MESSAGGERO VENETO – mercoledì 26 febbraio 2014

MESSAGGERO VENETO – mercoledì 26 febbraio 2014
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata esclusivamente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal
sito internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
Indice articoli
REGIONE (pag. 2)
Illy: rivedere i patti finanziari con Roma
Comparto, attacco alla burocrazia
Criteri Isee sotto accusa. «Penalizzati i disoccupati»
Mangiarotti tratterà con Westinghouse
Vertice Electrolux convocato da Renzi
UDINE (pag. 6)
I sindacati di polizia dicono “no” ai tagli sul territorio
Aussa Corno, giorni decisivi per il futuro del Consorzio
PORDENONE (pag. 8)
Chiusure di Polfer e postale. Padrone (Ugl): manifesteremo
Chiarotto e Duz alla guida di Fillea e Filcams
Ideal Standard, vertice il 5 marzo
Risorse e personale sono ridotti all’osso. Il museo resta chiuso
REGIONE
Illy: rivedere i patti finanziari con Roma
di Anna Buttazzoni TRIESTE Sorrisi e strette di mano. Parole chiare e nessun disincanto. L’ex
governatore Riccardo Illy si presenta davanti a una schiera di consiglieri regionali per parlare della
Specialità. Ad ascoltarlo ci sono i componenti della V commissione (presieduta da Vincenzo Martines),
l’assessore Gianni Torrenti, il presidente del Consiglio Franco Iacop, quasi tutti i capigruppo.
L’occasione sono gli obiettivi che domani il Consiglio affiderà alla Paritetica, realtà di cui Illy è stato
nominato presidente dall’ex governo di Enrico Letta e attende, confermando la sua disponibilità, la
convalida dal nuovo premier Matteo Renzi. Dettagli forse. Non per Illy che si presenta da ex
presidente, saluta «gli amici che rivedo dopo un po’ di tempo» e sottolinea la necessità di lavorare
all’unisono per salvare la Specialità. «Il vento soffia contro le Regioni in generale e contro le Speciali
in particolare» dice Illy, per sgomberare i dubbi della platea. E individua nel Trentino Alto Adige il
modello da raggiungere, mentre ripete la necessità di rivedere il patto siglato tra gli ex ministro Giulio
Tremonti e governatore Renzo Tondo, che consegna allo Stato 370 milioni l’anno. Parole dolci per il
Pd, che ha sempre definito scellerato quel patto. Illy parla per 25 minuti, ma soprattutto sa di cosa
parla. L’ex governatore ricorda che la Paritetica ha appena approvato una bozza di decreto legislativo
per la fiscalità di vantaggio, per rimodulare, fino ad azzerarle se necessario, l’Irap e l’addizionale Irpef,
così da competere con il sistema fiscale più vantaggioso di Austria e Slovenia. Poi Illy spiega che ci
sono tre fronti sui quali agire, il presente, il passato e il futuro. «Per il passato va rivisto, o almeno
attuato in modo diverso, il patto Tondo-Tremonti, perché prevede la rinuncia a tempo indeterminato di
370 milioni, per contribuire al risanamento delle casse dello Stato, ma quando quelle saranno risanate
non c’è motivo per continuare a rinunciare in eterno a fette di risorse. Ma ci sono anche nuove
competenze da acquisire – prosegue Illy –, com’era previsto nel patto trattenendo parte dei 370 milioni.
Ho la presunzione di sapere che questa Regione può gestire molti compiti meglio di come faccia lo
Stato». Fa alcuni esempi Illy, perché il modello è il Trentino Alto Adige e quindi il Fvg deve gestire da
sè più materie possibili, che significa essere efficaci, efficienti, dare risposte più rapide e ridurre i costi.
Dalla Sovrintendenza all’educazione (università inclusa), dalle lingue minoritarie al lavoro. Ripete Illy
che friulano, sloveno e tedesco sono gli elementi principali su cui fondare la difesa della Specialità.
