali preservando un gran numero di specie vegetali ed animali. Territorio ricco dal punto di vista ambientale tra valli, alpeggi ed alte montagne che i Valdostani sono soliti dividere la regione in due zone: la pianura la “plaine” e la montagna la “montagne”. La pianura corrisponde alla valle principale della Dora Baltea, unico fiume della regione, dove si trova la città di Aosta, il capoluogo, punto, che in epoca antica, consentiva il controllo della strada romana che portava in Francia attraverso i due passi del Piccolo San Bernardo, che la collega alla regione francese della Savoia, e il Gran San Bernardo a circa 2.000 metri che la mette in comunicazione con il Vallese, celebre per il passaggio della via Francigena che collega il Nord Europa a Roma, ma fin dalla preistoria passaggio di popoli. La restante parte di territorio definito “montagne” comprende tutte le vallate laterali dove vi sono i principali centri turisti invernali ed estivi, come Courmayeur, Cogne, Valtournenche. Tra le alte vette simbolo di vertigine e salita verso il sublime, ispirazione e metafore di infinito per gli artisti dell’Ottocento, campo d’azione per i giovani europei che qui hanno scritto gloriose pagine dell’alpinismo mondiale tra vittorie e disastrosi insuccessi si ricordano: il Monte Bianco (4.810 m), il Monte Rosa (4.634 m.), il Monte Cervino (4. 478 m.) e il Monte del Gran Paradiso (4. 061 m.), eleganti con i loro manti ghiacciai perenni che le avvolgono in un bianco abbraccio. Ghiacciai perenni; se ne contano circa 210, ma dalle irregolari pulsazioni, tra continui ritiri ed espansioni, messi a rischio dal riscaldamento globale. Si segnala per incredibile fascino il ghiacciaio del Miage, il maggiore del versante sud del Monte Bianco, il quale si sviluppa per 10 Km; è il più lungo d'Italia. Autentico ghiacciaio vallivo, è alimentato da 6 lingue glaciali tributarie. Piccola curiosità, perché nonostante tutti questi monti, il gran numero di ghiacciai, Aosta è una delle città meno piovose d’Italia proprio per la sua posizione, protetta dai rilievi montuosi che ne bloccano le perturbazioni provenienti da ovest e la stessa cosa accade per le correnti umide provenienti dalla Pianura Padana. Regione che per la varietà di specie animali, vegetali e floreali crea un unicum nel suo genere conservata da un gran numero di riserve e parchi. Il Parco Nazionale del Gran Paradiso si estende nei comuni di Cogne, Valsavarenche e Rhêmes, per 70.000 ettari, tra i tanti sintetizza di più le caratteristiche del paesaggio valdostano. Storicamente è stato il primo parco nazionale italiano, e parte della zona fu già riserva reale di caccia del re Vittorio Emanuele II fin dal 1859. Ai tempi delimitare una riserva equivaleva in un certo senso a proteggere la fauna, si pensi soprattutto allo stambecco, la cui immagine è diventata il simbolo del parco. Si narra infatti che il re esercitasse la sua arte venatoria soltanto nel mese di agosto, e che la gran parte delle battute fossero “truccate” per farlo divertire, risparmiando gli esemplari femmine e i cuccioli, rendendo possibile una protezione sistematica della specie. Nel 1920 l’erede di Vittorio Emanuele II concesse in dono allo Stato la riserva, che allora si estendeva per circa 2.100 ettari, e il parco vero e proprio venne istituito nel 1922. Senza dimenticare che tutto il Monte Bianco è inserito nell’Espace-Mont Blanc, area protetta internazionale che si estende sulla Valle d’Aosta, Savoia e Vallese. L’obiettivo principe dell’Espace- Mont Blanc è quello della tutela del territorio e della promozione di uno sviluppo sostenibile. Il massiccio appoggiato dalle tre regioni, Italia, Francia e Svizzera, è stato inserito tra i siti patrimonio mondiale dell’umanità, tutelato dall’Unesco, in quanto “sito eccezionale ed unico al mondo, luogo di nascita dell’alpinismo”. Lasciatevi trasportare dai colori e intensi profumi della Valle d’Aosta, accompagnati dal fischiettare della marmotta, dall’alto volo dell’aquila reale che qui nidifica su vertiginose rocce e tenete gli occhi aperti perché nei prati, lungo i dirupi più difficili da raggiungere camosci e stambecchi regali nella loro leggera andatura, pascolano indisturbati e nella stagioni estiva è semplice avvistarli. Buona avventura. Janus l VIII LUGLIO - AGOSTO 2014 8 ...non solo montagne! di Teresa Marinelli Se è vero che il buongiorno si vede dal mattino...allora Pont Saint Martin, porta d’ingresso in Valle d’Aosta, costituisce la carta d’identità dell’intera regione...un