M.Sanna_Classificazione dei rifiuti e Codici CER

Classificazione dei rifiuti e Codici CER
La Decisione 2000/532/CE
di Mauro Sanna
Premessa
Nel presente articolo, che fa seguito a molti altri scritti sul medesimo argomento, si pone in
evidenza come quanto previsto dal punto 6 dell'allegato alla Decisione 2000/532/CE, che
stabilisce la procedura da seguire per classificare i rifiuti non identificati con codici assoluti,
i cosiddetti codici speculari, è la condizione di riferimento che non riguarda i soli rifiuti
classificati come pericolosi.
Tale procedura, quando dalla medesima attività si origina un rifiuto identificato da due
codici CER, è l'unica ammessa per stabilire non solo se il CER che compete al rifiuto è
quello pericoloso, perché contenente sostanze pericolose specifiche o generiche, ma
anche quella da applicare per stabilire se il CER che compete al rifiuto è quello non
pericoloso in quanto in esso non sono presenti tali sostanze.
Infatti, la presenza, o viceversa, l'assenza di sostanze pericolose specifiche o generiche in
un rifiuto è il comune denominatore per la classificazione di un rifiuto sia che esso sia
pericoloso che non pericoloso.
L’individuazione del codice che compete ad un rifiuto, perciò, potrà derivare solo dalla
conoscenza certa che in esso siano o meno presenti sostanze pericolose specifiche o
generiche e conseguentemente che esso presenti o meno caratteristiche di pericolo.
1. I Codici CER
I codici da utilizzare per la classificazione dei rifiuti sono riportati nel Catalogo Europeo dei
Rifiuti (CER); esso contiene l'elenco di tutti i rifiuti, individuati in modo specifico o
aspecifico, che possono generarsi nelle attività di produzione o consumo, ed assegna a
ciascuno di essi un codice numerico di riferimento (Codice CER). Determinare il codice
CER di un rifiuto corrisponde a classificarlo.
Il Catalogo Europeo dei Rifiuti è suddiviso in capitoli, sottocapitoli e categorie, ciascuno dei
quali è riferito ad un certo rifiuto, che viene così ad essere univocamente determinato da
un codice numerico a sei cifre, suddiviso in tre coppie:
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− la prima coppia di cifre indica il capitolo, che individua la famiglia di attività da
cui proviene il rifiuto;
− la seconda coppia di cifre indica il sottocapitolo, e si riferisce ad una determinata
attività produttiva compresa nella famiglia di attività individuata dalla prima
coppia di cifre;
− la terza coppia di cifre indica una particolare tipologia di rifiuto originata dalla
specifica attività industriale individuata con la seconda coppia di cifre.
Ogni rifiuto perciò viene ad essere univocamente determinato dal codice della categoria
che gli compete.
La Decisione 2000/532/CE insieme con il Catalogo Europeo dei Rifiuti riporta anche la
procedura che deve essere necessariamente adottata per individuare il codice CER da
attribuire ad un rifiuto.
2. Individuazione del codice CER
Tale procedura è definita al punto 3 della Decisione 2000/532/CE
(1)
ed in essa sono
indicati i successivi passaggi da seguire, ordinati in una precisa gerarchia, così da
escludere che ad un determinato rifiuto possa essere attribuito a caso un codice diverso
da quello che invece gli compete.
1) Punto 3 dell' allegato alla decisione 2000/532/CE
3. I diversi tipi di rifiuti inclusi nell’elenco sono definiti specificatamente mediante un codice a sei cifre per
ogni singolo rifiuto e i corrispondenti codici a quattro e a due cifre per i rispettivi capitoli. Di conseguenza,
per identificare un rifiuto nell’elenco occorre procedere come segue:
3.1. Identificare la fonte che genera il rifiuto consultando i titoli dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 per
risalire al codice a sei cifre riferito al rifiuto in questione, ad eccezione dei codici dei suddetti capitoli che
terminano con le cifre 99. (Nota: è possibile che un determinato impianto o stabilimento debba
classificare le proprie attività riferendosi a capitoli diversi). Per esempio un fabbricante di automobili può
reperire i rifiuti che produce sia nel capitolo 12 (rifiuti dalla lavorazione e dal trattamento superficiale di
metalli), che nel capitolo 11 (rifiuti inorganici contenenti metalli provenienti da trattamento e ricopertura di
metalli) o ancora nel capitolo 08 (rifiuti da uso di rivestimenti), in funzione delle varie fasi della
produzione. Nota: I rifiuti di imballaggio oggetto di raccolta differenziata (comprese combinazioni di diversi
materiali di imballaggio) vanno classificati alla voce 15 01 e non alla voce 20 01.
