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Consuntivo 2009-2015 Futuro@UniBo
Dario Braga
Un consuntivo in dodici punti. Non siamo stati a guardare e abbiamo usato il
tempo e le opportunità per costruire e riformare.
1. Procurarsi risorse. Per tutti. Difendere quelle che abbiamo.
I finanziamenti alla ricerca fondamentale, applicata e clinica. I bandi nazionali cluster e smart city. La
presenza UniBo in FP7, le KIC e l’avvicinamento a H2020. Il RFO e le borse di studio.
2. Far conoscere la ricerca scientifica di UniBo per apprezzarne la importanza
sociale. Le iniziative di interazione con la società civile: le ricerche dei dottorandi a Palazzo D’Accursio, la
Scienza in piazza, la notte dei ricercatori e le iniziative per EXPO2015.
3. Le reti intrauniversità per connettere ricercatori e studiosi e per costruire la
nostra presenza in Europa.
Reti IRT di studiosi e scienziati su “food”, beni culturali, economia sociale, sequenziamento genomico,
sostenibilità energetica, Brasile, e su studi di genere e aereo-spazio.
4. La rete dell’alta tecnologia e i centri interdipartimentali di ricerca industriale.
La convenzione con la Regione e il programma POR-FESR e CIPE e la ricerca applicata in Romagna. 22M€
di finanziamenti e oltre trecento assegni di ricerca. Una innovazione che sta portando risultati.
5. Sostegno e incentivazione della autoimprenditorialità.
Assistere la creazione di posti di lavoro nella ricerca, le spinoff, l’incubatore e le azioni formative ad hoc.
6. Finanziamenti alla ricerca di base, il FARB.
Il finanziamento alla ricerca di base è parte della missione dell’università. Il FARB (2M€) è stato un buon
esperimento da trasformare in prassi (mutatis mutandis). Il riconoscimento delle differenze.
7. La valorizzazione del dottorato di ricerca.
Visibilità al dottorato di UniBo. Borse finanziate dall’esterno. Più di 300 borse ogni anno, più di 200 dal
bilancio dell’ateneo. Dottorati in ogni dipartimento.
8. La riforma del budget della ricerca per dare maggiore capacità di gestione delle
risorse ai dipartimenti.
Il budget dipartimentale della ricerca comprende ora assegni (ca. 6M€), dottorati (ca. 11M€), e finanziamenti
alla ricerca fondamentale RFO (ca. 6M€). Cifre da difendere e possibilmente aumentare.
9. L'impegno per il precariato.
Assegni di ricerca, ricercatori junior e senior e tutela del lavoro a contratto. Tutela della maternità e
regolamentazione della attività didattica.
10. Il sostegno alla ricerca in ambito sanitario: una presenza attiva nel programma
regione-università.
I bandi “giovani ricercatori”, i finanziamenti ai grandi progetti e quelli ai dottorati di ricerca e alla task force
Med-Eu, risorse dalla Regione alla ricerca in ambito sanitario.
11. Il nuovo sistema di valutazione della ricerca di Ateneo.
Riconoscimento delle differenze tra discipline (e nuove aree psicologia, informatica e architettura). Il
superamento dell’OR. La VRA per assistere la strategia della ricerca dipartimentale.
12. Trattare con MIUR, ANVUR e CRUI. Farsi ascoltare e rispettare.
L’ANVUR e il MIUR e l’Ateneo richiedono continui adeguamenti regolamentari e informazioni. Nell’area della
ricerca si usa il criterio della minimizzazione dell’impatto sui ricercatori.
E’ stato possibile raggiungere alcuni risultati positivi, (nonostante la riduzione dei finanziamenti e la legge
Gelmini), grazie a uno stretto rapporto di collaborazione, di proposta, e alla condivisione degli obiettivi con tutto il
personale dell’area della ricerca e delle relazioni internazionali e con il personale di altre aree variamente coinvolte
su valutazione e bilancio, personale, sistemi informativi, e con il personale dei Dipartimenti per la gestione dei
finanziamenti.
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1) Procurarsi risorse. Il fund raising.