connubio di splendide montagne, resti di epoca romana e numerosi castelli medievali. Percorrendo, infatti, da sud l’antica strada consolare delle Gallie, è proprio un ponte romano a dare l’accesso al suggestivo paesino...ma rivolgendo al cielo lo sguardo rapito dalla bellezza delle montagne, ecco apparire anche i resti di un castello feudale appartenente ai signori di Bard, potente e feroce famiglia valdostana. Le due epoche si intrecciano in una leggenda popolare che lega in qualche modo il ponte romano al vescovo di Tours. Si narra, infatti, che San Martino, di ritorno da Roma, restò bloccato a causa di una piena del fiume Lys. Il diavolo propose di costruire in una sola notte un ponte in cambio dell’anima di colui che per primo lo avesse attraversato. Il santo accettò, ma al mattino gettò un pezzo di pane dall’altra parte del ponte ed un ignaro cagnolino lo attraversò per guadagnarsi la ricompensa. Il diavolo, infuriato per l’inganno, scomparve nel fiume, lasciando così il ponte ai paesani. Questa leggenda è ancora viva tanto da costituire il tema principale del Carnevale di Pont Saint Martin, che si conclude proprio con il rogo del diavolo sotto l’arcata del ponte. Proseguendo lungo l’antica consolare, ci si imbatte invece nell’imponente e strategico Forte di Bard, edificato all’imbocco della valle su un’altura che sovrasta la stretta gola della Dora Baltea. Costruito nel 1034 là dove già i Romani avevano posto la loro difesa a protezione dei confini dell’Impero, passò definitivamente nelle mani dei Conti di Savoia nel 1242 . L’avamposto è noto per la sua fama di “inespugnabilem oppidum”, in particolare per aver bloccato l’avanzata dell’esercito napoleonico nel 1800. L’efficace resistenza suscitò, però, tanta sorpresa ed indignazione tra i Francesi che Napoleone lo fece radere al suolo per vendicare l’offesa subita. Il Forte fu poi ricostruito nel 1838 ed oggi si staglia sulla montagna in tutta la sua imponenza. Più di cento sono castelli, masti e manieri disseminati sul territorio a testimoniare l’importanza della vallata, via di comunicazione per mercanti, soldati e pellegrini che dall’Europa centro-occidentale si spostavano per raggiungere Roma. Tra tutti si distingue il castello di Fénis, uno dei pochi non costruito per scopi bellici, ma come residenza signorile; era, infatti, la sede di rappresentanza della famiglia Challant, che la abbellirono con eleganti pitture, simbolo di potenza e prestigio. Nel punto in cui la valle si allarga e la Dora Baltea riceve le acque del torrente Buthier, abbracciata da possenti montagne si erge Aosta, che offre ai turisti i resti di ogni epoca storica. Strappata nel 25 a.C. dai Romani ai Salassi, antica popolazione gallo-celtica, porta il nome dell’accampamento romano “augustae praetoria”, del quale ricalca la planimetria. Ben visibile è ancora la cinta muraria, ma ciò che sorprende maggiormente è l’integrità della Porta Praetoria, l’accesso principale all’antica città, e dell’arco di Augusto. A sancire la continuità storica sono i segni sovrapposti delle diverse epoche. In età medievale alla Porta Pretoria fu addossata una cappella della SS.Trinità…così come sull’arco furono collocati prima un’immagine del Salvatore sostituita in seguito da un Crocifisso. “…la vecchia Aosta di cesaree mura ammantellata, che nel varco alpino èleva sopra i barbari manieri l’arco di Augusto…” (Carducci) Piazza del Popolo 02013 Antrodoco (RI) - Tel. 0746-580023 Janus l VIII LUGLIO - AGOSTO 2014 9 CAI Il programma | Valle d’Aosta ES 23 - 30 AGOSTO 2014 C UR S IO N IS MO l’invito di Janus Programma Escursionistico MONTE BIANCO località /partenza itinerario PROGRAMMA A diff dsl tempi Val Ferret Arnovaz 1769m Rifugio ELENA, 2060m (s.24/25) Colle du GRAN FERRET, 2537m (s.25) TETE DE FERRET, 2719m TEE 291m 791m 964m 1:45/1:00 4:00/2:30 4:40/3:00 Val Veny Cantina VISAILLE Rifugio ELISABETTA, 2195m (s. 13) COL DES PIRAMIDES (13/12) o PIRAMIDI CALCAREE (anello) T/E E EE 500m 958m 500m 2:00/1:20 3:30/2:00 2:15/03:30 Al rientro visita ai Laghi di Combal e Miage (fermata al bar Combal) GRAN PARADISO CERVINO M. EMILIUS Courmayeur La PALUD, 1370m Rifugio PAVILLON, 2174m (s.20) Visita orto botanico Possibilità di rientro in funivia T/E 804m 2:30/01:40 Valsavarnenche PONT, 1960m primo giorno Rifugio Vittorio Emanule II 2800m s.1 T/E 770m 2:15/1:20 Val di RHEMS Alpeggi di THUNEL 1868m Rifugio BENEVOLO 2285m (s.13) LAGO S.ELENA, 2675m (s.13c) o LAGO di GOLETTA (s. 13d) (cartelli in legno e bolli gialli) T/E E/EE