Documento prima sessione

PRIMA SESSIONE
I REGOLAMENTI DELLA LEGGE PROFESSIONALE
L’AVVOCATURA È CAMBIATA, CAMBIANO LE REGOLE
INTRODUZIONE
La Giovane Avvocatura è consapevole che il recupero del ruolo sociale, della stima e della fiducia
del cittadino passa necessariamente per un cambiamento della professione, del suo svolgimento e
del percorso formativo che porta ad essa.
Oggi si devono abbattere le diffidenze con un professionista preparato, deontologicamente corretto
e in grado di competere alla pari con i propri colleghi europei.
La scelta di dedicare una sessione al nuovo Statuto dell'Avvocatura e ai regolamenti attuativi
approvati e in via di approvazione nasce dalla necessità di rispondere ad alcune domande: qual è
il ruolo che la riforma della legge 247/12 disegna per l'Avvocatura? Gli strumenti che vengono
messi a disposizione per l'esercizio della professione sono adeguati? Le prerogative e i doveri
dell'Avvocatura sono idonei ed effettivi per riuscire a tutelare i diritti dei cittadini?
La risposta a questi interrogativi passa attraverso l'analisi comparata e il confronto con quanto
prevedono gli altri sistemi giuridici europei, in una prospettiva dinamica, che guardi al
cambiamento in atto in questi anni.
Occorre cambiamento, coraggio e voglia di mettersi in gioco. La prospettiva è quella di guardare
oltre, di superare gli angusti e sempre più virtuali confini nazionali.
Nuovi luoghi del fare, nuovi rapporti, nuovi diritti, nuove tutele: l'Avvocatura riuscirà ad essere
professione del domani?
VERSO L’AVVOCATO EUROPEO
Ad oggi, un ordinamento professionale forense comunitario non esiste. Non vi sono in questa
direzione né Regolamenti né Direttive, se si esclude il Regolamento n. 2137/85 sul G.E.I.E.Gruppo Europeo di Interesse Economico (utilizzabile anche dagli avvocati) e tre Direttive (datate
nel tempo) intese a facilitare rispettivamente: l’esercizio effettivo (transfrontaliero) della libera
prestazione di servizi da parte degli avvocati (n. 77/249/CEE, attuata in Italia con L. n. 31/1982)
con buona pace della questione sugli “abogados”; il mutuo riconoscimento dei diplomi di
istruzione superiore sanzionanti formazioni professionali della durata minima di tre anni (n.
89/48/CEE, attuata in Italia con D. Legs. n. 115/1992); ed il diritto di stabilimento degli avvocati
(n. 98/05/CEE del 16.2.1998). Le Direttive indicate si applicano ai soli avvocati che intendano
esercitare sporadicamente l’attività professionale in uno Stato membro dell’Unione Europea
diverso da quello di origine ovvero intendano trasferirvisi stabilmente, ma non creano un vero e
proprio sistema ordinamentale comune alle avvocature dei 15 Paesi dell’Unione, anche se
ciascuna di esse è ovviamente tenuta ad applicare regole conformi al verificarsi delle ipotesi (e
solo esse) previste nelle Direttive appena ricordate.
In materia di deontologia, vi è stato l’autorevolissimo intervento codificatore del Consiglio degli
Ordini Forensi della Comunità Europea (CCBE), anch’esso datato, dell’ottobre 1988.
Ebbene si ritiene che gli Ordini forensi europei diverranno capaci di omologare i propri
ordinamenti, verificare la qualità dei rispettivi sistemi di formazione e compiere la ricognizione
delle qualificazioni professionali se si potranno riconciliare, in qualche modo, a livello
universitario gli studi di legge.
La sempre più intensa circolazione in Europa dei professionisti forensi e la necessità di avere una
figura in qualche misura omogenea di avvocato europeo lo richiede.
