CONFIMI Rassegna Stampa del 27/11/2014 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. INDICE CONFIMI 27/11/2014 Il Risveglio 10mila euro di costi burocratici ad azienda se verrà istituita la nuova municipalità 12 CONFIMI WEB 26/11/2014 ageabruzzo.it 20:48 Confimi Abruzzo, Petricca: 300 ml per l'internazionalizzazione confermati oggi da Calenda 15 SCENARIO ECONOMIA 27/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale I contratti spericolati che ci mettono a rischio 17 27/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale L'Europa: i precari della scuola vanno assunti 18 27/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Piano Giannini sui ricorsi Ma servono due miliardi 20 27/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Investimenti, l'Italia incalza Juncker Padoan: primo passo da fare in fretta 21 27/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale «Intesa più forte in Europa con un polo del risparmio» 22 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Bce alle banche: anticipare i conti 2014 25 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Alitalia, Montezemolo presidente 27 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Anche lo Stato deve fare la sua parte nella crescita 29 27/11/2014 Il Sole 24 Ore «Bene la riforma del lavoro, ora avanti con coraggio» 31 27/11/2014 Il Sole 24 Ore «Primo passo per la svolta su crescita e lavoro» 33 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Scuola, la Corte Ue boccia l'Italia 35 27/11/2014 Il Sole 24 Ore In viaggio nell'Italia capace di rilanciarsi 37 27/11/2014 Il Sole 24 Ore «Non dico che il mercato ha fallito, ma ci sono criticità sottovalutate» 38 27/11/2014 La Repubblica - Nazionale Juncker: "Per la ripresa un piano da 315 miliardi" Padoan: ne vogliamo 40 40 27/11/2014 La Repubblica - Nazionale "Ma gli investimenti reali saranno molti meno" 41 27/11/2014 La Repubblica - Nazionale La Germania dà credito all'Italia prestito di 500 mln alla Cassa Depositi "Aiuti le imprese" 42 27/11/2014 La Repubblica - Nazionale Mariana Mazzucato: "Solo riducendo le disuguaglianze ci può essere vera crescita" 43 27/11/2014 La Stampa - Nazionale LEGGE SBAGLIATA E LAVORO A RISCHIO PER NOI INGEGNERI 45 27/11/2014 MF - Nazionale Boom dei Paperoni, l'Italia è il Paese dove la ricchezza è cresciuta di più durante la crisi 46 27/11/2014 Panorama CARO STATO ABBASSAMI LE TASSE E INCASSERAI DI PIU' 47 SCENARIO PMI 27/11/2014 Il Sole 24 Ore La «Leonessa d'Italia» rivede la crescita 51 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Il progetto «Fabbrica 4.0» al via 53 27/11/2014 Il Giornale - Nazionale Cdp alleata ai tedeschi di Kfw 55 27/11/2014 Avvenire - Nazionale Cdp, intesa coi tedeschi di Kfw sui fondi alle Pmi 56 27/11/2014 ItaliaOggi Dalla KfW 500 mln per le pmi 57 27/11/2014 ItaliaOggi Cdp-KfW per pmi 58 27/11/2014 MF - Nazionale Da Kfw 500 mln a Cassa Depositi 59 27/11/2014 MF - Nazionale Alla prova dei fatti il Golden Power del governo italiano è stato alquanto soft 60 CONFIMI 1 articolo 27/11/2014 Il Risveglio Pag. 26 MAPPANO - Spese eccessive. Sono quelle che dovrebbero sostenere le 500 aziende comprese nel perimetro del Comune di Mappano, se questo dovesse essere istituito. Cinquecento aziende e una media di 10mila euro di costi burocratici necessari a ciascuna «Per qualcuna i costi potrebbero anche aggirarsi sui 30mila euro - dice Api Torino - per qualcuna invece meno. Mediamente comunque parliamo di 10mila euro». Che moltiplicati per 500 fanno 5 milioni. Una cifra astronomica in periodo di spending review e di crisi economica. L'Api mercoledì scorso ha incontrato gli imprenditori coinvolti nell'operazione Mappano Comune all'Air Palace Hotel di Leinì. «Il pronunciamento del Tar sarà defi nitivo - spiega Api ma in ogni caso è già stato sancito dalla Consulta che la legge regionale istitutiva del Comune è costituzionale. E questo è un punto fermo. Come pure il fatto che per l'autonomia del Comune non servirà la copertura fi nanziaria da parte della Regione in quanto l'istituzione del nuovo ente sarà pagata dai Comuni cedenti territorio e abitanti». La decisione della Corte Costituzionale, tuttavia, non ha tenuto conto dei costi che le pubbliche amministrazioni territoriali dovranno sostenere. Costi che l'uffi cio tecnico di Api ha puntualmente conteggiato. Per cominciare dovranno essere volturati tutti i contratti delle utenze: telefono, acqua, gas, energia Francesco Grassi con Roberto Cotecchio, referente dell'Api elettrica e comunicazione all'Utf in caso di impianti fotovoltaici. Per le aziende sarà necessario aggiornare gli statuti societari, l'iscrizione alla Camera di Commercio. Dovranno essere rifatti gli atti notarili aziendali, perché a quel punto sarà modifi cata la sede dell'azienda. Andranno aggiornati i documenti legati alla sicurezza, i contratti, le assicurazioni. Sarà necessario modifi care le carte intestate, i loghi, i sistemi informatici relativi alla contabilità, fatturazione, le anagrafi che bancarie e quelle degli enti amministrativi. La realizzazione del nuovo Comune, inoltre, comporterà l'aggiornamento delle rendite catastali, dell'Imu, contratti di leasing e mutui. Senza contare che il nuovo ente andrà a dotarsi di un proprio piano regolatore e per le aziende sarà necessario verifi care se l'attività attuale sia ancora compatibile con gli indirizzi attuali. Per concludere sarà necessario richiedere duplicati (questo per tutti) dei libretti di circolazione e certifi cati di proprietà dei mezzi. Costi approssimativi? Mediamente 10mila euro ad azienda. Cosa chiede Api? «Non siamo né contro, né a favore del Comune autonomo - dice l'associazione di categoria Chiediamo solo di essere sgravati dei costi che abbiamo quantifi cato. Che non sono pochi e che in un periodo diffi cile come questo certo vorremmo evitare». All'incontro ha presenziato anche il presidente del comitato autonomista Francesco Grassi che ha promesso che il nuovo Comune farà il possibile per andare incontro alle aziende. - NADIA BERGAMINI La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 10mila euro di costi burocratici ad azienda se verrà istituita la nuova municipalità CONFIMI WEB 1 articolo 26/11/2014 20:48 ageabruzzo.i t Sito Web Una delegazione Confimi Abruzzo è stata ricevuta questa mattina a Roma da Carlo Calenda, Vice Ministro dello Sviluppo Economico con delega al commercio estero. Gli imprenditori dell'associazione industriale, capitanati dal Direttore Ernesto Petricca, sono stati ascoltati per l'obiettivo di tarare il piano di internazionalizzazione sulle esigenze specifiche delle imprese abruzzesi. Il direttore di Confimi Ernesto Petricca, il vice ministro Carlo Calenda e l'onorevole Sottanelli Il direttore di Confimi Ernesto Petricca, il vice ministro Carlo Calenda e l'onorevole Sottanelli La delegazione Confimi in attesa del viceministro La delegazione Confimi in attesa del viceministro "Poli di innovazione, Gal, Dmc, Sportello Sprint Abruzzo, Contratti di Rete, Daq e chi più ne ha ne metta hanno paralizzato l'Abruzzo: una pletora di entità con competenze sovrapposte che alimentano se stesse - ha detto il direttore in apertura del dibattito - nella cui governance la nostra Associazione datoriale si è rifiutata di entrare proprio con lo scopo dichiarato di voler fare pianificazione economica e non consenso elettoralistico". Immediata la condivisione del Viceministro: "sono d'accordo, tanto è vero che ai nostri tavoli di concertazione siedono solo le associazioni di categoria, ignoro addirittura l'esistenza di tutte le realtà elencate". Due ore di confronto durante il quale il Viceministro si è impegnato ad intervenire su alcuni dei temi riportati dagli imprenditori: riforma dell'Ice: saranno individuati funzionari dell'Ente da formare come manager dell'internazionalizzazione poi a disposizione delle imprese; i primi sei mesi saranno finanziati dallo Stato dopo eventualmente assunti dalle imprese qualora si siano dimostrati efficaci riforma delle Dogane: le Dogane ad oggi hanno ed applicano regole soggettive, diverse da un ufficio all'altro, con questo rendendo non solo incerto il diritto - evidenti tutte le conseguenze che ne discendono - ma addirittura perpetrando vere azioni persecutorie nei confronti degli imprenditori che vengono sanzionati a prescindere in forza di interpretazioni prêt- à -porter armonizzazione delle regole sui marchi e sui prodotti locali: su questa voce gli imprenditori chiedono tutela urbis et orbis, il Viceministro ritiene di poter agire solo con azioni finalizzate alla conoscenza dei prodotti locali all'interno degli stati esteri in quanto spega - le denominazioni geografiche non sono conosciute e quindi riconosciute dagli altri Paesi. E' impossibile, secondo il Viceministro, impedire a chiunque di denominare come crede un prodotto: anche in Italia diamo nomi stranieri a prodotti nazionali Funzionamento delle Ambasciate: vanno riviste le attività svolte dalle Ambasciate italiane affinché siano funzionali alle imprese con un ruolo proattivo e non solo di semplice rappresentanza diplomatica "Ci reputiamo soddisfatti di questo primo approccio - ha detto il Direttore Petricca - e voglio ringraziare l'on. Sottanelli per aver fatto egli stesso da tramite con il Ministero e per essere stato presente oggi a questo tavolo, confermando un interesse attivo per il suo Abruzzo. Certamente 300 ml sono una goccia nel mare basti pensare che la Germania ha stanziato 5 miliardi conclude - e, in più, non è stata fatta differenza tra Nord e Sud che beneficiano quasi dei medesimi importi". Erano in delegazione per ciascun comparto industriale: Marina Cvetic - Masciarelli Tenute Agricole srlu; Alessandro Canducci - Canducci Holz Service Srl; Vincenzo Matricciani - Faci sas; Luca Scampoli - Pamec srl; Francesca Laureti - Tecnologie E Impianti srl; Massimo De Cesaris - Angelo De Cesaris srl; Alvaro Tollis - Tol & Sa Costruzioni srl; Clavio Cosanni - Evangelista Liquori snc; Massimo D'Annunzio - Oleificio Eco D'Annunzio; Roberto Di Domenico - Spiedi' srl. Presenti anche i funzionari Confimi Mauro Di Cola e Manuele D'Alessandro responsabili rispettivamente dei settori agroalimentare e manifatturiero. La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Confimi Abruzzo, Petricca: 300 ml per l'internazionalizzazione confermati oggi da Calenda CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 27/11/2014 15 SCENARIO ECONOMIA 20 articoli 27/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) I contratti spericolati che ci mettono a rischio Milena Gabanelli Ammontano a una decina di miliardi di euro i contratti derivati stipulati dalle Regioni con banche estere. Questi strumenti, il cui valore dipende da quello di un'altra attività, devono essere ricontrattati. Il rischio per i conti pubblici e il ruolo del Tesoro. a pagina 35 Mentre discutiamo di «zeri virgola» con l'Europa, e mentre il Paese stringe la cinghia, ci si appresta finalmente ad affrontare il tema dei derivati delle Regioni stimato in una decina di miliardi di euro. Derivati fatti in larga parte con banche estere e che, dati i contenziosi, non devono essere stati proprio il massimo della convenienza per i nostri enti locali. Vediamo come si è arrivati a questo traguardo. L'anno scorso nella legge di Stabilità si inseriva una norma (l'art. 16) che abrogava l'obbligo, messo in un regolamento mai entrato in vigore, di inserire nei contratti quali probabilità ha un ente, stipulando il derivato, di fare bene alle sue casse, o di fare male, e di quanto. Stipulare un derivato è un po' come sottoporsi ad una pericolosa operazione chirurgica: avrai pure diritto di sapere qual è la percentuale di riuscita! Non a caso la Corte d'Appello del Tribunale Civile di Milano ha decretato, a settembre 2013, che senza informazioni sulle probabilità il contratto derivato è nullo. Ma perché usare la legge di stabilità per abrogare una cosa mai emanata? Una prima risposta arriva ad aprile 2014 quando con il dl 66 (uno dei tanti sulla competitività) si dà facoltà alle Regioni di mettere mano ai derivati con la «con sulenza» del ministero. Parrebbe una buona idea: un organo centrale assiste le Regioni, così si evita che ognuno faccia come gli pare. Ma perché in una legge si sente il bisogno di scrivere che a occuparsene deve essere la Direzione che fa capo a Maria Cannata? La cosa è curiosa se si considera che questa Direzione è già nota alle cronache per aver liquidato a fine 2011 a Morgan Stanley, pronta cassa, 2,5 miliardi di euro mentre la Fornero, proprio perché senza cassa, chiedeva sacrifici e piangendo produceva gli esodati. L'inizio non è proprio incoraggiante ma la fine è peggiore. È da qualche giorno che si sa come faranno Regioni e ministero per avviare queste complesse operazioni. Capofila delle Regioni è il Lazio. Forse non è un caso, visto che l'assessore al bilancio è Alessandra Sartore, fedelissima della Cannata, già dirigente del Mef dal 2000. E le Regioni si fideranno al supporto tecnico delle società «Sviluppo Lazio» e «Finlombarda» che coi derivati hanno poco a che fare. Naturalmente ci auguriamo di essere smentiti trovando lì direzioni di controllo rischi e know-how pari a quelle delle banche di investimento internazionali con cui si dovranno confrontare. Comunque per risolvere questa carenza ci ha pensato Maria Cannata prendendo come consulenti tecnici proprio quelli che hanno fatto i derivati con gli enti locali, ovvero Deutsche Bank, Citi e Bnp Paribas. Le banche a loro volta si fanno assistere dallo studio internazionale Allen & Overy, che con le banche d'investimento ha stabili e consolidati rapporti. La prima clausola che i consulenti di Cannata indicano per ricontrattare i derivati è che le Regioni rinuncino tombalmente ad aprire o proseguire qualsiasi contenzioso. Come dire: chi ha avuto ha avuto (le banche) e chi ha dato ha dato (i cittadini). Tornando alla metafora dell'operazione chirurgica, non solo non vi comunicano le probabilità che avete di superare l'intervento, ma il chirurgo è il dottor Jekyll. Auguri! © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 17 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Derivati e conti pubblici 27/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 8 (diffusione:619980, tiratura:779916) Sentenza della Corte di giustizia: procedure italiane illegittime. «Sono 250 mila da regolarizzare» Valentina Santarpia ROMA «La normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato nel settore della scuola è contraria al diritto dell'Unione. Il rinnovo illimitato di tali contratti per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali non è giustificato»: è arrivata la sentenza della Corte di giustizia europea sugli insegnanti precari della scuola in Italia . Ed è una condanna. Secondo la Corte di Lussemburgo non esistono criteri «oggettivi e trasparenti» per giustificare la mancata assunzione del personale con oltre 36 mesi di servizio, né l'Italia ha fatto niente per impedire il ricorso abusivo al rinnovo dei contratti. La sentenza della Corte Ue risponde al quesito posto (con rinvio pregiudiziale) dalla Corte Costituzionale e dal Tribunale di Napoli «se la normativa italiana sia conforme all'accordo quadro dell'Ue sul lavoro a tempo determinato»: la questione trova la sua origine nelle cause presentate da un gruppo di lavoratori precari assunti in istituti pubblici come docenti e collaboratori amministrativi in base a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione: tutti hanno lavorato durante periodi differenti, ma non sono mai stati impiegati per meno di 45 mesi su un periodo di 5 anni. Secondo i giudici di Lussemburgo hanno sostanzialmente ragione, hanno diritto all'assunzione e agli arretrati, perché la normativa non prevede alcuna misura che possa prevenire il ricorso abusivo ad una successione di contratti a tempo determinato. Ora la palla torna nel campo dei lavoratori precari che dovranno rivolgersi a un tribunale del lavoro italiano per chiedere di essere assunti, avendo però dalla loro parte la sentenza dei giudici del Lussemburgo. Meno chiara la platea degli aventi diritto all'assunzione o al risarcimento. I sindacati sostengono che si tratta di 250 mila precari (tutti coloro che hanno prestato servizio per almeno 36 mesi): uno tsunami per la casse dello Stato italiano quantificabile in 2 miliardi di danni. Secondo il ministero dell'Istruzione invece sono solo 60 mila (escludendo i casi prescritti e chi non ha insegnato per un tempo continuativo sufficiente). Esultano per la sentenza, alla vigilia del piano per la «Buona scuola», che prevede la stabilizzazione di 150 mila precari, tutti i sindacati, dall'Anief alla Cgil, dalla Gilda ai Cobas: per loro è una carta in più per chiedere che il piano di assunzioni tenga conto anche degli arretrati. © RIPRODUZIONE RISERVATA Fonte: Corte di giustizia dell'Ue, Anief, ministero dell'Istruzione Corriere della Sera Le cifre Quanti dovrebbero essere assunti secondo il piano del governo Come si suddividono i precari nella scuola Il personale con oltre 36 mesi di contratto 200 - 250 mila Il personale Ata 150 mila 170 mila iscritti nelle Gae (Graduatorie a esaurimento) 460 mila iscritti in Graduatoria di istituto per supplenze annuali Gli insegnanti precari che sono stati in cattedra più di tre anni Di cui: 18.979 Il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) precario 30% - 61% L'incidenza del personale Ata a tempo determinato (a seconda degli anni) sul totale della categoria Quanti sono stati gli insegnanti a tempo determinato, tra il 2006 e il 2011, secondo la Corte di giustizia Ue 10 mila nuovi abilitati con