E 417m 807m 832m 1:30/1:10 3:00/2:00 4:00/2:30 Valturnanche Val MARTIN/MONTAZ 1495m Rifugio BARMAS, 2175m Interessante il passaggio sulla diga con visita alla cappella Cigliana T/E 712m 2:15/1:30 T E/EE 720m 838m 2:40/1:30 3:00/1:45 TEE 205m 680m 863m 0:45/0:25 1:45/1:15 3:00/2:00 Valturnanche CERVINIA, 2010m Aosta PILA, 1850m (in funivia da Aosta) Rif. DUCA DEGLI ABRUZZI a L'ORONDE CROCE CARREL ALPE di CHAMOLE', 2154m LAGO di CHAMOLE', 2325m (s.19a) Rif. ARBOLLE, 2507m (19a - 22a) Janus l VIII LUGLIO - AGOSTO 2014 1 0 Programma Alpinistico MONTE BIANCO GRAN PARADISO localita/partenza itinerario PROGRAMMA B diff. dsl tempi a/r ferr. Val Ferret ARNOUVAZ 1769m Rif.DALMAZZI, 2569m (sentiero 23, ometti/bolli gialli) EEA PD 820m 2:30/1:30 200m Val Veny Cantina VISAILLE Rif. MONZINO, 2590m ( s.16) Partenza 1Km prima di VISAILLE, direzione Casal di Freney, segnavia n°7 EEA PD 1000m 2:30/1:45 180m Val Veny Cantina VISAILLE Rif. BORELLI, 2310m ( s.19) Partenza 4Km prima di VISAILLE, PORTUD, 1489m EEA PD + 821m 2:30/1:30 180m Courmayeur La PALUD, 1370m MONT DE LA BRENVA, 2300m ( s.20A) - Belvedere, palestra di roccia EEA PD + 260m 1:30/1:20 Valsavarnenche PONT, 1960m secondo giorno GRAN PARADISO, 4064m EEA F 1330m 4:15/2:30 Valsavarnenche PONT, 1960m Punta TRESENTA, 3609m EEA F+ 874m Val di RHEMS Rhems di NOTRE DOME, 1723m Colle ENTRELOR, 3002m (segnaletica gialla - 10 - alta via n°2) NB: l'ultimo tratto potrebbe essere ancora innevato, utili piccozza e ramponi EE 1270m 3:30/1:50 Valgrisenghe 1700m BECCA D'AOUILLE, 2605m "ferratabethazBovard" Possibilità di rientro a quota PD/D 1900m/2100m - sentiero 17 CERVINO Valturnanche CREPIN/ CRET DU PONT " Ferrata GORBEILLON" (s.6 - controllo indicatori) EEA AD/D Valturnanche CHEMEIL- A.la BARMAZ, 1841m GRAN TOURNALIN,3379m Alta via 1, segnavia giallo 24, ritorno per lo stesso itinerario fino a q.28oom, poi sentiero 23; EEA Valturnanche BREIL/CERVINIA -Località AVUIL Rif. Carrel,1957m SPERONE VOFREDE, 3131m (s. 10 - s. 9; alta via 1) EEA/A D 2:45/1:50 4:00/2:30 02:00 805m 200m 1470m 4:45/03:00 1300 4:20/3:00 200m In programma alcune escursioni di diverse difficoltà, dalle turistiche alle alpinistiche che si possono fare nella settimana verde in Valle d'Aosta. Prima della partenza saranno scelte da questo elenco alcune escursioni da abbinare ai sei giorni di permanenza ad Aosta. I partecipanti sotto la propria responsabilità sono comunque liberi di organizzarsi diversamente dal programma proposto. I tempi e i dislivelli salvo diversa indicazione sono da ritenersi sempre riferiti alla partenza. Janus l VIII LUGLIO - AGOSTO 2014 1 1 Mangia che ti passa│Piatti tipici valdostani di Anna Boccacci Piatti molto poveri, ricette contadine tramandate nel tempo. La tradizione culinaria della Valle d'Aosta si distacca fortemente dalla tradizione delle altre cucine regionali italiane, mostrando invece grandi affinità con le regioni transalpine limitrofe: la Savoia, l'Alta Savoia e il Vallese. Si evidenzia l'assenza del frumento, che ha portato al pane di segale. I prodotti locali sono essenzialmente cereali di montagna, prodotti caseari bovini e caprini, carni e derivati di bovini, suini e di camoscio; scarseggia l'olio, sostituito da burro ed altri grassi sia di origine vegetale che animale. Gli ingredienti principali sono rappresentati da rape, porri, cipolla, patate, castagne, mele e pere. La presenza del riso è localizzata nella zona dell'alta val di Cogne e si deve all'origine piemontese degli abitanti. Tra i piatti tipici, spicca la zuppa Valdostana a base di brodo di carne, con cavoli e fontina, insaporita con fettine di pane. Tra le zuppe tipiche troviamo anche la zuppa alla valpellinense, a base di pane bianco raffermo e fontina. I primi piatti sono sempre accompagnati dall’immancabile polenta, generalmente cucinata al forno e insaporita con sughi di lepre o di cinghiale o condita con il burro. Anche la fonduta di formaggi è un altro piatto tipico valdostano, a base principalmente di fontina. Questo formaggio, ricavato dal latte delle mucche risalirebbe, secondo la tradizione, al 1270. La fontina viene prodotta in inverno e in estate, in questo caso il colore del formaggio è più intenso, a causa dal maggiore betacarotene assimilato dalle mucche al pascolo. Tra i secondi piatti, invece, spicca la carbonade a base di carne rosolata al vino rosso, cucinato con panna, ginepro, pepe nero e timo. Tra i dolci della cucina Valdostana troviamo il classico mont blanc con castagne, cacao e panna montata