religione a bassa intensità

IL CATTOLICESIMO ITALIANO AGLI INIZI DEL XXI SECOLO
COME ‘RELIGIONE A BASSA INTENSITÀ’
UNA TRASFORMAZIONE ANCORA IN CORSO
E NON ANCORA IRREVERSIBILE
Prof. Luca DIOTALLEVI
Alcune premesse
[I.3] È opportuno ricordare molto brevemente il
significato di quattro concetti impiegati nella
analisi dei cui risultati si sta per dar conto. Il
primo concetto è quello di ‘sacro’. Non se ne farà un grande uso, ma è importante dedicargli un
cenno per distinguerlo e con ciò anche dare
maggiore chiarezza al secondo concetto, quello
di ‘religione’. Con ‘sacro’ ci si riferisce ad una
potenza non solo indisponibile all’uomo, ma la
cui esperienza non ha i caratteri della ordinarietà e della prevedibilità. Con ‘religione’, invece,
ci si riferisce a tutte quelle realtà di tipo sociale
sviluppatesi ed elaborate nel tentativo, almeno
parziale, di regolare l’accesso al sacro. È essenzialmente attraverso processi di ‘differenziazione’, e siamo al terzo concetto, che il sociale diviene capace di maggiore complessità e che ciascuno dei suoi elementi aumenta in contingenza.
In realtà, è possibile osservare qualcosa come la
religione (ma lo stesso vale per la politica, la
famiglia, l’economia, la scienza e via di seguito)
solo perché il processo di differenziazione di
questa dal resto della società ha raggiunto un
certo grado. Il quarto concetto di cui è opportuno condividere la definizione utilizzata è quello
di ‘cattolicesimo’. Per la analisi sociale, è insensato ridurre il cattolicesimo ad una religione. (In
questa sede possiamo dare per scontato che altrettanto insensato sarebbe negare che il cattolicesimo abbia anche una dimensione religione.)
L’analista sociale, e probabilmente non solo lui,
trova una quantità enorme di tracce di cattolicesimo in ambiti diversi da quello religioso e, per
la verità, in società come la nostra questo si verifica in proporzione non necessariamente inversa al grado di differenziazione sociale del
contesto analizzato.
[I.5] Esaurite le premesse è ora possibile esporre il tentativo di corrispondere alla questione assegnata. Quale ruolo gioca il “popolo dei sacramenti” (quei praticanti regolari che non
partecipano anche ad attività pastorali) nel
quadro delle tensioni da cui in una direzione o
nell’altra prenderà forma il futuro prossimo del
cattolicesimo italiano?
1. Il rapporto tra società e religione in una
nuova fase della secolarizzazione
[1.7] In una società nella quale si è affermata
una radicalizzazione del primato della differenziazione funzionale, che tra l’altro ha messo in
crisi lo Stato (confessionale o laico che sia), la
religione assume forme nuove, sicuramente profondamente diverse rispetto a quelle dei due casi che sono stati richiamati. Essa deve fare i
conti con un nuovo assetto di differenziazione
sociale.
Alla religione si offre, contemporaneamente, lo
spazio di una specializzazione molto spinta e la
necessità di confrontarsi con una domanda che –
come riflesso di un più generale processo di radicalizzata individuazione – si è fatta molto più
esigente e selettiva. Per un attore della offerta
religiosa trarre il massimo vantaggio da una opportunità del genere significa per un verso ridurre le proprie pretese di influenza extrareligiosa e
per altro verso disporsi ad inseguire la domanda
religiosa molto più che in passato: ad es. il successo di un bene religioso dipende molto molto
dalla assenza di condizioni extrareligiose al
consumo di questo. Per altro verso, l’attore della
offerta religiosa ha ora la possibilità di aumentare di molto la propria autonomia rispetto a
quanto avveniva in regimi confessionali o laici,
e questo si verifica al costo della perdita di
spessore extrareligioso della religione.
[1.8] In questi termini, ancora molto generali,
questa forma religiosa ha ricevuto l’etichetta di
‘low intensity religion’ (religione a bassa intensità).
2. Il neocentralismo religioso e il processo in
corso di trasformazione del cattolicesimo italiano in una ‘religione a bassa intensità’
[2.4] Le politiche dei vertici della Catholic religious authority structure anche quando si riproponevano di sostenere, riformare e riprodurre il
cattolicesimo come ‘religione di chiesa’, hanno
ottenuto effetti scarsi e molto fragili, quando
non hanno attivamente contribuito alla assun-
zione da parte del cattolicesimo stesso di una
forma da religione a bassa intensità.