Perché – nè è convinto l’ex governatore – se attraverso la gestione di nuovi compiti il Fvg riuscirà a
produrre sviluppo economico e aumento dell’occupazione, sarà un modello per il Paese. Nell’analisi
del presente, invece, ci sono alcuni decreti attuati approvati ma non applicati e sui quali si dovrà
lavorare, come quello per la gestione delle strade e i rapporti con l’Anas. Infine, il futuro. Alle viste c’è
la riforma della Costituzione e i rapporti finanziari con lo Stato. «Il vento soffia contro le Regioni
anche a causa dei misfatti evidenziati in tutta Italia nell’utilizzo dei fondi da parte dei gruppi, che
spesso hanno superato le finalità che i Consigli regionali avevano previsto. Nessuno però – sottolinea
Illy – ha mai speso una parola per dire cosa fanno le Regioni e cosa fanno bene». Illy fa l’esempio della
Sanità, pagata completamente dal Fvg e con una buona qualità dei servizi. Poi avverte: «Con le altre
Regioni Speciali va avviata una campagna preventiva di comunicazione per ricordare e informare sulle
motivazioni per cui si gode dello statuto di Autonomia e cos’hanno fatto di buono. Il Fvg deve dire
cosa gestisce in totale autonomia e come. Ed è opportuno – conclude Illy – che si cominci a dirlo prima
di ritrovarsi a doversi difendere da accuse e attacchi che arriveranno dal Parlamento». E arriveranno.
Martines non cita Renzi, ma è evidente che si riferisce a lui quando dice che «le parole emerse dal
dibattito nazionale sono suonate vagamente minacciose sul fatto che è cambiato il clima nei confronti
delle Regioni». Anche Iacop sottolinea che ci si opporrà alla trasformazione delle Regioni in istituzioni
con potere pseudo-regolamentare, che abbiano l’etichetta della Specialità ma senza sostanza e risorse.
Il vento soffia contro le Regioni, ma il Fvg vuole fermarlo.
Comparto, attacco alla burocrazia
UDINE Il punto 8 del protocollo sulla riforma del comparto unico la chiama in causa in maniera
esplicita, invocando una riorganizzazione dei servizi a “burocrazia zero”. Eppure proprio la lentezza e
la farraginosità degli apparati pubblici rischia di far naufragare l’accordo tra sindacati, Anci, Upi e
Regione. Non lo nasconde Franco Belci, segretario regionale della Cgil, commentando l’ennesimo
rinvio del via libera al protocollo dopo oltre 3 ore di discussione. «L’alta burocrazia regionale chiarisce Belci - ha frenato il raggiungimento dell’intesa: da 4 mesi attendiamo questa firma. Non si
può parlare di rottura, ma di battuta d’arresto nelle trattative, e devo dire per ragioni francamente
incomprensibili». A far slittare l’accordo sono state tre questioni: l’adeguamento salariale dei
dipendenti pubblici, le relazioni sindacali e la riduzione della consulenze. Proprio su questo tema, Belci
si scaglia contro l’Anci. «Abbiamo proposto di ridurre all’osso le consulenze - afferma il segretario
della Cgil Fvg - ma l’Anci si è opposta: forse perché i Comuni hanno speso 19 milioni di euro per
l’affidamento di consulenze esterne?». Non ci sta il presidente dell’Anci del Fvg, Mario Pezzetta,
presente al tavolo convocato per la firma del protocollo insieme all’assessore regionale Paolo Panontin
e alle sigle sindacali. «Se al sindacato risultano eccessi di spesa - replica Pezzetta - li segnali alle
autorità competenti. Anci non accetta che tutti i Comuni siano messi sul banco degli imputati». Altro
motivo di scontro tra le parti è la richiesta di adeguare i compensi con la medesima percentuale e
scadenza del contratto nazionale. Questione che, sia per Pezzetta che per Panontin, non dovrebbe
trovare posto in un protocollo di riforma del comparto unico. «Giovedì in giunta - anticipa Panontin - la
presidente Serracchiani mi dirà se ritiene di impegnarsi anche su aspetti contrattuali e quindi finanziari
o meno». Proprio la riunione di giunta, per Belci, rappresenta il punto di non ritorno. «Mi aspetto una