e le caratteristiche tegole d’Aosta, biscotti di mandorle e nocciole che vengono cotte su ripiani curvi, in modo da dare loro la tipica forma delle tegole dei tetti delle case. Caffè alla valdostana - Coppa dell’amicizia La Coppa dell'Amicizia è una delle bevande più straordinarie della Vallée, da bersi in allegra compagnia, al termine di una giornata fredda, magari sulla neve. La Coppa dell'Amicizia è il simbolo del calore con cui il turista viene accolto in Valle d'Aosta. Come altri oggetti dell'artigianato locale, la "Coupe de l'Amitié" è passata alla storia nella sua forma originale: bassa, larga e munita dei caratteristici beccucci che servono per bere "à la ronde". Passando di mano in mano, la "Coupe" dispensa a ciascuno la propria razione di caffè alla Valdostana, con un ampio margine per ripetere il giro più e più volte. Difficilmente si beve sempre dallo stesso beccuccio, e questo conferisce al rito quel tocco di promiscuità che crea aggregazione e coinvolgimento. Che crea amicizia, appunto. La Coppa dell'Amicizia non va confusa con la Grolla, oggetto dalla forma più allungata e di ben diverse origini. Un'antichissima leggenda valdostana vuole che la Grolla provenga nientemeno che dal mitico Santo Graal. Ingredienti: 4 tazzine di caffè caldo 2 tazzine di grappa 1 tazzina di Ginepy 4 cucchiai di zucchero 1 arancia o 1 limone Preparazione: Mettere i liquori, lo zucchero, la scorza dell'arancia e un po’ di succo d’arancia a scaldare in un pentolino, finché lo zucchero non sarà sciolto. Intanto passate un po' di succo di arancia intorno al foro del coperchio, quindi cospargete di zucchero. Janus l VIII LUGLIO - AGOSTO 2014 1 2 Versate poi nella coppa i liquori e il caffé e accendete il fuoco all'interno. Dopo un minuto mettete il coperchio sulla coppa, cosicché si spenga il fuoco. Inco- “Roberticola” minciate il rito!!! Tabaccheria - Edicola La Fonduta Lotto -Cartoleria Marinelli Roberto Via Marmorale, 73 (Salaria) Antrodoco TORCE COLTELLI SPORTIVI Tel.Fax: 0746.578079 E-mail: [email protected] ARTICOLIO PER LA PESCA Ingredienti per 4 persone: 400 gr. di fontina 4 uova 70 gr. di burro 1/2 lt di latte Pane casareccio q.b. Sale e pepe q.b. Preparazione: Eliminate la crosta dalla fontina, tagliatela a fettine sottili, raccoglietele in una terrina, versatevi il latte indicato (o anche di più perché il liquido deve ricoprire il formaggio) e fate riposare per un’ora. Senza sgocciolarla troppo ritirate la fontina dal latte e mettetela in una casseruola a fondo spesso. Unite il burro freddo a pezzetti. Ponete il recipiente a bagnomaria e, sempre mescolando, lasciate fondere il formaggio. Dapprima si forma una massa compatta che poi si scioglierà lentamente. Quando il composto ha raggiunto una consistenza cremosa incorporatevi un tuorlo alla volta mescolando velocemente, quindi lasciatelo ancora a bagnomaria per 2-3 minuti in modo che il composto acquisti il suo tipico aspetto vellutato (a questo punto decidete se, per una più giusta consistenza, è il caso di aggiungere un po’ del latte dell’ammollo). Controllate il sale e insaporite con un solo pizzico di pepe. Versate la fonduta nelle ciotole tenute in caldo, e servitela con fette di pane nero tostate a parte. conservate calde . Per gustarla ancora meglio posate il tegame in tavola su un fornelletto a spirito per mantenerla calda. Janus l VIII LUGLIO - AGOSTO 2014 1 3 Valle d’Aosta│Da sapere Informazioni e contatti utili Oltre alle escursioni come da programma allegato sarà organizzata una gita turistica in pullman, possibili mete sono da scegliere in loco tra Ginevra, e/o il classico tour dei Castelli. Un giorno sarà lasciato libero. I partecipanti possono organizzare per proprio conto e sotto la propria responsabilità qualsiasi attività che ritengono opportuna, sempre comunque fuori programma. Equipaggiamento: scarponi, giacca a vento, cappello e guanti pesanti, ed adeguata preparazione fisica, per chi è interessato ad organizzarsi per effettuare escursioni alpinistiche e/o ferrate. Per le ferrate è necessario il kit completo: ghette, piccozza e ramponi. In copertina Speciale Valle d’Aosta: Monte Cervino. Foto: Eligio Boccacci Sistemazione ad AOSTA (23 - 30 agosto 2014) Hotel Turin (3 stelle) Via Torino 14 - 11100 Aosta (AO) Italia Tel. (+39) 0165/44593-41893 Fax. (+39) 0165/361377 Mail: [email protected] Trattamento di mezza pensione in camera doppia, con riduzione famiglie per 3° e 4° letto. Viaggio in pullman gran turismo, salvo adesioni compatibili. Per ulteriori info