3.2. Se nessuno dei codici dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 si presta per la classificazione di un
determinato rifiuto, occorre esaminare i capitoli 13, 14 e 15 per identificare il codice corretto.
3.3. Se nessuno di questi codici risulta adeguato, occorre definire il rifiuto utilizzando i codici di cui al
capitolo 16.
3.4. Se un determinato rifiuto non è classificabile neppure mediante i codici del capitolo 16, occorre
utilizzare il codice 99 (rifiuti non altrimenti specificati) preceduto dalle cifre del capitolo che corrisponde
all’attività identificata al precedente punto 1.
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La sequenza delle operazioni da svolgere per individuare il codice di un determinato rifiuto
è dettagliata nei sottoparagrafi 3.1, 3.2, 3.3 e 3.4 dell’Allegato alla Decisione; esse sono
elencate in un ordine progressivo che è quello che necessariamente si deve utilizzare per
pervenire al codice CER da attribuire.
Per individuare il codice CER che effettivamente compete al rifiuto è necessario che tale
procedura sia seguita in modo rigoroso; infatti, assegnare ad un rifiuto un codice CER tra
quelli indicati nel Catalogo Europeo dei Rifiuti contenuto nella decisione 2000/532/CE
corrisponde a classificare il rifiuto stesso.
2.1.
I rifiuti identificati con codici assoluti
I rifiuti elencati nel Catalogo Europeo dei Rifiuti sono distinti in rifiuti pericolosi e rifiuti non
pericolosi.
I rifiuti contrassegnati da un codice seguito da asterisco (*) sono i rifiuti classificati come
pericolosi, quelli senza asterisco indicano invece i rifiuti non pericolosi.
Da alcune attività di produzione o consumo deriva un'unica categoria di rifiuto, pericolosa
o non pericolosa; conseguentemente, per quella attività, il rifiuto acquisisce il codice CER
che gli compete solo sulla base della sua origine ed è di fatto automaticamente classificato
in rifiuto pericoloso o non pericoloso.
A questi rifiuti dunque, a seconda della loro origine, competeranno:
− codici assoluti relativi a rifiuti pericolosi (2)
− codici assoluti relativi a rifiuti non pericolosi (3)
2) Esempi di codici assoluti relativi a rifiuti pericolosi
06 01 01* acido solforico ed acido solforoso
06 01 02* acido cloridrico
06 01 03* acido fluoridrico
06 01 04* acido fosforico e fosforoso
06 01 05* acido nitrico e acido nitroso
06 01 06* altri acidi
3) Esempi di codici assoluti relativi a rifiuti non pericolosi
02 03 01
fanghi prodotti da operazioni di lavaggio, pulizia, sbucciatura, centrifugazione e separazione
di componenti
02 03 02
rifiuti legati all’impiego di conservanti
02 03 03
rifiuti prodotti dall’estrazione tramite solvente
02 03 04
scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
02 03 05
fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti
02 03 99
rifiuti non specificati altrimenti
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2.2.
Rifiuti non identificati con codici assoluti
Per altre attività di produzione o consumo il Catalogo prevede invece che da una
determinata attività possano scaturire due categorie di rifiuti, uno pericoloso ed uno non
pericoloso; sono i cosiddetti codici speculari. Conseguentemente, per questa attività il
codice CER che compete al rifiuto non potrà essere determinato solo sulla base della sua
origine, essendo essa comune sia al codice del rifiuto pericoloso che al codice del rifiuto
non pericoloso.(4)
Queste due categorie di rifiuti aventi origine da una medesima attività produttiva sono
definite nel catalogo mediante due differenti modalità.
Infatti nella definizione del rifiuto identificato con il CER di un rifiuto pericoloso si fa
riferimento in modo specifico o generico alle sostanze pericolose in esso contenute; la
definizione, invece, del rifiuto identificato con il CER di un rifiuto non pericoloso è la
negazione di quella del rifiuto pericoloso, cioè il rifiuto non pericoloso è definito come un
rifiuto non contenente in modo specifico o generico le sostanze pericolose contenute nel
corrispondente rifiuto pericoloso avente origine dalla medesima attività.