chiamata dall’assessore anche di notte - conclude il segretario della Cgil - per discutere sulla proposta
di sintesi e approvarla, al massimo, in un’ora». Alessandro Cesare
Criteri Isee sotto accusa. «Penalizzati i disoccupati»
UDINE I metodi di calcolo dell’Isee, la certificazione che viene utilizzata per accedere a benefici che
vanno dalle rette scontate per gli asili fino ai servizi socio-sanitari e le tasse universitarie, così come
sono non funzionano. A sottolinearlo la Cisl che parte da un dato: «In Friuli Venezia Giulia - afferma il
segretario Luciano Bordin - il 5,1 per cento dei nuclei familiari presenta un Isee nullo e per il 6,1 per
cento l’indicatore non supera i 3 mila euro, segno che qualcosa non funziona». Tra le storture da sanare
«le forti limitazioni imposte alla componente patrimoniale dalle franchige e da comportamenti
utilistaristici; l’inefficienza dello strumento rispetto a chi perde il lavoro, poiché il calcolo dell’Isee si
basa sulla dichiarazione dei redditi dell’anno precedente; le auto-dichiarazioni che spesso premiano i
furbetti e le molte zone grigie attorno alla qualificazione del nucleo familiare». L’argomento sarà al
centro di un tavola rotonda che il sindacato ha organizzato, insieme alla categoria dei pensionati, per
domani, dalle 9, a Villa Dora in quel di San Giorgio di Nogaro. Con l’aiuto di esperti e il parere
“politico” degli ospiti, l’incontro punta a mettere sul tavolo i passaggi-chiave del nuovo Isee,
improntati a una maggiore equità di accesso, con le conseguenti ricadute anche sul terreno dei
beneficiari del Friuli Venezia Giulia. «Quello che ci proponiamo – spiega Bordin – è di valutare
assieme a tutti i soggetti le novità apportate allo strumento e creare sinergie e azioni comuni per
garantire effettivamente l’accesso a chi davvero ne ha bisogno, tenuto anche conto che proprio in questi
giorni è in discussione in Fvg il regolamento sul Fondo per l’autonomia possibile». Alla tavola rotonda
parteciperanno il segretario nazionale Fnp-Cisl, Attilio Rimoldi, l’assessore regionale alla Salute, Maria
Sandra Telesca, il presidente dell’Anci, Mario Pezzetta.
Mangiarotti tratterà con Westinghouse
di Maurizio Cescon UDINE Mangiarotti guarda oltre Oceano e, per il rilancio, si aggrappa a
Westinghouse. Trattativa in esclusiva, di due mesi, con il colosso statunitense: questo l’esito del
consiglio di amministrazione. Abbandonata dunque la pista di un partner russo, come era stato ventilato
nel recente passato. Una nota brevissima, che ha avuto bisogno del via libera dei vertici della
multinazionale di Pittsburgh prima di essere diramata, ha sancito il “fidanzamento”. «Si è concluso
oggi (ieri per chi legge, ndr) il Cda aperto il 12 febbraio - c’è scritto nel comunicato di Mangiarotti - ,
nel quale si sono esaminate approfonditamente tutte le offerte pervenute. Tutte offerte molto
interessanti che confermano la posizione e il valore dell’azienda a livello internazionale. A conclusione
di questo approfondito esame si è all’unanimità deciso di concedere una esclusiva a Westinghouse
affinché quest’ultima società possa valutare entro il mese di aprile l’opportunità di partecipare al
percorso di rilancio della Mangiarotti». Dunque adesso cosa succederà? In premessa, è doveroso dirlo,
è bene sottolineare che l’esclusiva non è definitiva, c’è un percorso da fare, in tempi brevi, entro la fine
del mese di aprile. In questo percorso (qualcuno la può chiamare pure trattativa) ci sono da inserire le
prospettive di sviluppo della società friulana che ha sedi a Sedegliano, San Giorgio di Nogaro e
Monfalcone e occupa circa 450 dipendenti, la governance e la ricapitalizzazione. Purtroppo, come è
noto, Mangiarotti da tempo vive una crisi di liquidità molto preoccupante e avrebbe urgente bisogno di
capitali freschi per respirare. Adesso sarà necessario vedere che piano industriale sarà presentato.
