FONDOPERLAPROMOZIONEDIACCORDIISTITUZIONALI “PIATTAFORMADIBIOTECNOLOGIEVERDIEDITECNICHEGESTIONALIPERUN SISTEMAAGRICOLOADELEVATASOSTENIBILITÀAMBIENTALE” QUADERNO EFFICIENZAD’USODEINUTRIENTIE RAZIONALIZZAZIONEDELLEFERTILIZZAZIONI Febbraio2014 FONDOPERLAPROMOZIONEDIACCORDIISTITUZIONALI “PIATTAFORMADIBIOTECNOLOGIEVERDIEDITECNICHEGESTIONALIPERUN SISTEMAAGRICOLOADELEVATASOSTENIBILITÀAMBIENTALE” QUADERNO EFFICIENZAD’USODEINUTRIENTIE RAZIONALIZZAZIONEDELLEFERTILIZZAZIONI PRESENTAZIONE PerRegioneLombardiailsostegnoall’innovazioneeallaricerca,lavalorizzazionedelcapitaleumanorappresentano leve fondamentali per rendere più attrattivo il territorio, aumentare la competitività del sistema economico, accademico,scientificoesocialeerilanciareunacrescitadinamica,solidaesostenibile. EccoperchéRegioneLombardiastamettendoafattorcomunepolitichequalificanti,svolgendounruolodipromotore e facilitatore di reti tra università e centri di eccellenza, istituzioni locali e nazionali, camere di commercio e associazionidiimpresaalivellolocaleeglobale.InquestocontestosiinserisceilprogrammadiRicercaeSviluppo “BIOGESTECA”, uno degli 11 progetti finanziati da Regione Lombardia attraverso il “bando di invito a presentare propostediaccordiistituzionaliperlarealizzazionediprogrammidiricercaesvilupponeisettorienergia,ambiente, saluteemanifatturieroavanzatoavaleresulfondoperlapromozionediaccordiistituzionali”.Unbandocheèstato lanciatonel2009,conassegnazionenel2010,dicirca27milionidieuro,nell'ambitodelFondoperlaPromozionedi Accordi Istituzionali. Il programma BIOGESTECA, favorendo la costituzione di una rete collaborativa tra università, centridiricerca,istituzionieimpresedelsistemalombardodellaricercaneharafforzatolavisibilitàelacompetitività a livello internazionale. Ma ha anche permesso di fornire risposte alla crescente domanda globale di prodotti alimentari, una delle principali sfide che ci attendono e tema di Expo Milano 2015, che deve necessariamente coniugarsiconunosvilupposostenibile,capaceditutelarel’ambienteeallostessotempovalorizzarel’applicazionedi strumentiinnovativietecnologici.BIOGESTECAhailmeritodioffrireuncontributoessenzialeallasoddisfazioneditali esigenze attraverso un approccio innovativo cha ha portato anche alla realizzazione di una piattaforma di biotecnologieverdieditecnichegestionaliperlostudioelasperimentazionedidiversesoluzionicheinteragisconotra diloroconlafinalitàcondivisadellasostenibilitàdelsistemaagricolo.Irisultatiprodottidalleattivitàpluriannualidel progetto,chehaimpegnatopiùdicentoricercatoriehareclutatoeformatopiùdiquarantadottorandidiricercae giovaniricercatori,cifornisconointeressantispunticheabreveemedioterminesirivelerannoutiliperchioperain Lombardia nei settori dell’agroͲalimentare, delle bioenergie e della salvaguardia ambientale. Di certo il nostro impegno sarà rivolto, anche con la collaborazione della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Lodi che ha cofinanziato il progetto, insieme a Regione Lombardia, a dare ampia divulgazione e promozione del trasferimento tecnologico dei risultati, con iniziative specifiche che si inseriranno tra quelle previste dalla Regione stessaedaidiversiEntipartnerdelprogettonelleattivitàdiavvicinamentoall’importanteEsposizioneUniversaledi Milano2015. MarioMelazzini AssessorealleAttivitàproduttive, RicercaeInnovazionediRegioneLombardia ILPROGRAMMADIRICERCA&SVILUPPOBIOGESTECA Lasostenibilitàecompetitivitàdelsistemaagricolonelsuoinsiemeimpegnanoilmondodellaricercaalladefinizione continuadisoluzionietecnologicheinnovative.Laconfigurazioneattualedellaproduzioneagrariasicaratterizzaper elevatiimpieghidimezzitecnici,risorsenaturaliedenergiachesitraduconoinimpattisignificativisull’ambienteedin consistentiproduzionidirifiuti.Allostessotempo,iprodottiagricolihannoquasisemprepersoleloroconnotazioni territorialielacollettivitàstentaariconoscereilruolodell’agricolturacomepresidiodiunterritoriodamantenereedi cuiusufruire.Lacompetitivitàdelsistemaagricolononpuòprescinderedaquestoriconoscimento,soprattuttoinun contesto europeo dove viene sempre più riconosciuta una remunerazione, diretta o indiretta, alla multifunzionalità dell’agricoltura.L’obiettivoacuitendereè,quindi,quellodiunsistemaagricolochesiaingradodiridurrelapressione ambientalesalvaguardandolerisorsenaturalilimitandolaproduzionedirifiutierecuperandoisottoprodottiinmodo da trasformarli in energia e fertilizzanti. In questo modo, il sistema agricolo può caratterizzarsi come rispettoso dell’ambienteegenerarealcontempoesternalitàpositivericonoscibiliequindiremunerabilidallacollettività. Materie primee mezzi tecnici Energiadi altaqualità Risorse naturali Emissioni inquinanti Sistema agricolo Energiadi bassa qualità Materie primee mezzi tecnici Riutilizzo dell’energia Emissioni inquinanti Energiadi altaqualità Sistema agricolo Prodottipoco differenziati Rifiuti Risorse naturali Prodotti caratterizzatidalla sostenibilitàdel sistemaproduttivo Sottoprodotti Valorizzazione energeticae fertilizzante Rifiuti Schemadelsistemaagricoloattuale Schemadisistemaagricolosostenibile SistemaagricoloattualeSistemaagricolosostenibile In stretta coerenza con le finalità del Bando “Accordi Istituzionali” lanciato nel 2009 da Regione Lombardia, il programmadiRicerca&SviluppoBIOGESTECAhageneratoeconsolidatounaretecollaborativatragruppidiricerca appartenentiall’UniversitàdegliStudidiMilano,all’UniversitàdegliStudidiMilanoBicocca,alConsiglioperleRicerca elaSperimentazioneinAgricoltura,all’EnteNazionaliRisi,allaFondazioneParcoTecnologicoPadano,allaFondazione FilareteeadAgricola2000,checreandofortesinergiaeintegrazionetracompetenzehaprodottonuoveconoscenze einnovazionitecnologicheingradodifornirerisposteallarichiestadisostenibilitàdelsistemaagricololombardoe piùingeneraledelleagricolturainambientiadelevatapressioneantropica. Le attività del Programma BIOGESTECA, articolate in sette workpakages, hanno adottato approcci di biotecnologie verdiperladefinizionedistrategiedigestionedellecoltureedelterritorioagricoloaridottoimpattoambientalein combinazione con tecnologie per la riduzione degli input e per l’utilizzazione dei reflui e residui con finalità energeticheefertilizzanti.Inparticolaresonopresiinconsiderazioneaspettidellecoltureedellalorogestione,relativi all’usodell’acqua,deifertilizzanti,deipresidifitosanitariedell’energia,alfineultimodimigliorarel’efficienzad’usodi queste risorse a garanzia della sostenibilità ambientale ed economica della produzione primaria. Per alcune delle tecnologie e delle alternative innovative sperimentate è stata eseguita anche una analisi tecnica, economica e ambientaleinmododiacquisireunavalutazionenonsolodellesingolesoluzioni,maanchedell’interosistemaincui possono essere impiegate; ciò tenendo conto, quindi, anche dei loro effetti sull’ambiente in termini di energia, emissioni, utilizzo di mezzi tecnici, produzione di rifiuti e delle esternalità (positive e negative) delle produzioni agricoleversolacollettività,qualiilmiglioramentodellafruibilitàelasalvaguardiadelterritorio. WP1 Gestionedegli apportidi fertilizzantial suolo WP6 Utilizzodirefluie residuiperla produzionedi energiae fertilizzazionedei terreni WP2 Efficienzad’usodei nutrientiminerali eriduzionedegli apportidi fertilizzantial suolo WP3 Usodellarisorsa idricanella coltivazionedel riso WP5 Esplorazionedella variabilitàgenetica esceltevarietali WP4 Biocontrollo WP7 Valutazionetecnica,economicaeambientale Irisultatidelprogetto,disponibilialsitowww.biogesteca.unimi.iteraccoltiinquattrovolumidisintesi(Gestionedella risorsa irrigua; Efficienza d’uso dei nutrienti e razionalizzazione delle fertilizzazioni; Biocontrollo delle avversità biotiche; Gestione e valorizzazione dei reflui) forniscono alcune soluzioni tecniche e spunti innovativi che a breve e medio termine potranno fornire soluzioni efficaci per il rafforzamento della sostenibilità dell’agricoltura intensiva moderna, sia in un contesto regionale sia in un contesto più ampio nazionale e internazionale. Per quest’ultima ragioneleattivitàeirisultatidelProgrammaBIOGESTECAtrovanopienacollocazionetraletematicheegliobiettivi checaratterizzanol’eventoEXPOinprogrammanel2015nelnostropaese. IlprogrammasièavvalsoperilmonitoraggiodeilavoridiunComitatoGuidacheinqualitàdimembriesterniallarete collaborativahaannoveratoespertidelsettoredifamainternazionalequaliilProf.PaoloBalsari(UniversitàdegliStudi diTorino),ilProf.FabioFava(UniversitàdegliStudidiBologna),ilProf.EnricoMartinoia(UniversitàdiZurigo),ilProf. Zeno Varanini (Università degli Studi di Verona) e il Prof. Fabio Veronesi (Università degli Studi di Perugia). Le divulgazionedeirisultatitraglisteakeholdersavariotitoloadessiinteressatisièavvalsadelsostegnodellaCameradi Commercio,Industria,ArtigianatoeAgricolturadiLodi. IcoordinatoridelProgramma Prof.GianAttilioSacchi Prof.GiorgioProvolo SOMMARIO INTRODUZIONE OBIETTIVI ATTIVITÀ I. EFFICIENZAD’USODELL’AZOTOINMAIS–CRAͲMAC(Responsabile:HansHartings) II. EFFETTODELLACONCIMAZIONEAZOTATAESOLFATICASULLAQUANTITÀEQUALITÀDELLERESEINFRUMENTO TENERO–CRAͲSVC(Responsabile:MaurizioPerenzin) III. EFFICIENZAD’USODELL’AZOTOINRISO–UNIMI(Responsabile:AntonioFerrante) IV. MONITORAGGIODELLEPOPOLAZIONIMICROBICHECOINVOLTENELCICLODELL’AZOTOESELEZIONEDICOLTURE BATTERICHECONATTIVITÀBIOFERTILIZZANTE–UNIMI(Responsabile:DanieleDaffonchio) V. EFFICIENZAD’USODELLOZOLFOINRISO–UNIMI(Responsabile:FabioFrancescoNocito) VI. APPROCCIALLARIDUZIONEDEGLIINPUTDIFOSFORONEISUOLI:Zeamays.–UNIMI(Responsabile:RobertoPilu) VII. APPROCCIALLARIDUZIONEDEGLIINPUTDIFOSFORONEISUOLI:Medicagospp.–CRAͲFLC(Responsabile:Carla Scotti) VIII. SVILUPPO DI INDICATORI DIAGNOSTICI A SUPPORTO DELLA CONCIMAZIONE AZOTATA IN MAIS – UNIMI (Responsabile:LucaBechini) IX. TECNICHE PER VALORIZZARE L’UTILIZZAZIONE DEGLI EFFLUENTI COME FERTILIZZANTE – UNIMI (Responsabile: GiorgioProvolo) X. LA SOSTANZA ORGANICA PER IL MANTENIMENTO DELLA FERTILITÀ DEI SUOLI – UNIMI (Responsabile: Fabrizio Adani) BIBLIOGRAFIA INTRODUZIONE L'agricolturasostenibileèunconcettomoltoampioche, in termini generali, fa riferimento all’applicazione di tecnicheagronomicheingradodirispettarel'ambiente, la biodiversità e la naturale capacità del suolo di mantenere nel tempo la produzione vegetale (Miller e Wali, 1995). L’impiego di acque per l’irrigazione, fertilizzanti chimici, reflui zootecnici e agroͲfarmaci, unitamente alle concentrazioni di bestiame previste dai tradizionali metodi di produzione agricola intensiva, rappresentano i principali fattori di impatto dell’agricolturasull’ambiente(acqua,suoloeatmosfera). Una scorretta gestione di tali pratiche può estendere l’impattodell’agricolturasinoacoinvolgerelasalutedei consumatori. Uno sviluppo agricolo sostenibile ed ecoͲ compatibile deve necessariamente tutelare la qualità delleacqueedelsuoloinrelazionealrischiodiaccumulo di nutrienti minerali (nitrati, fosfati e, tal volta, solfati), lisciviati o persi per ruscellamento, o di principi attivi impiegati per la difesa fitosanitaria. In entrambi i casi l’impiegodipiantepiùefficientinell’usodeifertilizzanti (minor necessità di elementi minerali a parità di produzione) o meno suscettibili ai patogeni, ed una gestione più razionale del suolo, della componente organica in particolare, garantirebbe una diminuzione degli input di prodotti agrochimici riducendo, quindi, l’impatto ambientale delle attività produttive. Nel caso deicereali,comeadesempiomaiserisocheoccupanola maggior parte della superficie agricola utilizzata (SAU) delle aree di pianura in Lombardia, i genotipi oggi utilizzati sono stati selezionati attraverso piani di miglioramento genetico condotti in condizioni di “highͲ input” di risorse, ovvero in situazioni di elevata disponibilitàdiacqua,difertilizzantie,senecessario,di alcuni principi antiparassitari. Questo ha sicuramente garantito ottime performance produttive, dovute prevalentemente ad aumenti degli indici di raccolto, delle resistenze all’allettamento e ad una minor suscettibilità ad alcuni patogeni, ma ha contemporaneamente determinato una riduzione della variabilitàgeneticarelativaall’adattamentoacondizioni diminoredisponibilità(lowͲinput)dielementinutritivie dirisorseingenereealleresistenzeadaltripatogeni.In altre parole rispetto a questi caratteri è stata persa biodiversitàcheandrebbeinveceidentificatae/ocreata per poi essere valorizzata in ambienti diversificati per disponibilitàdirisorseesensibilitàambientale(ambienti marginali, ambienti poveri, ambienti particolarmente soggettiarischiopereccessodiinputproduttivi). La variabilità genetica naturale o indotta con i metodi permessi dalla normativa attualmente in vigore trova inoltre una valida applicazione nello studio dei processi biologici alla base dell’efficienza d’uso dell’acqua e dei nutrienti da parte delle piante nonché della loro resistenza ai patogeni. Bisogna inoltre considerare che i comportamentidellepianteneiloroambientiproduttivi sonodeterminatinonsolodallelorocaratteristiche genetiche, ma anche dalle interazioni dei loro geni con l’ambiente, dalle quali possono scaturire risposte specifiche e diversificate. La conoscenza dettagliata di questi aspetti potrebbe quindi fornire utili indicazioni perlosviluppodistrategiecolturalirivolteadaumentare leefficienzed’usodellerisorseoacontenernel’impiego, in qualità di fattori della produzione, negli agroͲ ecosistemi. LagestionedellanutrizionemineraledelsistemasuoloͲ pianta, nel contesto territoriale lombardo, si trova ad affrontareunasortadiparadosso:daunlatolanecessità di migliorare l’efficienza d’uso dei nutrienti da parte delle colture, allo scopo di mantenere gli attuali target produttivi, dall’altro quella di ottimizzare al meglio la quotainsurplusdinutrientiapportatialsuolo,azotoin particolare,acausadelmassiccioutilizzodeglieffluenti d’allevamento. Da ciò consegue l’esigenza di formulare soluzioni percorribili nel breveͲmedio periodo, finalizzate a rivedere nel suo complesso la gestione dei nutrienti soprattutto per quanto attiene le colture che caratterizzano gli attuali ordinamenti produttivi, in particolare mais, riso e frumento con un approccio che deve necessariamente essere interdisciplinare: fisiologico,biomolecolare,microbiologicoechimico. La coltivazione intensiva dei cereali è strettamente dipendente dall’applicazione di grandi quantità di fertilizzanti azotati, fattore di primaria importanza per l’incremento delle produzioni quantiͲqualitative realizzato negli ultimi decenni (Abrol et al., 2007). Tuttavia, l’eccessivo impiego di fertilizzanti azotati è problema attuale che necessita di essere affrontatocon la messa a punto di agrotecniche e con l’identificazione e/o la costituzione, nell’ambito delle principali specie coltivate,divarietàadelevataefficienzad’usodell’azoto (NUE), disponibile nel terreno o apportato da fertilizzanti. Le recenti innovazioni nel campo della biologia molecolare, ed in particolare l’utilizzo di marcatorimolecolariperlaselezioneassistita,forniscono strumenti per l’identificazione o costituzione di varietà ad alta NUE. L’efficacia di tali tecniche è ulteriormente esaltatadallaeventualeconoscenzadellebasigenetiche e molecolari che sottendono al carattere NUE (Good et al., 2000; Pathak et al., 2008). Nel caso di un cereale comeilmais(Zeamays),laNUE,intesacomelacapacità dellapiantadiutilizzareunacertaquantitàdifertilizzante azotato per raggiungere la massima produzione di granella, è influenzata da numerosi fattori morfologici, fisiologici e biochimici (Gallais e Hirel, 2004, Hirel et al., 2007)qualiassorbimentoradicale,trasportodeinitratio dell’azotoridottoversol’apparatofogliare,erilocazione dell’azoto organicato da organi vegetativi alla granella. L’approfondimento e l’ampliamento delle indagini volte ad identificare specifici loci che favoriscono la NUE in nuovi materiali genetici ottenuti incrociando linee elite aumenterebbeconsiderevolmenteleconoscenzesuigeni coinvolti con maggior probabilità di successo per la produzione di nuovi ibridi di mais ad elevata NUE. Nelcasodelfrumentotenero(Triticumaestivum)la selezione di genotipi ad elevata NUE assume una particolareimportanzanonsoloinrelazionealleelevate necessità di azoto che la specie manifesta, ma anche in relazione al fatto che tale carattere è un fattore chiave per il miglioramento della qualità panificatoria delle farine (Guarda et al., 2004; Corbelli et al., 2006). Le informazioni a proposito della variabilità del carattere NUE nel germoplasma di Triticum spp sono alquanto limitate e frammentarie. Prime informazioni potrebbero essereottenuteconfrontandoilcarattereNUEinalcune varietà rappresentative tra le più coltivate e note per caratteri di produttività e qualità panificatoria. Tuttavia, la possibilità di avviare programmi di miglioramento geneticoindirizzatiall’ottenimentodigenotipiadelevata NUEnonpuòprescinderedallaconduzionediindaginidi variabilitàintraspecificapiùampie(SingheArora,2001; Guardaetal.,2004). E’necessarioinoltreconsiderarechelosviluppodinuovi sistemi di gestione delle colture può generare nuove problematichelegateall’efficienzad’usodeinutrientida parte delle piante. Caso interessante è quello del riso, dove l’introduzione di sistemi di coltivazione a ridotto regime idrico in sostituzione della tecnica di sommersionecontinuadeisuolicreauninsiemedinuove problematiche legate alle capacità di adattamento delle varietà locali alla differente condizione di ossigenazione dei suoli, nonché alle loro performance produttive. In particolare, se nei suoli asfittici sommersi la forma prevalente di azoto disponibile per le piante è l’ammonio,neisuoliaerati,generaticonlanuovatecnica di coltivazione, la forma prevalente di azoto disponibile diviene il nitrato. Reddy (1982) ha descritto come le perdite di azoto in risaia per il ciclo nitrificazioneͲ denitrificazione siano predominanti nel bilancio del macronutriente, superando i 100 kg haͲ1. Tuttavia, in risaia sommersa tale perdita incide in maniera limitata sull’impatto ambientale, in quanto l’azoto nitrico prodotto sarebbe soggetto alla trasformazione in azoto atmosferico. Diversamente, in condizioni aerobiche, l’attività dei batteri denitrificanti rimane localizzata ad una piccola parte del suolo agrario, incrementando i rischi di contaminazione delle falde da nitrati. In tale contesto risulta evidente la necessità di riconsiderare alcuni aspetti fisiologici legati alla NUE, quali l’efficienza diassorbimentoediutilizzazionedeifertilizzantiazotati da parte delle piante, in relazione alle forme prevalenti presentinelsuoloedallalororealepersistenza.Infatti,il nitrato non essendo adsorbito sui colloidi del terreno deve necessariamente essere rapidamente assorbito dalle piante quando disponibile, al fine di evitare consistenti perdite per lisciviazione che ridurrebbero l’efficienza d’uso dei fertilizzanti azotati creando, nel contempo, problemi di inquinamento di altri comparti ambientali. Oltre alla produzione agricola, le pratiche di fertilizzazione azotata influenzano la funzionalità delle comunitàmicrobichedelsuolo.Ilrapportotrarilascio efissazionediazotoatmosfericoèunparametro fondamentalenelladeterminazionedelbilancionutritivo del suolo. Il processo di nitrificazione è essenziale negli ecosistemi agricoli dove le fertilizzazioni azotate sono realizzatequasiinteramenteconammonio.L’ossidazione microbica dell’ammonio è il processo metabolico che limita la nitrificazione, uno dei passaggi chiave del ciclo dell’azoto.Inoltre,lecomunitàmicrobichedelsuolocon attività denitrificanti sono importanti nella determinazionedell’entitàdell’inquinamentodanitrati,i