i Tirocini formativi attivi 55 mila diplomati magistrali 70 mila con titolo dei Percorsi abilitanti speciali (Pas) iscritti nelle Gae (Graduatorie a esaurimento) abilitati rimasti fuori I precari, secondo il ministero, che sarebbero toccati dalla sentenza Ue 170 mila 60 mila 30-80 mila 13% - 18% Cos'è La Corte di giustizia dell'Unione europea (Cgue) ha sede a Lussemburgo ed è composta da 28 giudici e nove avvocati generali La Cgue ha il compito di garantire l'osservanza del diritto nell'interpreta-zione e nell'applicazio-ne dei trattati dell'Unione europea 2 Miliardi SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 18 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'Europa: i precari della scuola vanno assunti 27/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 8 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il costo stimato se venissero assunti 250 mila precari SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 19 27/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 9 (diffusione:619980, tiratura:779916) Piano Giannini sui ricorsi Ma servono due miliardi Il ministro: già previsti 150 mila posti. Sindacati all'attacco Claudia Voltattorni In realtà, dice, «ci avevamo già pensato», visto che «metodi e contenuti della Buona Scuola sono perfettamente in linea, ma anticipatori, rispetto a quello che la Corte europea ha indicato». Non solo. «Questo tema è quello da cui siamo partiti» e anzi «io l'ho definito una piaga e una patologia tutta italiana che nel ripensare la sfida educativa del Paese non poteva essere trascurata». E poi, «noi abbiamo anticipato una soluzione con un piano di assunzioni straordinario di circa 150 mila insegnanti, anche per i posti vacanti e disponibili». La ministra Stefania Giannini incassa la bocciatura della Corte di giustizia europea. Ma rilancia: «Gli ingressi nella scuola avverranno solo per concorso con cadenza regolare, proprio per evitare che si crei altro precariato». Così nel 2015 ci sarà un nuovo bando per 40 mila docenti da inserire nel 2016 «per uscire dalla logica emergenziale». Nel frattempo però i sindacati prevedono una pioggia di ricorsi da parte di tutti coloro che per almeno 3 anni hanno avuto contratti annuali a tempo determinato per i famosi «posti vacanti e disponibili», cattedre che non sono di nessuno, magari lasciate da un collega andato in pensione. La Corte di Giustizia parla anche di personale Ata, cioè bidelli e segretari: tutti ora possono andare dal giudice ordinario e chiedere l'immissione in ruolo, o un risarcimento danni. Si parla di 2 miliardi di euro al momento non previsti nella legge di stabilità nel capitolo sulla Buona Scuola. La Giannini liquida i sindacati: «È un tema che non si deve aggiungere a quello di cui ci stiamo occupando». Ma tra ricorsi e dubbi sui criteri per le assunzioni previste per settembre, la strada è in salita. Il Miur fa i conti: nel 2014 sono circa 110 mila i lavoratori con il contratto annuale sui posti vacanti, cui vanno aggiunti altri circa 50 mila che ora non sono al lavoro ma in passato hanno avuto contratti annuali per almeno 36 mesi e un giorno e quindi, secondo la Corte di Giustizia europea, avrebbero diritto a essere assunti a tempo indeterminato. Si tratta perciò di una potenziale platea di ricorrenti di almeno 200 mila persone. Secondo il Miur , in realtà, «ora non succede nulla», perché molti precari sono in graduatoria per l'assunzione, o altri nel frattempo sono stati già assunti. Ma per la Cgil invece «questa sentenza è uno schiaffo all'idea di contratto che ha il governo e - dice Mimmo Pantaleo, segretario Flc Cgil - farà da apripista a tutto il settore pubblico». Per Massimo Di Menna, Uil Scuola, «la sentenza rafforza le ragioni dei precari e mette un punto fermo: il governo dovrebbe fare un decreto legge per sanare l'esistente e coprire i posti vacanti con personale di ruolo». E il Gilda, con Rino Di Meglio, oggi farà una diffida a governo e Miur «perché metta in opera chi ha diritto». E sottolinea: «Un insegnante su 5 è precario, andiamo avanti così da 15 anni, i concorsi vanno fatti, non solo annunciati». © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 20 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Lo scenario 27/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 11 (diffusione:619980, tiratura:779916) Da Ue e Bei 21 miliardi per muoverne fino a 315. Fondi di Stato fuori dal patto Ivo Caizzi STRASBURGO Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan e il suo collega francese Michel Sapin hanno considerato «un primo passo» il piano di investimenti presentato nell'Europarlamento dal presidente lussemburghese della Commissione europea Jean-Claude Juncker. Gli europopolari dello stesso Juncker l'hanno appoggiato insieme agli altri due partiti della maggioranza (eurosocialisti ed euroliberali), senza grandi entusiasmi. Le opposizioni hanno criticato l'assenza di finanziamenti pubblici concreti e la promessa di mobilitare 315 miliardi in tre anni con un meccanismo di leva finanziaria destinato a moltiplicare ogni euro di investimento per ben 15 volte (con prestiti e capitali privati). L'intesa sugli investimenti a Strasburgo dovrebbe consentire alla larga maggioranza con popolari, socialisti e liberali di respingere oggi in aula la mozione di censura del M5s e dei partiti euroscettici sul coinvolgimento di Juncker nello scandalo LuxLeaks. Il lussemburghese ha definito il suo progetto «l'impulso» necessario in una Europa colpita da crisi, recessioni e disoccupazione. Partendo da 8 miliardi di garanzie Ue, aggiungendo 5 miliardi di prestiti della banca comunitaria Bei e altri 8 miliardi di garanzie, la Commissione punta a moltiplicare per 15 questi 21 miliardi soprattutto attirando investitori privati. Per il presidente tedesco della Banca europei degli investimenti, Werner Hoyer è possibile. Dalle opposizioni hanno ironicamente parlato di «magia», «abra-cadabra» e di «goccia nell'oceano». Juncker ha ammesso che gli piacerebbe rafforzare il suo progetto con il contributo finanziario degli Stati membri con «maggiori margini di manovra nel proprio bilancio». Padoan ha definito «opportuno» il piano della Commissione con le «previsioni di crescita riviste verso il basso e un rischio serio di stagnazione economica e di inflazione troppo bassa». Considera necessario uno «shock positivo» con investimenti pubblici in grado di compensare il «fallimento del mercato», che ha generato la crisi finanziaria internazionale. Ma ha esortato a fare «in fretta» per accogliere le aspettative dei tanti cittadini italiani colpiti da disoccupazione e povertà, mentre il piano di Juncker diventerebbe operativo tra «parecchi mesi». Il ministro dell'Economia ritiene che esistano già «progetti bancabili e risorse per finanziarli». In Italia ammonterebbero a «40 miliardi». Un «ritorno importante» Padoan lo prevede dalla sanatoria per il rientro dei capitali nascosti all'estero dai grandi evasori fiscali. © RIPRODUZIONE RISERVATA Cos'è Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha presentato ieri al Parlamento europeo il piano che punta a sbloccare in tre anni 315 miliardi di investimenti nell'Ue e creare un milione di posti di lavoro Il nuovo fondo, gestito con la Banca europea degli investimenti (Bei), agirà assorbendo le perdite sui progetti prima di altri creditori. Secondo Juncker, in questo modo l'Ue potrà attirare più fondi privati Juncker ha spiegato che i 315 miliardi non sono un tetto per il Fondo, ma che i singoli governi potranno contribuire al suo capitale. Questi contributi non saranno conteggiati nel loro deficit nazionale 315 miliardi le risorse che verrebbero mobilitate dal piano per la crescita di Juncker 40 miliardi il valore dei progetti italiani che per Padoan potrebbero rientrare nel piano Juncker SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 21 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Investimenti, l'Italia incalza Juncker Padoan: primo passo da fare in fretta 27/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 33 (diffusione:619980, tiratura:779916) «Intesa più forte in Europa con un polo del risparmio» Messina: l'Italia? Ci pensiamo. Siamo il primo erogatore di prestiti Strategie e capitale L'eccesso di capitale di 16 miliardi? Acquisizioni o un maxi dividendo Ci interessa crescere nel risparmio In Paesi con la tripla A La banca della Regina La Coutts? È un asset molto interessante ma Rbs è restia a venderla e d'altra parte noi non siamo disposti a pagare qualunque prezzo La governance È competenza del consiglio di sorveglianza e dei soci. Le leve per gestire l'azienda resteranno prerogativa del c Nicola Saldutti MILANO «Forse abbiamo perso l'abitudine ma ogni tanto un po' d'orgoglio fa bene. Anche come italiani. Anche per chi lavora in questa banca. Solo un anno fa Intesa Sanpaolo capitalizzava 25 miliardi, adesso siamo a 40. C'era il rischio di essere scalati e il livello di motivazione delle persone era molto basso. Adesso il clima è completamente cambiato. Clima interno e, soprattutto, numeri della banca». Carlo Messina, consigliere delegato della Ca' de Sass, ha dovuto passare, come tutti i banchieri, l'esame della Bce: «Siamo la banca più forte in Europa come capitale e la crescita degli investitori internazionali, oggi maggioranza del nostro azionariato, sta lì a dimostrarlo. Siamo la prima tra le principali banche del mondo in quanto a aumento in percentuale del valore di Borsa, davanti a istituti che vivono in Paesi ad alto tasso di sviluppo, come Cina e Qatar, per non parlare di tante blasonate banche europee che oggi sono dietro a noi come capitalizzazione. Potremmo dire che siamo un caso di made in Italy di successo all'estero e il merito va alle nostre persone». E adesso? Dopo gli stress test la banca può contare su 16 miliardi di capitale in eccesso. Cosa ne farete? «Possiamo valutare la crescita con acquisizioni, ma non immaginare una fusione come quella tra Intesa e Sanpaolo. E' stata una delle più riuscite operazioni di integrazione, ma adesso la crescita deve avvenire con altre modalità. Non sono malato di esterofilia ma con le dimensioni che abbiamo in Italia non è possibile pensare ad acquisizioni interne di banche o di reti di sportelli. Ci sarebbero pochissime sinergie e notevoli sovrapposizioni, con problemi anche occupazionali. E al riguardo, grazie anche alla crescita dei nostri ricavi, gli esuberi previsti dal piano, circa 4.500 persone, continueranno a fare parte del gruppo. Detto questo: se nel risparmio gestito e nel private banking dovessero esserci delle opportunità in Italia siamo pronti a coglierle». Quindi niente Mps? «Mi pare di essere stato chiaro» Il piano industriale a che punto è? «Il piano procede a pieno ritmo. Come ricavi da commissioni, ad esempio, siamo i primi in Europa con un +10% rispetto al 2013. Un risultato che ci permette di confermare senza esitazioni i 10 miliardi di dividendi attesi da qui al 2017. Ma quest'anno ci siamo concentrati anche nella riorganizzazione: in dodici mesi abbiamo fatto il lavoro di anni, intervenendo in tutti i comparti del gruppo e ripensandone profondamente la struttura operativa. Abbiamo lanciato la Capital Light Bank per rafforzare ulteriormente il nostro capitale, ridisegnato la Divisione Corporate e riorganizzato la Banca dei Territori, il motore di crescita con il maggior potenziale. Abbiamo rinnovato il management e valorizzato le risorse interne, in particolare femminili. E' stata riorganizzata l'area del wealth management, con la creazione delle divisioni private banking, asset management e assicurazioni, e in questi ambiti esploreremo tutte le opzioni di crescita, incluse quelle per linee esterne». Lo farà? «Sono questi i settori su cui puntiamo per crescere, non ci interessano mega operazioni di fusione e di acquisizione di altri gruppi simili al nostro». Ma siete pronti a cogliere queste opportunità? «Abbiamo ringiovanito le strutture della Banca dei Territori, nomineremo circa 2.000 nuovi responsabili a livello locale. Prima era un esercito che prevedeva soldati semplici e generali, adesso ci saranno i capitani e i tenenti, una struttura a maglie più strette. Abbiamo promesso 4,5 miliardi di utili nel 2017 e rispetteremo SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 22 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista 27/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 33 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 23 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato l'impegno, anche se lo scenario di crescita in Italia è peggiorato. Per il 2014 si attendeva un Pil compreso tra lo 0,5% e l'1% mentre sarà negativo per lo 0,3-0,4%. La nostra Banca, però, è attrezzata e fonda la sua forza sul risparmio degli italiani». Come procede la riforma della governance? «Il cantiere è aperto e il tema è di competenza del Consiglio di Sorveglianza e quindi degli azionisti. Le leve per gestire l'azienda resteranno in ogni caso una prerogativa del consigliere delegato». E i 16 miliardi di capitale in eccesso? «Sono i nostri tratti distintivi in fatto di solidità e di forza patrimoniale. Anche se arrivassero ulteriori regole stringenti sui coefficienti saremmo del tutto tranquilli». Torniamo alle acquisizioni. All'estero non è andata sempre bene, pensiamo a Ucraina e Ungheria. «Appunto. Non è accettabile perdere milioni di euro in Paesi come quelli che ha ricordato mentre si fa fatica a realizzarli qui in Italia. Comunque, ripeto, ci interessa crescere nel private banking, nell'asset management, nelle assicurazioni ». Quindi? «Pensiamo piuttosto a Paesi con la tripla A. Ad esempio a Paesi come gli Stati Uniti, la Svizzera, il Regno Unito. A aree come l'Asia. Pensate che a Londra ci sono 450 mila italiani. Vogliamo crescere lì, magari rafforzando la strutture che già abbiamo in quei mercati ». O magari comprando la Coutts, la banca della Regina, dalla Royal Bank of Scotland? «E' un asset molto interessante ma Rbs è restia a venderla. D'altra parte noi non siamo disposti a pagare qualunque prezzo». Pensate a delle fusioni nei settori del risparmio? «L'avere creato il polo del private banking potrebbe rappresentare una moneta di scambio in caso di acquisizioni o partnership internazionali». Anche nel risparmio gestito? «La condizione, per il private banking come per l'asset management, è di mantenere il controllo delle attività. Tra depositi e risparmi gestiamo 800 miliardi di euro, la metà del Pil del Paese: siamo la cassaforte degli italiani e vogliamo continuare ad esserlo. Questa è la nostra missione identitaria. Nell'asset management possiamo fare di Eurizon un polo aggregante». E operazioni cross border tipo Commerzbank? «Per le ragioni che ho detto prima, non guardiamo a questo tipo di operazioni ». Gli investitori preferirebbero un bel dividendo straordinario. «Certo, in funzione degli aspetti regolatori che verranno definiti entro il 2015 dal 2016 l'eccesso di capitale non destinato alla crescita verrà restituito agli azionisti ». E intanto le imprese aspettano i prestiti . «Noi siamo il primo erogatore di prestiti in Italia. In nove mesi abbiamo dato finanziamenti a medio - lungo termine per oltre 20 miliardi di euro, quasi quanto tutte le altre banche italiane messe insieme. Il nostro piano prevede erogazioni per la sola Italia pari a 140 miliardi di euro entro il 2017. Inoltre, entro la fine dell'anno avremo raccolto 12,5 miliardi dalla Bce: credito a condizioni vantaggiose destinato alle famiglie e alle imprese italiane, di fatto già interamente allocati. Abbiamo, prima banca in Italia, stanziato 600 milioni a favore dell'imprenditoria femminile. Stiamo anche lavorando per riportare a una situazione di tranquillità gli incagli, quella componente di crediti concessi a suo tempo ad aziende che ora stanno attraversando una fase di difficoltà. Metteremo a fattore comune tutte le nostre competenze per evitare che queste aziende vedano peggiorare la loro situazione finanziaria, con la conseguente chiusura di impianti produttivi e la perdita di posti di lavoro. Così potremo dare il nostro supporto agli imprenditori che possono farcela e ridurre l'impatto negativo della crisi sul nostro conto economico». Sul piano macroeconomico c'è qualche segnale positivo? 