ATL ANTE DELL A TAVOL A Recupero e reinterpretazione degli antichi sapori Proposte per il gastronauta in terra di Basilicata Federico Valicenti 2 Un ringraziamento speciale a mia moglie Franca che mi supporta e sopporta e ai miei figli Ida, Domenico e Bruna che ne facciano tesoro. Progetto e ricerca sul territorio: Federico Valicenti Direttore tecnico: Luigi Oliverio - Plane Copertina: Francesco Spinelli - Plane Progetto grafico e impaginazione: Massimo Barberio - Plane Coordinamento editoriale: Simona Pescatore - Plane Fotografie: Domenico Olivito - Plane Ottimizzazione immagini: Gabriele Morelli - Plane Composizione piatti: Federico Valicenti Consulenti grafici e per le fotografie: Biagio Oliverio e Emilio Arnone - Plane © 2008 Ed. Librare © Provincia di Potenza © Federico Valicenti ISBN 978-88-88637-54-9 Indice Una proposta letteraria da assoporare Continua l’incantevole viaggio | di Federico Valicenti La lucanità contagia il viaggiatore del gusto e della natura | di Antonella Millarte Basilicata ricca e gaudente | di Carmela Formicola I mille volti del cuoco esploratore | di Elisa Forte Chi è lo Chef Federico Valicenti Bibliografia 7 8 10 12 14 129 131 I prodotti della tradizione Crostate torte e pasticci I funghi La lumaca La melanzana di Vincenzo L’Africano Miele Lucani dolci come il miele! L’ulivo Gli oli della Basilicata Patata Lucana Il peperoncino Podolica Riti Arborei La Pita Il baccalà Il pesce che non è pesce La cicerchia Le cerase nel parco del Pollino Le ciliegie sotto spirito Il fico Officina botanica Pistiddi Verdure 20 28 34 40 44 48 50 54 66 72 78 82 88 96 100 101 106 112 118 Un paese una tradizione Chiaromonte | Ruosciolo Pietrapertosa | Pasticcio Trecchina | Timballo di riso e sanguinaccio Vaglio di Basilicata | Manatelle al sugo di cardoncelli e salsiccia 22 24 26 30 Vietri di Potenza | Tortiera di agnellone, patate e funghi Albano di Lucania | Marrucchedde Sant’Arcangelo | O vavalisce po pulejo Rotonda | Tortino Ripacandida | Ricotta e miele Ripacandida | Capocollo di maiale ai profumi di miele Missanello | Bruschetta all’olio Missanello | Broccoli aglio e olio Laurenzana | Patan alla runzanese Acerenza | ‘A turtiera a ‘u forn’ San Severino Lucano | Minestra mpastata Paterno | Patate raganate Sant’Angelo Le Fratte | Patan’ nzane Calvello | U sciuscill’ piccante Sasso di Castalda | Ricchiettelle fort’ Abriola | Ragù di podolica Cancellara | Gran ragù Viggianello | Pitta gnuttucata pu’zazizz e patan’ Savoia di Lucania | Baccalà arraganato con noci, uva passa, olive al forno Guardia Perticara | Baccalà e lampascioni Calvera | Cicerchie e salsiccia Campomaggiore | Zuppa di cicerchia Castelgrande | Ricchie di lepre con cicerchia Maiale alle ciliegie Ratafìa di ciliegie Carbone | Soppressata di fichi Teana | A ficarella fichi chi nuci Noepoli | Pulìata Tito | Strascinati ca’ menta Castelsaraceno | Munnulata Spinoso | Castagnaccio Anzi | Minestra maritata Palazzo San Gervasio | Capunti chi cime chicozze Episcopia | Minestra di verza e peperoni cruschi Ruoti | Carchiolla cu rape 32 36 38 42 46 46 52 52 56 58 60 62 64 68 70 74 76 80 84 86 90 92 94 98 98 102 104 108 110 114 116 120 122 124 126 Una proposta letteraria da assaporare La Provincia dei Cento Comuni continua nella sua missione di promozione delle comunità locali. Un secondo volume che attraversa una ulteriore e significativa parte di territorio e di tradizioni interpretate con la proposta gastronomica di Federico Valicenti. La cucina e la gastronomia sono elementi che sempre più interpretano, con l’aiuto dei profumi e dei sapori riproposti secondo le più moderne tendenze dell’alimentazione, l’esigenza identitaria di una terra come la Basilicata ancora sconosciuta ai più. Concorrono col paesaggio e con le attrazioni naturali proprie dei nostri territori, ma anche con una rete di accoglienza sempre meglio organizzata, ad attirare l’attenzione di un turista che vuole entrare in sintonia e contaminarsi con le usanze dei luoghi fino ad entrare a farne parte. Una proposta “letteraria” che è una suggestione fatta di poesia e immagini, di luoghi e tradizioni, di prodotti tipici e abilità culinaria che devono arrivare al lettore e far pregustare sensazioni in grado di raccontare i cento modi di essere parte della complessa realtà rappresentata da una grande provincia che dal Vulture al Pollino parla linguaggi, interpreta culture e produce tipicità tanto varie quanto intriganti. Ci sono prodotti che ormai legano il loro nome indissolubilmente ai territori di produzione proponendone una tipicità che è unicità non facilmente riproducibile e quindi garanzia di genuinità e riconoscibilità in un contesto globale in cui la “località” è sempre più valore aggiunto. Proposte per il “gastronauta” in terra di Basilicata seguendo una scansione che dalle radici greco-latine è in grado di proiettare una terra da assaporare, lentamente, dolcemente verso i nuovi orizzonti di un futuro saldamente ancorato a valori e sentimenti autentici. E, perché no, capace di promuovere modalità e stili di vita in armonia con la natura, i territori e con i loro straordinari elementi. Giancarlo D’Angelo Assessore al Turismo della Provincia di Potenza Sabino Altobello Presidente della Provincia di Potenza Continua l’incantevole viaggio di Federico Valicenti Mentre l’economia globale tende a stritolare le diversità omogeneizzandole, rendendo tutto uguale e asettico, inodore, insapore, la Basilicata del cibo e delle tradizioni si ritaglia uno spazio nell’economia, nella memoria, nella cultura. Una Basilicata fatta di uomini e donne, consapevoli che il cibo crea legami e progetta la vita dei piccoli paesi. Non si può far finta che non sia vero, ormai è un corpus culturale enorme che non vuole più essere sottovalutato. Va stimolato e preservato. Il cibo lucano è fatto di storia, tradizione, artigianato, cultura del territorio, degli oggetti. Solo chi non ha memoria di se stesso, della sua cultura, non se ne cura, si lascia morire, deperire e getta via se stesso come se fosse un fardello. Chi si affida il compito di salvare e mantenere viva la cultura della diversità ha e deve avere, la possibilità di realizzare il presidio della memoria nel proprio luogo, nella propria comunità. Come? Scrivere la storia e le storie del cibo e delle persone che con il loro impegno contribuiscono a caratterizzare un prodotto, una tradizione. Valorizzare le coltivazioni e le sue trasformazioni, la musica, i miti e i riti, le manualità, i modi di costruire, di sopravvivere e di raccontarsi, creando una rete. La rete serve per contribuire ad arricchire i territori, preservarli da scempi architettonici, culturali, ecologici, così tutto diventa economia locale. Creare un sistema per incanalare i processi produttivi, per sprigionare energia dando impulso alla piccola economia, valorizzare in tutto e per Atlante della tavola | Provincia di Potenza tutti le risorse umane del territorio. Solo agendo in questo modo, solo sprigionando forza all’interno di un’economia locale, che fa da sistema, si possono coinvolgere produttori, realizzatori e conoscitori di prodotti, sostenitori di diversità. Una rete sistema dove sostenibilità non significa solo guardare il mondo rurale ma incontrare anche la gente che ci vive, che lo circonda, con le sue capacità i suoi valori, la sua generosità. Dove i vari soggetti che compongono questo mondo sono in contatto tra di loro, costantemente, comunicano e sono disposti ad aiutarsi. Con la convinzione che la forza delle idee cambia il mondo. Lavorare in sinergia affinché il piacere diventi un diritto universale, perché il piacere significa anche stare bene su un pianeta in salute. Negli ultimi anni sono stati fatti passi da gigante nell’acquisizione della coscienza del sano e pulito, per ricominciare a vivere con gusto, per uscire dalla cultura del mangiare glutammato e “gonfiato”. Passaggi che diventano punti cardine del marchio qualità. Ed è compito di tutti divulgare il concetto di qualità che si va sempre di più allargando e a cui si devono aggiungere gli aggettivi di pulito e giusto, che risultano essere due aspetti fondamentali e importanti per la cultura del cibo. Il nostro impegno si deve tradurre soprattutto in progetti volti principalmente alla diffusione del cibo lucano, per salvaguardare e mantenere in vita le tradizioni popolari, le diversità. Continuiamo questo splendido viaggio in terra di Basilicata, con il coraggio e la consapevolezza di cercare un mondo migliore, con costante evoluzione rispetto a dove ci troviamo, cosa e con chi mangiamo. Atlante della tavola | Provincia di Potenza La lucanità contagia il viaggiatore del gusto e della natura di Antonella Millarte Esperto in enogastronomia Ma quando mai avevate creduto di mangiare senza ascoltare? Di masticare senza pensare a chi e a come quel piatto lo aveva tramandato? Di buttare giù in fretta qualcosa senza passato? Di scansare tutto ciò che è grasso, o meglio sarebbe considerato tale? Tutte false convinzioni, leggende sbilenche o storie narrate da chi - statene certi – alla tavola di Federico Valicenti non si è mai seduto. Perché, qui nella Lucania vera e sincera, l’affabulazione arriva prima con le parole che con i sapori. A chi volesse stuzzicare un po’ l’appetito in attesa dei piatti – diciamo – consistenti, potrebbe capitare di sentirsi chiedere se gradisce le “vavalisce”. Come non le conoscete? Ma allora preferite “marrucche”? Dite che non si mangiano, e allora vi portano le “zinnedde”? E manco quelle sapete che sono? Chissà le “monaciedd”? Vabbuò, e se pensate che quelle stanno in convento e che manco le “marrozze” vi dicono nulla … benissimo, ecco perché nella Basilicata di Valicenti, o non ci siete andati o dovete ritornarci per approfondire un po’ la conoscenza con la tavola delle tipicità. Ed è così che, per i lucani d’adozione “di gola” o quelli che vogliono rispolverarsi la memoria, non sarà difficile dal profumo capire che quel “diavolo” (o meglio quel “peperoncino”) di Valicenti vi ha offerto – a modo suo, naturalmente – una umile ma squisitissima lumaca, senza pedigree e con tanto sapore. La lucanità è un qualcosa di profondo, è un po’ come il mal d’Africa che contagia il viaggiatore del gusto e della natura: apparentemente diversi, profondamente legati dalla stessa misura (lenta) dello scorrere del tempo. Le ricette narrate da Valicenti, anche in questo secondo “Atlante”, restano fedeli a se stesse o meglio alla sua visione visionaria: sembrano semplici, quando proverete a rifarle inciamperete nelle trappole della semplicità. 10 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Lui è un segugio del freschissimo e del tipico vero. Valicenti scansa accuratamente le elaborazioni esagerate, e ne guadagna il sapore mentre la salute si rallegra. Fa nulla che, ogni tanto, ricompare il tanto demonizzato grasso di maiale (la sugna!) con il quale generazioni di lucani (e non solo) sono cresciuti in ottima salute (e campando centenni). Il segreto, oramai notissimo, è solo nella giusta misura: un poco di tutto. E a voi che, leggendo e guardando, state sognando i profumi del Pollino che così efficacemente lo chef–segugio Valicenti vi propone … non pensate di ritrovarvi solo con le prelibatezze dei ricchi. Il tartufo, in Lucania, c’è ma a tavola Federico Valicenti ama portare quel tocco di umiltà che alla fine fa la differenza. Ve ne siete accorti? No, ancora no? E allora questo “Atlante” fa proprio al caso vostro! Il filo conduttore mica è solo il maiale, al quale Valicenti ha dedicato altri libri di tripudio gastronomico lucano. Sono loro le reginette delle sue ricette: fa rima, non l’ho fatto apposta ed ora capirete perché. Provate a impastare le polpette con quel pangrattato “figlio” di una multinazionale e di un grano tenero: non avranno il sapore di quelle che facevano mammà o la nonna. Conservate il pane raffermo, quello lucano, quello figlio di una massaia che lo impasta e del lievito madre lasciato dal giorno prima unito sull’altare al grano duro: e che differenza. Quel pane secco, che rinasce a nuova vita con l’arte della gastronomia, non vi deve ingannare. La cucina lucana, nelle mani sapienti degli chef e ricercatori come l’amico Federico Valicenti, non è cristallizzata nel passato. I sapori di una volta, come l’esplosione di colori e composizioni gastronomiche di questo “Atlante” dimostra, sono deliziosamente presentati con quel tocco di moderna composizione … che non guasta! E ora, un buon appetito lucano! 