L’azienda friulana, che si occupa di tecnologia nucleare, è competitiva sul mercato mondiale, è seria e
strutturata, ha mercato e portafoglio ordini. Ma per colpa della crisi che ha investito il nostro Paese è
rimasta a secco di fondi e da qui il bisogno di capitali nuovi. Intanto, dopo il via libera della Regione,
scatteranno i contratti di solidarietà per tutti i colletti bianchi e una parte di operai. L’accordo sui
contratti dovrebbe essere operativo già da questo mese. La solidarietà, frutto dell’intesa tra parti
sindacali e azienda, dovrebbe scongiurare il pericolo di esuberi. Il contratto rimodulato, che prevede
una decurtazione dello stipendio attuale, potrebbe partire da metà marzo, dopo il via libera della
Regione. A tal proposito era stato fissato un incontro con l’assessore regionale alle Attività produttive
Sergio Bolzonello, visto che la Regione detiene il 30% del capitale della azienda. Ma nulla di fatto è
emerso dal vertice in Regione chiesto con determinazione dal segretario regionale della Fim Cisl Sergio
Drescig, che avrebbe dovuto fare chiarezza sulla situazione economica della Mangiarotti. La riunione è
stata però rimandata a data da destinarsi e comunque in attesa dell’esito del Consiglio di
amministrazione di ieri. Nel bel mezzo di una situazione alquanto delicata che tutti sperano si risolva
positivamente, i sindacati attendono anzi “pretendono” di conoscere un piano industriale ben definito
dell’azienda oppure da coloro che potenzialmente potrebbero subentrare o affiancarsi nella gestione
alla stessa. Il vicepresidente Bolzanello aveva espresso «preoccupazione per la situazione generale
dell’azienda».
Vertice Electrolux convocato da Renzi
di Elena Del Giudice PORDENONE Il governo Renzi “parte” da Electrolux. Nella tarda serata di ieri,
la presidenza del Consiglio ha annunciato che dopo il vertice al ministero dello Sviluppo economico
che si terrà nei prossimi giorni, un incontro tra tutte le parti si terrà a Palazzo Chigi. Un annuncio che
arriva alla vigilia della visita di Renzi a Treviso, città d’esordio per la promessa del presidente del
Consiglio di dedicare ogni mercoledì alla visita di una scuola. Il premier inconterà una delegazione
Electrolux: sei delegati di cui tre dello stabilimento di Susegana ed altri tre di quello di Porcia, con un
rappresentante per la Fim, uno della Fiom e uno della Uilm. La proposta-richiesta dei lavoratori della
multinazionale svedese era stata consegnata ieri alle 11 al prefetto di Treviso da un gruppo di delegati
di Susegana che invitavano il premier a recarsi al presidio attivo ormai da 25 giorni davanti alla
fabbrica. Non sono trascorse nemmeno poche ore che è arrivata la risposta, positiva, e la disponibilità
di Matteo Renzi di incontrare i lavoratori a Palazzo Rinaldi, sede del municipio di Treviso, verso le 12.
