Di: Davide Calabrese e Lorenzo Scuda Costumi: Ivette Musiche: Lorenzo Scuda Regia: Giole Dix Interpreti: Gli Oblivion: Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda, Fabio Vagnarelli Quello di Oblivion Show è il primo caso in Italia di uno spettacolo teatrale lanciato dal passaparola su Internet. Oltre 250.000 visualizzazioni in tre mesi, 1.200 commenti su You Tube e migliaia di link su Facebook… Da quando Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda, Fabio Vagnarelli hanno messo in rete il loro I Promessi sposi in 10 minuti si è scatenato il finimondo: il popolo di internet, in massa, si interessa alla compagnia e… va a teatro. A Milano, la lungimiranza del Teatro Ciak e del Franco Parenti che hanno programmato lo spettacolo, è stata premiata da un mese di repliche (a giugno!) sempre esaurite. E i cinque si sono presi anche una rivincita su X-Factor, il talent show per il quale non avevano superato il provino: insegnanti e addetti di produzione, Mara Maionchi compresa, sono tutti comparsi in platea, ad applaudire! Lo spettacolo si avvale della fantasia dei cinque attori-cantanti che condividono una formazione comune alla Bernstein School of Musical di Bologna e la passione per il teatro: a coordinare la loro esuberanza è Gioele Dix, che mette a disposizione la propria inclinazione comica e l’esperienza assunta in un’ottima carriera teatrale. Assieme hanno costruito un susseguirsi ritmatissimo d’irresistibili montaggi di canzoni e irriverenti parodie, brani di cantautori italiani riarrangiati a colpi di cazzotti, “canzoni per non udenti” e infine la fenomenale riduzione del romanzo manzoniano. Punti di forza dello show sono il “sound” inconfondibile delle voci armonizzate e la costante vena parodistica. Non poteva essere diverso se – come ammettono gli artisti – i loro ispiratori sono il Quartetto Cetra e i Monty Python, Rodolfo De Angelis e Giorgio Gaber. Ogni ispirazione è buona per affinare la formula degli Oblivion, che dalle canzoni “prese a cazzotti” alle parodie, regalano serate divertenti e di qualità, come sottolinea il loro regista, Gioele Dix: «È un piacere dirigerli: sono tutti ottimi cantanti, solidi sul piano tecnico e musicalmente versatili. Il loro repertorio spazia dal classico al pop, passano con disinvoltura dal canto gregoriano al rap, sono melodici e jazz. Ed è proprio il gusto per la contaminazione, unito all’innata vocazione per il palcoscenico, a renderli speciali». Prima di tutto il ritmo e il senso del tempo... Ecco da dove sono partiti i cinque cantattori, bolognesi d'adozione, per costruire, sotto la divertita ma rigorosa guida di Gioele Dix, uno spettacolo che coinvolge il pubblico e lo travolge con la velocità delle gag, con l'arguzia delle citazioni e dei riferimenti musicali e letterari, con la sensazionale tecnica vocale e precisione scenica di una compagnia che è cresciuta a pane e musical. Il senso del tempo, non solo musicale, entra nella natura stessa di questo show, permettendo le esilaranti connessioni musicali degli Esercizi di Stile dove vengono creati per la prima volta legami tra il Papa e Zucchero Fornaciari, Eros Ramazzotti e i Tenores di Bitti, Marco Masini e il Quartetto Cetra... Il tempo è anche quello della velocità richiesta da Internet, ed ecco l'applauditissima sintesi dei Promessi Sposi in 10 minuti (oltre 900.000 visualizzazioni su You Tube...) un perfetto micro-musical dove Renzo, Lucia e tutti i personaggi manzoniani prendono vita sulle note dei Beatles, di Umberto Tozzi, Mina, Marco Masini, Modugno, Vecchioni e Morandi, Vasco Rossi e Ivan Graziani, Baglioni e Ornella Vanoni (per citarne solo alcuni). E non parliamo poi delle tragedie di Shakespeare riassunte in 8 minuti... in un surreale contesto da ˝Porta a Porta˝ che ci racconta molto di più sull'Italia di oggi di quanto non faccia sulla Danimarca di Amleto... Il tempo è infine quello dell'orologio della Stazione di Bologna, ˝...sempre fermo sulle 10 e 25...