11 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Basilicata ricca e gaudente di Carmela Formicola Giornalista Ho conosciuto Federico Valicenti in un pomeriggio di giugno, nel mare verde del Pollino dove l’anima naufraga di felicità. Così ho scoperto questo esploratore del gusto, il Bruce Chatwin della Basilicata epicurea e paffuta. Cuoco, scrittore, pensatore, creatore di sapori quanto di suggestioni. Seduti, dinanzi a un buon bicchiere, affacciati sulla Falconara mozzafiato che ridisegna l’orizzonte tra “Luna Rossa” e il resto dell’universo, Federico parla, cucina, brinda e affascina, l’uomo che ti conduce nella meraviglia della gastronomia e della storia di un Sud segreto e fascinoso, il Cappellaiomatto che ogni Alice è destinata a incontrare sulla sua strada di liriche frivolezze. Chiudendo gli occhi, tra il gusto, la tradizione e la leggenda, in questo luogo sospeso riesci ad ascoltare i bisbigli della gente antica; il fruscìo delle sottane delle donne, tra la cucina e l’alcova; le risa, i gemiti, le parole, le grida degli uomini. Ma come si può narrare un popolo attraverso la sua attitudine al convivio? Basta miscelare ironia e realismo e convincersi che nessuna chiave di lettura è riduttiva rispetto ai codici stantii della storiografia ufficiale. Federico Valicenti, d’altronde, nella sua impresa pubblicistica, da sempre predilige parlare di quella Basilicata ricca e gaudente, aristocratica, piena d’agi, distruggendo – finalmente - l’icona infelice e a senso unico della folla contadina condannata alla 12 Atlante della tavola | Provincia di Potenza fame, al disagio e alle fotografie color seppia. Pure c’è, nella nostra anima, questa memoria amara di sofferenza, tuttavia scorre potente, nelle vene lucane, il sangue rosso della festa e della felicità, la biografia meno ufficiale, il trionfante squasso dei luoghi comuni. Ecco allora i colori e i sentimenti buoni dell’«Atlante della tavola - secondo volume». Atlante, si badi. E non solo perché Federico è propenso alle misure ampie. Non libro, non almanacco. Atlante. Cioè un’epopea di viaggi, di mappe, di luoghi, di abitudini. Un globo di ingredienti e di pensieri. E di ricette. Il maiale, i peperoni, la cipolla. Le spezie, le erbe, i semi, le radici. È un sentiero lungo di echi di questo ventre di Mezzogiorno, la storia di un popolo che siede a tavola. Ricette come frammenti di vita. E poi odori e piatti sapidi. Così, pagina dopo pagina, si ricompone il ritratto del narratore, dello chef, del filosofo. O, con molta meno enfasi, di un figlio della Lucania che ha imparato l’importanza di lasciare traccia. Seguire questa traccia significa addentrarsi nell’Atlante e viaggiare lungo i borghi bellissimi e sperduti del lembo meridionale della Basilicata. I paesi, la gente, la tradizione. E la cucina, linguaggio universale che parla al gusto e all’olfatto, al tatto e all’udito. La cucina e il piacere. Perché – diceva James Joyce - «Dio fece il cibo, il diavolo i cuochi». 13 Atlante della tavola | Provincia di Potenza I mille volti del cuoco esploratore di Elisa Forte Giornalista “La scoperta di un piatto nuovo è più preziosa per il genere umano che la scoperta di una nuova stella” - Brillat-Savarin-, fisiologia del gusto Tu chiamala, se vuoi, cucina. Ma forse si dovrebbe dire arte. Artista, dunque. Ma non solo. Cuoco, certo, ma anche ambasciatore. Testimone e interprete della sapienza culinaria di terra lucana. Studioso enogastronomico, scrittore e divulgatore. È Federico Valicenti. Le sue missioni, dalla Germania alla Terra Santa, dagli Stati Uniti all’Australia, sono viaggi di conquista. Sotto le insegne della cucina lucana, l’obiettivo è prendere tutti per la gola. E ciò accade, invariabilmente. Gerusalemme o Milano, non fa differenza. Seduce i palati, appaga curiosità storiche legate alle antiche tradizioni delle ricette, trasmette buonumore. Sono oramai quasi tre decenni (27 anni) che Federico Valicenti ha deciso di valorizzare i saperi e i sapori della cucina che facevano le nonne lucane. Lo ha fatto partendo dal suo regno, Terranova. Uno dei posti più incantevoli del Parco Nazionale del Pollino. Montagne mozzafiato da vivere secondo tempi da slow-style, lasciandosi abbagliare da un tripudio di colori. Valicenti ha interrogato massaie, ha rovistato nei ricettari della loro memoria. Ha ricostruito l’alfabeto culinario del passato. Investigatore, dunque, prima che ambasciatore. Ha chiesto alle donne della montagna. Loro, che hanno ereditato ricette e sapori dalle nonne. Sempre loro, che, come si usava fino a 50 anni fa, hanno preparato banchetti nuziali “mped a na ciars”, all’ombra di una quercia. Quando sposarsi era una festa in tutto il paese e il rito del pranzo nuziale si svolgeva all’aperto, in campagna, all’ombra degli alberi più maestosi. Tutti insieme, intorno a lunghe e allegre tavolate. 14 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Investigatore, studioso, ambasciatore. E finalmente cuoco. Ecco come lavora tra i fornelli, in cucina. Procede per gradi. I piatti vengono prima preparati e sperimentati nella sua terra, a Terranova del Pollino, nel tempio dei sapori, nel ristorante “Luna Rossa”. Se, nel piatto, la tradizione sposa l’innovazione e il gusto convince il guru della cucina made in Basilicata, accade che storia, tempi e procedimenti per la preparazione dei piatti si trasformano in una nuova scoperta. Piatti-scultura come quelli che lo stesso Federico Valicenti ha prima preparato e poi fotografato per l’Atlante che state leggendo, compagni di impagabili di indimenticabili viaggi sensoriali. Nuove micidiali armi di conquista sotto i vessilli della lucanità. Cuoco? Sì, ma anche divulgatore. Ricette a base di capretto e patate, maiale condito con le arance, peperoni cruschi e baccalà, tortino di patate di montagna e salsiccia, melanzane che diventano dessert. Federico Valicenti oltre che prepararle, ha iniziato a raccontarle nell’Atlante, su quotidiani e in tv, dove è ospite molto richiesto e testimonial delle specialità regionali E adesso, viaggiatore di questo Atlante, chiamala, se vuoi, cucina. Ma forse si dovrebbe dire arte. Per i buongustai e i globe-trotter del gusto che a centinaia raggiungono Terranova, ogni anno, per degustare le delizie “valicentiane”, si potrebbe, addirittura, osare di più. Del resto c’è chi, una volta, disse: “La scoperta di un piatto nuovo è più preziosa per il genere umano che la scoperta di una nuova stella” (Brillat-Savarin, Fisiologia del gusto). 15 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Basilicata, Provincia di Potenza Lavello Montemilione Melfi Venosa Rapolla Barile Rionero in Vulture Ginestra Atella Rapone Palazzo San Gervasio Maschito Ripacandida Banzi Forenza Genzano di Lucania Ruvo del Monte Castelgrande San Fele Acerenza Filiano Pietragalla Muro Lucano Baragiano Balvano Oppido Lucano Cancellara Tolve Avigliano Bella Ruoti Vaglio Basilicata Potenza Picerno Vietri di Potenza Tito Savoia di Lucania Pignola Brindisi Montagna Albano di Lucania Campomaggiore Trivigno Sant’Angelo le Fratte Satriano di Lucania Abriola Sasso di Castalda Brienza Calvello Anzi Castelmezzano Pietrapertosa Laurenzana Gorgoglione Marsico Nuovo Marsico vetere Paterno Viggiano Corleto Perticara Guardia Perticara Armento Galliccini Montemurro Missanello Spinoso Sant’Arcangelo San Martino d’Agri Sarconi Roccanova Moliterno San Chirico Raparo Castronuovo di Sant’Andrea Castelsaracento Calvera Senise Carbone Lagonegro Chiaromonte Teana Noepoli Latronico Rivetto Episcopia Francavilla in Sinni Nemoli Lauria San Costantino Albanese Trecchina Castelluccio Superiore San Severino Lucano San Paolo Albanese Tramutola Grumento Nova Maratea Viggianetto Rotonda Teranova di Pollino 17 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Crostate, torte e pasticci P resentare alla fine di un lauto pranzo o in certi intimi momenti, una torta, una crema, una crostata, è diventata consuetudine oltre che legge consacrata da secoli di usanze familiari. Un dolce È come avere nell’armadio abiti pronti da mettere nelle occasioni improvvise che richiedono eleganza e sobrietà, cosi è vanto e ricchezza vedere nella propria dispensa allineati, oltre che buoni rosoli, anche barattoli di marmellate, confetture, gelatine tutte preparate con le proprie mani. Marmellate pronte per essere trasformate in crostate, gelatine pronte per accompagnare prelibati formaggi, confetture da usare per insieme a carni selvaggine o semplicemente da offrire al mattino con il latte, con i biscottini fatti in casa, per preparare una bella merenda o semplicemente gustarle al cucchiaio accompagnate con un bicchierino di rosolio. Le crostate dolci sono composte da una crosta di pasta su cui adattare marmellate o condimenti vari, quasi sempre a base di frutta. 20 Atlante della tavola | Provincia di Potenza La crostata dolce va fatta risalire almeno al XIV secolo. Già allora, come ancora oggi si usa fare, veniva ricoperta con una grata di listelli di pasta frolla. I pasticci, invece,sono crostate composte da una crosta ripiena di alimenti salati. L’origine della crostata salata va fatta risalire al XVI secolo, periodo in cui veniva preparata con il metodo che oggi ricorda molto la pizza, semplicemente con una pasta di pane e condimento. Oggi i pasticci sono preparati quasi sempre con formaggi, verdure e uova sode e le sue ricette sono passate indenni attraverso la storia. Nel corso dei secoli le crostate hanno avuto momenti altalenanti tra dolce e salato, però sono riuscite ad arrivare fino ad oggi quasi senza grossi stravolgimenti gastronomici. Le crostate, le torte o i pasticci sono piatti da buongustai. 21 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Chiaromonte Ruosciolo Gli ingredienti 350 gr di zucchero 500 gr di farina di grano duro 4 uova 10 cucchiai di sugna 1 buccia di limone grattugiata 1 bustina di lievito per dolci 150 gr di ricotta fresca 250 gr di marmellata di ciliegie (o albicocca) Il procedimento 22 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Mescolare le 4 uova con i cucchiai di sugna e la buccia di limone, aggiungere la bustina del lievito e lo zucchero quindi versare la farina mescolando il tutto grossolanamente, senza legare eccessivamente, con un movimento dal basso verso l’alto. Adagiare una parte dell’impasto in una teglia unta di sugna e spolverata di farina, aggiungere la marmellata di ciliegie (o di albicocca) amalgamata alla ricotta fresca, aggiungere l’altro impasto e far cuocere a forno caldo 180° per circa 20 minuti. Pietrapertosa Pasticcio La pasta 500 gr di farina 5 uova 1 bicchiere di strutto sale q.b. La preparazione Preparare la farina a fontana sulla spianatoia, versarvi le uova, lo strutto e il sale. Impastare a lungo fino a quando la pasta diventa lucida e morbida. Preparare il ripieno Il ripieno 4 uova fresche 100 gr di formaggio grattugiato 500 gr di ricotta 500 gr di toma tagliata a fettine 4 uova sode tagliate a fettine 200 gr soppressata e salame prezzemolo pepe sale q.b. Il procedimento 24 Atlante della tavola | Provincia di Potenza In una terrina mettere la ricotta, il formaggio, le quattro uova fresche, il prezzemolo, il pepe e il sale. Assemblare bene fino ad ottenere un impasto consistente e morbido. Riprendere la pasta e con il mattarello ricavare due dischi dello spessore di ½ cm circa. Stendere su un disco il preparato di ricotta, formaggio ed uova; su questo fare uno strato di uova sode tagliate, uno di salame e infine uno di toma; spargere un pochino di sale e di pepe. Ricoprire con l’altro disco di pasta; chiudere bene i bordi; lucidare con un tuorlo d’uovo sbattuto, punzecchiare con una forchetta, porlo sulla piastra del forno e cuocere a 250°. Ritirare il pasticcio quando ha assunto il colore dorato di un biscotto. Trecchina Timballo di riso e sanguinaccio Gli ingredienti 1 kg di riso 500 gr di uva sultanina 1 lt di acqua 1 lt di sangue di maiale 1 mazzetto di odori 1 cucchiaio di strutto 1 sfoglia di pasta per crostate 1 tuorlo d’uovo sale q.b. Il procedimento In una capiente pentola fare bollire per circa 10 minuti il sangue, l’acqua, il cucchiaio di strutto e gli odori. In un’altra pentola fare cuocere il riso al dente, quindi scolarlo e amalgamare l’uva sultanina ed il composto precedentemente ottenuto. Aggiustare di sale e versare il tutto in una pirofila da forno foderata con la pasta sfoglia. Richiudere la parte superiore con un altro strato di pasta, spalmare con un pennello intriso con il rosso d’uovo e bucherellare con la punta della forchetta prima di passarla al forno caldo per circa un ora. 26 Atlante della tavola | Provincia di Potenza I funghi I funghi si vedono spuntare dal nulla su terreni o su tronchi di alberi, magari dopo una persistente nebbiolina che avvolge il bosco. Avvolti in un alone di magia e di riti che si perdono nella notte dei tempi vengono usati da maghi e fattucchiere, da santoni e asceti, da antropologi e sciamani, diventando protagonisti di credenze, racconti, storie e leggende popolari. Alcuni racconti popolari affermano che, i funghi che crescono in “cerchio”, sono generati da danze di streghe o da abitanti notturni del bosco come elfi e gnomi. Nell’antica Magna Grecia il fungo veniva venerato al pari degli dei perché simbolo divino. Infatti, una leggenda vuole che Perséo, assetato e stanco, trovò una cappella di fungo piena d’acqua e, ringraziando gli dei per averlo salvato, decise di fondare la città di Micene (dal greco Mykès–fungo), dando corso alla civiltà micenea e, molti secoli dopo, allo studio della micologia. Invece nella Roma antica il termine latino fungus significa portatore di morte (funus–morte e ago–portare). Gli antichi romani ne celebravano la bontà mettendoli sullo stesso piano della cacciagione e delle ostriche. Giovenale usava i funghi ingannando i commensali creduloni... “boletum condire, et eodem iure natantes 28 Atlante della tavola | Provincia di Potenza mergere ficedulas...” – insaporire un fungo a fuoco spento e ingannare i beccafichi. Mentre Marziale ammoniva “è facile regalare argento e oro... difficile è regalare funghi”, ponendo il piacere di un buon pranzo a base di funghi al di sopra dei regali preziosi. I funghi hanno da sempre interessato e influenzato la vita dell’uomo, anche se in qualche caso l’hanno funestata accorciandone la durata. Di sicuro l’hanno resa più gradevole e quindi piacevole. Conoscerli è indispensabile per salvare la vita ed evitare tragedie, cercando di non cadere nei metodi tutti “casalinghi” per stabilirne la velenosità, come il cambio del colore dell’aglio, farli mangiare al gatto di casa, ascoltarne l’odore e così via, frutto di credenze popolari che non hanno nessun riscontro scientifico. Chiedere a chi ci credeva, se è vivo! Un antico proverbio lucano dice che “murì pì fùngi è murì’ da fess” (morire per funghi è un morire da fessi). Nel periodo di raccolta i funghi che spuntano nei prati, nei boschi, sulle colline, ci ammaliano con i colori, ci nutrono con i sapori, ci inebriano con i profumi. Suggestioni e odori rendono la Basilicata profumata e invitante, dove tutto si mescola per diventare un unico sapore! 