Subito da Susegana è stata data comunicazione ai colleghi di Porcia con allegato invito ad essere
presenti. La delegazione ricevuta dal presidente sarà dunque “allargata” e consentirà di ribadire la
necessità e l’urgenza del tavolo al Mise, il “luogo” istituzionale nel quale affrontare la delicata e
complessa vertenza Electrolux. «Chiediamo soluzioni - anticipano i delegati - che permettano il
consolidamento e la continuità industriale e occupazionale di un’impresa e di un settore fondamentali
per il territorio e il Paese, nel rispetto delle condizioni e delle tutele generali dei lavoratori. Un
connubio complesso - rimarcano - ma indispensabile». I piani industriali di Electrolux non piacciono ai
lavoratori, che infatti stanno mantenendo attivi i presidi davanti a tutte le fabbriche e confermano le
azioni di lotta in difesa dei posti di lavoro. Una mobilitazione «necessaria per contrastare le
inaccettabili determinazioni che la multinazionale ha esplicitato a più riprese e solo di recente, dopo
l’acuirsi delle tensioni e delle proteste - ancora i delegati - ha parzialmente e del tutto
insufficientemente ritrattato». I progetti di Electrolux sono stati bocciati perché penalizzanti sia sotto
l’aspetto dei volumi che dell’occupazione e benchè le aperture dell’azienda in tema di salario abbiano
tolto l’urgenza di discutere nel merito, rimane condizionante la riduzione del costo del lavoro che la
multinazionale ha posto come pregiudiziale per gli investimenti. Come dire che se i tre euro in meno
per ora lavorata non si ottengono intervenendo sulla contrattazione di secondo livello, dovranno
arrivare dalla decontribuzione dei contratti di solidarietà o dalla riduzione del cuneo fiscale. Intanto ieri
l’ad di Electrolux Italia Ernesto Ferrario e il responsabile delle relazioni industriali Marco Mondini
hanno incontrato il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, che si è dichiarato
«moderatamente soddisfatto», perché è stato «garantito l’impegno a investire sullo stabilimento di
Solaro». Sono quaranta i milioni di euro destinati alla fabbrica di lavastoviglie per il prossimo triennio
e che si sommano ai 32 indicati per Porcia e alle risorse assegnate a Susegana e Forlì.
Complessivamente sono 150 i milioni di euro a copertura dei piani industriali degli stabilimenti del
bianco e del professional.
UDINE
I sindacati di polizia dicono “no” ai tagli sul territorio
La riorganizzazione della polizia di Stato, secondo alcune sigle sindacali, «rischia di penalizzare il
cittadino sul fronte dei servizi di sicurezza». Come abbiamo riferito ieri, il ministero, vista la forte
carenza di personale, sta ultimando uno studio per la revisione dei presidi e degli uffici delle forze
dell’ordine in tutta Italia. E, per quanto riguarda la nostra provincia, è stata ventilata l’ipotesi di
chiusura della Polfer di Cervignano e Tarvisio; della Postale di Udine, del settore della Polizia di
frontiera di Tarvisio (dove quasi sicuramente ci sarà un Commissariato, ma i poliziotti in quella località
passeranno da circa 60 a una cinquantina). «E’ una decisione folle - commenta Raffaele Padrone,
segretario regionale dell’Ugl polizia - perché gli agenti che fanno parte della Polfer di Cervignano e
Tarvisio si occupano non solo della strada ferrata. E i fenomeni delinquenziali sui treni sono all’ordine
del giorno. Quanto alla Postale, addio alla sezione di Udine, con conseguente trasferimento a Trieste.
Anche in questo caso il danno è notevole, perché questa unità gestisce centinaia di denunce l’anno e in
futuro i cittadini per reati come truffe e raggiri, per non parlare dei più gravi come la pedofilia e le
estorsioni saranno costretti a rivolgersi a Trieste». A giudizio di Francesco Tempo (Siap Udine) «è
giusto cercare di razionalizzare le poche risorse rimaste, ma non ricorrendo ai soliti tagli orizzontali,
che non tengono conto delle realtà del territorio, delle esigenze dei cittadini. Mi riferisco alla chiusura
della Polizia Postale, con la conseguente dispersione di professionalità acquisite negli anni, con
l'impiego di importanti risorse nella formazione del personale. Una professionalità riconosciuta da tutti,
cittadini, Procure e altre Forze di polizia. Dov’è la capillare distribuzione, quando un cittadino per
risolvere personali e urgenti problemi inerenti la pedopornografia o l'adescamento dovrà rivolgersi a
Trieste? Chi tratterà gli 800 fascicoli che vengono ora gestiti da tale ufficio? Si parla poi di chiusura del
Commissariato di Tolmezzo: ma a chi si rivolgerà il cittadino? Si cerca di far passare l’operazione di
razionalizzazione su Tarvisio quale una cura particolare di quell’area: in realtà è una chiusura degli
uffici della Polizia di Frontiera e una loro trasformazione in Commissariato, con anche una perdita di
uomini. Come verrà coperto il territorio in modo più capillare? Come si interverrà con meno forze nelle
aree di confine? La sensazione è che si stia operando per lo più con tagli lineari, senza uno studio
preventivo della mole di lavoro di ogni ufficio e della sua importanza sul territorio. Udine è una
provincia vasta e rappresenta la metà del territorio regionale, un vasto territorio che perderà
professionalità e, anche se spero di no, sicurezza».