27/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 33 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 24 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «La svalutazione dell'euro sta spingendo le esportazioni. Un calo del cambio dell'euro verso il dollaro del 10% può generare una crescita del Pil dello 0,8%. Qui vedo una miniera. I mercati riflettono anche le recenti dichiarazioni di Draghi e la volontà della Fed di aumentare i tassi d'interesse. Credo che l'euro potrà restare basso per molto tempo. Ci sono già i segnali di un cambiamento: la forte crescita delle esportazioni e il consistente saldo commerciale Un altro motore di sviluppo per l'economia italiana sarà l'Expo, ne sono convinto. Si tratta di cambiare il clima e diradare i le paure delle famiglie. Che restano ancora troppo forti: per questo preferiscono risparmiare anziché investire e consumare». Qualcuno teme il voto anticipato a maggio. «Proprio quello che non ci vorrebbe». © RIPRODUZIONE RISERVATA Gli istituti in Borsa Variazione % da ottobre 2013 a oggi del prezzo delle prime 35 banche al mondo per capitalizzazione B.B.V.A. AGRI. BANK OF CHINA R.B.S. MITSUBISHI BANK OF CHINA LLOYDS BANK BANK OF AUSTRALIA CITIGROUP JPMORGAN SANTANDER GOLDMAN SACHS B. NOVA SCOTIA US BANCORP BANK OF MONTREAL NORDEA BANK BANK OF AMERICA BANCO ITAU R. BANK OF CANADA BANCO BRADESCO WELLS FARGO MORGAN STANLEY ING INTESA SANPAOLO BARCLAYS UBS NATIONAL AUSTRALIA SUMITOMO MITSUI HSBC TORONTO-D. CHINA CONSTRUCTION IND & COM B. CHINA WESTPAC BANKING B. COMMUNICATION BNP PARIBAS AUST AND NZ BANK -39 Foto: Carlo Messina, consigliere delegato di Intesa Sanpaolo 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1.35.37 (diffusione:334076, tiratura:405061) Bce alle banche: anticipare i conti 2014 Marco Ferrando Per le banche europee (non solo le italiane) lo stress non è finito: i conti 2014, condizionati proprio dal doppio esame di quest'anno, andranno chiusi più in fretta del passato, entro l'11 febbraio 2015, termine fissato a livello europeo per comunicare alla Vigilanza le principali evidenze di bilancio. Marco Ferrandou pagina 37 Fare bene, e fare in fretta. Archiviato un mese fa il comprehensive assessment di Bce ed Eba, per le banche europee (non solo le italiane), lo stress non è finito: i conti 2014, in gran parte condizionati proprio dal doppio esame condotto quest'anno, andranno chiusi più in fretta del passato. Vale a dire entro l'11 febbraio 2015, termine ultimo fissato a livello europeo per comunicare alla Vigilanza le principali evidenze di bilancio. Questioni di agenda, che tuttavia vanno a impattare su un periodo non dei più facili per le banche passate sotto il controllo della Vigilanza unica di Francoforte, con i (fisiologici) problemi di comunicazione connessi a una svolta di valore epocale. L'armonizzazione delle segnalazioni statistiche di vigilanza, processo messo a punto dall'Eba e conosciuto con l'acronimo di FinRep (Financial reporting), è già entrata in vigore a luglio ed è stata applicata per le semestrali (non a caso tutte approvate entro i primi giorni di agosto), mentre per i dati relativi al terzo trimestre 2014, concomitanti proprio con i risultati del comprehensive assessment, è stata concessa una proroga. Ora, si entra nel vivo con i bilanci 2014: se è vero che le banche potranno approvarli quando ritengono, è altrettanto vero che entro l'11 febbraio dovranno inviare in Bce le segnalazioni statistiche e prudenziali su base consolidata (evoluzione degli attivi, flussi di crediti, coperture), quindi - nelle sue componenti fondamentali - i rendiconti annuali dovranno essere pronti; di qui, la decisione di alcuni istituti di anticipare anche l'approvazione dei bilanci veri e propri. Giusto in questi giorni le banche stanno mettendo a punto i calendari finanziari del prossimo anno, ma UniCredit - tra i primi a pubblicarlo - ha già fatto sapere che l'11 febbraio sul tavolo del consiglio di amministrazione finiranno i risultati preliminari di gruppo, mentre un mese dopo - il 12 marzo - arriverà l'approvazione del bilancio vero e proprio. Altri gruppi, da Intesa Sanpaolo a Ubi, fino al Banco Popolare, starebbero invece valutando la possibilità di accorpare i due passaggi, anticipando in questo modo l'esame del bilancio alla prima metà di febbraio. L'evoluzione L'unione bancaria resta un grande cantiere e il quadro, pertanto, è in continua evoluzione. L'armonizzazione delle segnalazioni statistiche non è che un semplice step di un percorso più ampio, che presto vedrà la Banca centrale europea diventare responsabile del nascente Srep, vale a dire il supervisory review and evalutation process, un sistema unico di gestione dei flussi informativi relativi alle principali banche previsto dalla Crd IV. Un'altra svolta epocale, visto che - proprio alla luce dei dati che si vedrà inviare con cadenza trimestrale - la Bce potrà valutare se i livelli di capitale e di liquidità siano appropriati o se, in caso contrario, sia necessario adottare alcuni provvedimenti immediati come gli add-on. Il supervisory board Sempre sul fronte Bce, ieri a Francoforte si è riunito il supervisory board, l'organo della vigilanza unica. Sul tavolo, tra l'altro, dovrebbero essere finiti i capital plan presentati dalle 13 banche che non hanno superato il comprehensive assessment. Come noto, infatti, delle 25 banche bocciate all'esame congiunto sulla base dei dati al 31 dicembre scorso, 12 già si sono messe al sicuro con le azioni di capitale predisposte da gennaio a settembre, riducendo il fabbisogno complessivo del sistema da 9,7 a 3,3 miliardi. In Italia c'è particolare attesa soprattutto per il responso relativo a Carige e Mps, che da Francoforte attendono il via libera in particolare per i due aumenti di capitale per un ammontare complessivo superiore ai 3 miliardi: a quanto si apprende, ieri non sono state ancora inviate comunicazioni ai due istituti, e per il responso si dovrà attendere la prossima riunione del supervisory board convocata per il 10 e 11 dicembre. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 25 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato FOCUS FINANZA 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1.35.37 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 26 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato @marcoferrando77 © RIPRODUZIONE RISERVATA Banche a supervisione diretta Banche a supervisione indiretta BELGIO 7 + 30 IRLANDA 4 + 30 PORTOGALLO 5 + 124 SPAGNA 15 + 81 FRANCIA 10 + 156 LUSSEMBURGO 5 + 68 SLOVACCHIA 3 + 12 SLOVENIA 3 + 10 ITALIA 14 + 537 GRECIA 4 + 19 MALTA 3 + 16 CIPRO 4 + 7 OLANDA 7 + 537 GERMANIA 21 + 1.720 AUSTRIA 8 + 667 LETTONIA 3 + 19 ESTONIA 2 + 11 FINLANDIA 3 + 26 Fonte: elaborazione Il Sole 24 Ore Foto: La Vigilanza unica Le banche controllate da Francoforte - Fonte: elaborazione Il Sole 24 Ore 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1,35 (diffusione:334076, tiratura:405061) Gianni Dragoni L uca Cordero di Montezemolo è stato nominato presidente della «nuova Alitalia» targata Etihad, che entro fine anno entrerà con il 49% e sarà il primo azionista. Montezemolo è bi-presidente: ha questa carica anche nella Cai al posto di Roberto Colaninno, presidente onorario della nuova Alitalia. Silvano Cassano a.d., James Hogan vicepresidente. ROMA Quarantaquattro giorni, e ventisette milioni di euro (la buonuscita), dopo l'addio alla Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo è stato nominato ieri presidente della nuova e più piccola Alitalia, targata Etihad Airways. Anzi, Montezemolo è bi-presidente. Perché è stato nominato anche presidente di Alitalia-Cai, la compagnia dei «patrioti» chiamati da Silvio Berlusconi nel 2008 per comprare la polpa della vecchia Alitalia pubblica: la Cai si svuoterà il 20 dicembre con il conferimento di attività e dipendenti (tranne i 2.251 esuberi) alla nuova Alitalia, che sarà operativa dal primo gennaio 2015. La ex "nuova", ma già vecchia, Alitalia-Cai si chiamerà solo Cai, cioè Compagnia aerea italiana, l'assemblea degli azionisti ieri ha deciso di cancellare il nome Alitalia dalla ragione sociale. La nuova compagnia si chiama Alitalia Sai (Società aerea italiana). Etihad, con il 49% del capitale e un versamento totale di 560 milioni di euro, sarà il primo azionista e socio di comando, per forza finanziaria e industriale. Silvano Cassano è l'amministratore delegato della nuova Alitalia, l'a.d. di Etihad James Hogan il vicepresidente, Roberto Colaninno consigliere e presidente onorario. u pagina 36 La Cai dei privati guidati da Colaninno ha accumulato, da dicembre 2008 a tutto il 2013, perdite nette per un miliardo e 527 milioni, pari a 25 milioni di perdita media mensile nell'arco di 5 anni e un mese. Una perdita superiore, secondo i calcoli del Sole 24 Ore, a quella dell'Alitalia pubblica, che aveva volato al ritmo di 20,83 milioni di perdita media al mese, ma per 20 anni, totalizzando circa 5 miliardi di perdite. Ieri le assemblee di Cai, Midco, della nuova Alitalia Sai hanno assegnato 19 posti di consigliere di amministrazione, i nominati sono 15, ci sono 4 doppi incarichi. Alitalia Sai resta per ora una scatola vuota, Etihad entrerà al «closing», «previsto il 31 dicembre», ha detto Colaninno. Il primo cda della nuova Alitalia Sai ieri si è svolto in inglese, per rispetto verso «Mr. Hogan», che è australiano: ha formalizzato la nomina di Montezemolo a presidente, «non esecutivo», ma influente, per le relazioni negli Emirati Arabi Uniti. Montezemolo è benvoluto dagli emiri di Abu Dhabi, che conosce per l'attività della Ferrari e gli affari della sua ex azienda Poltrona Frau, fornitrice di poltrone per i jet di Etihad. È il fondo Aabar di Abu Dhabi che ha fatto nominare Montezemolo vicepresidente di Unicredit, banca azionista di Alitalia. Sui nove componenti del cda, tre sono nominati da Etihad: Hogan, il direttore finanziario James Rigney, Giovanni Bisignani, ex d.g. Iata ed ex a.d. dell'Alitalia pubblica, fratello del faccendiere Luigi Bisignani, ma non toccato dalle sue vicende giudiziarie. Etihad ha influenzato anche la scelta di due dei sei consiglieri in quota italiana: a parte Montezemolo, l'a.d. Cassano è stato «nominato congiuntamente da Alitalia ed Etihad», dice il comunicato. Ex manager di alcune grandi aziende fino al 2010, Cassano è stato consulente di Hogan nei sei mesi precedenti la firma dell'accordo dell'8 agosto con Alitalia.. Colaninno lascia la presidenza di Cai, è consigliere della nuova Alitalia e presidente onorario. Infine 3 consiglieri espressi dalle banche, guidate da Intesa Sanpaolo e Unicredit. Antonella Mansi, ex presidente fondazione Mps, è l'unico «consigliere indipendente», l'ha chiamata Federico Ghizzoni, a.d. di Unicredit. Intesa ha espresso Paolo Andrea Colombo, professionista milanese dagli importanti incarichi societari, dal cda di Mediaset a sindaco del gruppo Moratti. Colombo è stato per sei anni nel collegio sindacale Eni e per tre nel cda, si è scontrato con l'ex a.d. Paolo Scaroni su vicende delicate (dai rapporti con Gazprom all'opaco «affare Mentasti» nel gas, che saltò per questo), fino a maggio presidente Enel. Il nono consigliere è JeanPierre Mustier, vicedirettore generale in uscita da Unicredit. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 27 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Alitalia, Montezemolo presidente 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1,35 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 28 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il nuovo cda di Cai è di sette persone. Con Montezemolo presidente sono stati nominati Giampaolo Alessandro, Luigi Borré, Amedeo Nodari, Enrico Laghi, Dante Pasqualini, Antonino Turicchi. Laghi, Alessandro e Borré sono anche nel cda di Midco. L'a.d. di Cai, Gabriele Del Torchio, resterà in carica fino ai conferimenti, il 20 dicembre. Dopo aver guidato la compagnia nbel periodo più difficle, dal maggio 2013, Del Torchio avrebbe nuove offerte di lavoro. Alla voce che lo darebbe come a.d. di Ntv ha risposto: «Ma siete matti!». Ntv è la società (in crisi) del treno Italo, di un terzo è posseduto dai tre soci fondatori Montezemolo, Diego Della Valle e Gianni Punzo. Si ipotizzano già intese tra la Alitalia e Ntv, di cui Montezemolo è consigliere. G.D. © RIPRODUZIONE RISERVATA co 51% 49% Alitalia-Cai Midco L'ASSETTO FUTURO ETIHAD AIRWAYS E ALITALIA Alitalia 103 118* 23mln 12.500 -569 mln € 102 108 11,5 mln >20mila +62 mln $ Etihad Aerei in flotta Destinazioni Passeggeri 2013 Addetti Risultato bilancio 2013 novembre 2014 Foto: L'assetto del nuovo gruppo - *novembre 2014 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Anche lo Stato deve fare la sua parte nella crescita Tony Blair Ricordo molto bene la conferenza di Firenze. Si svolse in un momento di grande tensione in Europa e nei Balcani. Era la prima volta, a memoria d'uomo, in cui un presidente democratico americano e i politici della sinistra progressista europea si riunivano su uno stesso palcoscenico per celebrare ciò che avevano in comune. Tony Blair Ed eccoci là, a sera tarda, nel magnifico scenario di Firenze, un luogo in cui i muri stessi e i dipinti sono intrisi di storia politica, a dibattere di idee politiche. Anzi, di una nuova idea politica. Tutto questo non ci sarebbe mai stato senza Bill Clinton, che ebbe l'abilità intellettuale di dialogare in termini che la sinistra europea potesse comprendere e che, allo stesso tempo, non rendessero ostile l'opinione pubblica americana. Ma la conferenza di Firenze giunse anche al momento giusto (...). Poco prima dell'avvento del nuovo secolo, divenne ben chiaro che il vecchio approccio alla politica doveva cambiare. Il Ventesimo secolo aveva rivelato come, senza la capacità da parte dello Stato di garantire alcune protezioni fondamentali e di provvedere a servizi base per i cittadini, non potesse affermarsi una società più giusta (...). Così, abbiamo dovuto tassare in modo equo e spendere per perseguire la giustizia sociale. E abbiamo costruito le basi del welfare state. Tuttavia, con il passare del tempo, (...) divenne evidente come lo Stato potesse anche abusare del potere, potesse spendere in modo poco avveduto e potesse rivelarsi un intreccio di interessi particolari di ostacolo al necessario cambiamento. La stessa cosa accade con le controparti sociali dello Stato - i sindacati. Da qui nasce il concetto di Terza via che era ed è, in sostanza, un progetto modernizzatore. Il mondo è cambiato e noi dobbiamo cambiare con esso. Non è questione di accantonare i principi; al contrario, si tratta di applicarli, ma con il coraggio e l'immaginazione necessari per metterli in pratica alla luce di un mondo ampiamente diverso da quello delle generazioni precedenti. È un progetto che affonda tutte le sue radici nella tradizione politica progressista e non in quella conservatrice, ma accetta come un dato di fatto la necessità di riformare il modo in cui operano i poteri collettivi, e quindi anche il potere dello Stato, per riuscire a raggiungere gli obiettivi originari delle politiche progressiste. Dobbiamo essere sicuri che lo Stato, se spende, spenda in modo saggio; che i servizi siano erogati a vantaggio di chi dipende da essi; che temi come la criminalità, considerati una ridotta della destra, siano presi seriamente dalla sinistra; e dobbiamo essere gli alfieri di un settore privato competitivo e imprenditoriale così come del movimento sindacale. È meraviglioso che le idee della Terza via siano tornate in auge (...). Ciò avviene per una ragione molto semplice: è un pensiero che si occupa di quel fondamentale equilibrio che le persone più ragionevoli vogliono trovare nelle politiche pubbliche. Un equilibrio tra un settore privato prospero e un settore pubblico efficiente e competente, capace di fornire servizi di qualità ai cittadini e protezione sociale a chi è più vulnerabile. (...) È istruttivo tornare con la memoria ai commenti che si fecero a quel tempo. Molti accusarono sia me sia l'allora cancelliere tedesco Gerhard Schröder di agire come dei conservatori e ci fu detto che le nostre riforme non avrebbero mai funzionato. In realtà, Schröder pose le basi della modernizzazione economica tedesca e io, mettendo in pratica le riforme, vinsi tre elezioni consecutive che condussero a tre governi che hanno portato a termine tutto il mandato, mentre in precedenza il Partito laburista britannico non aveva mai completato neppure due legislature di fila al governo. Oggi la Terza via è più opportuna che mai. Possiamo vederlo nel dibattito europeo. La destra vuole "austerità"; la vecchia sinistra ha resistenze verso le necessarie riforme strutturali. Il risultato è che ci troviamo pericolosamente prossimi alla stagnazione (...). È evidente che abbiamo bisogno di politiche per la crescita combinate a riforme strutturali. (...). SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 29 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ANNIVERSARI E ATTUALITÀ DELLA TERZA VIA 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 30 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Le politiche di finanza pubblica devono incoraggiare questo processo e non affidare tutto a uno stimolo monetario che può tenere l'euro in vita ma non può, di per sé, rendere prospera l'economia dell'Eurozona. Il center ground della politica, il centro politico, in Europa e nel Regno Unito, è in pericolo. Di solito non fa un gran rumore. Opera meglio nelle silenziose stanze dell'analisi e della riflessione. Cerca di costruire il consenso più che di sfruttare le discordie. Ma è ancora il luogo in cui una larga parte degli elettori desidera riunirsi. Questi elettori hanno urgente bisogno di leader come Matteo Renzi e Manuel Valls, ora. Non potrebbe esserci momento migliore per rinnovare la Terza via. © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Domani su «IL». La Terza Via 15 anni dopo: pubblichiamo stralci degli interventi di due protagonisti del socialismo liberale 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) «Bene la riforma del lavoro, ora avanti con coraggio» Nicoletta Picchio Nicoletta Picchio u pagina 6 ROMA «Il quadro di riferimento del Jobs act va in una direzione che consideriamo positiva. Ma occorre il coraggio di andare avanti: l'Italia ha un problema di competitività, il mondo cambia, non possiamo avere regole che appartengono al passato». Stefano Dolcetta, vice presidente di Confindustria per le relazioni industriali, commenta la riforma del mercato del lavoro, approvato alla Camera. Dopo il passaggio al Senato, serviranno i decreti attuativi. «Sarà un banco di prova importante per l'efficacia della riforma. Da parte nostra, vogliamo spronare il governo a proseguire con determinazione, la situazione economica è molto difficile non è il momento per abbassare l'asticella del compromesso». La riforma introduce il contratto a tutele crescenti, è un modo per rendere più flessibile e più conveniente il contratto a tempo indeterminato, come Confindustria