29 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Vaglio di Basilicata Manatelle al sugo di cardoncelli e salsiccia Le Manatelle 500 gr di farina di grano duro; 2 uova;1 cucchiaio di strutto; 1 cucchiaio di olio; 1 bicchiere di acqua tiepida; sale q.b. La preparazione Impastare la farina di grano duro con lo strutto, olio e acqua tiepida, un pizzico di sale e due uova. Una volta preparato l’impasto che deve essere morbido ma non molle, fatero riposare per almeno mezz’ora coperto da un leggero telo. Quindi ridurre l’impasto in piccole panelle. Praticare un buco al centro di ogni panella e allargatera ungendovi le mani di olio, ottenendo una matassa che si lavorerà sempre allungandola, fino a piegarla in due senza spezzare la pasta. Si otterranno così due matasse una sull’altra. Lavorare ancora spolverando con della farina ad evitare che si incollino. Quando si ha finito di allargare la doppia matassa, si ripiega su se stessa ottenendone 4 sempre collegate sempre più sottili. Aprire le matasse e tagliarle sui due punti opposti, da ottenere cosi le manatelle lunghe circa 30 cm. Isolarle tra di loro con la farina. Il sugo 300 gr di funghi cardoncelli; 3 cucchiai di olio extravergine; ½ cipolla bianca; 1 spicchio d’aglio; 1 ciuffo di prezzemolo; 1 peperoncino; 200 gr di salsiccia lucana; 150 gr di passato di pomodoro; 1 bicchiere di aglianico; sale q.b. Il procedimento Mondare e pulire con un coltellino i funghi, tagliarli a fette larghe. Togliere dal budello la salsiccia fresca e soffriggerla in una padella con poco olio. Mondare e tagliare a fettine la cipolla bianca, schiacciare l’aglio e tritare il peperoncino. In una padella larga imbiondire la cipolla e l’aglio, aggiungere il peperoncino quindi i funghi e farli cuocere per qualche minuto. Aggiungere il vino rosso, aggiustare di sale e versare il passato di pomodoro. Il sugo deve risultare oleoso e non deve essere molto pieno di pomodoro, proseguire regolarmente la cottura. A cottura quasi ultimata aggiungere al sugo la salsiccia spellata, sminuzzata e rosolata. Cuocere le manatelle in abbondante acqua salata. Condire con il sugo e cospargere di prezzemolo tritato finemente. 30 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Vietri di Potenza Tortiera di agnellone, patate e funghi Gli ingredienti 1,500 kg di agnellone 500 gr di patate aglio 1 cipolla 100 gr di pomodorini invernali “appesi” 500 gr di funghi misti 1 ciuffo di prezzemolo 150 gr di formaggio pecorino grattugiato 200 gr di mollica di pane rafferma 100 cc di olio extravergine oliva sale q.b. La preparazione Pelare e tagliare a spicchi grossolani le patate, mondare e tagliare a strisce i funghi. In una capiente ciotola mettere i funghi e le patate assieme, condire con abbondante olio, aglio e cipolla tritati, pomodorini tagliati a metà, prezzemolo, abbondante formaggio pecorino grattugiato; aggiustare di sale e mescolare con cura. Oleare una teglia da forno e aggiustare l’agnellone tagliato a pezzi grossolani. Aggiungere sulla carne le patate e funghi conditi; livellare e spolverare con il restante formaggio grattugiato e mollica di pane; aggiungere mezzo bicchiere di acqua. Cuocere a 150° per circa 50 minuti. Quando le patate sono morbide, i funghi croccanti e l’agnello asciutto e rosolato, servire. 32 Atlante della tavola | Provincia di Potenza La lumaca L a cucina elicica. In alcuni centri della Provincia di Potenza come Sant’Arcangelo e Albano di Lucania, la lumaca è un mollusco molto ricercato. Raccolta da grandi estimatori, arricchisce i piatti della cucina lucana. Di piacevole e particolare sapore, presente nella gastronomia “paesana” da secoli, la lumaca viene insaporita con spezie locali e ricette antiche diventando un piatto di grande gastronomia. Molte persone dopo una bella pioggia si riversano, con il paniere in mano, negli orti e nei campi alla ricerca delle “vavalisce”, “marrucche”, “zinnedde”, “monaciedd”, “marrozze” – questi, alcuni nomi dialettali delle lumache – dopo averle raccolte e fatte spurgare si cucinano, quasi sempre, a zuppa accompagnate con belle fette di pane casereccio arrostito o fritte in padella. La scrittrice napoletana Matilde Serao ricorda che mangiare la “maruzzella” il Giovedì Santo era una sana tradizione e che i “maruzzari”, ambulanti di un tempo, riempivano i vicoli di urla che invitavano a comprare le lumache – “àccattativ’ e’ maruzze d’à festa cà sò meglio d’è cunfiette” – compratevi le lumache che sono meglio dei confetti. Non sappiamo se era un invito a non sposarsi – i confetti – così da evitare di portarsi dietro il peso della casa e rischiare di uscire con le corna. 34 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Il letargo della lumaca ricorda il tema della morte e della resurrezione. I suoi gusci sono stati trovati nei sepolcri e nelle catacombe, uso scomparso dopo il primo millennio. In una necropoli pagana è stata trovata una tomba con trecento gusci che circondavano lo scheletro del defunto. Altre analogie esistono tra la lumaca e la luna, questa ultima appare e sparisce come le corna del mollusco, la spirale è legata alle fasi lunari e secondo la mitologia azteca il Dio Tecciztecatl – “Dio della vecchia luna” – è racchiuso in una spirale di lumaca a rappresentare la luna stessa. Al contrario della linea retta che rappresenta una via, la spirale, in una particolarità più simbolistica, rappresenta un cammino più lungo, labirintico o spiralico che viene messo in atto nelle processioni, nelle danze e nei riti sacri. Non a caso nei balli popolari lucani, come la tarantella, l’uomo nella sua danza di corteggiamento, forma delle spirali per avvicinarsi alla donna a cui rivolge l’attenzione. 35 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Albano di Lucania Marrucchedde Gli ingredienti 1 kg di lumache 1 costola di sedano bianco (accio) 300 gr di pomodorini 1 cipolla 1 peperoncino 1 cucchiaio di menta 1 cucchiaio abbondante di olio extravergine d’oliva sale q.b. La preparazione Spurgare le lumache per un giorno e una notte in un contenitore munito di piccole aperture per permettere agli animali di espellere gli escrementi. Lavare e bollire le lumache in una pentola alta con acqua salata per circa 10 minuti. A cottura scolare. Il sugo Tagliare i pomodori a pezzettini, a fettine la cipolla, il sedano a dadini. Fare appassire contemporaneamente in una padella con un cucchiaio di olio la cipolla e il sedano, quindi aggiungere la menta e il peperoncino. Amalgamare il tutto e aggiungere i pomodorini. Aggiustare di sale. Scolare e sgocciolare le lumache e versare il tutto nella padella del sughetto, aggiungere dell’acqua tiepida fino a coprire le lumache e continuare la cottura per altri 10 – 15 minuti. 36 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Sant’Arcangelo O vavalisce po pulejo Gli ingredienti 500 gr di lumache spurgate 2 cipolle tipo “sponzali” 300 gr di pomodori pelati 1 cucchiaio di menta calaminda (pulejo) olio extravergine d’oliva sale q.b. Il procedimento Mettere le lumache in una pentola con acqua, cuocere a fuoco moderato. Quando le lumache iniziano ad uscire dal guscio e l’acqua inizia a sobbollire, alzare il livello della fiamma facendo arrivare subito ad alta temperatura. Scolare e mettere da parte. In una padella far rosolare abbondante cipolla in olio extravergine d’oliva, appena la cipolla appassisce aggiungere i pomodori tagliuzzati, le lumache, la menta puleggia, il sale, un mestolo d’acqua e far asciugare fino ad insaporire. 38 Atlante della tavola | Provincia di Potenza La melanzana di Vincenzo L’Africano V oi ci avete rubato il posto al sole, ed io vi frego la melanzana: questo ha pensato Vincenzo detto l’Africano quando di nascosto intasca nel campo di prigionia etiope il seme della melanzana dell’Africa tropicale. Finita la guerra, Vincenzo l’Africano, di ritorno a Rotonda, un po’ più vecchio e malandato, incontra la moglie vicino ad una fontana fuori dal paese natìo, che non lo riconosce! Chiede alla donna se sia sposata e se qualcuno l’attende a casa sospettoso il nostro eroe - la donna impaurita dalle domande dell’uomo barbuto e canuto, con la faccetta quasi nera, inizia a gridare e a prenderlo a sassate, l’uomo deve arrendersi e farsi riconoscere dalla coniuge. Si lava e si rade alla fontana che dopo quell’incontro diventa, a memoria dei posteri, la Fontana dell’Africano. Porta in dono dall’Etiopia, alla giovine moglie e al palato fine degli abitanti di Rotonda, i semi della “merlingiana a pummarola”. È Peppe Cosenza che mi racconta questa simpatica storia, tra il serio e il faceto, che vuole progenìo della melanzana il suo lontano parente, Vincenzo l’Africano appunto! 40 Atlante della tavola | Provincia di Potenza D’altronde cosa è la cucina se non un fiume di parole e scritti che l’uomo riempie di profumi, aneddoti, storie e allegria? Che poi la melanzana rossa di Rotonda sia davvero arrivata dal continente Africano è un dato di fatto, anche perché suffragato da indagini di studi condotti da istituti qualificati, come l’Alsia - Agenzia di Sviluppo Agricolo della Regione Basilicata. Tesi rafforzata anche da G. Laghetti che nel 1995 ha condotto una ricerca basata sulle testimonianze orali dei novantenni locali. Per nulla somigliante alla melanzana comune, questo strano ortaggio (Solanum aethiopicum) che assomiglia vagamente al pomodoro, è coltivato unicamente a Rotonda, 4000 abitanti, altitudine circa 600 metri, a una cinquantina di chilometri dal mare di Maratea, sede del Parco Nazionale del Pollino, una piccola capitale dello sviluppo sostenibile e dell’orticoltura inserita in un contesto ambientale unico. 41 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Rotonda Tortino Gli ingredienti 4 melanzane di Rotonda mature 1 cipolla rossa di media grandezza 4 patate lessate 2 cucchiai di olio extravergine di oliva pane grattato fine polvere di peperoncino di Senise burro sale q.b. Il procedimento Lavare e asciugare le melanzane, senza sbucciarle tagliarle a cubetti piccoli. Affettare la cipolla e versarla in padella con l’olio, insieme ai cubetti di melanzane. Fare cuocere per circa 15/20 minuti a fuoco lentissimo mettendo un coperchio sopra la padella, se necessario aggiungere un cucchiaio abbondante di acqua. Passare il tutto con il mixer a immersione ottenendo una crema densa. Schiacciare le patate con lo schiacciapatate e incorporarvi la crema di melanzane. Amalgamare bene il tutto. Ungere con burro e pane grattato fine i contenitori di allumino per il tortino. Versare la crema nei contenitori e passare al forno per 10 minuti circa. Servitela con crostini di pane caldo, un filo di olio extravergine di oliva e polvere di peperone di Senise. Come conservarla Melanzane sott’olio Pelare e tagliare a fettine dello spessore di 2/3 millimetri le melanzane. Disporle a strati alternati con sale grosso in una casseruola messa con un lato alzato per favorire la fuoriuscita del liquido amarognolo. Lasciarle riposare e scolare per 24 ore. Strizzare le melanzane per liberarle dall’acqua ancora rimasta ed immergerle per 24 ore in aceto di vino bianco. Scolarle e sistemarle in un canovaccio a maglie larghe, mettere sul canovaccio in un largo colapasta e fare pressione con un peso sopra, perderanno l’aceto in eccesso. Condire con pezzi di aglio, olio extravergine di oliva, spicchi di peperoncino e foglie di menta larga. Conservare in vasetti di vetro. 42 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Miele Lucani dolci come il miele! L a parola miele ha assonanze praticamente universali, deriva da medhu e melit quindi è da presumere che nacque assieme al linguaggio dell’uomo, questo ad indicare che il vocabolo nacque prima che le lingue prendessero a differenziarsi tra di loro mentre il nome ape – bee – venne coniato in seguito. Storicamente ed etimologicamente parlando possiamo affermare che la parola miele si nominizzò prima di ape, quindi l’uomo ha conosciuto prima il miele e poi chi lo produceva, le api. Plinio il Vecchio nell’Historia Naturalis così descrive il miele: “qualunque cosa sia questa sostanza, la dolcezza stessa del cielo o un umore secreto dalle stelle o una specie di essudorato dell’aria stessa scaturito dal suo processo di purificazione… vero è che il nettare ci giunge purissimo, limpido, genuino”. Questo nettare prodotto dagli dei, sacro e mitico di cui anche il grande filosofo Aristotele, nel primo secolo a.C. scrive: “il nettare cade dai cieli, soprattutto al sorgere delle stelle e quando l’arcobaleno compare splendente nel cielo” (Historia animalium vv.22-24). Il miele come mezzo per tracciare origini divine, associato alle bellezze del paradiso, alla Terra dei Beati. I musulmani promettono vergini e fiumi di miele, gli ebrei nella Terra Promessa fanno scorrere latte e miele, il profeta Isaia apostrofa: “ricotta e miele mangerai fin quando saprai rifiutare il male e scegliere il bene”. I riti magici e propiziatori sono tanto antichi quanto più vetusti; in Basilicata in occasione del giorno dei morti si prepara il grano cucinato con mosto cotto, chicchi di melograno e miele; in alcune zone ancora si conserva la tradizione del giorno di Santa Lucia dove il miele misto al grano 44 Atlante della tavola | Provincia di Potenza viene cotto nella “pignata” e offerto a tutti i famigliari. Nella tradizione dei matrimoni il miele rappresenta la dolcezza e la purezza dell’amore, basta pensare alla meravigliosa figura del dio dell’amore Kama, armato di un arco divino e magico la cui corda tesa è costituita da una catena di api, oppure alla Corona Aurea di Armento (PZ) rarissimo ed originale reperto di fine arte orafa lucana del IV sec. a.C. Lo stesso modo di dire “luna di miele” sta a significare che il primo mese di matrimonio è il più dolce ed il più bello.I Romani, calpestando con asini e sandali l’Herculeia e la Popilia, portano in Lucania gli alveari di loro invenzione, che poco si discostano, a parte i materiali impiegati, da quelli che usiamo attualmente. Un antichissimo proverbio lucano dice che per essere ricchi bisogna avere il maiale sotto il letto e il favo di miele vicino la porta. Ed ecco oggi il miele in Basilicata. La nascita nel 2003 del Consorzio Regionale di Tutela e Valorizzazione del miele lucano a Ripacandida (PZ) conta più di 20 aziende associate con circa 200 produttori. Il lavoro sinergico tra il Consorzio e l’Amministrazione comunale ha fatto inserire Ripacandida nel circuito delle Città del Miele. L’azione d’insieme del privato con il pubblico ha prodotto una grande realtà nella piccola ma ricca Terra di Basilicata. L’arguta creazione della carta dei mieli diventa non solo prodotto eccellente di marketing ma trait-d’union tra prodotto e comunicazione, che fa della qualità e della professionalità un punto di partenza e non di arrivo della nostra amata Basilicata. 