La ricerca richiede finanziamenti. La raccolta di finanziamenti, con azioni dirette o indirette,
è stata quindi fin dal primo momento un obiettivo primario. In questa logica vanno
considerati i finanziamenti di fonte regionale POR-FESR (22M€), del CIPE (2.5M€), e
quelli di origine europea dal FP7 (ca. 90M€ cumulativo proseguendo l’azione
sapientemente avviata dal governo Calzolari), e delle varie iniziative correlate (JPI, PPP
ecc.) nonché di quelle più recenti di origine ministeriale con i bandi CLUSTER e SMART
CITY e quelli del programma regione-università per la ricerca in ambito sanitario (ca 11M€
all’area UniBo AOU Sant’Orsola e IRCCS). Di importi minore, ma pur sempre rilevanti i
finanziamenti per il dottorato di ricerca ottenuti da TELECOM (9 borse di studio), dal
programma SPINNER (13 borse di studio), dal programma Regione-Università (5 borse di
studio) e quelli per assegni di ricerca per il terremoto. In questa azione fondamentale per
sostenere le ricerche rientra anche tutta l’azione degli accordi con le grandi imprese (4
firmati, diversi in negoziazione), con altre istituzioni (es. CINECA, ASI, ecc.). La
partecipazione di UniBo alle “knowledge innovation community” (KIC) ha richiesto e sta
richiedendo molto impegno da parte dell’area della ricerca. E’ stato anche necessario
mantenere saldo il presidio dei finanziamenti alla ricerca da bilancio dell’Ateneo. Tra
assegni di ricerca (ca. 6M€), RFO (ca. 6M€) e finanziamento al dottorato (ca. 11M€),
Marco Polo e contributo ai dipartimenti per convegni e pubblicazioni (ca. 1M€) la ricerca è
stata finanziata con una media di 24 M€ / anno per gli anni 2010-2014. In incremento va
considerato anche il FARB (2M€), vide infra. Non va dimenticato che, nello stesso periodo,
il numero di docenti è diminuito drasticamente a causa dei blocchi al turnover. Tutti questi
risultati sono stati possibili grazie alla collaborazione, allo spirito di iniziativa e al senso
della istituzione di tanti colleghi accademici e dell’area della ricerca.
2) La ricerca fa fatta conoscere per apprezzarne la importanza sociale.
Le iniziative di interazione con la società civile: i dottorandi a Palazzo D’Accursio e in
Piazza Maggiore, la Scienza in Piazza, la Notte dei Ricercatori e le iniziative per
EXPO2015.
Una delle cause dello poco apprezzamento della importanza della ricerca scientifica nel
nostro paese è la scarsa capacità di comunicazione dei risultati della ricerca. La gente
semplicemente non sa cosa venga studiato nei laboratori e nelle biblioteche universitarie
ed è quindi facilmente portata a generalizzazioni quando non a veri e propri atteggiamenti
oscurantisti. Far conoscere la ricerca è un dovere istituzionale dell’Università, in primis
perché l’Università è una istituzione che vive di risorse pubbliche e quindi deve rendere
visibile il risultato dell’investimento sociale ma anche perché è indispensabile per poter
meglio attrarre finanziamenti per la ricerca (vedi punto precedente) da soggetti pubblici e
privati mostrando l’uso che si fa delle risorse acquisite. Per questa ragione ho proposto di
impostare la campagna del 5 x 1000 sul dottorato di ricerca portando i dottorandi a
Palazzo d’Accursio prima e poi per i due anni successivi in piazza del Nettuno.
Non tutti hanno compreso che al di là della mera raccolta del 5 x 1000 il “portare i
dottorandi in piazza” era un modo per coinvolgere i giovani direttamente nella esposizione
del loro lavoro e per fare conoscere alla cittadinanza (i passanti) cosa viene fatto
all’Università. Per le stesse ragioni ho lavorato con ARIC alle altre iniziative come la
Scienza in Piazza della Fondazione Marino Golinelli (di cui sono consigliere dal 2011) e la
“Notte dei Ricercatori” iniziativa europea che si svolge a fine settembre e in numerose altre
iniziative locali. Stiamo ora curando il coordinamento di tutte le iniziative intorno a EXPO
2015, che vedono coinvolta UniBo soprattutto nei settori agroalimentare, della salute e
della nutrizione in tutte le sedi del Multicampus. Tra queste si colloca l’iniziativa “Piazza
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bella Piazza”, finanziata dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, e che collega
le ricerche sul tema della alimentazione e della nutrizione nelle scienze umane e sociali in
un percorso che coinvolge tutte le sedi.