LA NUOVA FIGURA DI AVVOCATO ITALIANO: ALCUNI SPUNTI DI RIFLESSIONE
ABBIAMO IMMAGINATO UN AVVOCATO COMPETENTE E PREPARATO
L'art.11 della L. 247/12 prevede un obbligo per l'avvocato di curare il continuo e costante
aggiornamento della propria competenza professionale al fine di assicurare la qualità delle
prestazioni professionali.
Tale obbligo, sino al 2012, era stato previsto nel codice deontologico nonché contenuto in
apposito Regolamento del CNF a partire dal 2007: oggi è legge.
Aiga ha sempre fortemente voluto l'introduzione dell'obbligo di formazione, garanzia di effettiva
competenza e preparazione dell'avvocato nonché di competitività, anche nelle nuove aree di
interesse nascenti dal moderno panorama sociale ed economico.
L'obbligo di formazione, così come previsto dalla legge forense, ha tuttavia tradito il senso della
sua previsione.
Aiga aveva evidenziato sin da subito le criticità relative alle esenzioni dall'obbligo di
formazione per gli avvocati dopo 25 anni di iscrizione all'albo o dopo il compimento del 60°
anno di età, ravvisando in questo una discriminazione a sfavore dei giovani. Tale istanza di
eliminazione e/o rimodulazione dell’esenzione ha trovato spazio in apposita mozione approvato
dal Congresso Forense di Bari del 2012.
Altra criticità era determinata dai costi della formazione: l'attività degli ordini secondo la legge
non può avere fini di lucro. E' previsto nella legge di riforma che le Regioni possano disciplinare
l'attribuzione di fondi per la formazione degli avvocati: come fare ad accedere a questi fondi?
Il regolamento di competenza del CNF previsto nell'art.11 della L.247/12 sulla formazione
continua è stato approvato definitivamente il 16 luglio 2014.
Esso contiene modalità e condizioni per l'assolvimento dell'obbligo di aggiornamento da parte
degli iscritti e per l’organizzazione e gestione a cura degli ordini, associazioni, terzi. Vengono
all'uopo coinvolte anche le Scuole Forensi di cui al Regolamento CNF n.3/14.
Tra i principi che hanno ispirato il regolamento vi sono quelli di uniformare le disposizioni sulla
formazione garantendo ad ogni avvocato la “libertà di formazione” che oggi può scegliere di
frequentare corsi e iniziative su tutto il territorio ed anche all'estero. Sotto quest'ultimo profilo, e
nell'ottica di una sempre maggiore “europeizzazione” dell'avvocato, sarebbe auspicabile
incentivare la stipula di convenzioni e accordi tra le istituzioni forensi, anche attraverso l'attività di
organismi forensi internazionali quali CCBE, FBE (che già stanno lavorando in tal senso), che
consentano l'accreditamento degli eventi ed eventualmente scambi di iniziative scientifiche e
culturali tra gli ordini dei vari stati aderenti.
Anche riguardo all'attribuzione dei crediti e al numero minimo di crediti necessari si è guardato
all'Europa, stabilendo un numero minimo di 60 crediti, non più computati col sistema “un'ora, un
credito”, ma mediante una valutazione complessiva dell'evento.
Il regolamento ha dovuto tenere in considerazione altresì criteri di massima trasparenza anche a
seguito della Sentenza Corte giustizia Europea del 28 febbraio 2013 che aveva dichiarato
illegittimo per violazione delle norme in materia di concorrenza il Regolamento dell'Ordine degli
esperti contabili portoghesi, che si era riservato l'attività formativa istituzionale (quella che noi
definiamo di deontologia e ordinamento professionale), ed aveva altresì omesso di indicare criteri
trasparenti per l'accreditamento. È davvero riuscito in questo intento lasciando ad un’analisi
soggettiva la valutazione complessiva dell’evento da accreditare?
Il regolamento CNF inoltre distingue tra il concetto di aggiornamento, realizzabile mediante
convegni ed eventi giornalieri e la formazione che consiste nella partecipazione a corsi di minimo
2 giorni da 6 ore l'uno.