qualipossonoessereridottianitritioadazotogassosoo ammoniacale da un’ampia gamma di microrganismi, appartenenti a gruppi tassonomici diversi. Il processo di denitrificazione è inoltre rilevante nel rilascio di ossido nitroso, gas serra che contribuisce al surriscaldamento globale e alla degradazione dell’ozono atmosferico. La conoscenzaspecificadell’abbondanzaedelladiversitàin rizosfera delle comunità microbiche coinvolte nel ciclo dell’azoto in funzione dell’adozione di specifiche scelte varietalioagrotecnicheconsentirebbedivalutarequalidi queste sono in grado di minimizzare le perdite di azoto sotto forma gassosa come conseguenza dell’attività microbica e quindi contribuire al miglioramento complessivo della NUE. Ad oggi la maggior parte delle informazioni esistenti in tal senso sono da considerarsi solo parziali in quanto si basano su analisi che dipendendodallacoltivabilitàinlaboratoriodellediverse speciemicrobiche.E’possibileacquisireinformazionipiù complete adottando metodi di ecologia molecolare microbicaoggidisponibiliedingradodidescriveretuttii microrganismipresentiinuncampionedisuolo,senzale limitazioniattribuibiliallanoncoltivabilitàdellamaggior partedeimicrorganismiambientali.Talimetodisibasano sull’estrazione e sulla caratterizzazione del DNA microbicodiunsuoloodallarizosferadiunapianta. Unaltroelementodaprendereindovutaconsiderazione è lo zolfo (S) la cui efficienza d’uso nelle piante (SUE), definibilecomel’incrementodiproduzioneperunitàdiS applicataalsuolo,èuncarattereagronomicocontrollato simultaneamentedadiversigeniedallalorointerazione conl’ambiente(FAO,2006;HawkesfordeDeKok,2006; Loudet et al., 2007). Tale carattere ha assunto un’importanza particolare negli ultimi decenni in conseguenza di una drastica riduzione degli input di S (riduzione delle emissione in atmosfera di SO2 dovuta all’uso di combustibili fossili a basso contenuto in S e introduzione di concimi fosfatici a ridotto titolo in solfato) che sta causando la progressiva comparsa di fenomeni di solfo carenza in diverse colture ed areali agricoli (Hawkesford, 2000). Poiché lo S esercita ruoli essenziali nella fisiologia della pianta, limitazioni nella sua disponibilità si ripercuotono sulla produttività delle colture e sulla loro capacità di adattarsi all’ambiente (Hawkesford,2000).E’notoadesempiocomeunascarsa disponibilità di S riduca l’efficienza d’uso dell’azoto da parte delle piante (Salvagiotti et al. 2009; Fismes et al., 2000;Koprivovaetal.,2000)nonchélalorotolleranzaa numerosi stress ambientali abiotici e biotici (Ceccoti, 1996;RauscheWachter,2005). Il ricorso empirico a fertilizzazioni solfatiche potrebbe essere un metodo immediatamente applicabile per controbilanciare eventuali carenze del nutriente. Tuttaviaunamigliorecomprensionedellebasimolecolari e fisiologiche della SUE potrebbe permettere la pianificazione di interventi di fertilizzazione più specifici ed efficienti nel supportare la produttività e la qualità delle produzioni in un contesto di agricoltura di “lowͲ input”. Alcune molecole conosciute come sulfurͲ containing defense compounds (SDCs), svolgono ruoli importanti nei meccanismi di risposta delle piante a diversi tipi di stress (Rausch e Wachter, 2005). Gli SDCs comprendono lo zolfo elementare (S0), il solfuro, il glutatione (GSH), le fitochelatine (PCs), metaboliti secondari(glucosinolati,fitoalessineesulfolipi)edalcune proteinericcheincisteina(tioneineedifensine).Incaso di stress la sintesi di SDCs è indotta e ciò permette alla piantadicontenere,entrocertilimiti,glieffettinegativi del fattore sfavorevole. La maggior sintesi di SDCs costituisceperlapiantaunosinkaddizionaledizolfoche asuavoltastimola,secondounmeccanismoregolatorio di tipo “demandͲdriven”, alcune attività responsabili dell’assunzione e della assimilazione del solfato (Rausch e Wachter, 2005). Diverse ricerche suggeriscono l’esistenza di una stretta relazione tra la disponibilità di solfatonelsuoloedilivellidiSDCsechelaformazionedi SDCs raggiunga la saturazione per disponibilità di S nel suolo superiori a quelle che comunque garantiscono la crescitaottimaledellapianta(Marschner,1995;Bloemet al.,2005;RauscheWachter,2005).Incasodiesposizione adunostressbioticooabioticolamaggiorsintesidiSDCs determinaunaumentodellenecessitàdiSdellapiantae, quindi,variazionisostanzialinelleviediassimilazionedel solfato e di sintesi della cisteina e del GSH (Rausch e Wachter, 2005). Queste risposte adattative non sono in alcun modo prevedibili sulla base delle normali asportazioni di S da parte della coltura e potrebbero essereinfluenzatenegativamenteancheincasodibuona disponibilità di solfato nel suolo, causando perdite produttive in caso di stress (Rausch e Wachter, 2005). Diversamente da quanto accade per gli altri macronutrienti (N, P, K) normalmente considerati nei pianidifertilizzazione,esistonopocheinformazionisulle dosiesullatempisticanelcasodellozolfo.Inparticolare, esistono ancora sostanziali incertezze relativamente alla persistenzadelsolfatonelsuoloedallasuadisponibilità effettiva,perchélaconcentrazionedell’anione(laforma principale di zolfo disponibile presente nel suolo) è spazialmentemoltovariabile;occorreinoltreconsiderare che circa il 95% dello zolfo totale di un suolo agrario è organicoequindinonprontamentedisponibile.Poichéla mineralizzazione dello zolfo nel suolo dipende dalle sue caratteristiche chimicoͲfisiche e microbiologiche e da numerosifattoriambientali,risultaevidentechequalsiasi azione o agrotecnica ingrado di alterare tali fattori può incidere sulla disponibilità di solfato con conseguenti perdite produttive, riduzione della NUE e maggior suscettibilitàastressdidiversanatura.Lacapacitàdella pianta di sfruttare al massimo le disponibilità di zolfo è definita dalla sua SUE che a sua volta dipende dalla capacità metabolica (SAC: Sulfate Assimilation Capacity) di indirizzare il solfato assorbito verso l’assimilazione. Genotipi ad elevata SAC garantirebbero a parità di solfatoneisuoliunamigliorcapacitàdicrescita,unaNUE miglioreeprobabilmenteunamaggiortolleranzaastress abiotici e biotici. Tutto ciò per la coltura potrebbe significare una minor necessità di fertilizzanti e di trattamenti con presidi fitosanitari. Infine, nel caso del frumento tenero, poiché l’attitudine panificatoria delle farine dipende fortemente dal contenuto in proteine di riserva del seme ricche in cisteina, una migliore SAC potrebbe potenzialmente garantire, oltre ad una NUE migliore(Salvagiottietal,2009),unamigliorqualitàdelle produzioniaparitàdiinterventitecnicisullacoltura. Oltre all’azoto e allo zolfo, anche il fosforo rappresenta un macronutriente essenziale per tutti gli organismi viventi. Negli ecosistemi agricoli il bilancio del fosforo è determinato dal prelievo dovuto alla raccolta della biomassavegetaleprodottaedallasuareintroduzionein forma organica attraverso l’uso di reflui zootecnici o in forma inorganica apportata con i fertilizzanti fosfatici. Diversamente dai ruminati, che possono utilizzare la fitina grazie all’attività delle fitasi prodotte dai microrganismi del rumine, gli animali monogastrici non sonoingradodidisporredelfosforoedeicationifitinici presentineisemi,alpuntodinecessitareintegrazionidi fosforo libero e micronutrienti nella loro dieta (BrinchͲ Pedersenetal.,2007).E’notochelanutrizionedianimali nonͲruminanticonmangimiabasedisemidicerealiedi oleaginose, causa l’escrezione di una considerevole quantità di fosforo immagazzinato nell’acido fitico (myoinositoloͲ1,2,3,4,5,6Ͳesafosfato) che, non essendo digerito,finisceneirefluie,diconseguenza,nelsuolo.Il destino della fitina non digerita presente nei reflui provenienti dagli allevamenti suinicoli costituisce un importante problema ambientale. Infatti, la fitina distribuitaalsuoloconirefluisubiscel’attaccoidrolitico dei microrganismi ed il fosfato così liberato tende ad accumularsi nel suolo per poi raggiungere, attraverso fenomeni di erosione, le acque superficiali, determinandone l’eutrofizzazione. In tale contesto, la riduzione del tenore in fitina o la sua completa eliminazionedallecariossididimaisutilizzatenelladieta disuinieavicolirappresentanoobiettiviprioritariperle attività di breeding. Attualmente, diversi programmi di miglioramento genetico stanno indirizzando i loro sforzi verso la produzione di linee e varietà di mais a ridotto contenutoinfitina(lpa,lowphyticacid)maconunbuon contenuto in fosfato libero prontamente assimilabile (Raboyetal.2000;Piluetal.,2003;Lorenzetal.,2008), allo scopo di migliorare le qualità nutrizionali dei mangimi prodotti, riducendo contemporaneamente l’impattodeirefluisullecaratteristichechimichedeisuoli esullaqualitàdelleacquesuperficiali.Tuttavia,imutanti lpasinoraisolatimanifestanoalcunieffettinegativiquali unaridottavigoriadigerminazioneedunabassaresa (Doria et al., 2009). Appare quindi molte interessante agire con tecniche di miglioramento genetico per l’attenuazione degli effetti negativi causati dalle mutazionilpa(Piluetal.,2005).Questorisultato,ancora daconseguire,èintuibilmentedigrandeinteressepoiché comporterebbeladefinizionedigenotipicompetitividal punto di vista produttivo ed in grado di attenuare i problemi legati ad eccessivi input di fosforo in aree critiche dal punto di vista ecologico a causa di un’alta densità di allevamenti. In una logica di agricoltura sostenibileassumeunvaloreimportanteancheilrilancio delle rotazioni colturali molto poco praticate nell’agricoltura intensiva. Infatti, la tecnica della rotazione è un importante metodo per migliorare la fertilità dei suoli (l’uso di leguminose come Medicago sativainrotazioneconcerealiautunnoͲverniniconsente l’aggiuntadiazotosimbioticoalsuolo)epercontrastare l’insediamentonegliarealicolturalidiorganisminocividi diverso tipo (malerbe, fitopatogeni) il cui controllo richiederebbe l’utilizzo massiccio di presidi fitosanitari. Alcune leguminose foraggere come ad esempio Medicago truncatula rilasciano nella rizosfera una fitasi extracellulare in grado di idrolizzare il fosfato dall’acido fitico. La presenza extracellulare di fitasi rende disponibileperlanutrizionedellapiantaunafrazionedi fosforo che normalmente non lo sarebbe. In caso di condizioni che limitano l’attività fitasica dei microrganismi del suolo, la disponibilità di piante in grado di estrudere fitasi in rizosfera potrebbe essere interessante in una logica di riduzione degli input di fosforo inorganico al suolo. Inoltre, in aree in cui i suoli sono sottoposti a massicce distribuzioni di reflui zootecnici,lapresenzadicoltureingradodiidrolizzaree prontamente assorbire il fosforo fitico potrebbe essere utileperridurrel’entitàdellaidrolisibattericaequindiil rischiodiaccumulodisurplusdifosforonelleacque(Pant etal.,2004). Sempre nell’ambito delle interazioni suoloͲpiantaͲ microrganismi,studirecentihannomessoinevidenza l’esistenzadinumerosissimespeciemicrobicheefungine ingradodimigliorarelatolleranzaaglistressnellepiante ediaumentarelalororesistenzaallemalattie,nonchédi favorire la disponibilità e l’assorbimento dei nutrienti (MercadoͲBlancoeBakker,2007;Yangetal.2009;Berg, 2009). Batteri promotori della crescita vegetale (PGPB, PlantGrowthPromotingBacteria)sonoassociatiamolte specie e sono comunemente presenti in ambienti geograficamente e climaticamente diversi. I rizobatteri conattivitàdipromozionedellecrescitavegetale(PGPR, PlantGrowthPromotingRhizobacteria),checolonizzano la superficie delle radici e lo strato di suolo rizosferico immediatamente aderente le radici, sono il gruppo batterico maggiormente studiato. Alcune classi di PGPR sonoingradodipenetrarenelleradiciedidareoriginea popolazioni endofitiche permanenti, che colonizzano il sistemavascolaredandoluogoadunrapportosimbiotico con la pianta ospite (Ryan et al., 2008). Esistono indicazionisemprepiùchiarechel’effettopositivodei PGPR sulla crescita delle pianta si realizzi attraverso la loro capacità di favorire l’assorbimento idrico ed il trasferimento di nutrienti. In altri termini alcuni PGPR svolgono un’azione biofertilizzante fornendo alla pianta nutrientiqualiazoto,ferroefosfatisolubili,unitamentea sostanze ad attività ormonale. L’azione si realizza sia attraverso la produzione ed il rilascio di esoenzimi in grado di aumentare in rizosfera la concentrazione delle frazioni biodisponibili di alcuni nutrienti minerali, sia attraverso il rilascio di esopolisaccaridi che migliorano l’aggregazione delle particelle del suolo e regolano il contenuto idrico della rizosfera, condizioni queste che favorisconoladiffusionedeinutrientiversolaradice.La selezionedispecificiceppimicrobiciodiloroparticolari associazioni potrebbe costituire un interessante presupposto alla costituzione di biofertilizzanti in grado dipromuoverelacrescitadellecoltureriducendol’entità degli apporti di fertilizzante necessari. Nel caso delle colture di mais e riso della pianura lombarda questa possibilità non è stata ancora valutata, e potrebbe assumere invece un interesse non trascurabile in una logicadiagricolturadilowͲinput. Bisogna inoltre considerare che i concimi minerali vengono apportati in quantità importanti anche in contesti nei quali l’azoto applicato con i reflui potrebbe giàesseresufficienteacolmarelenecessitàdellecolture. Questo accade perché il contributo dei reflui zootecnici alla nutrizione azotata delle piante è difficile da prevedere, sia in termini compositivi, sia in termini dinamici. Di conseguenza, anche a causa del costo relativamente contenuto, i concimi minerali sono stati considerati fino a pochi anni fa un’assicurazione contro possibilicaliproduttivi(Schröderetal.,2000). Ora però il quadro sta gradualmente cambiando, per motivi sia normativi sia economici. La difficoltà di stima del contributo della fertilità dei reflui zootecnici alla nutrizioneazotataèdovutaadueordinidiproblemi. Un primo problema è costituito dal fatto che i reflui zootecnici presentano concentrazioni di azoto estremamente variabili, a causa principalmente della variabilità delle razioni alimentari e del tipo di asportazioneestoccaggiodeirefluistessi(Marinoetal., 2008;MartínezͲSulleretal.,2008).Unsecondoproblema è quello relativo alla difficoltà di prevedere con che velocità i reflui zootecnici rendono disponibile l’azoto in forma assimilabile per le piante. L’azoto in essi contenuto,infatti,èpresenteinformemoltodiverse(sia ammoniacale, sia organico a diverso grado di degradabilità)(vanKesseletal.,2000),chesubisconoun destino complesso dopo l’incorporamento del refluo al terrenoagrario(Sørensen,2004).Irefluipossonoinfatti generare mineralizzazione netta o immobilizzazione netta di azoto in funzione della presenza di carboidrati solubili e del rapporto C/N della componente organica (Sørensen et al., 2003). Inoltre, la variabilità meteorologicaètaledarendereparticolarmenteincerta ognistimaeffettuatanelcorsodellastagionedicrescita. Inognicaso,granpartedell’effettofertilizzantedei liquami nella stagione colturale successiva alla distribuzione è dovuto alla componente ammoniacale (Bechini e Marino, 2009), mentre quella organica si mineralizza lentamente ed esplica quindi un effetto fertilizzante molto più graduale nel tempo. Il contributo della fertilità residua dovuta a liquamazioni effettuate negli anni precedenti, quindi, può essere quantitativamente importante ma al tempo stesso è estremamente difficile da prevedere (Schröder et al., 2005). Le soluzioni per evitare di utilizzare in eccesso i concimi minerali sono attualmente costituite da misure, da effettuarsi in momenti specifici del ciclo colturale, relative al suolo o alla coltura, che possono essere confrontate con opportune soglie di sufficienza, e che quindi possono indicare, in corso di coltivazione, la necessità o meno di procedere ad un’integrazione minerale della dose di azoto già applicata in presemina conilrefluozootecnico(Magdoff,1991;Schröderetal., 2000; Tremblay, 2009). Tali misure possono essere affiancate dall’uso di parcelle “spia” (non concimate o concimate in modo eccessivo), utili per fissare dei riferimenti. Altri strumenti diagnostici molto importanti sono i modelli di simulazione, che consentono di prevedere la mineralizzazione dell’azoto dei reflui e quindi di fornire indicazioni sulla quantità di azoto presente nel suolo in forma assimilabile per le colture (Beraudetal.,2005;Gilmour,2009). Tuttavia, la letteratura ha dimostrato che non è ancora stato messo a punto un indicatore diagnostico impiegabile singolarmente in modo universale, e che quelli più usati richiedono comunque una calibrazione locale.L’individuazionediunindicatoresintetico,basato sulla combinazione di altri indicatori e dei risultati della simulazione potrebbe fornire una risposta adeguata alla problematica e consentire una concimazione azotata adeguata alla disponibilità in campo permettendo una riduzione delle emissioni e un risparmio nell’uso di fertilizzanti. Se è quindi noto che negli attuali agroecosistemi gli allevamentiintensivigeneranoenormivolumidieffluenti che costituiscono una fonte di elementi nutritivi, in particolare azoto, fosforo e potassio (NPK), economicamente rilevante e valorizzabile in ambiti agronomici, tale utilizzo deve essere adeguato rispetto alle caratteristichedei suolie ai fabbisogni dellecolture praticate, per evitare eccessi di nutrienti i grado di generare inquinamento. Negli ultimi anni l’aspetto ambientalelegatoall’utilizzodeglieffluentizootecniciha assunto sempre maggiore importanza ed è stato affrontatoancheinterminilegislativilimitando,appunto, laquantitàmassimadirefluidistribuibili(Provolo,2005). D’altra parte, come prima riportato, una delle maggiori limitazioniall’utilizzoefficientedeiliquamiinagricoltura è l’elevata variabilità del contenuto in elementi fertilizzanti dei reflui in funzione della gestione dell’allevamento (Provolo, 2001). Quindi, per consentire agli agricoltori di utilizzare i liquami in modo efficiente, oltreallosviluppodiindicatoridiagnosticiasupporto della concimazione azotata, è necessario fornire un mezzosempliceerapidoperstimareilcontenutoinNPK dei liquami prima della distribuzione in campo, in accordo con il Codice di Buona Pratica Agricola (Ministero per le Politiche Agricole, 1999). A questo scopo, sono stati creati modelli (Carton et al., 1997) capacidieffettuareunastimadelcontenutoinnutrienti delle deiezioni zootecniche. Purtroppo, l’elevata variabilità nella composizione dei liquami rende difficile l’usoditalimodelliinmanierageneralizzata.D’altrolato, negliultimiannisonoapparsisulmercatodiversimetodi che, misurando caratteristiche chimicoͲfisiche dei reflui zootecnici, sono in grado di offrire una stima del loro potere fertilizzante (Smith et al., 1993; Sullivan et al., 1997).Questestrumentazionisibasanosullecorrelazioni fraalcunideglielementifertilizzantideiliquamiealcune delle loro proprietà chimicoͲfisiche. Questi metodi, purtroppo,nonsemprepermettonodieffettuaremisure “in situ” ed ottenere i risultati direttamente, giacché lavorano su diluizioni o hanno bisogno di reattivi. Altro grossoproblemaèladifficoltàdiprelevareuncampione rappresentativo dovuto alla grande eterogeneità dei reflui.Un’alternativaaquestimetodisibasasullamisura di proprietà elettriche dei liquami e in particolare della conduttività elettrica (EC) per realizzare una stima del poterefertilizzantedeglieffluentid’allevamento(Stevens etal.,1995;Bellotti,1997;Scotfordetal.,1998,Provolo et al., 2007, Suresh et al., 2009). Un’altra interessante tecnologiaèlaspettroscopiaNIR(Millmier etal.,2000). Lacombinazionedimetodidicalcolocheconsentonodi stimareilcontenutodinutrientidirettamentenellavasca