45 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Ripacandida Ricotta e miele Gli ingredienti 250 gr di ricotta fresca; 1 cucchiaio piccolo di cannella macinata fine; 30 gr di mandorle leggermente tostate; 20 gr di semi di sesamo leggermente tostato; 1 cucchiaio abbondante di miele di castagno 2 cucchiai di olio extravergine di oliva Il procedimento In una padella antiaderente versare l’olio extravergine di oliva, quando l’olio è caldo aggiungere la ricotta e lavorare velocemente con una spatola; quando è ben sciolta aggiungere la cannella e i semi di sesamo, continuare a mescolare fin quando i grumi saranno sciolti. In un piatto di portata versare la ricotta calda, aggiungere le mandorle tritate e a filo il miele di castagno. Capocollo di maiale ai profumi di miele per 4 persone Gli ingredienti 8 fette di maiale dalla parte del capocollo; 1 cucchiaio abbondante di miele; 1 cucchiaio di aceto al miele; 1 bicchiere di vino bianco secco una grattugiata abbondante di buccia di limone; una grattugiata abbondante di buccia d’arancia; sale q.b. Il procedimento Incidere con un coltellino la carne da un lato, batterla energicamente per sciogliere i nervetti. Adagiare in una capiente padella le fette di carne e farle rosolare da ambo le parti, aggiungere il vino, l’aceto, la buccia di limone e quella d’arancia, quindi far cuocere, aggiustare di sale. A cottura quasi ultimata aggiungere il miele e rigirare in continuazione le fette di carne fino ad ottenere un sugo denso e ambrato. Servire caldo. “Mangerai fin quando saprai rifiutare il male e scegliere il bene” (Isaia 7.15.) 46 Atlante della tavola | Provincia di Potenza L’ulivo L a riconquista del mercato l’olio extravergine di oliva trova nell’olivicoltura lucana un cenacolo di artigiani oleari le cui capacità e opere consentono di riportare l’extravergine fra le eccellenze dei prodotti del Mezzogiorno d’Italia. Maestri artigiani che con lungimiranza e caparbietà sono stati capaci di non dilapidare l’eredità delle “cultivar” autoctone ma al contrario hanno migliorato il patrimonio genetico esaltandone anche l’identità territoriale, così da non essere fagocitato dalla lava oleosa che prepotentemente sta conquistando il mercato, livellandone il gusto. L’ulivo viene da lontano, si perde nei millenni, proviene dalle coste siriane e palestinesi da dove poi si è diffuso nel bacino del Mediterraneo. Racconti e leggende sulla pianta dell’ulivo si susseguono e si rincorrono nella letteratura antica; il poeta Omero nell’Iliade e nell’Odissea lo cita in diversi occasioni e racconta di Ulisse che costruisce il suo giaciglio in un albero d’ulivo incavo privato della cima. Secondo altre leggende l’ulivo fu donato agli egiziani dalla dea Iside. La mitologia greca racconta che Atena, dea della saggezza, e Poseidone, dio del mare, litigavano per conquistare il dominio dell’Attica. Zeus per porre fine al diverbio, stabilì che l’Attica sarebbe andata a chi avesse portato agli uomini il dono più utile! Poseidone offrì il cavallo, ma Atena, aiutata dalla dea Pallade, vinse portando una pianta d’ulivo, a rappresentare un albero immortale dai cui frutti gli uomini avrebbero ricavato nutrimento, luce, bellezza, forza, salute, calore. I Greci, in seguito, per ringraziare la dea che aveva dato il nome alla città di Atene, nelle gare olimpiche disponevano in testa ai 48 Atlante della tavola | Provincia di Potenza vincitori corone fatte con un ramo d’ulivo e durante le feste portavano in processione dei rami o corone d’ulivo. Con i Greci la coltivazione di ulivo si espande, ma sono i Romani che impongono la coltivazione in ogni territorio. Considerato un importante simbolo di ricchezza, usato come moneta di scambio per un breve periodo, l’ulivo viene addirittura coniato sulle prime monete a Crotone. Nel tardo Medioevo le repubbliche marinare intensificano e favoriscono il consumo di derrate e l’olio diventa protagonista dei commerci italiani. L’ulivo torna ad essere uno degli elementi più importanti del paesaggio mediterraneo espandendo in più parti del mondo la sua coltivazione e quindi la cultura salutistica che il suo frutto racchiude. La Basilicata, anche se è una delle regioni più piccole d’Italia, ha una grande tradizione ulivicola. L’ulivo è coltivato in Basilicata sin dai tempi della Magna Grecia e l’olio che si ricava dalla premitura delle olive lucane è sempre stato di grande qualità. La coltura dell’ulivo costituisce ancora oggi una tradizione storica millenaria della nostra Basilicata, un prodotto carico di misticismo, una pratica che ha influito non poco sull’economia e sulla gastronomia della tavola lucana. Premitura che raccoglie e racconta storie e aneddoti nati vicino ai frantoi. Frantoio che diventa luogo di incontro, piazza, agorà! Per tutta la stagione della molitura diventa centro e motore della vita, di luogo sacro. Luogo spontaneo di chiacchiere e scambio di idee, mentre le olive vengono trasformate in olio, che oggi, senza rendercene conto e ignorandone i passaggi, ci ritroviamo in bottiglia. 49 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Gli oli della Basilicata L’ Ogliarola del Vulture e Cima di Melfi sono presenti nella provincia di Potenza, fra il Monte Vulture e l’area nord del fiume Bradano. È l’area più settentrionale della Basilicata, identificabile con la zona vulcanica del Vulture. La Maiatica è diffusa nell’area sud della regione a cavallo delle due province fra la parte media dei fiumi Basento, Agri e Sinni. L’area della Maiatica è localizzata nella parte centrale della regione. Le coltivazioni d’ulivo sono presenti sia su terreni collinari quanto pianeggianti. 50 Atlante della tavola | Provincia di Potenza L’Ogliarola del Bradano copre in parte la pianura collinare compresa fra i fiumi Bradano ed Agri. La Coratina, coltivata anche in Basilicata con caratteristiche differenti, è presente nel basso Melfese. L’olio che ne deriva è verde dorato, dal gusto ricco e aromatico e retrogusto leggermente piccante, con un profumo fruttato e intenso di oliva. La Farisana è coltivata nella Basilicata sud occidentale ed è presente soprattutto nel senisese e in Val Sarmento, che rappresenta l’area più interna della Basilicata, identificabile con la zona del Parco Nazionale del Pollino. 51 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Missanello Bruschetta all’olio Gli ingredienti pane polvere di peperone macinato finissimo aglio olio di maiatica di frantoio sale q.b. Il procedimento Tagliare il pane in fette alte un dito e farlo abbrustolire sulla brace oppure su una piastra rovente. Strofinarle poi con aglio, e disporle su un piatto da portata caldo. Spruzzarle di sale e polvere di peperone macinato finissimo. Irrorare con olio di maiatica di frantoio. L’olio deve cadere anche sul fondo del piatto per inzuppare bene il pane. Servire caldissime. Broccoli aglio e olio Gli ingredienti 500 gr di broccoli 2 spicchi d’aglio 2 cucchiai d’olio extravergine di oliva pepe sale q.b. Il procedimento Lavare i broccoli e staccare le cimette dal torsolo. Cuocerle per 25 minuti a vapore, oppure lessarle per 8 minuti in abbondante acqua salata e scolarle facendo attenzione a non romperle. In una capace padella soffriggere due spicchi d’aglio, spellati e leggermente schiacciati, in due cucchiai d’olio. Quando si saranno dorati, togliere la padella dal fuoco qualche istante per far passare un poco il calore. Riportare la padella sul fuoco ed unire le cime dei broccoli. Farle soffriggere a fiamma vivace per qualche minuto, unire una manciata di pepe e regolare di sale. 52 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Patata Lucana A lzi la mano a chi non piace la patata. Sicuramente ne vedremmo poche abbassate. Fritte, al forno, arrostite, bollite, a purè, a crocchette, al sugo, sotto la cenere; intere, spaccate, a bastoncini, a foglie larghe, a falde strette; nelle zuppe di pesce, nello spezzatino di manzo, come contorno o piatto unico, nelle verdure, nelle insalate, comunque come si desiderano le patate attirano l’attenzione di adulti e bambini, grandi e piccoli. Arrivata dall’America al sèguito di conquistatori spagnoli, fu tenuta come ornamento nei giardini botanici fino al 1700. Per fortuna c’è sempre chi ha dei lampi di genialità e guarda lontano. Così successe che il signor Parmentier (Montdidier, 17 agosto 1737 – Parigi, 17 dicembre 1813) ottenne dal re Luigi XVI un terreno dove impiantare una coltivazione sperimentale. Il nostro Parmentier, conoscendo a fondo le pochezze dell’essere umano, du- 54 Atlante della tavola | Provincia di Potenza rante il giorno fece mettere delle sentinelle armate a guardia del campo coltivato a patate, così che di notte il popolo, affamato, potesse trafugare i tuberi che pensava bene prezioso per i ricchi. Fu così che la patata, dalle tavole dei ricchi aristocratici, si diffuse nelle mense quotidiane dei ceti meno abbienti. Non avendo nessun bisogno di coltivazione intensiva, nè terreni particolari, la patata si diffuse velocemente e diventò un valido aiuto nei periodi di carestia. Un’antica ricetta racconta che le patate lucane si sbucciano e si tagliano in piccoli pezzi, vengono lavate e messe in acqua fredda con qualche foglia di alloro, quando il bollore sale si toglie la schiuma, si aggiungono i pomodorini e si aggiusta di sale; qualche altro minuto dopo si aggiunge la pasta. A cottura ultimata si possono mangiare le patate ben cotte assieme alla pasta. 55 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Laurenzana Patan alla runzanese Gli ingredienti 500 gr di patate lunghe 4 uova 200 gr di formaggio grattugiato 300 gr di salsiccia affettata olio extravergine d’oliva sale q.b. Il procedimento Sbucciare e lavare le patate, quindi tagliarle a fette larghe. Preparare un impasto con le uova, formaggio e salame affettato. In una teglia oleata, formare uno strato di patate sul quale spalmare l’impasto e sovrapporne un altro. Infornare il tutto a 180° per circa 15/20 minuti. Quando le patate sono belle dorate si servono. 56 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Acerenza ‘A turtiera a ‘u forn’ Gli ingredienti 1 kg di agnello 4 uova 100 gr di pecorino 300 gr di mollica di pane raffermo 1 cucchiaio abbondante di prezzemolo tritato 1 spicchio d’aglio un pizzico di pepe 400 gr di patate sbucciate 50 cc di olio extravergine d’oliva sale q.b. Il procedimento Preparare uno sbattuto d’uovo con il prezzemolo tritato, il pecorino grattugiato, l’aglio a fettine sottili, un pizzico di pepe e sale q.b. Tagliare a fette alte la carne di agnello, salarla e immergerla nel preparato d’uovo quindi nella mollica di pane grattugiata. Sbucciare e lavare le patate, tagliarle a fette larghe alte un dito e disporle in una teglia da forno ben oleata, quindi aggiustare sulle patate le fette di carne d’agnello impanate e spargere a pioggia la rimanente mollica di pane. Infornare a 180° per circa 30 minuti. Era un piatto che si faceva nei pranzi matrimoniali. 58 Atlante della tavola | Provincia di Potenza San Severino Lucano Gli ingredienti Minestra mpastata 1 kg di patate novelle 1 kg di fagiolini 2 cucchiai d’olio extravegine d’oliva 4 peperoni secchi di Senise 1 cucchiaio di strutto 1 spicchio d’aglio 100 gr di “frittoli” (ciccioli) sale q.b. La preparazione Pelare le patate e lavarle, mondare e togliere le estremità ed eventuali filamenti ai fagiolini (vaiane). In una grossa pentola d’acqua salata cuocere i fagioli e le patate; a cottura ultimata scolare l’acqua e schiacciare il tutto con un mestolo di legno. Mettere in una padella l’olio e friggere i peperoni secchi (cruschi). Scolarli e metterli in un piatto di portata, salarli. Nell’olio dei peperoni aggiungere un cucchiaino di sugna (strutto) rosolare uno spicchio d’aglio, aggiungere i “frittoli” (ciccioli) dorare e versare nella minestra. Servire caldo con i peperoni. 60 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Paterno Patate raganate Gli ingredienti 10 patate 6 cipolle bianche 30 gr di pecorino grattugiato 500 gr di pomodori maturi 60 gr di mollica di pane 1 cucchiaio di origano olio extravergine d’oliva sale q.b un pizzico di sale Il procedimento Pelare e affettare le patate, i pomodori e le cipolle; disporre le patate a strati in una pirofila unta d’olio alternandole alle cipolle e ai pomodori; salare, pepare e irrorare con un filo d’olio ogni strato. Cospargere infine la superficie con il pecorino, la mollica e spolverizzare con l’origano. Cuocere in forno già caldo a 150° per circa 30 minuti. 