MEZZOGIORNOECONOMIA XI LUNEDÌ 24 FEBBRAIO 2014 STILI DI VITA Tendenze & welfare Sport & business a cura di Michele Pennetti Il Bari che fallisce aveva tra le mani l’oro dell’Atletico Berta, l’affare perduto C omincia, oggi, una settimana decisiva per il futuro del Bari. All’ordine del giorno la possibilità di portare i libri contabili in tribunale e imboccare la strada che dopo 106 anni conduce dritta al fallimento. Molti i motivi dell’implosione societaria: una sciagurata gestione complessiva, una montagna di debiti (37 milioni) e (soprattutto) scelte tecnico-amministrative che, con il senno di poi, si sono rivelate sbagliate. Un caso di scuola è quanto accadde nella primavera del 2010. Il dirigente uscente Giorgio Perinetti consigliò il nome di Andrea Berta, ds di belle speranze ma non ancora affermato a grossi livelli. Al termine dell’incontro Vincenzo Matarrese chiamò Perinetti e gli disse: «Brava persona ’sto Berta, ma mi ha dato l’impressione di essere un po’ troppo tenero». Quasi Top manager quattro anni doAndrea Berta è po, si può dire l’uomo che ha con certezza fatto grande l’Atletico Madrid che l’intuito tradì l’ex presidente del Bari. Attualmente Berta è l’uomo di punta nell’organizzazione aziendale dell’Atletico Madrid che sta contendendo il titolo spagnolo a Real e Barcellona e che in Champions ha prenotato la qualificazione ai quarti a scapito del Milan. Con la sua gerenza di mercato, il dirigente bresciano ha ridato fiato alle casse dei colchoneros che da tempo non inseguivano traguardi così importanti. Il Bari preferì andare su Guido Angelozzi. Il seguito è cronaca di un fallimento. *** Il marketing, nel calcio, unisce. Testimonianza fedele è la partnership sottoscritta dal Palermo con Msc Crociere e presentata, nei giorni scorsi, dal vice presidente rosanero Guglielmo Miccichè e dall’area manager della società di navigazione Marco Ponticiello. Nei prossimi mesi le parti svilupperanno iniziative rivolte al business e ai tifosi. Fra queste, c’è la prima crociera a tema nel Mediterraneo dedicata ai supporter siciliani. Altro appuntamento sarà il Trofeo Msc Cup, triangolare precampionato che si giocherà in estate al Barbera. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il resoconto Riapertura dopo 4 anni di chiusura. Accordo con l’Alitalia Museo dei Bronzi di Riace Ogni giorno mille in coda Boom di visitatori nelle feste natalizie: 17 mila in 17 giorni Poi a gennaio 2014 il totale mensile si è attestato a 4.500 DI CONCETTA SCHIARITI D opo quattro anni di attesa, il ritorno dei Bronzi di Riace al Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria ha fatto registrare un boom di presenze. Dal 21 dicembre scorso, giorno dell’inaugurazione, al 6 gennaio, nel corso delle vacanze natalizie hanno varcato la soglia di palazzo Piacentini, sede del Museo, ben 17 mila visitatori. Solo in un giorno, il 28 dicembre, in occasione di un evento ad apertura gratuita fino alla mezzanotte, l’ingresso è stato attraversato da 5 mila e 424 persone. Numeri da record che danno conferma del vivace interesse intorno alle due statue, considerate tra i capolavori scultorei più significativi dell’arte greca. «Nonostante l’affluenza sia stata notevole — ha spiegato Simonetta Bonomi, soprintendente per i Beni Archeologici della Calabria — non è stata una sorpresa. Il potere attrattivo dei Bronzi è quasi automatico. Basti pensare che quando erano ospitati a Palazzo Campanella, nella sede del Consiglio regionale, in attesa che fosse ultimato il restauro del Museo, sdraiati e quindi in una posizione inusuale, abbiamo registrato comunque 100 mila presenze annue». Considerato, inoltre, che le due statue sono praticamente le uniche opere esposte, perché il resto del Museo dovrebbe essere fruibile dalla prossima estate, si ha l’ulteriore conferma di quanto riescano a captare l’attenzione del pubblico. Attualmente, nel mese di gennaio, dopo le vacanze natalizie e quando naturalmente vi è un calo d’interesse, il botteghino ha visto