chiedeva? Non esattamente, anche se può diventare nel tempo un elemento di flessibilità e può ridurre il ricorso ai contratti a tempo determinato. Il limite però è che si crea una nuova tipologia contrattuale, un fattore che può generare confusione, perché le nuove regole si applicano solo ai nuovi assunti. Perché possa essere esteso a tutta la platea dei lavoratori passeranno anni. Sarebbe stato meglio cambiare le regole per tutti. Soluzioni possibili? Se questa novità sarà accolta positivamente e aiuterà l'occupazione stabile, allora sarebbe utile proseguire in questa direzione e applicare anche ai vecchi contratti le soluzioni individuate per quelli a tutele crescenti, in modo da rendere più rapido il passaggio dal vecchio al nuovo sistema. Resta aperta la questione degli indennizzi nel caso dei licenziamenti individuali: le cifre che girano sono più alte della media europea... Saranno definiti nei decreti di attuazione della delega e come si dice il diavolo si nasconde nei dettagli. Meglio essere prudenti. Stiamo comunque parlando di cifre che dovranno indennizzare un licenziamento per motivi economici e penso che il punto di riferimento possa essere ciò che accade nei paesi europei. Va assolutamente evitato un aumento dei costi attuali. C'è anche l'ipotesi di evitare che le controverie finiscano davanti al giudice: è una buona soluzione per stringere i tempi e dare più certezze? L'idea è positiva, ci sarebbe certezza dei tempi e si eviterebbero le lungaggini dei tribunali. Ma appunto si deve trovare un giusto equilibrio. Ci tengo a sottolineare che le imprese licenziano quando sono costrette. Bisogna tenerlo presente perché altrimenti si finisce per far pagare alle imprese i costi del compromesso politico sull'articolo 18. La riforma tocca di nuovo anche il tema degli ammortizzatori: qual è il vostro obiettivo? Un mercato del lavoro più dinamico, che rilanci le politiche attive, per creare occupazione. Gli ammortizzatori sociali hanno attenuato le ricadute occupazionali della crisi ma il loro uso improprio ha ritardato i processi di ristrutturazione di molte imprese e quindi ha penalizzato la competitività del nostro sistema produttivo. Non ha senso una cassa integrazione che duri per anni anche laddove non c'è possibilità di ripresa. Le risorse vanno bilanciate tra politiche passive di tutela e i servizi o per il lavoro o per la ricollocazione. Nella delega c'è anche questa parte, certamente la più difficile da affrontare vista la situazione di crisi. Sarà impegnativo ma non mi pare si possa sfuggire il problema. È una partita lunga, quindi, ancora... Si giocherà anche nei prossimi mesi. Ed è importante, appunto, che si prosegua avendo in mente la necessità delle aziende di essere più flessibili, più competitive, di ridurre i costi. Il taglio dell'Irap e gli sgravi contributivi per chi verrà assunto a tempo indeterminato il prossimo anno, potrebbero generare una "fiammata SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 31 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA PARLA DOLCETTA (CONFINDUSTRIA) 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 32 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato occupazionale" e favorire la trasformazione in contratti a tutele crescenti di un numero significativo di contratti a termine. È un obiettivo importante, da perseguire però con gli incentivi economici e normativi senza cedere alla tentazione di limitare la flessibilità caricando di costi i contratti a termine. © RIPRODUZIONE RISERVATAI nodi dell'attuazione NUOVO CONTRATTO Tempi stretti Il primo decreto delegato che introduce il contratto unico a tutele crescenti con le nuove regole ultrasemplificate per i licenziamenti dovrebbe essere presentato alla commissioni parlamentari entro la fine dell'anno. Poletti ha confermato che si procederà il più velocemente possibile AMMORTIZZATORI Doppio passaggio Si procederà con il varo subito - insieme con il dlgs sul contratto a tutele crescenti - all'universalizzazione dell'Aspi, che verrà estesa anche ai cocopro fino al loro esaurimento. Solo in una seconda fase il varo delle nuove regole per la cassa integrazione RISORSE In stabilità Il ministro del Lavoro ha ribadito che nel 2015 saranno disponibili 2,9 miliardi per la riforma degli ammortizzatori sociali. In particolare ai 2,2 miliardi della legge di stabilità si sommano 700 milioni del Fondo per l'occupazione. Con queste risorse andranno finanziate anche le deroghe LICENZIAMENTI Indennizzo, dopppio binario Per la tutela monetaria in caso di licenziamento l'idea è di riconoscere un indennizzo di 1,5 mensilità per anno di servizio, con un tetto che potrebbe attestarsi sui 24 mesi (o 36), con la possibilità per il datore di lavoro di offrire 1 mensilità per ogni anno di lavoro fino a 24 mesi (o 18) Foto: Stefano Dolcetta, vice presidente di Confindustria 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 2 (diffusione:334076, tiratura:405061) «Primo passo per la svolta su crescita e lavoro» Padoan: dobbiamo ancora decidere se partecipare al Fondo Juncker, non sappiamo come funziona IL GIUDIZIO UE «Nessuna preoccupazione, l'Italia ha la coscienza a posto sulla legge di stabilità. Nel 2015 il rapporto deficit-Pil scenderà al 2,6%» Gerardo Pelosi STRASBURGO. Dal nostro inviato L'Efsi (il fondo europeo per gli investimenti strategici) da 315 miliardi di euro non sarà certo il nuovo Fondo sovrano dell'Europa come quello che esiste in Cina o in altri Paesi emergenti dove c'è un surplus di risorse da impiegare al meglio ma semmai uno strumento di garanzia per rimettere in moto il ciclo troppo a lungo bloccato degli investimenti privati. In ogni caso, dice il ministro dell'Economia e presidente di turno dell'Ecofin, Pier Carlo Padoan ieri all'Europarlamento di Strasburgo, è un «primo passo molto importante» per dare quello «shock positivo» che serve a un'Europa con previsioni di crescita riviste al ribasso, inflazione troppo bassa e rischio di stagnazione. Certo, ammette Padoan, «ci sono ancora alcuni punti da chiarire come ad esempio l'implicazione sul rispetto del Patto di stabilità, (ossia se i contributi volontari al Fondo verranno e in quale misura stralciati dal calcolo del deficit come annunciato ieri da Juncker n.d.r.) e quali saranno i criteri di riallocazione non tanto sui Paesi quanto sui progetti». E, aggiunge il responsabile di via XX Settembre, il Governo italiano non ha ancora esaminato l'ipotesi di conferire risorse al Fondo, perché «non sappiamo come funziona» anche se appare «ragionevole» l'effetto leva 1 a 15 annunciato dalla Commissione. Ma, avverte davanti all'assemblea di Strasburgo il ministro italiano: «bisogna fare tutto in fretta. Le aspettative dei cittadini sono crescenti come è crescente anche il rischio di una delusione e servirà un pò di tempo per il piano della Commissione». Di qui la necessità, propone Padoan, di «recuperare la fiducia dei cittadini» facendo partire subito almeno una parte di quei progetti selezionati dalla task force Commissione-Bei e finanziabili già all'inizio del prossimo anno con gli strumenti esistenti specie nei settori infrastrutture, istruzione, ricerca e sviluppo, energia. In sostanza, senza attendere che il meccanismo dell'Efsi vada a regime a giugno (ma più realisticamente dopo) quei progetti sui quali i valutatori tecnici hanno già trovato un accordo potrebbero ottenere da subito il disco verde. Tra questi almeno parte dei circa duemila progetti italiani per complessivi 40 miliardi di euro inviati Bruxelles dalla task force nazionale. Solo così bruciando i tempi, secondo Padoan, si può «invertire la tendenza» della caduta degli investimenti in Europa. Padoan si dice convinto che l'iniziativa Juncker rappresenti «una svolta» nella politica economica e nella capacità dell'Europa di tornare a produrre crescita e lavoro. L'effetto leva da uno a 15 che, secondo il presidente della Bei, Werner Hoyer è «prudenziale» perché con l'ultimo aumento di capitale da 10 miliardi di euro sono stati attivati investimenti per 180 miliardi, dovrebbe stimolare, a giudizio di Padoan, nuovi investimenti privati con Bei e banche nazionali di sviluppo che si faranno carico di quella componente di rischio che i privati attualmente non si assumono. In una situazione come quella attuale le risorse pubbliche secondo il ministro sono destinate ad avere un effetto diretto sull'economia, in un momento come questo di domanda aggregata debole e c'è una situazione di «fallimento del mercato». Nessuna preoccupazione da parte di Padoan inoltre sul giudizio della Commissione relativo alla legge di stabilità italiana che verrà reso noto ufficialmente domani ma le cui linee essenziali (ossia promozione con esame a marzo) sono già note. L'Italia, osserva Padoan, ha «assolutamente la coscienza a posto sulla legge di stabilità». Il governo «non ha ancora ricevuto la lettera» con i dettagli delle considerazioni Ue e conferma gli impegni già contenuti nell'ultima lettera ai commissari Dombrovskis e Moscovici. «Abbiamo un ambiziosissimo programma di riforme strutturali che continua - rileva Padoan - il consolidamento fiscale in Italia fa progressi importantissimi, perché nel 2015 il deficit/Pil sarà al 2,6% e quindi scenderà in modo significativo». SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 33 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La lunga crisi LE RICETTE PER IL RILANCIO 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 2 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 34 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato © RIPRODUZIONE RISERVATA Opere grandi e piccole: le richieste a Bruxelles AUTOSTRADE Priorità la Ragusa-Catania e la Salerno-Reggio Calabria Al capitolo «autostrade» del pacchetto di 2.200 progetti per un valore complessivo di 40 miliardi inviato dal Governo italiano a Bruxelles ci sarà sicuramente una richiesta di finanziamento per la Ragusa-Catania. E quella per i macrolotti ancora non finanziati (per circa 2 miliardi) della Salerno-Reggio Calabria. Se nelle priorità della lista potrebbe entrare anche la Orte-Mestre, resterà certamente fuori la Tirrenica GrossetoCivitavecchia, su cui recentemente la commissione Ue ha aperto una procedura di infrazione FERROVIE Brennero e Tav Torino-Lione tra i progetti in cerca di risorse Tra i 110 progetti infrastrutturali di maggiori dimensioni ci sono anzitutto quelli ferroviari prioritari "classici", presenti in tutti i piani degli ultimi 10-15 anni. Il tunnel del Brennero, la Napoli-Bari, la Messina-Catania, l'alta velocità Brescia-Padova, tutti ancora alla ricerca di una quadratura definitiva dei piani delle risorse. Ma anche la Tav Torino-Lione per cui il governo italiano chiede i 700 milioni che dovrebbero consentire di chiudere il piano dei finanziamenti già in stadio avanzato tra fondi europei, italiani e francesi BANDA LARGA Copertura dell'85% della popolazione entro il 2020 Sono stati chiesti circa sette miliardi per per portare entro il 2020 la banda larga ad almeno 100 megabit per secondo fino all'85 per cento della popolazione assicurando al resto degli italiani collegamenti da 30 megabit in su. Palazzo Chigi ha svelato pochi giorni fa il nuovo piano per la banda ultralarga, posto anche tra le priorità di investimento presentate alla Ue nell'ambito del cosiddetto «fondo Juncker». Il documento, insieme al piano per la crescita digitale, sarà in consultazione pubblica sul sito dell'Agenzia per l'Italia digitale fino al 20 gennaio DISSESTO Un piano di interventi da 9 miliardi in sette anni Nella lista spedita a Bruxelles anche gli interventi di minori dimensioni, ma ispirati a un disegno unitario. È il caso delle centinaia di progetti del piano per il dissesto idrogeologico, che probabilmente ora, dopo la scrematura del Mef, saranno accorpati. Il governo cerca fondi per finanziare il piano da 9 miliardi n sette anni che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio e il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti hanno presentato all'inizio di novembre per il periodo 2014-2020. Si partirà subito con 700 milioni per le opere subito cantierabili nelle città metropolitane ALTRE OPERE Nuovo aeroporto di Catania e i dottorati industriali Fra le altre opere in cerca di finanziamenti che sono state comprese nel plico inviato dal governo italiano a Bruxelles per le candidature al piano Juncker ci sono anche aeroporti, finanziamenti alle piccole e medie imprese e proposte che arrivano dal ministero dell'Istruzione. In particolare, in lizza ci sono i lavori di ammodernamento e potenziamento dell'aeroporto di Catania e un progetto del ministero dell'Istruzione che punta a incentivare l'istituzione di «dottorati industriali». Ad alcuni di questi progetti concorrono anche i fondi strutturali Ue 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1.5 (diffusione:334076, tiratura:405061) Scuola, la Corte Ue boccia l'Italia Stop alle supplenze per i posti senza titolare - I sindacati: fino a 250 mila ricorsi Gianni Trovati MILANO. La gestione italiana dei precari della scuola non rispetta le regole europee, perché non contempla contromisure al ricorso abusivo dei contratti a termine a ripetizione (per esempio sotto forma di risarcimenti del danno) e nemmeno promette l'assunzione definitiva in tempi ragionevolmente prevedibili. Attesa da anni, e figlia di un contenzioso che ha impegnato tribunali in tutto il Paese su su fino alla Corte costituzionale, è arrivata la risposta della Corte di giustizia Ue sulla legittimità del sistema italiano delle supplenze. Una risposta negativa e tutt'altro che sorprendente, al punto che il piano della «Buona scuola» lanciato dal Governo a settembre è stato in qualche modo spinto anche dalla sentenza europea in arrivo. La conferma è arrivata ieri dallo stesso ministro dell'Istruzione Stefania Giannini, che interpellata ieri da «Effetto giorno», in onda su Radio24, ha spiegato che «con il piano noi abbiamo anticipato una soluzione» ai problemi ribaditi dalla sentenza europea «che era attesa». Ora del piano sono attesi invece i decreti attuativi, in calendario a partire da gennaio, ma bisogna tenere conto che la battaglia europea ha riguardato anche il personale amministrativo, e non solo i docenti. I sindacati esultano, a partire dall'Anief che è stata in prima fila nella promozione dei ricorsi sfociati nella sentenza lussemburghese: «Ora - sostiene in una nota - 250mila precari possono chiedere la stabilizzazione e risarcimenti per due miliardi di euro». Il punto in discussione La decisione Ue è senza dubbio di peso, ma per misurarne gli effetti bisogna definire i contorni della questione esaminata dai giudici. La sentenza si concentra prima di tutto sull'utilizzo delle supplenze per i posti «vacanti e disponibili», circa 35mila secondo le stime, che cioè sono del tutto privi di titolare. Nei posti solo «vacanti», invece, il titolare c'è ma non lavora per esempio perché è in congedo per malattia, maternità o altri motivi, che secondo i giudici europei costituiscono «ragioni obiettive che giustificano la durata determinata del contratto». La regola europea La «ragione obiettiva» è l'aspetto chiave, perché l'accordo quadro del 1999 sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 1999/70/Ce, impone agli Stati membri di rinnovare i contratti a termine solo indicando appunto «ragioni obiettive» esplicite oppure fissando in anticipo la durata massima totale dei contratti o del numero dei rinnovi. L'accordo si applica a tutti i settori, pubblici e privati, e per essere efficace ha bisogno di sanzioni anti-abusi che siano «proporzionate, effettive e dissuasive». La situazione italiana Nella scuola italiana non solo non sono stati previsti né eventuali risarcimenti né tempi certi per l'immissione in ruolo, perché tutto è stato lasciato a concorsi che però tra 1999 e 2011 sono stati bloccati. Fin dalla legge 124/1999, l'Italia ha giustificato questa impostazione con le «particolari esigenze» organizzative del settore ma questa difesa, ribadita nel decreto 70/2011, ha spesso inciampato in tribunale. Gli effetti Proprio sul ricco contenzioso già avviato, che oltre al Tribunale di Napoli ha interessato Siena, Novara, Genova e tante altre sedi, andranno misurate le prime conseguenze della decisione europea, che in ogni caso non prevede automatismi. Sul punto, inoltre, dovrà pronunciarsi la Corte costituzionale, che sulla base delle indicazioni arrivate dal Lussemburgo dovrà individuare le norme da depennare dal nostro ordinamento. Le reazioni Le conseguenze più immediate, com'è ovvio, solo sul piano politico e sindacale. «Meno male che l'Europa c'è», ha commentato il segretario della Cgil Susanna Camusso, annunciando anche di valutare l'ipotesi di SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 35 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Istruzione LA SENTENZA SUI PRECARI 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1.5 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 36 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ricorsi Ue contro il Jobs act. Un collegamento, quello fra decisione Ue e riforma del lavoro, evocato anche dal Movimento 5 Stelle, secondo cui la sentenza segna «la sconfitta della linea politica del Governo Renzi», mentre il Pd conferma che il problema sarà affrontato con l'attuazione della «Buona scuola». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Lombardia 20.144 Toscana 8.755 Lazio 16.795 Piemonte 7.658 Puglia 12.417 Campania 18.654 Umbria 2.465 Basilicata 2.138 Liguria 2.489 Calabria 7.677 Sicilia 18.819 Sardegna 3.900 TOTALE ITALIA 154.561* Emilia Romagna 10.545 Veneto 9.746 Marche 4.366 Abruzzo 4.019 Friuli Venezia Giulia 2.650 Molise 1.324 I MACROSETTORI Docenti Gae Scuola primaria 50.376 Docenti Gae Scuola dell'infanzia 51.012 Personale ata (chiamati In supplenza annuale - stima) 20.000 * circa 14mila docenti sono stati assunti lo scorso settembre Fonte: Il piano «La Buona scuola» del Governo Foto: Gli iscritti alle graduatorie a esaurimento (Gae) - Dati luglio 2014 Foto: - * circa 14mila docenti sono stati assunti lo scorso settembre Fonte: Il piano «La Buona scuola» del Governo 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 17 (diffusione:334076, tiratura:405061) In viaggio nell'Italia capace di rilanciarsi Alberto Orioli Cominciamo oggi un viaggio nelle capitali della manifattura alla ricerca della mappa di un'Italia disegnata sulle dorsali della competitività. Dell'orgoglio di chi guarda al mondo come proprio orizzonte di mercato e culturale; di chi investe, innova. Magari senza clamori, lontano dal rumore di fondo della politica sorda e dalle risse ideologiche troppo spesso slegate dalla realtà. L'Italia resta la quarta manifattura d'Europa , sta cambiando la sua fisionomia in un settore strategico come l'acciaio; sta cambiando il volto della produzioni della chimica e della petrolchimica grazie a una decisa conversione verso produzioni eco sostenibili e di nuova generazione. Mantiene posizioni competitive nella cantieristica, nell'auto, dove ha trovato nuova vita, nelle produzioni di cavi, solo per citare alcuni esempi. Troppo spesso si sottovaluta che l'Italia ha comunque migliorato la sua performance quanto a numero di brevetti europei; cerca sbocchi tra mille difficoltà per un nuovo dialogo tra l'impresa, soprattutto se piccola e media, e il mondo della ricerca e dell'accademia. Che l'Italia sia un player globale e viva - in questi anni di recessione durissima - di export è cosa nota e celebrata. Ma non si ricorderà mai abbastanza che sono italiani oltre un terzo dei prodotti che vengono considerati nel podio delle classifiche mondiali dell'export. La mappa dell'Italia delle grandi città produttive segna anche il cambio di pelle e di vocazioni di intere aree, un tempo distretto, oggi magari evolute in territorio diffuso e a rete. Segna anche un processo di concentrazione e di aggregazione che può anche ridurre il numero di unità produttive salvando (anzi aumentando) però l'occupazione. Come è accaduto ad esempio a Brescia, la città da cui parte il nostro tour, la patria della metallurgia che non cambia vocazione, ma la arricchisce e la converte verso la terziarizzazione. Nel giorno in cui l'azienda che porta il nome dell'imprenditore simbolo della Leonessa d'Italia (Lucchini) va in mani algerine partire da Brescia non significa raccontare un delcino. Anzi. Significa descrivere un presente più globale di quanto non sembri, con difficoltà certo, ma reattivo e combattivo come è nella natura degli imprenditori di quell'area. Che sanno bene cosa sia la delocalizzazione ma sanno anche quanto valga, dove serve, il reshoring, il ritorno in patria di produzioni che solo in patria possono essere fatte come vanno fatte. È dalla meccanica, nelle sue diverse declinazioni, da quella di base a quella sofisticata della robotica, che arriva il dramma della stagnazione della domanda interna compensata dalle brillanti performance sui difficili mercati esteri che non si sa quanto ancora potranno sostituire i consumi nostrani azzerati. Il viaggio del Sole 24 Ore ha lo scopo di segnare un cammino in una Italia nche non chiede aiuti o mance , ma regole e misure o fattori di contesto come la lotta alla burocrazia o una giustizia veloce, indispensabili per creare un Paese comparabile a quelli dei competitor. La maggiore o minore credibilità del proprio Paese è il primo vero "costo di produzione". © RIPRODUZIONE RISERVATA AlbertoOrioli SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 37 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'ANALISI 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 33 (diffusione:334076, tiratura:405061) «Non dico che il mercato ha fallito, ma ci sono criticità sottovalutate» C.G. La mia funzione è di dire: queste sono le condizioni, queste le opportunità, questi sono i prezzi, e se capite qualcosa, decidete Ex tesoriere del partito Radicale, ex consigliere politico del ministro per l'Innovazione e le tecnologie Lucio Stanca ed ex membro del cda di Finmeccanica, Paolo Vigevano è oggi amministratore delegato di Acquirente Unico Spa. Ci può spiegare la mission dell'Au? È cambiata nel tempo in funzione delle leggi istitutive e di come queste si sono applicate nella realtà. All'inizio doveva essere il soggetto che raccoglieva dagli utenti finali le risorse destinate agli investimenti del settore elettrico. Poi quell'impostazione è caduta ed è divenuto l'approvvigionatore per gli utenti non ancora passati al mercato libero. Questa funzione è proseguita nel tempo e ancora oggi Au rifornisce il segmento del cliente finale. Per dargli il tempo di scegliere e trovarsi un operatore sul mercato libero. Ma sono passati sette anni, non trova ci sia una contraddizione intrinseca nella mission? Dov'è la contraddizione? Svolgendo il vostro compito di acquisto e vendita di energia a tariffe contenute, state di fatto disincentivando gli utenti a passare al mercato libero. Una domanda: lei, per la sua abitazione a Roma, cosa ha scelto? È di maggior tutela o no? Certo che sono di maggior tutela! Perché dovrei cambiare? Ma se lei, persona chiaramente più informata di chiunque altra, sceglie la maggior tutela, vuol dire che quando si raggiunge il massimo di informazione possibile si conclude che non conviene passare al mercato. Che cosa c'entra? Un mercato si crea se c'è informazione corretta. La mia funzione è di dire: «Queste sono le condizioni, queste le opportunità, questi sono i prezzi, e se capite qualcosa, decidete». Questa è la mia funzione. Il mio scopo non è spostare la gente sul mercato libero. È assicurare una scelta corretta al cliente finale. Tra questi ci sono anch'io. In altre parole quella di favorire il passaggio al mercato è una mission impossible? No, non è vero. Ci sono offerte più basse delle nostre per determinati tipi contrattuali. Già lì c'è una competizione... chi ha fatto il trasferimento al mercato libero ha fatto una valutazione diversa da quella che posso fare io. Ma se lei e Francesco Sperandini, numero 3 al Gse - quindi due delle persone più informate d'Italia sul tema - avete scelto di rimanere nella maggior tutela, non vuol dire che la situazione attuale porta chi è informato a fare la scelta di rimanere tutelato? Io vivo solo, e ho un profilo di consumo abbastanza anomalo. Non so come viva Francesco Sperandini... Però comunque non c'è dubbio che da un rapporto dell'Autorità dell'agosto dell'anno scorso emergeva che in quel periodo le nostre offerte fossero più vantaggiose di quelle del mercato libero. E questa, sono d'accordo con lei, è veramente una contraddizione importante nell'evoluzione del mercato elettrico. Ma il difetto non è dell'impostazione italiana. Sono difficoltà del mercato... Un mercato non ha necessariamente successo. Un mercato può anche fallire. Quindi lei sta dicendo che nel settore domestico il mercato non è la soluzione migliore? Io non posso dire che il mercato sia fallito, perché molte persone sono passate al mercato libero, però ha delle criticità che sono state sottovalutate all'inizio. © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 38 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA Paolo Vigevano Ad di Acquirente Unico Spa 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 33 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IMAGOECONOMICA Foto: Amministratore. Paolo Vigevano SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 39 27/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) Juncker: "Per la ripresa un piano da 315 miliardi" Padoan: ne vogliamo 40 ALBERTO D'ARGENIO Juncker: "Per la ripresa un piano da 315 miliardi" Padoan: ne vogliamo 40 SERVIZI ALLE PAGINE 10 E 11 STRASBURGO. Il piano Juncker da 315 miliardi per rilanciare l'economia convince i principali gruppi dell'Europarlamento, ma la battaglia sarà tra i governi che avranno l'ultima parola sul suo futuro. Ieri il presidente della Commissione ha presentato il nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici nell'emiciclo di Strasburgo. Con un capitale di 21 miliardi forniti da Bruxelles e dalla Bei, conta di raccogliere almeno 315 miliardi di investimenti privati e pubblici nei prossimi tre anni per finanziare centinaia di progetti europei. Juncker assicura che, se il meccanismo avrà successo, potrà essere replicato nel periodo 20182020. «L'Europa volta pagina, c'è bisogno di investimenti e nessun Paese ce la fa da solo», afferma. Juncker torna a chiedere ai Paesi in surplus, come la Germania, di contribuire massicciamente al Fondo (la partecipazione dei governi è volontaria). E conferma che chi verserà soldi vedrà i propri capitali scomputati dal calcolo del deficit e debito. Un punto chiave per le capitali con problemi di bilancio, come Roma. D'altra parte è stato proprio Renzi, insieme a Hollande, a spingere Juncker a impegnarsi sul piano e a pressare per lo scorporo. Ma nonostante la conferma in aula dell'ex premier lussemburghese, la partita è tutta da giocare. Come dimostravano le parole di un suo stretto consigliere, che ieri spiegava come il meccanismo per sfilare gli investimenti dalle regole di Maastricht è stato annunciato, ma non ancora scritto. Lo sarà a gennaio e poi dovrà passare il vaglio dei governi. E c'è da scommettere che i rigoristi daranno battaglia. Ecco perché la reazione di Roma - che nell'iniziativa vede accolte diverse sue istanze storiche - al piano Juncker è positiva, ma senza esagerare. Renzi ieri sera al Tg1 parlava di «un primo passo, ma si deve fare di più: comunque l'Italia non sarà salvata dall'Europa, ma dagli italiani, come nel dopoguerra». Il ministro Padoan, a Strasburgo come presidente di turno dell'Ecofin, usa uguale definizione («un primo passo») ma ne riconosce l'utilità: «È necessario e possibile uno choc per crescita e lavoro, rilanciare gli investimenti è opportuno perché c'è un rischio stagnazione». Ma i nodi vengono al pettine, e lo stesso Padoan spiega che l'Italia «non ha ancora esaminato se verserà soldi al Fondo» (i nostri progetti potranno comunque essere finanziati). Già, perché prima bisogna capire «quale sarà l'impatto sui bilanci nazionali e quali saranno i criteri di ripartizione delle risorse». Nonostante i dubbi, anche sui 21 miliardi di partenza, per molti osservatori non sufficienti, Juncker viene applaudito dal Parlamento europeo, fatto non scontato. Appoggiano il suo piano i maggiori gruppi, ovvero popolari (Ppe), socialisti (Pse) e liberali (Alde). Ma un via libera arriva anche fuori dalla Grande coalizione di Strasburgo, come dal gruppo super conservatore (Ecr), vicino alla City di Londra e in parte dai Verdi. Nettamente contrari solo sinistra radicale (Gue), euroscettici (Efdd), grillini compresi, ed estrema destra. Ieri intanto l'ex presidente della Bce, Jean Claude Trichet, è intervenuto nel dibattito sulla possibilità annunciata da Draghi, e contrastata dalla Bundesbank, di comprare titoli di Stato per alzare l'inflazione e rilanciare l'economia: per Trichet «non ci sono impedimenti» perché Francoforte lo faccia. E qualche segnale di fiducia giunge dalla Confindustria secondo cui, se l'ultimo trimestre dell'anno farà segnare una variazione nulla, si costituirebbe una «buona base per la ripartenza» nel 2015. Foto: IL FONDO Jean Claude Juncker, presidente della Commissione europea ha presentato il Fondo per gli investimenti al Parlamento europeo presieduto da Martin Schulz SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 40 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'ECONOMIA 27/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 10 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Ma gli investimenti reali saranno molti meno" "BASI DEBOLI Basare un progetto così ambizioso sul meccanismo delle "leve" finanziarie mi sembra quasi disonesto EUGENIO OCCORSIO ROMA. «È totalmente irrealistico il rapporto di uno a quindici indicato come leverage. Nelle condizioni attuali questo ratio non può essere superiore, se va bene, a uno a cinque». Guntram Wolff, economista dell'università di Bonn, già consulente dell'Fmi e dal 2013 direttore del Bruegel Institute di Bruxelles, gela sul nascere qualsiasi eventuale entusiasmo sul piano Juncker. «Basare un progetto così ambizioso e di tale visibilità sul meccanismo delle "leve" finanziarie senza offrire a supporto alcuna certezza, mi sembra quasi disonesto. Diciamo la verità: è un esercizio da laboratorio, tutt'al più un'ipotesi di lavoro». Perché escludere che i privati si inseriscano nell'iniziativa con i loro capitali, la famosa "leva", e inneschino un circuito virtuoso di investimenti? «Sarei il primo a esserne felice perché sono convinto che l'Europa abbia bisogno di una politica di espansione. Ma nelle condizioni attuali è difficile che i privati si gettino in massa nella costruzione di infrastrutture che dovrebbero sostenere un'economia stagnante, a fronte di garanzie così indefinite e comunque insufficienti. C'è il pericolo di costruire autostrade dove nessuno passa, e allora chi ripaga l'impegno? Nei periodi di crescita gli investimenti arrivano ugualmente, in recessione sono difficili qualsiasi sia il progetto di appoggio chiamato a sostenerli. E qui il progetto è debolissimo. Non basta garantire contro la "first loss" come dice Juncker, perché oltre alla prima perdita rischia di esserci la seconda, e la terza...» Però se smantelliamo il principio della "leva" abbiamo finito di parlare: su di esso, cioè sull'adesione dei privati, si basa l'intero progetto. Vuol dire che non se ne farà niente? «Diciamo che si ridurranno i costi di alcuni investimenti, e qualche sporadico caso di convenienza ci sarà. Però, come dicevo, al massimo si moltiplicherà per cinque la cifra sul tappeto, i 20 miliardi di contributo Ue. Fanno 100 miliardie non 300e più come si dice,e 100 miliardi sono pochi per battere una crisi come l'attuale. Senza contare che prevedo dissidi a non finire per l'attribuzione dei fondi visto che negli uffici della commissione sono arrivati progetti per mille miliardi e oltre. Ma c'è ancora un altro punto debole, anch'esso importantissimo: non è chiaro a quale livello avverrebbe lo "sgravio" dai calcoli del deficit e del debito: quando uno Stato contribuisce al fondo? Quando in virtù del fondo si avvia qualche progetto? Oppure solo quando si concedono le garanzie?» Se è per questo, a proposito del nuovo "veicolo" finanziario, appunto il fondo per gli interventi, non è stato neanche chiarito il termine di volontarietà per il contributo ad esso... «Già. E c'è un paradosso: gli Stati possono rinunciare a determinati fondi strutturali non ancora erogati, per "girarli" al nuovo fondo. Senza però la certezza che poi il fondo stesso investirà nel loro Paese. Chi oserà sfidare gli euroscettici aderendo a un'operazione così potenzialmente autolesionista?» Foto: ECONOMISTA Guntram Wolff è direttore del Bruegel, influente think-tank comunitario SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 41 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA/ GUNTRAM WOLFF, DIRETTORE DEL BRUEGEL INSTITUTE FRENA GLI ENTUSIASMI SUL PIANO 27/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 28 (diffusione:556325, tiratura:710716) La Germania dà credito all'Italia prestito di 500 mln alla Cassa Depositi "Aiuti le imprese" I fondi dall'istituto tedesco che è "gemello" del nostro Giù il muro della diffidenza LUCA PAGNI ROMA. Secondo i luoghi comuni, i tedeschi non si fiderebbero dell'Italia. E, soprattutto, sarebbero contrari al piano Bce di acquisto di titoli di Stato, perché vorrebbero che il nostro governo finanziasse la crescita con i tagli alla spesa pubblica. E non impegnando finanziariamente la Bce. La realtà dei fatti è più complessa. C'è anche una Germania che si fida, al punto da prestare soldi - e nemmeno pochi - al sistema Italia per sostenere le piccole e medie imprese. Prestiti che andranno a sostituirsi ai fondi che dovrebbero concedere le banche, le quali sono in difficoltà, anche a causa delle regole europee, nel sostenere il credito di lungo periodo. Il prestito tedesco all'Italia arriverà tramite un accordo sottoscritto tra la Cassa Depositi Prestiti e l'omologo istituto tedesco Kfw: saranno questi ultimi a girare alla Cdp una provvista di 500 milioni, di cui 300 destinati, attraverso il sistema bancario, al finanziamento delle Pmi, mentre altri 200 milioni serviranno per progetti infrastrutturali ad alta efficienza energetica. Il tutto agli stessi tassi che paga abitualmente la Cdp per finanziarsi sul mercato, attorno all'1 per cento. A prima vista può sembrare un accordo commerciale ma, in realtà, l'input è prettamente politico. Fa parte dei tentativi della Ue di sostenere la ripresa economica in un continente che ha smesso di crescere. E dove persino la locomotiva tedesca comincia ad arrancare. In un memorandum dell'ultima riunione dell'Ecofin che si è tenuta a Milano, si invitano le "National promotional bank" a una maggior collaborazione con la Bei e tra di loro per aumentare il plafond da destinare alla crescita. Per il momento lo possono fare solo Germania, Francia, Spagna e Polonia, gli unici Stati membri assieme all'Italia a poter disporre di istituti simili alla Cassa Depositi. «Abbiamo dimostrato che non attiriamo capitali e finanziamenti solo dalla