[Criticità: far conoscere la ricerca richiede risorse, che hanno ritorno di investimento di
lungo periodo. Il Centro Risorse per la Ricerca Multimediale CRR MM è stato concepito
proprio con lo scopo di fornire ai dipartimenti e ai singoli le competenze “in house” per
produrre video e testi multimediali per la diffusione dei risultati della ricerca. Ha funzionato
bene (vide infra) ma non ha goduto del supporto necessario. La sua gestazione è stata
molto problematica]
3) Le reti intrauniversità per connettere ricercatori e studiosi e per costruire la
presenza in Europa (e per procurarsi risorse).
L'accesso ai finanziamenti europei per la ricerca richiede sempre di più un approccio
multidisciplinare, ancor meglio se tale da coinvolgere anche il sistema produttivo. Abbiamo
bisogno di ricercatori capaci, in grado di lavorare insieme e di portare competenze di tipo
diverso e reti di relazioni diverse.
Purtroppo la riforma dello statuto basata sulla L240 si è mossa in direzione opposta
assottigliando ulteriormente il già tenue tessuto connettivo. La scomparsa delle facoltà,
che rappresentavano, in alcune aree in particolare, l’unica forma di collegamento
accademico tra ricercatori di discipline diverse ha trasformato l’università in una sorta di
arcipelago fatto di isole, per lo più monodisciplinari, con pochissimi collegamenti
trasversali. Penso in particolare all’area di scienze, dove ricercatori di chimica, fisica,
astronomia, biologia, matematica ecc. “rischiano” di non avere più alcuna occasione di
incontro. La stessa situazione si verifica per le scienze umane, sociali, economiche,
mediche e ingegneristiche. Fanno eccezione alcuni dipartimenti “ibridi” nati in risposta a
esigenze specifiche e territoriali per i quali resta comunque difficile il raccordo con il resto
dell’Ateneo.
Mi sono rapidamente convinto che questa “balcanizzazione” andasse contrastata e questo
per due ragioni diverse: una di principio e una molto pratica. Quella di principio è che
l'università è tale se studiosi e ricercatori scambiano e condividono conoscenza, quella
pratica è che oggi l'accesso ai finanziamenti richiede approcci convergenti da esperienza
diverse.
Ho quindi avviato una serie di iniziative trasversali usando lo strumento degli IRT
(integrated research teams) che però ho destrutturato e de-burocratizzato. Gli IRT non
sono strutture accademiche (ne abbiamo a sufficienza) ma aggregazioni virtuali di
ricercatori. Virtuali sì ma in grado di generare quella massa critica di ricercatori che poi, più
facilmente, si "lancia" nella stesura di nuovi progetti. Così è nato Alma Seq per il
sequenziamento genomico raccogliendo medici, veterinari agrari informatici e giuristi, e
poi è nato AlmaLowCarbon raccogliendo ingegneri, chimici, fisici ecc. ma anche
economisti e sociologi, e si sta lavorando ora ad Alma Gender per raccogliere studiosi e
ricercatori di questioni di genere e ad Alma Aereo&Space per collegare tra loro ricercatori
con interessi negli studi dello spazio, dall’ingegneria aereospaziale alla astrofisica, alla
biologia dell’atmosfera ecc. Oltre a costituire “tessuto connettivo” tra discipline, gli IRT
hanno l’obiettivo primario di creare condizioni per la nascita di progetti europei o per la
partecipazione ad altri bandi nazionali e internazionali.
Grazie ad ALMAFOOD UniBo ha guadagnato una posizione di leader in Europa e ha
portato numerosissimi progetti FP7 (classificandola al quarto posto in Europa come
“success rate”). Analogamente per gli altri IRT, incluso IRT Brasil che si sta rivelando
funzionale alla realizzazione dei programmi di scambio Italia-Brasile (programma “scienze
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senza frontiere”) che vede una forte collaborazione con l’area delle relazioni internazionali.
L’iniziativa EuPer – european perspectives – che ha raccolto ca. 400 studiosi e ricercatori
di area scienze umane e sociali – è anche stato funzionale a creare occasioni per
convergere su temi rilevanti per la progettazione europea e per gettare le basi per la
partecipazione a attività di ricerca all’intersezione tra accademia e il sistema della industria
culturale e creativa che nel nostro territorio ha grande rilevanza. Nello stesso ambito si
collocano le iniziative locali sulla innovazione (PSM, tavolo smart cities, ecc.).