accedere circa 4.500 persone. Numeri che dimostrano come l’attenzione rimane costante, oltre il clamore iniziale. «Il nostro problema — ha aggiunto la soprintendente Bonomi — è tutt’altro. Dobbiamo gestire l’alto afflusso in base a quelli che sono i bisogni di tutela di due statue che sono delicatissime. L’ideale, per la loro sicurezza, è avere un’affluenza di 630 presenze al giorno. La massima capienza, che comunque rimane un dato eccezionale e rischioso per la salute delle due statue, è di 5 mila visitatori che, però, devono attraversare la zona di filtro». Si tratta Dall’alto: i Bronzi di Riace, il museo a palazzo Piacentini e il rendering dell’aereo Alitalia di una particolare stanza attrezzata in cui, attraverso un processo di aereazione, si viene ripuliti da agenti esterni inquinanti per la struttura dei due guerrieri. Intorno ai Bronzi l’attenzione è sempre stata altissima. Attualmente, dopo aver ribadito che le due statue di alto pregio, ma di altrettanta delicatezza strutturale, resteranno a casa senza subire spostamenti, la loro immagine farà ugualmente il giro del mondo. Per un intero anno le due statue bronzee sono state scelte da Alitalia che ha sottoscritto un accordo con la Regione Calabria presentato in occasione della Borsa internazionale del turismo a Milano. Due loro gigantografie saranno graficamente impresse sulla fusoliera di due aerei della flotta a partire da marzo. Sorvoleranno i cieli internazionali, facendo scalo in diverse capitali estere, e promuoveranno la Calabria per attirare l’attenzione del villeggianti di tutto il globo. Per il governatore Giuseppe Scopelliti, che punta sul potere attrattivo delle due statue, «bisogna valorizzare le opere culturali intorno alle quali si devono programmare azioni che abbiano al centro il territorio, per portare sempre più turisti in Calabria». Così, nel mese di marzo, per tutti i fine settimana, sui voli da e per la Calabria sarà attivata una tariffa scontata sui biglietti aerei acquistati in abbinamento al ticket d’ingresso al Museo archeologico di Reggio Calabria. Mentre il Fondo ambiente italiano (Fai), in accordo con la Soprintendenza per i Beni Archeologici, avvierà il ciclo di visite guidate delle scolaresche con gli studenti che faranno da guide, in base al corso di formazione «apprendisti ciceroni» attivo a livello nazionale. Il Cnt chiede il condono fiscale I l Coordinamento nazionale radiotelevisioni lancia l’allarme. «Per rilanciare e salvare il settore», scrive il Cnt, «occorre ripartire da zero: il condono è l’unico strumento con la benedizione dell’Unione europea». Un modo per chiudere col passato e ripartire, altrimenti il settore si arena e scoppia del tutto. «Il precedente governo», si legge nel bollettino del Cnt, «con la Legge di Stabilità 2014 (legge 27 dicembre 2013, numero 147) ha consentito soltanto di poter chiudere le cartelle Equitalia con uno sconto sugli interessi di mora e quelli di ritardata iscrizione a ruolo». Per il Coordinamento delle tv lo cali si tratta di una «soluzione minima e assolutamente insufficiente in questo pesante ciclo di recessione che sta ammazzando le tv locali, le quali avevano chiesto la cancellazione dei debiti con il fisco per consentire di riavviare una ripresa di attività». Il Cnt-Tpd ricorda di «aver più volte chiesto un drastico intervento, un condono, anche sulla base delle indicazioni pervenute da Bruxelles nei mesi scorsi dove si invitavano gli Stati membri a valutare azioni di condono limitati a far ripartire l’economia. È necessario, quindi, eliminare le sanzioni, le more e anche l’aggio (l’8%) concesso a Equitalia, unica azione che Renzi potrà mettere in campo a maggio se vorrà frenare un disastro imminente». Viene anche fissato un tempo limite oltre il quale andare avanti per il settore diventa terribile: maggio, quando cioè è prevista, secondo Renzi, la riforma del Fisco. «A maggio ci arriviamo alla resa dei conti: o si salvano in extremis le ultime realtà che vagano alla deriva, o