Pertanto la condizione che distingue i due rifiuti aventi origine da una medesima attività è
se in essi siano presenti o meno le sostanze pericolose specifiche o generiche.
Per individuare quale dei due codici competa al rifiuto prodotto da una attività di
produzione o consumo, il punto 6 dell'allegato alla Decisione 2000/532/CE stabilisce la
procedura che si deve obbligatoriamente seguire.
2.2.1.
Procedura da seguire per classificare i rifiuti non identificati con codici
assoluti
L'allegato alla Decisione 2000/532/CE al punto 6 stabilisce:
"Se un rifiuto è identificato come pericoloso mediante riferimento specifico o generico a
sostanze pericolose, esso è classificato come pericoloso solo se le sostanze raggiungono
determinate concentrazioni (ad esempio percentuale rispetto al peso), tali da conferire al
rifiuto in questione una o più delle proprietà di cui all’allegato III della direttiva 91/689/CEE
del Consiglio. Per le caratteristiche da H3 a H8, H10 e H11 si applica l’articolo 2 della
presente decisione. Per le caratteristiche H1, H2, H9, H12, H13 e H14 l’articolo 2 della
presente decisione non prevede al momento alcuna specifica".
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Questa è l'unica procedura ammessa per stabilire quale sia il CER che compete al rifiuto
che si origina da una attività a cui si riferiscono due CER, uno pericoloso perché
contenente sostanze pericolose specifiche o generiche ed uno non pericoloso in quanto
non sono presenti tali sostanze.
Perciò l'individuazione del codice che compete al rifiuto potrà derivare solo dalla
conoscenza certa se in esso siano o no presenti sostanze pericolose specifiche o
generiche e conseguentemente se esso presenti o meno caratteristiche di pericolo.
Solo una tale caratterizzazione permetterà la classificazione corretta di un rifiuto con il
codice che gli compete sia che esso sia quello del rifiuto pericoloso che quello del rifiuto
non pericoloso; a questo fine sarà indispensabile eseguire le indagini indicate dal punto 6
dell'allegato alla Decisione 2000/532/CE.
Tali indagini, in via generale e per quanto possibile, dovranno essere eseguite mediante
caratterizzazione chimica.
Nel caso le conoscenze sulla composizione siano insufficienti, si potrà procedere anche a
test, sebbene questi in alcuni casi potrebbero non essere appropriati per rendere conto di
tutte le caratteristiche di pericolo di un determinato rifiuto.
2.2.2.
Caratterizzazioni necessarie per classificare i rifiuti non identificati con codici
assoluti
Mediante caratterizzazione chimica dovranno essere individuate le concentrazioni delle
diverse sostanze presenti nel rifiuto, comparandole con il valore limite previsto per
ciascuna sostanza, ricavando così attraverso le frasi di rischio correlate le eventuali
caratteristiche di pericolo del rifiuto.
Infatti le caratteristiche di pericolo di un rifiuto possono variare da H1 ad H15 a seconda
delle sostanze pericolose specifiche o generiche in esso presenti e, per individuare il CER
che compete al rifiuto, si dovrà verificare con certezza quali siano le sostanze in esso
presenti e conseguentemente le caratteristiche di pericolo che gli competono.
I limiti da prendere in considerazione a cui riferire le concentrazioni rilevate, sono differenti
a seconda delle classi di pericolo interessate.
Infatti, mentre per le classi di pericolo da H3 a H8, H10 e H11 ci si potrà riferire ai valori
limite previsti specificamente per i rifiuti dall'articolo 2 della decisione 2000/532/CE, per le
residue caratteristiche di pericolo H1, H2, H9, H12, H13, H14 ed H15, le concentrazioni
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limite di riferimento dovranno essere ricavate da quelle previste dalla normativa relativa
alla classificazione, etichettatura delle sostanze pericolose.
2.2.2.1. Limiti
di riferimento per le caratteristiche di pericolo da H3 a H8, H10 e H11
Quando le sostanze presenti in un rifiuto, per le frasi di rischio che gli competono, sono
correlate alle classi di pericolo da H3 a H8, H10 e H11, di cui all’allegato III della direttiva
91/689/CEE del Consiglio
(4)
, i valori limite da considerare per verificare se esse sono tali
da farlo classificare come pericoloso sono quelli stabiliti specificatamente per i rifiuti
dall'articolo 2 della decisione 2000/532/CE.