[Criticità: il “modello IRT” funziona bene, soprattutto dopo lo snellimento burocratico. Si
tratta comunque di iniziative che hanno molto impatto sull’area della ricerca – soprattutto
settore comunicazione – e che richiedono un presidio centrale costante per garantirne
funzionamento e operatività per gli scopi che ho indicato, cosa non semplice viste le
risorse a disposizione]
4) La rete dell’alta tecnologia e i centri interdipartimentali di ricerca industriale. Una
innovazione che sta portando risultati.
Ho “ereditato” una faticosa trattativa regione-università tutta da riprendere e fare evolvere.
Si trattava di acquisire 22 milioni di € anche mediante cofinanziamento e gestione e lo
abbiamo fatto. I centri di ricerca industriale (CIRI) si sono evoluti nella rete dell’alta
tecnologia e si sono radicati nel territorio. Questo è stato possibile anche grazie a una
presenza attiva in ASTER, di cui ho tenuto la vicepresidenza fino al 2014. La “rete” è stata,
e rimane, una ottima risposta del nostro sistema universitario alla richiesta di ricerca da
parte di un sistema imprenditoriale “micronizzato”. I CIRI hanno consentito la nascita di
leadership nuove e hanno dimostrato che c’era uno spazio da colmare nel rapporto tra
ricerca pubblica e sistema produttivo. I CIRI hanno anche compensato la contrazione
(almeno percepita tale) della presenza dell’ateneo in Romagna a seguito della riforma di
statuto (eliminazione della facoltà e dei poli). Una terza ragione di forza dei CIRI sta nel
contenuto trasversale e interdisciplinare delle attività di ricerca – quindi una risposta attiva
alla “balcanizzazione dell’università” – e nella forte capacità di generare imprese spinoff.
[Criticità: a) alcuni rapporti tra CIRI, attivati dai dipartimenti ante statuto, e nuovi
dipartimenti con composizione a volte molto diversa, b) differenze nei regolamenti di
riparto delle voci commerciali tra CIRI gestiti centralmente in ARIC e Dipartimenti, c) ritardi
nella evoluzione della parte infrastrutturale del progetto “tecnopoli” rispetto al ciclo del
finanziamento POR-FESR, d) situazione degli assegnisti di ricerca “Gelmini” per termine
del periodo consentito, e) ritardi nel varo del nuovo programma POR-FESR]
Cito in questo ambito la realizzazione di tre Centri Risorse per la Ricerca (CRR). Nel 2010
sono stati attivati: 1) CRR MultiMediale che produce testi multimediali per i dipartimenti, i
singoli gruppi di ricerca e l’amministrazione centrale, 2) il CRR STAB ha consentito di
mettere a norma gli stabulari a Ozzano (sede veterinaria) e del CRBA al Sant’Orsola
mentre rimane da risolvere il problema della stabulazione in zona Irnerio, 3) il CRR
BIOFARMAMED – in evoluzione – che dovrà portare a fattor comune le strumentazioni
oggi disponibili in Ateneo per la genomica, proteomica e metabolomica puntando a
intercettare finanziamenti europei nella ricerca clinica e nei trial clinici.
[Criticità: complessivamente i centri interdipartimentali e, più in generale, tutte le strutture
“trasversali” non godono di un sostegno molto marcato in Ateneo. E’ vero che la situazione
ereditata, con quasi 30 centri interdipartimentali, era molto “entropica” e rappresentava un
aggravio amministrativo e gestionale non indifferente, ma è anche vero che in numerose
situazioni è solo la possibilità di collegare ricercatori di aree diverse e mettere a fattor
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comune strumentazioni, esperienze e reti di relazioni che consente di raggiungere risultati
di rilievo e di attrarre risorse finanziarie che altrimenti non arriverebbero ai dipartimenti.]
5) Sostenere e incentivare l’autoimprenditorialità per generare occupazione
intellettuale e scientifica.
UniBo non aveva più una politica di sostengo alla creazione di impresa giovanile. Andava
ricostruita rapidamente per mettere i nostri dottori e laureati in grado di “generare i propri
posti di lavoro”. Forte anche della esperienza personale ho lavorato al potenziamento della
struttura di ARIC dedicata al “knowledge transfer” e alla riconfigurazione dell’incubatore di
impresa ALMACUBE per il quale è stata creata una partnership con UNINDUSTRIA.