Aussa Corno, giorni decisivi per il futuro del Consorzio
SAN GIORGIO DI NOGARO Settimana decisiva, questa, per il futuro del Consorzio Aussa Corno.
Oggi a Udine, a Palazzo Belgrado, è in programma un vertice tra Provincia di Udine, Camera di
commercio, Confindustria Udine e i sindaci soci per verificare cosa si possa fare per salvare l'ente
consortile a fronte della scadenza, il 19 marzo, del mandato del commissario Lucio Chiarelli. Ieri il
presidente della Cciaa di Udine, Giovanni Da Pozzo, ha avuto un incontro con una delegazione dei
rappresentanti delle imprese insediate, composta da Ernesto Milan e Sandro Midolini, presenti anche il
presidente di Confindustria Matteo Tonon con il direttore Ezio Lugnani, oltre ai rappresentanti dei
revisori del conti, Ezio Cainero e Stefano Biasutti. L'incontro ha seguito a ruota l'assemblea delle
imprese tenutasi lunedì a San Giorgio, presenti 25 ditte, dove è stato nominato un gruppo di
imprenditori (Sandro Midolini, Giacomo Sangalli e Maurizio Marcassa) che intendono proporsi quale
punto di riferimento per la gestione delle problematiche relative ai servizi erogati dal Consorzio, vedi i
traffici ferroviari, il porto, la fibra ottica. Ritornando alla riunione di ieri in Cciaa, il presidente Da
Pozzo ha ribadito che il Consorzio va assolutamente salvato, ma nel contempo si sono valutate alcune
ipotesi nel caso non si trovasse una soluzione prima della scadenza del mandato del commissario. Tra
queste: la nomina di un commissario liquidatore, la nomina di un consiglio di amministrazione (ma
pare che nessuno voglia impegnarsi in tal senso senza garanzie) o l'incarico ad un ente che si faccia
carico della gestione futura del Consorzio e dell'area industriale. Nulla è invece trapelato sull'incontro
dell’altra mattina fra una delegazione di sindaci soci con la presidente della Regione, Debora
Serracchiani: atteso anche un summit fra la stessa presidente, altre istituzioni e associazioni di
categoria. Una situazione in forte “movimento”, quella del Consorzio Aussa Corno, aperta a tutte le
soluzioni, che vede anche 16 dipendenti in contratto di solidarietà, senza certezze sul futuro. Queste
maestranze (tutti diplomati o laureati) intenderebbero scrivere alla presidente Serracchiani e
all'assessore Bolzonello per far presenti le loro difficoltà. Ricordiamo che oggi c'è anche l'incontro
dell'ad di Evraz Palini e Bertoli per fare il punto sull'impianto di San Giorgio, mentre il 27 vertice in
Regione sulla Artenius. Francesca Artico
PORDENONE
Chiusure di Polfer e postale. Padrone (Ugl): manifesteremo
Tagli alla sicurezza: in regione rischiano la Polfer di Casarsa, Cervignano e Tarvisio; la Postale di
Udine e Pordenone, la Polizia di frontiera di Tarvisio, mentre a Trieste è verso la chiusura il settore di
frontiera e delle squadre nautiche. In serio pericolo anche la stradale di Spilimbergo. Una
riorganizzazione che rischia di penalizzare il cittadino sul fronte della sicurezza. Il vicecapo della
Polizia, Alessandro Marangoni, ha comunicato la revisione dei presidi e degli uffici della Polizia di
Stato: la carenza degli organici sarà un problema sempre più accentuato per il mancato ingresso di
nuove unità rispetto al turnover programmato. Il progetto è stato sviluppato attraverso due direttrici:
una, a carattere interno alla Polizia di Stato, un’altra, concertata con il Comando dei Carabinieri.