Nel caso che le concentrazioni misurate siano inferiori a tali limiti, il rifiuto per le classi di
pericolo suddette, ma solo per esse, sarà da classificare come rifiuto non pericoloso.
2.2.2.2. Limiti
di riferimento per le classi di pericolo H1, H2, H9, H12, H13, H14 ed H15
Poiché per le caratteristiche H1, H2, H9, H12, H13, H14 ed H15 di cui all’allegato III della
direttiva 91/689/CEE del Consiglio, l'articolo 2 della decisione 2000/532/Ce non ha
previsto al momento alcuna soglia, le concentrazioni limite dovranno essere ricavate sulla
base di quelle riportate nell'annesso VI, Tavola 3.2 della direttiva relativa alla
4) Concentrazioni limite previste per le classi di pericolo da H3 ad H8, H10 e H11 dall'articolo 2 della
decisione 2000/532/CE
Si ritiene che i rifiuti classificati come pericolosi presentino una o più caratteristiche indicate nell’allegato
III della direttiva 91/689/CEE e, in riferimento ai codici da H3 a H8 e ai codici H10 e H11 del medesimo
allegato, una o più delle seguenti caratteristiche:
− punto di infiammabilità ≥ 55 ºC,
− una o più sostanze classificate come molto tossiche in concentrazione totale ≥ 0,1 %,
− una o più sostanze classificate come tossiche in concentrazione totale ≥ 3 %,
− una o più sostanze classificate come nocive in concentrazione totale ≥ 25 %,
− una o più sostanze corrosive classificate come R35 in concentrazione totale ≥ 1 %,
− una o più sostanze corrosive classificate come R34 in concentrazione totale ≥ 5 %,
− una o più sostanze irritanti classificate come R41 in concentrazione totale ≥ 10 %,
− una o più sostanze irritanti classificate come R36, R37, R38 in concentrazione totale ≥ 20 %,
− una sostanza riconosciuta come cancerogena (categorie 1 o 2) in concentrazione ≥ 0,1 %,
− una sostanza riconosciuta come cancerogena (categoria 3) in concentrazione ≥ 1 %,
− una sostanza riconosciuta come tossica per il ciclo riproduttivo (categ. 1 o 2) classificata come R60 o
R61 in conc. ≥ 0,5 %,
− una sostanza riconosciuta come tossica per il ciclo riproduttivo (categ. 3) classificata come R62 o R63
in conc. ≥ 5 %,
− una sostanza mutagena della categoria 1 o 2 classificata come R46 in concentrazione ≥ 0,1 %,
− una sostanza mutagena della categoria 3 classificata come R40 in concentrazione ≥ 1 %.
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classificazione, etichettatura e confezionamento delle sostanze pericolose prevista dalla
Direttiva n.1272/2008 CE e successive modificazioni ed integrazioni.
Nel caso che neanche in tale normativa siano indicate le concentrazioni limite oltre le quali
una sostanza, e quindi nel caso specifico il rifiuto, è da classificare come pericoloso, si
dovrà fare ricorso ai dati riportati in letteratura per quella specifica sostanza.
2.2.2.3. Determinazione
delle caratteristiche di pericolo mediante test
La verifica se un rifiuto presenta caratteristiche di pericolo potrà essere effettuata
mediante test solo quando:
− questo sia effettivamente appropriato per verificare se un rifiuto possiede o meno
una determinata caratteristica di pericolo;
− la composizione del rifiuto non è nota, lo è insufficientemente o non può essere
determinata così da permettere l'applicazione dell'annesso VI, tavola 3.2 della
direttiva relativa alla classificazione, etichettatura e confezionamento delle
sostanze pericolose prevista dalla Direttiva n. 1272/2008 CE e successive
modificazioni ed integrazioni;
− si hanno insufficienti informazioni per stabilire se il rifiuto presenta qualche
caratteristica di pericolo;
− le soglie delle caratteristiche di pericolo da accertare non possono essere
calcolate: esse dovranno perciò essere determinate mediante test, ad esempio la
valutazione della classe di pericolo H9 potrà essere effettuata solo determinando
la presenza nel rifiuto di agenti infettivi.
Se le indagini svolte non evidenziano nessuna sostanza che, per la sua natura o per la
concentrazione con la quale è presente nel rifiuto, sia correlabile ad una frase di rischio,
né la determinazione delle caratteristiche di pericolo mediante test ne rileva alcuna, il
rifiuto sarà da classificare come non pericoloso.