di stoccaggio sulla base delle modalità di gestione dell’allevamento e sensori per la misura indiretta basati su diverse tecnologie (EC, NIR, ioni selettivi) potrebbe fornireunarispostainnovativaemodularealleesigenze, semprepiùpressantianchedalpuntodivistanormativo, diunaattentagestionedeglieffluentialmomentodella distribuzioneincampo. Perquantoattieneinfineglispettidellafertilitàdelsuolo in un’ottica di lungo periodo, e quindi di reale sostenibilità dell’attuale sistema agricolo, un ruolo fondamentaledeveesserericonosciutoallacomponente organica, quale elemento trasversale in grado cioè di influenzagliaspettichimici,fisiciebiologicidelsuolo.Le proprietà fisiche del suolo (porosità, drenaggio, ritenzione idrica, resistenza all’erosione), chimiche (reazione, contenuto e disponibilità di nutrienti, in primis)ebiologiche,nonchétutteleattivitàenzimatiche che presiedono ai principali cicli biogeochimici del terreno, vengono infatti influenzate dalla componente organica in esso presente (Juma, 1993; Hudson, 1994; Ellert e Bettany, 1995) e, soprattutto nei suoli agrari sottoposti ad elevata pressione antropica ed agricoltura intensiva, risultano fondamentali per il mantenimento dellafertilità(Reeves,1997).Lafertilitàdeiterreni,cioè la capacità di ospitare, nutrire e promuovere la crescita delle piante è infatti strettamente correlata al contenutodisostanzaorganicaedall’attivitàbiologicain essapresente(Johnston,1986).Inparticolarelacapacità delsuolodiinteragireconl’ecosistemapermantenerela produttività biologica, la qualità ambientale e promuoverelasaluteanimaleevegetale,contribuiscea definire la così detta qualità dei suoli (Doran e Parkin, 1994).Traiparametriutiliadefinirelaqualitàdiunsuolo la componente organica viene ritenuta da numerosi autori l’indicatore più adatto, correlandosi, essa, con molti aspetti della produttività di un agroecosistema e con la sua sostenibilità (Larson and Pierce, 1991; Sikora etal.,1996;Stuczynskietal.,1997).Negliultimidecenni, acausadell’affermazioneprepotentedellaconcimazione minerale, dei drastici mutamenti degli ordinamenti colturali(eccessivasemplificazionedegliavvicendamenti) e delle pratiche agronomiche (allevamento intensivo separato dalla terra), sono stati trascurati tutti quegli aspetticheriguardanogliapportidisostanzaorganicaal suolo, perseguendo come unico obbiettivo, la massimizzazione della produzione. E’ noto che la diminuzione del tenore di sostanza organica, conseguentealparzialereintegrodeiresiduicolturalieal mancato uso di ammendanti, può portare a gravi danni di carattere ambientale, nonché ad una diminuzione della quantità e qualità dei prodotti agricoli ottenibili (Johnston,1986).Ilprimopassoversounariduzionedegli input negli agroͲecosistemi passa, necessariamente, attraverso il recupero di sostanza organica nei suoli. Si stima infatti che l’incremento del 50% di sostanza organica in un suolo agrario che presenta un contenuto dell’1%, comporterebbe un aumento del 39.6% di carbonio microbico (attività biologica), del 40% della capacità di scambio cationico, e del 23 %, 57.4 % e del 29.5%delcontenutodiazoto,fosforoassimilabilee potassio scambiabile. Tali vantaggi difficilmente si possono raggiungere, a basso costo, con altre metodologie,sianoesseditipobiologicooagrotecnico. ImeccanismichecontrollanolastabilizzazionedellaSoil Organic Matter (SOM), possono essere definiti come il risultato della combinazione di tre processi: i) la protezionefisica,cioèl’occlusioneinaggregatiepiccoli porichedeterminaunaminoreaccessibilitàeunascarsa superficie d’attacco microbica; ii) la protezione chimica, in particolare l’interazione con la frazione organoͲ minerale del suolo; iii) la protezione biochimica, nello specifico la “recalcitranza” intesa come “low accessibility” ovvero l’elevata resistenza all’idrolisi chimica e biologica intrinseca a talune componenti organiche(Mikkutaetal.,2006;Helfrichetal.,2007).E’ evidente,quindi,cheparlaredisistemiagricoliadelevata sostenibilità ambientale non può prescindere dallo studio della qualità dei suoli nel suo complesso e, per quanto sopra riportato, degli aspetti quantiͲqualitativi della sostanza organica. Infatti, se da un lato tutte le ricerche indirizzate al miglioramento dell’uso da parte dellapiantadeinutrientisonodasostenersi,dall’altroè abbastanza controverso ottenere un vantaggio, vanificato,poi,dalladiminuzionediefficienzadovutaalla perditadisostanzaorganicaalsuolo. Lapossibilitàdimettereapuntounindicesinteticosulla qualità della sostanza organica e una prima caratterizzazionedeisuolidipianuralombardidaquesto punto di vista può costituire un primo fondamentale passoperl’attuazionediunprogrammadiincrementoe mantenimento della sostanza organica dei suoli, consentendo di identificare come prioritari quelli più depauperati. OBIETTIVI L’approccio multidisciplinare adottato nel presente studio, e finalizzato ad individuare sistemi idonei alla gestione e al mantenimento della fertilità, nonché strategie per la selezione di piante ad elevata efficienza d’uso dei nutrienti, si è posto, in sintesi, gli obiettivi di seguitoriportati. x Sviluppare indicatori e identificare geni utili per la costituzione e/o selezione di nuovi genotipi di mais, utilizzabili nelle aree cerealicole lombarde, caratterizzate da una più elevata efficienza d’uso dell’azoto. x Valutare,inproveparcellari,l’effettodidiversiinput azotati e solfatici sulla produzione di granella in frumento tenero e sulla qualità panificatoria delle farineottenute. x Caratterizzare la variabilità esistente nelle principali varietà di riso adottate in Italia per il carattere efficienza d’uso del nitrato, anche in funzione della possibileintroduzioneditecnicheatteagarantireun minorconsumodiacquairrigua. x Studiare l’abbondanza e la diversità delle comunità microbiche coinvolte nel ciclo dell’azoto, associate allarizosferadipianterisoemaissottoposteadiversi regimi nutrizionali, allo scopo di valutare il loro specifico contributo nel ciclo dell’azoto e nel determinarel’efficienzad’usodelnutrienteinalcune speciediinteresseagrario,infunzionedelletecniche agronomicheegestionaliadottate. x Selezionare microrganismi adatti a stabilire simbiosi conleradicidellepiantedimaiserisoedingradodi favorire l’assorbimento idrico ed il trasferimento di nutrienti, allo scopo di sviluppare futuri approcci di biofertilizzazione. x Caratterizzare la variabilità esistente nelle principali varietà di riso adottate negli ambienti Italiani per il carattere efficienza d’uso dello zolfo, allo scopo di selezionaregenotipiingradodivalorizzarelerisorse di zolfodisponibili nel suolo,anche in funzione delle tecnichedigestionedell’acqua. x Valutare la variabilità esistente in frumento tenero per gli effetti della concimazione solfatica sulla qualitàdellefarineottenute. x Valutare l’impiego di granella di mais a basso contenuto in fitina per la produzione di mangimi specifici per animali monogastrici (polli e/o suini), nonché selezionare nuovi materiali idonei allo scopo daiscriverealregistrovarietale. x Valutarel’effettodellapresenzadidifferentivarianti alleliche del gene PHY1 (codificante una fitasi extracellulare) sulla capacità delle piante di rendere disponibile il fosforo fitico presente nei suoli per l’assorbimento radicale, all’interno di logiche mirate alla riduzione degli input di fosforo inorganico al suolo. x Definire un indicatore diagnostico a supporto della concimazione azotata in copertura al mais nelle aziendezootecniche. x Fornire un sistema che attraverso il monitoraggio gestionale e la messa a punto di una sensoristica adeguata consenta di conoscere le caratteristiche deglieffluentialmomentodelladistribuzione. x Effettuare un monitoraggio dei suoli lombardi, in funzione del differente utilizzo agronomico e delle loro principali proprietà chimicoͲfisiche, con particolareriguardoallacomponenteorganica. x Studiare, alla luce di recenti teorie, i meccanismi di conservazione del carbonio organico mediante tecniche di frazionamento chimico, nonché valutare le dinamiche della conservazione della sostanza organica in base alla tessitura, agli ammendanti impiegati e all'utilizzo del suolo stesso, allo scopo di definire quali pratiche e politiche debbano essere sviluppateinfuturoperpoterriportareisuoliaquei livellidifertilitàequalitàchecostituisconoilprincipio diunasostenibilitàdell’usodeglistessi. I.EFFICIENZAD’USODELL’AZOTOINMAIS–CRAͲMAC(Responsabile:HansHartings) ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE Nelle aree antropizzate l’azoto immesso nell’ambiente deriva principalmente dai reflui civili e dalle attività di fertilizzazione delle colture. Lo sviluppo di efficienti sistemi di depurazione ha progressivamente ridotto le immissioni di azoto derivanti dai reflui civili, diversamentedaquantoèavvenutoinagricolturadoveil ricorsoallafertilizzazioneazotatahacontribuitoacreare alcuniproblemidisostenibilità.Inparticolare,lanecessita diaumentareleproduzioniagricoleperettaro,l’adozione dipianteesigentiinterminidiazoto(qualiadesempioil mais, spesso seminato su terreni poco idonei alla sua coltivazione),l’abbandonodellerotazionielanecessitàdi smaltire i reflui zootecnici, hanno generato una forte pressionesull’agroͲecosistema. Considerando queste premesse, appare evidente che il settoreagricolodovràaffrontareneiprossimiannialcune sfide importanti tra le quali quella di soddisfare la domanda globale di prodotti alimentari, riducendo nel contempo la pressione sull’ambiente, le richieste energetiche e l’impiego di mezzi tecnici, attraverso lo sviluppo di biotecnologie e agrotecniche in grado di mitigare l’impatto ambientale e proteggere gli habitat naturalielabiodiversità,salvaguardandolaredditivitàdel settore. Per studiare i processi alla base dell’assorbimento dell’azoto da parte delle piante, è stato creato un ambientecontrollatoperpotercrescereplantuledimais a concentrazioni predeterminate di azoto. In questo modo è stato possibile individuare la concentrazione minimadiazotonecessariaperunacorrettacrescitadelle plantule. A questa concentrazione, le plantule mostrano comunque uno sviluppo rallentato e delle differenze morfologicheevidenti,rispettoallepiantecresciutesenza alcuna limitazione di azoto. Nella Figura 1 è possibile osservare che l’aspetto della pianta cambia sostanzialmentealvariaredelladisponibilitàdiazotonel mezzodicrescita. Inparticolare,sipuònotarecomelosviluppodellaparte aerea dellapianta varicon la quantitàdi azoto presente nelterreno.Èevidentechenonsoloconcentrazionibasse di azoto ma anche concentrazioni troppo elevate, anche se in forma meno evidente, rallentano lo sviluppo della pianta. Lo sviluppo dell’apparato radicale segue un andamento diverso con un’estensione inversamente proporzionata alla concentrazione di azoto disponibile perlapianta. Allo scopo di identificare e studiare i geni coinvolti nelle risposte della pianta a concentrazioni variabili di azoto, sonostateprodottedueseriediplantule:laprimaserieè stata mantenuta in condizione di bassa concentrazione d’azoto, mentre la seconda serie è stata cresciuta in presenzadiunaaltaconcentrazionediazoto. Percampionareastadifisiologisimilieconsiderandoche leplantuleevidenziavanounavelocitàdicrescitavariabile in base alla concentrazione di azoto somministrato, diverseseriedipianteadelevataconcentrazionediazoto sono state prodotte nell’arco di alcuni giorni, permettendo, in questo modo, di eseguire i campionamenti allo stesso stadio fisiologico nella stessa giornata. Figura1.Effettodidiversedisponibilitàdiazotosullacrescitadi plantuledimais(dasinistraadestraconcentrazionicrescentidi azoto). All’emersione completa della quarta foglia, una parte delle piante mantenute in condizioni di bassa concentrazione d’azoto è stata trasferita su un terreno con elevata concentrazione di azoto. Sono stati campionati gli apparati radicali delle piante così trattate dopo un’ora (TI1) e dopo sei ore (TI6) d’incubazione. Contemporaneamente sono state campionate le radici delle piante mantenute a bassa concentrazione d’azoto (TL1 Ͳ dopo1 ora; TH6 Ͳ dopo 6 ore). I campioni prelevati sono stati usati per l’estrazione di mRNA che, successivamente, è stato usato per la preparazione di sonde molecolari per l’ibridazione di microarray Affymetrix. Le piante sottoposte a ciascun trattamento sono state suddivise in tre batch indipendenti, che hanno, quindi, dato origine a tre ibridazioni indipendenti. I dati microarray sono stati sottoposti ad analisi statistica mediante l’utilizzo del software FlexArray ver. 16.1.1. Sono stati considerati validi i confronti con valore di P < 0.01eunrapportotraisegnalicontrollo–testsuperiore a2(logFC<Ͳ1ologFC>1). Aquestoproposito,èstatapreparataunaseriedimRNA estratti dalle radici di piantine cresciute a bassa concentrazione d’azoto ed indotte con azoto più alte dotazionid’azotoatempiscalari(0min;30min;1ora;2 ore;4ore;6ore;12oree24ore).Unaserieanalogadi mRNAestrattidalleradicidipiantinemantenuteabassa concentrazioned’azotoecampionateaglistessiintervalli, èstatausatacomecontrollo.Utilizzandoquesteseriedi mRNA, l’analisi RTͲPCR condotta con primer disegnati sulle sequenze individuate tramite SEA ha permesso di attribuire un profilo d’espressione a ognuna delle sequenzescelte. L’espressione delle stesse sequenze geniche è stata, inoltre,monitoratainunaseriedilineedimais,coltivate in pieno campo. Sono stati analizzati sia ibridi commerciali di diversa origine, sia linee pure di recente costituzione. Per queste analisi sono stati prelevati dei campionidall’apparatoradicaledellepianteedallaparte dellostoccoadiacenteall’apparatoradicale.Perciascuna accessione, sono stati campionati tessuti a partire da cinque piante, permettendo un’analisi statistica dei risultatid’espressione. RISULTATIOTTENUTI Il confronto TI1 – TL1 ha evidenziato la presenza di 1292 sequenze con aumentata espressione a una concentrazionediazotopiùelevatae1342sequenzecon unaespressioneridotta.Viceversa,ilconfrontoTI6–TL6 ha mostrato 1577 sequenze con un incremento d’espressione e 1211 sequenze con una diminuita espressione dopo induzione. I dati ottenuti sono stati analizzatimedianteilprotocolloSEA(SingularEnrichment Analysis), presente al sito agriGO (bioinfo.cau.edu.cn/agriGO/analysis.php), permettendo di individuare diversi arricchimenti significativi dei termini GO. In questo modo sono stati individuati numerosi elementi appartenenti alle principali vie biosintetiche. Sono sembrate di particolare interesse alcune delle vie biosintetiche appartenenti alla gluconeogenesi, alle vie biosintetiche degli amminoacidi e dei composti aromatici ed alle vie del metabolismo dell’azoto(Figura2). Diversi membri di queste vie biosintetiche sono stati selezionatiperstudidiespressionemedianteRTͲPCR. Figura 2. Tre vie biosintetiche (visualizzate parzialmente) le cui componenti hanno evidenziato un cambiamento nel profilo di espressionedopoinduzioneconazotoperun’ora. RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI Lapresenzadipatterngenici,identificabiliattraversouno screeningprecoce,elacostituzionediprimeringradodi analizzareillivellod’espressionedidiversigenicoinvolti nellarispostadellapiantaalvariaredeilivellidiazoto, potrebbe permettere una selezione mirata di linee di maispiùefficacinell’utilizzodell’azoto.Infine,imarcatori individuati potranno essere usati in ricerche future per stabilire una correlazione tra l’espressione genica e efficienza d’uso dell’azoto, utilizzando un ampio campionedivarietàelineedimais. II. EFFETTO DELLA CONCIMAZIONE AZOTATA E SOLFATICA SULLA QUANTITÀ E QUALITÀ DELLE RESEINFRUMENTOTENERO–CRAͲSVC(Responsabile:MaurizioPerenzin) ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE mediante un criterio temporale (anno di costituzione, introduzione in coltura o diffusione) integrato con La coltivazione intensiva dei cereali, adottata in questi caratteristicheproduttiveequalitative. ultimidecenni,èstrettamentelegataall’utilizzodigrandi quantitàdifertilizzantiazotati,cherivestonounagrande Proveparcellari importanza per l’incremento delle produzioni in termini Al fine di valutare gli effetti dei due elementi minerali, quantitativi e qualitativi. Tuttavia, il ricorso ad elevate azoto (N) e zolfo (S), si è provveduto ad allestire due quantità di concimi azotati ha creato negli ultimi anni provedicampo,condotteneglianni2011/12e2012/13, diversi ordini di problemi, in quanto: a) il costo nei terreni dell’azienda Belfuggito sita in S. Angelo energetico per la loro produzione è estremamente alto; Lodigiano (LO), impiegando un disegno sperimentale a b) ha contribuito a determinare l’inquinamento delle blocchi randomizzati con tre repliche (parcella acquedisuperficieedifalda;c)lanormativarelativaalla elementare 10 m2). Ognuna delle due prove prevedeva: “direttiva nitrati” ha imposto limiti severi relativamente a) 3 varietà di frumento tenero appartenenti a tre diverse classi qualitative: Bologna (frumento di forza), allequantitàdiazotoutilizzabilinelleareevulnerabili. Nelcasodelfrumentotenero,l’individuazionedigenotipi Blasco(frumentopanificabilesuperiore),Illico(frumento ad elevata capacità di assorbimento dell’azoto assume panificabile); b) 4 livelli di concimazione azotata: 0, 80, unaimportanzaparticolaresiaperl’elevaterichiestedel 160e240kgNhaͲ1 ;c)3livellidiconcimazioneabasedi nutriente che la specie manifesta, sia perché questo zolfo:0,30e60kgShaͲ1. carattere è fortemente legato alla qualità panificatoria In fase di accestimento le due prove sono state delle farine. In questi ultimi anni ha assunto una concimate con metà della dose di N prevista e con la importanza sempre maggiore anche l’efficienza d’uso dose di 30 kg haͲ1 di S utilizzando il concime liquido dello zolfo in quanto questo elemento esercita ruoli Azos300(Yara;57%S,15%N).Allostadiodifinelevataè essenziali nella fisiologia della pianta. Una sua carenza stata effettuata la seconda concimazione con N e, dove può determinare, ad esempio, una diminuzione previstodalprotocollo,conS. dell’efficienzadell’usodell’azotoounadiminuzionedella Le date nelle quali sono stati effettuati i principali capacitàdellapiantadiresistereastressbioticieabiotici. interventiagronomicisonoriportatenellaTabella1. L’obiettivo principale di questa attività è stato quello di valutare, in prove parcellari di pieno campo, l’effetto di Provagenotipi diversi input azotati e solfatici sulla produzione di Quarantagenotipisceltiinbaseall’epocadicostituzione granella in frumento tenero e sulla qualità panificatoria o di diffusione in coltura sono stati seminati in parcelle delle farine ottenute. E’ stata inoltre valutata la costituite da sei file di 1 m di lunghezza, secondo uno variabilità esistente in Triticum aestivum per gli effetti schema sperimentale a blocchi randomizzati con due della concimazione solfatica, mediante l’utilizzo di 40 replicazioni. genotipidifrumentoteneroappartenentiallabancadel Non è stato previsto l’apporto di diverse dosi di N, ma germoplasma disponibile presso CRAͲSCV e selezionati solo la concimazione azotata aziendale frazionata (1/3 ooo 00 Tabella1.Schedaagronomicadeicampiprova Provaparcellare Provaparcellare Provagenotipi 2011/12 2012/13 2011/12 Tessituradelterreno medioimpasto medioimpasto medioimpasto tendentesabbioso tendentesabbioso Colturaprecedente maisdatrinciato maisdatrinciato maisdatrinciato Datadisemina 10/11/2011 20/11/2012 20/11/2011 Datedistribuzioneazoto 06/03/2012 27/03/2013 14/03/2012 28/04/2012 02/05/2013 21/03/2012 17/04/2013 22/03/2012 27/04/2012 09/05/2013 27/04/2012 17/07/2012 19/07/2013 