«Dall’esposizione fatta dal Prefetto Marangoni è emersa una volontà – spiegano le sigle sindacali – di
voler stravolgere alcuni settori delle specialità, attraverso una chiusura irrazionale di alcuni
compartimenti e dei presidi oggi esistenti». Cosa accadrà in regione? A fare un quadro è Raffaele
Padrone, segretario regionale dell’Ugl Polizia. «Sarà chiusa la Polfer di Casarsa, di Cervignano e
Tarvisio – ah riferito –. Chiusura anche per la Postale di Udine e Pordenone e la Polizia di frontiera di
Tarvisio. A Trieste chiusura per il settore di frontiera e delle squadre nautiche. Una decisione folle,
perché gli agenti che fanno parte di queste sezioni si occupano non solo della strada ferrata. E i
fenomeni delinquenziali sui treni sono all’ordine del giorno. Quanto alla Postale, addio alle sezioni di
Pordenone e Udine, con conseguente trasferimento a Trieste. Ormai sono centinaia anche le denunce
per reati on-line. Salva, ma solo per il momento, la Stradale di Spilimbergo, sulla quale però pende
sempre la spada di Damocle». Gli agenti o finiranno negli uffici della propria specialità o saranno
accorpati alle Questure. Ma su questo, il sindacalista è chiaro: «E’ una falsa risoluzione, perché gli
agenti che passeranno alla Questura non potranno coprire tutti i servizi. Per cui, questi tagli non fanno
altro che andare a discapito della sicurezza». Contro le chiusure, Padrone sta pensando a una
manifestazione di piazza e a una raccolta firme.
Chiarotto e Duz alla guida di Fillea e Filcams
Resta rosa il vertice della Fillea e della Filcams, le categorie Cgil operanti nella filiera della casa (legno
e costruzioni) e nel terziario. Nel primo caso si tratta di una conferma, quella di Simonetta Chiarotto,
rieletta alla guida della Fillea al termine del congresso provinciale di ieri. Avvicendamento invece alla
guida della Filcams, in cui Daniela Duz raccoglie il testimone da Susanna Pellegrini. Duz, nata a San
Vito al Tagliamento 40 anni fa, è nella segreteria provinciale dal 2010, dopo una decennale esperienza
di delegata alla Overtel, il call center Bofrost. Tra gli obiettivi prioritari della Filcams la riconquista di
regole capaci di invertire la rotta verso la totale liberalizzazione di orari e aperture commerciali, la lotta
contro gli appalti al massimo ribasso, contro l’abuso dei contratti atipici e precari e per l’estensione
universale degli ammortizzatori sociali. Se la situazione del terziario si aggrava, i numeri mettono in
evidenza con chiarezza ancora maggiore la crisi profonda del legno e dell’edilizia, che da sole
assorbono quasi un terzo dei 3 milioni di ore di Cig autorizzate nel 2013 in provincia. 420 le imprese
chiuse dal 2009, per un totale di 3.350 posti di lavoro persi.
Ideal Standard, vertice il 5 marzo
di Elena Del Giudice La sede sarebbe dovuta essere l’auditorium della Regione e l’occasione l’incontro
con alcuni componenti della commissione lavoro della Camera, alla presenza dei vertici della Regione.
