cronachemaceratesi.it http://www.cronachemaceratesi.it/2014/03/08/la-sapienza-delle-mani-nella-storia-delle-casette/438703/ La sapienza delle mani nella storia delle “Casette” di Giancarlo Liuti La mancanza di lavoro è il prezzo di gran lunga più pesante che l’Italia deve pagare alla crisi economica perché chi ha perso il lavoro e chi non l’ha mai avuto perdono non soltanto le risorse per vivere ma anche la dignità di non doversi rivolgere, per vivere, al soccorso di altri. Come uscire dalle drammatiche conseguenze di un situazione che ormai grava su oltre quattro milioni di persone di età dai vent’anni ai cinquanta? Di soluzioni ne vengono prospettate diverse, ma sono tutte legate a una parola – “crescita” – che ha in sé il Il sindaco Carancini e il presidente di Poltrona Frau Franco Moschini durante il convegno paradosso del circolo chiuso, “Arigianato alla Casette” giacché non c’è lavoro senza crescita e non c’è crescita senza lavoro. E allora? Un cammino difficilissimo, irto di ostacoli, sottoposto a condizionamenti europei ed extraeuropei, confuso da un’infinità di opinioni – politiche, tecniche, mediatiche – che configgono tra loro e si smentiscono a vicenda. Questo è stato, indirettamente, il tema ideale del convegno che si è svolto all’Asilo Ricci di Macerata su iniziativa dell’associazione “Le Casette”, presieduta dallo psichiatra Pierluigi Pianesi, in collaborazione col “Casale delle Noci”, l’altra associazione presieduta da Franco Moschini, assai noto negli ambienti imprenditoriali nazionali in quanto presidente della “Poltrona Frau” e “casettaro” di origine, essendo nato a due passi, in viale Piave. Il lavoro, dunque. E quell’aspetto particolare del lavoro cui si riferiva il titolo della manifestazione: “Artigianato alle Casette, ieri, oggi, domani”. I mestieri di una volta, quindi, che erano l’immagine identitaria – e sia pure a fatica, diciamo con perdite, si sforzano di esserlo ancora – di questo storico borgo maceratese. Ai quali si aggiungono – ecco il contributo del “Casale delle Noci” – i mestieri nuovi, tutti fondati sulla “inventiva delle menti” e sulla “sapienza delle mani”, in contrasto con l’uniformità, la piattezza e l’anonimità delle produzioni seriali. Un passato, insomma, che può diventare futuro. Delle “Casette” di ieri ha parlato il poeta vernacolare Giordano De Angelis, “casettaro” fin da bambino ( il padre era un marmista col genio dell’arte proprio in corso Cairoli). Un intervento, il suo, che ha riguardato non tanto l’economia ma il clima umano di un tempo, i rapporti fra le persone, il calore di conoscersi tutti e di salutarsi da un marciapiedi all’altro. “Io non vivo di ricordi”, dice Giordano di sé, “ma vivo i ricordi”. E nella memoria delle “Casette” del passato non può mancare una vena di malinconia per ciò che la contemporaneità sembra avere smarrito. Valori che si esprimevano anche nelle botteghe artigiane, dove ci si dava convegno per raccontare i fatti del giorno. Non a caso De Angelis ha concluso il suo dire con “Mestieri de ‘na òrda”, una lirica che qui ripeto: “Simo spariti. Non ce stìmo più. / Ormai, li tembi nostri adé passati. / “ Siccomme, non sirviàmo più a nisciù, / ecco, perché, ce simo ritirati. / Quando duvìvi ccommedà l’ombrella, / vinìi da me. Non te putìi sbajà. / No’ la rcombravi mai. Sembre con quella. / Ccuscì che tu non te putìi vagnà. / Era lu témbu che se cucinava / su lu camì. E allora, lu callà, / se se ruppìa, chj te lu ccommedava? / Non te ricordi? Io, lu callarà …. / Però, che témbi adèra quilli llì! / Non se parlava, angora, de progressu. / C’era lu tornitore … lu stagnì … / lu vagnu, allora, se chiamava cessu. / Adèra tanti, (inutile elengalli ) / che, co’ lu témbu, adè volati via. / Però, non è sbajato a ricordalli / co’ riverenza e mbo’ … de nostargìa”. Quali mestieri, in particolare? Quelli che oltre a fondarsi sulla “sapienza delle mani” stimolavano la cordialità dei rapporti fra le persone, come “Lu carzolà”, “Lu varbiere” , “Lu sartore”. Venendo all’oggi e al domani, assai stimolante è stata l’ampia rassegna fotografica commentata dall’esperto in comunicazione Luigi Ricci, redattore dei progetti del “Casale delle Noci” e da tempo promotore anche nelle scuole di un moderno artigianato di qualità che sia tecnologicamente avanzato ma al tempo stesso impreziosito dall’inventiva e dalla maestria degli artigiani di una volta, specialmente nel campo del “design”, della moda, dell’arredamento, del pezzo unico fatto a mano su misura. L’artigianato, insomma, che ora si va affermando anche in un presente così fortemente caratterizzato dalla serialità e dalla uniformità di “catene di montaggio” in cui la “inventiva delle menti” e la “sapienza delle mani” faticano ad emergere. Studi, laboratori, aziende “startup”, iniziative produttive e commerciali – non invasive, non supermercati, non capannoni industriali – che mantengano, attualizzato, lo spirito delle vecchie botteghe e, oltretutto, salvino la bellezza urbana e l’identità civile dei centri storici nei quali sopravvive il sentimento comunitario di una città. Un’utopia? Meglio dire una scommessa, che tuttavia si sta a mano a mano rivelando vincente laddove questo fecondo rapporto fra passato e futuro non si lascia sopraffare dal fatalismo di una rassegnata impotenza di fronte alla quotidianità. Ottimo convegno di pensiero, quello dell’associazione “Le Casette” – l’Asilo Ricci era gremito – nel tracciare un rapporto fra ieri, oggi e domani. Perché nei valori di ieri c’è un’energia che può dare alimento umano ai valori di domani. Parlando d’altro, mi piace concludere con una sigla: “Moma”, che a New York significa “Moderm Museum of Art” e a Morrovalle (forse “Morrovalle-Marche”, forse “Morrovalle-Macerata”? No, l’acronimo si riferisce a “Midnight Over My Lo scultore De Angelis Il fornaio delle Fosse Actions”, motto di fantascientifici giochi di playstation) è il nome della fabbrica di calzature fondata dai fratelli Gironacci, che scoprirono in soffitta alcune paia di scarpe indossate dal nonno mezzo secolo fa ed ebbero l’idea di rifarle tali e quali, con quei modelli, quei pellami, quei colori, quella solidità, quella cura, rendendole “vintage”, ossia oggetti di “culto” per la modernità. Una follia? Nient’affatto. Esportate nel mondo, oggi, le loro calzature son divenute, da passato che furono, un esempio di futuro. E sapete chi se le mette? I divi di Hollywood, fra i quali Brad Pitt e Johnny Deep. Il pubblico durante il convegno “Artigianato alle Casette” Il vetraio Piermarini e il tappezziere Riccitelli Sferisterio Botteghe Sartoria Francesco Governatori, 1955 Il sarto Umberto Zanconi L’intagliatore Rasponi
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