28/07/2012 Datedistribuzionezolfo Datadiraccolta alla semina, 1/3 ad inizio accestimento e 1/3 in levata, La primavera è stata fresca, con temperature medie per un totale di 120 unità haͲ1 di N). Lo zolfo è stato intornoai20°Cdurantelaspigaturaemaisoprai30°C distribuito ad inizio accestimento (30 kg haͲ1) e, dove durante la fase di riempimento delle cariossidi. Per previsto dal protocollo sperimentale, allo stadio di fine quanto riguarda le precipitazioni, si sono registrate levata(30kghaͲ1). quotidianamente pioggia o neve dall’inizio di novembre finoallaprimadecadedigiugno.Ilcomputototaledella Andamentometeo pioggia caduta in tale periodo è stato di oltre il doppio L’andamento climatico relativo al primo anno di rispetto allo stesso periodo del primo anno. valutazione, durante la stagione autunnale, è risultato Relativamente alle fitopatie non si sono registrati favorevoleperleoperazionidisemina.Ilclimainvernale attacchi di oidio, mentre sono stati di media intensità èrisultatoparticolarmenterigidoesonostatiriscontrati, quelli di septoriosi e fusariosi della spiga. La ruggine specialmente nella prima decade di febbraio, valori di brunasièpresentataabbastanzatardivamenteenonha temperatura estremamente bassi. Le precipitazioni arrecatodannisignificativi. nevose hanno comunque protetto la coltura dagli abbassamenti termici. Queste condizioni climatiche, che RISULTATIOTTENUTI hanno caratterizzato la dormienza vegetativa, sono perdurateperquasituttoilmesedifebbraio.Alrisveglio Proveparcellari vegetativo, le abbondanti piogge primaverili, Nelle Tabelle 2 e 3 sono riportati i principali risultati accompagnatedall’aumentogradualedelletemperature, agronomici relativi ai fattori “dose N” e “dose S” per i hanno sostenuto lo sviluppo delle piante, le quali non due anni di prova. Dall’analisi della varianza (dati non hanno mostrato infezioni tangibili da parte di agenti presentati), per il primo anno, effetti significativi per i fungini. La maggiore frequenza delle precipitazioni in due fattori sono stati riscontrati solamente per il peso corrispondenzadeimesidimaggioegiugnohacausato, ettolitrico; nel secondo anno, invece, l’azoto ha in alcuni casi, l’insorgenza tardiva di alcune malattie evidenziato effetti significativi per tutti i caratteri crittogamiche, quali fusariosi della spiga e septoriosi. agronomici presi in considerazione mentre lo zolfo ha Tuttavia, l’entità degli apporti idrici naturali ha avuto effetti significativi sui caratteri produzione di determinato un aumento delle produzioni unitarie e granella, peso ettolitrico e data di spigatura. Interazioni dellaqualitàmerceologicadelprodottoallaraccolta,con significative tra i due elementi sono state evidenziate valoritalvoltasuperioriallamedia. solamente nel primo anno per i caratteri data di L’andamento climatico che ha accompagnato il ciclo spigatura,altezzapiantaedannidaseptoria. colturaledelfrumentonelsecondoannodiprovaèstato Nel 2011/12 (Tabella 2) la produzione media è risultata caratterizzato da temperature invernali miti e da decisamente buona (7,68 t haͲ1). La produzione di precipitazioniabbondanti. granella era incrementata, come atteso, dall’aumento Durante l’inverno la media settimanale della della disponibilità di N (passando da 6,98 t haͲ1 per la temperatura minima non è mai scesa sotto i Ͳ2 °C, con dose 0 a 8,09 t haͲ1 per la dose 240), ma veniva puntediͲ6°Cnellaprimadecadedidicembre. penalizzatadalladosepiùelevatadiS. Tabella2.Effettidellaconcimazioneazotataesolfaticasulleprincipalicaratteristicheagronomiche.Idatisiriferiscono allacampagnaagraria2011/12. Azoto Zolfo Produzione Peso Data Altezza Septoria granella ettolitrico spigatura pianta (thaͲ1) (kghLͲ1) (ggda1/4) (cm) (0Ͳ9) 0 6,98 77,3 36 84 3,2 80 7,81 78,5 35 85 3,1 160 7,84 77,3 36 86 3,1 240 8,09 76,9 36 86 3,4 DMS 1,27 0,8 1 3 0,5 (P0.05) 0 7,58 77,1 36 85 3,3 30 7,91 77,4 36 85 3,1 60 7,55 78,0 36 85 3,2 DMS 0,59 0,8 0 2 0,2 (P0.05) Media 7,68 77,5 36 85 3,2 CV 7,3 1,2 1,7 3,5 15,3 Tabella3.Effettidellaconcimazioneazotataesolfaticasulleprincipalicaratteristicheagronomiche.Idatisiriferiscono allacampagnaagraria2012/13 Azoto Zolfo Produzione Peso Data Altezza Septoria granella ettolitrico spigatura pianta (thaͲ1) (kghLͲ1) (ggda1/4) (cm) (0Ͳ9) 0 3,27 79,6 49 61 6,6 80 5,09 79,3 47 70 6,3 160 5,90 78,5 48 72 6,0 240 6,41 77,5 48 74 5,8 DMS 0,39 0,8 1 2 0,3 (P0.05) 0 5,31 79,3 47 70 6,1 30 5,32 78,5 49 69 6,1 60 4,88 78,4 48 69 6,3 DMS 0,26 0,6 1 2 0,2 (P0.05) Media 5,17 78,7 48 69 6,2 CV 10,6 1,1 2,4 4,9 5,2 Questo andamento risultava evidente anche (tenacità/estensibilità), che diminuiva gradualmente da nell’interazione con le singole dosi di N e con le singole 0,99 (N0) a 0,57 (N240): tale variazione era imputabile varietà(datinonpresentati). essenzialmenteall’aumentodell’estensibilità(L),mentre Nel secondo anno (Tabella 3) la resa media è risultata la tenacità (P) non subiva variazioni. Sul parametro P/L decisamentepiùbassa(5,17thaͲ1)conundecrementodi sono state altresì registrate interazioni tra i due tipi di ben 2,51 t haͲ1 rispetto all’anno precedente. Evidenti concimazione, sebbene non sia possibile evidenziare un risultavano anche gli effetti della concimazione azotata chiarotrend(Figura1B). con produzioni che variavano da 3,27 t haͲ1 per la dose Laconcimazioneazotataavevaunforteeffettoanchesul N0 a 6,41 t haͲ1 per la dose N240. Anche in questa parametro W, che rappresenta la forza della farina, che seconda prova si confermava la tendenza delle dosi cresceva progressivamente al crescere della dose di elevatediSaridurreilivelliproduttivi.Ilpesoettolitrico azoto. Lo zolfo, nella dose massima (S60) produceva un era invece diminuito da dosi elevate sia di N sia di S. aumentodelparametro,moltoevidentesoprattuttoalla L’andamentodeiprincipaliparametriqualitativirelativial dosediN80(Figura1C). primoannodiproveèriassuntonellaTabella4,mentre I parametri farinografici erano positivamente influenzati le interazioni tra le due tipologie di concimazione sono dalla concimazione azotata, con il generale aumento riportate,peralcunicaratteri,nellefiguresuccessive. della stabilità e la conseguente proporzionale riduzione Ilparametrohardness(Tabella4),ovveroladurezzadella dellacadutapassandodaltrattamentoN0altrattamento cariosside, appariva fortemente influenzato dalla N240; la concimazione a base di zolfo determinava la concimazione azotata: già a basse dosi (N80), infatti, stessa tendenza, anche se con variazioni molto più l’indice di durezza medio si attestava sui valori dei contenute. L’assorbimento idrico degli impasti frumentiditipohard.Levariazionidell’hardnessdovute aumentavadiduepuntipercentualigiàconladoseN80 allozolfoeranoinvecetrascurabili. per poi mantenersi invariato alle dosi superiori; in Il contenuto proteico delle farine, come ben noto, è assenza della concimazione azotata (N0) si evidenziava risultato strettamente dipendente dall’apporto azotato: un forte contributo dello zolfo nella dose di 60 unità ladosemassima(N240)nehaprodottounincrementodi sull’assorbimentoidricodegliimpasti(Figura2A). quasi quattro punti percentuali (Tabella 4 e Figura 1A). Rimangonodaverificaresulraccoltodelsecondoannodi Gli effetti dello zolfo su tale parametro erano invece prove le interazioni delle concimazioni solfatiche sulle modesti e solo in assenza di concimazione azotata (N0) dosiN160eN240. l’apportodizolfoallamassimadoseS60sembravaessere Nelleprovedipanificazione,iparametrimigliorisisono determinante(Figura1A). registrati con la concimazione azotata N160, mentre lo L’andamento del volume di sedimentazione in SDS in zolfodipersénonhaprodottovariazionisostanziali.Le funzione della concimazione azotata risultava in linea, interazioni risultavano piùmarcate per il volume, anche come atteso,con quello precedentemente descritto per se I risultati necessitano una ulteriore validazione sul il contenuto proteico; in questo caso tuttavia, la dose raccoltodelsecondoanno(Figura2B,C). N160 sembrava sufficiente a raggiungere la massima performancequalitativa(Tabella4). Provagenotipi Per quanto riguarda i parametri alveografici, si Per questo studio è stata utilizzata una collezione riscontravaunforteeffettodell’azotosulrapportoP/L costituitada40lineedifrumentoteneroarbitrariamente Stabilità (mm) 3,6 11,6 16,2 18,9 11,8 12,2 13,7 12,6 Caduta (UB) 93 31 20 5 43 37 32 37 Assorbimento (%) 54,5 56,7 56,7 56,7 56,3 55,7 56,5 56,2 Farinografo Figura1.Effettidellaconcimazioneazotataesolfaticasulcontenutoproteicodellefarine(A),esuiparametrialveograficiP/L(B)eW(C). Tabella4.Effettidellaconcimazioneazotataesolfaticasulleprincipalicaratteristichequalitative. Azoto Zolfo Hardness Volumedi Proteine Alveografo sedimentazione farina inSDS P P/L W (indice) (mL) (%ss) (mm) (J10Ͳ4) 0 57(medium) 59 9,5 65 0,99 163 80 72(hard) 73 11,9 69 0,72 237 160 71(hard) 77 12,8 69 0,60 270 240 71(hard) 76 13,1 68 0,57 280 0 67(medium) 71 11,7 68 0,74 236 30 68(medium) 71 11,7 67 0,75 224 60 70(medium) 73 12,1 69 0,67 253 Media 68(medium) 71 11,8 68 0,72 238 Volume (cc) 627 712 732 726 705 688 704 699 Altezza (mm) 87 95 97 86 94 93 87 91 Pane Figura3.Effettidellaconcimazionesolfaticasullaproduzione(A),sulcontenutoinproteine(B)esulvolumedisedimentazioneinSDS(C).Irisultatisiriferisconoadunaprovacondottasu40linee difrumentoteneroarbitrariamentesuddivisein9gruppi. Figura2.Effettidellaconcimazioneazotataesolfaticasull’assorbimentoidricodegliimpasti(A),esulvolume(B)el’altezza(C)deiprodottiottenutinelleprovedipanificazione. suddivise in 9 gruppi. I gruppi 1/2 comprendevano le popolazioni locali (gruppo 1) e alcune linee da esse selezionate (gruppo 2); i gruppi 3 e 4 riunivano le linee costituite nei primi tre decenni del XX secolo (materiali sviluppati da Nazzareno Strampelli); i restanti gruppi comprendevano varietà costituite in epoche successive, anni ‘40/’50 (gruppo 5), anni ‘60/’70 (gruppo 6), anni ‘70/’80 (gruppo 7), anni ‘80/’00 (gruppo 8) e anni successivial2000(gruppo9). Come già evidenziato per le prove parcellari, anche in questo caso lo zolfo ha influito negativamente sui livelli produttivi, con decrementi significativi in corrispondenza delladosepiùelevata(Figura3A). Relativamente al contenuto proteico (Figura 3B), indipendentemente dalla dose di S, risultava evidente, come già ampiamente riportato in letteratura, un suo decrementoprogressivoapartiredallevarietàpiùantiche (gruppi 1/2) fino alle più recenti (gruppo 9), con una riduzionedicircaduepuntipercentuali.Inognigruppo,ad eccezione del gruppo 3, all’aumentare della dose di S il contenutoproteicorisultavapiùelevatorispettoalladose S0. Il volume di sedimentazione in SDS (Figura 3C), che rappresenta un indice della qualità del glutine, ha mostrato un andamento tra i gruppi opposto rispetto a quello del contenuto proteico: i gruppi 1/2 e 3 infatti, nonostante avessero mostrato il contenuto proteico più elevato, hanno fatto registrare, indipendentemente dalla dosediS,unvolumebasso,quindiunaqualitàdelglutine scarsarispettoallevarietàpiùrecenti. Anche questo dato è in accordo con i dati presenti in letteratura e con nostre precedenti esperienze, e viene spiegato con la selezione, durante il percorso del miglioramento genetico, di genotipi con subunità gluteniniche e gliadiniche (i componenti principali del glutine) in grado di conferire al glutine, grazie alla peculiare struttura molecolare, una maggiore qualità. Il volume di sedimentazione non sembrava però essere influenzatodallaconcimazioneabasedizolfo. RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI Alla luce dei primi risultati ottenuti dalla sperimentazione agronomica sulla concimazione del frumento, si può evidenziare che: a) l’azoto influisce positivamente sui livelli produttivi mentre lo zolfo, distribuito a dosi elevate, tende a deprimerli; b) il peso ettolitrico è influenzato negativamente da dosi elevate sia di azoto che di zolfo; c) i principali parametri qualitativi e tecnologici sono positivamente influenzati dall’azotomaanchedallozolfo,seppureinmodomeno eclatante. Tali risultati andranno comunque confermati conleanalisisulmaterialederivantedalsecondoannodi prove. Si ritiene tuttavia necessaria l’impostazione di ulteriori sperimentazioni, in particolare ripetute in ambienti con caratteristiche pedoclimatiche differenti, al fine di definire in maniera precisa l’interazione tra l’apporto di azotoel’apportodizolfosullecaratteristichequalitative etecnologichedellefarinedifrumentotenero. III.EFFICIENZAD’USODELL’AZOTOINRISO–UNIMI(Responsabile:AntonioFerrante) ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE Lostudioèstatocondottosu12varietàdiriso(Arborio, Baldo, Balilla, Carnaroli, Centauro, Gange, Gladio, Loto, Roma, Selenio, Sirio e Vialone) scelte fra le più rappresentativepergliambientirisicoliitalianialloscopo di ottenere informazioni sulla loro capacità di utilizzazione del nitrato quando allevate in condizioni di diversa disponibilità di ossigeno nel mezzo di crescita, ovvero in situazioni simulanti i terreni di coltivazione in asciutta e in sommersione. A tale scopo le piante sono state coltivate in idroponica adottando: i) una soluzione nutritiva standard mantenuta costantemente aerata per simulare le condizioni di coltivazione in asciutta; ii) una soluzione definita “stagnante”, addizionata con agar 0,1% ed in grado di mantenere condizioni ipossiche, tipiche dei terreni sommersi, a livello degli apparati radicali. Le piante sono state allevate nelle suddette condizioni per 4 settimane, per poi essere campionate separandoleradicidalleporzioniaeree. L’azoto totale delle radici e dei germogli è stato determinato per mezzo di un analizzatore elementare, mentre il contenuto in nitrato è stato dosato con il metodo dell’acido salicilͲsolforico. Su campioni ritenuti rappresentativi si è provveduto a dosare anche l’attività della nitrato reduttasi (NR), un enzima chiave dell’assimilazionedelnitratonellepiante. RISULTATIOTTENUTI L’efficienza d’uso del nitrato, intesa come capacità di assimilazione, è stata determinata, nelle 12 varietà analizzate, per mezzo del rapporto nitrato/azoto totale (NO3Ͳ/Ntot)checaratterizzavasileradicisiaigermogli. I risultati hanno evidenziato un accumulo di nitrato nettamente più alto nelle piante ipossiche rispetto a quellenormossiche,sianellaradicisianellaparteaerea. Il più elevato contenuto di nitrato nel germoglio è stato rilevato nella varietà Vialone, con 53 ђmol gͲ1 PF e 37 ђmol gͲ1 PF rispettivamente nelle condizioni di allevamento in soluzione stagnante ed in soluzione aerata. Nel gruppo con valori più alti, dopo Vialone, si ritrovano Carnaroli, Gladio, Arborio e Loto, con 40Ͳ45 ђmol gͲ1 PF (soluzione stagnante) e 18Ͳ25 ђmol gͲ1 PF (soluzioneareata).Leconcentrazionipiùbassesonostate riscontrate nelle varietà Baldo, con 25 ђmol gͲ1 PF (seppureconun’ampiavariabilità)e21ђmolgͲ1PF,ein Centauro, con 26 ђmol gͲ1 PF e 20 ђmol gͲ1 PF, rispettivamente nella soluzione stagnante e nella soluzioneossigenata(Figura1). La capacità di accumulare nitrato nelle radici non sembrava essere relazionabile a quella descritta per le porzioniaereenellediversevarietà(Figura2).Lacapacità di accumulo dei due organi è infatti risultata diversa e variabiledavarietàavarietà,indicandochelepiante Figura1.Concentrazionedinitratoneigermoglidipiantediriso allevateinsoluzioniaerateestagnanti.Ivaloririportatisonole medieconlerelativedeviazionistandard(n=4). potrebbero differire per le loro caratteristiche di distribuzione interna del nitrato. Si può inoltre notare (Figura 2) come solo due varietà, Sirio e Carnaroli, non abbiano mostrato differenze significative nella concentrazionedinitratonelleduecondizionidicrescita. Figura2.Concentrazionedinitratoneigermoglidipiantediriso allevateinsoluzioniaerateestagnanti.Ivaloririportatisonole medieconlerelativedeviazionistandard(n=4). Considerando il rapporto NO3Ͳ/Ntot, adottato in questo studiocomeindicedell’efficienzad’usodelnitrato,sipuò affermare che tutte le varietà allevate in condizioni non limitanti di ossigeno hanno mostrato un’efficienza più elevata (rapporto più basso). Le varietà Baldo, Gange, Sirio, Centauro e Selenio mostravano di essere le più efficienti. Baldo e Gange non mostravano differenze di efficienzanelleduecondizionidiallevamento.Levarietà menoefficientisonorisultateCarnaroli,Vialone,Arborio eLoto(Figura3). L’efficienzad’usodelnitratonelleradicièrisultataessere inferiorerispettoaquellamisurataneiigermogli(Figura 4). Analogamente a quanto descritto per le porzioni aeree l’efficienza risultava inferiore nelle condizioni di allevamentoinsoluzionestagnante.Ancheinquestocaso la distribuzione delle varietà in funzione dell’efficienza d’usodifferivaparzialmenterispettoaquelladescritta B A Ͳ Figura. 