Vengono indicati come promotori di tali iniziative i COA ed “altri soggetti”. Nella generica
definizione non possono non rientravi le associazioni, da sempre garanti di qualità. In Italia le
associazioni forensi svolgono un ruolo fondamentale nella politica forense e nella formazione del
professionista ma negli altri Paesi europei esistono? E con quale ruolo?
ABBIAMO IMMAGINATO UN AVVOCATO SPECIALIZZATO... ANCHE OLTREFRONTIERA
Per quanto riguarda le specializzazioni oggi il Ministero della Giustizia ha proposto una bozza di
regolamento “modalità per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista” a
norma dell'art.9 della L.247/12.
Il titolo di specialista si ottiene mediante un percorso formativo o mediante la dimostrazione di
una comprovata esperienza professionale nel settore di specializzazione.
Il regolamento impone che l'avvocato possa acquisire il titolo in una sola delle aree di
specializzazione previste nella tabella allegata al decreto senza alcuna riserva di attività
professionale.
Le aree di specializzazione, individuate per il momento in 14, possono successivamente essere
modificate ed aggiornate dal ministero, su proposta del CNF e sentiti i COA e le associazioni
specialistiche maggiormente rappresentative. Tale disposizione ammette, pertanto, spazi di
intervento in un'ottica di ampliamento delle aree, anche a livello internazionale. Esistono e se si
quali sono le aree di specializzazione individuate all'estero?
I criteri per l'attribuzione del titolo di specialista appaiono piuttosto severi e poco realistici.
Nel caso di domanda basata su comprovata esperienza professionale il CNF convoca il candidato
per un colloquio, “salvo che non appaia superfluo in ragione delle risultanze della documentazione
presentata”: tale disposizione è oggetto di evidente critica da nel momento in cui viene lasciata
ampia discrezionalità ad un unico soggetto (il CNF) nella scelta di attribuire il titolo “de plano”
oppure maggiormente indagando il candidato.
Circa la modalità di accesso per “comprovata esperienza” la norma richiede che si siano trattati,
nei cinque anni antecedenti, ben 50 incarichi annui nel settore di specializzazione prescelto.
Orbene solo in specializzazioni legate al rito (penale, lavoro, …) è possibile immaginare il rispetto
di tale requisito. Ma la specializzazione legata la rito non è la meta da raggiungere.
Inoltre in questa bozza di regolamento non si fa riferimento ad altri criteri quali ad esempio la
partecipazione a master, seminari o a pubblicazioni a cura del candidato nella materia prescelta. E
neppure alla possibilità di ricomprendere tra i 50 casi trattati anche quelli seguiti all'interno dello
studio, magari senza avere dal cliente il conferimento del mandato (tale disposizione appare
ancora una volta discriminatoria nei confronti dei giovani che nella quasi totalità non riuscirebbero
ad essere titolari di un numero così elevato di pratiche, favorendo per la specializzazione i colleghi
più anziani, con studi già avviati).
E' previsto inoltre che l'avvocato divenuto specialista possa mantenere il titolo con una formazione
continua nell'area di specializzazione mediante corsi organizzati dai COA (ancora una volta)
anche d'intesa con le associazioni specialistiche di cui all'art.35 L.247/12. Il numero di crediti
non coincide peraltro con quello previsto nella bozza di regolamento sulla formazione continua
(75 in luogo di 60 crediti).
Sono state individuate nello schema 14 aree di specializzazione. Si tratta di aree abbastanza
“tradizionali” se non per quanto concerne il diritto dell'ambiente che in effetti in questi ultimi anni
ha avuto ampia espansione normativa e processuale; non vengono al momento individuati settori
effettivamente nuovi e di apertura verso il mercato.