Cina e dai Paesi del Golfo arabo», ha detto il presidente Franco Bassanini. La differenza è che cinesi e arabi investono nelle nostre aziende e i tedeschi, per il momento, ci prestano i soldi. E grazie alle pressioni europee. Foto: PRESIDENTE Franco Bassanini è alla giuda della Cassa Depositi e Prestiti SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 42 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PUNTO 27/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 41 (diffusione:556325, tiratura:710716) Mariana Mazzucato: "Solo riducendo le disuguaglianze ci può essere vera crescita" Parla l'economista, docente all'università del Sussex, che sabato dialogherà con Ezio Mauro. "I dati sulla povertà sono allarmanti Bisogna investire risorse e energia su alimentazione e stili di vita" GIULIO AZZOLINI «UNA vera strategia di innovazione richiede di investire non solo sui settoria profitto immediato, ma anche sugli stili di vita. Per questo oggi riflettere sull'industria del cibo è fondamentale». Parola di Mariana Mazzucato, docente di Economia dell'innovazione all'Università del Sussex, autrice un anno fa del fortunatissimo Lo stato innovatore (Laterza)e protagonista, sabatoa Reggio Emilia, di un dialogo con Ezio Mauro. I dati diffusi da Oxfam due settimane fa confermano che la forbice tra ricchi a poveri continua a crescere. «Ma non basta lamentarsi, bisogna capire perché». Qual è la causa delle nuove disuguaglianze? «Per tante persone è stato difficile adattarsi agli enormi processi di innovazione e di globalizzazione degli ultimi decenni. Ma il punto cruciale è un altro. La disuguaglianza aumenta quando il settore privato non investe più né sul capitale umano né sulle aree ad alta produttività e, dall'altra parte, un settore pubblico senza coraggio si preoccupa soltanto di tagliare i servizi e di abbassare le tasse. Risultato: chi estrae valore viene premiato più di chi il valore lo crea davvero». Thomas Piketty chiede di aumentare le imposte sulle grandi ricchezze. Lei è d'accordo? «Piketty si concentra sulla tassa sulla ricchezza, ma secondo me è ancora più importante capire come dagli anni Settanta in poi molte tasse abbiano contribuito ad aumentare le disuguaglianze. Il capital gains tax , l'imposta sui profitti finanziari. Dal 1976 al 1981 fu abbassata dal 40 al 20 per cento: le lobbies la presentarono come uno stimolo per l'innovazione, invece ha comportato solo una gigantesca redistribuzione del reddito dal basso verso l'alto. Ma agire sulla leva fiscale non basta». Come si contrasta la disuguaglianza? «Ancorando l'azione dello Stato a una nuova teoria del valore e della crescita. Solo mettendo insieme gli insegnamenti di Keynes sulla domanda e quelli di Schumpeter sul rischio e sull'innovazione, sarà infatti possibile una "crescita inclusiva", che sia cioè accompagnata da una riduzione della disuguaglianza». Ma la crescita da quali fattori dipende? «Sul breve può anche basarsi sulla finanza e sul debito, ma sul lungo periodo dipende dalla qualità e dalla quantità di investimenti in innovazione. Se analizziamo i paesi cresciuti negli ultimi anni grazie all'innovazione, possiamo imparare almeno tre lezioni eterodosse rispetto alle teorie mainstream : che il tasso di investimenti pubblici è stato enorme, in particolare tramite finanziamenti diretti alle imprese; che lo Stato ha avuto il ruolo di creare il mercato, non semplicemente di aggiustarlo quando questo falliva; e che lo Stato non è necessariamente una macchina mangiasoldi, ma può agire come un buon imprenditore. Dovrà socializzare i rischi, sì, ma anche i ricavi». Questa ricetta potrebbe funzionare anche in Italia? «Perché no? Pensi al caso dell'Iri: fino a quando è rimasta indipendente dai partiti,è stata un enorme successo. Il discrimine nonè tra pubblicoe privato, ma tra un certo tipo di pubblico e un certo tipo di privato. Il problema principale dell'Italia non è lo Stato, che certo andrebbe reso più efficiente. Il problema vero è che da vent'anni non ci sono investimenti né privati né pubblici in tutti i settori chiave che aumentano la produttività e, di conseguenza, la crescita». Non pensa che la priorità sia "sbloccare" il paese? «L'idea che lo sviluppo italiano sia frenato solo dalla burocrazia e dalle tasse mi sembra folle. Il patent box appena introdotto nella legge di stabilità (la defiscalizzazione fino al 50 per cento per i prossimi 5 anni su redditi da brevettie altri beni immateriali, ndr ) non avrà alcun effetto sulla crescita. Il governo non può essere solo business friendly . Vanno bene gli 80 euro, ma per rilanciare la domanda il governo deve stare più attento a tutte le parti sociali e discutere con loro su come aumentare gli investimenti, privati e pubblici, in aree fondamentali quali la formazione del capitale umano, l'adattamento alle nuove tecnologie e la ricercae sviluppo. Altrimenti l'economia rimarrà ferma e la SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 43 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LA REPUBBLICA DELLE IDEE Intervista 27/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 41 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 44 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato disuguaglianza continuerà a crescere». Il 9 agosto, con una lettera pubblicata su Repubblica , lei scriveva a Renzi che «è indispensabile rendersi conto di dove sta il problema». Crede sia stato individuato? «No, ancora no». SABATO 29 NOVEMBRE 9.30 TEATRO ARIOSTO "Un giorno a Repubblica" Luca Fraioli con Guido Barendson, Paolo Cagnan, Giuseppe Casciaro, Antonio Mascolo 11.00 TEATRO ARIOSTO "Saluto alla città" Carlo De Benedetti, Carlo Petrini, Luca Vecchi, con Riccardo Luna A SEGUIRE "La macchina della conoscenza" Ezio Mauro 15.00 TEATRO ARIOSTO "Quando la cucina si fa arte" Massimo Bottura e Marino Niola, con Licia Granello 17.00 TEATRO ARIOSTO "Dà loro il nostro pane quotidiano" Enzo Bianchi e Carlo Petrini, con Simonetta Fiori 19.00 TEATRO ARIOSTO "Chi prende e chi dà, le nuove disuguaglianze" Ezio Mauro e Mariana Mazzucato, con Riccardo Luna 21.00 TEATRO ARIOSTO "Next - La Repubblica degli Innovatori" a cura di Riccardo Luna DOMENICA 30 NOVEMBRE 10.00 TEATRO ARIOSTO "Dalla terra alla tavola, la buona filiera" Pasquale Forte, Maurizio Martina, Giannola Nonino, Marco Pedroni, con Ettore Livini 12.00 TEATRO ARIOSTO "Cibo fuorilegge" Attilio Bolzoni, Luigi Ciotti, Stefano Rodotà 27/11/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 35 (diffusione:309253, tiratura:418328) LEGGE SBAGLIATA E LAVORO A RISCHIO PER NOI INGEGNERI MAURO ESPOSITO* Egregio Presidente Renzi, ci sono tre sentenze di primo grado del tribunale di Torino (una per altro già oggetto di appello) che rischiano di avere effetti dirompenti per le attività delle società di ingegneria che lavorano con soggetti privati. Il motivo? Quell'attività, secondo l'interpretazione dei giudici civili, è di fatto illegittima e i contratti di consulenza, progettazione, direzione lavori e altri servizi sono da considerarsi nulli. Per i giudici, di fatto, restano valide le regole fissate all'interno delle leggi razziali emanate da Benito Mussolini contro le società di professionisti. Mi chiamo Mauro Esposito e la mia società di ingegneria è la «prima vittima sul campo»: il divieto di svolgere attività per soggetti privati mi ha costretto a cedere una società di ingegneria in Oman con la perdita di 50 posti di lavoro e un fatturato di circa 12 milioni. Senza un intervento legislativo che, finalmente, applichi la liberalizzazione prevista dalla legge Bersani approvata nel 1997 ci sono altre 5999 società di ingegneria in pericolo e 250 mila persone che rischiano il posto di lavoro. Che cosa è successo? Tutto nasce dalla decisione di sollecitare il pagamento della mia attività di progettazione attraverso un decreto ingiuntivo. Le controparti hanno fatto ricorso e il tribunale civile ha dichiarato nullo il contratto sottoscritto. Faccio un passo indietro. La legge Bersani del 1997 in materia di attività di assistenza e consulenza, abrogando una vecchia legge di epoca fascista, permette alle società di ingegneria di svolgere questa attività prima vietate. Secondo le sentenze, però, in mancanza dei decreti attuativi l'efficacia dell'abrogazione non sarebbe manifesta. E queste società non avrebbero potuto lavorare (come invece fanno in pratica da anni) con soggetti privati, mentre sarebbe stato loro consentito farlo legittimamente solo con la committenza pubblica. Io credo che in questa interpretazione ci siano profili di incostituzionalità e anche di violazione delle norme comunitarie ma per la mia società questo ha significato il pignoramento delle proprietà, con il rischio di dover restituire quanto sino ad oggi incassato visto che la sentenza ha una retroattività di dieci anni. Se non ci sarà un intervento legislativo di correzione che abroghi quel divieto molti contratti con i privati, stipulati dalle migliaia di società di ingegneria e attualmente in corso di esecuzione, potrebbero essere dichiarati nulli per contrarietà a norme imperative. Nei mesi scorsi, grazie a servizi giornalistici pubblicati anche su La Stampa, il caso è arrivato in Parlamento ma gli emendamenti che sollecitavano un'interpretazione autentica della legge Bersani si sono scontrati con le pressioni di lobby potenti che vedono in questo divieto uno strumento per eliminare concorrenti nel settore privato. Se nulla verrà fatto in tempi brevi la mia società, una realtà della provincia di Torino, sarà costretta a chiudere lasciando a casa altri 30 tra dipendenti e collaboratori. Ma ci sono altre 5999 società di ingegneria che corrono questo rischio. Presidente Renzi, Lei sta cercando di fare miracoli per creare posti di lavoro, mentre molti al suo fianco, figli di un'altra epoca, giocano ancora con i vecchi sistemi corporativi ma questa vicenda mette a rischio molti più posti di lavoro di quelli che probabilmente, con tutto il suo impegno, lei potrà creare, quindi spero che un suo intervento possa aiutare la mia società i miei dipendenti e gli altri 250.000 lavoratori. *Titolare ME Studio Srl SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 45 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LETTERA APERTA AL PREMIER 27/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:104189, tiratura:173386) Boom dei Paperoni, l'Italia è il Paese dove la ricchezza è cresciuta di più durante la crisi Roberta Castellarin (Castellarin a pagina 3) L'Ultra Wealth Report 2014 di Wealth-X e Ubs fotografa la popolazione mondiale dei Paperoni definiti Ultra high net worth individual (Uhnw), quelli che hanno una ricchezza netta superiore ai 30 milioni di dollari, nel periodo luglio 2013-giugno 2014 prendendo in considerazioni aspetti quali composizione geografica, genere e fonti di ricchezza. I tre Paesi europei con la maggiore popolazione di milionari sono Germania (19.095 individui), Regno Unito (11.510) e Svizzera (6.635). Forte di una solida performance di mercato nonostante il calo del pil, in termini nominali, la popolazione dei super ricchi e la ricchezza italiane sono cresciute molto più velocemente rispetto sia alla media europea sia alla media globale. La produzione industriale ha mostrato alcuni segni di forza durante l'ultimo anno, ma i livelli di produzione complessivi sono lontani dai livelli precrisi. «L'Italia ha ancora un grande potenziale di crescita, a condizione che la facilità con cui si fa business nel paese sia supportata da un miglioramento del contesto socioeconomico e politico». Sebbene gli indicatori macroeconomici generali per l'Italia siano stati prevalentemente negativi, gli individui Ultra hanno accresciuto il proprio patrimonio, traendo profitto da settori specifici. La popolazione Uhnv in Italia ha costruito la maggior parte della propria ricchezza in mercati di nicchia come il tessile, l'abbigliamento e i beni di lusso, un'industria, quest'ultima, da cui oltre il 13% della popolazione Uhnv ha derivato la propria fortuna. Il manifatturiero e le costruzioni - altri due settori importanti per la popolazione milionaria italiana hanno mostrato un andamento promettente nel corso dell'anno, con il pmi del Paese che ha toccato i massimi nel mese di aprile 2014. Uno dei motivi principali per cui la popolazione dei supericchi italiana ha riportato una crescita così solida, tuttavia, è che la maggior parte di essi adotta modelli di business orientati all'internazionalità che guardano oltre il mercato interno, limitando così l'esposizione alle condizioni socioeconomiche e politiche volatili e talvolta precarie del Paese. La popolazione dei super affluent d'Italia possiede solo il 2,5% della ricchezza totale del Paese, la quota più bassa tra tutti gli Stati oggetto del report. L'ultimo coefficiente in Italia era inferiore allo 0,32, a significare che il Paese ha una distribuzione del reddito più equa rispetto alle economie vicine. Inoltre, molti individui affluent nati in Italia, o eredi di facoltose famiglie italiane, si sono trasferiti in Paesi vicini, come la Svizzera. D'altra parte vi è una predominanza di ricchezza ereditata della popolazione Uhnw in Italia. Solo il 41% della popolazione dei Paperoni italiani è interamente self-made. Di tutti i Paesi analizzati, solo la Germania ha una percentuale altrettanto bassa di individui che non provengono da famiglie super danarose. Secondo il report una nuova ondata di imprenditori sarà necessaria per aumentare la popolazione dei milionari del Paese e la sua ricchezza. Ma c'è speranza: la nuova generazione di individui affluent italiani è costituita da imprenditori. Dei soggetti che hanno ereditato ricchezza, più della metà ha accresciuto ulteriormente tale ricchezza con le proprie forze. (riproduzione riservata) CRESCE IL NUMERO DEI SUPER MILIONARI ITALIANI Quanti sono gli individui che hanno una ricchezza netta superiore ai 30 milioni di dollari (Uhnw) Fonte: Ultra Wealth Report 2014 di Wealth-X e Ubs EUROPA ITALIA 61.820 2295 8.355 270 58.065 2075 7.675 235 8,9% 14,9% 6,5% 10,6% Individui con ricchezza netta superiore ai 30 mln di $ Ricchezza totale Uhnw in mld di dollari Individui con ricchezza netta superiore ai 30 mln di $ Ricchezza totale Uhnw in mld di dollari Variazione ricchezza in % Variazione numerica in % 2014 2013 2014/2013 Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/ubs SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 46 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato REPORT UBS 27/11/2014 Panorama - N.49 - 3 dicembre 2014 Pag. 60 (diffusione:446553, tiratura:561533) CARO STATO ABBASSAMI LE TASSE E INCASSERAI DI PIU' Fabrizio Castoldi è un imprenditore che produce trattori. Dopo aver scoperto che i concorrenti cinesi pagano il 25 per cento di imposte mentre le aziende come la sua versano addirittura l'85 per cento, ha voluto fare un esperimento. Dimostrando che se il fisco gli chiedesse il 30 per cento, alla fine ci guadagnerebbero tutti. Guido Fontanelli - foto di Alberto Bernasconi Alla fine ti guarda con un sorriso mesto: «Ora lo capisce perché otto imprese su dieci chiudono i battenti? E perché in tante vanno a produrre fuori dall'Italia? Così non ce la possiamo fare». Vede nero Fabrizio Castoldi. Nero come la copertina dello studio che ha condotto sull'industria metalmeccanica italiana e che gli ha permesso di scoprire due sconvolgenti verità, una di interesse generale e una che lo tocca un po' più da vicino, cioè quanto paga davvero la sua azienda: la prima verità è che la tassazione sulle imprese manifatturiere arriva tranquillamente al 90 per cento dell'utile, senza considerare gli oneri sociali; la seconda è che la sua società, la Bcs di Abbiategrasso (Milano), ha subito negli ultimi 5 anni una pressione fiscale media dell'85 per cento. Già, perché spesso neppure l'imprenditore sa esattamente quanto paga di imposte, data la complicazione del sistema fiscale italiano. Ma l'indagine di Castoldi non si è fermata qui: ha sbugiardato le classifiche internazionali secondo le quali la tassazione sulle imprese italiane sarebbe pari al 31,4 per cento. E ha dimostrato, usando come laboratorio la propria azienda, che se riducesse la pressione fiscale lo Stato, invece di perderci, ci guadagnerebbe. E dire che tutto è incominciato dalla Cina. Fabrizio Castoldi, 70 anni, guida il gruppo Bcs, una società da oltre 100 milioni di fatturato e 700 dipendenti che produce macchine agricole come trattori e motofalciatrici con tre impianti in Lombardia ed Emilia, e filiali in Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Cina e India. Come molti imprenditori partecipa alle attività confindustriali e un paio di anni fa propose all'Assolombarda di creare un gruppo di lavoro per studiare l'impatto delle economie asiatiche, e in particolare di quella cinese, sul settore metalmeccanico, uno dei più importanti dell'economia lombarda e nazionale. «Scoprimmo, tra le altre cose, che in Cina le aziende meccaniche pagano in tasse un'aliquota unica del 25 per cento» racconta Castoldi. «Aliquota che scende al 15 per cento se l'impresa reinveste almeno il 30 per cento degli utili in ricerca e sviluppo». Raccolti questi dati, per proseguire lo studio e capire quali svantaggi hanno le società come la Bcs rispetto ai concorrenti asiatici, Castoldi vuole sapere quanto pagano le aziende italiane in tasse. Ed è grande il suo stupore quando neppure in Assolombarda gli sanno dare una risposta precisa: «Non si sa, dipende da tanti fattori, la tassazione è molto variabile...» gli dicono allargando le braccia. L'imprenditore chiede allora all'Assolombarda di esaminare i bilanci di una dozzina di imprese