contattare: Lorenzo CIANCA tel 329/4113515 [email protected] NUMERI DI EMERGENZA UTILI SOCCORSO ALPINO PROTEZIONE CIVILE Sede uffici Loc. Aeroport, 7/A – Saint Cristophe (AO) PROTEZIONE CIVILE tel 800 319319 (numero valido sul territorio nazionale) SOCCORSO ALPINO VALDOSTANO tel 800 800319 (numero valida sul territorio nazionale) GUARDIA MEDICA U.S.L Tel. 118 – sevizio notturno 20.00 -08.00 Festivi 24 ore su 24 FARMACIA ad Aosta Via Torino 20 - 11100 Aosta tel 0165 262124 di Marilena di Michele Corso Roma, 13 - Antrodoco (RI) Janus l VIII LUGLIO - AGOSTO 2014 1 4 CAI Salute │Tutta colpa dei piedi, forse* Mille miglia cominciano con un passo, diceva il filosofo corpo. Gli orientali ci insegnano molto in questo senso. Per la medicina alternativa la pianta del piede rappresenta tutto il nostro corpo e ad esso è collegata. E allora che si fa? Da cosa cominciare? Intanto iniziamo a pensarci sul serio e in vista di imminenti e lunghe escursioni in montagna, possiamo imparare a trattare bene i nostri piedi prendendo in considerazione alcuni di quei semplici, ma importanti accorgimenti che possono aiutarci a preservare la salute dei nostri piedi ed il piacere del camminare. Cosa fare per preparare al meglio i piedi ad una camminata in montagna? Scegliere la scarpa ed i tessuti giusti. In montagna una scarpa non vale l’altra. Informatevi bene sulla difficoltà dell’escursione, sul tipo di percorso in programma, sulle ore di cammino e sulle temperature. In linea generale la scarpa deve tenere bene caviglia e tallone. Oggi per il trekking di calzature ne esistono molte e c’è altrettanta informazione in merito. L’ideale è farsi consigliare da chi ha più esperienza e più passi alle spalle. Contro il sudore, indossate calze di fibre naturali o con solette assorbenti nelle scarpe. Uno stratagemma può essere indossare un doppio calzino mettendo a contatto dei piedi, solo cotone. Attenzione alle unghie. Che non siano né troppo lunghe, né troppo corte e taglienti. Il taglio deve essere squadrato e non intaccare gli angoli. In ogni caso tenete Rinforzare e rilassare. Per rinforzare la muscolatura del piede approfittate quando possibile di camminare a piedi nudi su una superficie morbida (sabbia o erba), è di per sé un buon allenamento e massaggio plantare. Salite e scendete sulla punta dei piedi nudi per rinforzare l’arco plantare oppure provate a raccogliere dei piccoli oggetti con i piedi per mettere in moto proprio i muscoli estensori e flessori del piede e delle dita. E’ possibile che abbiate crampi alle dita proprio per la poca abitudine a far lavorare tutto il piede. Per rilassarli massaggiate l’arco plantare con le nocche della mano, stirare prima le dita e poi piegatele forte in avanti cercando di mettere in evidenza le teste metatarsali (nocche dei piedi). Da seduti per terra, schiena contro il muro e gambe tese in avanti e piedi in flessione dorsale, piegate lentamente in avanti un piede con le dita piegate in avanti. Lentamente e espirando. Ruotate poi i piedi da una parte e dall’altra per mobilizzare le caviglie. Un buon massaggio plantare passivo, infine, è muovere in tutte le direzioni un piede sopra una pallina. Continuate il rilassamento massaggiando anche polpaccio e cosce. Nella camminata sono i muscoli motore. A cura di cinese Lao Tzu, ma se il passo è dolente, ci sarebbe da aggiungere, non sarà facile né arrivare lontano, né gustarsi la camminata. Lo sanno bene gli escursionisti, ancor più gli alpinisti e di sicuro, almeno una volta nella vita, è capitato a chiunque di doversi fermare, rinunciare o proseguire a fatica, per via di scarpe troppo strette o comunque scomode, cuciture taglienti, unghie antipatiche, vesciche, calli e duroni. Un po’ come il cuore, i sentimenti, i nostri piedi sono più sensibili ed influenti di quanto si voglia a volte credere e richiedono la nostra attenzione e cura almeno quanto altre parti del nostro sempre con voi cotone, forbicine e una limetta per curarli alla bisogna e prima di partire controllate che non ci siano ferite e se ne trovate, mettetele al sicuro da ulteriori danni. Coccolare. Valido sia prima che dopo è il pediluvio, alternando acqua calda e fredda per riattivare la circolazione, prevenendo le vene varicose. Unite sale marino, menta e lavanda per combattere la sudorazione. Massaggiate tutti i giorni i piedi con una crema idratante, allevia tensioni e previene calli e duroni. Andate periodicamente dall’ortopedico per verificare le condizioni delle dita e la posizione di