62 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Sant’Angelo Le Fratte Patan’ nzane Gli ingredienti 8 piccole patate 4 peperoni rossi 1 spicchio d’aglio 1 bicchiere di olio extravergine d’oliva sale q.b. Il procedimento Bollire e sbucciare le patate, versarle intere in una zuppiera. In una capiente padella versare l’olio extravergine d’oliva e l’aglio tagliato a fettine. Mondare e tagliare a fette i peperoni, soffriggerli nell’olio; quando sono dorati versare sulle patate, aggiustare di sale. 64 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Il peperoncino l l piccante che eccita! Il peperoncino scoperto dagli Europei alla fine del XV secolo nell’America centrale, era anche l’unica spezie presente in Messico e Cile. Portata dagli Spagnoli, con la scoperta dell’America si diffuse velocemente in tutte le regioni meridionali. Il primo a parlare di questa spezie “…La spezie che essi mangiano è abbondante e più importante del pepe nero...” fu Cristofaro Colombo nei suoi diari del 1493. Chiamato chili in Messico, coltivato dagli Aztechi, attraverso la colonizzazione, il peperoncino fu diffuso in tutta Europa dai portoghesi e dagli spagnoli. Nella biografia di Montezuma, ultimo regnante degli Aztechi, si racconta che mentre era prigioniero di Cortez, egli lasciava scorrere il tempo giocando con le sue concubine e mangiando cibi solo a base di peperoncino rosso. Ma ci vollero duecento anni per far apprezzare questa gastronomia agli europei dal palato sensibile, mentre fu subito accolto dagli africani, arabi e asiatici. Usato per la conservazione degli alimenti, come lo descrive la “Statistica Murattiana” del 1800, con qualità disinfettanti ma soprattutto con un presunto potere afrodisiaco e 66 Atlante della tavola | Provincia di Potenza di longevità, la coltivazione del peperoncino era un prodotto di largo consumo nelle regioni dell’Italia meridionale. Cangaricchio, diavulicchio, cerasella, chiuv’i crist’, pupacciell’, francisiedd’: questi alcuni nomignoli censiti per la più piccante delle spezie, il peperoncino. Il pizzicore che eccita il mondo! Il peperoncino facilmente coltivabile in ogni posto diventa quasi subito la spezie dei poveri, di tutti quelli che non potevano permettersi le costosissime spezie orientali. In pochi anni diventò una pianta presente in ogni coltivazione e in ogni continente. Nicolò Monardes, autore di un trattato del Cinquecento, così scrive: “il peperoncino si usa esattamente come le spezie aromatiche che si portano dalle Molucche, a differenza che quelle delle Molucche costano molti ducati, et quest’altre non costa altro che seminarle”. Niente business quindi. Il destino vuole che il peperoncino sia popolare e democratico e che in pochissimo tempo si diffonda in tutto il mondo, soprattutto tra le popolazioni povere con regimi alimentari carenti di vitamine e proteine. 67 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Calvello U sciuscill’ piccante Gli ingredienti 1 coratella di capretto 300 gr di capretto disossato 1 spicchio d’aglio 300 gr di pelati 50 gr di pecorino 4 uova 5 peperoncini sale q.b. Il procedimento Pulire e tagliare a pezzettini la coratella, quindi versarla in una pentola d’acqua portandola a bollore togliendo la schiuma. Fare cuocere per 10 minuti, quindi scolare i pezzettini e lavarli sotto l’acqua fredda. In una padella fare soffriggere l’aglio, 3 peperoncini, aggiungere la coratella, fare dorare e aggiungere la carne fatta a fettine, quindi versare i pomodori, aggiustare di sale e fare cuocere per 20 minuti. A cottura ultimata versare nella salsa le uova sbattute con il pecorino, fare rapprendere. Fare arrostire sulla brace i due peperoncini rimasti e tagliuzzali sullo “sciuscillo”. 68 Atlante della tavola | Provincia di Potenza 69 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Sasso di Castalda Ricchiettelle fort’ La pasta 250 gr di farina bianca 250 gr di farina di grano duro 1 bicchiere di acqua tiepida sale q.b. La preparazione Disporre sul piano di lavoro infarinato la farina bianca mischiata con la semola e con un pizzico di sale, quindi lavorare con l’acqua tiepida necessaria ad ottenere un impasto piuttosto sodo ed omogeneo. Dopo 10 minuti circa di lavoro suddividere la pasta in pezzetti. Distendere in modo da formare dei lunghi cilindri da cui staccare tanti pezzettini lunghi di 1 cm. Aiutandosi con la punta del coltello, trascinare ogni pezzetto sul piano infarinato in modo da dare la forma di una conchiglia. Appoggiare poi ciascuna conchiglia sulla punta del pollice e rovesciare all’indietro così da formare le orecchiette, che si disporranno su un canovaccio infarinato. Il sugo 500 gr di carne di manzo tritata grossolanamente 1 cipolla 5 peperoncini piccanti 50 gr di pecorino grattugiato 500 gr di pomodori maturi foglie di basilico abbondanti 1 cucchiaio abbondante di olio extravergine d’oliva sale q.b. Il procedimento Mondare la cipolla e affettarla sottilmente, quindi farla rosolare lentamente nell’olio. Quando la cipolla si è quasi liquefatta, aggiungere un peperoncino tritato e la carne, far dorare e aggiustare di sale. Sbollentare i pomodori in acqua calda e privarli velocemente della pellicina e dei semini, aggiungere alla carne con le foglie di basilico e far cuocere a fuoco moderato aggiungendo, se necessario, qualche mestolo di acqua calda o di brodo. Cuocere, infine, le orecchiette in abbondante acqua salata e condire con il sugo e il pecorino grattugiato. Portare in tavola gli altri peperoncini tritati grossolanamente assieme alla carne cotta nel sugo. 70 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Podolica L a razza podolica appartiene alla razza bovina Bos Taurus. Discendente dal Bos primigenius Podolicus, fu introdotto in Italia tra il I e V secolo dopo Cristo. Probabilmente proviene dall’Ucraina o da Creta, di sicuro è che grazie alla sua capacità di adattamento in ambienti impervi e difficili e alla sua straordinaria capacità di utilizzare risorse alimentari come macchie e pascoli di cespugli, si è diffusa immediatamente nel Sud Italia. È una vacca a triplice attitudine: latte, carne e lavoro. Negli ultimi anni, con la meccanizzazione agricola non ha avuto più impiego nel campo lavorativo, per cui adesso è rimasta soltanto come razza da carne e, in alcune zone e in alcuni periodi dell’anno, per lo sfruttamento del latte di ottima qualità dovuta all’alto contenuto di grasso, proteine e vitamine. Dal suo latte si produce un buon formaggio: il caciocavallo. Ha trovato il suo habitat naturale vivendo allo stato semi brado nei territori lucani, dove è stato utilizzato soprattutto come animale da lavoro e da latte. La podolica tradizionalmente ha dato latte in un Sud dove da sempre si è consumata poca carne. È una razza che offre non solo un latte particolarmente aromatico, ma anche carni sapide, sane, ricche di sali minerali. Carni difficili per la massaia moderna perché non riconducibili ai canoni estetici comuni: il grasso è giallo perché gli animali mangiano erbe ricche di carotene. Dunque, l’abitudine a consumare la carne di podolica e a trattarla, non è molto radicata. La carne di podolica ha pochi paragoni con quelle 72 Atlante della tavola | Provincia di Potenza che normalmente si trovano sul mercato ma trova difficoltà a farsi un mercato. Nel meridione la carne di vitello o mucca viene mangiata appena macellata. Questo per la carne podolica è un vero “macello” perché risulta dura, ostica. È una carne che va frullata parecchi giorni, preparata per dare il massimo del sapore, una carne complicata nella preparazione anche se estremamente semplice nella presentazione. Carne rossa, molto saporita e di ottima consistenza, da animali che hanno una struttura muscolare possente e poco grasso infiltrato, che garantisce un colesterolo basso e un raggio importante di antiossidanti. Questa carne, alla fine, si è dimostrata davvero importante: con una giusta frollatura, è una carne versatile e dalla personalità decisa, che sa resistere anche ai peggiori maltrattamenti. Finora la conoscevamo per il latte, anzi per il caciocavallo, mitico! Dà un latte eccezionale, concentrato e poco in quantità, ma ricco di nutrienti e di sostanze preziose che splendide mucche raccolgono nel sottobosco. Così nasce il prezioso caciocavallo podolico. Ora, oltre al formaggio, si comincia a capire che anche la carne di queste mucche è ottima. Bisogna far conoscere questo prodotto e cercare di capire come conquistare una nicchia nel mercato dei gourmet, perché questa carne è una materia importante e di fascia alta. 73 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Abriola Ragù di podolica Gli ingredienti 4 fettine di retrocoscia 200 gr di cappello di prete (o campanello di coscia) 200 gr di muscolo 200 gr di magatello 50 cc di olio extravergine di oliva 1 lt di salsa di pomodoro ½ cipolla 1 spicchio d’aglio 1 punta di cucchaio di strutto 1 ciuffo di prezzemolo pepe nero sale q.b. Il procedimento 74 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Battere le braciole e condirle con pepe, sale, prezzemolo, strutto. Avvolgere su se stesse le braciole e legarle con filo di cotone incolore o con uno stecchino. Tagliare a tocchi non molto alti gli altri pezzi di carne. In una capiente padella alta versare l’olio, aggiungere la cipolla mondata e tagliata a fettine, e fare rosolare ben bene la carne; aggiustare di sale e versare la salsa di pomodoro e un bicchiere abbondante di acqua. Fare cuocere a fuoco lento per almeno 90 minuti. Condire qualsiasi formato di pasta con il sugo, arricchendola di caciocavallo podolico grattugiato. Cancellara Gran ragù Gli ingredienti 200 gr di polpa di maiale 200 gr di carne di vitellone podolico 1 bottiglia di salsa concentrata di pomodoro 1 bicchiere di vino rosso 2 salsicce fresche di Cancellara. 1 spicchio d’aglio 1 ciuffo di prezzemolo tritato 1 pizzico di pepe 20 gr di lardo 30 cc di olio extravergine d’oliva, pepe nero sale q.b. Il procedimento 76 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Tritare il lardo, finemente il prezzemolo e l’aglio, condire con il pepe e amalgamare con un cucchiaio. In una capiente padella, riscaldare l’olio e versare il composto facendolo soffriggere a fuoco dolce lentamente per circa 5 minuti, quindi aggiungere i pezzi di carne a rosolare, il pepe e il sale alzando un poco il fuoco. Quando la carne è dorata, aggiungere e le salsicce intere leggermente bucherellate, senza togliere dal budello, fare rosolare per 5 minuti e versare un bicchiere di vino rosso, sfumare per 15 minuti e aggiungere la salsa di pomodoro. Abbassare il fuoco e cuocere, aggiungendo talvolta, per tenere il fondo di cottura morbido e abbondante, un poco di acqua tiepida per almeno 2 ore. 77 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Riti Arborei La Pita O ggetto di studi demoantropologici questi riti arborei si sono conservati nei secoli. Di probabile origine pagana (si tratterebbe in effetti dell’unione propiziatoria di due alberi) questi riti si presentano inglobati nei calendari delle feste cristiane primaverili, soprattutto in quella di S. Antonio da Padova. Il rito è uno dei tanti che si svolgono nella stagione primaverile in vari paesi della Provincia di Potenza a Terranova di Pollino, Viggianello, Rotonda, Oliveto Lucano, Castelmezzano, Pietrapertosa e Castelsaraceno. Questi sono i momenti culminanti di un rituale che dura parecchi giorni e comprende la scelta accurata dell’albero, il taglio, il trasporto effettuato da coppie di buoi, il percorso nel paese in modo che tutti possano vederne la maestosità, quindi l’innalzamento nella piazza, la scalata, la messa all’asta e l’abbattimento. Il coinvolgimento totale della popolazione e l’enorme impegno organizzativo fa sì che i riti arborei diventino vere e proprie feste per i centri in cui sono praticati e che la loro preparazione venga seguita periodicamente. Nei riti arborei, la presenza del cibo e del vino assume un ruolo di comunione e di convivio. Quando si va in montagna a scegliere l’albero, di solito la settimana prima di issarlo, è di fondamentale importanza portare soppressate, salsicce, formaggi, frittate, pane di casa e tanto vino come se si andasse a fare un pic–nic; ognuno porta da mangiare e tutto si mescola bevendo allo stesso bicchiere e mangiando nello stesso piatto, di solito composto da interi pani scavati e usati come vassoi ripieni di funghi fritti o peperoni, uova e salsiccia, di verdure o 78 Atlante della tavola | Provincia di Potenza di pezzi di carne, di salumi e formaggi, le “pitte”, come la “gnutticata”, assaggiando di qua e di là in un interminabile miscuglio di sapori e di profumi che si fondono con l’odore delle ginestre e dei prati in fiore. Le zampogne, surdulline, tamburelli, fisarmoniche, organetti – ma anche gruppi bandistici – accompagnano costantemente tutte le fasi del rito e si mescolano ai suoni dei campanacci e ai muggiti dei buoi coinvolti durante il trasporto degli alberi. I riti arborei rappresentano un unicum nel ventaglio delle tradizioni del sud Italia. L’albero issato simboleggia la parte maschile e la buca dove viene collocato quella femminile, a simboleggiare la fecondità della terra. Durante la discesa verso il paese vengono distribuiti dolci e prodotti tipici come i “cannariculi”, le crespelle, le zeppole, i biscotti “scaudatielli, le “strazzate”, “pitte nchiuse”, innaffiati con bicchieri di vino e offerti su vassoi alla gente che si affolla, come un grande rito conviviale. Il tutto avviene con urla, canti, suoni di strumenti a fiato e percussioni, ma senza mortaretti. Sembra di essere nel bel mezzo di un rito di esorcizazione. Dopo aver portato l’albero d’abete (pita) di solito alto più di 30 mt in giro per il paese, viene innalzato nella piazza e scalato a mani nude dai giovani, raccogliendo il premio, di solito composto da un capretto per il primo, un gallo per il secondo e una pezza di formaggio per il terzo che arriva in cima, anche per questo definito anche albero della cuccagna. I riti arborei rappresentano un notevole patrimonio culturale della nostra regione che bisogna valorizzare e tutelare senza essere tentati di trasformarli in fenomeno da baraccone turistico di massa. 