Ottimo, invece, l'inserimento del Diritto dell'Unione Europea e del Diritto Internazionale. Ciò in
riferimento alla prevedibile espansione del numero di avvocati che svolgeranno l'attività all'estero,
ma altresì nell'ottica della sempre più crescente applicazione delle normative europee da parte dei
giudici italiani ed altresì della dirompente influenza della Giurisprudenza delle Corti Europee nelle
nostre aule di giustizia.
Circa la possibilità per ogni cittadino di adire le corti europee, il CCBE ha presentato lo scorso 28
aprile una guida per avvocati relativa alle modalità di accesso alla Corte Edu dal titolo “La Corte
Europea dei diritti dell'uomo: domande e risposte per avvocati”: è evidente l’importanza di
un’iniziativa di questo tipo per incoraggiare il ricorso alle Corti internazionali da parte degli
avvocati italiani.
ABBIAMO
IMMAGINATO
UN
AVVOCATO
CHE
POTESSE
PATROCINARE
INNANZI
ALLE
GIURISDIZIONI SUPERIORI
L'art.22 della L.247 prevede che l'iscrizione all'albo delle giurisdizioni superiori sia riservata:
a coloro che avevano maturato i presupposti di iscrizione alla data di entrata in vigore della L.247
o nei tre anni successivi (risultato ottenuto grazie anche alle battaglie di Aiga), a coloro che
abbiano superato l'esame “tradizionale” avendo 5 anni di iscrizione all'albo, a coloro che, dal 2016
in poi avranno maturato 8 anni di iscrizione all'albo e frequenteranno proficuamente la Scuola
Superiore dell'Avvocatura.
Il Regolamento n.5/14 del CNF disciplina l'istituzione e le modalità di funzionamento della scuola
stessa.
E' gestito da un Comitato Scientifico che organizza corsi trimestrali (degna di approvazione la
restrizione della durata temporale) che si svolgeranno nelle giornate di venerdì pomeriggio e
sabato mattina, onde consentire la frequenza senza sacrificare l'attività di udienza. La sede prevista
è Roma, con possibilità di organizzare alcune lezioni (in realtà una piccola percentuale) presso le
sedi degli ordini distrettuali, per favorire i partecipanti e consentire un minor numero di trasferte
nella capitale. L'organizzazione delle lezioni “esterne” terrà conto della provenienza degli iscritti.
Il CNF pubblicherà un bando con le modalità di presentazione delle domande, i requisiti e il
calendario delle lezioni.
Verrà previsto un costo di partecipazione che dovrebbe costituire un contributo spese da parte del
candidato; i costi di organizzazione e i rimborsi ai docenti viceversa saranno a carico del CNF, che
potrà ottenere anche contributi e finanziamenti esterni (il che non dovrà comunque comportare
ingerenze nella gestione).
Sono previste borse di studio da attribuirsi sulla base del merito e di eventuali condizioni sociali
ed economiche svantaggiate.
Molto restrittiva appare la norma sul test di accesso alla scuola (test a risposta multipla). Il
candidato peraltro dovrà alternativamente dimostrare di aver patrocinato almeno 10 giudizi
dinnanzi le Corti di Appello civili, almeno 20 cause penali dinnanzi le Corti di Appello penali, o
altrettanti davanti le giurisdizioni amministrative, tributarie o contabili negli ultimi 4 anni.
Il corso si articola in due parti, una di 60 ore teorica ed una di ulteriori 60 pratica, vertente sulla
materia di elezione del candidato. E' necessario tuttavia che il modulo teorico venga articolato in
modo tale da non proporre un ulteriore percorso accademico e sostanzialmente inutile,
limitando la sua frequentazione ai residenti nella capitale o a chi fosse in grado di eseguire un
investimento economico di particolare consistenza, quale sarebbe quello richiesto in questo caso.
Ad oggi non hanno trovato spazio ipotesi per cui prevedere la totale gratuità della stessa, la
possibilità di lezioni in videoconferenze o e- learning per ridurre al minimo le trasferte e le relative
spese oltre al tempo sottratto all'attivita dello studio.