appoggio, e non trascurate di affidarvi di tanto in tanto ad un buon podologo, soprattutto se state per affrontare vette importanti. *Le informazioni riportate sono a cura della redazione: sono raccolte da esperti e prendono spunto da articoli tecnici e siti di settore. Rubrica sostenuta da AVIS Comunale Antrodoco Referente: Giampietro Mattei Mobile: 3384363877 - e.mail [email protected] Janus l VIII LUGLIO - AGOSTO 2014 1 5 #FAUNA│Il capriolo, piccolo cervide di Marco Innocenti* Parlare di fauna selvatica è sempre argomento affascinante ed allo stesso tempo scomodo. Sorvolando sul fascino, la scomodità nasce dal fatto che gli animali selvatici sono presenti o sempre più presenti, si fanno vedere ed impattano in modo diverso sul territorio. Avvistamenti, incidenti con autoveicoli, ritrovamenti di piccoli o adulti feriti, danni ai coltivi da parte di ungulati ed al bestiame da predatori. Inevitabilmente la loro presenza direttamente o indirettamente incrocia la sensibilità di ognuno di noi. Ma esistono modi diversi di rapportarci agli animali ed in particolare alla fauna selvatica. I diversi interessi, che ci legano alla natura ed alle attività ad essa connesse, la complessa comprensione dei processi ecologici e sociali, che agiscono sui territori montani e di media collina, rendono tutto più affascinante e problematico. Senza sminuire le visioni e gli interessi di ognuno, senza dimenticare i danni che la fauna può provocare alle attività agro-zootecniche nelle aree marginali rurali, tralascerò in questi brevi articoli di parlare della fauna selvatica come problema e di addentrarmi nel dibattito delle soluzioni gestionali, non perché non sia importante farlo (anzi) ma semplicemente perché questi aspetti non vogliono essere oggetto di questi contributi. D’altra parte proverò a parlare di quelle specie che generano da sempre intorno a loro fascino e problematiche e di quelle che a discapito della loro diffusione sono sconosciute o confuse, pur ricoprendo ruoli ecologici importanti e generando biodiversità. Capriolo, il piccolo cervide. Per descrivere una specie in modo approfondito bisognerebbe partire da lontano e descriverne gli antenati, per poi passare dalla distribuzione storica a quella attuale, spiegarne la classificazione, tratteggiarne le caratteristiche morfologiche, fisiologiche (alimentazione e riproduzione), ecologiche (ambiente tipico, rapporti con altre specie compresa quella umana). Tuttavia proverò a illustrare in poche righe, le peculiarità di una specie faunistica il capriolo (Capreolus capreolus), a mio avviso tra le più affa- scinanti, che cinghiale (Sus scrofa) a parte, è l’ungulato più diffuso nel nostro Paese. Il capriolo è un animale legato ad ambienti con una notevole variabilità vegetazionale, caratterizzati da abbondante sottobosco. Predilige zone collocate a bassa quota (sotto i 1200 m), con boschi intervallati da spazi aperti. Detto questo, non ci si dovrebbe stupire come le zone dell’Appennino centrale siano particolarmente popolate da questa specie diffusa da Nord a Sud Italia. Il capriolo così come altre specie selvatiche presenti in Italia (cervo, camoscio, stambecco, muflone, cinghiale) e specie domestiche di interesse zootecnico (bovini, ovini, caprini, maiale) appartiene all’ordine degli ungulati con numero pari dita (artiodattili). Questo ordine raggruppa animali che poggiano il proprio peso corporeo sulla punta delle dita e dove le unghie si sono modificate in zoccoli. Una caratteristica biologica è la ridotta dimensione degli zoccoli che produrranno una piccola impronta (la più piccola tra tutti gli ungulati selvatici europei) appuntita e sottile di circa 4-5 cm x 3 cm (Foto in alto a sinistra). che ritrovata nel terreno, diviene uno dei segni della sua presenza. Impronte, o complessi di orme, sono segni evidenti, ma non sempre facili da riconoscere e da assegnare ad una specie; così è facile confondere un’impronta di capriolo con quella di un cervo piccolo. Il capriolo è un cervide, ovvero una specie dotata di palchi presenti solo nei maschi, strutture ossee a rinnovo annuale analoghe e non equivalenti alle corna. I palchi (costituiti di cartilagine appoggiata su una base ossea) cadono ogni anno per poi riformarsi, si sviluppano dal quarto mese nei piccoli maschi (agosto). Appena formate sono ricoperte da pelle vellutata (velluto) che difende protegge e nutre la struttura in crescita che via via diviene più dura a causa di un processo di ossificazione. A Febbraio il palco viene liberato dal