3. Il rapporto tra cattolicesimo e religione nella nuova fase della secolarizzazione
[3.8] Il cristianesimo soffre e non tollera una
sua riduzione a religione. Tale pressione sul cristianesimo non è nuova, ma dura da almeno
quattro o cinque secoli in particolare entro la
variante europeo-continentale (‘confessionale’ o
‘laica’) della modernizzazione. Oggi però, nella
fase di seria crisi di questa variante, giunta probabilmente al suo epilogo, quando cioè anche in
questo contesto sembra imporsi la forma della
religione ‘a bassa intensità’, la tensione tra religione e cristianesimo assume forme originali e
per qualche aspetto subisce una escalation.
Ciò che la analisi sociale può indicare è un paio
di campi i quali hanno più probabilità di altri di
fungere da teatro di battaglie che influiranno in
maniera decisiva sull’esito dello scontro in questione.
4. Il rapporto tra cattolicesimo e religione a
bassa intensità nel conflitto tra le interpretazioni del Vaticano II, e tra le interpretazioni
delle interpretazioni
5. Il “popolo dei sacramenti” tra cattolicesimo
e religione a bassa intensità
6. Un riepilogo ed un interrogativo
[6.1] Per riassumere, con le osservazioni appena
offerte alla discussione si voleva indicare una
possibile lettura della principale deriva socioreligiosa in atto nella società italiana (e non solo). La trasformazione del cattolicesimo in una
religione a bassa intensità procede in maniera
decisa. Questa trasformazione mette in crisi
aspetti cruciali del cattolicesimo e ciò si verifica
con elementi generali di continuità rispetto al
percorso di secolarizzazione conosciuto dall’Europa e con altri inediti. Per varie ragioni in
Italia i vertici della Catholic religious authority
structure hanno reagito alla tendenza in atto non
solo in modo non adeguato né efficace, ma per
alcuni versi anche contribuendo direttamente alla trasformazione del cattolicesimo in religione
a bassa intensità. Per la sociologia è impossibile
pronunciarsi sull’esito del processo in corso. Ci
si deve limitare a dire che in Italia la trasformazione del cattolicesimo in religione a bassa intensità è già piuttosto avanzato anche se tuttora
reversibile. Questa valutazione può essere integrata con la indicazione di alcuni dei principali
campi di battaglia sui quali si deciderà l’esito
della guerra. Tra questi vi è certamente quello
del conflitto tra interpretazioni concorrenti del
Vaticano II e delle sue interpretazioni, e quello
relativo alla conservazione o meno della cultura,
delle istituzioni e delle organizzazioni
dell’apostolato dei laici a partire da quella centrale e cruciale dell’Azione cattolica.
[6.2] Quali conclusioni si possono trarre? Senza
assolutamente sottovalutare il peso che il clero
inevitabilmente avrà nel determinare l’approdo
della vicenda in corso, in un senso o in quello
opposto, si può ragionevolmente ipotizzare che
per invertire la trasformazione in una religione a
bassa intensità è necessario che si affermi per
un certo periodo si affermi un cattolicesimo a
trazione non religiosa. Riconoscere che ce ne
sono le condizioni non equivale a dire che qualcosa del genere effettivamente si verificherà.
[6.3] Il discernimento condotto sulla situazione
della società italiana con una straordinaria partecipazione in vista della 46a Settimana Sociale
di Reggio Calabria (2010) e proseguito, tra mille difficoltà e ripetuti ostacoli opposti da settori
neoclericali, in vista della 47a Settimana di Torino (2013) ha dettagliatamente mostrato le ragioni dello speciale ed insostituibile ruolo che
hanno i cattolici italiani, in primis il laicato cattolico, in ordine alla crisi profondissima della
nostra comunità nazionale, e messo in luce una
possibile agenda di massima coerente con questa responsabilità.
Il fatto, rimesso ora alla comune revisione critica, che un discernimento dedicato alle condizioni presenti ed alla prospettiva della ecclesia
in Italia agli inizi del XXI secolo ed un discernimento dedicato alle condizioni presenti ed alla
prospettiva della civitas italiana in questa stessa
fase potrebbero convergere in misura non trascurabile sulle gravi responsabilità del laicato
cattolico di per sé non prova nulla, ma certamente esige una speciale attenzione spirituale e
civile.
Inoltre, per lo meno a chi abbia memoria
dell’insegnamento e della testimonianza di un
filone decisivo del cattolicesimo italiano, da
Rosmini e Manzoni a Montini e Bachelet (tacendo per pudore e prudenza di anni troppo vicini e dei giorni presenti), un risultato come
questo richiama la coscienza di quanto nella vicenda italiana la questione della riforma civile
sia intrecciata con quella della riforma ecclesiale e spirituale.