79 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Viggianello Pitta gnuttucata pu’zazizz e patan’ Gli ingredienti 500 gr di farina 00 2 patate 200 gr di salsiccia fresca 100 gr di peperoni secchi 1 panetto di pasta lievitata (crisciuta) 1 bicchiere di acqua tiepida olio extravergine d’oliva sale q.b. Il procedimento 80 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Fare un impasto con il panetto di pane cresciuto, la farina, il bicchiere di acqua tiepida e il sale. Lavorare bene fino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo. Fare riposare per un’ora. Nel frattempo pulire i peperoni secchi privandoli del picciolo e dei semi e metterli in ammollo in acqua calda per circa 15 minuti. Pelare le patate e tagliare a tocchi, quindi versarli in una padella di olio e soffriggerla; aggiungere la salsiccia sbriciolata e alla fine i peperoni secchi in ammollo e tagliuzzati, aggiustare di sale. Stendere la pasta lievitata e versare sopra il composto di patate, salsiccia e peperoni secchi, quindi arrotolare la pasta su se stessa e schiacciarla nuovamente. Con il palmo della mano unto di olio lisciate la superficie della pasta, prendere una teglia da forno, ungerla bene con dello strutto e versarci la “gnuttucata” (pizza). Infornate a 150° per circa 20 minuti. 81 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Il baccalà Il pesce che non è pesce Q ualcuno si chiederà cosa c’entra il baccalà con la terra lucana? Domanda più che legittima ed a giusta ragione. Il baccalà è un pesce d’acqua salata, non viene pescato nei nostri mari, ma il suo metodo di lunga conservazione era una forma di sostegno notevole nella cucina invernale dell’entroterra lucano. La sua conservazione sotto sale e/o affumicata rende il baccalà una sicura scorta per l’inverno; non dobbiamo poi dimenticare le varie dominazioni spagnole che ci hanno insegnato i metodi di conservazione delle “scapece” o della 82 Atlante della tavola | Provincia di Potenza “cantarata”, così come ci hanno insegnato a cucinare il baccalà, che è così entrato a pieno titolo nella cucina lucana invernale. In Basilicata, terra ricca di sapienti “cucinieri” e dove ogni prodotto viene valorizzato in varie ricette, non poteva mancare il pesce che non viene considerato pesce. Dal mare del nord alla tavola del sud. Questo è il viaggio che il baccalà e lo stoccafisso devono intraprendere prima di arrivare nelle nostre mense. 83 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Savoia di Lucania Baccalà arraganato con noci, uva passa, olive al forno Gli ingredienti 1 kg di baccalà bagnato 20 gherigli di noci 30 gr di uva sulatanina 50 gr di mollica di pane raffermo 30 gr di pecorino grattuggiato 15 olive nere 1 cucchiaio di salsa di pomodoro 1 cucchiaio di origano 1 bicchiere d’acqua 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva Il procedimento 84 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Scolare il baccalà, spinarlo e farlo a pezzi. Mettere il baccala in una teglia da forno facendo attenzione a che la pellicina vada sul fondo. Versare a pioggia sul baccalà il pecorino, il pane grattuggiato, l’uva sultanina, i gherigli di noci tritati, le olive nere, l’origano, il pomodoro, l’olio e il bicchiere d’acqua. Mettere in forno caldo per circa 20 minuti, aggiungere dell’altra acqua se necessario. Servire con il fondo di cottura. 85 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Guardia Perticara Baccalà e lampascioni Gli ingredienti 1 kg di baccalà ammollato 300 gr di lampascioni (cipolline selvatiche-muscari) 500 gr di patate aglio prezzemolo 100 gr di formaggio grattugiato olio extravergine d’oliva pepe sale q.b. Il procedimento Spinare il baccalà e tagliarelo a fette larghe. Pulire e affettare le patate alte un dito. Pulire dalla pellicina collosa i lampascioni, lavarli bene e lessarli in acqua leggermente salata. Schiacciare i lampascioni con la forchetta e unire l’aglio, il prezzemolo, il formaggio grattugiato, sale e olio d’oliva. In una teglia da forno alternare a strati le patate, il composto di lampascioni e le fette di baccalà, aggiungere un bicchiere d’acqua e un filo d’olio e coprire con una spolverata di formaggio grattugiato. Portare a cottura nel forno ben caldo. 86 Atlante della tavola | Provincia di Potenza 87 Atlante della tavola | Provincia di Potenza La cicerchia Q ualcuno ha detto che “la Storia è fiume di nomi della conoscenza”, i grandi padri, nostri antenati, scrivevano opere di agricoltura seminando cultura, dando indicazioni su come scegliere e rendere produttivo un campo, cosa seminare nel campo, cosa e come raccogliere, consapevoli che le proprie radici culturali provenivano dalla terra e ritornavano alla terra. Davano i nomi alle persone e alle città prendendoli dai doni della terra che consideravano i più preziosi. Così come derivò da Cicer o Cicercula, ceci o cicerchia, il nobile cognome di Marco Tullio Cicerone. Certamente era stato un onore per la gens Tullia assumere il nome di una pianta così importante prodotta in grande quantità nelle proprie terre! Le cicerchie rappresentarono l’alimentazione base fino al XVII secolo, l’utilizzo è chiaramente documentato in ricette seicentesche di zuppe e minestre, fino a quando, con la diffusione del mais, dei fagioli e delle patate provenienti dal nuovo mondo, fu destituita dal ruolo di piatto di tutti i giorni. La cicerchia è un legume ormai dimenticato. Pianta che ha nutrito intere popolazioni, ha costituito un tributo feudale e le cui proprietà nutritive sono superiori ad altri legumi, ricchi di vitamine, proteine e sostanze in grado di combattere le malattie dell’uomo, soppiantata dall’arrivo del fagiolo, come se fosse avvenuto un antico passaggio dalle tradizioni pagane a quelle religiose cristiane attraverso il cibo. 88 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Sono praticamente pronte per l’inverno e fino ai primi anni sessanta sono state per molte famiglie una delle risorse fondamentali durante i lunghi e freddi mesi invernali. Con l’abbandono delle campagne anche la cicerchia è andata nel dimenticatoio, ricordo di un periodo di fame e di stenti. In particolare, le cicerchie erano presenti in ogni orto familiare ed erano componenti di nutrienti e saporiti minestroni. Ma proprio in quel periodo si erano affinate ed erano arrivate al culmine alcune tradizioni alimentari. Avere legumi tra cui la cicerchia, era già una garanzia per l’inverno che presto sarebbe arrivato e ogni donna gestiva con oculatezza e misura le risorse della casa. Come cuocere la cicerchia Usare acqua senza sale. Si consiglia la proporzione di 1 litro d’acqua per 100 grammi di cicerchia. Mettere la cicerchia nella pentola con l’acqua fredda. Portare a ebollizione a fuoco moderato. Quando l’acqua bolle, continuare la cottura per 40 minuti, coprendo a metà la pentola con un coperchio. A fine cottura lasciare la cicerchia nell’acqua. Scolare all’ultimo momento, prima della preparazione finale o del servizio in tavola. In tal modo si evita l’indurimento causato da raffreddamento. 89 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Calvera Cicerchie e salsiccia Gli ingredienti 300 gr di cicerchia messa in ammollo la sera precedente 1 costola di sedano ½ cipolla 1 carota 1 salsiccia di maiale 1 peperoncino 150 gr di passato di pomodoro 1 cucchiaio di olio extravergine d’oliva sale q.b. Il procedimento Cuocere in acqua abbondante la cicerchia. Aggiungere il sale alla fine. Mondare le verdure e togliere dal budello la salsiccia. In un capiente tegame preparare un fondo di sedano, carota e cipolla; far soffriggere quindi aggiungere la salsiccia, il peperoncino e il passato di pomodoro. Far cuocere per qualche minuto quindi aggiungere la cicerchia lessata con un po’ d’acqua di cottura e lasciar insaporire per cinque minuti. Aggiustare di sale. Il piatto, semplice ma gustoso, viene servito caldo su crostoni di pane abbrustoliti. La cicerchia viene usata in cucina per accompagnare salsicce, scarti di carne di maiale o cotiche. 90 Atlante della tavola | Provincia di Potenza 91 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Campomaggiore Zuppa di cicerchia Gli ingredienti 100 gr di cicerchia 2 peperoni “cruschi” (croccanti) 4 rametti di rosmarino 1 patata sbucciata tagliata a cubetti piccoli 1 spicchio d’aglio 4 fette di pane casereccio arrostito olio extravergine d’oliva sale q.b. Il procedimento Mettere a bagno la cicerchia la sera prima, scolarla e risciacquarla in acqua corrente. Lessare la cicerchia, togliere con una schiumarola le piccole bucce che vengono a galla, aggiungere le patate, l’aglio sbucciato e i rametti di rosmarino a tre quarti di cottura, sale alla fine della cottura. Una volta cotte le cicerchie mettere una fetta di pane in ogni piatto di portata e versare sopra le cicerchie e brodo fino a coprire il pane. Frantumare con le mani i peperoni cruschi e aggiungerli a pioggia nella zuppa, quindi aggiustare di sale e un filo dell’olio extravergine. per 4 persone 92 Atlante della tavola | Provincia di Potenza 93 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Castelgrande Ricchie di lepre con cicerchia La pasta 200 gr di farina 00 200 gr di farina di grano duro acqua sale q.b. La preparazione Su una spianatoia setacciare le farine. Fare una fontana al centro e aggiungere l’acqua ed un pizzico di sale, fino ad ottenere un impasto liscio e piuttosto sodo. Avvolgere nella pellicola e lasciarlo riposare per 30 minuti. Quindi tirare con il mattarello una sfoglia spessa e tagliarla a piccoli rombi di circa 3/4 cm per lato: ecco le “ricchie di lepre”. Fate asciugare la pasta su un canovaccio. Il sugo 1 cipolla 1 spicchio d’aglio 1 ciuffo di basilico 1 ciuffo di prezzemolo 100 gr di pancetta 1 peperoncino 300 gr di pomodorini di collina Il procedimento Tritare finemente la cipolla, uno spicchio di aglio, il basilico ed il prezzemolo e fare a dadini la pancetta, quindi mettere il tutto a soffriggere in un tegame con l’olio. Aggiungere un pezzetto di peperoncino, unire i pomodori tagliati a pezzi e fare cuocere per 15 minuti. Aspettare che il sugo sia pronto, quindi unirlo alla minestra di cicerchie: attenzione a verificare che le cicerchie siano quasi alla fine della cottura. Versare anche le “ricchie di lepre” nella minestra e farle cuocere al dente. Togliere la minestra dal fuoco, lasciarla riposare per 10 minuti e portare in tavola. 94 Atlante della tavola | Provincia di Potenza 95 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Le cerase nel parco del Pollino N on è semplice fare agricoltura nei paesi dell’entroterra, fuori dalle direttrici di sviluppo e soprattutto di sostentamento economico. I terreni impervi, le alte quote scoraggerebbero, qualunque piccolo imprenditore agricolo a coltivare prodotti di cosi breve durata come appunto le ciliegie, giusto 30 gg di raccolto e vendita. Ma la Basilicata è bella anche per questo, riesce a dar vita a sognatori ed incoscienti anche nelle più sperdute zone di montagna. Le ciliegie che coltivano nel Parco Nazionale del Pollino sono di qualità, innaffiate con acqua del Pollino e cresciute su sali minerali che solo il terreno di un Parco naturale può offrire. In attesa di avere il marchio Parco per la commercializzazione. Proveniente dal Mar Nero e dal Mar Caspio il ceraso ere ampliamente diffuso nella Magna Grecia, ne troviamo infatti descrizione su alcuni testi di Teofrasto (IV sec. a.C.). Il proconsole romano Lucullo, prima di abbandonare il porto di Keracos diede ordine ai suoi legionari di portare a Roma il frutto che subito diventò un prodotto di largo consumo, come risulta dagli scritti di Plinio il 96 Atlante della tavola | Provincia di Potenza vecchio, Varrone ed Apicio. Da allora i popoli latini le preferirono subito alle più aspre amarene e trascurarono quasi del tutto queste ultime. Ma è nel 1500 che la ciliegia conosce il suo massimo splendore in Europa. Ricette su trattati di cucina rinascimentali italiani e francesi ci riportano sapori e profumi che da piccoli abbiamo saziato. Se tornate indietro con la memoria di qualche ventennio, e i più metropolitani di qualche trentennio, quanti di voi non hanno scorazzato per le campagne a rubare ciliegie? Quanti di voi non si sono messe le ciliegie a cavallo sulle orecchie, scimmiottando le amichette che avevano gli orecchini? La ciliegia oltre ad essere mangiata fresca, è molto utilizzata anche in cucina come base per marmellate, come decorazione di torte, ma anche per accompagnare cibi salati. Ad esempio, le marasche attenuano i sapori selvatici della cacciagione (lepre, arrosti di cinghiale, capriolo, fagiano...) mentre le foglie delle ciliegie sono utilizzate per produrre un vino aromatizzato che si accompagna benissimo con i dolci al biscotto. 