Anche l’attività di supporto al brevettazione è stata intensificata. Gli elementi della così
detta “terza missione” rientrano anche tra i parametri valutati da ANVUR. Sono state
varate nuove aziende spinoff partecipate da UniBo e altre sono state accreditate.
Occasione è stata anche per rivedere alcune partecipazioni datate.
[Criticità: Occorre introdurre degli elementi di flessibilità nei modelli contrattuali per rendere
più snelle le interazioni con le imprese, pur salvaguardando l’interesse dell’università. Il
regolamento per l’attivazione/accreditamento di aziende spinoff richiede una revisione
dopo la fase di sperimentazione]
6) Il Finanziamento alla ricerca di base con progetti di ricerca competitivi, il FARB. Il
riconoscimento delle differenze.
Il FARB è stata una occasione di sperimentazione importante per l’Ateneo. In primis è
stato per la prima volta impostata una modalità di attribuzione di risorse basato sul
“riconoscimento delle differenze”: i FARB 1 e i FARB 2 avevano esattamente lo scopo di
rispondere a esigenze finanziarie diverse e con modalità di assegnazione diversa: progetti
di importo minore ma più distribuiti (necessità di minor massa critica dei gruppi proponenti)
pensati per le scienze umane, giuridiche e sociali, e importi di entità maggiore ma per
aggregazioni più consistenti e in numero minore per le aree tecnologiche e scientifiche.
[La proposta iniziale era di tenere distinti i due canali con 1M€ alle aree 1 e 10-14 (FARB
1) e 1M€ alle aree 2-9 (FARB 2) ma il vincolo di area non è stato accolto]. In secondo
luogo è stato messo alla prova un doppio metodo di assegnazione mediante valutazione.
In particolare i grandi progetti sono stati valutati mediante peer review anonima. A questo
scopo è stata anche costruita e gestita un database di valutatori UniBo interamente nuovo
e messo a punto tutti i sistemi informatici per la valutazione dei progetti. Ricordo anche
che la valutazione anonima esterna è stata usata anche nel 2011 per la valutazione dei
progetti PRIN a opera della ESF, un esperimento di esternalizzazione della valutazione
con risultati tempo / costo / risposta estremamente positivi. Con i FARB linea 1 sono stati
finanziati 50 studi di fattibilità per altrettanti progetti di internazionalizzazione della ricerca,
mentre con i FARB linea 2 sono stati finanziati 13 programmi di ricerca. Sarà ora
necessario valutare quanti di questi progetti, in particolare gli “studi di fattibilità”, hanno
portato a significativi avanzamenti. La realizzazione dei due bandi FARB è stata resa
possibile dall’impegno straordinario della commissione di garanzia e dell’area della ricerca.
[Criticità: a) sul bando: l’indicatore OR ha precluso l’accesso a giovani favorendo i senior,
b) il cofinanziamento molto consistente ha avuto un effetto di livellamento sulle valutazioni
di merito), c) nonostante il successo di metodo il FARB non è stato per il momento
rifinanziato il che è sbagliato due volte, primo perché c’è bisogno di finanziamenti alla
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ricerca fondamentale e in secondo luogo perché è diseconomico creare un nuovo
meccanismo e usarlo solo una volta].
7) La valorizzazione del dottorato di ricerca: borse finanziate da fuori, visibilità,
impatto. Dottorati di ogni dipartimento.
Il dottorato di ricerca è parte della “catena formativa”: formazione attraverso la ricerca:
“learn by doing”.
Qui lo sforzo è stato veramente multidirezionale. Il dottorato andava razionalizzato e reso
coerente con la ristrutturazione dell’ateneo gestendo il passaggio dalle scuole di dottorato
ai dipartimenti, un passaggio per stadi reso più complesso dalla continua evoluzione delle
norme, a partire dalla L240 fino alle norme attuative (DM 45) che hanno imposto limitazioni
di contesto per la formazione dei collegi e limiti “monetari” alla attivazione dei corsi di
dottorato. Il dottorato andava fatto conoscere – “sdoganandolo” dalla sua impostazione
iniziale di “anticamera dell’università” e di “ragazzi di bottega” - per farlo diventare,
trent’anni dopo e finalmente, il livello nel quale si impara a fare ricerca facendola.
Andava costruita una nuova immagine del dottorato, più aderente a una visione europea
della sequenza formativa. Per questo ho proposto il dottorato di ricerca per la campagna
del 5 x 1000 e proposto e ottenuto l’istituzione della cerimonia di proclamazione dei dottori
di ricerca, e ho presentato il dottorato di UniBo in tutte le occasioni possibili, con iniziative
ad hoc con le associazioni d’impresa e con la politica.