3. Rapporto NO3 /Ntot in germogli (A) e radici (B) di 12 varietà di riso allevate in soluzioni aerate e stagnanti. I valori riportatisonolemedieconlerelativedeviazionistandard(n=4). conriferimentoalleporzioniaeree. Glistudisull’assimilazionedelnitratosonostaticondotti, misurando l’attività della nitrato reduttasi, su 4 varietà (Carnaroli, Centauro, Selenio e Vialone) che hanno mostrato un comportamento estremo in termini di efficienzad’usodelnitrato(Figura4). In tre varietà, Carnaroli, Centauro e Selenio, l’attività dellaNRneigermoglièrisultatapiùelevatanellepiante coltivateincondizioni stagnanti(da2a5voltepiùalta); nella varietà Vialone, invece, non si osservavano differenzesignificativetraleduecondizioni. RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI IrisultatiottenutiindicanocheilrapportoNO3Ͳ/Ntotèun ottimoindiceperpotereindividuarelevarietàchehanno una migliora efficienza d’uso del nitrato. In generale, le piante allevate in condizioni di ossigeno non limitante, ossia in condizioni simulanti l’asciutta, hanno un’efficienza d’uso del nitrato maggiore. In queste condizioni la varietà con un più alto valore di efficienza d’uso del nitrato era Selenio, mentre in condizioni di anossialemiglioriprestazionisisonoregistrateperSirio, Selenio e Loto. In conclusione è possibile affermare che le condizioni di ipossia inducono un maggiore accumulo di nitrato e una minore efficienza d’uso. In areata/asciutta si ottengono risultati diametralmente opposti.Ciononostantelepianteallevatenellasoluzione stagnate hanno uno sviluppo e una colorazione delle foglie migliore. Ulteriori studi sull’espressione dei geni codificanti per gli enzimi coinvolti nell’organicazione del Figura 4. Attività della nitrato reduttasica nei germogli di 4 varietà di riso. I valori riportati sono le medie con le relative nitratosonoattualmenteincorsoperdelucidarequesto comportamento. deviazionistandard(n=4). IV. MONITORAGGIO DELLE POPOLAZIONI MICROBICHE COINVOLTE NEL CICLO DELL’AZOTO E SELEZIONE DI COLTURE BATTERICHE CON ATTIVITÀ BIOFERTILIZZANTE – UNIMI (Responsabile: DanieleDaffonchio) ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE Nel luglio 2012 si è provveduto al campionamento di piante di mais e riso sottoposte a diverse pratiche agricole. Nello specifico, presso l’Ente Risi di Mortara sono state campionate due varietà di riso (Baldo e Gladio)coltivateinasciutta(ovveroirrigazioneturnata)o in sommersione e, contemporaneamente, sottoposte o meno a concimazione azotata, secondo lo schema riportatoinTabella1,peruntotaledi8tesi. Nelcasodelmaissonostateprelevatepiantesottoposte o meno a concimazione azotata ed entrambe regolarmenteirrigatepressoicampidelCRAdiBergamo, peruntotaledi2tesi(Tabella1). Perognitesisonostateprelevate3piante,trasportatein condizioni refrigerate in laboratorio. Entro 24 ore dal campionamento perciascuna pianta la frazione di suolo rizosferico aderente l’apparato radicale (R) è stata separatadalleradici,dallequalièstatasuccessivamente ricavata, previa sterilizzazione superficiale, la frazione endofita (E) costituita dalla microflora che colonizza i tessutiinternidellapianta.Lefrazionicosìsuddivisesono stateconservatea4°CpergliisolamentieaͲ20°Cperle analisimolecolari. Monitoraggiodellepopolazionimicrobichecoinvoltenel ciclodell’azoto Icampionirizosfericiottenutidallepiantedimaise riso sono stati utilizzati per lo studio delle comunità batteriche ad esse associate, con particolare interesse perlecomunitàbatterichecoinvoltenelciclodell’azoto. Per studiare la comunità batterica è stato utilizzato un approccio di ecologia microbica molecolare in grado di descriverelastrutturaelacomposizionedellacomunità batterica totale senza le limitazioni imposte dalla coltivazione. Il DNA totale è stato estratto da ciascuna rizosferaedutilizzatocometemplatoperl’amplificazione tramitePolymeraseChainReaction(PCR)diduespecifici geni: i) il gene nifH codificante per una subunità della nitrogenasi,enzimaessenzialeperlafissazionedell’azoto atmosferico (Wakelin et al., 2007); ii) una porzione specifica del gene 16S rRNA conservata all’interno della classe dei Betaproteobatteri, batteri noti in letteratura per la loro capacità di ossidare l’ammonio (Offre et al., 2009). La struttura e la diversità delle comunità microbiche sono state descritte applicando tecniche di PCR DNAͲfingerprinting (DGGE) con successiva analisi statisticadeirisultati(PrincipalComponentAnalysis,PCA) (Marascoetal.,2013).00 Selezione di colture batteriche con attività biofertilizzante Perlaselezionarecolturebattericheconattività biofertilizzante si è proceduto all’isolamento di batteri con attività deaminasica dell’acido 1Ͳaminociclopropano carbossilico (ACCd) dalla frazioni endofita e rizosferica, secondoilprotocollodescrittodaPenroseeGlick(2003). Tale enzima è in grado di degradare l’ACC, immediato precursore dell’etilene prodotto dalla pianta in condizioni di stress (Glick et al., 2003). I batteri così isolati sono stati quindi identificati tramite sequenziamentodelgene16SrRNAesottopostiaduno screening tramite saggi in vitro per valutarne le potenzialitàdipromozionedellacrescitavegetale(PGP). In particolare sono state valutate le attività PGP correlate:i)adunmiglioramentodellostatonutrizionale della pianta quali la solubilizzazione del fosfato inorganico (Mehta e Nautiyal, 2001) e l’aumento della biodisponibilità del ferro tramite rilascio di siderofori (Schwyn e Neilands, 1987); ii) all’influenza diretta sul bilancioormonaledellapiantatramitesintesidell’auxina acido 3Ͳindolacetico, coinvolta nella proliferazione radicale (Brick et al., 1991) e iii) per la sintesi di esopolisaccaridi (Santaella et al., 2008) in grado di favorirelacolonizzazioneradicaleetratteneremolecole d’acquaneidintornidellaradicegrazieallaformazionedi unbiofilmidrofilico.Sullabasedelnumeroedelprofilo di attività PGP di ciascun ceppo, un ristretto numero di isolati è stato selezionato e saggiato in microcosmo su piante di mais per validarne l’attività biofertilizzante in vivo. RISULTATIOTTENUTI Analisi della comunità microbica coinvolta nel ciclo dell’azoto:batteriazotofissatorieammonioossidanti Lostudiocondottosullecomunitàbattericheassociateal sistema radicale di piante di riso e mais ha permesso di acquisire informazioni più complete sui microrganismi coinvolti nel ciclo dell’azoto. In particolare sono state analizzatelepopolazionicoinvolteinduefasidistintedel ciclo dell’azoto che hanno forti ripercussioni, rispettivamente,sullaproduttivitàagricolaelaperditadi concimazione azotata, quali la fissazione dell’azoto e l’ossidazionedell’ammonio(Bernhard,2012). L’analisi statistica PCA condotta sui profili di bande ottenuti da DGGEͲfingerprinting (Figura 1A e C) mostra comelastrutturadellecomunitàdiazotrofeassociatealla rizosfera di mais e di riso della varietà Gladio risultino influenzate, rispettivamente, dal sito (parcella di provenienza) e dalle pratiche irrigue (Figura 1D e G). Al contrario, il microbioma azoto fissatore associato alla rizosfera di riso Baldo risulta influenzato dalle pratiche irrigue, in particolare si riscontra una struttura significativamentediversadatuttelealtrenelcasodelle rizosferedipiantecresciuteinasciuttaenonsottoposte Tabella1.Elencodelmaterialevegetalecampionatoripartitosullabasedelletecnichecolturaliutilizzatedurantela crescitarisoemais. Pianteanalizzate Praticheagricoleapplicate Crescitainasciutta Crescitainsommersione Riso(Gladio) +N ͲN +N ͲN Riso(Baldo) +N ͲN +N ͲN Mais Irrigazioneregolare +N ͲN aconcimazioneazotata(Figura1BeE). Per quanto riguarda le comunità batteriche ammonio ossidanti (AOB), nella rizosfera di mais trattato con diversa fertilizzazione azotata non si distinguono significativamente tra loro, dimostrando come l’apporto azotato non influisca nel determinarne la struttura (Figura 2A e D). Al contrario, nel caso del riso della varietà Baldo la comunità AOB, analogamente a quanto osservato per gli azoto fissatori, risulta fortemente influenzata dalle pratiche irrigue: le comunità si distinguonoinbaseallapraticacolturaleinsommersione o in asciutta, con un debole effetto dovuto alle concimazioni azotate (Figura 2B e E). Anche nel caso della rizosfera del riso della varietà Gladio le pratiche irriguehannounamaggiorinfluenzasullacomunitàAOB, edinparticolarelacombinazionedicrescitainasciuttae senza concimazione modella una comunità microbica AOBpeculiare(Figura2CeF). Isolamentodibattericonpotenzialebiofertilizzante Una collezione di 379 isolati batterici con attività ACC deaminasica è stata ottenuta dalla frazione endofita e rizosfericadipiantedimaiseriso.L’identificazionedegli isolatieladistribuzionedeitaxahannoevidenziatocome intutteeduelecoltureanalizzatelacomunitàrizosferica sia caratterizzata da una maggior diversità filogenetica rispetto alla frazione endofita. La comunità endofita coltivabile del riso è risultata costituita da batteri dei generi Enterobacter e Bacillus mentre la comunità dell’endosferadimaispresentavaunmaggiornumerodi generitracuiEnterobacter,Burkholderia,Pseudomonas, Azomonas e Stenotrophomonas. Le frazioni rizosferiche delleduecolturesonorisultatecomposteprincipalmente da batteri appartenenti alla famiglia delle Enterobacteriaceae, con la dominanza dei generi EnterobactereKlebsiella(Figura3). Una collezione di 379 isolati batterici con attività ACC deaminasica è stata ottenuta dalla frazione endofita e rizosfericadipiantedimaiseriso.L’identificazionedegli isolatieladistribuzionedeitaxahannoevidenziatocome intutteeduelecoltureanalizzatelacomunitàrizosferica siacaratterizzatadaunamaggiordiversitàfilogenetica rispetto alla frazione endofita. La comunità endofita coltivabile del riso è risultata costituita da batteri dei generi Enterobacter e Bacillus mentre la comunità dell’endosferadimaispresentavaunmaggiornumerodi generitracuiEnterobacter,Burkholderia,Pseudomonas, Azomonas e Stenotrophomonas. Le frazioni rizosferiche delleduecolturesonorisultatecomposteprincipalmente da batteri appartenenti alla famiglia delle Enterobacteriaceae, con la dominanza dei generi EnterobactereKlebsiella(Figura3). IrisultatiottenutidaitestinvitrosonoriportatiinFigura 4 e mostrano come in entrambi i modelli vegetali i batteriendofitipresentanounnumeromaggiorediceppi conattivitàPGP(72,7%)rispettoairizobatteri(58%).Per quanto riguarda la distribuzione delle attività si nota comelacapacitàdisintetizzareauxinesiapresenteinun numero significativo di isolati batterici provenienti da entrambelespecievegetalisaggiate(55,2%inrisoe80% inmais).Alcontrario,lacapacitàdisolubilizzareifosfati è più diffusa nella comunità microbica associata al mais (84%deiceppi).Lecapacitàdiprodurreesopolisaccaridi e siderofori coinvolti, rispettivamente, nella protezione delle radici e nella biofertilizzazione del suolo, sono ugualmente distribuite all’interno delle due comunità analizzate(44,8%e51,7%inrisoe32%e40%inmais). DieciisolaticonattivitàACCdselezionatidaitestinvitro sonostatisaggiatiinvivopervalutarelalorocapacitànel promuovere la crescita vegetale su piante di Zea mays (mais). Questo test ha permesso di selezionare 5 ceppi batterici che grazie alle loro attività biofertilizzanti sono ingradodifavorirelacrescitavegetalemanifestandoun aumentodibiomassaprodottadallapiantachevariadal 86% al 139%, rispetto al controllo non batterizzato (Figura5). RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI Esistonoindicazionisemprepiùchiareriguardantiilruolo dei batteri, naturalmente associati alle piante, nell’esercitare un effetto positivo sulla crescita delle pianta stesse grazie alla loro capacità di favorire l’assorbimentoediltrasferimentodinutrienti.Inaltri Figura1.AnalisidellacomunitàbattericaazotoͲfissatrice.ProfiliDGGEdellacomunitàmicrobicaassociataapiantedimais(A),riso Baldo(B)erisoGladio(C),soggetteallediversepratichecolturalianalizzate.AnalisiPCAdei“lineplotprofile”ottenutitramitela conversionedeiprofilidibandediognicampionemediantel’utilizzodelsoftwareImageJ(D,EeF). Figura2.AnalisidellacomunitàbattericaammonioͲossidante.ProfiliDGGEdellacomunitàmicrobicaassociataapiantedimais(A), risoBaldo(B)erisoGladio(C),soggetteallediversepratichecolturalianalizzate.AnalisiPCAdei“lineplotprofile”ottenutitramite laconversionedeiprofilidibandediognicampionemediantel’utilizzodelsoftwareImageJ(D,EeF). Figura 3. Distribuzione filogenetica degli isolati. Percentuale di generi batterici all’interno delle frazioni (END, endofita; RIZ, rizosferica)nellepiantedimaiserisoanalizzate. Figura4.DistribuzionedelleattivitàPGPinrisoemais.E,endofiti;R,rizosfera;IAA,produzionediauxine;SolP,solubilizzazionedel fosfatoinorganico,EPS,produzionediesopolisaccaridi;Sid,produzionedisiderofori. Figura5.Valutazionedell’attivitàdipromozionedellacrescitainvivo.Incrementopercentualedellostelodipiantedimaisbatte rizzatedopotresettimanedicrescitainserra.CN,controllonegativononbatterizzato. termini questi batteri, classificati come batteri PGP (PGPB),svolgonoun’azionebiofertilizzantefornendoalla piantanutrientiinformabiodisponibilequaliazoto,ferro efosfati,unitamenteasostanzeadattivitàormonale.Le comunità microbiche del suolo hanno inoltre un ruolo fondamentale nei cicli degli elementi e nelle caratteristichenutrizionaliedifertilitàdelsuolostesso.Il presente studio si è concentrato pertanto: i) sulle popolazioni microbiche coinvolte nel ciclo dell’azoto, in particolareresponsabilidellareazionediazotofissazione che incrementa la quantità di azoto ammoniacale nel suolo, e nella reazione di ammonio ossidazione che ossidando questo nutriente a nitrito contribuisce alla perditadiazotodalsuolo;ii)sullaselezionedibattericon proprietà di promozione della crescita delle piante, che potrebbero essere sfruttati nella formulazione di biofertilizzanti in pratiche agricole sostenibili contribuendoa ridurre l’utilizzo di fertilizzanti chimici. Il rapporto tra rilascio e fissazione di azoto atmosferico è un parametro fondamentale nella determinazione del bilancio nutritivo del suolo. Al tempo stesso, ancora pocheinformazionisonodisponibiliriguardoall’influenza delle pratichedi fertilizzazione azotata sulla funzionalità dellecomunitàmicrobichecoinvoltenelciclodell’azoto. L’analisidellecomunitàmicrobicheassociateapiantedi riso sottoposte a specifiche scelte agrotecniche e varietalihapermessodivalutarequalidiquestesianoin grado di influenzare il ciclo dell’azoto, minimizzando le perdite di azoto sotto forma gassosa e quindi contribuendo al miglioramento complessivo della NUE (NitrogenUseEfficiency). I risultati ottenuti da questo studio, condotti sull’intera comunità microbica grazie all’utilizzo di tecniche molecolari, mostrano come le pratiche agricole siano in gradodi influenzare le popolazioni microbichecoinvolte nel ciclo dell’azoto. È da sottolineare il fatto che l’apportodifertilizzantinonrisultaessereunfattoreche influenza significativamente la diversità microbica della microflora del suolo. Al contrario, i dati mostrano come parcellediversedisuolo,potenzialmentecaratterizzate da microͲdifferenze nelle variabili ambientali e nella composizionechimicaelepraticheirrigueesercitinouna forteinfluenzasuquestecomunità.Perquantoriguarda la selezione di specifici ceppi microbici capaci di promuoverelacrescitavegetale,idatimostranocomele piante di mais e riso, sottoposte o meno alla concimazione azotata, presentino naturalmente una fonte di batteri PGP. Gli isolati selezionati costituiscono quindiuninteressantepresuppostoperlacostituzionedi formulati biofertilizzanti in grado di promuovere la crescitadellecolturecerealicoleriducendolarichiestadi apporti di fertilizzante, necessari nell’ottica di un’agricolturadilowͲinput. I dati ottenuti mostrano come i) le pratiche colturali in alcuni casi sono in grado di influenzare specifici gruppi funzionali batterici aventi un ruolo importante nei riguardi della fertilità del suolo, ii) l’apporto di fertilizzanti non risulti essere il fattore che influisce maggiormente sulla diversificazione della comunità coinvolta nel ciclo dell’azoto, che appare invece influenzata principalmente dalle tecniche irrigue per quantoriguardailrisoedallamicrovariabilitàdelsuolo per quanto riguarda il mais. L’analisi della comunità coltivabile associata al sistema radicale di riso e mais mostracomequestepiantesianoassociateabattericon un interessante potenziale biofertilizzante. Infatti, le attività PGP più diffuse tra gli isolati ottenuti rappresentano alcuni dei meccanismi ritenuti fondamentaliperlapromozionedellacrescitavegetale. La produzione di IAA in particolare, un fitormone appartenente al gruppo delle auxine, influenza direttamente il bilancio ormonale della pianta, stimolando in particolare lo sviluppo dell’apparato radicale.Lasolubilizzazionedelfosfatoinoltregarantisce lapresenzadifosforobiodisponibile,checostituisceuno deifattorilimitantilosviluppodellapianta.Ilpotenziale PGP osservato in vitro è stato confermato in vivo da 5 ceppi. I 5 ceppi risultano quindi promettenti inoculi battericichepotrebberotrovareutilizzoperapplicazioni biofertilizzantiincampo. V.EFFICIENZAD’USODELLOZOLFOINRISO–UNIMI(Responsabile:FabioFrancescoNocito) ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE 12 varietà di riso (Arborio, Baldo, Balilla, Carnaroli, Centauro, Gange, Gladio, Loto, Roma, Selenio, Sirio e Vialone), selezionate fra quelle di maggior interesse per gli ambienti risicoli italiani, sono state caratterizzate con riferimentoalcarattere“efficienzad’usodellozolfo”. Lostudioèstatocondottosupianteallevateincondizioni controllate(fitotrone), in soluzioni idroponiche simulanti le condizioni del suolo di risaia in asciutta (soluzione aerata) e in sommersione (soluzione stagnate). Il primo sistemadiallevamentoprevedel’utilizzodiunasoluzione idroponica completa mantenuta aerata in modo da simulare le condizioni di disponibilità di ossigeno che si verificano nei suoli non sommersi; il secondo sistema, invece, prevede l’utilizzo di una soluzione idroponica stagnante (addizionata di agar allo 0,1%) in grado di limitare la diffusione dei gas negli intorni delle radici e, quindi,disimularelecondizionidiallevamentodelrisoin sommersione. L’efficienza d’uso dello zolfo è stata stimatasullabasedelrapportofralaconcentrazionedel solfato e quella dello zolfo totale, sia nelle radici sia nei germoglidellepiante. RISULTATIOTTENUTI Nella condizione di allevamento in soluzione stagnante esiste una discreta variabilità per il carattere efficienza d’usodellozolfoneigermoglidelle12varietàanalizzate. La quantità di zolfo non assimilata variava infatti dal 70,6%inVialoneal92%inRoma(Figura1A). L’allevamentoinsoluzioneaerata(passaggiodaipossiaa normossia) comportava un aumento generalizzato della percentuale di zolfo non assimilata nei germogli e, pertanto,unariduzionedell’efficienzad’usodelnutriente fattaeccezioneperlevarietàRoma,CarnarolieBalilla, in cui non si osservavano variazioni significative del il carattereinesame(Figura1A).Incondizioninormossiche le varietà che presentavano una maggiore efficienza erano Vialone, Balilla, Carnaroli, Gladio e Roma. I comportamenti osservati nel passaggio da ipossia a normossiaeranoprevalentementelegatiadunaumento della concentrazione di solfato nei germogli (Figura 1B); le variazioni nella quantità totale di zolfo presente nei germogli risultavano infatti contenute e generalmente nonsignificative(Figura1C). Per quanto riguarda le radici, il passaggio da una condizione ipossica ad una normossica comportava un incremento significativo sia della concentrazione di solfato (Figura 2A), sia della concentrazione di zolfo totale (Figura 2B), risultando in un decremento della quantitàdizolfoassimilata(Figura2C). RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI Irisultatidiquestostudiohannoevidenziatol’esistenzadi una discreta variabilità per il carattere efficienza d’uso dellozolfoneigermoglidelle12varietàdirisoanalizzate. L’efficienza d’uso in condizioni normali di coltivazione, determinata sulla base del rapporto solfato/S totale, variava infatti dal 70,6 al 92%, indicando che in tutte le varietà analizzate la maggior parte dello zolfo che si ritrovanelleporzioniaereedellepiantenonèassimilato. In modo interessante, lo studio ha evidenziato come il possibilepassaggiodelrisodaunsistemadiallevamento in sommersione ad uno in asciutta possa determinare un’ulteriore diminuzione dell’efficienza d’uso dello zolfo e, pertanto, della capacità potenziale di adattamento delle piante a condizioni di stress di tipo biotico e abiotico.Ladiminuzionediefficienzad’usochesiosserva in modo generalizzato nei germogli delle piante allevate in condizioni normossiche potrebbe pertanto essere legataadunaumentodellatraslocazionedisolfatodalle radicialleporzioniaeree. Figura2.Concentrazionedisolfato(A),zolfototale(B)edizolfoassimilato(C)inradicidipiantedirisoappartenentia12varietàallevateper30giorniinsoluzioniidroponichestagnanti(barre nere)eaerate(barregrigie).Igraficiriportanoivalorimedi±SEottenutiindueesperimenticondottiintriplo(n=6). Figura1.Efficienzad’usodellozolfo(A),concentrazionedisolfato(B)edizolfototale(C)ingermoglidipiantedirisoappartenentia12varietàallevateper30giorniinsoluzioniidroponiche stagnanti(barrenere)eaerate(barregrigie).Igraficiriportanoivalorimedi±SEottenutiindueesperimenticondottiintriplo(n=6). VI. APPROCCI ALLA RIDUZIONE DEGLI INPUT DI FOSFORO NEI SUOLI: Zea mays. – UNIMI (Responsabile:RobertoPilu) ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE La produzione di granella a basso contenuto di acido fitico (low phitic acid, lpa) (Cichy e Raboy, 2008) o con alti livelli di fitasi (BrinchͲPedersen et al., 2002) con conseguenteaumentodellabioͲdisponibilitàdicationie minerali, è considerato un importante traguardo finalizzatoallaproduzionedisemiconqualitànutrizionali migliorate, di grande interesse per i paesi in via di sviluppo(Raboy,2009). Nelle piante lpa, la riduzione di acido fitico è strettamentelegataall’incrementoequivalentenelseme di fosfato inorganico, così che il fosforo totale rimane invariato. Come risultato, il fosforo disponibile per la nutrizione animale ed umana risulta fortemente incrementato. Numerosi studi condotti sugli animali monogastrici hanno infatti mostrato come l’impiego di mangimi a base di mais, orzo o soia lpa determini un incremento dell’utilizzo del fosforo contenuto nel mangime ed una contemporanea riduzione del fosforo escreto,inrapportodirettoconladiminuzionedelfitato