97 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Maiale alle ciliegie Gli ingredienti 4 fette di maiale non alte 20 ciliegie 20 cl di vino ratafià (precedentemente preparato) 4 foglie di salvia 20 gr di olio extravergine d’oliva sale q.b. Il procedimento Tritare 10 ciliegie e snocciolando le altre, infarinare le fette di maiale. In una capiente padella versare l’olio e aggiungere le fette di maiale, rigirarle e farle cuocere per un minuto, quindi rigirarle di nuovo le fette e aggiungere le ciliegie tritate. Quando volterete di nuovo le fette di maiale aggiungere le altre ciliege denocciolate e il ratafìa, aggiustare di sale e pepe. Fare evaporare il vino e servire. Ratafìa di ciliegie Gli ingredienti 5 lt di vino rosso 2 kg di ciliegie 1kg di zucchero 1lt di alcol a 90° Il procedimento Si togliere i noccioli dalle ciliegie e pestarle. Aggiungerle al vino con la metà delle ciliegie denocciolate e far fermentare per 40 gg al sole. Quindi filtrare con una garza sottile. Far sciogliere 1kg di zucchero in 1lt di alcol a 90°. Mescolare il tutto e imbottigliare. 98 Atlante della tavola | Provincia di Potenza 99 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Le ciliegie sotto spirito L a preparazione della ricetta delle ciliegie sotto spirito è molto semplice e veloce. Sterilizzare accuratamente un barattolo di vetro a chiusura ermetica dalle giuste dimensioni. Comprare ciliegie sode e togliere il picciolo di ognuna, quindi pulirle accuratamente fino a farle divenire lucide. Porre i frutti nel barattolo di vetro e riempirlo di alcol puro a 90°. Chiudere ermeticamente e riporre in un luogo fresco e buio per un paio di mesi. Sarà possibile gustare le ciliegie sotto spirito da sole o accompagnate da gelato e dolci vari. Una possibile variazione della ricetta prevede il cambio delle ciliegie con visciole o amarene. Suggerimenti: Quando acquistate le ciliegie controllate che non ci siano tracce di muffa, ammaccature o parti annerite. La buccia non deve avere macchie e screpolature e il colore deve risultare brillante e uniforme. Ricordate che le ciliege migliori sono quelle con la polpa soda e che in frigo conservano più a lungo il sapore e la carica di vitamine. In ogni caso è meglio mangiarle entro pochi giorni, sciacquandole prima sotto un getto d’acqua corrente. 100 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Il fico S e si dovesse dare per davvero retta ai modi di dire, il fico sarebbe una di quelle cose che non valgono proprio niente: “Non me ne importa un fico secco!” E invece, se ti è capitato di assaggiarne qualcuno, sai benissimo che i fichi valgono, eccome! L’introduzione del fico in Basilicata, originaria dell’Arabia meridionale, sembra essere precedente al VI secolo a.C. comunque da attribuire ai coloni greci che da queste parti erano di casa. Fin dall’antichità il fico fu collegato alla fondazione di Roma e considerato un albero fausto; era venerato soprattutto dai pastori, che vi si recavano con offerte di latte. Gradualmente questo frutto coltivato da sempre si è trasformato da “companatico dei poveri”, come un tempo veniva definito, ad alimento pregiato da consumare soprattutto nel periodo natalizio che da secoli caratterizza la tipica cucina lucana. I fichi secchi vengono essiccati naturalmente al sole, artificialmente in essiccatoi o infornati. Più che negli impasti dei dolci, i fichi secchi sono usati come dolci essi stessi, sia infornati con dentro mandorle o semi di finocchio, sia imbottiti con noci e scorze d’arancia candite, sia spolverizzati di cacao, sia ripieni di noci e scorza d’arancia e ricoperti di una glassa di cioccolato. 101 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Carbone Soppressata di fichi Gli ingredienti 500 gr di fichi freschi 80 gr di gherigli di noci 50 gr di buccia di arancia 50 gr di mandorle un pizzico di cannella in polvere Il procedimento La soppressata di fichi prende il nome dal salume soppressata e oltre al frutto è farcito con mandorle, noci, finocchietto e scorza d’arancia. I fichi dopo la maturazione sono fatti “asciugare” al sole, sfruttando l’aria tiepida autunnale delle zone collinari, quindi riempiti con impasti di frutta secca e spezie selezionate, vengono infornati e avvolti nelle foglie delle stesse piante di fico, legate con un filo di cotone e appesi alle travi come le soppressate appunto, per una perfetta conservazione. Al taglio il prodotto mostra un colore bruno-dorato con inserti chiari di frutta secca disseminati nella pasta. La consistenza è compatta e soda ma oppone scarsa resistenza alla masticazione. Il sapore è gradevole e dolce, si percepisce nettamente il gusto del fico essiccato, con un forte sentore di frutta a guscio. Avvolto da foglie di fico, il frutto trasformato dalla saggezza dei contadini in “dolce frutto” che si affetta come i classici salami casalinghi dopo un adeguata stagionatura. E’ un esempio di come conservare i fichi insieme ad altri frutti secchi, la soppressata di fico è perciò un prodotto da difendere e valorizzare. 102 Atlante della tavola | Provincia di Potenza 103 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Teana A ficarella fichi chi nuci Gli ingredienti fichi estivi gherigli di noci buccia di limone fresca un bicchiere di rosolio o strega Il procedimento Quando i fichi sull’albero iniziano a “ammusculare” (maturare) si raccolgono e si mettono su una “spasa” di vimini ad asciugare. La notte la “spasa” viene rientrata per evitare che la notte inumidisca i fichi. Quando hanno assunto un colore ambrato si tagliano a metà e si aprono a portafoglio, vi si adagia dentro qualche gheriglio di noci e di buccia di limone. Si aggiustano in una teglia richiudendoli su se stessi e si passano al forno già caldo a 120° per circa 3 minuti, quindi si rigirano e si fanno cuocere per altri 3 minuti. Ancora caldi si schiacciano con il palmo della mano e si mettono nel vaso, si aggiunge il cucchiaio di liquore e si tappa velocemente, quindi i barattoli si coprono con una coperta e si aspetta che si raffreddano. Vengono riposti nella credenza e si aspetta il natale, quando la nonnina che li ha preparati ti invita a casa sua e ti dice: “A vuoi a ficarella? Pigliatilla na ficarella”. 104 Atlante della tavola | Provincia di Potenza 105 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Officina botanica C ’era una volta, tanti e tanti anni fa, sicuramente più di qualche millennio, un nostro antenato che scopre di potersi nutrire anche con le piante. Circondato da profumi e da odori che si riproducono da soli e si rinnovano nel tempo, l’uomo conosce una fonte inesauribile di cibo che diventa archivio della memoria, da cui attingere per vivere di più e meglio. Memoria che diventa sempre più labile e in dissolvenza perché la confezione ci informa dall’etichetta, non dal profumo o dall’odore, le spezie che ci servono e che andremo ad usare. La Basilicata con il suo paesaggio intatto e poco antropizzato può ancora ritenersi l’officina botanica del Mezzogiorno se non dell’Italia intera. In questi primi caldi, andando per campi e boschi, si incontrano persone che raccolgono l’origano, il timo, il ginepro o il finocchietto selvatico, la borragine, la vitalba, la menta calaminda o la cicoriella, la salvia, la mortella, la rosa canina, le corniole e tante altre specie di erbe e spezie. La spezie oltre a rendere la cucina ricca di sapori, la rende anche salutista e saporita, si può cucinare con meno grassi, i cibi si insaporiscono facendoli cuocere nel proprio liquido, e anche nei dolci “speziare” significa usare meno zuccheri. Il loro uso per condire gli alimenti è fondamentale, in cucina si può tranquillamente usare poco sale, se non completamente eliminarlo, fonte di ritenzione idrica che produce anche cellulite e aumento della pressione arteriosa. Chi ama la cucina è custode di memoria olfattiva difficile da cancellare. I piatti, le pietanze, il cui successo è legato ad un sapore, ad un ricordo, riporta indietro nel tempo e raccoglie gli umori, l’attimo che il tempo ha fermato per regalare l‘emozione. Basta raccogliere il profumo, l’aroma, per riuscire a fissare l’essenza della spezie, dell’erba aromatica, prìncipe del gusto in tutte le ricette. Naturalmente vi deve essere un uso sapiente delle erbe, che si acquisisce con uso sapiente del 106 Atlante della tavola | Provincia di Potenza palato. Le erbe si esaltano nella loro cottura, che reggono senza disfarsi come può essere il rosmarino, l’origano, la salvia, il timo, il finocchietto selvatico, la maggiorana, l’alloro, che compongono il mazzetto aromatico per la preparazione di salse robuste, che ben si sposano con carni decise come gli ovini adulti, manzo o con il pesce come l’anguilla, le sarde, lo sgombro. Le erbe che si sciolgono nella cottura, si strapazzano come il basilico, il prezzemolo, la menta, il cerfoglio, vanno usati a crudo per sentirne appieno la freschezza e l’intensità del profumo. Ormai alcune spezie vengono accoppiate di rito, sono diventate dei classici, come abbinare il basilico al pomodoro, il rosmarino all’arrosto, le sarde al finocchietto, l’alloro al fegato, la salvia al pollo, al coniglio mentre la menta con le carni bianche, l’origano, con il pomodoro crudo, con l’agnello, il timo nelle insalate, nei formaggi, nel maiale, diventando pietanze di culto al primo ”annuso”. Il palato oramai si è così raffinato che distingue subito le spezie buone, selvagge da quelle che non hanno odore e sapore. Essiccate o surgelate vanno sempre bene, e fanno sempre bene, basta avere qualche accortezza. Appena raccolte vanno lasciate essiccare all’aria aperta, al riparo dal sole e legati a mazzetto. Una volta essiccate vanno conservate in vasetti di vetro chiusi ermeticamente. Surgelate, dopo averle lavate, scolate e lasciate asciugare vanno tritate e sistemate in contenitori di plastica con l’aggiunta di poco brodo o acqua. L’importante è aggiungerli al cibo in cottura senza scongelare. Se nella bottiglia di aceto si aggiunge un rametto di lavanda o di rosmarino o qualche altra spezie a piacere si può condire l’insalata o le carni dando così un piacevole sapore di erba . La stessa cosa si può fare con l’olio così da usarne di meno perché già molto profumato. D’altronde... quale migliore dentifricio della salvia? 107 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Noepoli Pulìata Gli ingredienti 1 lt di acqua 1 mazzo di pulìo (menta calaminda) 3 peperoncini piccanti 2 spicchi d’aglio 1 uovo 1 cucchiaio di olio extravergine d’oliva 4 fette di pane casereccio sale q.b. Il procedimento Mettere a bollire l’acqua, versare il mazzetto delle erbe pulìo, l’aglio e il peperoncino, far bollire riducendo di metà l’acqua, aggiungere l’uovo e farlo incamiciare, quindi l’olio e il sale. In una zuppiera versare il pane e aggiungere il brodo di erbe. Tenere chiusa la zuppiera con un coperchio per alcuni minuti. Mentre si mangia, cercare di raccogliere con il naso i vapori della zuppa. Oltre che essere un alimento sano è anche un ottimo corroborante con funzioni espettoranti. 108 Atlante della tavola | Provincia di Potenza 109 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Tito Strascinati ca’ menta La pasta 400 gr di farina 1 uovo 1 bicchiere d’acqua sale q.b. La preparazione Su una spianatoia versare la farina, fare una fontana al centro aggiungendo l’uovo, l’acqua e il sale. Impastare fino ad ottenere un impasto morbido ed elastico. Fare riposare sotto un tovagliolo di lino per circa 30 minuti e dividere l’impasto in piccoli panetti. Quindi fare dei cilindretti lunghi 6/8 cm e alti un dito, incavate il cilindretto con 3 dita larghe ad ottenere un maccherone aperto e schiacciato: gli strascinati. Cuocere in abbondante acqua salata. Il sugo 50 gr di ottimo lardo 2 peperoni “cruschi” 1 ciuffo abbondante di menta fresca 1 cucchiaino di radice di rafano. Il procedimento Preparare un battuto con il lardo,e scioglierlo in una padella alta. Appena prende colore aggiungere i peperoni secchi spezzettati e tritati grossolanamente, cospargere di menta tritata finissima e allungare con qualche cucchiaio di acqua di cottura. Togliere la pasta al dente e versarla nella padella con il soffritto e mescolare. Su ogni piatto di portata grattugiare della radice di rafano. 110 Atlante della tavola | Provincia di Potenza 111 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Pistiddi È il nome dialettale della castagna, che per moltissimo tempo ha svolto un ruolo molto importante nell’alimentazione delle aree interne della provincia di Potenza. Era la risorsa alimentare dei paesi di montagna e spesso suppliva alla mancanza di pane e carne, fino all’arrivo della patata. Nel Lagonegrese è chiamata “pistidd” e viene cucinata quasi sempre senza la buccia. I suoi boschi hanno sfornato tonnellate di castagne adatte a fare mirabilìe gastronomiche. Negli anni a venire diventarono regali di augurio, di felicità e abbondanza. Ma qual è la differenza tra castagne e marroni? Le castagne sono il frutto del castagno selvaggio: ogni riccio ne contiene tre, secondo un vecchio detto, le tre castagne del riccio erano destinate una al padrone, una al contadino e una ai poveri. Il marrone proviene da alberi coltivati e sempre migliorati con successivi innesti, ogni riccio contiene normalmente un solo frutto. All’interno del suo riccio questo frutto è protetto da ogni inquinamento e mantiene le caratteristiche che per migliaia di anni lo hanno reso popolarissimo. La castagna è un frutto molto nutriente, anche se molto digeribile: per ogni 100 gr di frutto sbucciato fornisce 250 calorie. Per chi vuol conservare più a lungo un senso di sazietà si possono facilmente sostituire con legumi e castagne una porzione di pasta o di pane o addirittura gli zuccheri semplici (frutta, miele, marmellata, saccarosio). Attenzione però a non sommare le castagne al pane e alla pasta se non si vuole assumere una quantità di calorie molto alta. Alla castagna, infine, può essere ancora attribuito un aggettivo raro: frutto naturale. Il suo riccio infatti la “protegge” da trattamenti chimici ormai così diffusi, quindi la sua produzione agricola è biologica. 