˝, un pezzo che strappa sempre un lungo applauso commosso, non solo dalle platee emiliane, a dimostrazione del fatto che il loro nome, Oblivion - il dimenticare - ha un significato quantomeno ironico... Il lavoro artistico degli Oblivion è anche questo: insegnare a non dimenticare. La recensione di Petra Motta : Sempre più bravi, sempre più Oblivion Chi ha avuto la fortuna di assistere al primo spettacolo degli Oblivion, nella stagione teatrale 2008-2009 al Teatro Franco Parenti, non può fare a meno di chiedersi: “Ma quanto sono diventati bravi?”. L’Oblivion show della scorsa stagione era già un piccolo capolavoro, ma l’omonimo spettacolo cui hanno potuto assistere ieri sera gli spettatori del Teatro Creberg di Bergamo ha mandato in delirio la platea. Sembra incredibile che, a pochi mesi di distanza, i cinque interpreti siano riusciti a perfezionarsi a tal punto e a realizzare – grazie anche alla sapiente regia di Gioele Dix – un evento che sarà difficile dimenticare. Gli ingredienti che hanno creato il fenomeno Oblivion in rete, e poi sui palcoscenici, c’erano tutti: musicalità, comicità, bravura canora, affiatamento, innovazione; ma una nuova energia, nuove movenze, nuove gag e battute, alcuni pezzi inediti e soprattutto una nuova padronanza dello spazio scenico hanno migliorato uno spettacolo ottimo, rendendolo insuperabile. Se nell’omaggio al Quartetto Cetra, in Buonasera risponditore, nella Stazione di Bologna, nella gag sulle ronde padane e nelle canzoni per non udenti, mimate dal bravissimo Davide Calabrese, siamo riusciti a ritrovare i vecchi Oblivion, il blob dedicato ai Nomadi e la Coppa di Testa, brano culto del quintetto ‘bolognese’, hanno ricevuto una nuova vita da tagli azzeccatissimi e dalla mimica perfetta degli interpreti; completamente nuova l’impostazione della Cazzottissima, in cui le canzoni, fatte ‘saltare’ da un dispettoso Calabrese che prende a pugni un giradischi, sono interpretate da un gruppetto di boy-scout; per non parlare dei “Promessi sposi in 10 minuti”, del tutto rinnovati nella recitazione e nella fisicità delle interpretazioni. Assolutamente perfette le novità introdotte a tempo di record in questo spettacolo. Le otto tragedie di Shakespeare in otto minuti, reinterpretate musicalmente in stile “Porta a porta”, facendo leva sulla loro carica sanguinaria da cronaca nera, sono state il clou dello spettacolo insieme agli “Esercizi di stile”. In una lotteria funambolica, i nostri cinque mattatori sono riusciti a coniugare i cantanti e gli stili più disparati, interpretando “Se bastasse una canzone” di Ramazzotti nella polifonia tipica dei canti sardi, “Rose rosse” di Massimo Ranieri in stile Beach Boys, “Una zebra a pois” in stile rap-disco e Zucchero in canto gregoriano. Una bravura musicale e un’innata comicità che lasciano senza parole, ma soprattutto la capacità di non smettere mai di migliorarsi e superare se stessi sono le doti degli Oblivion e del loro piccolo gioiello. Uno spettacolo dedicato a tutti, ma proprio tutti quelli che: il teatro classico è noioso, i musical sono banali, a teatro voglio ridere, se non recitano Shakespeare io non mi muovo neanche, il teatro è cultura, il teatro è evasione, il teatro è… Oblivion!
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