e con l’incremento del fosforo non fitinico presente nei semi(CichyeRaboy,2008). Attualmente sono state isolate numerose mutazioni lpa indiversespeciequalimais,frumentotenero,riso,orzo, soia, fagiolo e Arabidopsis thaliana (Rasmussen e Hatzack, 1998; Pilu et al., 2003; StevensonͲPaulik et al., 2005;Guttierietal.,2006;Yuanetal.,2007;Campionet al., 2009). Purtroppo la maggior parte dei mutanti lpa oggi descritti nei cereali presenta alcune caratteristiche indesideratechecompromettonoilivellidigerminazione delle cariossidi e la loro maturazione, nonché la resistenza agli stress delle piante (Pilu et al., 2005; Guttierietal.,2006;Doriaetal.,2009). Per quanto detto, il presente lavoro è stato principalmentefinalizzatoallavalutazionediunpossibile utilizzo del mais lpa nel campo della mangimistica ed all’isolamento di nuove mutazioni lpa da utilizzare nel breedingdelmais. La produzione di semente ibrida lpa (lpa) e della rispettiva semente di controllo (controllo/wt) da utilizzare per la preparazione di mangimi ha richiesto l’allestimento di campi di produzione condotti in collaborazione con l’azienda Agricola 2000 S.c.p.A. In Figura1Asonoriportatiglischemidiincrocioutilizzati.La semente ottenuta è stata quindi impiegataper la per la costituzione di 4 diversi mangimi (controllo/wt, controllo/wt + P, lpa e lpa + P) che sono stati testati su una popolazione di 144 galline ovaiole in un periodo di 45 giorni (Figura 1B). In Figura 1C è invece mostrata la composizione delle 4 formulazioni dove la formulazione wt + P è quella utilizzata normalmente in questi allevamenti. La prova di alimentazione è stata svolta in collaborazione con l’Azienda Agricola Barbante di Mediglia. Prima del loro utilizzo i 4 diversi formulati sono stati analizzatipericontenutiinfosforototaleelibero(Figura 2). L’isolamento di nuove mutazioni lpa in mais ha invece previsto la caratterizzazione di popolazioni mutagenizzate, alcune delle quali costituite in lavori precedenti. RISULTATIOTTENUTI I risultati ottenuti nelle prove di alimentazione delle galline ovaiole hanno mostrato che le4 diete formulate non producevano variazioni significative del peso degli animali(Figura3),nonchédelcontenutoinCa,P,FeeZn Figura1.Schemadiincrocioperlaproduzionedellesementiibride(A)utilizzatesugallineovaiole(B)perlaformulazionedelle4 dietecontrollo/wt,wt+P,lpaelpa+P(C). Figura 2. Quantità di fosforo totale (A) e libero (B) presente nei quattro mangimi proposti alle galline ovaiole durante la prova sperimentale.Lebarrerappresentanoilimitifiducialial5%. Figura3.Gallineovaioleutilizzateperleprovesperimentali(A);pesomediodellegallineovaiolevalutatoadall’inizio(barrabianca) edaltermine(barragrigia)dellaprovadialimentazione(B).Lebarrerappresentanoilimitifiducialial5%. Figura 4. Contenuto in calcio, fosforo, ferro e zinco delle ceneri ottenute dalle ossa delle galline ovaiole utilizzate nella prova di alimentazione.Lebarrerappresentanoilimitifiducialial5%. totale delle ossa (Figura 4) e non influenzavano il (Wt + P), comportava una riduzione significativa della numerodi uova prodotte nel periodo di osservazione quantitàdifosforototalepresentenellapollinaprodotta (Figura5). dalle galline ovaiole durante la prova di alimentazione (Figura6). L’isolamento di nuove mutazioni lpa in mais ha invece previsto la caratterizzazione di due popolazioni mutagenizzate,ottenutepermutagenesichimica(EMS)e traspositivaregionale,quest’ultimaattraversol’usodiun elemento trasponibile Ac che mappava nelle vicinanze dellocusLpa1/ZmMRP4(Figura7). La mutagenesi regionale effettuata con l’elemento Ac, ubicato sul braccio corto del cromosoma 1, ha portato alla produzione di circa 5000 semi mutagenizzati che sono stati saggiati per il contenuto di P libero tramite il saggio di Chen, che permette di determinare rapidamente il fenotipo lpa (Figura 8A). Le putative mutazioni isolate sono in via di caratterizzazione con l’ausilio di marcatori molecolari allele specifici (Figura 8B). Per quanto riguarda la mutagenesi chimica, l’utilizzo mutagenizzante EMS ha portato Figura5.Numerototalediuovaprodotteda36gallineovaiole dell’agente in45giornidurantelaprovadialimentazione. all’isolamento del mutante lpa1Ͳ7 (Figura 9) che purtroppo è risultato essere inutilizzabile dal punto di I risultati hanno inoltre evidenziato che l’adozione di vista del breeding per gli effetti pleiotropici negativi mangimelpa,rispettoaquellodiformulazionestandard riguardantilecaratteristichedelseme. Figura 6. Quantità di fosforo totale (A) e libero (B) presente nella pollina prodotta dalle galline ovaiole durante la prova di alimentazione.Lebarrerappresentanoilimitifiducialial5%. Figura7.Preparazionedellepopolazionimutagenizzateedisolamentodimutazioniinserzionaliallocuslpa1(A);posizionedimappa delgenelpa1/ZmMRP4rispettoallaposizionedeltrasposoneAcutilizzatoperlamutagenesitraspositivaregionale. Figura8.Approccisperimentaliutilizzatiperl’isolamentodiputativemutazioniallocusLpa1(A);saggiodiChenperilfosforolibero edimpiegodelmarcatoremolecolarespecificoperl’isolamentodelgenotipolpa1Ͳ1/lpa1Ͳ1. RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI I risultati ottenuti hanno permesso di dimostrare che l’utilizzo di mais lpa potrebbe consentire, alle aziende mangimistiche, di formulare mangimi, da utilizzare in allevamenti di galline ovaiole, privi di fosfati in grado di garantiremoltoprobabilmentelestesseperformance,in particolare per quanto riguarda il numero di uova prodotte,rispettoall’utilizzodeimangimiattualmentein commercio. La pollina prodotta avrebbe inoltre una minor quantità di fosforo, divenendo così di più facile gestionedalpuntodivistaambientale. L’isolamentodinuovemutazionieilsuccessivoutilizzodi nuovi mutanti lpa nel campo della mangimistica potrebbero ulteriormente migliorare i risultati ottenuti nella prova di alimentazione con il mutante lpa1Ͳ1. Figura9.Ripartizionedelfosforo(libero,fitinicoetotale)nelle Future ricerche dovranno sicuramente approfondire farine farina ottenute da semi Wt e lpa1Ͳ7. Le barre questetematichealfinediconfermareirisultatiottenuti rappresentanoilimitifiducialial5%. sulaltrianimalid’allevamentomonogastrici. VII.APPROCCIALLARIDUZIONEDEGLIINPUTDIFOSFORONEISUOLI:Medicagospp.–CRAͲFLC (Responsabile:CarlaScotti) ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE Ladistribuzionedirefluidaallevamentidibovinedalatte su prati di erba medica (medicai in rotazione) è una pratica agronomica diffusa nel sud della Lombardia (province di Cremona, Mantova e, in misura minore, Pavia e Lodi). In questi reflui zootecnici la presenza di fosforo (P) in forma inorganica e organica costituisce, insieme all’azoto (N), un input che si aggiunge alla dotazione naturale del suolo e alla eventuale concimazione minerale. La frazione di P organico dei reflui, come del suolo, è costituita prevalentemente da fitati, derivati dell’inositoloͲ6Ͳfosfato; questi composti possono presentare mobilità diversa nel profilo del terreno in dipendenza della tessitura, del pH e della presenzadisostanzaorganica(QuiquampoixeMousain, 2003), ed essere dunque soggetti a fenomeni di lisciviazione con potenziale impatto sulla falda freatica (Toor et al., 2003). L’utilizzo da parte delle piante del fitato richiede il distacco dei gruppi fosfatici per via enzimatica (fitasi, fosfatasi) o attraverso processi di mineralizzazione. Indagare la capacità di erba medica di utilizzarelefontidiPpresentineglieffluentizootecnici,e in particolare la frazione organica, consentirebbe di migliorarel’efficienzacomplessivadell’usodeglieffluenti econtrollarnel’impattoambientale. In Italia, fino ai primi anni 2000, l’erba medica è stata commercializzata e coltivata soprattutto come ecotipi, cioè popolazioni locali evolutesi e adattatesi a specifici ambientigeograficieagronomici(Rotilietal.,2000).Nel presente studio abbiamo scelto due ecotipi di erba medicadiversiperl’origineeilpotenzialeadattamento: l’ecotipo Cremonese, proveniente da zone di allevamento zootecnico intensivo da latte e l’ecotipo Senese originario di zone a zootecnia estensiva prevalentemente da carne. L’ipotesi alla base di questa scelta era che i due ecotipi presentassero una diversa capacità di utilizzare i nutrienti contenuti nei reflui zootecnici, con particolare riferimento al fosforo organico, in ragione della specifica pressione selettiva dell’ambiente in cui si sono evoluti. Oltre ai caratteri produttividellapiantaeallerelativeasportazionidiP,è stata studiata la parte radicale (radici secondarie e tubercoli azotoͲfissatori); infatti con i liquami vengono apportatiingentiquantitatividiazotochedevonoessere consideratiperilloropossibileeffettosullanodulazione di erba medica da parte del simbionte Sinorhizobium meliloti. Infine, è stato esaminato il percolato e il suo contenuto nelle diverse forme di P per stimare il potenziale di lisciviazione di questo elemento in conseguenzadeitrattamenticonliquame. Un possibile fattore discriminante nella capacità di utilizzo del P organico e fitico in particolare da parte di erbamedicaèstatoindividuatonellapresenzadiuna particolare fitasi radicale. Questo enzima, identificato nella specie modello Medicago truncatula (Xiao et al., 2006) e codificato dal gene MtPHY1, è in grado di idrolizzare il fosfato dell’acido fitico rendendolo disponibileperlapianta.MtPHY1possiedeunasequenza segnale per l’escrezione cellulare ed è quindi estruso dalle radici nella rizosfera. Il gene di erba medica ortologo a MtPHY1, e dunque verosimilmente con la stessa funzione, è stato scelto come target molecolare specificodellanostraanalisisullacapacitàdiutilizzodelP organicodapartedeidueecotipi. Dopo una prova preliminare, condotta nel 2012, che prevedeva il semplice confronto tra un controllo e un trattamento con liquame in presenza della stessa concimazionefosfaticamineralenormalmenteusataper erba medica, si è deciso di confrontare l’efficienza di utilizzoditrediversefontidiP:oltrealliquame,cheha costituito il riferimento per determinare i livelli dei macroelementidaapportarenellealtretesiaconfronto, èstatoutilizzatoacidofitico(100%Porganico)efosfato dipotassiobibasico(100%Pinorganico). Obiettivi di questo lavoro sono dunque: i) indagare la capacitàdiutilizzodelP,organicoeinorganico,presente negli effluenti zootecnici daparte di due ecotipi di erba medica con diverso adattamento ad ambienti di allevamento zootecnico intensivo; ii) studiare la variazione(allelicaediespressione)delgeneortologodi MtPHY1 nei due ecotipi di M. sativa in quanto potenzialmente implicato nella capacità di utilizzo del P fitico. Risposta di erba medica alla somministrazione di fonti diverse(inorganicheeorganiche)diP Lesingolepiante,diunannodietà,sonostateallevatein contenitoritubolari80x8cm(densitàequivalentea200 piantemͲ2)all’internodeiqualièstatocollocatountubo forato,didiametro5cm,cheospitalapianta(Figura1).I contenitori tubolari sono stati riempiti con un terreno sabbioͲlimoso (sabbia 59%, limo 27%, argilla 13%) a pH 7,9 e povero di P assimilabile. La prova è stata allestita utilizzando 162 piante, metà appartenenti all’ecotipo Cremonese(da5famiglieS2)emetàall’ecotipoSenese (da 6 famiglie S2) secondo un disegno a blocchi randomizzati (2 ecotipi x 3 fonti di P x 3 ripetizioni) in mododaavereparcelleelementaridi9piante.Dopouna fase di adattamento delle piante e dopo l’effettuazione del 1° taglio (29.05.13) alle piante sono state fornite le fertilizzazioni fosfatiche secondo i tre trattamenti previsti. Il liquame (100 mL tuboͲ1 equivalenti a 200 m3 haͲ1)hacostituitoilriferimentoperladosediP(120Kg haͲ1,paria60mgpiantaͲ1)ediN(100%delNH4+ e50% dell’N organico come indicato in Tabella 1). La concimazione potassica, equivalente a 250 Kg haͲ1, è statacomuneaitretrattamenti. Tabella1.DosidiPeNapportateneitretrattamenti:liquame,acidofitico,Pinorganico. Ptot Pinorg Porg Ntot Analisichimicadelliquame (mgkgͲ1) 605 420 185 3,42 Equivalenteperha(kg)apportatoallacoltura 120 469 a NH4+ 1,31 260 Norg 2,11 209a soloil50%dell’Norganicodelliquameèstatoconsideratodisponibileperlepiante. Dopo la concimazione sono stati effettuati 4 tagli a distanza di 30 giorni (giugnoͲsettembre). Sono stati determinati la produzione di sostanza secca aerea per piantaeilcontenutoinPdellaparteaerea. La perdita per lisciviazione di fosfato in forma organica ed inorganica è stata stimata alla fine di ogni ciclo produttivo mediante irrigazione dilavante e raccolta del percolatomedianteappositesacche(Figura1);idatisono espressi utilizzando la stessa unità di base usata per l’analisidellaparteaerea. Figura1.Contenitoritubolariconraccoltadelpercolato. AnalisidelgeneortologoaMtPHY1 il gene putativo sequenziato in M. sativa presenta una strutturaesoni/introniidenticaalcorrispondentegenedi M. truncatula (7 esoni e 6 introni) e il 97% di omologia della sequenza codificante. L’analisi di sequenza (EcoTILLING), effettuata in collaborazione con la Piattaforma Genomica del Parco Tecnologico Padano di Lodi,hariguardatounafrazionedi725bpdelle1631bp che costituiscono la sequenza codificante del gene ed è stataeffettuatasu18e21pianteS2rispettivamenteper l’ecotipoSeneseeCremonese. RISULTATIOTTENUTI Leproduzionidisostanzasecca(s.s.)aereasonorisultate simili per i due ecotipi e per i diversi trattamenti di concimazione (Tabella 2). Al secondo taglio, immediatamentesuccessivoallaconcimazione,letesi trattate con liquame hanno mostrato un decremento significativo di produzione rispetto alle tesi trattate con acido fitico. Si può ipotizzare che questo effetto sia attribuibile alla immobilizzazione di nutrienti dovuta al picco di attività microbica che comunemente si osserva dopol’incorporazionenelsuolodimaterialiorganicinon stabilizzati. LeasportazionidiPrelativeallaparteaereasonostateal contrario diverse per i due ecotipi: Cremonese ha mostrato valori superiori a Senese sia al primo taglio (nonconcimato)sianeitagli2,3e4(Figura2). PerquantoriguardalediverseformediPsomministrate, l’asportazionenelletesitrattateconacidofiticorisultava superiore (tagli 2Ͳ4) rispetto a quelle concimate con P inorganicocheèrisultatomaggiormentelisciviabile. La forma di P prevalente nei percolati è risultata quella inorganica (62Ͳ88% del P totale); il P organico variava dunque dal 12% (SeneseͲP inorganico) al 38% (CremoneseͲliquame) del P totale. I volumi di percolato non sono stati significativamente diversi tra ecotipi e trattamenti;tuttavia,lequantitàdiPinorganicolisciviato sonostatesignificativamentesuperioriinSeneserispetto aCremonesementreilivellidilisciviazionediPorganico sonorisultatisimili(Figura3).Latesitrattataconfosfato di potassio ha mostrato il maggior livello di lisciviazione mentre il trattamento con liquame ha mostrato la minoreperditadiP;questopotrebbeesseredovutoalla presenza nel liquame di forme di P organico maggiormente resistenti all’idrolisi enzimatica o alla mineralizzazione.Considerandoirisultatidiasportazione e lisciviazione di P, l’ecotipo Cremonese ha mostrato maggiore capacità ed efficienza di assorbimento di questoelementorispettoaSenese. Immediatamente dopo il 5° taglio le parcelle tubolari sono state aperte per l’esame della crescita radicale e dellanodulazionenell’intercapedinetraiduetubi(Figura 4).Ilpesoseccodelleradicisecondarienonhamostrato differenze significative né tra ecotipi né tra trattamenti. La capacità di formare noduli N2Ͳfissatori è risultata invece significativamente superiore in Cremonese rispettoaSenese(Tabella2).Cremonesesembradunque in grado di mantenere un più efficiente processo di nodulazione anche in presenza di elevati apporti di N (Tabella1). Letesitrattateconliquamehannomostrato una tendenza, al limite della significatività statistica, a produrre più noduli rispetto al trattamento con P inorganico (Tabella 2). Una possibile causa di questo effettopositivodelliquamepotrebbeesseredovutaalla maggiore macroporosità che si realizza nel terreno trattato con liquame e che comporta condizioni di aereazionepiùfavorevoliallanodulazione. CremoneseͲacidofitico CremoneseͲliquame CremoneseͲPinorganico SeneseͲacidofitico SeneseͲliquame SeneseͲPinorganico Cremonesetotale Senesetotale Acidofiticototale Liquametotale Pinorganicototale (g) 232,94 216,31 204,16 230,05 203,48 229,41 217,80 220,98 231,50 209,89 216,78 s.s.p.aerea (parcella) (g) 1,93 1,8 1,59 1,38 0,86 1,61 1,71 1,27 1,67 1,22 1,60 s.s.radice (pianta) 1,4433 2,3693 0,8635 0,2832 0,2843 0,1808 1,5736a 0,2513b 0,9078 1,3268 0,5294 totalepianta Figura2.AsportazionidiPdellaparteaereasubaseparcellare.EcotipoCremonese(A);EcotipoSenese(B). (g) 133,44 128,63 116,05 122,73 130,39 131,37 126,04 128,16 128,09 129,51 123,72 s.s.p.aerea(parcella) Tabella2.Produzionedis.s.aereasubaseparcellare;s.s.radicaleepesofrescodeitubercoli(assolutoeperunitàdis.s.radicale)subasepianta. Ecotipo\Trattamento Tg.12013 Tg.2Ͳ52013 Tg.52013 p.f.tubercoli perunitàs.s.radice (g) 0,8662 1,6170 0,5172 0,3389 0,2571 0,1430 1,0091a 0,2480b 0,6228 0,9370 0,3341 Figura 3. Quantità di P, inorganico e organico, lisciviate su base parcellare. Ecotipo Cremonese (A,C); Ecotipo Senese(B,D). Figura4.Aperturacontenitoritubolari(taglio52013). x LapresenzaprevalentediPinorganiconeipercolati delletesitrattateconformeorganiche(acidofitico) o miste (liquame) di P indica un elevato livello di attività di degradazione enzimatica del suolo e rizosferica (microrganismi del suolo, radici delle piante). Tuttavia una frazione minoritaria di P organicoèugualmentepresenteneipercolatidituttii trattamenti,compresoquelloconilsoloPinorganico. UnapartedelPorganicosfuggedunqueaiprocessidi degradazione/mineralizzazione ed è mobile nel terreno. Nei distretti zootecnici altamente intensivi l’avviodiunmonitoraggiodelfosforosembradunque opportuno. x Gliecotipidierbamedicarappresentanounafontedi diversità per adattamenti morfoͲfisiologici a specifici ambienti/condizioni agronomiche che merita di essereindagatanellesuebasifisiologicheegeneticoͲ molecolariesfruttataperlacostituzionevarietale. x Forme organiche del P costituiscono una fonte più economica di fosforo per le colture in grado di utilizzarle e possono rappresentare una parte non trascurabile della soluzione circolante nel suolo e essere soggette a lisciviazione. Il monitoraggio di questo elemento, insieme a quello dell’azoto, è un elemento importante per ridurre l’impatto ambientaledisistemiagricoliadaltaintensività. x L’erba medica appare una coltura di forte interesse per la valorizzazione degli apporti di liquame, in particolare quando si utilizzi germoplasma con una lunga storia di adattamento in distretti a zootecnia intensiva. L’analisi EcoTILLING effettuata sull’ortologo del gene MtPHY1 ha evidenziato 19 SNP (Polimorfismi a Singolo Nucleotide) nella porzione analizzata. Quattro di questi SNP determinano un cambio di aminoacido in diverse posizionidell’enzimafitasi;lepiantecheportanoqueste mutazioni a livello omozigote hanno una frequenza molto ridotta (1 pianta su 39 analizzate). Nessuna delle varianti alleliche individuate è caratteristica di un particolareecotipo. L’analisi dei livelli di espressione del gene responsabile della produzione di fitasi extracellulare nei materiali in provaètuttoraincorso. RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI x I due ecotipi di erba medica hanno mostrato differenzesignificativeperlacapacitàdiutilizzodelP, indipendentemente dalla forma somministrata (organica, inorganica, mista). Nelle zone in cui si pratica sistematicamente la distibuzione di liquami l’utilizzo di germoplasma Cremonese consentirebbe di aumentare l’efficienza di utilizzo dei liquami o quella delle fertilizzazioni