Ma siccome l’incontro, al di là degli interventi dei delegati di Ideal Standard, è stato molto centrato su
Electrolux, l’amministratore delegato del Gruppo ceramico l’annuncio non lo ha fatto. Arriva ora ed è
importante per l’auspicato buon esito di un progetto che punta a costruire per Orcenico un nuovo
futuro. L’incontro atteso tra Ideal Standard e l’imprenditore che ha avanzato il proprio interesse a
rilevare lo stabilimento di Zoppola, Stefano Boccalon, si terrà il 5 marzo a Milano. Sarà un incontro
tecnico e di approfondimento finalizzato a fornire, da parte del Gruppo, tutta una serie di dati e
informazioni utili alla costruzione di un piano industriale per lo stabilimento pordenonese. Dati relativi
a capacità produttiva, dotazione di impianti, tipi di produzione e qualità dei prodotti. Da questo summit
Boccalon dovrebbe tornare a casa con gli elementi necessari a predisporre il piano industriale che
sindacati e lavoratori stanno, peraltro, sollecitando da tempo e che dovrà essere al centro di un incontro
ad hoc anche con la Regione. Il progetto imprenditoriale dovrebbe chiarire quale sarà, o dovrebbe
essere, la missione produttiva di Orcenico, e quindi per produrre che cosa e con quanti dipendenti, con
proiezioni sul mercato e previsioni di volumi. Dando per scontato che qui si continuerà a produrre
ceramica sanitaria. I tempi sono stretti. La cassa integrazione in deroga scadrà il 30 aprile e il rinnovo
per altri 3 mesi – cosa che è stata ipotizzata, ma che va anche ricontrattata con il ministero del Lavoro e
dello Sviluppo economico – non è scontato. Arrivasse, concederebbe “respiro” alla trattativa di
cessione e consentirebbe di mantenere legati i lavoratori al loro stabilimento. In caso contrario, con la
conclusione degli ammortizzatori sociali, per i 450 dipendenti Ideal Standard di Orcenico si aprirebbe
la procedura di mobilità. L’inserimento in agenda dell’incontro del 5 è dunque una tappa importante, la
speranza è che sia una di quelle determinanti e positive.
Risorse e personale sono ridotti all’osso. Il museo resta chiuso
Tempi difficili anche per i musei d’arte a Pordenone: ieri quello civico di palazzo Ricchieri è stato
chiuso per «motivi tecnici», mentre alla galleria di arte moderna di villa Galvani non è più stata
riallestita l’esposizione con le collezioni permanenti dopo la mostra di Pizzinato. Il museo civico è un
po’ il biglietto da visita della città: ci sono le opere del Grigoletti e del Pordenone, oltre a una serie di
collezioni, alcune del ’500. In ogni capoluogo c’è un museo che lo rappresenta perché ne racconta la
storia e identifica la città: a Pordenone è proprio quello ospitato nello storico palazzo di corso Vittorio
Emanuele. Da ieri pomeriggio, però, il museo è chiuso e non è dato sapere se oggi riaprirà i battenti.
Ufficialmente la ragione riportata nella comunicazione appesa alla porta è «problemi tecnici», ma a
quanto pare si tratterrebbe di questioni legate alla carenza di personale. Un numero di addetti ridotto
all’osso, distribuito su più strutture, tanto che basta un banale malanno per determinare la chiusura del
museo più importante della città. Con il cartello di chiusura che si trovano davanti coloro, magari turisti
in visita a Pordenone, che lo vogliono visitare. Al Parco, invece, il museo di arte moderna di villa
Galvani inaugurato qualche anno fa, dopo la mostra di Pizzinato, nella galleria a lui dedicata, non è più
stata riallestita l’esposizione della collezione propria del museo: una raccolta di artisti come Mirko
Basaldella, Corrado Cagli, Armando Pizzinato, Luigi Vettori, Giuseppe Zigaina e Luigi Zuccheri. C’è
poi la collezione di Roberto Ruini, che riunisce insieme opere di Giorgio De Chirico, Massimo
Campigli, Roberto Crippa, Filippo de Pisis, Lucio Fontana, Renato Guttuso, Alberto Savinio, Mario
Sironi, completata da opere grafiche di Pablo Picasso, Georges Braque e Marc Chagall. Probabilmente
si attende una prossima mostra. Le ragioni di questa situazione stanno probabilmente nella carenza di
risorse, che colpisce tutti i settori dell’amministrazione pubblica. A determinarla anche la scelta fatta di
puntare sulle mostre che possono garantire un maggiore riscontro. Ma i mancati investimenti – il
dirigente Gilberto Ganzer che è andato in pensione non è stato sostituto – determinano anche il fatto
che i musei non si possano sviluppare, proponendo laboratori didattici per avvicinare grandi e piccoli
all’arte. Arrivando sino alla chiusura anche se per un solo pomeriggio. Donatella Schettini