manifatturiere meccaniche, compresa la Bcs. Il risultato, rielaborato dal gruppo di lavoro di Castoldi, lo fa saltare sulla sedia: la pressione media su questo campione è pari al 71,9 per cento! Ma questa percentuale non comprende l'Ici, che nel campione pesa per l'8 per cento del reddito aziendale. Quindi la pressione fiscale totale sale addirittura all'80 per cento. Senza contare gli oneri sociali. E siamo nel 2011, non è ancora arrivata l'Imu che rispetto all'Ici raddoppia. A questo punto Castoldi, con il piglio dell'imprenditore pragmatico, si appassiona e vuole vederci chiaro. «Mi viene in aiuto un'indagine effettuata da Assolombarda, Prometeiae Università Bocconi su un campione ben più ampio, 5.989 imprese di vari settori sparse tra Milano, Lodi e Monza». Il risultato non fa che confermare la grande dispersione del carico fiscale in Italia, come facevano sospettare le risposte vaghe ricevute all'inizio dall'imprenditore: dall'indagine su dati 2011 emerge infatti che circa un quarto delle aziende ha una pressione fiscale inferiore al 40 per cento; il 27,7 per cento del campione paga tra il 40 e il 60 per cento di tasse; il restante 46 per cento supera il 60 per cento. «Semplificando» sostiene Castoldi «si può dire che metà delle imprese italiane ha una pressione fiscale media intorno al 35 per cento, l'altra metà una pressione fiscale intorno all'85 per cento, senza considerare l'Imu». Ma perché questi dati non coincidono con l'aliquota dell'80 per cento sul reddito sopportato da quella dozzina di imprese metalmeccaniche del primo campione? E perché ci sono i due gruppi con pressioni fiscali tanto diverse nel secondo campione? «La risposta è semplice: le tasse che colpiscono le aziende» spiega SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 47 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato copertina 27/11/2014 Panorama - N.49 - 3 dicembre 2014 Pag. 60 (diffusione:446553, tiratura:561533) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 48 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Castoldi «cioè l'Ires (imposta sul reddito delle società), l'Irap (imposta regionale sulle attività produttive) e l'Imu (imposta municipale unica), non sono calcolate solo sul reddito ma pure sui capannoni, sui macchinari, sui lavoratori, anche se con la Legge di stabilità finalmente la componente lavoro viene azzerata. L'effetto quindi è questo: le aziende che non producono e non hanno grandi immobili e si limitano a offrire servizi o a commercializzare appartengono a quel gruppo che paga il 35 per cento di tasse. Se invece la società ha impianti e quindi terreni e capannoni, arriva a pagare l'85 per cento. Il paradosso è che se il reddito di quest'ultima impresa scende, ma ha un costo del lavoro alto, la pressione fiscale diventa più pesante. Insomma, il nostro sistema fiscale penalizza gravemente le aziende che producono in Italia. Un'impresa con una pressione fiscale media dell'85 per cento non può sopravviverea meno che non sposti all'estero la produzione e mantenga qui solo le attività di direzione, ricerca, commercializzazione». Eppure in studi internazionali come quello realizzato dalla Kpmg il «corporate tax rate» dell'Italia è indicato al 31,4 per cento, più basso di quello americano e francese e in linea con quello tedesco: come mai? L'imprenditore di Abbiategrasso prende un foglietto elaborato dal suo ufficio contabilità e mostra un paio di numeri: «Vede, se io sommo l'Ires al 27,5 per cento e l'Irap al 3,9 ottengo proprio il 31,4 per cento. Peccato che mentre negli altri paesi questo tipo di tasse si applica sul Rai, il reddito ante imposte, in Italia l'imponibile comprende anche il costo del denaro, il costo del lavoro (almeno fino a ora), i costi auto, accantonamenti vari e perfino l'Imu. Così la pressione fiscale reale è molto più alta. E poi» aggiunge con un sorrisetto «lo sa qual è la fonte di queste classifiche internazionali? L'Agenzia delle entrate. E ho detto tutto». Dipinto il quadro, Castoldi ha cercato anche di trovare una soluzione. E secondo lui l'unica via d'uscita è una tassa più bassa, uguale per tutti: «Fissiamola pure al 50 per cento del reddito imponibile, sia per chi produce sia per chi si limita a commercializzare. Si eviterebbe così di spingere gli imprenditori a delocalizzare la produzione. Naturalmente il 50 per cento dovrebbe essere solo l'inizio perché la tassazione dovrebbe rapidamente portarsi al 30 uniformandosi alla media europea». Il presidente della Bcs non si limita a dirlo, ma lo ha fatto: nel senso che ha condotto una simulazione sull'arco di 8 anni provando ad applicare un'aliquota del 30 per cento sul reddito della sua azienda ottenendo questo risultato: meno tasse pagate, quindi più investimenti in ricerca e sviluppo da cui la messa in produzione di tre nuovi modelli con conseguente assunzione di circa 60 operai. Grazie all'aumento degli occupati e del fatturato (circa il 12 per cento) lo Stato alla fine guadagnerebbe di più. Infatti con l'aliquota al 70,7 per cento (media degli 8 anni presi in esame) la società ha pagato tasse per un valore annuo di 2.231.000 euro, mentre con l'aliquota del 30 per cento su più ricavi e più produzione, avrebbe pagato tasse per 2.206.000 euro, più le imposte generate dall'incremento dei posti di lavoro pari a 250 mila euro, più il risparmio effettuato dallo Stato sulla cassa integrazione pari a 750 mila euro per un valore totale quindi di 3,2 milioni. «In conclusione: lo Stato anziché incassare 2,23 milioni annui rovinando le imprese avrebbe incassato 1 milione di euro in più favorendo l'espansione delle aziende e creando nuovi posti di lavoro». Matteo Renzi, facci un pensiero! © riprodUzione riservata prova sul campo: come sale il gettito con aliquote più basse Il caso concreto della Bcs di Fabrizio Castoldi (100 milioni di fatturato, produce macchine agricole): negli ultimi 8 anni ha pagato in media più del 70% di tasse. Con un'aliquota del 30%, sostiene l'imprenditore, la sua azienda aumenterebbe il fatturato del 12% e assumerebbe 60 operai con questo risultato per lo Stato. Con un'aliquota del 70% lo Stato incassa dall'azienda 2.231.000 euro invece Con un'aliquota del 30% lo Stato incasserebbe 3.206.000 euro: 2.206.000 euro di tasse dall'azienda + 250.000 euro dai nuovi assunti + 750.000 euro di risparmio sulla cassa integrazione Quanto pagano le imprese in tasse Pressione fiscale Percentuale aziende 27,7% 24,1% 20,1% 16,7% 2,2% 27/11/2014 Panorama - N.49 - 3 dicembre 2014 Pag. 60 (diffusione:446553, tiratura:561533) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 27/11/2014 49 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 0-20% 20-40% 40-60% 60-80% 80-100% più del 100% Fonte: Indagine Assolombarda-Bocconi su 5.989 imprese lombarde «tante aziende meccaniche se ne vanno perché il sistema punisce chi produce in italia» Castoldi nel suo ufficio. Uno studio dell'Icom (Istituto per la competitività) indica il carico fiscale come uno degli ostacoli agli investimenti esteri. Mentre l'Osservatorio sull'attrattività del Paese realizzato dall'Aibe vede l'Italia perdere posizioni. E quanto pagano all'estero Corporate tax rate in alcuni paesi Stati Uniti 40 % Francia 33,3 % Spagna 30 % Germania 29,6 % Cina 25 % Olanda 25 % Svezia 22 % Regno Unito 21 % Polonia 19 % Svizzera 17,9 % Fonte: Kpmg, anno 2014 Sei favorevole a introdurre la «flat tax» in Italia? Di' la tua sulla pagina Facebook di Panorama. Foto: Fabrizio Castoldi, 70 anni, titolare della Bcs di Abbiategrasso: 700 dipendenti. SCENARIO PMI 8 articoli 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 16 (diffusione:334076, tiratura:405061) L'Aib prevede un incremento del 2,7% della produzione a fine anno e l'export torna a correre Matteo Meneghello GLI INVESTIMENTI Nel 2013 dalle aziende oltre 500 milioni in macchinari e tecnologie Da qui al 2020 saranno 2,8 miliardi complessivi Iniziamo oggi una inchiesta sulle "capitali della manifattura" in Italia. Un viaggio nel cuore dei territori per capire come le imprese hanno reagito a questi anni della lunga crisi. Gli scenari stanno cambiando. Le difficoltà e i problemi non mancano, soprattutto sul fronte del mercato interno. Al di là delle cifre e dei dati, che in alcuni casi fanno ben sperare su una imminente ripresa, ci sono i "numeri" delle aziende che contano: innovazione, capacità imprenditoriale, tenacia, orgoglio e senso di appartenza, capacità di fare squadra (anche nelle filiere). È il miglior made in Italy, da valorizzare e sostenere. Certo non con inutili trionfalismi. Basta raccontare quello che accade: per scoprire un Paese che, nelle imprese migliori, ha risorse di vitalità e di eccellenze invidiabili in tutto il mondo; e per rendersi conto, una volta di più, che la politica, se vuole essere davvero servizio al bene comune, non può non adoperarsi perché l'economia dei territori possa trovare favorevoli condizioni di sviluppo . (F.Ant.) © RIPRODUZIONE RISERVATA BRESCIA La ripresa, a lungo invocata, ora potrebbe essere dietro l'angolo: a fine anno, nonostante la frenata di ottobre, Brescia dovrebbe chiudere con un incremento del 2,7% della produzione industriale. Dopo avere toccato il punto più basso nel terzo trimestre dell'anno scorso, il trend congiunturale ha ripreso a crescere. Nessuno, però, tra gli imprenditori, ha voglia di festeggiare. In sette anni Brescia (e il suo territorio) è cambiata profondamente. Chi ha potuto si è internazionalizzato non solo vendendo all'estero (+3,9% l'export nei primi sei mesi, con un volume di oltre 7 miliardi), ma anche inseguendo clienti e commesse nel mondo, creando nuove unità produttive fuori dai confini nazionali. Chi non ce l'ha fatta, però, ha dovuto arrendersi: lo testimoniano non solo le oltre 3mila aziende manifatturiere perse (su un totale di 20mila, quasi il 15%), ma anche il depauperamento di intere filiere, come quelle del tessile di base, della gomma-plastica, della calzetteria, dell'edilizia. Dal 2007 al 2013 si sono persi, nella sola industria, 30mila posti di lavoro. La reazione, però, c'è stata. Brescia è ancora una capitale dell'impresa, anzi, come ribadiscono con orgoglio molti imprenditori del posto, Brescia è «la» capitale dell'impresa, e si candida a questo ruolo con la forza dei numeri (110 miliardi di fatturato, il 2,7% del pil nazionale e 587mila lavoratori, di cui 209mila nell'industria) riconosciuta poche settimane fa anche dal presidente del Consiglio Matteo Renzi nell'ultima, partecipatissima, assemblea dell'Aib (l'Associazione industriale bresciana), ospitata, non a caso dentro una fabbrica della città, quella della Palazzoli spa. «In questi anni - spiega Paolo Streparava, vicepresidente di Aib con delega all'Economia e al centro studi non siamo rimasti con le mani in mano. Abbiamo messo i soldi nelle nostre imprese e abbiamo cercato di cogliere tutte le opportunità di crescita». I dati di un recente studio commissionato da Aib confermano la patrimonializzazione dei novanta principali gruppi industriali bresciani: nel 2013 i mezzi propri hanno registrato un incremento del 4,7% sull'anno precedente. Una scelta trainata non solo dalle opportunità della Legge di stabilità, ma anche, secondo quanto sostengono gli imprenditori, dalla crescita degli utili d'esercizio SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 27/11/2014 51 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La «Leonessa d'Italia» rivede la crescita 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 16 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 27/11/2014 52 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato nel 2013. Dell'evoluzione del patrimonio beneficiano però solo determinati settori, come l'alimentare, l'elettromeccanica e la meccanica. Altre filiere, come quella del Sistema Moda, flettono pesantemente. «Ci sono business che qui non hanno più casa - spiega Streparava -. La calzetteria, per esempio, ha pagato la difficoltà di competere con i costi dei mercati emergenti». In compenso, in questi anni Brescia ha dimostrato di non essere ancorata solo ai tradizionali modelli labour intensive. Ha sviluppato idee e nuove iniziative nella sensoristica, nella meccatronica, nell'elettromeccanica di precisione. O nel biomedicale. Emblematici, da questo punto di vista, i case history di Invatec - azienda attiva nella produzione di stent (tubicini in gomma da pochi millimetri utilizzati in cardiologia), protagonista di una crescita esplosiva in pochi anni e poi ceduta alla multinazionale americana Medtronic - e di Copan, realtà leader nella diagnostica (provette e tamponi per esami microbiologici), fortemente internazionalizzata, il cui fondatore, Daniele Triva, è scomparso tragicamente proprio quest'estate. Anche i settori «core», però, hanno saputo innovare in questi anni. Andare all'estero alla ricerca di nuove opportunità di business (e non per inseguire la spirale al ribasso dei costi dei fattori competitivi) è stata la chiave di volta del successo di molte filiere (è il caso dell'automotive) in possesso di sufficienti barriere all'ingresso rispetto alla concorrenza. Queste realtà hanno saputo conservare una consistente redditività nonostante la crisi (nell'ultimo anno il margine operativo lordo delle imprese internazionalizzate è cresciuto del 7,8 %). Oggi il 58% dei ricavi dei primi sessanta gruppi bresciani è ormai generato all'estero. Tutto questo non è andato a scapito degli headquarters. Il sistema Brescia, anzi, ne ha beneficiato. L'anno scorso, secondo un calcolo del centro studi Aib, le aziende hanno investito a Brescia 500 milioni in nuovi macchinari e tecnologie. Gli investimenti complessivi, da qui al 2020, dovrebbero raggiungere la cifra di 2,8 miliardi. L'anno come detto, chiuderà in crescita, anche se «gli ultimi mesi - ammette Paolo Streparava - non sono stati confortanti, soprattutto a causa della frenata tedesca». © RIPRODUZIONE RISERVATA c La Parola Chiave Mol L'acronimo di margine operativo lordo (Mol) è un indicatore di redditività che evidenzia il reddito di un'azienda basato solo sulla sua gestione caratteristica, al lordo, quindi, di interessi (gestione finanziaria), tasse (gestione fiscale), deprezzamento di beni e ammortamenti. Nelle operazioni di fusione e acquisizione le valutazioni vengono fatte sul mol proprio per indicare il prezzo in relazione alla gestione caratteristica. Spesso si utilizza l'acronimo inglese ebitda (earnings before interest, taxes, depreciation and amortization) per indicare un parametro simile Il rating FORZA Export Anche negli anni di peggiore crisi, Brescia ha conservato una potenza di fuoco nell'export. Dopo la frenata del 2009 (-35%) il commercio estero è ripreso a crescere a tassi costanti e il 2014 si avvia alla conclusione con un pieno recupero dei volumi persi quattro anni fa, con 7,112 miliardi di euro di controvalore all'estero nei primi sei mesi dell'anno (7,5 nella prima parte del 2008) DEBOLEZZA Dimensione aziendale Il fattore dimensionale resta una forte gap per le realtà imprenditoriali bresciane, costrette a competere all'estero con gruppi di dimensioni tre o quattro volte maggiori. La strada inevitabile per risolvere questa debolezza è l'aggregazione, ma lo spiccato individualismo delle pmi ha fino ad oggi frenato questo processo 27/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 15.20 (diffusione:334076, tiratura:405061) Il progetto «Fabbrica 4.0» al via L'obiettivo: maggiore competitività e accesso ai fondi europei Katy Mandurino Il comparto dei servizi innovativi e tecnologici - che in inglese si chiama Kibs (Knowledge intensive business services) - è composto in Italia da 800mila tra grandi, medie, piccole e micro imprese; dà lavoro a 2,1 milioni di addetti; registra fatturati attorno ai 255 miliardi di euro complessivi; genera 110 miliardi di valore aggiunto, circa l'8% del Pil nazionale (dati di inizio 2014). Sono i numeri di una realtà trasversale - comprende aziende dell'Ict (software, cloud, outsourcing), dei servizi di progettazione e impiantistica, studi di ingegneria e consulenza, di comunicazione e marketing, società di servizi finanziari e per il credito, imprese della cultura, del gioco e intrattenimento e della formazione - che conta molto più di quanto si immagini e che, nel contesto di timida ripresa in atto nel Paese, può giocare un ruolo di primaria importanza per uscire dalla palude della recessione. «Il nostro settore può trasformare la manifattura italiana nella "fabbrica 4.0", renderla cioè sempre più digitale, sempre più ibrida e quindi competitiva - dice il presidente di Confindustria Servizi Innovativi, Gianni Potti -. Oggi l'apporto dei servizi all'interno del manifatturiero è del 40% del valore aggiunto; questo valore può crescere e, arricchendo la catena di montaggio di prototipazione, robotica, sistemi cloud, sensori, eccetera, può trasformare la nostra industria in una leva produttiva moderna e digitale». Per raggiungere questo obiettivo e per creare una cultura d'impresa, «convinti che solo con l'integrazione di servizi e manifattura si esca più velocemente dalla crisi», è partito ieri da Ancona, provincia densamente manifatturiera, il road show "Fabbrica 4.0", un viaggio fra i territori - il 4 dicembre sarà a Napoli e il 5 a Brescia, per concludersi a Roma a gennaio - fortemente voluto da Confindustria Servizi Innovativi e tecnologici, proprio per promuovere il progetto di integrazione tra i due settori industriali. Progetto che, corroborato dagli esempi concreti presentati davanti a una platea di 200 imprenditori - da Nero Notte, che fa pigiami e camicie su misura in digitale, ad Assosoftware, che ha elaborato una piattaforma