fosfatiche e di ridurre la perdita di P per lisciviazione. Le basi fisiologiche di questamaggiorecapacitàdiCremonesediutilizzareil fosfororimangonodaindagare. x Nell’ecotipo Cremonese la nodulazione ha mostrato una maggiore tolleranza alla presenza di azoto, ai livelliapportatidalliquame,rispettoaSenese.Questa capacità potrebbe rappresentare uno specifico adattamento di Cremonese al suo ambiente di origine. VIII. SVILUPPO DI INDICATORI DIAGNOSTICI A SUPPORTO DELLA CONCIMAZIONE AZOTATA IN MAIS–UNIMI(Responsabile:LucaBechini) ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE L’obiettivo delle attività era la verifica, nei sistemi colturali maidicoli lombardi, di vari indicatori diagnostici proposti nella letteratura scientifica, per valutarne l’effettiva utilità nel supporto alla concimazione azotata in copertura del mais. Per essere considerati utili, gli indicatoridevonodistingueresituazionicaratterizzateda diversafertilitàresidua,causata,adesempio,dall’utilizzo ripetuto di effluenti zootecnici in dosi diverse. Per raggiungere questo obiettivo sono state condotte due sperimentazioniinserraeunainpienocampo. Sperimentazioneinserra Utilizzando suoli con storie agronomiche molto diverse, in serra sono stati confrontati la produzione di mais e i valori degli indicatori diagnostici, mantenendo uguali le altre condizioni di coltivazione (luminosità, temperatura e disponibilità di acqua). Si è quindi allestito un esperimento, durato due anni, utilizzando uno schema sperimentale a blocco randomizzato con quattro repliche, in cui il fattore sperimentale era l’azienda agricola da cui provenivano i suoli. I suoli messi a confronto erano sedici, quattordici provenienti da aziende zootecniche a diverso carico di bestiame (sette aziendeconsuoliatessiturafrancoͲsabbiosa,esettecon tessiturafrancoͲargillosa),edueprovenientidaaziende, perlemedesimeclassitessiturali,chenonfacevanouso dieffluenti. Il mais è stato coltivato in vaso con una gestione agronomica omogenea per tutti i trattamenti (diserbo, trattamenti antiparassitari, impollinazione). L’apporto di acquaèstatomodulatoinbasealtipodisuoloevitando carenze idriche. Non si è apportato azoto minerale in nessunodeitrattamenti. La prova è stata condotta per due anni successivi sugli stessivasi.Oltreallarispostaproduttiva(biomassaaerea, granellaeazotoasportato),sonostatimisuratiindicatori sia sulla pianta (SPAD; concentrazione di azoto nelle foglie allo stadio di quarta e sesta foglia; CSNT), sia sul suolo(azotomineralenelterrenoinpresemina,allasesta foglia e alla raccolta; ISNT; GPT; Schröder et al., 2000; Zebarthetal.,2009). Sperimentazioneinpienocampo In pieno campo nel 2012 su quattro appezzamenti coltivati a mais sono stati valutati alcuni degli indicatori già provati in serra, estendendo le misure colturali fino alla fase fenologica di dodicesima foglia. Utilizzando un blocco randomizzato con quattro repliche, in ogni appezzamento sono stati messi a confronto due trattamenti, uno non concimato con azoto e uno concimatoconureaindositalidaassicurareunacrescita nonlimitatadall’azoto.Ilfosforoedilpotassiosonostati aggiuntiinentrambiitrattamenti.Ancheinquestaprova sono stati misurati sia la resa della coltura, sia gli indicatori diagnostici sul suolo (PSNT) e sulla coltura (SPAD,biomassaaereaeazotoasportatoallasesta,nona e dodicesima foglia). Inoltre, sono state misurate le concentrazionidiazotodellelaminefogliarieacquisitiin laboratorio gli spettri nel vicino infrarosso delle stesse agli stadi di sesta, nona e dodicesima foglia. Lo schema sperimentale era predisposto per verificare la capacità degli indicatori di prevedere la massima produttività (sperimentalmenteottenutaneltrattamentoconcimato). RISULTATIOTTENUTI Intuttigliesperimenti(siainserrasiainpienocampo)le resedelmaissonostatemoltodiverseneidifferentisuoli utilizzati, confermandone l’eterogeneità e quindi garantendo la variabilità delle situazioni studiate e l’intervallodivariazionedegliindicatoriutilizzati. Con l’eccezione del PSNT e del CSNT, i risultati sono presentati in grafici che riportano sull’asse orizzontale l’indicatore,esuquelloverticalelaproduzionedelmais. Sia gli indicatori sia la produzione sono stati standardizzati rispetto ai valori medi misurati nel trattamento più produttivo nella medesima località. Ciò significa che per le prove di serra il valore di ogni indicatoree di ognidatoproduttivo è stato diviso per il corrispondente valore medio del trattamento più produttivo in quell’anno (separatamente per classe tessiturale),mentrenellaprovaincampoivalorimisurati neltrattamentononconcimatosonostatidivisiperquelli medi del trattamento concimato, separatamente per ogniappezzamento.Valoriinferioria1sonoquindisubͲ ottimali,mentrevaloriugualia1rappresentanoicasiin cui si è raggiunta la massima produzione o il massimo valoredell’indicatore. Indicatori misurati sul suolo prima della semina della coltura L’ISNT e il GPT non hanno espresso utili capacità diagnostiche.Entrambisonostatiprovatisolonelprimo annoinserra. Nel caso dei suoli franco sabbiosi le scarse prestazioni dell’ISNTpotrebberoesseredovuteall’elevatadotazione di azoto in forma minerale presente in presemina. Questo potrebbe avere attenuato il valore diagnostico della quota di azoto organico facilmente mineralizzabile stimata dall’ISNT. Inoltre i valori critici da noi stimati sono risultati ampiamente superiori a quelli trovati in letteratura(KlapwykeKetterings,2006).IlGPThafornito risultatiinunristrettointervallodivariazioneeconnotati da elevata incertezza analitica, esprimendo così un’insufficiente capacità discriminante tra terreni con diversoeffettoresiduo. Indicatorimisuratiallostadiodisestafoglia Allo stadio di sesta foglia (V6) nessuno degli indicatori colturali(Figura1A,B)haconsentitodidistingueretrale situazioni ad alta e bassa fertilità. Di conseguenza a questo stadio gli indicatori misurati sulla coltura non hanno costituito un adeguato strumento per prevedere l’eventualenecessitàdiconcimazioneazotata.Situazioni chehannoprodottoinmodomoltodifferenziato,infatti, hannopresentatovalorisimilidegliindicatori. Allostadiodisestafoglialaconcentrazionedinitratinel terreno (PSNT) ha confermato l’utilità diagnostica riportata in letteratura. La Figura 2 mostra infatti che quando il PSNT assume valori elevati, la produzione finale sarà massima anche in assenza di concimazione minerale in copertura, mentre per valori inferiori la relazionetraindicatoreeproduzioneècrescente.Ivalori soglia identificabili in base ai dati di serra non sono direttamente trasferibili in campo, dove le perdite di azoto dopo la misura del PSNT sono verosimilmente maggiori. Indicatori misurati allo stadio di nona e dodicesima foglia In pieno campo allo stadio di nona (Figura 3) e dodicesima foglia, la limitazione alla crescita colturale imputabile a carenza di azoto è risultata più facilmente identificabiletramitegliindicatorimisuratisullepiante. Tuttigliindicatorisonostatilinearmentecorrelaticonla produzione finale, a indicare un migliore potere diagnostico in questi stadi rispetto al V6. L’azoto asportato dalla coltura ha mostrato un intervallo di variazione maggiore rispetto agli altri indicatori. La spettroscopiaNIRhapermessodistimareilcontenutodi azotodellelaminefogliariinmodoadeguato(Figura4). Indicatorimisuratiallaraccolta IlCSNThaconfermatoquantogiàriportatoinletteratura, e cioè che al momento della raccolta è possibile identificare lesituazioni chesono statecaratterizzateda eccessiva disponibilità di azoto durante il periodo di crescitacolturale(Figura5). B A Figura1.RelazionitrabiomassaaereadelmaisallaraccoltaevaloriSPAD(A)ediconcentrazionediazotofogliare(B)misuratiallo stadiodisestafoglia.Lebarrerappresentanoladeviazionestandardtralereplichesperimentali. Figura 2. Relazione tra biomassa aerea del mais alla raccolta e concentrazione di azoto nitrico nel terreno allo stadio di sesta foglia(PSNT).Lebarrerappresentanoladeviazionestandardtra lereplichesperimentali. Figura 3. Relazione tra biomassa aerea del mais alla raccolta e indicatori misurati allo stadio di nona foglia (V9) sulla coltura (biomassa aerea e sua asportazione di azoto) o sulla lamina dellanonafoglia(concentrazionefogliarediazotoeSPAD). Figura4.Concentrazionediazotoareicanellelaminefogliaridi Figura 5. Relazione tra biomassa aerea del mais alla raccolta e 2 mais (mg N/cm foglia): confronto tra misure e stime con la concentrazione dei nitrati nella base dello stocco alla raccolta spettroscopianelvicinoinfrarosso. (CSNT,CornStalkNitrateTest). RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI Nei sistemi intensivi studiati è possibile eseguire misure che consentono di ridurre o annullare le dosi di azoto mineraledistribuitoincoperturaalmaisconifertilizzanti di sintesi. Tra gli indicatori studiati sia in serra sia in campo, il PSNT (Figura 2) è il più interessante perché è eseguito in un momento che consente ancora di intervenireconlaconcimazionenell’epocanormalmente scelta. Lo svantaggio è lo sforzo richiesto per eseguire molto rapidamente il campionamento e l’analisi del terreno. In pieno campo, il contenuto di azoto della biomassa aereaaV9(Figura3)eV12èstatomoltoinformativo. Anche le misure SPAD standardizzate a V9 (Figura 3) hannofornitorisultatiincoraggianti. x x x x x Tali indicatori tuttavia richiedono uno sforzo maggiore rispetto al PSNT, consistente nel campionamento della biomassaaereaesuaanalisichimicaoacquisizionedella misura SPAD manualmente su singole lamine fogliari di numerosepiante,enellarealizzazionediuntrattamento concimato in modo ottimale che consenta di standardizzarelemisure.Inoltre,quandoleinformazioni diagnostiche sono acquisite sulla coltura dopo lo stadio V6, bisogna prevedere l’applicazione di azoto con modalitàdiversedallospandiconcimetradizionale(ades. confertirrigazioneocontrampoli). Il test dei nitrati nello stocco del mais ha confermato l’utilità di valutazione alla fine della stagione, consentendo di identificare a posteriori uno stato di eccessoodicarenzadiazoto. GLOSSARIO CSNT(CornStalkNitrateTest):èlaconcentrazionedinitratopresentenellabasedeglistocchidimaisdopola raccolta.E’utilepervalutareexͲpostlagestionedellaconcimazioneazotata. GPT (Gas Pressure Test): si basa sulla misura del gas sviluppato da un suolo dopo essere stato trattato con acqua deionizzata e ipoclorito di calcio (che ossida la sostanza organica e determina la produzione di CO2). Fornisceunasempliceerapidastimadell’azotomineralizzabile. ISNT(IllinoisSoilNitrogenTest):stimalaconcentrazionediamminozuccherinelsuolo(indicedellapresenzadi azotofacilmentemineralizzabile).Ilsuousoèstatosuggeritopervalutarelanecessitàdellaconcimazioneal mais. PSNT(PreͲSidedressNitrateTest):èlaconcentrazionedinitratinelterreno(0Ͳ30cm)misurataquandoilmais èallostadiodisestafoglia.Indicasenelterrenoè(osarà)disponibileabbastanzaazotoperlacrescitadella coltura.E’utilizzatopervalutarelanecessitàdellaconcimazioneincoperturaalmais. SPAD(SoilPlantAnalysisDevelopmentchlorophyllmeter):strumentoportatileingradodistimareilcontenuto diclorofilladellefoglieinmodorapidoenondistruttivo,basatosullaradiazionetrasmessaattraversolafoglia nelrossoenelvicinoinfrarosso.Utilizzatopervalutareladotazioneazotatadellecolture. IX. TECNICHE PER VALORIZZARE L’UTILIZZAZIONE DEGLI EFFLUENTI COME FERTILIZZANTE – UNIMI(Responsabile:GiorgioProvolo) ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE Gli effluenti zootecnici costituiscono una fonte di elementinutritivi,inparticolareazoto,fosforoepotassio (NPK), valorizzabili in ambito agronomico. Tale utilizzo deve essere, tuttavia, adeguato alle caratteristiche dei suoli e ai fabbisogni delle colture praticate. Ai fini della determinazionedelcontenutoinnutrientiperimpostare una corretta applicazione al suolo, l’unica tecnica al momento utilizzabile fa ricorso ad analisi di laboratorio. Questosistemarisultatuttaviacostoso,pocopraticonel campionamentoelentonelfornireirisultatirispettoalle esigenze dettate dalle tempistiche di distribuzione in campo(Ndegwaaetal.,2002). Perlosvolgimentodellostudiocisièispiratiaprecedenti esperienze e dispositivi presenti sul mercato che, misurando caratteristiche chimicoͲfisiche dei reflui zootecnici, sono in grado di offrire una stima del loro poterefertilizzante(Sullivanetal.,1997):sistemicomelo SlurryMeter,densimetrotaratosuivalorideglielementi fertilizzanti (Piccinini et al., 1990), l’Agrosmeter ed il Quantofix,perl’azotoammoniacale(PiccininieBortone, 1991; Van Kessel e Reeves III, 2000), l’idrometro per l’azoto ed il fosforo (Zhu et al., 2004), il metodo dello ione selettivo per l’azoto (Price et al., 2003). Un’altra tecnologia che ha fornito interessanti risultati riguarda l’uso della spettroscopia del vicino infrarosso (NIR), ma nonostante alcune esperienze hanno consentito di valutarne le possibilità operative (Millmier et al., 2000), nonsonoincommerciotecnologieconsolidate. L’obiettivo principale dell’attività di ricerca è la messa a puntodisistemiperlacaratterizzazionedeglieffluential momento della distribuzione in campo, che consentano agli allevatori di utilizzare i loro effluenti in modo adeguato, sfruttandone il loro potenziale fertilizzante e, diconseguenza,riducendoleemissioniversol’ambiente. In particolare, la ricerca ha riguardato lo sviluppo di sensori a basso costo per l’analisi indiretta delle caratteristichechimicoͲfisichedeglieffluentizootecnici,e la definizione di un sistema di calcolo per conoscerne rapidamente le caratteristiche al momento della distribuzione. A questo scopo si è provveduto al campionamento (Figura1),allacaratterizzazionechimicaeallascansione conspettroscopiaNIR,dieffluentiderivantidadifferenti tipologie di allevamento, tal quali o digeriti anaerobicamente, il cui destino è la valorizzazione in ambito agricolo. Al momento del campionamento, ad ogniaziendaèstatosottopostounquestionariorelativo allagestionedell’allevamento(alimentazione,numerodi capi,stabulazione,rimozioneeffluenti,presenzadiacque aggiuntive, ecc.), per recuperare una serie di informazioni,dallequalievincerequellemaggiormente incidentisullecaratteristichedelcampionefinale. Figura 1. Fase di campionamento degli effluenti zootecnici pressoun’azienda. Ogni campione è stato sottoposto ad analisi chimica per individuare il contenuto di sostanza secca (SS), sostanza organica (SO), azoto totale (Ntot), azoto ammoniacale (TAN), fosforo totale (Ptot), potassio totale (Ktot), densità,pHeconduttivitàelettrica(CE). PerlaCEeilpHsonostateacquisitemisure,oltrechecon strumenti da laboratorio, anche con dispositivi portatili utilizzabili in campo (Figura 2A,B). Per la misura della densità, più che uno strumento è stato valutato il principiodimisuradatrasferiresudispositividacampoe cioèpesareunvolumenoto(Figura2C). Contestualmentetuttiicampionisonostaticaratterizzati anche con spettroscopia NIR, utilizzando uno spettrometro Buchi NIRͲFLEX 500. Gli spettri sono stati acquisiti nel vicino infrarosso (1000Ͳ2500 nm) in transflettanza.Ilcampioneèstatoimmessoinunapiastra di Petri e coperto da un transflettore in acciaio che riflettesse il fascio luminoso incidente sul fondo della piastra(Figura2D). I dati misurati e le informazioni raccolte sono stati elaborati sviluppando una regressione lineare multipla (MLR),tecnicastatisticacheconsentedistimareilvalore attesodiunavariabiledipendente(SS,Ntot,TAN,Ptote Ktot)apartiredavaloridatidivariabiliindipendenti(CE, pH,densità,letturespettralieinformazioniaziendali). Per valutare la qualità predittiva dei modelli ottenuti è stato usato il coefficiente di variazione (CV). Questo indice esprime la precisione di una misura rapportando l’errore della stima del modello predittivo, con la media campionaria. Essendo un numero adimensionale ed esprimibile come valore percentuale, permette di confrontaredaticondifferentiunitàdimisuraorangedi variazionediversi. Figura2.Misuradellaconduttivitàelettricaconsondadacampo(A);misuraedelpHcondispositivodacampo(B);misuradella densitàmediantepesaturadiuncilindrograduato(C);spettrometroBuchiNIRͲFLEX500durantelaletturadiuncampione(D). RISULTATIOTTENUTI L’attività di campionamento ha interessato 111 allevamenti localizzati sul territorio lombardo e ha consentito di raccogliere 127 campioni costituiti da 36 liquamibovini,31liquamidisuinidaingrasso,30liquami di suini a ciclo chiuso e 30 digestati. In seguito al campionamento si è provveduto alla caratterizzazione chimicoͲfisica e all’analisi con spettroscopia NIR dei campioni prelevati. Le analisi e gli spettri ottenuti sono statisottopostialleelaborazionipreventivate. Selezionedellelunghezzed’ondasignificative A seguito dell’acquisizione spettrale, utilizzando l’intero set di spettri, di cui un esempio è riportato in Figura 3, sonostateselezionate12lunghezzed’ondadellospettro comprese tra 1400 a 2400 nm, significative per la predizione di SS, Ntot e TAN. Non è stato possibile individuarespecifichelunghezzed’ondaperilfosforoeil potassio.Questoèconfermatoanchedaaltriautoriche, utilizzando lo spettro intero, hanno riportato difficoltà predittiveperquestielementi(Millmieretal.,2000). Informazioniaziendaliutilizzatenelmodellopredittivo A partire dalle informazioni raccolte con i questionari sottoposti alle aziende, sono stati selezionati i fattori ritenuti maggiormente incidenti sulla composizione del campione, da utilizzare nei modelli predittivi, in particolare: x produzioneunitariadiliquame(esprimeladiluizione dell’effluenteinbaseallastabulazioneponderatasul pesovivocaricatosudiessa); x tecnica di rimozione dell’effluente dalla stalla (l’incidenzadiquestasulladiluizionedell’effluente); x diluizionedellarazione(espressionedellapercentuale diacquaaggiuntarispettoaglialimenti); x etàmassima(etàmassimadell’effluentecampionato); x acque aggiuntive (indicatore della presenza di acque dilavaggio,mungitura,raffrescamentooabbeverata); x pioggia (quantità di acquepiovane in baseall’età del refluo); x temperatura (temperatura media calcolata in base all’etàdelrefluo); x aggiunta di biomassa/azoto/fosforo (quantità di biomassa/azoto/fosforo immessa nel digestore oltre alrefluo),relativamenteaisolicampionididigestato. Figura 3. Esempio di spettri NIR ottenuti con strumento da laboratorioBuchiNIRFlexͲ500. Tabella1.Valoridimedia,deviazionestandardeRMSECVdiSS,Ntot,TAN,PtoteKtotsuddivisipertipologiadieffluente. SS Ntot TAN Ptot Ktot (%) RMSECV (kgmͲ3) RMSECV (kgmͲ3) RMSECV (kgmͲ3) RMSECV (kgmͲ3) RMSECV Liquamebovino 7,57 1,52 3.00 0,19 1,41 0,16 0,81 0,21 2,78 1,44 (±2,49) (±0,74) (±0,37) (±0,75) (±1,56) Liquamesuino 4,19 0,50 3,69 0,60 2,50 0,43 0,98 0,30 2,40 0,82 (ingrasso) (±3,70) (±1,67) (±0,90) (±1,11) (±1,94) Liquamesuino 2,82 0,93 2,74 0,59 1,91 0,28 0,58 0,36 1,57 0,58 (ciclochiuso) (±1,73) (±1,04) (±0,45) (±0,54) (±0,82) Digestato 5,35 1,55 3,68 1,03 2,16 0,63 0,78 0,54 2,88 1,11 (±2,35) (±1,19) (±0,77) (±0,47) (±0,97) Tabella1.Valoridelcoefficientedivariazione(CV)espressointerminipercentualiperlavalutazionedellastimadiSS,Ntot,TAN,PtoteKtotsuddivisipertipologiadieffluente. CV(%) SS Ntot TAN Ptot Ktot Liquamebovino 20 6 11 26 52 Liquamesuino 12 16 17 31 34 (ingrasso) Liquamesuino 33 22 15 62 37 (ciclochiuso) Digestato 29 28 29 69 39 Stimaindirettadelcontenutodinutrienti Nel modello di regressione multipla, il contenuto di sostanza secca (SS), azoto totale (Ntot), azoto ammoniacale (TAN), fosforo (P) e potassio (K) di ogni campioneèstatomessoinrelazionecontuttiiparametri di stima indiretta (CE, pH e densità, letture ottiche e informazioniderivantidallagestionedell’allevamento). Laqualitàpredittivadeimodelliottenuti,suddivisiinbase