L’azione di UniBo è servita ad attrarre l’attenzione della politica con l’introduzione del
dottorato industriale e l’uso di incentivi fiscali all’assunzione di dottori di ricerca. Andavano
anche reperite risorse e le cose sono andate abbastanza bene – ricordo qui le borse
TELECOM, il dottorato SPINNER, e ultimo in ordine di tempo il dottorato PhD@PRU che,
per la prima volta, ha visto l’utilizzo di finanziamenti regionali della agenzia sanitaria per
dottorati di ricerca in ambito clinico su temi rilevanti per l’azienda ospedaliera universitaria
e gli IRCCS. L’applicazione delle mutevoli norme sul dottorato (DM45 e linee guida
ANVUR) è stata particolarmente complessa e ha richiesto continue modifiche di
regolamenti e uno sforzo particolare anche di “moral suasion” interna a UniBo e di
“pressing” esterno per poter contrastare norme anacronistiche e punitive nei confronti dei
dottori di ricerca ai quali è stata inizialmente negata la possibilità di svolgere attività
lavorativa di qualsiasi genere anche in assenza di borsa di studio. Il XXX ciclo è stato un
bando di prova: i bandi dei dottorati di UniBo sono stati aperti prima di tutti gli altri grazie
alla collaborazione con il Nucleo di Valutazione. Tutti i dipartimenti hanno potuto offrire il III
livello.
8) La riforma del budget della ricerca per dare maggiore capacità di gestione delle
risorse ai dipartimenti.
In coerenza con uno schema di progressivo aumento della responsabilità dei dipartimenti
nella gestione delle risorse, è nel dipartimento che si sono fatte convergere le diverse fonti
di finanziamento: assegni di ricerca, Marco Polo, pubblicazioni e convegni e RFO. A
queste voci, con la riforma del dottorato del 2014, si è aggiunta la voce “budget
dipartimentale del dottorato”. I Dipartimenti possono quindi sviluppare al loro interno una
strategia di utilizzo delle risorse con una elevato grado di flessibilità d’uso pur nell’ambito
di vincoli di sistema (l’attivazione di un corso di dottorato richiede per legge almeno 4
borse di studio, il RFO è finanziamento alla ricerca di base dei singoli docenti). Il budget
dipartimentale della ricerca comprende ora assegni (ca. 6M€), dottorati (ca. 11M€), e
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finanziamenti alla ricerca fondamentale RFO (ca. 6M€). Cifre da difendere e possibilmente
aumentare.
9) La tutela del precariato.
E’ stato anche necessario trasferire in UniBo il grande numero di norme prodotte dai
decreti delegati della L240 con i relativi regolamenti attuativi. Nell’ambito della ricerca si è
trattato di regolamentare gli assegni di ricerca decidendo di non considerare gli anni di
ADR precedenti azzerando di fatto il periodo di precariato precedente. Sono state inoltre
introdotte norme a tutela della maternità. Sono stati anche regolamentati i ricercatori a
tempo determinato “junior” (A) e “senior” (B). Non sono riuscito, purtroppo, a evitare che
venissero introdotte regole diverse per l’attribuzione di incarichi didattici ai RTDA finanziati
su bilancio dell’ateneo rispetto a quelli su finanziamenti di altra origine vuoi competitiva
vuoi privata. L’attività didattica è stata regolata sul principio della salvaguardia del tempo
per svolgere ricerca. Nello stesso modo è stata regolamentata l’attività di assistenza
clinica per i ricercatori di area medica. Sul lato dei ricercatori a tempo indeterminato (RTI)
va ricordato che UniBo è stata la prima università a introdurre il criterio “ogni ora di
lezione” va retribuita regolamentando la didattica dei ricercatori.
[Criticità. I problemi principali derivano dalla normativa vigente. La riduzione dei
finanziamenti, i tagli enormi al turnover, e i continui cambi di responsabilità ministeriali
stanno rendendo le scadenze dei “4 anni gelmini” per gli assegnisti e dei 3 + 2 anni per i
RTDA in assenza di un numero consistente di posti di RTDB, una “tempesta annunciata”.