si cancella un intero settore che da sempre è stato vitale per l’economia italiana, per il made in Italy, per la creatività dei contenuti televisivi e, non in ultimo grado di importanza, per la libertà e il pluralismo dell’informazione — non a caso l’obbligo dei tg per le tv private nate con la discussa legge Mammì ne era chiaro intento di salvaguardia e sviluppo —. Non crediamo che l’Ue guarderebbe con entusiasmo un’Italia con sempre meno voci». © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Per uscire dalla crisi servono idee «vecchie di sessant’anni» Anno IX - N. 7 e 0,47 (non vendibile separatamente dal Corriere della Sera) Direttore responsabile: ANTONIO POLITO Vicedirettore: MADDALENA TULANTI Redattore capo centrale: CARMINE FESTA Nel «deserto di prospettive» torna attuale la proposta civile e politica di Olivetti nelle «Fabbriche di bene» «C’ di Paolo Cuozzo a cura di Monica Mattioli Un libro, un caso è una crisi di civiltà, c’è una crisi sociale, c’è una crisi politica»: le parole di Adriano Olivetti, pronunciate a Ivrea nel 1945, possono essere il punto di partenza di una riflessione sull’impasse attuale. Una «nuova soluzione feconda per la nostra vita politica» può, ieri come oggi, «soltanto trovarsi in altre direzioni». Magari partendo proprio da una «nuova economia» che, come sognava l’ingegnere utopista, contribuisca al progresso materiale e accompagni l’individuo «mentre perfeziona la propria personalità e le proprie vocazioni». E che, soprattutto, non impedisca «di volgere l’animo verso un contributo alla vita di Tv e dintorni tutti sul cammino della civiltà». È appena uscito dai tipi delle Edizioni di Comunità «Le fabbriche di bene», che contiene uno scritto del 1951 — «L’industria nell’ordine delle comunità» — e il discorso rivolto nel giugno del 1945 agli operai della fabbrica di Ivrea, «Dovete conoscere i fini del vostro lavoro». Gustavo Zagrebelsky, che firma la presentazione del volumetto, vede in queste idee «vecchie di sessant’anni ma, al tempo stesso, nuove» una possibile via d’uscita dal circolo vizioso. Nell’attuale «deserto di prospettive», la proposta civile e politica di Olivetti va letta, evitando ogni facile moralismo, come «una risorsa potenziale, un fondo di possibilità». Per Olivetti «dare consape- Adriano Olivetti LE FABBRICHE DI BENE Edizioni di Comunità, 77 pagine, 6 euro volezza di fini al lavoro» significa fare della fabbrica «un mezzo migliore di vita e di comunanza sociale». Propugnatore dell’«unione dei fini individuali con i fini collettivi», l’imprenditore sognava, per i suoi operai, un lavoro che, da «onere», diventi «una manifestazione in cui si può trovare il compimento della vera vita». La «gioia nel lavoro» tornerà «quando il lavoratore comprenderà che il suo sacrificio — che pur sempre sarà sacrificio — è materialmente e spiritualmente legato a una entità nobile e umana». Realizzare un «alto equilibrio umano» significa «concepire il lavoro nell’unità dell’esistenza»: la morale del profitto per il profitto non è la morale di Olivetti. Nella proposta dell’ingegnere umanista il potere, la cultura e il lavoro sono gli «elementi strutturali» della vita collettiva: «il potere sarà ancorato a una cultura giuridicamente organizzata e, nel contempo, al lavoro sarà conferita una ben determinata potenza politica». Se, come nota Zagrebelsky, nell’ottica olivettiana la politica «ha un suo posto», questo non è «un posto esclusivo». E la cultura «occupa il posto dell’àncora, cioè di ciò che dà saldezza, introducendo valori umanistici in quella che, altrimenti, sarebbe una gestione della vita comune dominata dalla potenza irresistibile del denaro fine a se stesso e al nudo potere». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA a cura di MICHELANGELO BORRILLO Editoriale del Mezzogiorno srl Presidente: VINCENZO DIVELLA Vicepresidente: GIORGIO FIORE Amministratore delegato: DOMENICO ERRICO Sede legale: Vico II S. 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