112 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Come preparare le castagne: Bollite nella “pignata”: Lavare le castagne e cuocerle in una “pignata” di creta con abbondante acqua fredda salata e con qualche foglia di alloro e un goccio di olio per circa 1 ora. Bollite: Sbucciare le castagne (solo la scorza esterna) e lessarle in acqua bollente con sale e semi di finocchio. Arrostite: Per arrostire è indispensabile la padella di ferro con il fondo forato. Dopo aver strofinato con un canovaccio le castagne, inciderle con un coltellino nella parte tonda e disporle nel tegame in uno strato solo. Le castagne si possono abbrustolire anche in forno, caldo e ad alta temperatura, dopo averle incise e poste in una pirofila; rigirarle ogni tanto. Secche: Per essiccarle si può tentare di ricreare nel forno domestico, preferibilmente elettrico, il calore blando e costante che, negli antichi essiccatoi, faceva perdere l’umidità alle castagne. I frutti devono essere tutti della stessa grandezza, incisi e allineati sulla grata del forno caldo, mantenuto per ore a bassa temperatura (70-90 gradi). Se vengono scosse quando “suonano” internamente, è il momento della sbucciatura: per facilitarla si possono mettere in sacchetti di carta o di tela, sbatterli e fregarli tra di loro. Le castagne essiccate si utilizzano dopo averle lasciate in ammollo in acqua tiepida per una notte. 113 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Castelsaraceno Munnulata Gli ingredienti 300 gr di castagne 150 gr di fagioli rossi 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva 1 spicchio d’aglio 1 cucchiaio di polvere di peperone di Senise sale q.b. Il procedimento Sbucciare le castagne dalla corteccia esterna, metterle in acqua fredda per un po’ e togliere le pellicine interne. Bollire le castagne in pignata, recipiente di coccio, con acqua e un pizzico di sale, far cuocere evitando una cottura prolungata, non far ammorbidire troppo le castagne. Cuocere a parte i fagioli preferibilmente rossi e non bianchi, in acqua con un pizzico di sale nella pignata. A cottura ultimata mischiare fagioli e castagne. In una padella soffriggere olio aglio, e polvere di peperone (puparul pisat: u cift), versare nel composto di castagne e fagioli mischiare tutto e servire. 114 Atlante della tavola | Provincia di Potenza 115 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Spinoso Castagnaccio Gli ingredienti 500 gr di farina di castagne 750 gr d’acqua 150 gr di olio extravergine di oliva 80 gr di uvetta sultanina 60 gr di pinoli 1 cucchiaio di semi di finocchio un pizzico di sale Il procedimento Mettere la farina setacciata in una terrina e versarvi l’acqua ed un pizzico di sale mescolando con cura per evitare che si formino grumi. Ungere di olio una teglia, versarvi l’impasto livellandolo all’altezza di circa un centimetro e cospargerlo con l’uvetta, già ammollata in un po’ d’acqua tiepida e asciugata, quindi i pinoli e i semi di finocchio. Irrorare con un filo d’olio e infornare a 180° per 15 minuti. per 4 persone 116 Atlante della tavola | Provincia di Potenza 117 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Verdure P rofumi di verdure bollite si mischiano agli odori di legna bruciata, sale il filo di fumo dal camino di casa e fila nel cielo grigio, sentinella e testimone della presenza dell’uomo nella montagna lucana. I freddi paesini d’inverno offrono al naso, dell’avventore cittadino, profumi antichi, scomparsi. Celofannati gli odori dalla grossa distribuzione, nei supermercati il cliente consumatore si aggira senza sorriso, spento e come un meccano riempie di cibarie il carrello senza sapori nè odori, tristemente. Mentre nei paesini si sente il vociare dell’ambulante, il chiacchiericcio dei vicini di casa. I menù che si scambiano le massaie spingono l’epiglottide dell’uditore su e giù, come se ingoiasse le parole condite di verdure e salse. Molecole di parole intrise di sapori aleggiano nell’aria del piccolo paese, l’oziare davanti al camino, il suono delle scintille della legna che arde, il ritmo della “pignata” che bolle piena di verdure e legumi, riempie di gioia la vita, la rende umana, come se il bollore scandisse il ticchettio del tempo. Nelle nostre piccole comunità, nei ristoranti, nelle trattorie, ancora vive le magia della comunanza e le porte e le finestre sono libere da inferriate e da doppie mandate. Il paese lucano con i 118 Atlante della tavola | Provincia di Potenza suoi ritmi “slow” diventa, così paese della qualità della vita. Non più paesi di emigrazione e di disperazione, ma portatori di un nuovo progetto: fare della lentezza una scelta di vita, penso che questo sia il suo futuro su cui scommettere e puntare. In Basilicata la cucina regionale è piena di verdure e di ortaggi. Le ritroviamo da sole o accompagnate da altri alimenti nella cucina durante tutto l’anno. In estate i minestroni idratano il nostro organismo mentre in autunno accompagnano legumi e bacche. Durante l’inverno le verdure le usiamo per sgrassare le robuste e grassi carni del maiale e in primavera le prime uscite di erbette ci aiutano ad eliminare le tossine delle libagioni passate. Alla base di tutto esistiamo noi, quello che desideriamo, quello che effettivamente vogliamo. Scegliere bene per poter ben cucinare e ben vivere!! L’inverno ci regala cavoli, cavolfiori, cappucci, rape, verza, bietolone. Come si può resistere ad una minestra di verdure maritata con pezzi di maiale? O ad un bel piatto di rape con peperoncino e aglio su una pizza di granturco? 119 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Anzi Minestra maritata Gli ingredienti 1 kg di verza cappuccio e verdure selvatiche 500 gr di pezzi vari di maiale lasciati in ammollo per una notte, sbianchiti e sgrassati 200 gr di lardo 1 peperoncino 1 spicchio d’aglio una macinata di pepe sale q.b. Il procedimento Far cuocere i pezzi di carne di maiale in acqua salata, possibilmente in una pentola di coccio, a cottura scolare la carne. Mondare e bollire la verdura e la verza, cuocere in abbondante acqua salata, a cottura ultimata aggiungere i pezzi di carne e mescolare. In un mortaio fare un battuto di aglio, lardo e peperoncino, soffriggere in una padella oleata per pochi minuti, quindi versare tutti gli ingredienti nella pentola della verdura. Aggiungere a piacere una macinata di pepe, mescolare, aggiustare di sale ed amalgamare, servire ben caldo accompagnando con pane affettato. 120 Atlante della tavola | Provincia di Potenza 121 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Palazzo San Gervasio Capunti chi i cime e cocozza La pasta 400 gr di farina 1 uovo 1 bicchiere di acqua calda La preparazione In una spianatoia versare la farina e fare una fontana al centro, mettere l’acqua e l’uovo, amalgamare bene l’impasto e fare riposare per 20 minuti sotto un tovagliolo di lino. Tagliare a piccoli panetti l’impasto e con le mani affusolare in lunghi cordoni la pasta, riducendoli ad un altezza di circa due centimetri, tagliarli con l’apposito utensile in bastoncini lunghi 7 cm e incavare con le tre dita premendo in maniera energica. Mettere sulla spianatoia infarinata ad asciugare un pochino “i capunti”. Il sugo un mazzo di cime di zucca 1 patata 3 zucchine 1 cipolla ½ kg di pomodori basilico olio extravergine d’oliva sale q.b. Il procedimento Lavare e mondare le cime di zucca privandole dei filamenti. Tagliare lo stelo e le foglie più tenere, sbollentare in acqua leggermente salata, dopo qualche minuto togliere le foglie e non buttare l’acqua di cottura. A parte sbucciare e tagliare a dadi piccoli le patate e le zucchine. In una padella soffriggere la cipolla tagliata a fettine, aggiungere i pomodori a pezzetti, le foglie di zucca fatte a fette, il basilico e far cuocere per circa 15 minuti. Aggiustare di sale. Nella stessa pentola dove avete sbollentato le cime di zucca, aggiungere nella stessa acqua le patate e le zucchine a cottura quasi ultimata versare i “capunti”. Scolare e condire con il sugo di cime di “cocuzze”. 122 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Episcopia Minestra di verza e peperoni cruschi Gli ingredienti 1 cavolo verza 300 gr di fagioli rossi 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva 4 peperoni cruschi 1 spicchio d’aglio 1 cucchiaio di peperone macinato 1 kg di farina di mais 1 bicchiere di acqua tiepida sale q.b. Il procedimento Lavare e mondare la verza, cuocerla in abbondante acqua salata e a cottura versare in una zuppiera. Cuocere i fagioli nella “pignata” con acqua e sale. A cottura scolare e aggiungere alla verza. Soffriggere nell’olio i peperoni secchi, togliere i peperoni e aggiungere nello stesso olio l’aglio a fettine, quindi il cucchiaio di peperone macinato e versare il soffritto nella minestra. Accompagnare con la “pitta” di farina di granturco i peperoni cruschi di Senise. La pitta (focaccia di mais) Su di una spianatoia versare la farina di mais e impastare con l’acqua calda, fino ad ottenere un impasto morbido, quindi schiacciare il composto ad una altezza di 1 cm. La “pitta” viene cucinata sul mattone del caminetto oppure passata nel forno. 124 Atlante della tavola | Provincia di Potenza 125 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Ruoti Carchiolla cu i rape Gli ingredienti 500 gr di farina di mais 1 bicchiere di acqua bollente 1 kg di broccoli di rape 3 spicchi d’aglio 2 cucchiai di olio extravergine di oliva 1 peperoncino sale q.b. Il procedimento Su di una spianatoia versare la farina di mais e fare una fontana al centro, aggiungendo il sale e poco alla volta versare l’acqua bollente aiutandosi con l’apposita spatola di ferro (rasorra). Impastare bene e ridurre l’impasto come una pizza schiacciata alta 2 cm. Adagiarla su una graticola e farla cuocere sulla brace lentamente. Nel frattempo mondare e bollire i broccoli di rape, scolarli e versarli in una padella oleata dove avete messo a soffriggere gli spicchi d’aglio con il peperoncino. Servire la verdura con la “carchiolla” arrostita. 126 Atlante della tavola | Provincia di Potenza 127 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Chi è lo Chef Federico Valicenti Residente in via Salita Carmine 17- via Marconi 18, 85030 Terranova di Pollino Telefono 0973 - 93254 - 5, cell. 347 - 8567385, [email protected] Dati anagrafici e personali Nato a Cersosimo (PZ) il 22-03-1958. Coniugato con Franca Friolo. Ha tre figli: Ida Libera, Domenico e Bruna. Studi Diploma di scuola media superiore: tecnico commerciale e per geometri; chef di cucina; consulente enogastronomico. Attività Proprietario del ristorante tipico “Luna Rossa” in via Marconi 18 a Terranova di Pollino (PZ). Proprietario di Lucanicherie - carni & salumi in via Dante 85 a Terranova di Pollino (PZ). Presidente dell’Università Popolare del Pollino, Convento Cappuccini, Senise (PZ). Pubblicazioni • A proposito di identità gastronomica - atti convegno Potenza, 19-20 maggio 1997. Società Dante Alighieri - Cultura nazionale e cultura regionale: il caso della Basilicata edizioni Osanna, dicembre 1997. • I fagioli in cucina - Quaderni ALSIA, ed. Regione Basilicata, dipartimento Agricoltura, luglio 2000. • Prefazioni “Le ricette pittate” - FI.DA.PA. Bernalda (MT), marzo 2005. Libri • Sapori e profumi di una terra: I prodotti di Basilicata in cucina, ed. Regione Basilicata, dipartimento Agricoltura, Supergrafica, novembre 1999. • A tavola con i Papi: breviario di cucina, ed. Cirigliano, Senise, gennaio 2000. • Guida enogastronomica di Basilicata, ed. De Agostini, agosto 2001. • La storia a tavola. I prodotti tipici lucani, ed. BMG Matera, settembre 2001. • Purcis in fundo - Il maiale lucano, ed. Bruna Basile, Matera, settembre 2002. • “I dolci del Parco del Pollino” - ed. Pugliesi, Martina Franca (TA), aprile 2005. • Ricette di Basilicata - ed. Pugliesi, Martina Franca (TA), maggio 2005. • Atlante della Tavola - ed. Librare, Potenza, gennaio 2007. 129 Atlante della tavola | Provincia di Potenza Bibliografia Riconoscimenti Le Perline di Petronilla, Sonzogno Editore Premio “Sapori Lucani” Regione Basilicata - Matera 30-03-1995. Buono, pulito, giusto, Carlo Petrini, SlowFood Editore Premio “Profumi di Primavera” I.P.S.S.A.R. Maratea 20-05-1997. La patata, Annalisa Barbaglia, SlowFood Editore La civiltà della forchetta, G.Rebora, editore Laterza Premio “ La Chiocciola d’Oro - Arcigola Slow Food” Torino 1997, Torino 1998, Bologna 1999, Torino 2000, Napoli 2001, Brà 2002, Firenze 2003, Verona 2004, Roma 2005, Palermo 2006, Modena 2007. Il miele è salute, Eva Crane, Muzio editore Premio “Il piatto del Giubileo 2000” VII concorso interregionale arte culinaria dei cuochi FIC Monticchio Laghi 17-04-2002. Mense e cibi ai tempi della Bibbia, Phyllis Glazere, Piemme editore Premio “Miglior ristorante lucano” Regione Basilicata Matera 22-09-2002. Medaglia d’oro Camera di Commercio di Potenza Fedeltà al lavoro e progresso economico, XXVI edizione, 27-03-2004, Potenza. Premio “Marchio di qualità” Camera di Commercio FORIM Potenza ISNART, Roma 2006. Mense e cibi della Roma antica, Ilaria Gozzini Giocosa, Piemme editore www.wikimedia.it www.lalumaca.net www.wikipedia.it www.taccuinistorici.it Premio “Marchio di qualità” Camera di Commercio FORIM Potenza ISNART, Roma 2007. Premio Buona Cucina, Touring Club, 2006, 2007, 2008. Presente in tutte le guide d’Italia dal 1990. 130 Atlante della tavola | Provincia di Potenza 131 Atlante della tavola | Provincia di Potenza
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