Ho avanzato – non in qualità di prorettore - una proposta precisa per affrontare la fase
contingente in modo realistico: eliminare la figura del RTDA, estendere il periodo di
assegni con un gradiente salariale, utilizzare il solo RTDB – quindi in “tenure track” per
diventare professori associati – estendendo il periodo entro il quale conseguire la ASN a 5
anni. In questo modo si riduce il totale massimo da 12 a 11 anni, ma, soprattutto, si
“forzano” le università a bandire posti di ricercatore in programmazione.]
10) Sostenere la ricerca in ambito sanitario: una presenza attiva nel programma
regione-università.
Nell’ambito della attività del programma Regione-Università che gestisce i finanziamenti
che il servizio sanitario e sociale della regione dedica alla ricerca in ambito sanitario ho
contribuito al varo di numerosi nuovi progetti. Con il compianto Alessandro Liberati ho
trovato grande rispondenza alla proposta di lanciare un programma “giovani ricercatori”
basato sulla formula della autosostenibilità, con un finanziamento che servisse a coprire
sia il proprio salario sia il finanziamento al progetto di ricerca, e della “portabilità”, cioè la
spendibilità del progetto in una della AOU/IRCCS regionali. Il programma ha avuto molto
successo ed è stato un grande piacere che nella successiva applicazione abbia preso il
nome di “programma Alessandro Liberati” alla sua scomparsa. Ho operato perché i grandi
progetti (“Linea 1”) rispondessero bene alle competenze dei nostri ricercatori sia presso
l’AOU Sant’Orsola, sia presso gli IRCCS Rizzoli e Scienze Neurologiche. Il metodo di preselezione scelto dalla Regione ha richiesto un passaggio preliminare per i collegi di
direzione delle strutture sanitarie, il che è stato avvertito come elemento di criticità. In
generale, le idee-proposte che ho via via presentato sono sempre state ben accette. E’
stato così possibile impostare il programma MED-EU per la “task-force” di avvicinamento
ai progetti europei in ambito sanitario e il programma di finanziamento del dottorato
“PhD@PRU” che ha utilizzato la quota della “linea 3 formazione alla ricerca” per finanziare
5 borse di dottorato di ricerca in ambito clinico per il XXX ciclo.
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Sto avanzando in questi giorni una proposta per il rilancio e la valorizzazione del CRBA.
Vediamo se ci riesco.
11) Aggiornare la valutazione della ricerca. Il superamento dell’osservatorio della
ricerca e la nuova valutazione della ricerca di Ateneo.
Materia complessa. Difficile riuscire a fare comprendere che la valutazione è uno
strumento per governare l’uso delle risorse non per premiare o punire. L’università di
Bologna è stata la prima a rendersi conto, già dal 1993 (nascita dell’ osservatorio della
ricerca, OR), che la assegnazione di risorse per la ricerca richiede conoscenza del
sistema e una valutazione dell’uso che viene fatto dei finanziamenti alla ricerca.
L’Osservatorio della Ricerca è stato, per certi versi, pionieristico. Tuttavia, lo schema della
valutazione fondato sull’esame di tutta la produzione scientifica, la pretesa di misurare con
uno stesso metro studiosi e ricercatori di discipline molto diverse, in particolare tra scienze
umane e sociali e scienze e tecnologie, e quella di poter usare un unico “indicatore”
(l’indicatore OR) per classificare tutti i ricercatori hanno dimostrato di non essere più
attuali. In particolare i ricercatori hanno lamentato più volte la “non prevedibilità” delle
valutazioni dell’OR soprattutto per quello che riguardava la fase “RFO” con la suddivisione
in fasce. L’avvento dell’ Agenzia nazionale di valutazione dell’università e della ricerca,
ANVUR e la prima valutazione della qualità della ricerca, VQR, e le abilitazioni scientifiche
nazionali, ASN e i sistemi di autovalutazione avviati da ANVUR hanno inoltre modificato
profondamente il quadro della valutazione della ricerca (la ASN merita un discorso a sé).