velluto attraverso lo sfregamento su piccoli arbusti che vengono scortecciati, questo è un segno indiretto che ci annuncia la presenza del capriolo in un territorio. Il capriolo è un cervide di taglia media e i due sessi si distinguono poco nelle dimensioni a differenza di ciò che accade nel cervo (Cervus elaphus). Foto in alto: caratteristiche salienti piede capriolo (Ant sx ) (foto M. Innocenti). Sotto: differenze morfologiche tra femmina con falsa coda in inverno (a sx) e maschio (a dx) di capriolo. Pagina a fianco: piccoli di capriolo non ancora svezzati (foto M. Innocenti) Janus l VIII LUGLIO - AGOSTO 2014 1 6 Nel periodo invernale quando il maschio non ha il palco, potrebbe non essere subito riconoscibile dalla femmina, tuttavia alcune caratteristiche ci possono dare qualche indicazione, le più semplici sono: presenza del pennello (ciuffo di peli) ben visibile sotto il ventre e la forma della macchia bianca nel posteriore (detta specchio anale) che ha una forma diversa nei due sessi. (Foto pagina a fianco in basso). La coda in ambo i sessi è assente (atrofizzata) per cui è praticamente invisibile, questo fatto, oltre alla diversa forma del muso e alla differente mole, permette di distinguere velocemente il capriolo dal cervo che ne è invece provvisto. Il capriolo possiede nel suo repertorio diverse vocalizzazioni. Pensare ad un animale come il capriolo che emette una vocalizzazione simile all’abbaiare di un cane è stravagante e bizzarro. Tuttavia l'abbaio, (tecnicamente definito scrocchio), è forse la più peculiare delle vocalizzazioni; è simile ad un suono cupo e ritmato molto simile all'abbaiare roco di un cane ed è utilizzato dai caprioli, maschi e femmine, in occasioni diverse tra cui situazioni di allarme. Ma se c’è una caratteristica biologica intrigante, propria anche ad altre specie (orso, martora, faina …) è il fenomeno dell’embriostasi una sorta di “letargo” del feto. Dopo la stagione degli amori (agosto) e la fecondazione, l’embrione non si impianta, ma rimane ad uno stato di “riposo” e cessa di crescere. A distanza di quattro mesi e mezzo dalla fecondazione, lo sviluppo riprende regolare (in gennaio) fino al parto che avviene in primavera. Ciò rende la gestazione del capriolo molto più lunga (280-290 giorni complessivi) di quella reale di crescita del feto (165±5 giorni). Questo affascinante meccanismo fisiologico permette al capriolo di avere un maggior successo riproduttivo, consentendogli di portare a termine la gravidanza all’inizio della favorevole stagione primaverile, invece che durante l’inverno. Alla nascita i piccoli caprioli, come tutti i cervidi, hanno un mantello maculato, con macchie bianche (pomellatura), disposte su file longitudinali regolari, questa caratteristica che permane nei primi due mesi ha uno scopo mimetico. (Foto in alto). I piccoli, infatti, passano diverso tempo accucciati in piccole radure, ai bordi di camminamenti o nei prati in mezzo la vegetazione e in caso di disturbo, rimangono immobili accovacciati. Le naturali strategie difensive della specie funzionano bene e la madre durante la giornata può allontanarsi e brucare a poca distanza, tornerà dal proprio piccolo solo per nutrirlo. menti del tutto naturali. Incontrare durante una passeggiata o qualsiasi altra attività nei mesi di maggio - giugno un piccolo di capriolo nascosto nell’erba, riconoscerlo come indifeso, abbandonato dalla madre e quindi raccoglierlo è un’azione poco sensata. Nella maggior parte dei casi, se il piccolo non è ferito, è opportuno non manipolarlo affinché la madre ne riconosca l’odore ed è utile allontanarsi velocemente evitando che la madre si allarmi e decida di abbandonarlo. Il capriolo (Capreolus capreolus) è un ungulato artiodattilo, appartenente alla famiglia dei cervidi, elegante e veloce. Dopo il cinghiale è l’ungulato più diffuso nella penisola. Conoscerlo e riconoscerlo è doveroso in questo momento di espansione della specie, in cui è sempre più facilmente avvistabile nei territori dell’Appennino centrale vocati alle sue caratteristiche ecologiche. *Marco Innocenti è Medico Veterinario. Come spesso accade la non conoscenza delle abitudini di una specie ci spinge ad interpretare male comportaJanus l VIII LUGLIO - AGOSTO 2014 1 7 Vette di LIBRI Profilo CAI Viaggio in Valle d'Aosta Una guida GourmArt che si legge come un libro Alessia Zacchei Cinquesensi Editore Arte e civiltà del cibo: le due tracce che permetteranno di costruire un viaggio vero e approfondito, i due temi forti che mettono