ABBIAMO IMMAGINATO UN AVVOCATO DEONTOLOGICAMENTE CORRETTO
Da sempre la potestà disciplinare era stata una prerogativa dei COA, che la gestivano nell'intero
primo grado di giudizio.
Oggi, con il trasferimento di tale funzione ai Consigli Distrettuali di disciplina, i COA vengono
alleggeriti da un carico di lavoro notevole, che andava ad incidere su strutture già peraltro oberate,
e si assisterà finalmente ad un giudizio disciplinare più equo, depurato dagli inevitabili
personalismi ed imbarazzi (o pregiudizi, in negativo o positivo) che negli anni hanno
caratterizzato questa giurisprudenza “domestica”. Ed in effetti si prevede che non possano fare
parte delle sezioni giudicanti membri che siano appartenenti all'ordine cui è iscritto l'avvocato
contro il quale si procede.
Peraltro i Consigli distrettuali di disciplina sono composti in percentuale proporzionale, da
avvocati di tutti gli ordini di ciascun distretto, garantendo in questo modo la presenza di tutti i
COA territoriali.
Una prima perplessità (sull'elezione) è data dal fatto che anche gli ordini soppressi (a questo punto
ufficialmente soppressi vista la circolare del ministero del 16 settembre) partecipino con loro eletti
ai CDD.
L'effetto pratico è che un ordine accorpante avrà nel CDD paradossalmente più consiglieri di un
ordine distrettuale. Altro effetto pratico è che gli ordini soppressi (e posti in liquidazione) non
potranno essere chiamati a contribuire alle spese come richiesto dal regolamento n.2/14. E chi
pagherà per loro?
Il regolamento n.2/2014 descrive la composizione ed il funzionamento dei consigli di disciplina e
illustra compiutamente il procedimento disciplinare e l'applicazione delle sanzioni.
I CDD decidono sulle violazioni di legge o regole del codice deontologico. Sarebbe opportuno
estendere tali decisioni anche al codice deontologico europeo nei casi di rapporti transnazionali.
In alternativa si potrebbe ipotizzare una convenzione che istituisca una struttura disciplinare
europea, della quale facciano parte le istituzioni nazionali dei paesi aderenti, col preciso compito
di vigilare sul rispetto delle norme deontologiche anche al di là delle frontiere e/o nell'ambito dei
rapporti giuridici transnazionali.
Per quanto concerne il procedimento disciplinare il regolamento contiene disposizioni molto
dettagliate, richiamando per quanto non ivi previsto le disposizioni del c.p.p.
Va detto tuttavia che il procedimento previsto dal regolamento appare più farraginoso del
procedimento penale, contemplando più fasi. Tale complessa articolazione, se da un lato si
presenta particolarmente garantista per l'avvocato sottoposto (talora pretestuosamente) a
procedimento disciplinare, appare eccessivamente lunga sotto un punto di vista temporale. Peraltro
tali scansioni sono caratterizzate da discovery esercitabili in più tempi (fase di istruzione, richiesta
di incolpazione e successiva eventuale citazione a giudizio), con una tendenziale duplicazione
delle attività.
Tra le criticità si segnalano un ampio potere del Presidente del CDD che può autonomamente ed in
via preliminare chiedere l'archiviazione del procedimento, svolgendo lui solo un primo effettivo
esame del caso. Non si comprende peraltro quali possano essere i casi di parità nel voto se i
consiglieri designati per ogni sezione sono 5 (art.25) (si considerano gli eventuali astenuti?).
Ulteriore perplessità è individuata nella possibilità per il CNF di nominare degli ispettori che
possano svolgere funzione di controllo dei CDD. Il regolamento infatti non indica le modalità di
nomi di tali ispettori, lasciando in merito ampia discrezionalità al CNF.
Componenti del gruppo di lavoro
Vincenzo Barile, Fabrizio di Zozza, Alessio Fieschi, Andrea Greco, Luigi Martin, Francesca
Massimino, Tania Rizzo, Alberto Vermiglio