allacomponentestimataeall’effluenteanalizzato,èstata valutata tramite il coefficiente di variazione (CV), che viene calcolato rapportando la media del contenuto di ogni componente all’errore del modello (RMSECVͲ Root Mean Square Error in CrossͲValidation), i cui valori sono riportatiinTabella1. La qualità predittiva dei modelli ottenuti, espressa dal coefficiente di variazione (CV) è riportata in Tabella 2. Il valorepercentualecorrispondeall’errorepercentualeche ci si attende di commettere nel predire il contenuto di sostanzaseccaedeglialtrinutrientianalizzandoundato effluente,conilsistemadimisuramessoapunto. Nel caso dei liquami bovini è possibile predire il contenuto di azoto totale con un errore del 6%, mentre l’azoto ammoniacale con un errore dell’11%. In Figura 4 vienemostratoilconfrontotraildatomisuratoeildato stimato dal modello per l’azoto totale, ed è evidente l’ottima correlazione tra i due valori che conferma la capacitàpredittivadell’insiemedeiparametriutilizzati. Figura 4. Confronto tra valori misurati in laboratorio e valori stimati dal modello di regressione multipla per l'azoto totale contenutoneiliquamibovini. Per i liquami suini, nel caso di allevamento di suini da ingrassosiriesceapredireilcontenutodisostanzasecca (SS) che notoriamente è fortemente correlata con il fosforo totale (Ptot) con un errore del 12%, ma buoni risultati si ottengono anche per l’azoto totale (Ntot) e ammoniacale (TAN) con errori, rispettivamente, del 16% e 17%. Lo stesso si può dire per la stima dell’azoto ammoniacaleinliquamidisuiniaciclochiuso,chemostra unerroredel15%. Soprattutto per l’azoto, questi risultati confermano la capacità estimativa del sistema di misura, in quanto gli errori ottenuti si avvicinano a quelli delle analisi di laboratorio. I modelli realizzati sui digestati non hanno raggiunto un livello di stima accettabile, probabilmente a causa dellecaratteristiche del prodotto notevolmente influenzatodaltipodibiomasseutilizzateequindimeno correlabili con parametri indiretti, rispetto agli altri effluenti. RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI Tenendo conto della complessità che caratterizza il campionamento e l’analisi con tecnologie non convenzionalideglieffluentizootecnici,irisultatiottenuti sonodaconsiderarsimoltopositiviinquantoprimad’ora non era mai stata affrontata, in modo così integrato, la messa a punto di un sistema di misura per la stima indirettadeinutrientideglieffluenti. L’introduzione della tecnologia NIR e in particolare sulla misura relativa ad un numero limitato di lunghezze d’onda,ègiàconsolidataperaltricampidiapplicazione, mentre il trasferimento delle misure di conduttività elettrica,pHedensità,indispositividacampoègiàstato valutato per analizzare effluenti zootecnici, anche se i risultati finora ottenuti fornivano un’indicazione da utilizzarepiùinterminicomparativicheassoluti. Anche se il trasferimento in condizioni operative di questi sistemi di misura, richiede la messa a punto di sensori che devono essere opportunamente semplificati eadattatiall’applicazionespecifica,èpossibileprevedere un dispositivo a costo contenuto che fornisca un’indicazione circa il contenuto di nutrienti dei liquami almomentodelladistribuzione.Allostatoattualesembra più fattibile uno strumento da utilizzare in situ per valutare il contenuto di nutrienti su un campione di liquame prelevato dalla vasca. Un eventuale trasferimentoonͲline,adesempiodirettamentesucarro spandiliquame con funzionamento automatico, costituisce un ulteriore possibile sviluppo del sistema realizzato. Il sistema di misura indiretta delle caratteristiche degli effluenti,abbinandodellemisureelettricheeottichecon i dati aziendali, consente di fornire all’allevatore un dispositivo a basso costo che gli permetta con facilità e rapidità di conoscere al momento della distribuzione in campoeconunlimitatomarginedierrore,ilcontenuto di azoto e fosforo degli effluenti zootecnici. Questo permetterebbenonsolounutilizzomoltopiùrazionalee sostenibile di questi fertilizzanti organici, ma consentirebbe di conseguenza risparmiare anche un risparmiosull’acquistodiconcimiminerali. X. LA SOSTANZA ORGANICA PER IL MANTENIMENTO DELLA FERTILITÀ DEI SUOLI – UNIMI (Responsabile:FabrizioAdani) ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE La sostanza organica, costituita dall’insieme di tutti i composti di origine non minerale presenti nel terreno, comprendesialabiomassa,itessutieiresidui,vegetalie animali freschi, sia i materiali organici in stato di decomposizione più o meno avanzata. Nell’ecologia dei sistemi agrari la fertilità dei terreni coltivati, cioè la capacità di ospitare, nutrire e promuovere la crescita delle piante, è strettamente correlata al contenuto di sostanza organica del terreno, dalla quale dipendono la disponibilità di nutrienti e le caratteristiche chimiche, ooo fisicheebiologichedelsuolostesso. Pertanto,essendolasostanzaorganicaimportantesiada unpuntodivistabiologicoedecologico,cheagronomico e produttivo, si è cercata una spiegazione razionale e concreta ai meccanismi della sua conservazione nel tempo,soprattuttoallalucedellenuovericerche(Adani et al., 2012; Schmidt et al., 2011), per garantire il mantenimentool’aumentodellafertilitàdeisuoliagrari. Pertalescopo,sièprocedutoalcampionamentodiuna svariata gamma di suoli, in modo che fossero rappresentativi delle diverse realtà rurali sparse nel territorioregionalelombardo(Figura1). Suolocoltivatoconcoltureerbacee Suolocoltivatoconrotazionedicoltureerbaceeeorticole Suolocoltivatoconcolturearboree Suoloutilizzatoperaltriscopiagricoli(orti,pascoli,incolti…) Figura1.Mappadeicampionamentideisuoli. L’obiettivo di questo tipo di campionamento è stato quello di possedere unnumero di suoli tale percui non solo differissero per caratterizzazione chimicoͲfisica, ma che fossero anche differenti per utilizzo agronomico. Come si vede dalla Figura 1 infatti, oltre ai suoli che vengono annualmente impiegati per le tradizionali colture erbacee, sono state considerate anche le rotazioni colturali, le colture arboree e altri impieghi di diversa natura (orti, pascoli, incolti…) o comunque inerenticonleattivitàagricole.Èaltresìpossibilenotare comeisuolilombardisianoprincipalmenteimpiegatiper colture cerealicole, in molti casi in monosuccessione da anni. I suoli sono stati caratterizzati chimicoͲfisicamente in modo che si potesse costituire un data set che raccogliesse tutti i parametri e le possibili variabili determinanti: per questo scopo sono stati determinati capacità idrica massima, tessitura apparente, pH, azoto totale, carbonio totale, fosforo assimilabile, capacità di scambio cationico, basi di scambio (Ca, Mg, Na, K), e tassodirespirazione. Oltre alla caratterizzazione dei suoli, si è proceduto al frazionamento della componente organica. Il frazionamento, basato sulla metodica proposta da Mikutta et al., 2006, si esegue mediante una tecnica chimicadiseparazioneedeterminazionedellediverse frazioni di carbonio organico, che nell’insieme costituisconoladotazioneorganicadiunsuolo.Grazieai diversi meccanismi che un suolo ha di conservare naturalmente la sostanza organica, è possibile quantificare tre diverse tipologie di carbonio e, di conseguenza, tre diversi metodi di conservazione della sostanzaorganica(Figura2). Come si può osservare in Figura 2, grazie a un primo trattamento con ipoclorito di sodio (NaOCl) è possibile determinareilcarboniolabile,ovveroquelcarboniopiù prontamente disponibile per i microrganismi del suolo e dunque soggetto a una degradazione nel breve e medio periodo. Dopo l’eliminazione di tutte le argille presenti durante il trattamento con acido fluoridrico (HF), è possibile determinare il carbonio protetto e conservato dai minerali (principalmente dalle argille) e il carbonio recalcitrante, ovvero quella sostanza organica di difficile degradazione che è in grado di resistere più a lungo nel tempo, esplicando probabilmente anche un effetto ammendante. Figura 2. Schema di conservazione della sostanza organica (a sinistra) e frazionamento della sostanza organica con relativa determinazionedellediversefrazionidicarbonioorganico(adestra). RISULTATIOTTENUTI Irisultatimostranoinnanzituttolagrandevariabilitàche contraddistingue i suoli campionati, a causa dei diversi impieghi, delle diverse colture e delle diverse caratteristiche pedogenetiche. Si è notato che l’uso del suolo e probabilmente il momento di campionamento dello stesso sono dei fattori che determinano una più elevata variabilità durante le analisi. Per tali motivi, dall’insieme iniziale di suoli, sono stati selezionati quei campioni che potevano essere più significativi e interessantiinterminianalitici.Sinota,inTabella1come le diverse tipologie di carbonio siano presenti, o meglio conservate, in modalità e quantità completamente diverse. Il frazionamento ha permesso di stabilire che nei suoli agricoli lombardi è presente una percentuale media di carbonioprotettodaimineraliparicircaal24%. Tale dato è però soggetto ad una notevole variabilità, dataprobabilmentedallaquantitàedallatipologiadelle argille presenti, nonché dalla modalità di utilizzo del suolo stesso. Questo tipo di carbonio ricoprirebbe ben poche funzioni dal punto di vista agronomico in quanto non è raggiungibile nel breve e medio periodo dai microrganismi del suolo che non possono pertanto mineralizzarlo.Laletteraturaaffermachetalefrazionedi carbonioorganicopuòoscillaretraisecoliedilmillennio di età, conservandosi proprio grazie all’interazione tra essastessaeiminerali(Dungaitetal.,2012;Lehmannet al.,2007;Mikuttaetal.,2006;Sixetal.,2002). Diversamente, il pool di carbonio labile è certamente superiore rispetto alle frazioni protette dai minerali o recalcitranti. Questa percentuale così alta rispetto alle altre frazioni può suggerire che la maggior parte del carboniopresenteneisuolianalizzatisarebbesoggettoa una rapida mineralizzazione (Dungait et al., 2012). Questo porterebbe sicuramente alla liberazione di una granquantitàdinutrientiperlecoltureecontribuirebbe amantenerealtoillivellodifertilità. Seguendo quanto schematizzato nella Figura 2 riguardo le modalità di conservazione della sostanza organica, si può notare infatti come il carbonio labile aumenti la disponibilità di nutrienti per le piante. Si è notato, confrontando l’analisi chimicoͲfisica dei suoli, come la frazione di carbonio labile contribuisca all’aumento di alcuni parametri del suolo quali la capacità di scambio cationico, l’azoto totale, il rapporto C/N, il fosforo assimilabile, il potassio e ovviamente il tasso di respirazione del suolo stesso. La rapida degradazione di questa frazione potrebbe contemporaneamente comportare la depauperazione delle risorse del suolo in un lasso di tempo abbastanza ridotto, in quanto è prettamente costituita da composti organici prontamentedisponibili. (*):F=Franco;A=Argilloso;S=Sabbioso Suolocoltivatoabarbabietola Maidicolo Suolocoltivatoabarbabietola congessodidefecazione Maidicolo Maidicolo Risaiainasciutta Maidicolo Suolorotazionefrumentoemais concimatocondigestato Maidicolo Maidicolo Maidicolo Maidicoliinmonosuccessione Maidicolo Risaiainsommersione conconcimazioneazotata Rotazioneloiettoemais condigestato Maidicolo Cerealicolo Cerealicolo 1,73 1,12 1,90 1,23 1,18 0,97 1,10 0,77 0,91 0,65 1,13 0,82 0,74 0,96 1,14 1,02 1,08 1,61 FS FS F FS FS AL FS FS FS SL F FS F F FS (%) FA FS FA 0,52 0,62 0,70 0,87 0,76 0,56 1,01 0,46 0,42 0,60 1,16 1,04 0,75 0,97 0,66 1,55 0,95 1,48 (%) 0,42 0,38 0,76 0,18 0,10 0,06 0,10 0,31 0,27 0,29 0,03 0,10 0,18 0,08 0,07 0,15 0,15 0,35 (%) 0,08 0,09 0,15 0,09 0,05 0,03 0,06 0,05 0,05 0,07 0,04 0,04 0,04 0,05 0,04 0,03 0,03 0,07 (%) Tabella1.Frazionamentodellasostanzaorganicadeisuolipiùsignificativi. Descrizionedelsito Classe Ctotale PercentualirispettoalCtotale Tessiturale(*) Labile Protetto Recalcitrante 51,3 56,9 43,6 76,9 84,0 85,9 89,6 56,4 56,24 62,3 94,1 88,2 77,6 88,1 85,9 89,5 84,3 78,0 (%) Labile 40,9 34,8 46,9 15,48 10,9 8,86 8,54 37,0 36,38 30,21 2,43 8,14 18,32 7,4 9,25 8,93 13,28 18,47 (%) Protetto (segue) 7,84 8,33 9,47 7,64 5,10 5,26 5,49 6,57 7,39 7,45 3,50 3,62 4,09 4,54 4,82 1,55 2,39 3,48 (%) Recalcitrante RipartizionedelCorganiconelsuolo 1,00 1,15 0,92 1,32 1,23 0,86 1,18 1,14 1,41 1,53 1,16 1,50 4,89 3,04 4,51 0,53 8,84 F FS F FL FS SF FA F F F F FS SF SF F SF SF Risaiainsommersione Cerealicoloezootecniadalatte Risaiainasciutta conconcimazioneazotata Cerealicolo Aziendacerealicola Aziendacerealicola Rotazioneorticole (anguriaͲmelone)ecereali RotazionemaisͲfrumentoͲpomodoro Cerealicoloeorticoleinrotazione VignetoFranciacorta VignetoFranciacorta VignetoFranciacorta Orto Pratodirisorgiva Pratopascolodipianura SuologolenaledelPo Ortodifasciapedemontana (*):F=Franco;A=Argilloso;S=Sabbioso (%) Tabella1.Frazionamentodellasostanzaorganicadeisuolipiùsignificativi. Descrizionedelsito Classe Ctotale tessiturale(*) 0,54 0,20 1,07 0,95 1,34 4,23 2,47 2,73 0,42 5,68 0,81 0,21 0,61 0,85 0,79 0,19 0,49 (%) Labile 0,52 1,00 0,43 0,18 0,12 0,47 0,44 1,53 0,04 0,95 0,34 0,83 0,11 0,28 0,11 0,85 0,33 (%) Protetto 0,08 0,22 0,04 0,04 0,05 0,19 0,14 0,25 0,06 2,20 0,17 0,18 0,14 0,05 0,10 0,12 0,10 (%) Recalcitrante PercentualirispettoalCtotale 47,0 13,9 69,8 81,5 89,2 86,4 81,2 60,6 78,5 64,3 61,5 17,3 70,9 71,5 79,1 16,1 52,6 (%) Labile 46,0 70,7 27,80 15,39 7,71 9,60 14,29 33,9 8,06 10,77 25,6 67,8 13,0 23,9 11,28 73,6 36,14 (%) Protetto 7,00 15,46 2,38 3,10 3,14 3,97 4,49 5,45 10,83 24,91 12,98 14,88 16,00 4,57 9,62 10,26 11,29 (%) Recalcitrante RipartizionedelCorganiconelsuolo Laletteraturasuggerisceinfatti,medianteradiodatazione al 14C,cheilcarboniochevienerimossodaltrattamento con NaOCl ha un’età media definita “moderna”, ovvero quantificabile in decadi o pochi secoli (Mikutta et al., 2006).Unamancataecorrettagestionedelsuoloedegli apporti di fertilizzanti organici può probabilmente contribuireaunrapidocalodellivellodifertilitàintempi relativamente brevi. Viceversa, la frazione di carbonio recalcitrante,ovverolafrazioneacuinelloschemadella Figura 2 viene associata la proprietà di ammendante, è quellamenopresente;lasuapercentualeèmediamente pari al 7.4%. La ridotta presenza di questa frazione potrebbe essere imputabile al tipo di sfruttamento per fini agricoli ma soprattutto alla tipologia e alla quantità degli apporti di sostanza organica. Il carbonio recalcitranteèingradodiconservarsigraziealleproprie caratteristichechimicheestrutturali(Papaetal.,2013):è stato dimostrato come tale carbonio sia soprattutto costituito da polisaccaridi di pareti cellulari o cutine e suberinedipianteeradici(Dungaitetal.,2012;Mikutta et al., 2006). L’aumento di tale frazione potrebbe contribuire non solo al mantenimento della fertilità, ma ancheallostoccaggiodelcarbonionelsistemasuolo.Una percentualeridottapuòesseretestimonedelfattochelo sfruttamento del suolo per le produzioni agricole ha lentamente consumato le risorse carboniose del suolo. Anche in questo caso una corretta gestione dovrebbe provvedereall’apportodimaterialeorganicochesipossa conservareechepossaesplicareuneffettoammendante per i suoli. Riguardo al tempo di persistenza di questa frazionecarboniosa,laletteraturaètutt’oggicontroversa eglistudisonoattualmenteincorso. RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI Il nuovo approccio analitico per lo studio della sostanza organica del suolo e la sua conservazione, ha permesso di capire quelle che sono le effettive dinamiche che portano all’arricchimento o all’impoverimento dei terreni, abitualmente utilizzati in campo agricolo. Il frazionamento della sostanza organica ha reso evidente come ogni suolo sia soggetto a dei meccanismi che dipendono da molteplici fattori, che possono essere sia diorigineantropicasianaturale. Grazie allo studio mediante nuove metodologie e nuovi approcci scientifici, è possibile non solo capire la dinamica della conservazione del carbonio organico, ma valutareinqualecasosiapiùnecessariointervenireperil mantenimento della fertilità del suolo, garantendo una buonaresainterminicolturalieagricoli. Grazieallevalutazionichederivanodall’isolamentodelle frazioni di carbonio organico del suolo, è possibile effettuare una diagnosi dello stato di sfruttamento del suolo stesso e del suo livello di fertilità: la corretta gestione del suolo permette la conservazione delle frazionidicarbonioorganicoperperiodiditempomolto lunghi. Un incremento del contenuto di carbonio organico mediante l’apporto di biomasse con potere concimante e ammendante, per esempio letame e digestato, migliora e stabilizza i parametri chimicoͲfisici delsuolostesso. Lo studio ha permesso di definire che l’apporto di sostanzaorganicacontribuisceall’arricchimentodelletre frazioni di carbonio organico presenti nel suolo. Di queste, solo due garantirebbero il miglioramento delle caratteristichechimicoͲfisichediunsuolo,inquantouna parte di esse non è utilizzabile nel breve e medio periodo,conservandosialsuolo.Lafrazioneprotettadai minerali,infatti,noncollaboraall’aumentodellafertilità del suolo in quanto tale componente non può essere mineralizzata dai microrganismi, ma ricoprirebbe un’importanza di carattere prettamente ambientale, in quantorappresentailpooldicarboniostoccatonelsuolo esottrattodunqueall’atmosfera.Sièdimostratoinvece come le restanti frazioni, il carbonio labile e il carbonio recalcitrante, sarebbero fondamentali per definire e mantenere un livello di fertilità adeguato per le produzioni agricole. Il continuo e adeguato apporto di sostanza organica migliora le caratteristiche del suolo e le“prestazioni”alivellocolturale. Grazie alle nuove ricerche e ai nuovi approcci analitici riguardo lo studio della conservazione della sostanza organica nel suolo, è stato possibile applicare tali conoscenze anche alla realtà agricola lombarda. Il frazionamentoeladeterminazionedelcarbonioorganico hanno permesso di studiare i suoli agricoli lombardi in modo del tutto innovativo che ha permesso altresì di ribadire l’importanza della sostanza organica e dunque dellacorrettagestionedellastessa. Grazie al frazionamentodella sostanza organica, è stato possibile definire che i suoli agricoli sono prettamente caratterizzati da un carbonio che potrebbe essere consumato nel breve e medio periodo e che contribuirebbe sì a garantire un buon livello di fertilità, ma si consumerebbe altrettanto velocemente. Si è visto infatticomequestocarboniocontribuiscaamigliorarele caratteristiche chimicoͲfisiche del suolo ma non è in gradodiconservarsiperlungotempo. È stato possibile confermare quella che è la probabile funzione nel suolo della frazione recalcitrante, ovvero l’effettoammendante.Talefrazioneèperòquellameno presente, suggerendo che probabilmente lo sfruttamento del suolo non è accompagnato da un adeguatoapportodisostanzaorganica. L’impiego di ammendanti e concimi organici quali letame,digestato,separatisolidi,etc,sonoingradonon solo di apportare dei benefici immediatamente apprezzabili che si riflettono sulle performance delle coltureagricole,masonoingradoanchedimiglioraree stabilizzarelecaratteristichechimicoͲfisichediunsuolo, garantendo il perdurare o l’aumento del suo livello di fertilità. BIBLIOGRAFIA FertilizerResearch,43,117Ͳ125. Abrol Y.P., Raghuram N., Sachdev M.S. eds, (2007). Agricultural Nitrogen Use and its Environmental Cichy, K. A. and V. Raboy, (2008). Evaluation and development of low phytate crops, in Modification of Implications.IKInternational,NewDheli,552. 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