La sapienza delle mani nella storia delle “Casette”

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La sapienza delle mani nella storia delle “Casette”
di Giancarlo Liuti
La mancanza di lavoro è il
prezzo di gran lunga più pesante
che l’Italia deve pagare alla crisi
economica perché chi ha perso
il lavoro e chi non l’ha mai avuto
perdono non soltanto le risorse
per vivere ma anche la dignità di
non doversi rivolgere, per
vivere, al soccorso di altri. Come
uscire dalle drammatiche
conseguenze di un situazione
che ormai grava su oltre quattro
milioni di persone di età dai
vent’anni ai cinquanta? Di
soluzioni ne vengono prospettate
diverse, ma sono tutte legate a una
parola – “crescita” – che ha in sé il
Il sindaco Carancini e il presidente di Poltrona Frau Franco Moschini durante il convegno
paradosso del circolo chiuso,
“Arigianato alla Casette”
giacché non c’è lavoro senza
crescita e non c’è crescita senza lavoro. E allora? Un cammino difficilissimo, irto
di ostacoli, sottoposto a condizionamenti europei ed extraeuropei, confuso da
un’infinità di opinioni – politiche, tecniche, mediatiche – che configgono tra loro e
si smentiscono a vicenda.
Questo è stato, indirettamente, il tema ideale del convegno che si è svolto
all’Asilo Ricci di Macerata su iniziativa dell’associazione “Le Casette”,
presieduta dallo psichiatra Pierluigi Pianesi, in collaborazione col “Casale
delle Noci”, l’altra associazione presieduta da Franco Moschini, assai noto
negli ambienti imprenditoriali nazionali in quanto presidente della
“Poltrona Frau” e “casettaro” di origine, essendo nato a due passi, in viale Piave. Il lavoro, dunque. E
quell’aspetto particolare del lavoro cui si riferiva il titolo della manifestazione: “Artigianato alle Casette, ieri, oggi,
domani”. I mestieri di una volta, quindi, che erano l’immagine identitaria – e sia pure a fatica, diciamo con perdite,
si sforzano di esserlo ancora – di questo storico borgo maceratese. Ai quali si aggiungono – ecco il contributo del
“Casale delle Noci” – i mestieri nuovi, tutti fondati sulla “inventiva delle menti” e sulla “sapienza delle mani”, in
contrasto con l’uniformità, la piattezza e l’anonimità delle produzioni seriali. Un passato, insomma, che può
diventare futuro.
Delle “Casette” di ieri ha parlato il poeta vernacolare Giordano De Angelis, “casettaro” fin da bambino ( il
padre era un marmista col genio dell’arte proprio in corso Cairoli). Un intervento, il suo, che ha riguardato
non tanto l’economia ma il clima umano di un tempo, i rapporti fra le persone, il calore di conoscersi tutti e di
salutarsi da un marciapiedi all’altro. “Io non vivo di ricordi”, dice Giordano di sé, “ma vivo i ricordi”. E nella
memoria delle “Casette” del passato non può mancare una vena di malinconia per ciò che la contemporaneità
sembra avere smarrito. Valori che si esprimevano anche nelle botteghe artigiane, dove ci si dava convegno per
raccontare i fatti del giorno. Non a caso De Angelis ha concluso il suo dire con “Mestieri de ‘na òrda”, una lirica
che qui ripeto: “Simo spariti. Non ce stìmo più. / Ormai, li tembi nostri adé passati. / “ Siccomme, non sirviàmo più
a nisciù, / ecco, perché, ce simo ritirati. / Quando
duvìvi ccommedà l’ombrella, / vinìi da me. Non te putìi
sbajà. / No’ la rcombravi mai. Sembre con quella. /
Ccuscì che tu non te putìi vagnà. / Era lu témbu che
se cucinava / su lu camì. E allora, lu callà, / se se
ruppìa, chj te lu ccommedava? / Non te ricordi? Io, lu
callarà …. / Però, che témbi adèra quilli llì! / Non se
parlava, angora, de progressu. / C’era lu tornitore …
lu stagnì … / lu vagnu, allora, se chiamava cessu. /
Adèra tanti, (inutile elengalli ) / che, co’ lu témbu, adè
volati via. /
Però, non è sbajato a ricordalli / co’ riverenza e mbo’
… de nostargìa”. Quali mestieri, in particolare? Quelli
che oltre a fondarsi sulla “sapienza delle mani”
stimolavano la cordialità dei rapporti fra le persone,
come “Lu carzolà”, “Lu varbiere” , “Lu sartore”.
Venendo all’oggi e al domani, assai stimolante è
stata l’ampia rassegna fotografica commentata
dall’esperto in comunicazione Luigi Ricci,
redattore dei progetti del “Casale delle Noci” e da
tempo promotore anche nelle scuole di un
moderno artigianato di qualità che sia
tecnologicamente avanzato ma al tempo stesso
impreziosito dall’inventiva e dalla maestria degli
artigiani di una volta, specialmente nel campo del
“design”, della moda, dell’arredamento, del pezzo
unico fatto a mano su misura. L’artigianato,
insomma, che ora si va affermando anche in un
presente così fortemente caratterizzato dalla serialità
e dalla uniformità di “catene di montaggio” in cui la
“inventiva delle menti” e la “sapienza delle mani”
faticano ad emergere. Studi, laboratori, aziende “startup”, iniziative produttive e commerciali – non invasive,
non supermercati, non capannoni industriali – che
mantengano, attualizzato, lo spirito delle vecchie
botteghe e, oltretutto, salvino la bellezza urbana e
l’identità civile dei centri storici nei quali sopravvive il
sentimento comunitario di una città. Un’utopia? Meglio
dire una scommessa, che tuttavia si sta a mano a
mano rivelando vincente laddove questo fecondo
rapporto fra passato e futuro non si lascia sopraffare
dal fatalismo di una rassegnata impotenza di fronte
alla quotidianità.
Ottimo convegno di pensiero, quello dell’associazione
“Le Casette” – l’Asilo Ricci era gremito – nel tracciare
un rapporto fra ieri, oggi e domani. Perché nei valori di
ieri c’è un’energia che può dare alimento umano ai
valori di domani. Parlando d’altro, mi piace concludere
con una sigla: “Moma”, che a New York significa
“Moderm Museum of Art” e a Morrovalle (forse
“Morrovalle-Marche”, forse “Morrovalle-Macerata”?
No, l’acronimo si riferisce a “Midnight Over My
Lo scultore De Angelis
Il fornaio delle Fosse
Actions”, motto di fantascientifici giochi di playstation) è il nome della fabbrica di calzature fondata dai fratelli
Gironacci, che scoprirono in soffitta alcune paia di scarpe indossate dal nonno mezzo secolo fa ed ebbero l’idea
di rifarle tali e quali, con quei modelli, quei pellami, quei colori, quella solidità, quella cura, rendendole “vintage”,
ossia oggetti di “culto” per la modernità. Una follia? Nient’affatto. Esportate nel mondo, oggi, le loro calzature son
divenute, da passato che furono, un esempio di futuro. E sapete chi se le mette? I divi di Hollywood, fra i quali
Brad Pitt e Johnny Deep.
Il pubblico durante il convegno “Artigianato alle Casette”
Il vetraio Piermarini e il tappezziere Riccitelli
Sferisterio Botteghe
Sartoria Francesco Governatori, 1955
Il sarto Umberto Zanconi
L’intagliatore Rasponi