3. Conclusione
Se il CER di un rifiuto non viene stabilito con le modalità sopra dette, con dati di prova certi
ed univoci, indagando sulla presenza o la concentrazione di sostanze pericolose e sulle
caratteristiche di pericolo che esso presenta, l'attribuzione del codice è del tutto arbitraria.
Questa situazione si determinerà quando:
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− l'indagine viene limitata ad un numero ridotto di sostanze; il detentore del rifiuto
di fatto si limita a presumere, sulla base di un numero ridotto di analisi e ad una
insufficiente caratterizzazione del rifiuto, che esso non presenta caratteristiche di
pericolo ed assegna al suo rifiuto il codice CER del rifiuto non pericoloso(5);
− non sono determinate le classi di pericolo mediante test anche quando questo è
possibile;
− il codice di rifiuto è assegnato senza alcun riscontro.
Senza alcun supporto analitico dunque, la scelta del CER viene a fondarsi su due
presupposti arbitrari del tutto estranei alla normativa:
− presuntivamente il rifiuto è considerato non pericoloso;
− l'onere della prova, che pregiudizialmente deve supportare la scelta del codice.
dimostrando che il rifiuto non presenta caratteristiche di pericolo, viene di fatto ad
essere trascurata o non realizzata in modo esaustivo e viene ad essere rinviata
ad altri soggetti.
In questo modo però, la procedura prevista dalla Decisione 2000/532/Ce non solo viene
disattesa, ma di fatto viene ad essere completamente annullata.
Infatti la Decisione richiede che il detentore del rifiuto dimostri in concreto se, tra i due
codici cosiddetti speculari assegnati al rifiuto dal Catalogo Europeo dei Rifiuti, il codice che
gli compete è quello del rifiuto pericoloso o quello del rifiuto non pericoloso; questo non
può avvenire con una scelta aprioristica, quindi del tutto arbitraria, tra i due codici, bensì
effettuando gli accertamenti sopra descritti.
Trascurando la procedura europea il detentore di un rifiuto, senza sapere se il suo rifiuto
contiene o meno sostanze pericolose, potrebbe di fatto assegnare il CER di un rifiuto non
pericoloso ad un rifiuto pericoloso.
In questo modo i rifiuti contrassegnati con i cosiddetti codici speculari del Catalogo
Europeo dei Rifiuti, indipendentemente dalla incompletezza della loro caratterizzazione e
quindi dalla ignoranza della loro effettiva composizione, potrebbero essere ricondotti,
quasi in automatico, a codici di rifiuti non pericolosi che, comparandoli ai codici assoluti,
5) Il valore più basso previsto che rende un rifiuto pericoloso è pari allo 0,1% (cioè 1 g di sostanza
pericolosa perché tossica in 1000 g). La caratterizzazione del rifiuto perché possa essere esclusa la
presenza di sostanze pericolose dovrà essere spinta almeno fino al 99.9 % perché esso possa essere
classificato come rifiuto non pericoloso (cioè 999 g su 1000 g così da escludere che sia presente 1 g di
sostanza pericolosa).
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potremmo denominare codici presuntivi, non certo ammissibili dalla normativa che ha
come obiettivo la tutela della salute e dell'ambiente.
Tavola A Verifica della corretta gestione di un rifiuto sulla base della sua
classificazione
I rifiuti presenti nell'impianto
sono indicati con il codice CER?
NO
↓SI
L'effettiva origine del rifiuto
corrisponde al CER?
NO
↓ SI
I medesimi rifiuti sono previsti
nell'autorizzazione?
NO
↓SI
NO
Vi sono rifiuti classificati non
pericolosi con un codice a
specchio?
↓SI
Questi rifiuti sono accompagnati
da una caratterizzazione analitica
completa?
NO
↓SI
La caratterizzazione è completa
così da escludere che i rifiuti
contengano sostanze pericolose e
siano da classificare con codice a
specchio pericoloso (Punto 6
dell'all. 1 Decisione 532/CE/2000
e s.m.i.)?
NO
↓SI
La caratterizzazione analitica di
controllo comprova le
componenti riportate nel
certificato di analisi?
NO
↓SI
La gestione del rifiuto sulla base della
classificazione adottata è ammissibile
La gestione del rifiuto
sulla base della
classificazione adottata
non è ammissibile
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