sulla fatturazione elettronica e lo scambio documentale tra aziende -, prevede il potenziamento di reti d'impresa e partnership, con la fattiva collaborazione di Confindustria Marche: «Ieri abbiamo perfezionato la creazione di due reti d'impresa nelle Marche - spiega Potti - una nel turismo e l'altra nell'ambito delle smart city». Ma prevede anche azioni comuni con l'obiettivo ambizioso di accompagnare il manifatturiero a generare il 20% del Pil entro il 2020 (dall'attuale 16%) e poter poi accedere alle opportunità europee di sostegno nell'ambito di Horizon 2020. Insomma, ancora una volta la parola d'ordine è «fare sistema», perché, come cita la ricerca presentata da Luca Beltrametti, docente di Economia all'università di Genova, «nel prossimo futuro tre fattori traineranno la crescita: l'outsourcing delle imprese che si focalizzano sempre più sul "core"; la tendenza a vendere sempre più servizi e soluzioni più che prodotti e beni; l'aumento dell'automazione». Tutte azioni nell'ambito dei servizi tecnologici. © RIPRODUZIONE RISERVATA 17% 14% 2001 2011 SPAGNA 20% 16% 2001 2011 ITALIA 15% 11% 2001 2011 FRANCIA 15% 11% 2001 2011 GRAN BRETAGNA 11% 10% 2001 2011 GRECIA 26% 24% 2001 2011 REPUBBLICA CECA 16% 18% 2001 2011 POLONIA 22% 23% 2001 2011 GERMANIA 20% 17% 2001 2011 SVEZIA 357 107 1.800 Francia 430 248 2.772 Italia 700 144 2.107 Polonia 207 32 862 Svezia 182 54 512 Regno Unito 432 328 3.619 17% 14% 2001 2011 SPAGNA 20% 16% 2001 2011 ITALIA 15% 11% 2001 2011 FRANCIA 15% 11% 2001 2011 GRAN BRETAGNA 11% 10% 2001 2011 GRECIA 26% 24% 2001 2011 REPUBBLICA CECA 16% 18% 2001 2011 POLONIA 22% 23% 2001 2011 GERMANIA 20% 17% 2001 2011 SVEZIA LA PERCENTUALE DI VALORE AGGIUNTO DELL'INDUSTRIA SUL PIL PER PAESE SERVIZI INNOVATIVI E TECNOLOGICI 2001 2011 Media europea: 15% Fonte: Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici - Ecorys 2012 Ue 27 SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 27/11/2014 53 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Strategie anti-crisi. Confindustria Servizi Innovativi lancia la sinergia tra i Kibs e il manifatturiero La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 54 SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 27/11/2014 Pag. 15.20 Il Sole 24 Ore 27/11/2014 (diffusione:334076, tiratura:405061) Foto: Così in Europa 27/11/2014 Il Giornale - Ed. nazionale Pag. 20 (diffusione:192677, tiratura:292798) Cdp alleata ai tedeschi di Kfw Intesa da 500 milioni per le Pmi . Bassanini: «Vicini all'Europa» Cassa depositi e prestiti e la sua omologa tedesca Kfw stringono un accordo importante per il finanziamento dell'economia italiana. Kfw fornirà alla Cassa una provvista di 500 milioni, di cui 300, che Cdp erogherà attraverso il sistema bancario, saranno destinati al finanziamento delle piccole e medie imprese italiane. I restanti 200 milioni saranno utilizzati da Cdp per finanziare direttamente la realizzazione di progetti infrastrutturali ad alta efficienza energetica. «Si tratta di un risultato del lavoro che Cdp sta da tempo svolgendo sul versante internazionale per attrarre in Italia investimenti e finanziamenti preziosi per il rilancio dell'economia, per la crescita delle Pmi, per lo sviluppo del sistema infrastrutturale del Paese, per la creazione di nuovi posti di lavoro», spiega il presidente Franco Bassanini. «Non attiriamo solo capitali e finanziamenti dalla Cina e dai Paesi arabi del Golfo, ma anche dai maggiori Paesi europei. Il totale degli accordi firmati quest'anno, tra equity e credito, supera così i 6 miliardi di euro». L'accordo, dice l'ad Giovanni Gorno Tempini, «è frutto della proficua collaborazione e dell'approfondimento del rapporto bilaterale tra la Cassa e Kfw» e «rientra nella politica di diversificazione della raccolta». Ma la Cassa chiude la porta a un eventuale dividendo straordinario post cessione di Cdp Reti ai suoi azionisti, Tesoro e Fondazioni bancarie. Così Gorno Tempini, interpellato sull'ipotesi di una cedola da distribuire dopo il closing, imminente, della vendita della quota di minoranza di Cdp Reti, che porterà ad un'iniezione di liquidità da quasi 4miliardi per la società di via Goito. «Abbiamo fatto investimenti importanti con il capitale di Cassa - spiega l'ad - tra gli ultimi i 10 miliardi allo Stato per l'acquisto di Sace Fintecna e Simest. Non siamo quotati e non possiamo ricapitalizzare e con una politica dei dividendi stabile è importante per noi ricostituire una base patrimoniale per fare crescere Cassa. L'operazione Cdp Reti è un tassello importante di questa strategia». Foto: Franco Bassanini SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 27/11/2014 55 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato FINANZIAMENTI 27/11/2014 Avvenire - Ed. nazionale Pag. 8 (diffusione:105812, tiratura:151233) Cassa depositi e prestiti e la sua "sorella" tedesca Kfw hanno sottoscritto un accordo da 500 milioni di euro finalizzato al sostegno delle Pmi italiane e alla realizzazione di infrastrutture nell'ambito dell'efficientamento energetico. In particolare, Kfw fornirà a Cdp una provvista di 500 milioni di euro, di cui 300 milioni di euro (che Cdp erogherà attraverso il sistema bancario) destinati al finanziamento delle piccole e medie imprese italiane. I restanti 200 milioni saranno utilizzati da Cdp per finanziare direttamente la realizzazione di progetti infrastrutturali ad alta efficienza energetica. «Si tratta di un risultato del lavoro che Cdp sta da tempo svolgendo sul versante internazionale per attrarre in Italia investimenti e finanziamenti preziosi per il rilancio dell'economia, per la crescita delle Pmi, per lo sviluppo del sistema infrastrutturale del Paese e la creazione di nuovi posti di lavoro», ha sottolineato Franco Bassanini, presidente di Cdp. SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 27/11/2014 56 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Cdp, intesa coi tedeschi di Kfw sui fondi alle Pmi 27/11/2014 ItaliaOggi Pag. 29 (diffusione:88538, tiratura:156000) Dalla KfW 500 mln per le pmi DI ESPEDITO AUSILIO KfW (Kreditanstalt fuer Wiederaufbau), la vecchia Banca della ricostruzione tedesca che amministrava i fondi del piano Marshall (oggi nota come KfW Bankengruppe), e Cassa depositi e prestiti (Cdp) hanno sottoscritto ieri un accordo da 500 mln di euro fi nalizzato al sostegno delle pmi italiane e alla realizzazione di infrastrutture per l'efficientamento energetico. KfW fornirà a Cdp una provvista di 500 mln di euro, di cui: • 300 mln di euro, che Cdp erogherà attraverso il sistema bancario, saranno destinati al fi nanziamento delle pmi italiane; • 200 mln saranno usati da Cdp per fi nanziare direttamente la realizzazione di progetti infrastrutturali ad alta effi cienza energetica. «Si tratta di un altro risultato del lavoro che Cdp sta da tempo svolgendo sul versante internazionale per attrarre in Italia investimenti e fi nanziamenti preziosi per il rilancio dell'economia, per la crescita delle pmi, per lo sviluppo del sistema infrastrutturale del P a e s e , per la creazion e d i n u o v i posti di lavoro», ha affermato Franco Bassanini, presidente di Cdp. «Come si vede, non attiriamo solo capitali e fi nanziamenti dalla Cina e dai Paesi arabi del Golfo, ma anche dai maggiori Paesi europei. Il totale degli accordi fi rmati quest'anno, tra equity e credito, supera così i 6 mld di euro». Mentre per l'ad di Cdp, Giovanni Gorno Tempini: «L'operazione rientra nella politica di diversifi cazione della raccolta, portata avanti da Cdp e riveste particolare rilevanza, in quanto consente di attrarre in Italia nuove risorse da un'importante investitore istituzionale estero come KfW, da mettere a disposizione delle pmi, e di progetti infrastrutturali volti garantire una maggiore effi cienza energetica». Infi ne, Ulrich Schröder, amministratore delegato di KfW sostiene che l'intesa «è un altro tassello dell'impegno e della cooperazione con le altre banche di sviluppo europee.E punta a dare una forte spinta alla creazione di nuovi posti di lavoro». Foto: Franco Bassanini SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 27/11/2014 57 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ASSE CON CDP 27/11/2014 ItaliaOggi Pag. 41 (diffusione:88538, tiratura:156000) La tedesca KfW e Cassa depositi e prestiti hanno sottoscritto un accordo da 500 milioni di euro per il sostegno delle pmi italiane e la realizzazione di infrastrutture nell'ambito dell'efficientamento energetico. KfW fornirà a Cdp 500 milioni di euro, di cui 300, che Cdp erogherà attraverso il sistema bancario, saranno destinati al fi nanziamento delle pmi; 200 saranno utilizzati da Cdp per finanziare direttamente la realizzazione di progetti infrastrutturali ad alta effi cienza energetica. «Si tratta di un altro risultato del lavoro che Cdp svolge da tempo sul versante internazionale, per attrarre in Italia investimenti e fi nanziamenti preziosi per il rilancio dell'economia, per la crescita delle pmi, per lo sviluppo del sistema infrastrutturale», ha affermato Franco Bassanini, presidente di Cdp. SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 27/11/2014 58 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Cdp-KfW per pmi 27/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 6 (diffusione:104189, tiratura:173386) Da Kfw 500 mln a Cassa Depositi A giorni è previsto un incontro tra i vertici di Bruxelles e le principali finanziarie di Stato europee, dove si discuterà del loro possibile contributo all'attuazione del piano Juncker Mauro Romano Cinquecento milioni di euro per finanziare piccole e medie imprese e infrastrutture per l'efficientamento energetico. Cassa Depositi e Prestiti ha presentato ieri nel dettaglio l'accordo siglato con la «cugina» tedesca Kfw. L'equivalente tedesco del gruppo guidato dal presidente Franco Bassanini e dall'ad Giovanni Gorno Tempini fornirà a Cdp una provvista di 300 milioni che attraverso il sistema bancario andranno a finanziare le pmi e altri 200 milioni che andranno invece ai progetti infrastrutturali. Le imprese, ha spiegato Gorno Tempini, andranno nel plafond della Cassa riservato alle pmi. Un prodotto, ha sottolineato, che anche negli ultimi mesi ha continuato a ottenere l'interesse delle banche, perché per liquidità, prezzi e scadenze temporali «rappresenta un canale alternativo di finanziamento». L'accordo con Kfw rientra nella politica di diversificazione della raccolta. «Dimostra che non veicoliamo soltanto capitali cinesi» è la battuta che si concede Bassanini, in riferimento all'accordo per l'acquisizione del 35% di Cdp Reti fatta con il colosso asiatico State Grid of China. Come ha sottolineato Gorno Tempini, l'intesa consente alla società di via Goito una raccolta a tassi definiti competitivi. «Riflette l'interesse dei tedeschi a prestare alla Cassa per il suo merito di credito». Dichiarazioni che vanno lette tenendo a mente che Kfw, come ammesso dall'ad Ulrich Schroder, si finanzia a dieci anni al tasso dello 0,8%. Il top manager tedesco colloca inoltre l'accordo nel solco del piano di investimenti presentato ieri dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. Intanto nei prossimi giorni, come rivelato da Bassanini, i rappresentati di cinque cosiddette National promotional institutions, ossia le Casse di Germania, Francia, Spagna e Polonia, che assieme a Cdp si incontreranno con i vertici di Bruxelles per discutere del loro possibile contributo alla realizzazione del piano. Lo scopo «è sottolineare il ruolo che possiamo svolgere come istituzioni che conoscono i territori locali, hanno esperienza per mettere a punto i piani di finanziamento delle infrastrutture e conoscono le pmi dei rispettivi Paesi». (riproduzione riservata) Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/cdp Foto: Giovanni Gorno Tempini SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 27/11/2014 59 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTESA CON IL GRUPPO TEDESCO ANDRÀ A SOSTENERE PMI E INFRASTRUTTURE ENERGETICHE 27/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 18 (diffusione:104189, tiratura:173386) Alla prova dei fatti il Golden Power del governo italiano è stato alquanto soft Massimiliano Fabrini* L'accordo siglato il 31 ottobre 2014 tra la Cassa Depositi e Prestiti e State Grid International Development Limited per la cessione del 35% di Cdp Reti (che, tra l'altro, detiene il 30% di Snam) al gruppo cinese e, agli inizi del 2014, l'acquisizione del 98,05% della Piaggio Aero Industries (impresa italiana leader nel settore della difesa e sicurezza, si pensi al velivolo P180 e il velivolo a pilotaggio remoto P. 1 HH) da parte della Mubadala Aerospace hanno dato la possibilità di verificare sul campo la reale efficacia delle nuova disciplina dei poteri d'intervento dello Stato in caso di operazioni straordinarie riguardanti imprese operanti nei settori strategici della difesa e della sicurezza nazionale, nonché delle comunicazioni, energia e trasporti. La disciplina di tale delicato segmento è stato rivista organicamente con il combinato disposto dal decreto legge 15 marzo 2012, e i successivi decreti presidenziali nn. 85 e 86 del 25 marzo 2014. La nuova normativa, sostitutiva della precedente, che tanti problemi aveva dato all'Italia in sede comunitaria (è utile tuttavia ricordare che in ambito comunitario hanno subito rilievi in proposito anche Germania, Francia, Regno Unito, Portogallo, Belgio e Spagna), è assimilabile alla Golden Share e Action Spécifique previste rispettivamente nell'ordinamento inglese e francese e si sostanzia - con riferimento all'acquisto di partecipazioni in imprese strategiche di cui qui si parla - nel potere riconosciuto al governo di: I) imporre specifiche condizioni all'acquisto di quote in tali imprese strategiche; II) porre il veto all'adozione di delibere assembleari e/o dell'organo amministrativo relative a operazioni societarie straordinarie o di particolare rilevanza; III) opporsi all'acquisto di tali quote. La procedura si attiva a seguito notifica alla presidenza del Consiglio dei ministri cui è obbligata la società che intenda acquisire una partecipazione in imprese strategiche, notifica nella quale sono indicate nel dettaglio tutte e informazioni e la documentazione relative al potenziale acquirente nonché una descrizione del progetto di acquisizione al fine di consentire al governo una valutazione circa la necessità di esercitare i poteri speciali. La normativa prevede anche che - in caso di mancata notifica al governo oppure, ad acquisizione avvenuta, di mancato rispetto delle condizioni imposte dal governo - siano comminate sanzioni di severità variabile a seconda della gravità della trasgressione; provvedimenti che vanno dalla sospensione del diritto di voto in assemblea, all'invalidità degli atti compiuti, sino alla applicazione di penali amministrative. Altra novità della nuova normativa è la cosiddetta reciprocità, ovvero in caso di acquisto di partecipazioni in imprese operanti in settori strategici da parte di soggetti extra comunitari, il governo italiano sarà tenuto a verificare anche che, nel Paese di nazionalità del soggetto acquirente, siano garantite pari condizioni di accesso ai settori strategici da parte di operatori italiani. Per completezza di esposizione è utile ricordare che, nell'ambito delle società nel perimetro del pubblico, al Golden Power si affiancano altri poteri quali la cosiddetta poison pill (pillola avvelenata, ideata negli Stati Uniti negli anni 80 dal famoso avvocato d'affari Martin Lipton, allo scopo di contrastare le innumerevoli scalate ostili intentate nei confronti di società US, come News Corp, e JC Penney), introdotta nell'ordinamento italiano con la legge 23 dicembre 2005, n. 266 che consente - in caso di offerta pubblica di acquisto ostile riguardante società partecipate e/o controllate dal pubblico - di deliberare un aumento di capitale, accrescendo la quota di partecipazione del pubblico e di conseguenza annacquare il tentativo di scalata non concordata. Venendo alla disamina delle operazioni Piaggio Aero Industries e Cdp Reti, occorre segnalare che il governo italiano ha ritenuto opportuno procedere in maniera diversa. Nel caso Piaggio Aero Industries, anche alla luce dell'accordo di cooperazione nel settore Difesa siglato in Dubai nel 2003 tra Italia ed Emirati Arabi Uniti e ratificato con legge 23 dicembre 2009 n. 204, l'esecutivo non ha ritenuto necessario esercitare il potere di opposizione (cioè di veto), ritenendo sufficiente avvalersi, nel caso, della facoltà di subordinare il completamento dell'operazione a specifiche condizioni che, in estrema sintesi, riguardano la tutela dei principi SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 27/11/2014 60 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato COMMENTI & ANALISI 27/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 18 (diffusione:104189, tiratura:173386) SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 27/11/2014 61 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato generali di sicurezza degli approvvigionamenti, delle informazioni e dei trasferimenti tecnologici. Nel più recente file Cdp Reti il governo - ad oggi - non ha ritenuto di attivare tout court i poteri speciali, probabilmente anche sulla base degli accordi-quadro siglati agli inizi dello scorso ottobre tra il premier italiano Matteo Renzi e quello cinese Li Keqiang che prevedono - tra l'altro - investimenti reciproci Italia-Cina ed incentivi alle collaborazioni tra piccole e medie imprese. (riproduzione riservata) *partner, studio legale Giambrone Law
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