in risalto le specificità culturali di ogni Regione, cercando di ridefinire il giacimento artistico e gastronomico del Valore Italia. Ogni volume è illustrato con immagini di iconografia storica, arte e reportage racconta un viaggio colto che si spinge oltre le rotte del turismo di massa all'insegna delle quattro "T" (Terra, Territorio, Tradizione e Talento). CLUBALPINOITALIANO Nicola Lattanzio* In viaggio con Tolstoj Da Mosca alla Valle D'Aosta Lazzari Guise Robin Editore II ritrovamento di un diario molto personale è l'originale pretesto narrativo per raccontare il viaggio che il grande scrittore russo Lev Tolstoj fece in Piemonte e in Valle d'Aosta nel 1857, in compagnia di un giovane amico. Passato e presente si intrecciano, quando la protagonista si reca a San Pietroburgo per gettare nuova luce sul passato della nonna, che alla fine dell'Ottocento aveva soggiornato nella Russia zarista, ormai vicina al declino. Il romanzo permette di rivivere luoghi, paesaggi e atmosfere di regioni miracolosamente intatte: un vero e proprio ecomuseo vivente e non artificioso e una notazione ai margini del lavoro di ricerca che è la parte più significativa del Museo della montagna di Bard. Soluzione Sudoku n° 31 1 5 2 8 7 3 4 9 6 4 8 3 9 6 1 7 2 5 6 9 7 5 2 4 3 8 1 8 7 4 2 1 5 6 3 9 5 6 9 3 4 8 1 7 2 3 2 1 7 9 6 5 4 8 7 3 8 6 5 2 9 1 4 2 1 6 4 3 9 8 5 7 9 4 5 1 8 7 2 6 3 Iscritto al CAI dal 1981 Escursioni: in 40 anni di escursionismo (1974/2014) circa 1000. La prima vetta: M.Terminillo all'età di 13 anni da scout. L'ultima escursione: il 22 giugno scorso. Il percorso più duro: Capanna Margherita sul M.Rosa Testa Grigia, Adamello. Il panorama indimenticabile: tramonto sul Gran Zebrù dal rifugio Casati. Tre cose indispensabili nello zaino: acqua, bussola, giacca a vento, kit pronto soccorso. Energia per camminare: passione, desiderio di conoscere ed apprezzare tutto ciò che ci circonda. Un motto per il successo: conoscenza e responsabilità verso gli altri. Il CAI Antrodoco: Un'associazione dove aleggia un valore come l'amicizia che è stato fondamentale per la crescita della Sezione. La passione per la montagna, di pochi giovani è stata determinante alla nascita di un movimento escursionistico sconosciuto nel nostro paese. La montagna è per me fatica, sudore, silenzio dove entro in simbiosi con tutta la natura che mi circonda soprattutto quando percorro i sentieri in piena solitudine. *dal recente rinnovo del Consiglio Direttivo, Nicola Lattanzio è Vice Presidente di Sezione. Janus l VIII LUGLIO - AGOSTO 2014 1 8 CLUB ALPINOITALIANO │L’agenda del CAI - Speciale Agosto 2014 Programma Escursionismo e Seniores 2014 19 luglio 27 luglio 1, 2 e 3 agosto E E Traversata notturna CITTAREALE - CASCIA da Cupello di Cittareale (Ri) MONTI della LAGA - Cima della LAGHETTA, da Campotosto E/EE GRAN SASSO d’ITALIA, con CAI Ferrara 7 e 8 agosto E 9 agosto MC I Confini Papalini-Pontifici - TERMINILLO (Ri) Mtb: Monte NURIA, Forca Jelli, da Antrodoco (Ri) 10 agosto T Monte Boragine, e sagra braciola Cittareale (Ri) 10 agosto E AG: Gran Sasso d’Italia - Rif. FRANCHETTI , da Prati di TIVO (Te) 12 agosto E Peschio del Principe, serale da Canetra (Ri) 15 agosto EE/DC XVII Ferragosto con il CAI Monte Giano e Cinno, da Antrodoco (Ri) + mtb 17 agosto E Gruppo Velino-Sirente, Monte della Magnolia 19 agosto TC Urbantrek: INTEROCREA, serale da Antrodoco (Ri) 23 - 30 agosto E/EE 31 agosto E Settimana verde in Valle d’AOSTA A.N.A.: Chisetta Alpina a Monte Giano - Antrodoco (Ri) CAI ES C URS IO NIS MO In via del tutto promozionale per le prime 2 escursioni sono ammessi (solo con difficoltà T ed E) alla partecipazione anche NON SOCI: con versamento. Quota Assicurativa obbligatoria di 6 euro. Iscrizioni 36h prima dell’inizio escursione. "Salaria. Quattro regioni senza confini” Editore CARSA Prezzo di copertina 19,00 euro 15,00 (socio CAI) Nata nell'ambito delle manifestazioni per il 150° anniversario della fondazione del Club Alpino Italiano, la guida costituisce un utile strumento per l'escursionista a piedi e in mountain bike che, sulle orme dei viaggiatori di un tempo, desidera scoprire il ricco patrimonio di storia, arte e natura di quella parte dell'Appennino Centrale dove si toccano quattro regioni italiane: Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. Per info: CAI Antrodoco PAUSA SUDOKU N° 35 8 3 6 3 9 5 7 7 4 9 7 2 2 1 2 9 3 4 2 1 6 7 5 1 6 4 5 2 9 1 8 4 8 7 7 Janus l VIII LUGLIO - AGOSTO 2014 1 9
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