Era quindi necessario cambiare passo. Al di là delle ottime intenzioni di chi vi ha lavorato
(spesso in maniera frustrante) l’Osservatorio nei suoi meccanismi non era riformabile. Per
questa ragione ho proposto e ottenuto che l’esperienza OR si chiudesse con il 2012 e ho
proposto la Valutazione della Ricerca di Ateneo. La VRA è basata su paradigmi molto
diversi dall’OR: il riconoscimento delle differenze (quindi schemi diversi tra le diverse aree
e richieste diverse in termini di numero di pubblicazioni ecc.), gli obiettivi da dare ai
ricercatori in termini di numero e tipologia delle pubblicazioni per posizionarsi nella fascia
alta (AAA) in quella media (AA) o in quella bassa (A). Per queste ragioni sono state
introdotte le “nuove aree” di psicologia, architettura e informatica. Il processo è in corso e
dovrebbe portare a uno schema coerente sulla base del quale il MIUR assegna
all’università le risorse in base alla valutazione ANVUR, l’università assegna risorse ai
dipartimenti sulla base della valutazione ANVUR dipartimentale e il dipartimento assegna
risorse ai singoli e gruppi sulla base della valutazione della ricerca di ateneo, VRA. Il
fondamento della VRA è la condivisione. Contrariamente all’OR - che aveva pretesa di
terzietà – la VRA punta al coinvolgimento dei dipartimenti e dei singoli nel processo di
valutazione nella convinzione che ci debba essere concordanza di interessi tra l’azione dei
dipartimenti e quella dell’ateneo e che ci debba essere coerenza tra la valutazione della
ricerca interna ed esterna. Nel tema “valutazione” trova spazio anche l’azione di
monitoraggio dei ranking/rating nazionali e internazionali (anche allo scopo di
massimizzare il risultato di UniBo fornendo le informazioni richieste in modo corretto e in
tempo reale) e quella svolta congiuntamente dall’area della ricerca e del controllo di
gestione, relativamente all’utilizzo dei risultati VQR (vedi anche punto 12) per le risorse ai
dipartimenti nonché la preparazione al passaggio richiesto dalla “scheda unica annuale
sulla ricerca dipartimentale SUA-RD” che andrà affrontato entro il 2014. [Criticità: La VQR
in contemporanea al passaggio a UGOV hanno costretto a compiere due operazioni
infelici: a) ripetere una operazione di riconoscimento delle pubblicazioni, e “saltare” un
anno di valutazione di prodotti. La prima ha penalizzato alcuni ricercatori nella
assegnazione del RFO e la seconda ha costretto a riutilizzare le valutazioni dello stesso
triennio per due anni consecutivi. Problemi grossi che hanno irritato inutilmente i ricercatori
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Consuntivo 2009-2015 Futuro@UniBo
Dario Braga
e che sono in larghissima parte dipesi dalla gestione del passaggio tra il database Unibo e
quello CINECA (UGOV).]
12) Trattare con MIUR, ANVUR e CRUI. Farsi ascoltare e rispettare.
La VQR e ora la nuova fase SUA-RD hanno avuto impatto notevolissimo sul normale
funzionamento dell’ateneo, soprattutto per la sovrapposizione con la fase di riforma
statutaria e ricomposizione dipartimentale. Limitatamente all’ambito della ricerca ho
proposto di attenersi, per quanto possibile, alla regola della “riduzione del danno”:
assumere cioè il punto di partenza che qualsiasi cosa “burocratica” richiesta ai docenti è di
fatto tempo sottratto allo svolgimento dei loro compiti istituzionali: ricerca e formazione.
Questo criterio ha consentito – almeno in ambito ricerca – di minimizzare (ma non
annullare) l’impatto delle intense attività di ANVUR ribaltate sulle Università. Quando
UniBo parla è ascoltata: l’azione propositiva nei confronti di CRUI e ANVUR e MIUR. In
questa fase di “bombardamento” normativo e valutativo conseguente alla applicazione
della L240, è stato molto utile una azione di contrasto basata sulla proposta. Sia l’ANVUR,
sia il MIUR si sono dimostrati ricettivi di fronte a proposte migliorative e integrative
presentate dal gruppo ricerca della CRUI formato dai prorettori alla ricerca dei grandi
atenei – Roma Sapienza, Napoli Federico II, Bologna, Padova, Firenze. E’ stato possibile
modificare alcune norme sul dottorato di ricerca (DM 45) che risultavano particolarmente
negative per le proposte multidisciplinari, così come è stato possibile, in particolare grazie
al contributo del prorettore Poggi di Firenze, ridefinire la valutazione VQR dei nuovi
dipartimenti non già su base di area CUN ma di settori disciplinari. Questa scelta è stata
molto significativa per UniBo che ha dipartimenti misti, alcuni particolarmente nuovi come il
DISI e il FABIT.
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